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R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex

artt.

38

60

cod.

proc.

amm.

sul ricorso numero di registro generale................., proposto dal signor......................,


rappresentato

difeso

dall'avvocato

Mirco

Rizzoglio,

con

domicilio

eletto

presso...............................;
contro
Il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dagli
avvocati.......................;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA MILANO, SEZIONE IV, n.................., resa tra le
parti, concernente la revoca di un sussidio integrativo al minimo vitale risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno ...............il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e
udito per il Comune di Milano lavvocato;
Sentita la stessa parte ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con il ricorso di primo grado n. ............del 2010, proposto al TAR per la Lombardia, il
sig. ............
1

a) lannullamento del provvedimento di revoca del sussidio integrativo al minimo vitale, adottato
dal Comune di Milano di cui alla nota prot. 237155 del 16 marzo 2010, degli atti presupposti, tra
i quali la delibera di Giunta comunale del Comune di Milano n. 3285 del 2005, nonch delle
delibere del Consiglio Comunale n. 85 del 1992 e n. 1482 del 1988, nonch dei successivi atti di
conferma del provvedimento di revoca;
b) il risarcimento dei danni.
2. Il primo Giudice respingeva il ricorso, ritenendo superato il lamentato vizio di violazione
delle garanzie partecipative procedimentali e non fondata la censura di violazione avente ad
oggetto la lamentata erroneit del computo reddituale, ai fini del superamento della soglia
prevista dalla delibera di Giunta Comunale n. 3285 del 2005.
2.1. Con riferimento a questultima doglianza il primo Giudice, da un lato, valutava non corretto
il richiamo fatto dal ricorrente alla normativa tributaria per dimostrare la non computabilit della
pensione per invalidit civile ai fini del calcolo del reddito soglia per poter fruire del beneficio
de quo. Dallaltro, il TAR quantificava le spese sostenute mensilmente dal ricorrente a titolo di
canone di locazione Erp, comprensive di quelle condominiali e di riscaldamento, che in base alla
citata delibera 3285 del 2005 devono essere detratte dal predetto reddito, ai fini
dellindividuazione della soglia richiesta per la concessione del beneficio, concludendo per la
legittimit dei provvedimenti di revoca.
Ad avviso del primo Giudice, infatti, pur dovendosi correggere i calcoli del Comune, il reddito
del ricorrente da prendere in considerazione ai fini della concessione del beneficio per cui
causa, di Euro 469,56, ottenuto dalla differenza tra Euro 646,75 (v. prec. punto n. 2) ed Euro
177,19. Tale importo superiore al reddito-soglia richiesto per la concessione del beneficio,
pari ad Euro 461,40, ci che da luogo allinfondatezza delle pretese del ricorrente.
3. Propone appello loriginario ricorrente, che affida le proprie difese, reiterando le richieste di
primo grado, alle seguenti doglianze:

a) sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui non ha apprezzato la violazione delle garanzie
partecipative del ricorrente, e non varrebbe il richiamo allart. 21-octies, l. 241 del 1990, perch
non si tratterebbe di attivit vincolata;
b) sarebbe erronea la sentenza per non aver riscontrato la violazione dellart. 3, l. 241 del 1990,
dellart. 34, d.p.r. 601 del 1973, dellart 191, d.p.r. 917 del 1986, dellart. 14 septies, l. 33 del
1980. Infatti, la delibera di GM n. 3285 del 2005, che ha introdotto il beneficio in questione,
prevederebbe che per lerogazione del beneficio non si debba possedere un reddito irpef per
lanno 2010 superiore ad Euro 461,40: in realt, per, lunico reddito posseduto dal ricorrente
sarebbe rappresentato da una pensione per invalidit civile, che in quanto reddito assistenziale
non risulterebbe computabile ai fini irpef (e del resto lattestazione ISEE rilasciata dallinps
allappellante sarebbe di reddito zero, n potrebbe opporsi la presunta diversit di ratio delle
disposizioni in questione, risultando sempre quella di tutelare i soggetti deboli);
c) sarebbe erronea la sentenza nel non aver riscontrato la violazione della delibera n. 3285 del
2005, ritenendo che tra le spese non vada computato limporto del deposito cauzionale, peraltro
computate tra quelle detraibili anche dal Comune di Milano, che aveva poi erroneamente diviso
per 12 invece che per 11,5 (n il fatto che in futuro possa disporre della somma versata a titolo di
deposito cauzionale rileverebbe, posto che attualmente non ne potrebbe disporre, cosicch il
reddito mensile del ricorrente sarebbe inferiore alla soglia sopra indicata).
4. Costituitosi in giudizio, il Comune di Milano chiede venga respinto lappello.
A tal fine lamministrazione fa notare che le conclusioni alle quali giunto il TAR per la
Lombardia sono confortate dalle modifiche portate alla l.r. Lombardia, n. 3 del 2008, dalla l.r.
Lombardia, n. 2 del 2012 e dal d.p.c.m. 5 dicembre 2013, n. 159, che per la determinazione del
reddito ISEE include anche i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari.
5. Ritiene la Sezione che lappello parzialmente fondato e va accolto nei termini seguenti.
5.1. Preliminarmente va disattesa la prima doglianza inerente la violazione delle garanzie
partecipative, giacch - come correttamente rilevato dal primo Giudice - lattivit amministrativa
successiva al primo provvedimento di revoca ha consentito allodierno appellante una piena
3

dialettica procedimentale con lamministrazione appellata, sicch leventuale illegittimit


inficiante il primo provvedimento al di l della sua natura vincolata, dovendosi verificare la
sussistenza di elementi oggettivi - stata successivamente sanata.
5.2. Risulta, invece, fondata la seconda delle censure esposte nellatto di gravame, non risultando
condivisibile la statuizione del primo Giudice di ritenere computabile - secondo la disciplina
ratione temporis vigente, ossia quella antecedente alle modifiche portate dalla l.r. Lombardia, n.
2 del 2012 ed in linea con questa dal d.p.c.m. 5 dicembre 2013, n. 159, ai fini del calcolo del
reddito soglia - la pensione per invalidit civile fruita dallodierno appellante.
Infatti, al tempo delladozione degli impugnati provvedimenti la disciplina di riferimento era
rappresentata dalla deliberazione di Giunta comunale n. 3285 del 2005 e dalla l.r. Lombardia, n.
3 del 2008.
Ebbene, la prima conferma i criteri dalla deliberazione n. 1482 del 1988, indicando tra questi il
possesso di un reddito netto IRPEF determinato da:
I) redditi da pensione;
II) redditi da lavoro dei familiari conviventi;
III) reddito derivante da usufrutto o da porzioni di propriet di unit immobiliari.
Risulta evidente che il riferimento al reddito IRPEF e che la citata deliberazione non include
espressamente le pensioni per invalidit civile, salvo eccettuare leventuale assegno di
accompagnamento e la rendita vitalizia INAIL.
Inoltre, il testo originario del comma 1, dellart. 8, l.r. Lombardia n. 3 del 2008, prevedeva che:
Le persone che accedono alla rete partecipano, in rapporto alle proprie condizioni
economiche, cos come definite dalle normative in materia di Indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE) e nel rispetto della disciplina in materia di definizione dei livelli
essenziali di assistenza, alla copertura del costo delle prestazioni mediante il pagamento di rette
determinate secondo modalit stabilite dalla Giunta regionale, previa consultazione dei soggetti
di cui all'articolo 3 e sentita la competente commissione consiliare. Partecipano altres i
soggetti civilmente obbligati secondo le modalit stabilite dalle normative vigenti.
4

Lart. 8, comma 3, nel testo vigente, invece, allindomani delle modifiche portate dalla l.r.
Lombardia, n. 2 del 2012, il seguente: Nel rispetto dei principi della normativa statale in
materia di indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), la quota di
compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e la quota a valenza sociale delle
prestazioni sociosanitarie sono stabilite dai comuni secondo modalit definite, previa
consultazione dei soggetti di cui all'articolo 3 e sentita la competente commissione consiliare,
con deliberazione della Giunta regionale in base ai seguenti criteri: a) valutazione del reddito e
del patrimonio del nucleo familiare.
5.3. Da un lato, quindi, la stessa amministrazione comunale con la deliberazione del 2005 ad
indicare quale parametro - per la determinazione del reddito soglia - quello valutabile a fini
IRPEF, computandovi genericamente i redditi da pensione.
Dallaltro, solo con le successive modifiche legislative, che hanno interessato le prestazioni a
favore della persona in ambito sociale, che si fatto riferimento tra i criteri al reddito in generale.
Del pari solo a partire dal 2013 si registra linclusione allinterno dellindicatore ISEE dei redditi
quali le pensioni per invalidit civile.
Conseguentemente, solo a partire dal 2012 per effetto della modifica legislativa regionale e dal
2013 a partire dalla modifica della disciplina statale, si registra una progressiva restrizione per
laccesso al beneficio de quo.
6. Pertanto, proprio il richiamo operato dalla stessa deliberazione del 2005 al reddito IRPEF
che giustifica lapplicazione in chiave esegetica alla normativa tributaria indicata dallappellante.
Infatti, mentre il rinvio al reddito netto IRPEF deve intendersi come un rinvio mobile, mutando il
parametro al mutare della composizione di questultimo, leccezione circa limpossibilit di
computare lassegno di accompagnamento e la rendita vitalizia INAIL un rinvio fisso, sicch
non pu dirsi che la mancata indicazione della pensione per invalidit civile - nel quadro
ordinamentale vigente al tempo delladozione degli atti impugnati - fosse desumibile in via
interpretativa.

7. Laccoglimento del suindicato motivo dappello e del corrispondente motivo di ricorso di


primo grado, fa venir meno linteresse allesame della residua doglianza dappello e della
correlata censura di primo grado circa lesatta determinazione del reddito dellappellante in
ordine alle spese detraibili dal suo reddito.
8. Va invece respintala richiesta di risarcimento del danno reiterata anche in sede di appello,
atteso che, eliminati i provvedimenti impugnati, lappellante non ha fornito dimostrazione in
ordine alla perduranza di un danno apprezzabile.
9. Per le ragioni che precedono, lappello va accolto nella parte in cui ha chiesto che, in riforma
della sentenza impugnata, siano annullati gli atti di revoca impugnati in primo grado (e pertanto
nei limiti dellinteresse dellappellante).
In sede di esecuzione della presente sentenza, lamministrazione dovr ricostruire la posizione
dellappellante, tenendo conto dellincidenza della normativa sopravvenuta alla data di
emanazione dei provvedimenti annullati in questa sede.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando
sullappello n. 2175 del 2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui in
motivazione e, per leffetto, in parziale riforma dellimpugnata sentenza, accoglie in parte il
ricorso di primo grado n. 1351 del 2010, salvi gli ulteriori provvedimenti dellamministrazione.
Condanna il Comune di Milano alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio a favore
dellappellante, che liquida in 2.500,00 (duemilacinquecento/00) euro, oltre accessori di legge,
nonch alla restituzione del contributo unificato complessivamente versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa.
Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del ...................con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
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Antonio Amicuzzi, Consigliere


Nicola Gaviano, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Breve nota a sentenza.
Si ritiene degna di nota la sopra riportata sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, che
ha definito un contenzioso iniziato nel 2010 contro il Comune di Milano.
In quella data, infatti, il ricorrente aveva visto revocarsi il sussidio integrativo al minimo vitale
da parte del Comune di Milano, per lasserito superamento del reddito IRPEF relativo allanno
2010 (superiore ad Euro 461,40), oltre ad un errato calcolo delle spese detraibili.
Pertanto, il ricorrente proponeva ricorso al Tar Lombardia Milano che, con ordinanza n. 682 del
06.07.2010, accoglieva la domanda incidentale di sospensione proposta.
Tuttavia, il Comune di Milano confermava la revoca del sussidio originariamente impugnata.
Anche tale provvedimento veniva, quindi, impugnato dal ricorrente con motivi aggiunti e
contestuale richiesta di sospensione dello stesso.
Tuttavia, il Tar, con ordinanza n. 1498, assunta nella Camera di Consiglio del 21.12.2010,
respingeva listanza cautelare per difetto di sufficiente fumus boni juris .
Avverso la predetta decisione il ricorrente proponeva appello al Consiglio di Stato, sez. V, che,
con ordinanza n. 2021, datata 11.05.2011, lo accoglieva, Ritenuto che sussistono i presupposti
per laccoglimento dellistanza cautelare ai fini del ri - esercizio del potere amministrativo in
ordine alla verifica dei presupposti per lattribuzione del sussidio integrativo; Ritenuto, in
particolare, che in sede di riesercizio del potere, lamministrazione dovr valutare tutta la
documentazione prodotta dallappellante in ordine allimporto effettivo del canone di locazione
ed alla sussistenza dei requisiti economici previsti per lattribuzione del trattamento.
Nonostante ci, il Comune di Milano nuovamente riconfermava il provvedimento di revoca del
sussidio ed il ricorrente di conseguenza impugnava tale ultimo provvedimento con proposizione
di motivi aggiunti e contestuale istanza cautelare.
Il Tar Lombardia, con ordinanza n. 1339 del 25.08.2011, accoglieva la domanda cautelare,
rilevato che - il Consiglio di Stato ha disposto in sede cautelare il riesame della posizione del
ricorrente mediante la valutazione di tutta la documentazione prodotta; - il Comune di Milano ha
tenuto conto dellimporto del canone mensile pi alto pagato dal ricorrente (euro 174,95) invece
che della media mensile dei canoni corrisposti allAler, asseritamene pi bassa; - il Comune di
Milano non ha considerato, nelle spese relative al canone di locazione anche quelle strettamente
connesse alla locazione, che il cittadino sopporta al fine di stipulare il contratto di locazione (pari
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ad euro 334,29) e Ritenuto che, in conformit alla deliberazione comunale n. 3285/2005, il


Comune debba computare nelle spese di locazione anche queste spese iniziali sostenute per la
stipulazione del contratto di locazione; Ritenuto quindi che lamministrazione debba effettuare
un nuovo calcolo del reddito del ricorrente e che, nelle more, sussistono i presupposti per la
concessione della misura cautelare.
Ci nonostante, ancora una volta, il Comune riconfermava loriginario provvedimento di revocain quanto il reddito del ricorrente superava il limite di Euro 461,40 previsto per il 2010- e tale
decisione veniva impugnata con motivi aggiunti e contestuale istanza cautelare.
Il Tar, con ordinanza n. 50 del 17.01.2012, respingeva listanza cautelare, in quanto il Comune
ha considerato tutte le spese ed i redditi computabili ai sensi della deliberazione 3285/2002 della
giunta comunale di Milano ignorando la circostanza, evidenziata nel ricorso, che i calcoli erano
stati fatti prendendo in considerazione le spese per un periodo di 11 mesi e 13 giorni e non 12
mesi.
Il ricorrente, pertanto, proponeva un nuovo ricorso in appello, avanti al Consiglio di Stato,
avverso a tale ordinanza.
Ancora una volta, il Consiglio di Stato, accoglieva la domanda cautelare formulata ai fini della
nec necessaria sollecita trattazione del merito.
Il TAR, con sentenza n. 1864 del 16.07.2013, respingeva il ricorso nel merito ed il sig.
.........presentava appello al Consiglio di Stato, conclusosi con la sentenza attualmente in
commento.
Si Il nucleo centrale della questione giuridica, oggetto della vicenda narrata, costituito dal fatto
cheche, secondo il ricorrente, lunico reddito da egli posseduto era rappresentato da una pensione per
inininvalidit civile la quale, in quanto reddito di natura assistenziale, non doveva essere computato
ai f ai fini IRPEF.
Dopo quattro anni di battaglie legali, a fronte delle quali il Comune di Milano ha sempre
mmantenuto un atteggiamento coerente, nonostante il cambiamento dellorientamento politico
delldellAmministrazione, il Consiglio di Stato ha accolto la tesi del ricorrente, statuendo che della
me pensione di invalidit non doveva tenersi conto ai fini della concessione del sussidio
co comunale, non trattandosi di reddito valutabile ai fini IRPEF.
Purtroppo, la normativa in materia stata applicata erroneamente per diversi anni
dallAmministrazione comunale, con pregiudizio di tutti quei soggetti deboli che, avendo
solo una pensione di invalidit, si sono visti negare illegittimamente il sussidio.

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