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Azienda sanitaria, operatore di salute, paziente.

Una interazione complessa, una sfida da raccogliere


Antonio Del Puente
1
, Antonella Esposito
1
, Vinicio Lombardi
2
, Aldo Bova
3
, Roberto Zecca
4
, Roberto Torella
5
1
Reumatologia, Universit Federico II, Napoli;
2
ASL NA1, Napoli;
3
Dipartimento Chirurgico, Presidio Ospedaliero San Gennaro,
Napoli;
4
Fondazione Romano Guardini, Napoli;
5
Medicina Interna, Seconda Universit di Napoli.
Pervenuto il 5 novembre 2012.
Riassunto. Il rischio della perdita di elementi essenziali
nellagire professionale, quali senso del dovere, altruismo,
collegialit, contribuisce ad accrescere la difficolt del-
lodierno rapporto tra azienda sanitaria, operatori della
salute e paziente. Non bastano provvedimenti salariali o
organizzativi, n un generico richiamo ai valori comuni:
occorre superare latteggiamento autoreferenziale dei no-
stri ambiti professionali.
Parole chiave. Azienda sanitaria, cultura scientifica, pro-
fessioni sanitarie, umanizzazione della medicina.
The complex interplay between health services administration,
health professionals and patients. A challenge to take up.
Summary. The risk of loss of essential elements of our pro-
fessionalism, such as sense of duty, altruism and collegiali-
ty, contributes to the difficulties in the interplay between
health services administration, health professionals and pa-
tients. It is not enough to increase salaries or change or-
ganization models. It is also insufficient a generic reference
to the values of our profession, but it is mandatory to over-
come the self-referencing attitude of health professions.
Key words. Dehumanization of medicine, health profes-
sions, health services administration, medical profession.
Lazienda nel rapporto
operatore sanitario-paziente
La storia dellinterazione tra azienda sanitaria,
operatore e paziente relativamente recente.
Levoluzione che si avuta nei campi principali che
descrivono il profilo della nostra professione pu
essere divisa approssimativamente in tre fasi
7
.
La prima lepoca pre-moderna, quella delleti-
ca medica. In questo periodo lideale medico, i con-
cetti di buona medicina, di buon paziente e di buon
rapporto si identificavano con la domanda quale
trattamento porta maggior beneficio al malato?:
in un contesto di paternalismo benevolente dove il
paziente subordinava la propria autonomia ad un
rapporto di alleanza terapeutica (peraltro non di
rado meramente formale).
Nella fase moderna, quella della bioetica, si
partiva dalla domanda quale trattamento ri-
spetta il malato nei suoi valori e nellautonomia
delle sue scelte?, con il medico che rappresenta-
va unautorit democraticamente condivisa e il
paziente co-protagonista (in vit del consenso in-
formato) di una partnership utente-professioni-
sta.
Oggi siamo giunti ad una fase che potremmo de-
finire post-moderna, caratterizzata dalletica del-
lorganizzazione, nella quale la domanda da cui si
muove : quale trattamento ottimizza luso delle
risorse e produce un paziente/cliente soddisfatto?.
Introduzione
Uno dei temi pi dibattuti, oggi, quello della
umanizzazione della medicina
1,2
, tema che, in par-
te, si collega alla notevole insoddisfazione di pazien-
ti ed operatori
3,4
. Tale insoddisfazione si riflette an-
che nellefficacia e nellefficienza del gesto professio-
nale e del rapporto tra medico e malato
5
con conse-
guenze rilevanti. Un rapporto dellOrganizzazione
Mondiale della Sanit, significativo a questo riguar-
do, stato di recente oggetto di dibattito a livello in-
ternazionale
6
: per ogni singola malattia cronica il
semplice ottenimento di una buona compliance, frut-
to di un adeguato rapporto medico-paziente, avreb-
be effetti migliori di quelli che si sono ottenuti con
uno qualsiasi dei recenti progressi terapeutici. Un
rigetto di trapianto su quattro causato da assenza
di compliance. Un paziente su due non segue ade-
guatamente le indicazioni terapeutiche relative alla
prevenzione di recidiva di infarto del miocardio, iper-
tensione, diabete, ipercolesterolemia
6
.
Le ragioni di tale insoddisfazione, che contribui-
sce a condizionare pesantemente il gesto professio-
nale, vanno riconosciute ed eliminate, se si vuole
contribuire allumanizzazione della sanit. Al cen-
tro di tale problematica si pone la complessa inte-
razione tra azienda sanitaria, operatore e paziente.
Tale interazione condizionata da svariati fattori:
scopo di questo lavoro descrivere quelle che al
proposito ci sembrano due questioni chiave.
Prospettive Recenti Prog Med 2013; 104: 49-53
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In questo contesto, il medico ritiene di avere una
leadership morale, scientifica, organizzativa; il pa-
ziente concepito come cliente che deve essere
giustamente soddisfatto e consolidato, mentre il
rapporto medico-paziente si configura come ste-
wardship tra un fornitore di servizi ed un utente:
sempre pi come un contratto di assistenza tra
azienda e comunit sociale.
Questo pur rapido excursus sottolinea la com-
parsa relativamente recente dellazienda sanitaria
nellinterazione con gli altri due poli: professionista
e paziente.
Lazienda unorganizzazione di persone, stru-
menti e capitali finalizzata ad uno scopo. Essa
strumento di un soggetto che si definisce titolare.
In unazienda sanitaria il titolare il gestore/pro-
prietario che, nel caso della sanit privata, un
effettivo proprietario, mentre, nel servizio pubbli-
co facendo riferimento allorganizzazione dello
Stato si identifica nel popolo sovrano.
Il punto cruciale della questione, per, quello
della finalit. Oggi sembra pacifico che scopo del-
lazienda e dellorganizzazione sanitaria sia la tu-
tela della salute (limitandoci ad usare il termine
tutela per non entrare nel dettaglio di locuzioni co-
me diritto alla salute, mantenimento della salute,
ecc.). Eppure ci sembra evidente che non lazien-
da, ma il rapporto operatore sanitario-paziente
che ha la finalit di salvaguardare la salute comu-
nitaria. Lazienda, quindi, deve favorire, organiz-
zare e assoggettare tale rapporto ai princip di eco-
nomicit, ma non sostituirsi ad esso. Le conse-
guenze di tale tentativo sono infatti il centralismo,
il dirigismo: con i problemi di cui spesso facciamo
esperienza, fino alle gravi questioni bioetiche qua-
li quelle ad esempio correlate allistituto del-
lobiezione di coscienza. Di conseguenza, occorre ri-
definire lazienda sanitaria come unorganizzazio-
ne di persone, strumenti e capitali finalizzata ad
uno scopo: servire il rapporto operatore sanitario-
paziente come lavoro per la tutela della salute.
Si tratta di un cambiamento culturale necessa-
rio per innescare una tendenza positiva, volta a
contrastare la diffusa insoddisfazione nellambito
assistenziale e pi fortemente orientata alluma-
nizzazione della medicina. Tale cambiamento en-
fatizza il ruolo pedagogico come dimensione per-
manente del lavoro delloperatore sanitario. In
questa prospettiva, la discussa aziendalizzazio-
ne/industrializzazione della medicina, piuttosto
che un problema, riuscirebbe a configurarsi come
unopportunit, non solo perch potrebbe consen-
tire una migliore divisione dei compiti, ma anche
perch faciliterebbe un processo di riflessione e di
distinzione nel nostro lavoro tra lessenziale e lac-
cessorio (questultimo pu essere demandato)
8
.
Un atteggiamento culturale autosufficiente
Occorre accennare ad un secondo fattore che pe-
sa su queste questioni in misura ancora pi decisiva.
Editoriali apparsi sulle maggiori riviste inter-
nazionali hanno, con allarme, messo in evidenza
tra gli operatori sanitari un atteggiamento di ri-
nuncia al tradizionale impegno verso i pazienti: un
decremento dellaltruismo
1,5
. Una simile deriva
culturale crea non soltanto problemi di relazione
formale, quanto piuttosto rischi per la natura stes-
sa della professionalit: della qualit della presta-
zione
1,5
. Rappresenta, quindi, un problema che in-
fluenza pesantemente linterazione tra azienda,
professionista e paziente, derivando da un atteg-
giamento culturale che potrebbe essere identifica-
to come una autolimitazione della ragione.
La cultura scientifica ha avocato a s luso esclu-
sivo del principio di razionalit. razionale solo ci
che pu essere provato con un esperimento; solo ci
che risponde ai criteri della valutazione scientifica.
Una linea di tendenza maggioritaria della cultura
contemporanea accreditata come unica modalit di
conoscenza oggettiva e universale quella che deri-
va dallapproccio scientifico-matematico. Relega nel
soggettivo evidenze come il valore della persona e
il rispetto della vita, assunti che, anche se non di-
mostrabili sperimentalmente, sono del tutto impe-
rativi. Subordinare al giudizio soggettivo evidenze
non solo biologiche bens biografiche ed etiche e
ragionevoli in quanto corrispondenti allaspettati-
va di ogni essere umano, quali il valore della vita e il
rispetto della persona, rischia di denegare quel con-
testo basilare di riferimento in cui deve esercitarsi
la professione. Si pu quindi tentare una definizione
di questo atteggiamento del nostro ambito profes-
sionale denunciandone lautoreferenzialit, che pos-
siamo identificare con la falsa coscienza secondo cui
il complesso di conoscenze e abilit generato dalla
scienza medica gratifica se stesso di autosufficienza:
cos che il lavoro in ambito sanitario non abbia biso-
gno di rispondere ad altro che alla sua dinamica in-
terna. In particolare, autoreferenzialit vuol dire an-
che negare lesistenza e la necessit di un contesto
di riferimento oggettivo e impegnativo nel quale
deve esercitarsi la professione medica
9
. Non si nega,
cio, che possano esistere contesti differenti che fac-
ciano da orizzonte al nostro operare professionale,
ma si nega che alcuni elementi di questi contesti pos-
sano costituire valori non negoziabili.
Loperatore sanitario: solo tecnico e burocrate?
Due sono le principali conseguenze di un atteg-
giamento autoreferenziale.
La prima quella di una riduzione meccanici-
stica della nostra professionalit. Se lunico oriz-
zonte razionale quello scientifico-matematico, al-
lora lattivit sanitaria si riconosce dipendente so-
lo da valutazioni che passano attraverso il vaglio
della dimostrazione mediante lesperimento. Come
abbiamo detto, se ci sufficiente per affrontare
un certo ambito di problemi, non metodo ade-
guato per le considerazioni relative alla complessa
unit dellessere umano, considerazioni che prece-
dono le valutazioni dellesperimento.
Recenti Progressi in Medicina, 104 (2), febbraio 2013 50
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Unautolimitazione della ragione che neghi que-
sto, invece, finisce di fatto per considerare il mala-
to come un mero meccanismo guasto e non come
una persona, a dispetto di tanti auspici spesso an-
che formalmente teorizzati. Con ci va persa la ca-
pacit di prendersi cura di colui che soffre e si al-
larga il fossato tra terapia e assistenza. Loperato-
re sanitario concepisce se stesso come lingegnere
deputato a riparare un meccanismo. La persona
viene cos considerata un prodotto della nostra
azione, un prodotto che pu anche essere selezio-
nato secondo le nostre esigenze, a danno della sua
propria singolarit e inviolabilit.
La seconda conseguenza dellautoreferenzialit
il concepire la nostra professionalit come una tec-
nica neutra. Una tecnica, cio, che non risponde ad
altro che alla sua dinamica interna e che deve solo
essere applicata. La capacit di giudicare, di rap-
portarsi con il malato non pi necessaria: supplisco-
no sufficientemente le linee-guida. In queste condi-
zioni gli unici protagonisti della relazione professio-
nale finiscono per essere lutente che avanza le sue
richieste e il magistrato che verifica ladeguata ap-
plicazione delle procedure. La dimensione peculiare
del rapporto operatore sanitario-paziente, il bisogno
di significato che si esprime in tale relazione sono
confinati in una mera dimensione soggettiva. In que-
sto contesto dominato dalla burocratizzazione, lope-
ratore sanitario finisce per configurarsi come lim-
piegato che ha lunico compito di sbrigare pratiche
quotidiane. Una simile situazione tende a far emer-
gere due atteggiamenti. Il primo la crescita della
cosiddetta medicina del desiderio, con un operato-
re sanitario ed un paziente portatori di un concetto
di salute come diritto, codificato da linee guida e
procedure. Un diritto al mantenimento del proprio
stato di salute, inteso non solo come efficienza mec-
canica, ma spesso addirittura come immagine idea-
le. La sanit viene quindi intesa come una agenzia
che abbia di conseguenza il dovere di soddisfare ta-
le diritto, con le conseguenze cui stiamo assistendo
sia dal punto di vista dellagire del paziente che di
quello delloperatore. Il secondo atteggiamento che
tende ad affermarsi quello della medicina difensi-
va, che non solo una reazione conseguente ad una
pressione, ma rappresenta un modo di intendere il
proprio ruolo come quello di un operatore riluttante
allinterlocuzione e teso ad evitare il rischio del pro-
prio agire. E di nuovo le linee-guida e il consenso in-
formato si riducono ad essere il paravento di una fu-
ga dallimpegno di un rapporto vero tra medico e ma-
lato. Il rapporto perde efficienza ed efficacia. E no-
bilt. Una riduzione che particolarmente grave in
un contesto come quello contemporaneo. (Un solo
esempio: la percentuale della popolazione anziana
in costante e vertiginosa ascesa. Questa quota di po-
polazione in modo particolare portatrice di una se-
rie di condizioni croniche, spesso gravi, che anche se
non possono essere guarite, richiedono egualmente
di essere costantemente seguite pi merc il recu-
pero di una migliore empatia che con il potenzia-
mento di cure cliniche).
La sfida di un cambio di prospettiva
Lapplicazione di questa autolimitazione della
ragione conduce ad un esito che lopposto di
quanto da tutti auspicato, generando quegli ele-
menti che sono alla base della crisi di rapporto tra
professionista della salute, paziente ed azienda sa-
nitaria.
Come contrastare questa deriva?
Il ricorso a provvedimenti salariali o organizza-
tivi certamente utile, ma risulta insufficiente, co-
me lo , purtroppo, anche il richiamo generico ai va-
lori professionali. Questi ultimi rappresentavano
un sufficiente sostegno allagire professionale in un
contesto nel quale le grandi convinzioni di fondo ge-
nerate dalletica e dalle religioni in gran parte re-
sistevano e sembravano innegabili. Recenti episodi
di cronaca, invece, correlati alla problematica etica
e sociale del fine vita, ci hanno dimostrato dram-
maticamente come si possano giustificare atteggia-
menti diametralmente opposti appellandosi agli
stessi valori, anche professionali: rispetto della per-
sona, altruismo, amore dellaltro. Ci pu indurre il
sospetto che il richiamo generico a valori non cor-
relati ad un riferimento esplicito a proprie radici ri-
schi di ridursi ad unespressione di autosufficienza,
con le gravi conseguenze cui si fatto cenno. Il ri-
ferimento generico ai valori o agli obiettivi della
professione (come minimo comune denominatore
sul quale ritrovarsi) diviene insufficiente nel caso
che avalli questo atteggiamento e pretenda di so-
stenersi autonomamente, senza confrontarsi con un
orizzonte di esperienza umana nella sua interezza
e pluralit. Esso resta alla merc dei pi forti di
turno, di coloro, cio, che di volta in volta sono in
grado di ridisegnare il contenuto di questi valori o
di questi obiettivi: essi divengono strumenti del-
linterpretazione di chi ha il potere di decidere, elu-
dendo (e questo uno dei rischi pi gravi) un reale
dialogo e confronto.
necessario un cambio di prospettiva. Occorre
abbandonare una visione del nostro ambito (del
rapporto azienda professionista paziente) au-
tosufficiente e blindata rispetto alle risorse della
realt tutta intera. Il nostro lavoro, la fatica che
comporta la sua quotidiana e corretta applicazione,
non si sostiene per il riferimento a parole dordine
separate dalla radice. Questioni quali il significa-
to di ci che facciamo e la domanda su da cosa ori-
gina e cosa sostiene la nostra dedizione non posso-
no essere declassate ad elementi di valutazione
unilaterale. Occorre riconoscere che la concezione
che abbiamo della persona rilevante per la pro-
fessionalit. Essa determina lagire professionale
fin nel dettaglio tecnico e non va minimizzata nel-
langustia dellindividualit, ma deve divenire par-
te del dialogo quotidiano. Nel nostro lavoro e nelle
nostre dinamiche professionali e organizzative oc-
corre aprire, anzi spalancare, spazi a quelle risor-
se, a quegli imperativi e legami educativi che vi-
viamo quotidianamente nella nostra esperienza
esistenziale.
A. Del Puente et al.: Azienda sanitaria, operatore di salute, paziente. Una interazione complessa, una sfida da raccogliere 51
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un appello ad una laicit vera: una laicit in-
tesa come riconoscimento di pieno diritto di citta-
dinanza a posizioni motivate quali valori di risor-
sa e di rilevanza sociale
10
. Ci non lede la libert di
alcun soggetto ed anzi rappresenta il desiderio di
mettere a disposizione di tutti lintera ricchezza di
energie disponibili. Invece, una laicit intesa come
atteggiamento indifferente alle argomentazioni
sensibili alla verit
11
, come occultamento delle
proprie motivazioni, diminuite al rango di istanze
relative, finisce per cedere al rischio della contin-
genza e di una professionalit autoreferenziale.
Aprire alle risorse della realt
Aprire, anzi: spalancare spazi vuol dire valo-
rizzare possibilit e risorse che sono sotto i nostri
occhi. In particolare lesperienza cristiana, che
certamente una risorsa essenziale per lambito sa-
nitario da un punto di vista sia storico che perso-
nale. Il contributo dellesperienza cristiana alla
professionalit in ambito sanitario infatti non
unidea, ma un legame pedagogico che rende ra-
gionevole e quindi tendenzialmente permanen-
te ci che tutti auspicano: guardare laltro come
persona, condizione assoluta per lefficienza tecni-
ca. Un legame educativo che documenta la ragio-
nevolezza di quel contesto di riferimento oggettivo
e impegnativo nel quale la persona e il rispetto del-
la vita sono un assoluto non negoziabile
12
.
Per affrontare il problema della deriva del no-
stro ambito, da molti denunciata, c bisogno di fa-
vorire lincontro (libero e facoltativo) con tali prin-
cip e il conseguente maturare di giudizi in ambi-
to professionale, in uno spirito di vera laicit.
In primo luogo, ad esempio, favorendo incontri
con esperienze professionali: in ambito clinico co-
me in quello gestionale, dal meeting di reparto fi-
no ai corsi aziendali (utilizzando gli spazi offerti
dallordinamento didattico o dai corsi di formazio-
ne professionale), la strada per lumanizzazione
della medicina passa per lincontro con esperienze
professionalmente efficaci che non tacciano la ri-
levanza delle motivazioni degli imperativi etici e il
loro impatto sul gesto tecnico. Vale la pena citare,
a puro titolo di esempio, gli specifici Corsi di atti-
vit didattica elettiva del Corso di laurea in medi-
cina e di quello in infermieristica dellUniversit
Federico II di Napoli o gli analoghi corsi nei pro-
grammi di formazione aziendale
13
.
Inoltre, aprire spazi vuol dire essere consape-
voli nel rapporto con il paziente e con le associa-
zioni di pazienti che la salute parte di un be-
nessere pi completo. Di conseguenza, cooperare
alla salute vuol dire anche, nel servizio alla perso-
na malata, suggerire strumenti (es. opuscoli, testi)
e occasioni (incontri tra pazienti, convegni) idonei
ad ampliare una visione di vita
14
.
Aprire spazi alle risorse della realt e quindi
della societ vuol dire infine considerare, in
ambito organizzativo, la sussidiariet come un
principio guida di ogni iniziativa di politica e or-
ganizzazione sanitaria. Sussidiariet intesa come
riconoscimento e valorizzazione dellapporto delle
risorse e delle identit sociali
15
. Qualcosa di ben di-
verso, ad esempio, da una semplice esternalizza-
zione di servizi che unazienda non riesce pi a ge-
stire
16
.
Laboratori come porte aperte
alle energie della realt
Occorre promuovere a metodo della nostra at-
tivit il confronto che nasce dallapertura a tali ri-
sorse, perch il nostro lavoro possa trarne nuova
linfa: esso, infatti, sostenuto e modulato fin nei
dettagli dal modo con cui io guardo laltro. Que-
sta metodologia pu essere istituzionalizzata in
veri e propri laboratori dove le problematiche
sopra descritte vengano messe sistematicamente
a tema e ci sia loccasione per maturare un giudi-
zio sul proprio lavoro nellambito di un confronto
franco e continuativo.
La prospettiva descritta, e in particolare latti-
vit dei laboratori, costituiscono un contesto nel
quale atteggiamenti universalmente invocati come
indispensabili per la bont tecnica del nostro ope-
rare
1
(responsabilit, gratuit, dedizione, sacrifi-
cio) possono tornare ad essere significativi perch
non solo si rifanno ad affermazioni teoriche o ad
un precetto etico, ma piuttosto allenergia che na-
sce dallincontro, da un legame educativo costan-
te, umanamente seduttivo e professionalmente ef-
ficace. Un atteggiamento di apertura che investa
non solo lambito formativo, ma anche quello orga-
nizzativo e clinico, ci sembra condizione necessa-
ria per la ripresa di una professionalit nutrita da
significato umano e capacit di servizio
17
. Unaper-
tura che restituisca al nostro agire, patriziato di
funzioni e finalit di umanesimo integrale.
Ringraziamenti
Si ringrazia il dottor Teodoro Marotta per aver offerto nu-
merosi e preziosi spunti di discussione nella fase di prepara-
zione dellarticolo.
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A. Del Puente et al.: Azienda sanitaria, operatore di salute, paziente. Una interazione complessa, una sfida da raccogliere 53
Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Antonio Del Puente
Universit Federico II
Reumatologia
Via Sergio Pansini, 5
80131 Napoli
E-mail: delpuent@unina.it
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