A partire dal 1970, lindustria mondiale del petrolio e
del gas stata trasformata da una serie di enormi cam-
biamenti che hanno interessato il contesto economico, politico e tecnologico. Ladattamento a queste forze ester- ne ha comportato mutamenti di rilievo nelle strategie delle imprese operanti nel settore degli idrocarburi. Lim- patto di questi mutamenti risulta evidente se si confron- tano le principali imprese dellindustria nel 1970 e nel 2004 (tab. 1). Nel 1970, dominavano le Sette Sorelle, 1 le pi importanti compagnie petrolifere statunitensi ed euro- pee, pioniere nello sviluppo dellindustria per gran parte del 20 secolo. Cinque di queste erano americane: Exxon (allora Standard Oil New Jersey), Mobil, Chevron (allo- ra Standard Oil California), Texaco e Gulf Oil; le restan- ti due europee: Royal Dutch/Shell Group, joint venture anglo-olandese, e British Petroleum (BP). Il dominio sta- tunitense nella classifica delle principali imprese petro- lifere si estendeva anche oltre le Sette Sorelle: 12 delle 20 pi grandi compagnie petrolifere avevano sede negli Stati Uniti. degno di nota il fatto che tutte le compa- gnie non statunitensi (eccetto Royal Dutch/Shell Group, PetroFina e Nippon Oil) fossero completamente o par- zialmente di propriet pubblica. Tutte le principali impre- se nel 1970 erano verticalmente integrate e caratteriz- zate da una distribuzione internazionale delle loro atti- vit. Faceva eccezione la Nippon Oil le cui principali attivit erano concentrate nelle fasi a valle del ciclo petro- lifero e localizzate allinterno del Giappone. Nel 2004, le Sette Sorelle erano diventate quattro: ExxonMobil, Royal Dutch/Shell Group, BP e Chevron- Texaco. A queste si erano aggiunte la Total (che si era fusa con Elf Aquitaine e PetroFina) e la ConocoPhillips, arrivando cos a creare un gruppo leader costituito da 6 supermajors. Tuttavia, nonostante il persistente dominio da parte di un piccolo gruppo di major localizzate in Occidente e integrate, la lista delle prime 20 imprese nel 2004 era profondamente diversa da quella di 35 anni pri- ma. Il cambiamento pi importante stato lampliamento della variet internazionale delle principali imprese. Le nuove entrate nelle fila delle pi grandi compagnie del petrolio e del gas erano soprattutto imprese di Stato loca- lizzate nei principali paesi produttori di petrolio (Pemex in Messico, Statoil in Norvegia, PDVSA in Venezuela, Gazprom in Russia) o nei maggiori paesi consumatori (China Petroleum & Chemical e PetroChina in Cina, SK Corporation nella Corea del Sud e Indian Oil in India). A dire il vero, il nostro elenco sottostima grossolana- mente limportanza delle compagnie petrolifere nazio- nali di diversi paesi produttori che non pubblicano i loro conti finanziari. Facendo una stima delle loro entrate, Saudi Aramco e National Iranian Oil Corporation ver- rebbero certamente incluse nella lista del 2004 delle prime 20 imprese. 5.2.1 Le forze che guidano i cambiamenti nellindustria Fattori politici Il fattore pi importante che ha causato un cambia- mento nella struttura dellindustria e nelle strategie delle imprese petrolifere e del gas stato il mutamento del quadro politico internazionale. La fine degli anni Ses- santa e linizio degli anni Settanta hanno visto la cre- scente presa di coscienza da parte dei paesi produttori di petrolio del potere economico e politico loro conferito dal fatto di possedere riserve petrolifere. Sebbene lOr- ganizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) sia stata fondata nel 1960, sono state le rinegoziazioni delle concessioni petrolifere da parte della Libia nel 1970 e dellIran nel 1971, seguite dalla guerra arabo-israeliana 301 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 5.2 Le strategie delle compagnie petrolifere dal 1970 a oggi 1 Il termine Sette Sorelle stato coniato da Enrico Mattei, il fondatore della compagnia energetica italiana Eni, ed stato poi divulgato da Anthony Sampson con il suo libro The Seven Sisters (1975). del 1973, a porre le condizioni per laumento dei prez- zi del petrolio attuato dallOPEC nel 1973-1974. Il potere e la determinazione dei paesi produttori di petrolio si sono anche manifestati attraverso un pi aggres- sivo approccio nei confronti delle major petrolifere inter- nazionali. Dal 1960 in poi (ancora prima nel caso del- lIran), molti paesi produttori hanno nazionalizzato nei settori del petrolio e del gas le societ controllate dalle imprese straniere e quelle in regime di joint venture loca- lizzate allinterno dei loro confini, dando cos vita a com- pagnie statali responsabili dello sfruttamento delle riser- ve nazionali di idrocarburi e della conclusione di accor- di con le compagnie petrolifere occidentali (tab. 2). Il desiderio dei paesi produttori di appropriarsi di una quota maggiore del valore delle loro risorse petrolifere non stato altro che una manifestazione della volont politica e degli obiettivi di sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo e dei paesi non allineati. Parimenti, i nuovi paesi produttori di petrolio del mondo industrializzato (in particolare Norvegia e Regno Unito) hanno voluto massimizzare a beneficio di se stessi lo sfruttamento delle loro riserve. La messa allasta delle licenze di esplo- razione e produzione, gli accordi di partecipazione e nuove tasse sul petrolio non erano azioni limitate ai soli paesi politicamente aggressivi dellOPEC. Alcuni dei tentativi pi ambiziosi e incisivi da parte dei paesi pro- duttori di appropriarsi degli introiti derivanti dalle loro risorse petrolifere sono stati realizzati dai governi nor- vegese e britannico in relazione allo sfruttamento del petrolio del Mare del Nord. 302 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE tab. 1. Le prime 20 compagnie petrolifere e del gas classificate in base alle vendite negli anni 1970 e 2004 * Valore stimato. ** La Total allora era chiamata Compagnie Franaise des Ptroles. Fonti: Rapporti annuali delle compagnie; Fortune e Forbes, 1970 e 2004. Compagnia Vendite nel 2004 (10 9 $) Compagnia Vendite nel 1970 (10 9 $) BP (Regno Unito) 285,1 Exxon (Stati Uniti) 16,6 Royal Dutch/Shell Group (Paesi Bassi/Regno Unito) 265,2 Royal Dutch/Shell Group (Paesi Bassi/Regno Unito) 10,8 ExxonMobil (Stati Uniti) 264,0 Mobil (Stati Uniti) 7,3 ChevronTexaco (Stati Uniti) 142,9 Texaco (Stati Uniti) 6,3 Total (Francia) 131,6 Gulf Oil (Stati Uniti) 5,4 ConocoPhillips (Stati Uniti) 118,7 Chevron (Stati Uniti) 4,2 Eni (Italia) 79,3 British Petroleum (Regno Unito) 4,1 Pemex (Messico) 70,0 Amoco (Stati Uniti) 3,7 Valero Energy (Stati Uniti) 54,6 Atlantic Richfield (Stati Uniti) 2,7 Statoil (Norvegia) 50,1 Phillips Petroleum (Stati Uniti) 2,3 China Petroleum & Chemical (Cina) 49,8 Sun Oil (Stati Uniti) 1,9 Repsol-YPF (Spagna) 48,0 Eni (Italia) 1,8 Marathon Oil (Stati Uniti) 45,1 Unocal (Stati Uniti) 1,8 PDVSA (Venezuela) 42,6 * Elf Aquitaine (Francia) 1,5 PetroChina (Cina) 36,7 PetroFina (Belgio) 1,3 SK Corp (Corea del Sud) 33,8 Continental Oil (Stati Uniti) 1,3 Petrobras (Brasile) 33,1 Getty Oil (Stati Uniti) 1,2 Nippon Oil (Giappone) 30,4 Nippon Oil (Giappone) 1,0 Gazprom (Russia) 28,9 Total ** (Francia) 0,9 Indian Oil (India) 26,1 Petrobras (Brasile) 0,9 Tuttavia, la nuova forza dellOPEC ha fatto ben poco per assicurare la stabilit dei prezzi. Uno dei problemi cruciali del periodo 1970-2005 stata la maggiore vola- tilit del prezzo del greggio. Se il primo shock petroli- fero stato il frutto del potere dellOPEC, il secondo, che seguito alla rivoluzione iraniana del 1979, ha dimo- strato la forza del mercato mondiale nel rispondere a cambiamenti nellofferta globale. Dallinizio degli anni Ottanta, il greggio ha toccato i minimi di 8 dollari al bari- le nel 1986 e di 10 dollari nel 1998, e i massimi di 31 dollari nel 1990 (in seguito allinvasione del Kuwait) e di 60 dollari nel 2005 (Verleger, 1991). Il secondo fattore politico di cambiamento stato il crollo del comunismo e londata di liberalizzazioni che ha aperto agli investimenti esteri molti grandi paesi pro- duttori di petrolio, ha portato alla privatizzazione di diver- se compagnie prima pubbliche e ha incoraggiato allin- ternazionalizzazione diverse imprese energetiche sostan- zialmente imperniate sulla realt nazionale. Concorrenza La crescente competizione nellambito dellindustria petrolifera stata resa evidente dal declino della supre- mazia delle principali compagnie petrolifere durante il periodo considerato. Fino allinizio degli anni Settanta, lindustria petrolifera mondiale era dominata da un pic- colo gruppo di grandi compagnie integrate, le sopra men- zionate Sette Sorelle. Lesiguit di questo gruppo e lo stret- to legame che lo caratterizzava (quattro sorelle erano ex membri della Standard Oil Trust) avevano incoraggiato un deliberato parallelismo nel loro comportamento con- correnziale. Dopo il 1970, le Sette Sorelle hanno perso la loro posizione dominante allinterno dellindustria: duran- te il periodo 1973-1987, la loro quota sulla produzione mondiale di greggio scese dal 29,3% al 7,1% e la loro quota sulla capacit di raffinazione mondiale dal 25,5% al 17% (Verleger, 1991). Questo declino stato il risulta- to di due fattori chiave. Primo, la nazionalizzazione di una larga parte delle attivit petrolifere delle major a partire dal 1972. Secondo, lespansione di operatori pi piccoli, tra cui le imprese di Stato dei paesi produttori (alcune for- matesi dalla nazionalizzazione delle attivit petrolifere delle major) e le compagnie petrolifere originariamente localizzate nei propri territori nazionali (per esempio, Elf Aquitaine, Nippon Oil, Neste e Repsol) che sono cresciute a livello internazionale. Ne derivata una riduzione del potere economico e politico delle major petrolifere. Le pressioni concorrenziali sono state esacerbate dal- lemergere di un eccesso di capacit. I due shock petro- liferi hanno depresso la domanda di prodotti petroliferi incentivando il risparmio energetico e la sostituzione del petrolio con fonti alternative. Lintensit petrolifera delleconomia statunitense 2 si dimezzata tra il 1970 e il 1990. Dal lato dellofferta, la capacit produttiva di 303 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI tab. 2. La costituzione di imprese petrolifere nazionali da parte dei paesi OPEC (Tetreault, 1985) * Nel 1974 il governo saudita ha acquisito la maggioranza di Aramco che nel 1988 stata rinominata Saudi Aramco. Paese Compagnia Data della costituzione Algeria SONATRACH 1963 Ecuador CEPE 1972 Gabon PetroGab 1979 Indonesia Pertamina 1971 Iran National Iranian Oil Corp. 1951 Iraq Iraqi National Oil Corp. 1964 Kuwait Kuwait Petroleum Corp. 1976 Libia NOC 1968-1970 Nigeria Nigerian National Petroleum Corp. 1977 Qatar QGPC 1974 Arabia Saudita * Petromin 1962 Emirati Arabi Uniti ADNOC 1971 Venezuela PDVSA 1975 2 Misurata rispetto al PIL ed espressa in Btu (British ther- mal units)/PIL in dollari a prezzi costanti. greggio a livello mondiale cresciuta in ragione dei mag- giori sforzi nelle esplorazioni e delle nuove tecniche di esplorazione e produzione. Leccesso di capacit di raf- finazione stato poi aggravato dagli investimenti rea- lizzati dai molti paesi produttori di petrolio. Il risultato stato un eccesso di capacit in ogni fase della catena del valore dellindustria. Tecnologia Le sfide fisiche poste dallesplorazione e dalla pro- duzione (E&P) offshore e dal trasporto del gas naturale verso i paesi consumatori; gli incentivi economici allu- tilizzo di greggi pesanti e alla loro conversione in distil- lati pi leggeri; le possibilit tecnologiche rese disponi- bili dai progressi della scienza e della tecnologia infor- matica hanno determinato una innovazione senza precedenti nella tecnologia petrolifera. La complessit e i costi delle nuove tecnologie hanno avuto diverse impli- cazioni, tra cui lesternalizzazione di diverse attivit tecniche da parte delle principali imprese di petrolio e gas. Allinizio del 21 secolo, alcuni dei pi importan- ti attori dellindustria sono divenute le compagnie di ingegneristica e parapetrolifere (fornitura di servizi integrati allindustria petrolifera) come Schlumberger, Halliburton, Baker Hughes e Kerr McGee. I costi di investimento dei principali progetti sono cresciuti enormemente. Sviluppare un grande giacimento di petrolio o di gas, costruire un oleodotto, una raffine- ria o un grande impianto di liquefazione del gas natura- le richiede spese di investimento dellordine di diversi miliardi di dollari. Inevitabilmente, sono divenute sem- pre pi importanti le joint ventures e altre forme di col- laborazione. 5.2.2 Le major del petrolio e del gas: il modello tradizionale Nel 1970, le principali compagnie petrolifere avevano raggiunto una configurazione di strategia, struttura e sistemi di gestione che, per la maggior parte di loro, era il risultato di oltre mezzo secolo di sviluppo. In termini di strategia, le caratteristiche principali delle major erano la grande dimensione, lintegrazione verticale e la pre- senza a livello mondiale. Nonostante le diverse attivit originarie delle compagnie la Exxon (come la Stand- ard Oil) aveva le sue radici nella raffinazione, la Shell nel trasporto e nel commercio, Royal Dutch, Texaco e BP nellE&P le loro strategie convergevano verso un modello di business comune. Erano tutte verticalmente integrate dalla fase iniziale di esplorazione fino alla ven- dita al dettaglio dei prodotti raffinati. La logica centra- le che le guidava era quella di limitare il rischio massi- mizzando lautosufficienza (in questo modo le attivit a valle garantivano sbocchi sicuri ai rischiosi investimenti delle compagnie nelle fasi di esplorazione e sviluppo). Anche la maggior parte delle fasi intermedie veniva gesti- ta dallinterno: le compagnie provvedevano alla maggior parte dei loro servizi ingegneristici e parapetroliferi ed erano alcune delle pi grandi proprietarie mondiali di navi. Tutte le major avevano poi avviato importanti atti- vit petrolchimiche. Le economie di scala, combinate allintegrazione ver- ticale e allespansione internazionale, consentivano alle major petrolifere di essere tra le pi grandi corporazio- ni industriali a livello mondiale. Nel 1970, sette delle venti maggiori compagnie statunitensi (classificate in base alle vendite) erano imprese petrolifere, la pi alta rappresentanza di settore rispetto a qualsiasi altra indu- stria. Ancora, durante gli anni Settanta, le major rag- giunsero la loro massima dimensione in termini di nume- ro di occupati; dalla fine di quel decennio, invece, que- sto numero ha cominciato a scendere (tab. 3). Una caratteristica chiave dellorganizzazione delle imprese era il loro alto grado di centralizzazione deci- sionale, insolito per compagnie della loro dimensione e diversit di prodotti e attivit. Tutte avevano strutture divisionali, di norma basate su una combinazione di tre dimensioni: aree geografiche, funzioni, gruppi di pro- dotti. Tuttavia, rispetto ad altre corporazioni industriali, erano state pi lente nelladottare strutture multidivisio- nali (Chandler, 1962) e hanno continuato a mantenere una proporzione insolita di poteri decisionali presso la sede centrale. La concentrazione del potere nelle mani di pochi rifletteva lalta interdipendenza delle attivit delle com- pagnie petrolifere. Il tradizionale modello multidivisio- nale, con la caratteristica separazione dei poteri deci- sionali strategici da quelli operativi, non era applicabile alle principali compagnie petrolifere a causa della stret- ta interrelazione sia in senso verticale, tra le loro prin- cipali attivit (esplorazione, produzione, raffinazione e distribuzione/marketing), sia in senso orizzontale, tra i loro diversi prodotti finali. Sebbene la maggioranza delle imprese avesse adottato una struttura divisionale per regio- ni, a livello geografico il decentramento era limitato dalla necessit di coordinare i flussi di greggio dai paesi pro- duttori con le attivit a valle nei paesi consumatori. Que- ste esigenze di coordinamento avevano portato le major petrolifere a sviluppare sistemi economici di pianifica- zione amministrativa altamente sofisticati. Invece di decentralizzare la gestione operativa a livello divisiona- le, la sede centrale dellimpresa era responsabile non solo delle decisioni strategiche e dellallocazione delle risor- se, ma anche della pianificazione operativa. Il modello di pianificazione amministrativa che carat- terizzava le major petrolifere enfatizzava il ruolo del mana- gement nellottimizzare il coordinamento allinterno di un sistema essenzialmente chiuso. Unelevata integra- zione verticale teneva al riparo le imprese petrolifere dalla 304 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE volatilit e dallincertezza dei mercati intermedi. Que- sto isolamento dallincertezza del mercato richiamava il tema centrale del testo di J.K. Galbraith, The new indus- trial state (1968): dove gli investimenti di capitale sono ingenti e di lunga durata, le grandi compagnie integrate e competitive che esercitano un significativo potere di mercato forniscono un isolamento dai rischi insiti nella concorrenza e nella instabilit dei mercati. La gestione di queste organizzazioni tecnocratica, richiede capa- cit di previsione, pianificazione e coordinamento sup- portate da sofisticati sistemi di informazione e da pro- cessi decisionali basati sulla scientificit. Il problema per le compagnie petrolifere, evidenzia- to nella teoria di Galbraith, consisteva nel fatto che que- ste non erano capaci di sopprimere e controllare le forze di mercato che i loro sistemi amministrativi avrebbero dovuto sostituire. A seguito della maggiore concorren- za e volatilit del mercato, e dei grandi shock economi- ci e politici, la struttura e i sistemi di gestione delle cor- porate petrolifere venivano sottoposti a sforzi sempre maggiori. Laumentata turbolenza dellambiente esterno rendeva la centralizzazione dei poteri decisionali sem- pre pi inefficiente: i sistemi gerarchici fronteggiavano un sovraccarico di informazioni e i tempi di reazione della struttura organizzativa erano troppo lenti per sod- disfare le esigenze di efficienza dinamica richieste da ambienti esterni in rapido mutamento. Questo port alla ricerca di strutture e sistemi capa- ci di rispondere velocemente al cambiamento esterno, di incoraggiare la ricerca imprenditoriale del profitto, ma che allo stesso tempo avrebbero consentito di pianifica- re e investire nello sviluppo a lungo termine. 5.2.3 La diversificazione e la ricerca delle riserve (1974-1984) Il primo shock petrolifero del 1973-1974 aveva indebo- lito il modello di pianificazione amministrativa delle major in due modi. Primo, esse avevano perso il loro tra- dizionale controllo del mercato a vantaggio di un nuovo protagonista: lOPEC. Secondo, non possedevano pi gran parte delle loro riserve di idrocarburi a seguito dei processi di nazionalizzazione attuati dai governi dei paesi produttori. Le loro risposte al nuovo contesto economi- co in cui si trovavano a operare sono state, inizialmen- te, quella di mantenere le strutture verticalmente inte- grate cercando riserve in nuove aree geografiche e, suc- cessivamente, quella di tentare di crescere attraverso la diversificazione (Grant e Cibin, 1996). La ricerca del petrolio Il nuovo status di acquirenti di petrolio aveva ali- mentato nelle major la determinazione a mantenere un alto grado di integrazione verticale. Durante la seconda met degli anni Settanta, gli investimenti nelle fasi a monte erano cresciuti in modo sostanziale, specialmen- te nei giacimenti petroliferi politicamente sicuri del Mare del Nord e del North Slope in Alaska. Lesplorazione fu sviluppata in entrambe le succitate regioni petrolifere mature ed estese a comprendere regioni di frontiera: principalmente il Mare dIrlanda, il Mar Cinese Meri- dionale, il Golfo del Messico, loffshore dellAfrica occi- dentale e loffshore tra lIndonesia e la costa nord-occi- dentale dellAustralia. La tab. 4 mostra la crescita degli investimenti nellupstream dopo gli shock petroliferi del 305 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI tab. 3. Loccupazione nelle compagnie petrolifere in diversi anni (numero di occupati) * ExxonMobil. ** Comprende Amoco e Arco. *** ChevronTexaco. Fonte: Rapporti annuali delle compagnie; Fortune Global 500, 1970-2004. 1970 1980 1985 1990 2000 2004 Exxon 143.000 176.615 146.000 104.000 106.000 * 85.800 * Mobil 75.600 81.500 71.100 67.300 Royal Dutch/Shell Group 158.000 161.000 142.000 137.000 128.000 114.500 BP 105.000 118.200 129.450 116.750 112.150 ** 102.900 ** Amoco 47.551 56.401 48.545 54.524 Atlantic Richfield (Arco) 31.300 53.400 31.300 27.300 Eni 76.000 128.000 129.000 82.700 80.178 70.948 Texaco 73.734 66.745 54.481 39.199 19.011 Chevron 44.610 40.218 60.845 54.208 36.490 67.569 *** 1973-1974 e del 1979-1980. I maggiori investimenti nelle fasi a monte erano in parte responsabili della conver- genza delle compagnie verso una pi omogenea espan- sione internazionale delle loro attivit. Lespansione degli investimenti in America Settentrionale era una priorit strategica per le due compagnie petrolifere europee, men- tre le imprese fortemente incentrate sugli Stati Uniti, principalmente Amoco e Atlantic Richfield, hanno sem- pre di pi cercato il petrolio oltreoceano. Tuttavia, nonostante laccresciuta attivit di esplora- zione e le grandi scoperte nel Mare del Nord, in Alaska e altrove, non si poteva pi recuperare la situazione pre- 1973. Nel 1975, le major internazionali del petrolio e del gas soddisfacevano meno della met del proprio fabbiso- gno complessivo di greggio tramite le loro stesse riserve; il resto veniva acquistato dalle compagnie nazionali di pro- duzione dotate di un potere sino ad allora sconosciuto. Diversificazione Una domanda di greggio e di prodotti petroliferi pres- soch piatta e lemergere di un eccesso di capacit in quasi tutte le fasi della catena del valore delle compagnie erano conseguenza del drastico aumento dei prezzi del petrolio e del ristagno delleconomia globale avvenuto tra la fine degli anni Settanta e linizio degli anni Ottan- ta. Tuttavia, le major petrolifere erano rimaste impron- tate alla crescita e, incentivate dai consistenti flussi di cassa generati dal rialzo dei prezzi del petrolio, si erano orientate verso la diversificazione come strumento di crescita preferenziale. Nel 1970, quasi tutte le compagnie si concentravano su tre attivit: petrolio, gas e petrolchimica. Nel 1984, percorsi molto simili di diversificazione le avevano orien- tate verso fonti energetiche alternative (principalmente carbone, ma anche energia solare, nucleare, e idrocar- buri non convenzionali come sabbie e argille bitumino- se) e verso i minerali come metalli non ferrosi, fosfati, zolfo e cemento. Altre aree di diversificazione erano pre- valentemente una conseguenza del desiderio di sfrutta- re le risorse tecnologiche e le capacit gestionali svi- luppate internamente: a titolo di esempio, la produzio- ne di cibo per animali da parte di BP e Amoco; lattivit nel segmento dei detergenti della Shell; la generazione elettrica per Exxon e Texaco. Amoco, Atlantic Richfield, BP, Exxon, Shell e Texaco avevano creato societ di ven- ture capital col fine di portare sul mercato le tecnologie sviluppate internamente e di acquisire nuove piccole compagnie technology-based. Non poche compagnie si 306 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE tab. 4. Media annua delle spese per investimenti nellindustria del petrolio e del gas sostenute dalle imprese selezionate, 1970-2004 (10 6 $) * Dati consolidati di ExxonMobil dopo il 1995. ** Dati consolidati di BP, Amoco e Arco dopo il 1995. *** Dati consolidati di Chevron e Texaco dopo il 1999. Fonte: Conti finanziari delle compagnie. 1970-1973 1974-1978 1979-1982 1983-1986 1987-1990 1991-1994 1995-1999 2000-2004 Exxon * upstream 981 3.040 6.371 6.955 4.870 6.322 8.016 10.005 downstream 897 1.114 1.365 1.264 1.438 1.660 2.664 2.508 Mobil * upstream 426 863 2.106 1.548 1.208 1.214 downstream 557 502 832 811 726 1.104 Shell upstream 470 1.477 4.507 4.052 3.215 4.677 6.377 8.516 downstream 1.083 1.006 2.296 1.541 2.486 2.551 2.614 3.108 BP ** upstream 306 780 3.387 2.974 2.401 3.620 4.998 10.118 downstream 430 422 696 961 886 937 1.421 4.830 Amoco ** upstream 595 1.206 2.258 2.567 2.390 2.956 downstream 242 289 563 542 451 548 Arco ** upstream 232 678 2.210 2.877 1.559 2.380 downstream 267 591 433 286 556 545 Chevron *** upstream 302 889 2.560 2.712 1.805 1.663 3.386 6.505 downstream 413 678 1.132 803 731 662 908 1.180 Texaco *** upstream 673 927 1.560 1.467 1.295 1.544 2.318 downstream 433 416 567 826 604 588 864 Eni upstream 332 981 2.104 2.150 2.531 2.431 2.992 4.808 downstream 145 246 368 260 628 501 544 596 erano poi diversificate in modo pi ampio: Exxon e BP nella tecnologia informatica, Mobil nella distribuzione (Montgomery Ward) e nel packaging. La tab. 5 mostra il processo di diversificazione di alcune delle principa- li major del petrolio e del gas. 5.2.4 La ristrutturazione interna per conseguire efficienza e flessibilit (1985-1994) Il cambiamento degli obiettivi di impresa Durante gli anni Ottanta, le principali compagnie del petrolio e del gas sono state sottoposte a crescenti pres- sioni. Dopo aver raggiunto un picco nel 1981, i prezzi del petrolio avevano seguito un brusco trend di ribasso e, parallelamente, erano scesi anche i profitti dellindu- stria (Al-Chalabi, 1991). Tra il 1985 e il 1994, pressoch tutte le major ave- vano annunciato consistenti iniziative di ristrutturazio- ne che includevano estesi disinvestimenti di attivit, ridu- zione della forza lavoro, riformulazione delle proprie strategie operative. Un elemento scatenante era stato il precipitoso declino dei prezzi del petrolio nel 1986, quan- do lincremento produttivo dellArabia Saudita si tra- dusse in un calo delle quotazioni al di sotto dei 9 dolla- ri al barile. Questo aveva indotto le principali compagnie petrolifere a mettere in discussione le proprie strategie e strutture organizzative. Alla base di questi processi di ristrutturazione vi era laffermazione della capacit da parte delle imprese di creare profitto e della creazione di valore per gli azioni- sti come obiettivi primari. Negli anni Settanta, le dichia- razioni degli obiettivi aziendali avevano sottolineato lim- portanza della crescita e degli obiettivi operativi, come il rimpiazzo delle riserve, lespansione geografica, il miglioramento dellefficienza e il progresso tecnologi- co. Negli anni Ottanta, questi obiettivi sono diventati secondari rispetto al profitto e al ritorno per gli azioni- sti. Erano tipiche le seguenti dichiarazioni: Il nostro primo obiettivo quello di migliorare il valore dei vostri investimenti sia nel breve che nel lungo termine (Mobil, 1987); Il nostro scopo negli ultimi anni stato e rimane quello di massimizzare il profitto delle nostre atti- vit (BP, 1988); Noi siamo fortemente consapevoli che vi aspettate di ricevere un ritorno pienamente competitivo sui vostri investimenti [.] ed quello che intendiamo darvi. La nostra regola [.] diventare non solo una delle compagnie pi ammirate nel mondo dellindu- stria ma anche una delle pi apprezzate dagli azio- nisti (Texaco, 1989); La compagnia attribuisce la massima priorit al miglioramento dei risultati finanziari e al rendimento degli investimenti dei suoi azionisti (Chevron, 1989). La ricerca di maggiori introiti per gli azionisti stato il filo conduttore sotteso ai cambiamenti strategici e orga- nizzativi del periodo 1985-1994. Unevidente indica- zione del riorientamento degli obiettivi di impresa dalla crescita alla creazione del valore per gli azionisti stata lintroduzione del riacquisto di azioni, finalizzato a incre- mentare gli utili per azione attraverso la riduzione del numero delle azioni in circolazione. In questo, come in altri aspetti del processo di ristrutturazione in corso, Exxon stato il leader: solo tra il 1984 e il 1986 ha speso 6 miliardi di dollari in riacquisto di azioni proprie. Anche tutte le altre major si sono mosse in modo analogo: inve- ce di destinare il denaro liquido in eccesso in investi- menti diversificati, lo restituivano ai loro azionisti. Dalla diversificazione alla rifocalizzazione Laspetto pi evidente del cambiamento strategico durante la met e la fine degli anni Ottanta stato la sempre pi diffusa dismissione delle attivit che esula- vano dal core business delle imprese. Nel 1990, le prin- cipali compagnie petrolifere avevano pressoch intera- mente eliminato le attivit in cui si erano diversificate nel periodo precedente. Le prime a essere abbandonate sono state le diversificazioni non correlate, quasi tutte risultate senza successo, come lattivit della Exxon Office System, lincursione della Mobil nella grande distribuzione, lavventura di BP nel software e nelle tele- comunicazioni; perfino Eni, di gran lunga la pi diver- sificata tra le principali compagnie del petrolio e del gas, cominciava a eliminare alcune delle attivit che esu- lavano dal core business. Successivamente si verificata la dismissione di quasi tutte le iniziative pi significative di diversificazione nei settori correlati. In particolare, le principali compagnie hanno liquidato le loro controllate dedite allestrazione dei metalli. Allinizio degli anni Novanta, solo la Shell aveva conservato una controllata di questo tipo (vendet- te la Billiton nel 1993). Nel 1994, la sola major alla quale rimanevano ancora interessi sostanziali al di fuori del- lenergia e della chimica era la Elf Aquitaine con le sue attivit nel settore benessere ed estetica (prodotti far- maceutici e cosmetici). Alcune compagnie si erano spin- te anche oltre nella loro determinazione di rifocalizzar- si sul core business (Arco e Texaco avevano eliminato la maggior parte delle loro attivit chimiche sollevando la questione se il legame tecnico tra raffinazione del petro- lio e petrolchimica fosse di per s sufficiente a giustifi- care il continuo coinvolgimento nella chimica da parte delle major). Le imprese avevano ridefinito i loro obiettivi anche in relazione alla distribuzione geografica delle loro atti- vit. A valle, tutte le imprese avevano circoscritto la loro presenza a livello geografico. Nel 1990, nessuna delle 307 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI 308 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE tab. 5. La diversificazione attuata da Shell, Exxon, Mobil e BP (1974-1984) Fonte: Rapporti annuali delle compagnie. ROYAL DUTCH/SHELL GROUP 1974 Acquisizione di NV Billiton, compagnia di esplorazione e produzione di metalli e minerali 1975 Realizzazione di investimenti aggiuntivi in reattori nucleari refrigerati a gas 1976 Acquisizione di carbone via mare per 123 milioni di dollari Costruzione di un impianto di gassificazione del carbone in Germania Costituzione della Scallop Coal a New York dedita al commercio di carbone 1977 Acquisizione di Crows Nest Industries (produttore di carbone) 1979 Investimenti in silvicoltura in Nuova Zelanda e Cile EXXON 1975 Costituzione della Exxon Nuclear International 1977 Costituzione della Exxon Minerals USA e della Exxon Minerals International 1979 Acquisizione di Reliance Electric Co., per 1,2 miliardi di dollari 1980 Costituzione di Exxon Office Systems ed Exxon Information Systems 1981 Avvio di un progetto di generazione elettrica a Hong Kong del valore di 2,5 miliardi di dollari Acquisizione del 16% della American Solar King (energia solare) 1984 Avviamento della produzione di carbone a Cerrejon, in Colombia MOBIL 1974 Acquisizione, per 883 milioni di dollari, della Marcor, che controllava la casa madre della Montgomery Ward (retail ) e Container Corp. 1975 Investimenti nellestrazione di carbone e nel settore immobiliare 1977 Acquisizione di Mt. Olive e Staunton Coal Company per 47,5 milioni di dollari 1978 Acquisizione di W.F. Hall Printing per 50,5 milioni di dollari Acquisizione di Electro-Phos Corporation (raffinazione del fosforo) e di Rexene Styrenics Investimenti nellimmobiliare a Hong Kong 1980 Acquisizione di compagnie che producono materie plastiche, fosforo, fertilizzanti Investimenti in energie alternative come metanolo (Nuova Zelanda), impianti per la lavorazione delle argille bituminose (Utah), impianti di trattamento delluranio (Stati Uniti) e impianti coal-to-liquids (Kentucky) 1982 Costituzione della Mobil Diversified Businesses dedita alle attivit diverse dal petrolio e dalla chimica 1983 Avviamento di progetti sul carbone in Australia e Indonesia Acquisizione di Baggies, compagnia che produce borse di plastica, dalla Colgate-Palmolive 1984 Acquisizione dellattivit della DuPont nel can coating (rivestimento di lamiera per imballaggi, barattoli e tubi) BRITISH PETROLEUM 1976 Costituzione della BP Nutrition Ltd (proteine e cibo per animali) Costituzione della Sonarmarine Ltd (rilevamenti topografici sottacqua) 1977 Acquisizione del 50% della Clutha Development (estrazione di carbone in Australia) 1978 Acquisizione della R. McBride Ltd (ingegneristica e costruzioni) Acquisizione della Bakelite Xylonite Ltd (materie plastiche) dalla Union Carbide 1979 Acquisizione del 25% di Ruhrgas (raffinazione e distribuzione del gas in Germania) 1980 Acquisizione della Selection Trust Ltd (compagnia finanziaria con interessi nellestrazione di metalli) 1981 Acquisizione della Systems Control Inc. (sistemi informatici) Acquisizione della Kennecott Corp. per 1,77 milioni di dollari (attraverso la Sohio) Acquisizione della Verdugt NV (chimica delle specialit) Costituzione della BP Detergents International Acquisizione del 49% della Brascan Resoursos (stagno) Acquisizione del 49% del progetto Olympic Dam (estrazione di metalli in Australia) Partecipazione al 49% della Mercury Communications (telecomunicazioni) 1983 Acquisizione della NANTA (compagnia spagnola produttrice di cibo per animali) 1984 Acquisizione della NORIA/UFAC (compagnia francese produttrice di cibo per animali) Costituzione della BP Energy Management (sistemi di gestione dellenergia) compagnie operava sul mercato dei 50 Stati degli USA, e la maggior parte aveva rifocalizzato le operazioni in Europa, venendo via dai paesi in cui la loro quota di mer- cato era inferiore al 10%. Una tendenza simile si era veri- ficata anche nellupstream. Alla fine degli anni Ottanta e allinizio degli anni Novanta, la maggior parte delle compagnie aveva ridotto il numero di paesi in cui svol- geva attivit di esplorazione e produzione al fine di otte- nere migliori economie dalluso delle infrastrutture e della conoscenza. La descrizione dellapproccio utilizzato da Chevron in questo processo di rifocalizzazione esemplare: Abbiamo osservato con occhio critico il dispiegamen- to delle nostre attivit per definire quanto ognuna di esse si inserisca adeguatamente allinterno del piano strate- gico dellimpresa. Come risultato, abbiamo eliminato diverse aree geografiche e attivit al fine di concentra- re le nostre risorse laddove esiste un vantaggio compe- titivo. E questo processo sta continuando. Adesso stia- mo vendendo attivit nella chimica agricola, nel campo dei fertilizzanti e in alcune attivit commerciali legate ai minerali. Negli Stati Uniti sono stati venduti siti di pro- duzione marginale per il valore di circa 400 milioni di dollari e pianifichiamo di continuare a venderne nel 1991 (Chevron, 1990). Tutte le strategie delle compagnie sono state gui- date sempre pi da rigorose analisi finanziarie sui ritor- ni del capitale e sullimpatto in termini di ricchezza per gli azionisti. La BP ha descritto il suo approccio flessibi- le alla gestione di portafoglio con lespressione active asset management. Lex Amministratore delegato, Peter Walters, si espresso a questo proposito nel seguente modo: Noi cerchiamo di assicurare che le nostre ope- razioni soddisfino pienamente i criteri di eccellenza selet- tiva: ci significa essere tra i migliori; e di massa criti- ca, che significa avere una dimensione sufficiente per competere con successo sul mercato []. Allinterno dei nostri criteri strategici, riesaminiamo continuamen- te tutte le attivit della BP, sia quelle basate sugli idro- carburi sia quelle di altro genere. Se per qualsiasi moti- vo alcune operazioni valgono di pi per gli altri che per noi, o se non rispondono pi pienamente ai nostri requi- siti ed evidenziano scarse prospettive di riuscirvi in fu- turo, siamo pronti a ritirarci da esse o a venderle. Active asset management unefficace espressione che sinte- tizza questa strategia (BP, 1988). La vendita da parte di BP delle attivit nel segmen- to dei minerali ha spiegato la nuova impostazione adot- tata: Questi grandi sviluppi aumenteranno e protegge- ranno il valore della vostra impresa aiutando BP a rifo- calizzarsi in modo crescente sul suo business principale o core business [] Perch stiamo abbandonando que- sta attivit considerati i buoni profitti generati da BP Minerals? [...] Avendo acquisito, alimentato e sviluppato il business dei minerali per diversi anni, abbiamo previsto in futuro un incremento dei prezzi delle commodities. Ci nonostante stiamo ricevendo da RTZ, in contropar- tita alla cessione di BP Minerals, un valore netto che, riteniamo, confermi le nostre aspettative di positivo anda- mento delle future entrate. Non solo stiamo ottenendo un buon prezzo, ma stiamo altres accumulando denaro da investire in migliori opportunit in altre aree daffa- ri (BP, 1988). La ricerca di efficienza Il riorientamento delle strategie verso la creazione di valore per gli azionisti ha accentuato limportanza del- lefficienza in termini di costi. Exxon stata la pi espli- cita nellesprimere la sua intenzione di diventare la pi competitiva in termini di efficienza in tutti i nostri busi- ness: nel petrolio, nel gas, nella chimica e in ogni altra attivit (Exxon, 1983). Tradizionalmente, quando si parlava di efficienza si faceva riferimento allefficienza statica: per esempio, lo sfruttamento delle economie di scala nelle raffinerie, nelle navi, nella rete di distribuzione e in altri impianti indivisibili, assieme alla pianificazione operativa dei flussi di prodotto per ottimizzare la programmazione delle raffinerie e minimizzare le scorte e i costi di tra- sporto. In condizioni di mercato instabili, lefficienza dinamica diventata sempre pi importante: adeguare la capacit alla domanda, adeguare il mix di input e di output in relazione al mutamento dei differenziali di prez- zo, e in generale minimizzare i costi massimizzando la flessibilit e la capacit di risposta. Le misure di ridu- zione dei costi includevano: ladeguamento della capacit attraverso la chiusura delle raffinerie, della capacit di stoccaggio e delle stazioni di rifornimento al dettaglio, nonch la ven- dita e rottamazione di navi cisterna (tab. 6); la riduzione dei costi in eccesso, specialmente in ter- mini di tagli a livello di quadri intermedi e di attivit della sede centrale. Diverse compagnie hanno attua- to una riduzione degli impiegati a livello di gruppo. Alla BP tagli di oltre 2.500 impiegati della sede cen- trale ridussero il personale da 3.000 a 380 (in aggiun- ta, 700 posti di lavoro nei servizi aziendali sono stati trasferiti fuori dalla sede principale). In tutto sono stati soppressi 1.150 posti di lavoro a livello di grup- po. Presso la sede centrale di Exxon, il personale stato ridotto da 1.500 a 300 unit. Questi tagli era- no spesso accompagnati dal trasferimento delle se- di centrali delle imprese: la Exxon si spostata da New York a Dallas, in Texas; la Mobil da New York a Fairfax, in Virginia; la BP si trasferita due volte allinterno di Londra, mentre la Shell ha venduto pi della met del suo Shell Centre londinese; lo sviluppo e lapplicazione di tecnologie miranti a ridurre i costi. Nonostante la crescente parsimonia negli investimenti di capitale, si verificato un sostanziale 309 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI aumento delle spese per lo sviluppo e lacquisizione di nuove tecnologie in grado di ridurre i costi di capi- tale e aumentare lefficienza operativa. Le analisi sismiche e la modellistica dei giacimenti realizzate dai computer, le piattaforme di perforazione legge- re, le nuove tecniche di perforazione (compresa la perforazione orizzontale e direzionata) e il miglio- ramento delle tecniche di recupero dei campi hanno sostanzialmente ridotto i costi di rimpiazzo delle riser- ve durante gli anni Ottanta e i primi anni Novanta; la crescente flessibilit e capacit di risposta stata unaltra fonte di vantaggio di costo. La flessibilit includeva miglioramenti tecnici nella raffinazione e loutsourcing di molte attivit e funzioni. Allineare la strategia commerciale con le risorse e le competenze Le accresciute pressioni concorrenziali e una mag- giore attenzione al profitto hanno incoraggiato un signi- ficativo riorientamento delle basi su cui poggiava la stra- tegia aziendale. Piuttosto che imitare le iniziative stra- tegiche altrui, laccento si spostato verso la ricerca di un vantaggio competitivo che, inevitabilmente, com- portasse la messa a frutto da parte delle imprese delle loro risorse e capacit distintive. Esempi di sfruttamento di risorse e capacit distin- tive sono i seguenti: la Mobil ha combinato il suo forte orientamento al marketing con le sue tradizionali risorse tecniche nel campo dei lubrificanti per svilupparne un business su scala mondiale. Nel suo segmento petrolchimi- co, ha sfruttato le competenze nel marketing e nella gestione del prodotto per integrarsi a valle nella pro- duzione di prodotti di plastica; mentre la maggior parte delle major stava vendendo i giacimenti maturi localizzati negli Stati Uniti, i pro- gressi della Texaco nel settore delle avanzate tecno- logie di recupero lhanno indotta a focalizzarsi sul loro sfruttamento; lArco ha utilizzato i suoi due punti di forza del petro- lio a basso costo dellAlaska e del forte orientamen- to al marketing per aumentare la sua quota di mer- cato sulla costa occidentale degli Stati Uniti, attra- verso una strategia di vendita al dettaglio basata sulla leadership di prezzo nel segmento della benzina e sulla differenziazione attraverso lofferta di unam- pia gamma di prodotti e di servizi di ristorazione fast food presso le sue stazioni di servizio; la Exxon ha puntato sulle sue enormi forze finan- ziarie e ingegneristiche; lEni ha utilizzato la sua esperienza nella gestione delle relazioni in situazioni politiche complesse per negoziare accordi con i paesi del Nord Africa, con lUnione Sovietica prima e con gli Stati post-sovieti- ci poi; nonch, fondandosi sulle sue competenze nel settore del gas naturale, per dar vita a una major ope- rante nel mercato del gas, verticalmente integrata; la BP, con la sua lunga tradizione di scopritrice di elefanti (giacimenti di grandissime dimensioni), si focalizzata sullesplorazione di nuovi grandi gia- cimenti in regioni di frontiera, oltre che sulla sua vocazione di innovatore strategico, ovvero di pioniera nellidentificare e nellavviare grandi cambiamenti strategici nellindustria petrolifera. 310 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE tab. 6. Riduzione di capacit da parte delle compagnie petrolifere negli anni Ottanta (Cibin e Grant, 1996) * I dati indicano le variazioni nella capacit di raffinazione avvenute tra linizio del primo anno menzionato e la fine del secondo anno menzionato. ** Variazione nel numero di navi. *** Solo nellAmerica Settentrionale. Variazione nella capacit di raffinazione operativa * Variazione nella portata lorda della flotta cisterniera * Variazione nel numero dei punti vendita al dettaglio * Exxon (1982-1987) 28% 58% 24% Royal Dutch/Shell Group (1981-1986) 33% 54% ** 16% BP (1982-1986) 27% 63% 18% Mobil (1986-1988) 1% 18% 30% Texaco (1986-1989) 36% 12% 65% *** Chevron (1986-1989) 33% 28% 28% Amoco (1986-1990) 5% 21% 19% Arco (1985-1987) 63% 13% 55% 5.2.5 Cambiamenti nella struttura organizzativa I cambiamenti a livello di strategia sono stati accompa- gnati da cambiamenti nella struttura organizzativa. I prin- cipali cambiamenti nella struttura organizzativa e nei sistemi di gestione nel periodo considerato sono stati i seguenti. Cambiamenti nella struttura divisionale. I cambia- menti delle compagnie nelle strutture divisionali sono stati di due tipi: 1) si sono sempre pi spostate da una struttura divisionale basata sulle aree geografiche a una basata sui settori; 2) hanno ridotto il numero delle divi- sioni facenti capo direttamente alla sede centrale. Nel 1991, il modello organizzativo predominante prevedeva una grande centrale direzionale e tre divisioni operative principali: upstream, downstream, chimica. Tuttavia, allinterno del nostro modello tipico esistevano diverse varianti: Exxon manteneva una struttura geografica con Exxon USA distinta da Exxon International e da Imper- ial Oil of Canada; anche la struttura di Texaco era in parte geografica; mentre la Royal Dutch/Shell Group (com- posta da oltre 200 sussidiarie nazionali) costituiva un esempio unico di massima decentralizzazione. La tendenza delle compagnie a riorganizzarsi in un minor numero di divisioni era il risultato della dismis- sione delle attivit diversificate avvenuta tra il 1985 e il 1990, del trasferimento di diverse funzioni di servizio e di coordinamento dalla sede centrale al livello divisio- nale, e del desiderio di ridurre le spese amministrative generali laddove possibile. Il passaggio da una struttura divisionale geograficamente definita a una struttura divi- sionale definita intorno a gruppi di prodotti coerente con le tendenze osservate in altre diversificate compa- gnie multinazionali (Stopford e Wells, 1972). Deintegrazione verticale. Le strutture centralizzate tradizionali delle compagnie erano una conseguenza del- lintegrazione verticale: fino a quando produzione di greggio, trasporto, raffinazione e distribuzione necessi- tavano di essere coordinate, la sede centrale manteneva un ruolo importante nella pianificazione operativa. Con lo sviluppo di mercati efficienti del greggio e dei pro- dotti petroliferi, e con la maggiore volatilit allinterno di essi, i costi di transazione connessi alluso dei mer- cati diminuivano, mentre i costi del trasferimento inter- no aumentavano. La Shell fu la prima impresa a solle- vare le proprie raffinerie dallobbligo di acquistare greg- gio allinterno del gruppo. Tra il 1984 e il 1988, tutti i componenti il nostro modello avevano riconosciuto auto- nomia operativa alle loro divisioni a monte e a valle, e impostato le transazioni interne sulla base delle condi- zioni e del prezzo prevalenti. Le divisioni a monte erano incentivate a vendere petrolio a qualsiasi cliente offris- se il prezzo migliore, mentre quelle a valle erano incen- tivate ad acquistarlo dalle fonti a pi basso costo. A met degli anni Ottanta, le major petrolifere sta- vano emergendo come principali attori nei mercati a pron- ti e a termine del greggio e dei prodotti raffinati; tutte avevano costituito divisioni dedite al commercio petro- lifero, la cui funzione era quella di soddisfare le neces- sit di transazione delle divisioni di produzione e lavo- razione, e di scambiare in modo profittevole il petrolio sui mercati. Del greggio totale acquistato da Shell Inter- national Trading Group nel 1994, il 65% proveniva dal- lesterno del gruppo Shell e il 45% delle vendite era rivol- to a terzi. Texaco Trading and Transportation non solo soddisfaceva i bisogni interni di Texaco ma si impegna- va anche in consistenti scambi con terzi e nel 1988 acqui- stava il 9% di tutto il greggio prodotto negli Stati Uniti. La nuova logica era stata chiaramente espressa da BP: Una caratteristica importante dellindustria petro- lifera negli ultimi anni stata la tendenza alla deinte- grazione, vale a dire la separazione delle fasi a monte di produzione del greggio da quelle a valle di raffinazione e marketing. In questo modo ogni parte del business petrolifero in grado di autosostenersi, il che consente di misurarne la performance in base al valore dei suoi prodotti sul mercato internazionale. Ne conseguito lo sviluppo allinterno dellindustria di un quadro molto pi chiaro dei costi e della profittabilit reale delle ope- razioni petrolifere a valle (BP, 1983). Cambiamenti nei sistemi di gestione. Nuove strate- gie e nuove strutture implicavano anche mutamenti nei sistemi con cui le compagnie venivano gestite. In parti- colare: le principali major smantellarono i loro sistemi di pianificazione aziendale centralizzati, basati sulle previsioni, a favore di approcci meno formali e pi concentrati sui risultati per elaborare una strategia via via pi focalizzata sul business delle singole divi- sioni. Questi cambiamenti comportavano lelimina- zione o il ridimensionamento dei dipartimenti azien- dali di pianificazione e il trasferimento di responsa- bilit di elaborazione strategica a livello di dirigenti operativi; una minore integrazione verticale permetteva un maggiore decentramento dei processi decisionali. Il decentramento comportava il trasferimento del pote- re decisionale dai livelli direzionali ai livelli divi- sionali e dalle divisioni alle singole unit operative. Gli obiettivi erano velocizzare il processo decisio- nale, incoraggiare limprenditorialit e liniziativa, ridurre i costi; il decentramento del processo decisionale comporta- va la riduzione dei livelli gerarchici (destrutturazione). Alla Texaco, il numero di livelli gerarchici tra lam- ministratore delegato i supervisori di prima linea ven- ne ridotto da 14 nel 1987 a 6 o 7 nel 1990. LAmmi- nistratore delegato raccontava: Dalla ristrutturazio- ne della Texaco sta emergendo una nuova dinamica 311 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI compagnia. Negli uffici e sul campo, il personale della Texaco impegnato nella sfida di produrre risul- tati, di essere creativo, di diventare imprenditore nel vero senso della parola. E queste persone stanno rispondendo. Lavorando in una compagnia decen- trata, le persone capaci e motivate che operano nel- lattivit di prima linea della Texaco si stanno assu- mendo consapevolmente quei rischi calcolati che con- ducono a una maggiore redditivit (Texaco, 1988). AllAmoco il decentramento stato ancora pi radi- cale: le principali divisioni dellimpresa (upstream, downstream, chimica) sono state suddivise in 17 unit distinte, ciascuna delle quali riferisce direttamente alla sede centrale; tutte le compagnie hanno attribuito maggiore impor- tanza al controllo budgetario e ai risultati economi- ci di breve e medio termine (controllo finanziario e gestione dei risultati). Questo rifletteva laccresciuta priorit data alla profittabilit e alla responsabilit finanziaria di ciascuna divisione e unit operativa, e trovava sostegno nel crescente ricorso a premi col- legati al profitto e alluso di stock options per incen- tivare i dirigenti. In questo modo, Texaco identifi- cava se stessa come unattivit imprenditoriale orientata al profitto. La sua nuova struttura decen- trata consentiva di monitorare mensilmente ogni divisione con gli utili rivisti alla fine di ogni anno. Un analista ha cos commentato: Gli impiegati della Texaco sono incoraggiati a cambiare la loro menta- lit burocratica, tipica delle grandi compagnie petro- lifere, e ad assumere il rischio come farebbe un imprenditore (Texaco [...], 1989). Una maggiore responsabilit finanziaria significava anche una mag- giore pressione sui manager affinch conseguisse- ro obiettivi di profitto impegnativi. Come ha osser- vato Eugene McBarayer, Presidente della Exxon Chemical: Sento di avere un cappio al collo. Se non rendo, manderanno qualcun altro al posto mio che lo far 3 . 5.2.6 Il consolidamento: londata delle fusioni (1995-2002) Le fusioni e le acquisizioni prima del 1998 Le fusioni e le acquisizioni hanno rappresentato per lungo tempo una caratteristica centrale delle strategie aziendali delle principali major operanti nel mercato del petrolio e del gas. Molte di queste sono state create attra- verso fusioni: la Mobil nata dalla fusione della Stand- ard Oil of New York (Socony) con la Vacuum Oil Com- pany; lAtlantic Richfield fu costituita a seguito della fusione della Richfield Oil Corporation e della Atlantic Refining Company; Eni stata creata dalla fusione di Agip, Snam e di diverse altre compagnie energetiche italiane; la Royal Dutch/Shell Group era una joint venture tra la Royal Dutch Petroleum e la Shell. Durante la fine degli anni Settanta e negli anni Ottan- ta, le major usavano le acquisizioni come strumento di diversificazione in un certo numero di nuovi settori indu- striali. Dalla met degli anni Ottanta, le acquisizioni erano principalmente orizzontali, vale a dire che gli obiettivi dellacquisizione erano prevalentemente altre compa- gnie operanti nel settore degli idrocarburi, e i motivi che vi stavano alla base erano soprattutto la costituzione di massa critica nei mercati esistenti, lespansione del campo geografico di azione, e lacquisizione di riserve di idro- carburi. Significative acquisizioni sono state: a) lac- quisizione della Gulf Oil da parte della Chevron (1984); b) lacquisizione della Getty Oil da parte della Texaco (1984); c) lacquisizione da parte della BP e della Royal Dutch/Shell Group delle azioni circolanti delle loro affi- liate statunitensi, Sohio (1987) e Shell Oil (1984), rispet- tivamente; d) lacquisizione da parte della BP della Lear Petroleum e della Britoil nel 1988 e della Burmah Oil nel 1989; e) lacquisizione della Dome Petroleum (1987) da parte di Amoco. La creazione delle supermajor Durante la met degli anni Novanta, capacit in ecces- so e bassi margini di profitto stavano esercitando pres- sioni per la realizzazione di fusioni nel downstream. Nel- lottobre del 1996, Shell, Texaco e Star Enterprise (una joint venture tra Texaco e Saudi Aramco) annunciarono la fusione delle loro attivit di downstream allinterno degli Stati Uniti al fine di creare la pi grande compa- gnia americana dedita alla raffinazione e al marketing. Pressioni simili erano evidenti anche in Europa dove BP e Mobil fusero le loro attivit a valle in una singola joint venture. Tuttavia, levento scatenante che innesc fusioni e acquisizioni su pi vasta scala fu la fusione di BP con Amoco (cui ha fatto velocemente seguito lacquisizione di Arco, una delle pi piccole tra le major internaziona- li). Le manovre della BP segnarono linizio di una straor- dinaria ondata di fusioni e acquisizioni in tutto il setto- re, in conseguenza della quale si ebbe il pi intenso perio- do di concentrazione dellindustria degli idrocarburi mai verificatosi dai tempi della crescita della Standard Oil negli anni Ottanta. Nellambito della nuova ondata, lannuncio pi signi- ficativo fu quello dellaccordo di fusione tra Exxon e Mobil verso la fine del 1998. stata la pi grande fusio- ne della storia e ha portato alla creazione della corpo- ration industriale pi grande del mondo. Era una chia- ra indicazione per le altre principali compagnie del 312 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE 3 Per ulteriori approfondimenti sulla politica di ristruttu- razione delle major, si veda Cibin e Grant, 1996. petrolio e del gas che le fusioni si stavano distinguendo in due categorie: le supermajor rappresentate da Exxon- Mobil, BP-Amoco-Arco e Royal Dutch/Shell Group, e le altre (tab. 7). I vantaggi della dimensione Mentre i mercati azionari premiavano queste fusio- ni e acquisizioni con pi alti quozienti di valutazione, la portata dei reali vantaggi economici non era chiara. La motivazione primaria sembrava essere il desiderio di cre- scita, soprattutto quando i bassi prezzi del petrolio ridu- cevano le entrate 4 . Appena iniziata, londata di fusioni venne sostenu- ta dal timore delle compagnie di essere relegate allo sta- tus di appartenenti al secondo gruppo allinterno del- lindustria. La reazione positiva del mercato azionario alle fusioni era sorprendente, poich secondo studi appli- cati ad altre industrie, soltanto una ristretta minoranza delle fusioni raggiungeva risultati concreti, come una maggiore produttivit, pi alti profitti o un pi alto prez- zo delle azioni, nel lungo termine. La risposta risiede negli enormi costi di capitale e negli enormi rischi asso- ciati allesplorazione e alla produzione di petrolio: solo imprese ad alta capitalizzazione possono sperare di pro- sperare, in quanto sono grandi abbastanza da potersi permettere di spendere tempo e denaro e di assumersi il rischio insito in questo mercato aleatorio. Poich la posta in gioco cos alta, trovare il giacimento di gran- dissime dimensioni (elefante) diventata lossessio- ne dellindustria. Le argomentazioni a favore della dimensione sono state trattate da Thierry Desmarest, Presidente della Total e artefice della fusione con PetroFina e Elf Aquitaine, come segue: In futuro, le pi grandi compagnie petro- lifere e del gas saranno quelle maggiormente in grado di soddisfare con successo i bisogni dellindustria. Sar la significativa dimensione che dar loro: la necessaria forza finanziaria per portare a termine grandi progetti; il controllo di tecnologie davanguardia e di abilit manageriali distintive; un adeguato potere di negoziazione con i governi; lindispensabile buona elasticit e flessibilit ai cam- biamenti ambientali; la pazienza e una visione di lungo termine per svi- luppare grandi progetti che richiederanno importan- ti progressi nella tecnologia o nello sviluppo del mer- cato (Desmarest, 2002). 313 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI tab. 7. Le principali fusioni e acquisizioni nellindustria del petrolio e del gas, 1998-2002 (acquisizioni solo di compagnie che superano 1 miliardo $) Fonte: Rapporti annuali delle compagnie. Principali compagnie del petrolio e del gas, 1995 Ricavi nel 1995 (10 9 $) Data della fusione Principali compagnie del petrolio e del gas, 2002 Ricavi nel 2002 (10 9 $) Exxon 123,92 ExxonMobil Corp. 182,47 Mobil 75,37 1999 Royal Dutch/Shell Group 109,87 Royal Dutch/Shell Group 179,43 Enterprise Oil 1,18 2002 British Petroleum 56,00 BP Amoco 178,72 Amoco 28,34 1998 Arco 15,82 2000 Chevron 31,32 ChevronTexaco 92,04 Texaco 35,55 2001 Total 27,70 Total 96,94 PetroFina 1999 Elf Aquitaine 2000 Conoco 14,70 ConocoPhillips 58,38 Philips Petroleum 13,37 2002 Tosco 2001 Eni 35,92 Eni 46,33 Repsol 20,96 Repsol-YPF 34,50 YPF 4,97 1999 4 Nel dicembre del 1998, i prezzi scesero al di sotto dei 10 dollari al barile. Desmarest ha addotto i seguenti esempi di crescente dimensione dei progetti che venivano intrapresi dalla Total: a) il giacimento di Elgin Franklin nel Mare del Nord per il valore di 2,5 miliardi di dollari; b) il progetto Sincor da 4,3 miliardi di dollari in Venezuela per convertire greggio molto pesante in greggio sintetico a basso contenuto di zolfo; c) il progetto da 2,6 miliardi di dollari del giacimento Girassol nelloffshore dellAngola a una profondit dac- qua di 1.350 metri; d) lo sviluppo del giacimento di gas South Pars in Iran per il valore di 2 miliardi di dollari. Egli ha anche parlato della capacit di distribuire i rischi intraprendendo grandi progetti multipli in diffe- renti regioni del mondo. In questo modo, relativamente al Gas Naturale Liquefatto (GNL), la Total ha investito in cinque impianti localizzati in Indonesia, Nigeria, Qatar e Abu Dhabi. Un altro vantaggio della grande dimen- sione rappresentato dalle maggiori opportunit di apprendimento che derivano dal perseguire progetti mul- tipli. Pi progetti di uno stesso tipo una compagnia intra- prende (per esempio, la perforazione in mare aperto nel 314 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE tab. 8. Le maggiori compagnie del petrolio e del gas quotate in Borsa, 2004 (classificate in base al valore del mercato azionario, 10 9 $) Compagnia Paese Vendite Profitti Attivo Capitalizzazione di Borsa Exxon Mobil Stati Uniti 263,99 25,33 195,26 405,25 BP Regno Unito 285,06 15,73 191,11 231,88 Royal Dutch/Shell Group Paesi Bassi/Regno Unito 265,19 18,54 193,83 221,49 Total Francia 131,64 8,84 98,69 151,13 ChevronTexaco Stati Uniti 142,90 13,33 93,21 131,52 PetroChina Cina 36,70 8,41 64,23 111,03 Eni Italia 79,31 9,89 82,25 104,71 ConocoPhillips Stati Uniti 118,72 8,13 92,86 76,54 Gazprom Russia 28,88 5,84 90,29 69,90 Petrobras Brasile 33,11 6,15 46,43 48,38 China Petroleum & Chemical Cina 49,75 2,61 48,16 44,97 Schlumberger Paesi Bassi 11,61 1,22 16,04 44,42 Statoil Group Norvegia 50,06 4,11 40,91 39,44 Repsol-YPF Spagna 48,00 2,54 46,68 33,32 EnCana Canada 10,93 2,52 24,11 30,75 Surgutneftegas Oil Russia 7,67 0,66 18,32 29,76 Lukoil Holding Russia 23,14 3,87 26,46 28,52 Oil & Natural Gas India 9,78 2,16 19,18 27,86 BG Group Regno Unito 7,83 1,74 16,49 27,80 Occidental Petroleum Stati Uniti 11,51 2,57 21,39 27,74 CNOOC Honk Kong/Cina 4,96 1,40 8,88 23,83 Devon Energy Stati Uniti 9,19 2,19 29,74 22,65 Apache Stati Uniti 5,33 1,67 15,50 20,59 Halliburton Stati Uniti 20,47 0,98 15,80 19,41 Burlington Resources Stati Uniti 5,62 1,53 15,74 19,25 Fonte: Fortune, 2004; Hoovers.com. Mare del Nord, nel Golfo del Messico e nelloffshore dellAfrica occidentale), maggiori sono le opportunit di imparare, innovare e di condividere le pratiche miglio- ri. La maggiore dimensione e il maggior rischio asso- ciati ai grandi progetti realizzati nellupstream sono evi- denti nellesperienza della Shell con il suo immenso pro- getto gas offshore Sakhalin-2, al largo delle coste della Siberia. Al 2005, il costo stimato del progetto era salito a 20 miliardi di dollari, con uno sforamento dei costi di 10 miliardi di dollari (Shell [...], 2005). In generale, tuttavia, levidenza di significative econo- mie di scala associate al fatto di essere una supermajor piuttosto che una major difficile da trovare. Nelle fasi a valle, ci sono significativi vantaggi di costo e di potere di mercato associati alla quota di mercato detenuta nei sin- goli mercati nazionali e regionali, ma poche economie di scala a livello globale. Nelle fasi a monte, la dimensione aumenta il potere contrattuale e permette di diversificare il rischio, ma le principali economie di scala riguardano soprattutto lutilizzo delle infrastrutture che specifico di particolari regioni o bacini di idrocarburi. 5.2.7 Lattuale orientamento strategico Le compagnie del petrolio e del gas nel 2005 Le tabb. 8 e 9 mostrano i principali attori mondiali nel settore degli idrocarburi rispettivamente al 2004 e al 2003. La tab. 8 classifica le pi grandi compagnie quo- tate in Borsa. Tuttavia, importante notare che alcune delle pi grandi e importanti compagnie operanti nei mercati del petrolio e del gas a livello mondiale sono compagnie di produzione di propriet statale. Molte di queste non pubblicano esaustivamente i loro conti, ma la loro importanza evidente dai dati operativi. La tab. 9 315 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI tab. 9. Le prime 20 compagnie del petrolio e del gas classificate in base alle riserve (2003) * Yukos controllata dallo Stato dal 2005. Fonte: Petroleum Intelligence Weekly, 2003. Compagnia Paese Propriet statale (%) Riserve (10 9 $/bbl) Saudi Aramco Arabia Saudita 100 249 NIOC Iran 100 126 INOC Iraq 100 115 KPC Kuwait 100 99 PDVSA Venezuela 100 78 Adnoc Emirati Arabi Uniti 100 55 Libya NOC Libia 100 23 NNPC Nigeria 100 21 Pemex Messico 100 16 Lukoil Russia 8 16 Gazprom Russia 73 14 Exxon Mobil Stati Uniti 0 13 Yukos Russia * 12 PetroChina Cina 90 11 Qatar Petroleum Qatar 100 11 Sonatrach Algeria 100 11 BP Regno Unito 0 10 Petrobras Brasile 32 10 Chevron Stati Uniti 0 9 Total Francia 0 7 riporta le pi grandi compagnie a livello mondiale in ter- mini di riserve; la maggioranza sono imprese petrolife- re nazionali di propriet pubblica (National Oil Compa- nies, NOCs). Sebbene ExxonMobil, Shell e BP siano tra le pi grandi corporazioni mondiali, in termini di riser- ve (e anche di produzione di greggio) esse sono schiac- ciate dalle principali NOCs: le riserve della ExxonMo- bil sono circa 1/10 di quelle della National Iranian Oil Company e inferiori a quelli di Pemex, la compagnia petrolifera nazionale del Messico. La presenza di due tipologie di imprese tra loro molto diverse nel settore del petrolio e del gas risulta in quel- lo che The Economist descrive come il paradosso di base del business petrolifero: Il petrolio la sola indu- stria in cui gli asset pi grandi e migliori (in questo caso le riserve di petrolio e gas) non sono nelle mani delle imprese pi efficienti e ad alta capitalizzazione (le major occidentali), ma delle compagnie petrolifere nazionali. I due terzi delle riserve mondiali di petrolio sono loca- lizzate nel Golfo Persico, dove le imprese estere non sono nella maggior parte dei casi benvenute. Exxon pu dete- nere la pi alta valutazione azionaria tra le imprese quo- tate ma schiacciata dalla Aramco, compagnia saudita non quotata, le cui riserve di petrolio sono 20 volte pi grandi e non accessibili per gli stranieri. Come vedre- mo, questa asimmetria sta al centro delle difficolt stra- tegiche che affrontano le major del petrolio e del gas. Come indicato nella tab. 8, le major internazionali e le compagnie petrolifere nazionali non sono gli unici significativi attori dellindustria petrolifera mondiale. Una caratteristica chiave dellevoluzione dellindustria dai giorni del dominio delle Sette Sorelle stata la cre- scente diversit nelle tipologie di imprese che la compon- gono. Le compagnie indipendenti che operano nelle fasi a monte come Apache, Devon Energy e Burlington Resources hanno conquistato un ruolo sempre pi importante. Molte di queste sono state pionieristiche nello scoprire e sviluppare riserve di petrolio e di gas in regioni di frontiera. La specializzazione verticale anche evidente in altre fasi della catena del valore. Schlumberger e Halliburton sono specializzate nella for- nitura di tecnologie e di servizi parapetroliferi, special- mente perforazioni, rivolti alle compagnie di petrolio e gas. Gli specialisti delle fasi a valle (raffinatori e distri- butori) tendono a essere pi piccoli e attivi ciascuno in unarea circoscritta. Altri nuovi attori sulla scena internazionale sono le compagnie che operano nelle fasi a valle della filiera del gas. Nonostante la bancarotta della sciagurata Enron, un certo numero di altre imprese di marketing e distri- buzione del gas (in particolare British Gas, Gaz de Fran- ce ed Eon) si sono integrate a monte nellesplorazione e produzione e si sono anche espanse a livello interna- zionale. La fig. 1 mostra i principali gruppi strategici di diverse tipologie di compagnie che caratterizzano lin- dustria del petrolio e del gas in relazione al loro posi- zionamento in termini di integrazione verticale ed esten- sione geografica delle loro attivit. In questo modo, mentre le supermajor hanno attivit che vanno dalle- splorazione alla vendita al dettaglio e sono presenti a 316 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE compagnie di raffinazione e marketing (per es., SK, Reliance, Cepsa, Nippon Oil) compagnie petrolifere nazionali (per es., Gazprom, Saudi Aramco, PDVSA, Pemex, Kuwait Petroleum) compagnie del gas specializzate nel downstream (per es., BG, Gaz de France, E.ON AG)
major (per es., Eni, Repsol, Petrobras) impresa specializzata impresa integrata nazionale estensione geografica globale g r a d o
d i
i n t e g r a z i o n e
v e r t i c a l e compagnie parapetrolifere (per es. Schlumberger, Halliburton) supermajor (per es., Exxon, Shell, BP, Chevron, Total, ConocoPhillips) fig. 1. Gruppi strategici dellindustria mondiale del petrolio e del gas. livello mondiale, altre compagnie operano solo in poche fasi della catena del valore e sono concentrate princi- palmente in un solo paese. La performance dimpresa Una delle caratteristiche principali dellindustria del petrolio e del gas stata la sua forte performance finan- ziaria. Nel periodo 2002-2004, lindustria stata parti- colarmente profittevole, con la maggior parte delle major che ha riportato un ritorno sul capitale netto pi che dop- pio rispetto al loro costo del capitale (tab. 10). La recente redditivit delle compagnie petrolifere stata sicuramente il risultato degli alti prezzi del petro- lio e del gas. Tuttavia, se osserviamo la performance finanziaria dellindustria negli ultimi 20 anni, troviamo che la profittabilit (che la si misuri in termini di rendi- mento sul capitale netto, ritorno sul capitale impiegato o reddito operativo rispetto al fatturato) stata notevol- mente al di sopra della media rispetto agli altri settori industriali. Si deve alle strategie delle compagnie se dalla met degli anni Ottanta i loro profitti nella maggior parte dei casi sono rimasti positivi anche durante periodi di bassi prezzi del petrolio (per esempio, alla fine degli anni Novanta). Questo mette in evidenza lefficacia dei pro- cessi di ristrutturazione, del ridimensionamento, delle nuove tecnologie nel taglio dei costi e nella rifocalizza- zione delle compagnie attorno alle loro attivit pi pro- fittevoli. Fonti primarie di profittabilit sono state lesplora- zione e la produzione (alti prezzi del petrolio nel perio- do 2003-2005 hanno ulteriormente gonfiato gli alti ritor- ni tradizionalmente associati alle attivit a monte). Per contro, le attivit a valle non sono state redditizie per gran parte degli ultimi 30 anni (risultato delleccesso di capacit e di una feroce concorrenza tra commodities). Nel periodo 2000-2005, le condizioni economiche del settore downstream si sono trasformate: la carenza di capacit di raffinazione a livello mondiale ha spinto in alto i margini della raffinazione, mentre le stazioni di servizio specializzate nella vendita al dettaglio si sono sempre pi trasformate in negozi di alimentari e casa- linghi che offrono unampia gamma di beni e servizi. Le strategie attuali Il settore del petrolio e del gas una delle poche indu- strie in cui i principali prodotti offerti sono rimasti di fatto immutati per molti decenni. La concorrenza si gioca, quindi, sullaccesso alle risorse e sul raggiungimento dellefficienza nellestrazione, nel trasporto, nella lavo- razione e nella distribuzione. Le priorit strategiche delle major sono rimaste in gran parte le stesse negli ultimi 20 anni e sono state comuni a tutte le maggiori imprese. In particolare, la principale linea guida sottostante alle strategie aziendali (la ricerca delle riserve di idrocarbu- ri) a rimanere invariata. Tuttavia, mentre lobiettivo strategico primario resta lo stesso, il modo in cui viene perseguito cambiato. La crescente importanza del gas, le relazioni con i paesi pro- duttori e con le loro compagnie petrolifere nazionali, il mutamento delle basi del vantaggio competitivo, il cre- scente ruolo della tecnologia e di altre forme di cono- scenza sono tutti elementi che hanno influenzato le stra- tegie delle compagnie. Vengono di seguito indicate alcu- ne delle principali tendenze osservate nelle strategie delle major petrolifere. La ricerca delle riserve Laumento dei prezzi del petrolio a partire dal 2000 ha fatto rivivere la secolare paura dellesaurimento delle riserve mondiali di petrolio. Nel 2004, lAgenzia Inter- nazionale per lEnergia (AIE) ha stimato un fabbisogno mondiale di investimenti pari a 3.000 miliardi di dolla- ri per i successivi 25 anni al fine di soddisfare lattesa domanda petrolifera globale. Circa la met della nuova 317 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI tab. 10. Risultati finanziari delle major internazionali del petrolio e del gas (2002-2004) Fonte: Rapporti annuali delle compagnie. Compagnia Vendite (10 9 $) Reddito netto (10 9 $) Ritorno sul capitale netto (media in %) 2004 2003 2002 2004 2003 2002 BP 285,1 ExxonMobil 270,8 213,2 182,5 25,33 21,51 11,46 21,1 Royal Dutch/Shell 268,7 201,7 179,4 18,18 12,61 9,58 18,0 Total 152,6 131,6 107,7 11,96 9,07 6,25 23,4 Chevron 148,0 112,9 92,0 13,33 7,23 1,13 17,7 ConocoPhillips 121,7 99,5 58,4 8,13 4,74 0,30 10,9 Eni 74,2 64,7 50,3 9,05 7,74 5,49 21,7 produzione dovrebbe provenire dalle riserve esistenti; la restante da un recupero intensivo dei giacimenti, dalle nuove scoperte e dalle fonti non convenzionali. Per le major, la difficolt principale risiede nel fatto che gran parte della loro produzione proviene dai grandi giaci- menti del Nordamerica (principalmente Alaska e Golfo del Messico) e del Mare del Nord. Questi residui della prima grande ondata di esplorazione nei paesi non OPEC si stanno assottigliando. Come risultato, le principali compagnie stanno cer- cando altre fonti di approvvigionamento non OPEC come lAfrica Occidentale, il Caspio, la Russia e le acque profon- de del Brasile. Le loro pi grandi speranze tuttavia sono riposte nella Russia, che ha aperto la porta allinvesti- mento privato nel settore petrolifero sotto Boris Eltsin, riportando un incremento in investimenti e produzione. Tuttavia, lo sfruttamento di queste fonti di petrolio dif- ficile sia per le difficolt tecniche che comporta, sia per la minore predisposizione dei paesi menzionati ad aprir- si agli investitori occidentali: il governo russo, per esem- pio, ha proibito una partecipazione straniera di maggio- ranza in molte nuove concessioni di risorse naturali. Anche altri paesi produttori di petrolio, OPEC e non OPEC, sono diventati meno accessibili alle major occi- dentali. Dopo i processi internazionali di liberalizzazio- ne degli anni Ottanta e Novanta, i paesi dellAmerica Latina e del Medio Oriente hanno posto crescenti restri- zioni alle compagnie energetiche estere. Siamo in un periodo di rinnovato nazionalismo delle risorse da parte dei paesi produttori. Un altro aspetto del nazionalismo delle risorse il ruolo internazionale crescente delle compagnie petroli- fere nazionali. Durante gli anni Ottanta, Saudi Aramco, Kuwait Petroleum e PDVSA hanno operato nel settore downstream negli Stati Uniti e in Europa. Negli anni recenti, le compagnie petrolifere e del gas di Russia, India e Cina sono diventate attori internazionali di primo piano. Con laiuto delle compagnie parapetrolifere come Halliburton e Schlumberger, le NOCs hanno accesso alle moderne tecnologie e sono meno interessate a instaura- re partnership con le major occidentali. In misura sem- pre maggiore, stanno concorrendo con le major del petro- lio e del gas per le concessioni doltreoceano. La batta- glia per lacquisizione di Unocal tra Chevron e CNOOC nel 2005 ha illustrato questa tendenza. Le strategie per lo sviluppo del settore del gas naturale Unaltra grande area di crescita per le major il gas naturale. Per la maggior parte del 20 secolo, il gas era considerato inutile e veniva sprecato pi che sfruttato. Trovi gas una volta e sei perdonato; lo trovi due volte e sei licenziato, citava un vecchio adagio dellindustria. Dagli anni Ottanta in avanti, il gas diventato sempre pi importante per le principali compagnie petrolifere. Nel 1982 il consumo di gas (espresso in barili equiva- lenti di petrolio) ammontava al 15,8% del consumo di petrolio; nel 1992 era salito al 56,9%; mentre nel 2002 ha raggiunto il 74%. I vantaggi del gas risiedono nel costo (storicamente almeno il 30% pi economico del petrolio), nel suo migliore impatto ambientale e nella sua disponibilit. Se il 20 secolo era let del petrolio, il 21 secolo stato definito da alcuni osservatori come lera del gas. La pi rapida fonte di consumo che ha deter- minato la crescita della domanda stata la veloce espan- sione nella costruzione di impianti di generazione elet- trica alimentati a gas tra il 1990 e il 2002. La difficolt per le major petrolifere quella di con- vogliare il gas naturale fino al consumatore. Il gas molto pi difficile da trasportare del petrolio; deve essere tra- sportato o tramite pipeline o liquefatto e i costi capitali dello sfruttamento dei giacimenti di gas che sono distan- ti dai principali mercati sono immensi. Tra il 2000 e il 2005 sono stati avviati diversi progetti di costruzione di grandi gasdotti: le condotte Bluestream e Greenstream di Eni che trasportano il gas dalla Russia e dalla Libia; i 3.300 km della pipeline Nabucco che porter il gas dal Caspio allEuropa centrale; i 5.000 km del progetto di pipeline in Alaska. Ingenti investimenti in impianti di liquefazione del gas sono stati fatti in Qatar, Nigeria, Indonesia e in diversi altri paesi. Poich il gas meno trasportabile del petrolio, i mercati internazionali per il gas non si sono sviluppati quanto quelli petroliferi. La conseguenza stata che le strategie di integrazione ver- ticale sono state molto diverse per il petrolio e per il gas. Le strategie di integrazione verticale Come gi notato nel paragrafo 5.2.5, un elemento cruciale delle strategie delle major petrolifere durante gli anni Ottanta e Novanta stato lo smantellamento delle strutture verticalmente integrate che avevano rappre- sentato il cardine del loro modello organizzativo tradi- zionale. Due aspetti erano alla base della deintegrazio- ne verticale: 1) le compagnie avevano eliminato sempre pi lo stretto legame operativo tra le loro attivit verti- calmente collegate; 2) erano diventate sempre pi selet- tive nella scelta delle fasi della filiera produttiva in cui operare. In questo modo, la maggior parte delle compa- gnie affidava a terzi i servizi parapetroliferi, il traspor- to marittimo, la tecnologia informatica e diverse aveva- no liquidato le loro attivit nella chimica. Ciononostan- te, tutte le major mantenevano la loro presenza nellesplorazione, produzione, raffinazione e marketing (anche se lenfasi era sempre pi spostata sulle attivit di upstream e poco si fece per assicurare una stretta coor- dinazione tra attivit di upstream e di downstream). La debole integrazione verticale nel settore petrolife- ro non era adatta a gestire le attivit delle major nel setto- re del gas. Lefficace sfruttamento delle loro riserve di gas nelle fasi a monte richiedeva investimenti in trasporto, 318 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI GLI ATTORI DELLINDUSTRIA DEGLI IDROCARBURI E LE STRATEGIE DELLE IMPRESE stoccaggio, liquefazione, distribuzione e marketing. Il cresciuto coinvolgimento nelle attivit a valle fu facili- tato dalla liberalizzazione dei mercati allingrosso e al dettaglio del gas durante gli anni Novanta. Shell, Exxon, Mobil e Total ebbero un ruolo di primo piano nellin- ventare strategie sul gas verticalmente integrate, sebbe- ne nessuna di esse avesse raggiunto lo stesso grado di integrazione a valle dellEni, che era un caso unico tra le major, poich sin dalla sua fondazione era pi orien- tata sul gas che sul petrolio. Lintegrazione verticale nel settore del gas naturale port le imprese a guardare oltre lo sfruttamento in senso stretto del gas. Nel 2005 le principali compagnie petro- lifere erano tutte importanti attori nella generazione elet- trica. Per esempio, alla fine del 2004, la ExxonMobil possedeva una capacit di generazione pari a 3.700 MW e aveva investito nelle sue attivit elettriche circa 2 miliar- di di dollari. Anche per la Shell la generazione e la ven- dita di elettricit erano state attivit in crescita, sebbene nellaprile 2005 abbia annunciato la vendita della sua Intergen, joint venture nella generazione elettrica con la Bechtel, a un gruppo finanziario privato. La gestione della tecnologia e delle conoscenze La ricerca di riserve ha portato le major petrolifere nellArtico e nelle profondit delloceano; ha incoraggia- to le compagnie a sviluppare tecniche avanzate di estra- zione al fine di allungare la vita dei giacimenti ormai matu- ri; ha spinto verso la produzione di greggi sintetici otte- nuti da greggio pesante e solforoso, da carbone, e da sabbie e scisti bituminosi; ha tenuto alto limpegno nelle tecno- logie gas-to-liquids per produrre benzina da gas naturale. Il risultato stato una maggiore dipendenza delle compagnie dalla tecnologia. Tuttavia, i notevoli miglio- ramenti nellefficienza e nelle capacit delle major del petrolio e del gas non sono semplicemente il frutto del- lapplicazione di conoscenze scientifiche scaturite dalla ricerca di laboratorio. Le accresciute capacit tecniche e operative delle imprese sono il risultato della maggio- re attenzione, non solo alla conoscenza scientifica, ma alla conoscenza pi in generale. Nel 2005, tutte le principali compagnie occidentali hanno adottato alcuni appositi programmi di gestione della conoscenza. Lentusiasmo delle compagnie verso la gestione della conoscenza il risultato del riconosci- mento che le attivit del petrolio e del gas sono basate sulla conoscenza e che il vantaggio competitivo dipen- de dalla capacit dellimpresa di sfruttare il suo baga- glio cognitivo in modo pi efficace dei suoi concorren- ti. Alcuni dei pi straordinari progressi nella gestione delle conoscenze si sono avuti nella tecnologia infor- matica. La tecnologia web, linformatizzazione diffu- sa, le connessioni internet/intranet hanno trasformato la collaborazione e i processi decisionali dellindustria, specie nelle fasi a monte. Le compagnie parapetrolifere (specialmente Schlumberger e Halliburton) sono state allavanguardia nellapplicare avanzati sistemi di gestio- ne di database, software interattivi e modelli di simula- zione avanzati nelle attivit di esplorazione e produzio- ne (perforazione in particolare). Tuttavia, le pi grandi difficolt nella gestione della conoscenza basata sulla tecnologia riguardano il fattore umano. Lammontare di dati generati e la sofisticazione del software per analiz- zarli supera le capacit umane di interpretarli. Tentativi di fare a meno dellinterfaccia umana usando lintelli- genza artificiale (perforazione intelligente, campi petroliferi intelligenti) sono stati deludenti. Quindi, lim- pulso chiave agli attuali sviluppi consiste nel migliora- re linterazione tra le persone e linformazione attraver- so la progettazione di portali avanzati, migliori motori di ricerca, una maggiore standardizzazione, la riproget- tazione sistematica e un miglioramento della qualit del- linformazione. I tentativi di migliorare la condivisione e lutilizzo di tacite conoscenze empiriche sono stati ben pi impor- tanti della gestione dellinformazione. Le Comunit di Pratica, gruppi informali di dipendenti che svolgono mansioni affini o che sono impegnati in attivit simila- ri e condividono il loro know-how aiutandosi nella solu- zione dei problemi, si sono rivelati di grande utilit. Pi in generale, le major hanno conseguito considerevoli risparmi in termini di costi e di tempo quando hanno facilitato la condivisione delle conoscenze dei singoli. Lincentivare la condivisione e lutilizzo della cono- scenza pu richiedere significativi cambiamenti nel modo in cui le imprese sono organizzate e gestite. Sotto la Pre- sidenza di John Browne, la BP si spinta oltre qualsia- si altra compagnia del petrolio e del gas nel fare del- lapprendimento organizzativo il tema centrale della pro- pria strategia aziendale: Lapprendimento il cuore della capacit della compagnia di adattarsi ad un ambiente che muta rapidamente. la chiave per essere capaci sia di identificare opportunit che gli altri possono non scor- gere, sia di sfruttare queste opportunit pienamente e velocemente. Questo significa che al fine di generare un valore aggiunto per gli azionisti, una compagnia deve apprendere pi dei suoi rivali e applicare quella cono- scenza in tutte le sue attivit pi velocemente e in manie- ra pi ampia di quanto non facciano loro. Dal nostro punto di vista, chiunque allinterno dellorganizzazione non direttamente responsabile della realizzazione del profitto dovrebbe essere coinvolto nella creazione e dif- fusione delle conoscenze che limpresa pu usare per generare profitto (Browne e Prokesh, 1997). Gli elementi chiave su cui poggia la creazione da parte di BP di unorganizzazione basata sullapprendi- mento sono stati tre: gruppi virtuali: Collaborativa condivisione delle cono- scenze tra dipendenti con interessi affini allinterno dellimpresa; 319 VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI LE STRATEGIE DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE DAL 1970 A OGGI assistenza reciproca: incontri e seminari dove i dipen- denti che non sono direttamente coinvolti in un pro- getto si riuniscono per rivedere le procedure, risolve- re i problemi e suggerire ulteriori aree di indagine; revisioni a posteriori: procedura adottata dalleserci- to statunitense che comporta la discussione e revisio- ne dei successi e dei fallimenti di un progetto nellotti- ca di trarre conclusioni da applicare ai progetti futuri. 5.2.8 Adattarsi a un futuro incerto Il passato insegna che le major del petrolio e del gas attuano i cambiamenti in modo pi veloce ed efficace quando sono sotto pressione, in particolare quando i loro utili sono inficiati dalla caduta dei prezzi dellenergia. Uno dei pericoli della congiuntura attuale caratterizza- ta da alti prezzi e ampi margini che fornisce poco sti- molo al cambiamento. Eppure, le major affrontano tremende incertezze circa i loro ruoli futuri. Qualunque sia il futuro andamento dei prezzi del petrolio, la realt che le imprese dipendono per la loro sopravvivenza dal ritrovamento di nuove riser- ve di petrolio. Date le difficolt di rimpiazzare le riserve non OPEC, inevitabile che i paesi OPEC conteranno per una quota crescente della produzione mondiale. In questi paesi, la presenza delle compagnie petrolifere nazio- nali limita laccesso delle major occidentali alle riserve petrolifere. Anche in alcuni dei principali paesi produt- tori non OPEC, Russia in particolare, la tendenza verso il protezionismo e la creazione di campioni nazionali come Gazprom. Stessa situazione per Cina e India, paesi importanti perch potenzialmente rappresentano i due pi grandi consumatori mondiali di energia, che sembrano favorire lo sviluppo di compagnie energetiche nazionali. Una strada da seguire per le principali compagnie occidentali concentrarsi sempre di pi sul gas natura- le, settore ad alta intensit tecnologica e di capitale che conferisce loro un vantaggio rispetto alle NOCs. Un esempio di progetto grande e complesso in cui le com- pagnie occidentali possono offrire le necessarie risorse e competenze finanziarie, tecnologiche e geopolitiche il progetto Sakhalin-2 guidato dalla Shell. Esso include lo sviluppo di un giacimento di gas sotto il mare della Russia, la liquefazione del gas, poi il trasporto via nave del GNL verso Giappone e Cina. Il GNL verr anche tra- sportato in California attraverso un nuovo terminale di rigassificazione del GNL collocato in Messico. Seguendo una logica simile, un altro approccio per le major potrebbe essere quello di ridefinire i loro rap- porti con le NOCs, per esempio intervenendo sempre pi come partner aventi il ruolo primario di fornire espe- rienza tecnica e commerciale e di offrire laccesso ai mercati occidentali. Tuttavia, rappresenta un problema il fatto che le major del petrolio e del gas abbiano in maniera sempre crescente affidato a terzi la tecnologia, specialmente nelle fasi a monte. Come risultato, i leader della tecnologia in esplorazione e produzione e le com- pagnie di servizi parapetroliferi, Schlumberger in parti- colare, hanno preso il sopravvento in questo campo. Nel corso degli ultimi dieci anni si contratta la spesa delle principali compagnie per la ricerca e lo sviluppo, espres- sa in termini di percentuale sulle vendite. Lattivit di ricerca e sviluppo della Shell scesa da 701 milioni di dollari nel 1998 a 553 milioni di dollari nel 2004. Il che significa un calo delle spese per la ricerca e lo sviluppo espresse in percentuale sulle vendite dallo 0,58% allo 0,21%. Quindi, uno dei rischi principali che le major si trovano ad affrontare quello di essere scavalcate; la naturale combinazione di risorse e competenze comple- mentari vede, da un lato, le NOCs, con le loro vaste riser- ve di idrocarburi e, dallaltro, le compagnie parapetroli- fere con la loro esperienza tecnica. probabile che, al fine di ottenere laccesso alle riserve di petrolio dei paesi produttori, le major dovranno sempre di pi creare part- nership con le NOCs e rimettersi a schemi di sviluppo integrati e di ampio respiro che combinino trasporto, lavorazione, petrolchimica ed energia elettrica. Bibliografia citata Al-Chalabi F.J. (1991) The world oil price collapse of 1986, in: Kohl W.L. (edited by) After the world oil price collapse. OPEC, the United States, and the world oil market, Baltimore (MD), Johns Hopkins University Press. 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