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Il tempo tra riflessione dellanima e incertezza dellaccelerazione globale.

Gi nellantichit la riflessione sul tempo stata fondamentale per luomo. Sin dalla riflessione
originaria, la filosofia si chiesto come luomo debba interagire con la sua dimensione temporale.
Tralasciando quanto affermato dalla filosofia antica classica, abbiamo cercato di iniziare a riflettere
sul tempo a partire da un particolare momento della tradizione filosofica: quello dello stoicismo,
non nella sua esplicazione classica dellantica Grecia, ma partendo dal pensiero che Seneca ha
esperesso nel De Brevitate Vitae.
E proprio da qui che partiamo per accettare laffermazione che luomo finito, soggetto secondo
la sua condizione umana alla morte che il limite improrogabile della sua esistenza. Le riflessioni
sulla propria natura lo hanno per questo portato a chiedersi cosa fosse responsabile della sua vita
mutevole, sottoposta al continuo cambiamento, cos' che fosse particolare causa del suo contingente
divenire. Parliamo di tempo come ratificatore della vita di ogni essere umano quando vogliamo
definire leffimero esistere di ogni individuo che si esaurisce con lo scorrere precipitoso in un
continuo presente che, poco a poco, ci conduce al termine del nostro esistere.
Indubbia quindi la percezione fisica del tempo che sperimentabile e visibile, di cui ci rendiamo
conto sin dalle pi leggere variazioni che, attimo per attimo, rendono ogni instante passato
irreversibile e irredimibile. Spaventa pensare quanto sia inutile il nostro potere sulle azioni passate
quanta poca parte ne abbiamo negli avvenimenti futuri e quanto a poco possa servire anche il
maggiore dei nostri sforzi per consentire di impadronirci del nostro presente, che corre veloce e che
allo stesso tempo lunica cosa che possiamo sperare di possedere. Ci viene insegnato come saper
sopravvivere, discernere il giusto dallo sbagliato, riconoscere quel che vi di efficace, di dannoso,
di pericoloso, ci viene spiegato con estrema precisione cosa bene fare per rimanere in vita ma allo
stesso tempo nessuno mai ci parla veramente di come vivere. Il peso dellesistenza che ognuno di
noi porta sulle proprie spalle incommensurabile. questo che consente di capacitarci di quanto
ci che chiamiamo tempo non sia meramente il frutto di una percezione sensibile del fluire di
questo stesso progredire, ma origina da una riflessione psicologica e interiore delluomo fondata su
un sistema di valori etici e sulla profonda indagine della propria natura di cui il tempo diviene allo
stesso tempo metro di ricerca e specchio.
La vita cui pare aderire perfettamente la scansione temporale, che la descrive e se ne identifica,
per questo suddivisa in tre momenti: il primo il passato, il seconda il presente e il terzo il futuro.
Il primo, il passato, inviolabile, al disopra delle vicende umane, imperturbabile ed il suo possesso
eterno ed inalterabile; il secondo, il presente infinitamente breve e per chi non capace di
impossessarsene rimane ineffabile reminiscenza di una esistenza mai vissuta iil terzo, il invece
instabile, incerto..
Ogni uomo sviato dalla sua percezione sensibile, si lascia ingannare da ci che concreto perch
per lui cos allo stesso tempo rassicurante, non comprende quale prezioso bene rappresenti per lui
il sapere come possedere, nonostante creda di esserne incapace nella sua impossibilit, la
dimensione temporale che pensa lo costringa solo al suo progressivo divenire. La sostanziale
differenza entro il rimanere in vita ed il vivere difficile da comprendere, si rischia di trascorrere la
propria esistenza sopravvivendo con la mancata consapevolezza della reale natura dellessere
umano.
facile reclamare lingiustizia dellessere venuti al mondo per un breve periodo di tempo che
trascorre velocemente, tant' che per alcuni listante stesso del sorgere della vita anche quello
della sua cessazione. Si necessariamente schiavi del tempo in questo modo ma non
immeritatamente. Siamo necessariamente incatenati alla nostra condizione mortale ma per
noncuranza, per nostra volont. Unintera esistenza nell'inganno secondo nostra spontanea
decisione, quando basterebbe sbirciare appena alle nostre spalle per rendercene conto, ma non
possiamo perch siamo vigliacchi, perch ci manca il coraggio. Non ne siamo capaci perch non
sappiano esaminarci con introspezione, perch abbiamo paura del nostro ricordo e della nostra
memoria. Abbiamo paura del dolore del constatare la nostra impossibilit di modificare le
esperienze trascorse e questo perch riscopriremmo il limite di una esistenza irrisolta. E allora non
troviamo risposte alle domande che ci poniamo e accusiamo il tempo e manchiamo di fiducia nei
confronti di noi stessi e nel potere che ogni uomo possiede. Siamo soggetti al tempo che sanziona,
certifica e comprova la situazione finita degli individui umani e per questo mortali, ed vero ci,
ma, solo per chi decide di non voler possedere coscienza di se, per chi non desideroso di
conoscersi, per chi si vede povero e miserevole nella propria condizione, per chi ha timore della
morte, avido di vivere e spera di non saziarsene mai, per chi incatenato al proprio corpo e alla
durata della vita e non comprende che il senso di unesistenza che si protrae per un lungo lasso di
tempo, ma vuota, non esiste. Cos diveniamo vecchi solo rimanendo in vita, ci copriamo gli occhi
per non vedere che abbiamo una fine. Non capiamo che solo chi sa confrontarsi con il mondo e con
se stesso possiede il pi grande dei poteri, padrone del tempo che la sua vita. Perch il tempo
la possibilit concessa e ad ogni uomo di fuggire i limiti dettatigli dalla natura che soggiacciono
all'effettivo potere trascendente della ragione e della sua volont.
.
Se la concezione senechiana appare gi guardare ad una nozione soggettiva e ad uno scavo
psicologico della nozione di tempo, in cui, per, il pessimismo stoico sembra prevalere e la nozione
di tempo indubbiamente soggettiva poich legata alla nostra interiorit e sfuggevole alle nostre
capacit espressive ogni qual volta provassimo a spiegarla, Agostino nelle Confessiones affermava:
che cos il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede non lo
so pi. Proprio grazie alle riflessioni di Agostino, Seneca e Plotino oggi riteniamo che il tempo
possa essere oggettivo se consideriamo il soggetto osservatore della quantificazione di esso o
soggettivo quando, viceversa, lo si considera come interiorit.
La concezione del tempo oggettivo proviene da Aristotele che considerava il tempo come qualcosa
di oggettivo strettamente legato al movimento e quindi al mutare della natura. E possibile, infatti,
notare delle significative relazioni fra il movimento, il tempo impiegato a compierlo e lo spazio
percorso in un determinato tempo. Tale nozione di tempo ha anche istruito il metodo galieiano-
newtoniano nella fisica moderna.
Se la concezione del tempo greco era ancorata ad una certa circolarit di esso, nonostante la sua
possibile quantificazione, la linearit del tempo accettata in toto dal cristianesimo: essa
comprende il tempo di ogni individuo che si snoda durante tutta la vita. Il tempo biblico non
diacronico e tripartito in passato, presente e futuro,ma unico, assoluto, ridotto alla singolarit del
presente e concepito nella mente divina e non in quella umana. Agostino credeva che la ricerca
umana di una definizione obiettiva del tempo portasse solo al peccato e ad una riduzione della
libert; alla vanitas, cio al vuoto, al nulla per cui luomo convinto invano di poter essere
superiore al tempo stesso e quindi non influenzabile dai suoi effetti.
Lunica salvezza ci data, secondo Agostino, dalla pura fede in Cristo.
Nonostante questa idea che porter Agostino a una concezione della storia (ovvero del tempo
collettivo) dettato da Dio e dalla sua Provvidenza, egli proprio nelle Confessiones, afferma che
esiste un tempo interiore che permette alluomo di distendere proprio anima. Pensare interiormente
la tripartizione del tempo (passato, presente e futuro) significa ricordare, vivere e attendere.
Ovviamente si tratta di unattesa positiva che spinge il credente nelle braccia di Dio. Questa visione
positiva del tempo e della sua interiorizzazione si contrappone, per certi versi, sia a quella
senechiana che abbiamo ampiamente trattato, sia a quella plotiniana, in cui lunica via di
congiunzione fra le due concezioni temporali (quella ciclica e quella lineare) era lanima dove si
potevano assegnare diversi gradi ipostatici alleternit e al tempo distinguendo la funzione
intellettuale della Nous da quella psicologica dellanima. La concezione di Agostino, pertanto, ci
permette di aprire verso una speranza, ma anche di mostrare la difficolt di una chiara definizione
de tempo. Tale concezione ha influenzato profondamente lOccidente che, a parte accettare il
paradigma del tempo lineare a scapito di quello ciclico di matrice greca, ha anche adottato,
allinterno del suo pensiero la possibilit di riflettere sul tempo individuale, oltre che su quello
universale.
Pur rendendoci conto che la riflessione sul tempo ha toccato tutto il pensiero occidentale, ci sembra
che una rottura paradigmatica di tale riflessione sia avvenuta a fine XIX secolo con la filosofia di
Friedrich Nietzsche. Egli apre la sua Seconda Considerazione Inattuale, Sullutilit e il danno della
storia per la vita, con una citazione di Goethe finalizzata a dimostrare che la storia, intesa come
superfluit di conoscenza, debba esserci odiosa per il fatto che il superfluo nemico del necessario.
In realt, per, paradossalmente, abbiamo bisogno della storia, ma occorre che essa sia funzionale
allesistenza stessa e non una semplice suppellettile.
Nietzsche nel primo paragrafo cita il Canto notturno di un pastore errante per lAsia di Leopardi, in
cui lautore mostra come il gregge, perch di natura animale, conduca unesistenza priva di
coscienza del tempo, e, per questo, luomo prova in parte invidia per la felicit dellanimale, poich
egli, a differenza dellanimale, che un essere non storico, porta con s sempre il peso del passato.
Nietzsche introduce, poi, il concetto di storico e non storico che risultano essere ugualmente
importanti per la vita, poich bisogna avere opportunamente ricordo e oblio del passato. Coloro che
vivono nella dimensione non storica sono detti individui sovrastorici e scorgono una piena
identit tra passato e presente. Gli uomini storici, invece, sono tutti coloro che credono che il senso
dellesistenza si manifesti solo se si guarda il passato per imparare ad agire.
Sono individuati tre tipi di storia: monumentale, antiquaria e critica. Nella storia monumentale
rientra il passato come mezzo di conoscenza al fine di creare grandi cose, anche se, in questo caso,
si tende a dimenticare parte di esso per ricordare soltanto singoli fatti. La storia antiquaria, invece,
induce a guardare con venerazione le proprie origini in modo che il passato venga preservato anche
negli aspetti meno rilevanti, ma costituisce pericolo in quanto si tende a rifiutare ci che nuovo,
badando solo alla tradizione. Infine, presa in considerazione la storia critica che condanna il
passato in quanto, per vivere, bisogna poterlo infrangere: il limite sta nel fatto che, secondo questo
tipo di storia, impossibile staccarsi del tutto dal passato.
Nietzsche ritiene che i moderni non utilizzino la storia in maniera consona; persino i Greci si
trovarono nel pericolo di essere sommersi da cose straniere e passate, ma riuscirono a organizzare il
caos in modo da dare importanza ai bisogni necessari, cosa che andrebbe fatta anche in et moderna
affinch la storia possa essere il mezzo con il quale migliorare il mondo.
Ecco perch ci invita a cercare un compromesso tra il legame con il passato e il futuro, poich
ritiene che solo chi punta al futuro pu servirsi del passato e valorizzarne le positivit, mentre chi
rimane ancorato a questultimo, senza un progetto, vive nella rassegnazione, illudendosi che la sua
felicit sta nel guardare a una vita gi vissuta. Pertanto lumanit, proprio in quanto umanit legata
a una temporalit che la limita ma con cui, allo stesso tempo deve convivere. Lo stesso Nietzsche,
con lidea delleterno ritorno delleguale proclamato da Zarathustra, cercher di superare questo
dualismo non riuscendoci pienamente.
Se Nietzsche ha guardato al tempo universale delluomo, ovvero alla storia, H. Bergson, qualche
anno dopo, nel suo Saggio sui dati immediati della coscienza opera una ricerca del tempo interiore,
ma non solo: il filosofo francese si propone di andare alla ricerca dei dati immediati della
coscienza, e per conseguire questobiettivo costruisce il suo ragionamento al fine di depurarli da
tutto ci che ad essi si sovrappone. Emerge pi volte, nella lettura dellopera, la netta
contrapposizione, derivata dalla tradizione cartesiana, tra mondo esteriore e mondo interiore; il
primo pu essere interpretato attraverso lo spazio, mentre il secondo ha come sua dimensione il
tempo. Lautore sottolinea la fallacia comune di interpretare linteriorit in forma spaziale, ovvero
si commette lerrore di sovrapporre il concetto di tempo a quello di spazio. Per giungere ai dati
immediati della coscienza, e coglierli nella loro purezza, cio la dimensione temporale, occorre
rendergli liberi dagli elementi spaziali ai quali ci siamo erroneamente abituati, a causa del rapporto
che abbiamo col mondo esterno.
Bergson si riferisce a questa abitudine col termine spazializzare il tempo. Piuttosto che unire le
due dimensioni, egli asserisce che il tempo, concepito nella forma dun mezzo indefinito ed
omogeneo, non altro che il fantasma dello spazio che ossessiona la coscienza riflessa, dunque
che esso deriverebbe dallo spazio. Da questo snodo concettuale scaturisce la contrapposizione tra il
tempo spazializzato e quella che dallautore definita durata reale, individuata come il tempo
che scorre nella nostra coscienza, quello autentico. Speculare alla suddetta controversia quella tra i
due aspetti dellio, di superficie, cio dagli stati ben definiti in cui la nostra vita psicologica si
svolge in un mezzo omogeneo, ed un io fondamentale, delle passioni ed emozioni, in cui la
successione dei sentimenti implica fusione ed organizzazione.
Come lio risulta caratterizzato da questa duplice natura, cos anche tutte le nostre percezioni,
sensazioni, emozioni e ideali, si presentano sotto un doppio aspetto: luno netto, preciso, ma
impersonale; laltro confuso, infinitamente mobile, ed inesprimibile, perch il linguaggio non riesce
a coglierlo senza fissarne la mobilit, n ad adattarlo alla sua forma comune senza farlo cadere nel
dominio pubblico.

Proprio riguardo al linguaggio che dovrebbe essere impiegato per effettuare unanalisi
dellinteriorit, secondo Bergson non possibile impiegare la terminologia rigorosa della scienza,
largamente utilizzata nella tradizione cartesiana, perch questo linguaggio ritaglia la realt e si
occupa del blocco preso in esame: questo procedimento pu essere applicato solo per la realt
esterna. Per il tempo, invece, e per ci che si colloca in esso, cio linteriorit della coscienza,
inattuabile e lautore ricorre ad un linguaggio scintillante di immagini, convinto che queste ultime
possano raggiungere quello che con i concetti non possibile trattenere della realt interiore e
indivisibile. Servendosi dellimmagine del gomitolo, il pensatore afferma che, il tempo della vita
come un gomitolo di filo o una valanga, che continuamente mutano e crescono su s medesimi,
ovvero che il gomitolo nella sua interezza non potrebbe esistere senza il filo racchiuso in
precedenza, cos, forse involontariamente, egli fa procedere il suo ragionamento, aprendo
innumerevoli finestre su tematiche diversificate, ma al contempo collegate, toccando la quarta
dimensione, proprio quella del tempo, e dando una risposta definitiva alle istanze del positivismo
con la dottrina dello spiritualismo, da lui perseguita, nella costante ricerca delluomo e della sua
interiorit.
La ripresa dellinteriorit temporale da parte di Bergson che contrappone questo tempo a quello
scientifico (quasi di aristotelica memoria) e, implicitamente a quello storico, ci permette di entrare
nella contemporaneit e di riflettere sulla situazione della riflessione sul tempo oggi.
Nella modernit liquida il tempo non n ciclico n lineare, come normalmente era nelle altre
societ della storia moderna e premoderna, ma puntilistico ossia frammentato in una moltitudine
di particelle separate, ciascuna ridotta a un punto. Questo quanto afferma il sociologo anglo-
polacco nel suo Vite di corse, frutto di una Lectio magistralis tenuta qualche anno fa allUniversit
di Bologna.
Viviamo in un sistema sociale in cui la ricerca della felicit orientata rispetto alla produzione e
allo smaltimento di ogni cosa in un breve istante, perch il successivo giunge cos in fretta che
sembra impossibile poter cogliere il presente. Stiamo divenendo umani sincronici incapaci di
instaurare legami e relazioni, immersi in un tempo che non ci lascia pi spazio per riflettere.
Perseguiamo falsi bisogni e non prestiamo alcuna attenzione a quello che veramente desideriamo
per noi. Lodierna societ dei consumi promette una felicit terrena, una felicit qui e ora, un
presente troppo distante dal passato e dal futuro per cui la vita delladesso diviene una vita di
corsa.
Il concetto di tempo puntillistico nega la considerazione delleternit come valore o oggetto di
desiderio ma tenta al contrario di trapiantarla nella dimensione del momentaneo. Anche lidea di
identit ha subito un processo di puntillizzazione, in quanto divenuta un attributo del momento
che pu assemblarsi o meno in modo intermittente e sempre diverso.
Insieme al concetto di tempo la cultura ad aver cambiato le proprie sembianze: essa non pi
percepibile come la cultura dellapprendimento, ma oramai divenuta una cultura del tutto
disimpegnata, discontinua che, come George Steiner ci fa notare, calcolata per espellere i prodotti
culturali del passato e lasciar spazio a quelli del domani. Anche il valore dellopera darte dunque
divenuto fugace, essa viene smantellata non appena terminata la mostra, inconsistente in ogni sua
traccia. Educazione ed apprendimento si stanno via via conformandosi al quadro del tempo attuale
per cui non possibile scorgere una prospettiva di formazione che non sia incessante e sempre
incompiuta.
Bauman mostra come unidea di progetto di vita risulta superflua rispetto alle attivit del mercato e
alle politiche economiche: lidea di cittadino nemica rispetto a quella di consumatore, le due
figure presentano tempi diversi e il tempo economico non pu che essere fugace e volto al
guadagno. Stephen Bertman utilizza le espressioni cultura delladesso e cultura della fretta per
descrivere lodierna modernit liquida in cui lobbedienza alle leggi temporali ha collocato gli
individui in una condizione segnata dal lavorare o morire, per cui difficile discernere quali siano
i veri bisogni umani e concepire il tempo nel rispetto del proprio equilibrio interiore come
principale finalit dellesistenza.
La nostra identit, come afferma Bauman paragonabile ad un pacchetto pay per view, una carta
telefonica ricaricabile costituita da un insieme di strappi improvvisi, frenetici e rapidi che la
rendono facilmente manipolabile e ne privano la capacit di discernimento rispetto a ci che reale
e ci che illusione. Tutto quello che in passato richiedeva tempo e fatica nella sua realizzazione
ora affidato a dispositivi pi veloci che hanno superato le capacit umane e lo stanno via via
privando di abilit di cui prima era dotato. E a questo punto diffuso il comportamento secondo il
quale luomo rifiuta di migliorare se stesso per abbandonarsi ad una operazione di damnatio
memoriae per cui costituisce una nuova identit, anchessa breve, in una fuga dalle perdite del
gioco consumistico. La consapevolezza di questo sconsolante scenario ci offre la possibilit di
recuperare la nostra autarkeia interiore (di senechiana memoria) a partire dalla rivalutazione
dellidea di tempo che la moderna concezione di lavoro e i mercati stanno via via distruggendo,
offrendoci unimmagine della realt alquanto distorta e poco sensibile alle necessit della nostra
interiorit su cui appunto non riflettiamo pi, troppo occupati in una sostanziale autodistruzione che
ha luogo attraverso quegli artifici che il genere umano stesso ha creato.
Un ritorno pertanto ad una riflessione interiore, una sguardo al sapere storico senza farci irretire
della memoria (mantenendo lassunto nietzschiano che qualche volta bene dimenticare), una
riflessione anche sulleschaton e sulla linearit di un tempo di speranza, possono diventare antidoto
a quanto descritto magistralmente da Bauman sulla nostra situazione odierna, pur non rinnegando in
tutto questo gli indubbi vantaggi datici dalla tecnica, che deve sempre essere usata come mezzo e
mai come fine.

Bibliografia.

Aristotele, Fisica.
Plotino, Enneadi.
Agostino, Confessioni.
Id., La citt di Dio.
F. Nietzsche, Sullutilit e il danno della storia per la vita.
Id., Cos parl Zarathustra.
H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza.
Z. Bauman, Vite di corsa.
Lavoro di
Rebecca Bruzzese
Ilaria Girone
Martina Melica
Benedetta Salvati
Massimo Vispo
del Liceo Q. Orazio Flacco di Bari

Docente che ha supervisionato il lavoro:
Valerio Bernardi

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