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PREGHIERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AL MURO OCCIDENTALE DI GERUSALEMME

Marted, 12 maggio 2009 Dio di tutti i tempi, in occasione della mia visita a Gerusalemme, la Citt della Pace, patria spirituale di Ebrei, Cristiani e Musulmani, porto al tuo cospetto le gioie, le speranze e le aspirazioni, le prove, la sofferenza e il dolore di tutto il tuo popolo in ogni parte del mondo. Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ascolta il grido degli afflitti, di chi ha paura, di chi privo di speranza; manda la tua pace in questa Terra Santa, nel Medio Oriente, in tutta la famiglia umana; muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome, perch percorrano umilmente il cammino della giustizia e della compassione. Buono il Signore con chi spera in Lui, con colui che lo cerca! (Lam , 3,25).

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Piazza della Mangiatoia - Betlemme Mercoled, 13 maggio 2009 Cari fratelli e sorelle in Cristo, ringrazio Dio Onnipotente per avermi concesso la grazia di venire a Betlemme, non solo per venerare il posto dove Cristo nato, ma anche per essere al vostro fianco, fratelli e sorelle nella fede, in questi Territori Palestinesi. Sono grato al Patriarca Fouad Twal per i sentimenti che ha espresso a nome vostro, e saluto con affetto i confratelli Vescovi e tutti i sacerdoti, religiosi e fedeli laici che faticano ogni giorno per confermare questa Chiesa locale nella fede, nella speranza, nellamore. Il mio cuore si volge in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza a motivo della guerra: vi chiedo di portare alle vostre famiglie e comunit il mio caloroso abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversit e le sofferenze che avete dovuto sopportare. Siate sicuri della mia solidariet con voi nellimmensa opera di ricostruzione che ora vi sta davanti e delle mie preghiere perch lembargo sia presto tolto. Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia oggi nella citt di Davide nato per voi un Salvatore (Lc 2,10-11). Il messaggio della venuta di Cristo, recato dal cielo con la voce degli angeli, continua ad echeggiare in questa citt, cos come risuona nelle famiglie, nelle case e nelle comunit del

mondo intero. una grande gioia, hanno detto gli angeli, che sar di tutto il popolo. Questo messaggio di gioia proclama che il Messia, Figlio di Dio e figlio di Davide, nato per voi: per te e per me, e per tutti gli uomini e donne di ogni tempo e luogo. Nel piano di Dio, Betlemme, cos piccola per essere fra i villaggi di Giudea (Mic 5,1) divenuta un luogo di gloria immortale: il posto dove, nella pienezza dei tempi, Dio ha scelto di divenire uomo, per concludere il lungo regno del peccato e della morte e per portare vita nuova ed abbondante ad un mondo che era divenuto vecchio, affaticato, oppresso dalla disperazione. Per gli uomini e le donne di ogni luogo, Betlemme associata al gioioso messaggio della rinascita, del rinnovamento, della luce e della libert. E tuttavia qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra questa magnifica promessa dallessere compiuta! Quanto distante appare quel Regno di grande potere e di pace, di sicurezza, diritto e giustizia, che il profeta Isaia aveva annunciato, secondo quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr Is 9,6) e che proclamiamo come fondato in maniera definitiva con la venuta di Ges Cristo, Messia e Re! Dal giorno della sua nascita, Ges stato segno di contraddizione (Lc 2,34) e continua ad essere tale anche oggi. Il Signore degli eserciti, le cui origini dallantichit, dai giorni pi remoti (Mic 5,1), volle inaugurare il suo Regno nascendo in questa piccola citt, entrando nel nostro mondo nel silenzio e nellumilt in una grotta, e giacendo, come bambino bisognoso di tutto, in una mangiatoia. Qui a Betlemme, tra ogni genere di contraddizione, le pietre continuano a gridare questa buona novella, il messaggio di redenzione che questa citt, al di sopra di tutte le altre, chiamata a proclamare a tutto il mondo. Qui infatti, in un modo che sorpassa tutte le speranze e aspettative umane, Dio si mostrato fedele alle sue promesse. Nella nascita del suo Figlio, Egli ha rivelato la venuta di un Regno damore: un amore divino che si china per portare guarigione e per innalzarci; un amore che si rivela nellumiliazione e nella debolezza della croce, eppure trionfa nella gloriosa risurrezione a nuova vita. Cristo ha portato un Regno che non di questo mondo, eppure un Regno capace di cambiare questo mondo, poich ha il potere di cambiare i cuori, di illuminare le menti e di rafforzare le volont. Nellassumere la nostra carne, con tutte le sue debolezze, e nel trasfigurarla con la potenza del suo Spirito, Ges ci ha chiamato ad essere testimoni della sua vittoria sul peccato e sulla morte. E questo ci che il messaggio di Betlemme ci chiama ad essere: testimoni del trionfo dellamore di Dio sullodio, sullegoismo, sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione tra fratelli che dovrebbero vivere insieme in unit, distruzione dove gli uomini dovrebbero edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire! Nella speranza siamo stati salvati dice lapostolo Paolo (Rm 8,24). E tuttavia afferma con grande realismo che la creazione continua a gemere nelle doglie del parto, anche se noi, che abbiamo ricevuto le primizie dello Spirito, attendiamo pazientemente il compimento della redenzione (cfr Rm 8,22-24). Nella seconda lettura odierna, Paolo trae dallIncarnazione una lezione che pu essere applicata in modo particolare alle sofferenze che voi, i prescelti da Dio in Betlemme, state sperimentando: apparsa la grazia di Dio egli dice che ci insegna a rinnegare lempiet e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobriet, con giustizia e con piet, nellattesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Ges Cristo (Tt 2,11-13). Non sono forse queste le virt richieste a uomini e donne che vivono nella speranza? In primo luogo, la costante conversione a Cristo che si riflette non solo sulle nostre azioni, ma anche sul nostro modo di ragionare: il coraggio di abbandonare linee di pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili; quindi la cultura di un modo di pensare pacifico basato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri di tutti, e limpegno a collaborare per il bene comune; ed inoltre la perseveranza, perseveranza

nel bene e nel rifiuto del male. Qui a Betlemme si chiede ai discepoli di Cristo una speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese dal cielo per dimorare sulla terra. Non abbiate paura!. Questo il messaggio che il Successore di San Pietro desidera affidarvi oggi, facendo eco al messaggio degli angeli e alla consegna che lamato Papa Giovanni Paolo II vi ha lasciato nellanno del Grande Giubileo della nascita di Cristo. Contate sulle preghiere e sulla solidariet dei vostri fratelli e sorelle della Chiesa universale, e adoperatevi con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire nuove possibilit a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nelledificare una cultura di pace che superi lattuale stallo della paura, dellaggressione e della frustrazione. Edificate le vostre Chiese locali facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidariet e di carit pratica. Al di sopra di tutto, siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto, di quella vita che pu illuminare e trasformare anche le pi oscure e disperate situazioni umane. La vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e sociali, ma in modo pi importante potremmo dire di una nuova infrastruttura spirituale, capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona volont nel servizio delleducazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune. Avete le risorse umane per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa vi attende. Non abbiate paura! Lantica basilica della Nativit, sferzata dai venti della storia e dal peso dei secoli, si erge di fronte a noi quale testimone della fede che permane e trionfa sul mondo (cfr 1Gv 5,4). Nessun visitatore di Betlemme pu fare a meno di notare che nel corso dei secoli la grande porta che introduce nella casa di Dio divenuta sempre pi piccola. Preghiamo oggi affinch, con la grazia di Dio e il nostro impegno, la porta che introduce nel mistero della dimora di Dio tra gli uomini, il tempio della nostra comunione nel suo amore, e lanticipo di un mondo di perenne pace e gioia, si apra sempre pi ampiamente per accogliere ogni cuore umano e rinnovarlo e trasformarlo. In questo modo, Betlemme continuer a farsi eco del messaggio affidato ai pastori, a noi, allintera umanit: Gloria a Dio nel pi alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama! Amen.

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Monte del Precipizio - Nazareth Gioved, 14 maggio 2009 Cari fratelli e sorelle! La pace di Cristo regni nei vostri cuori, perch ad essa siete stati chiamati in un solo corpo! (Col 3,15). Con queste parole dellapostolo Paolo, saluto tutti voi con affetto nel Signore. Mi rallegro di essere venuto a Nazareth, luogo benedetto dal mistero dellAnnunciazione, il posto che ha visto gli an ni nascosti della crescita di Cristo in sapienza, et e grazia (cfr Lc 2,52). Ringrazio lArcivescovo Elia Chacour per le cortesi parole di benvenuto, ed abbraccio con il segno della pace i miei confratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli della Galilea, che, nella diversit dei riti e delle tradizioni, danno espressione alluniversalit della Chiesa di Cristo. In special modo desidero ringraziare quanti

hanno reso possibile questa celebrazione, particolarmente coloro che sono stati coinvolti nella pianificazione e nella costruzione di questo nuovo teatro con il suo splendido panorama della citt. Qui nella citt di Ges, Maria e Giuseppe, siamo riuniti per dar rilievo alla conclusione dellAnno della Famiglia celebrato dalla Chiesa nella Terra Santa. Come segno promettente per il futuro, benedir la prima pietra di un Centro internazionale per la Famiglia, che sar costruito a Nazareth. Preghiamo affinch esso promuova una forte vita familiare in questa regione, offra sostegno ed assistenza alle famiglie ovunque, e le incoraggi nella loro insostituibile missione nella societ. Confido che questa tappa del mio pellegrinaggio attiri lattenzione di tutta la Chiesa verso questa citt di Nazareth. Abbiamo tutti bisogno, come disse qui Papa Paolo VI, di tornare a Nazareth, per contemplare sempre di nuovo il silenzio e lamore della Sacra Famiglia, modello di ogni vita familiare cristiana. Qui, sullesempio di Maria, di Giuseppe e di Ges, possiamo giungere ad apprezzare ancor di pi la santit della famiglia, che, nel piano di Dio, si basa sulla fedelt per la vita intera di un uomo e di una donna, consacrata dal patto coniugale ed aperta al dono di Dio di nuove vite. Quanto hanno bisogno gli uomini e le donne del nostro tempo di riappropriarsi di questa verit fondamentale, che alla base della societ, e quanto importante la testimonianza di coppie sposate in ordine alla formazione di coscienze mature e alla costruzione della civilt dellamore! Nella prima lettura odierna, tratta dal Siracide, la parola di Dio presenta la famiglia come la prima scuola della sapienza, una scuola che educa i propri membri nella pratica di quelle virt che portano alla felicit autentica e ad un durevole appagamento. Nel piano divino per la famiglia, lamore del marito e della moglie porta frutto in nuove vite, e trova quotidiana espressione negli amorevoli sforzi dei genitori di assicurare unintegrale formazione umana e spirituale per i loro figli. Nella famiglia ogni persona, sia che si tratti del bambino pi piccolo o del genitore pi anziano, viene considerata per ci che in se stessa e non semplicemente come un mezzo per altri fini. Qui iniziamo a vedere qualcosa del ruolo essenziale della famiglia come primo mattone di costruzione di una societ ben ordinata e accogliente. Possiamo inoltre giungere ad apprezzare, allinterno della societ pi ampia, il ruolo dello Stato chiamato a sostenere le famiglie nella loro missione educatrice, a proteggere listituto della famiglia e i suoi diritti nativi, come pure a far s che tutte le famiglie possano vivere e fiorire in condizioni di dignit. Scrivendo ai Colossesi, lapostolo Paolo parla istintivamente della famiglia quando cerca di illustrare le virt che edificano lunico corpo, che la Chiesa. Quali scelti da Dio, santi e amati, siamo chiamati a vivere in armonia e in pace luno con laltro, mostrando anzitutto magnanimit e perdono, con lamore quale pi alto vincolo di perfezione (cfr Col 3,12-14). Come nel patto coniugale, lamore delluomo e della donna viene innalzato dalla grazia fino a divenire condivisione ed espressione dellamore di Cristo e della Chiesa (cfr Ef 5,32), cos anche la famiglia fondata sullamore viene chiamata ad essere una Chiesa domestica, luogo di fede, di preghiera e di preoccupazione amorevole per il bene vero e dureturo di ciascuno dei propri membri. Mentre riflettiamo su tali realt in questa che la citt dellAnnunciazione, il nostro pensiero si volge naturalmente a Maria, piena di grazia, la Madre della Santa Famiglia e nostra Madre. Nazareth ci ricorda il nostro dovere di riconoscere e rispettare la dignit e lo specifico ruolo concessi da Dio alle donne, come pure i loro particolari carismi e talenti. Sia come madri di famiglia, come una vitale presenza nella forza lavoro e nelle istituzioni della societ, sia nella particolare chiamata a seguire il Signore mediante i consigli evangelici di castit, povert e obbedienza, le donne hanno un ruolo indispensabile nel creare quella ecologia umana (cfr Centesimus annus, 39) di cui il mondo, e anche

questa terra, hanno cos urgente bisogno: un ambiente in cui i bambini imparino ad amare e ad apprezzare gli altri, ad essere onesti e rispettosi verso tutti, a praticare le virt della misericordia e del perdono. Qui pensiamo pure a san Giuseppe, luomo giusto che Dio pose a capo della sua casa. Dallesempio forte e paterno di Giuseppe, Ges impar le virt della piet virile, della fedelt alla parola data, dellintegrit e del duro lavoro. Nel falegname di Nazareth Egli pot vedere come lautorit posta al servizio dellamore sia infinitamente pi feconda del potere che cerca di dominare. Quanto bisogno ha il nostro mondo dellesempio, della guida e della calma forza di uomini come Giuseppe! Infine, nel contemplare la Sacra Famiglia di Nazareth, rivolgiamo lo sguardo al bambino Ges, che nella casa di Maria e di Giuseppe crebbe in sapienza e conoscenza, sino al giorno in cui inizi il ministero pubblico. Qui vorrei lasciare un pensiero particolare ai giovani presenti. Il Concilio Vaticano II insegna che i bambini hanno un ruolo speciale nel far crescere i loro genitori nella santit (cfr Gaudium et spes, 48). Vi prego di riflettere su questo e di lasciare che lesempio di Ges vi guidi non soltanto nel dimostrare rispetto ai vostri genitori, ma anche nellaiutarli a scoprire pi pienamente lamore che d alle nostre vite il senso pi profondo. Nella Sacra Famiglia di Nazareth fu Ges ad insegnare a Maria e Giuseppe qualcosa della grandezza dellamore di Dio, suo Padre celeste, la sorgente ultima di ogni amore, il Padre da cui ogni paternit in cielo e in terra prende nome (cfr Ef 3,14-15). Cari amici, nella colletta della Messa odierna abbiamo chiesto al Padre di aiutarci a vivere come la Sacra Famiglia, unita nel rispetto e nellamore. Rinnoviamo qui il nostro impegno ad essere lievito di rispetto e di amore nel mondo che ci attornia. Questo Monte del Precipizio ci ricorda, come lo ha fatto con generazioni di pellegrini, che il messaggio del Signore fu talvolta sorgente di contraddizione e di conflitto con i propri ascoltatori. Purtroppo, come il mondo sa, Nazareth ha sperimentato tensioni negli anni recenti che hanno danneggiato i rapporti fra le comunit cristiana e musulmana. Invito le persone di buona volont di entrambe le comunit a riparare il danno che stato fatto, e in fedelt al comune credo in un unico Dio, Padre dellumana famiglia, ad operare per edificare ponti e trovare modi per una pacifica coesistenza. Ognuno respinga il potere distruttivo dellodio e del pregiudizio, che uccidono lanima umana prima ancora che il corpo! Permettetemi di concludere con una parola di gratitudine e di lode per quanti si adoperano per portare lamore di Dio ai bambini di questa citt e per educare le generazioni future nelle vie della pace. Penso in modo speciale agli sforzi delle Chiese locali, particolarmente nelle loro scuole e nelle istituzioni caritative, per abbattere i muri e per essere fertile terreno dincontro, di dialogo, di riconciliazione e di solidariet. Incoraggio i sacerdoti, i religiosi, i catechisti e gli insegnanti che sono impegnati, insieme con i genitori e quanti si dedicano al bene dei nostri ragazzi, a perseverare nel dare testimonianza al Vangelo, ad aver fiducia nel trionfo del bene e della verit e a confidare che Dio far crescere ogni iniziativa destinata a diffondere il suo Regno di santit, solidariet, giustizia e pace. Al tempo stesso riconosco con gratitudine la solidariet che tanti nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo mostrano verso i fedeli della Terra Santa, sostenendo i lodevoli programmi ed attivit del Catholic Near East Welfare Association. Si faccia di me secondo la tua parola (Lc 1,38). La Vergine dellAnnunciazione, che coraggiosamente apr il cuore al misterioso piano di Dio, e divenne Madre di tutti i credenti, ci guidi e ci sostenga con la sua preghiera. Ottenga per noi e le nostre famiglie la grazia di aprire le orecchie a

quella parola del Signore che ha il potere di edificarci (cfr At 20,32), di ispirarci decisioni coraggiose e di guidare i nostri passi sulla via della pace!

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Josafat Valley - Gerusalemme Marted, 12 maggio 2009 Cari Fratelli e Sorelle nel Signore, Cristo risorto, alleluia!. Con queste parole vi saluto con grande affetto. Ringrazio il Patriarca Fouad Twal per le sue parole di benvenuto a vostro nome, e prima di tutto esprimo anche la mia gioia di essere qui a celebrare questa Eucarestia con voi, Chiesa in Gerusalemme. Ci siamo raccolti qui sotto il monte degli Ulivi, dove nostro Signore preg e soffr, dove pianse per amore di questa citt e per il desiderio che essa potesse conoscere la via della pace (cfr Lc 19,42), qui donde egli torn al Padre, donando la sua ultima benedizione terrena ai suoi discepoli e a noi. Accogliamo oggi questa benedizione. Egli la dona in modo speciale a voi, cari fratelli e sorelle, che siete collegati in una ininterrotta linea con quei primi discepoli che incontrarono il Signore Risorto nello spezzare il pane, che sperimentarono leffusione dello Spirito Santo nel Cenacolo, che furono convertiti dalla predicazione di San Pietro e degli altri apostoli. I miei saluti vanno anche a tutti i presenti, e in modo speciale a quei fedeli della Terra Santa che per varie ragioni non hanno potuto essere oggi con noi. Come successore di san Pietro, ho ripercorso i suoi passi per proclamare il Signore Risorto in mezzo a voi, per confermarvi nella fede dei vostri padri ed invocare su di voi la consolazione che il dono del Paraclito. Trovandomi qui davanti a voi oggi, sento il dovere di riconoscere le difficolt, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze dello spostamento che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e Dio non lo permetta possono ancora conoscere. Spero che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante permanenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre. Proprio a causa delle vostre profonde radici in questi luoghi, la vostra antica e forte cultura cristiana, e la vostra incrollabile fiducia nelle promesse di Dio, voi Cristiani della Terra Santa, siete chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una societ che tradizionalmente stata, e continua ad essere, pluralistica, multietnica e multireligiosa. Nella seconda lettura di oggi, lApostolo Paolo chiede ai Colossesi di cercare le cose di lass, dove Cristo, seduto alla destra di Dio (Col 3,1). Queste parole risuonano con particolare forza qui, sotto il Giardino del Getsemani, dove Ges ha accettato il calice della sofferenza in completa obbedienza alla volont del Padre e dove, secondo la tradizione, asceso alla destra del Padre per intercedere continuamente per noi, membra del suo Corpo. San Paolo, il grande araldo della speranza cristiana, ha conosciuto il prezzo di questa speranza, il suo costo in sofferenza e persecuzione per amore del Vangelo, e mai vacill nella sua convinzione che la risurrezione di Cristo era linizio della nuova creazione. Come egli dice a noi: Quando Cristo, vostra vita, sar manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria ! (Col 3,4).

Lesortazione di Paolo di cercare le cose di lass deve continuamente risuonare nei nostri cuori. Le sue parole ci indicano il compimento della visione di fede in quella celeste Gerusalemme dove, in conformit con le antiche profezie, Dio asciugher le lacrime da ogni occhio e preparer un banchetto di salvezza per tutti i popoli (cfr Is 25,6-8; Ap 21,2-4). Questa la speranza, questa la visione che spinge tutti coloro che amano questa Gerusalemme terrestre a vederla come una profezia e una promessa di quella universale riconciliazione e pace che Dio desidera per tutta lumana famiglia. Purtroppo, sotto le mura di questa stessa Citt, noi siamo anche portati a considerare quanto lontano sia il nostro mondo dal compimento di quella profezia e promessa. In questa Santa Citt dove la vita ha sconfitto la morte, dove lo Spirito stato infuso come primo frutto della nuova creazione, la speranza continua a combattere la disperazione, la frustrazione e il cinismo, mentre la pace, che dono e chiamata di Dio, continua ad essere minacciata dallegoismo, dal conflitto, dalla divisione e dal peso delle passate offese. Per questa ragione, la comunit cristiana in questa Citt che ha visto la risurrezione di Cristo e leffusione dello Spirito deve fare tutto il possibile per conservare la speranza donata dal Vangelo, tenendo in gran conto il pegno della vittoria definitiva di Cristo sul peccato e sulla morte, testimoniando la forza del perdono e manifestando la natura pi profonda della Chiesa quale segno e sacramento di una umanit riconciliata, rinnovata e resa una in Cristo, il nuovo Adamo. Riuniti sotto le mura di questa citt, sacra ai seguaci delle tre grandi religioni, come possiamo non rivolgere i nostri pensieri alla universale vocazione di Gerusalemme? Annunciata dai profeti, questa vocazione appare anche come un fatto indiscutibile, una realt irrevocabile fondata nella storia complessa di questa citt e del suo popolo. Ebrei, Musulmani e Cristiani qualificano insieme questa citt come loro patria spirituale. Quanto bisogna ancora fare per renderla veramente una "citt della pace" per tutti i popoli, dove tutti possono venire in pellegrinaggio alla ricerca di Dio, e per ascoltarne la voce, una voce che parla di pace!( cf. Sl 85,8). Gerusalemme in realt sempre stata una citt nelle cui vie risuonano lingue diverse, le cui pietre sono calpestate da popoli di ogni razza e lingua, le cui mura sono un simbolo della provvida cura di Dio per lintera famiglia umana. Come un microcosmo del nostro mondo globalizzato, questa Citt, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l'universalit, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, lignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dallonest, dallintegrit e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e lingiustizia. I credenti in un Dio di misericordia si qualifichino essi Ebrei, Cristiani o Musulmani , devono essere i primi a promuovere questa cultura della riconciliazione e della pace, per quanto faticoso e lento possa essere il processo e gravoso il peso dei ricordi passati. Vorrei qui accennare direttamente alla tragica realt che non pu mai cessare di essere fonte di preoccupazione per tutti coloro che amano questa Citt e questa terra della partenza di cos numerosi membri della comunit cristiana negli anni recenti. Bench comprensibili ragioni portino molti, specialmente giovani, ad emigrare, questa decisione reca con s come conseguenza un grande impoverimento culturale e spirituale della citt. Desidero oggi ripetere quanto ho detto in altre occasioni: nella Terra Santa c posto per tutti! Mentre esorto le autorit a rispettare e sostenere la presenza cristiana qui, desidero al tempo stesso assicurarvi della solidariet, dellamore e del sostegno di tutta la Chiesa e della Santa Sede.

Cari amici, nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, San Pietro e San Giovanni corrono alla tomba vuota, e Giovanni, ci stato detto, vide e credette (Gv 20,8), Qui in Terra Santa, con gli occhi della fede, voi insieme con i pellegrini di ogni parte del mondo che affollano le chiese e i santuari, siete felici di vedere i luoghi santificati dalla presenza di Cristo, dal suo ministero terreno, dalla sua passione, morte e risurrezione e dal dono del suo Santo Spirito. Qui, come allapostolo san Tommaso, vi concessa lopportunit di toccare le realt storiche che stanno alla base della nostra confessione di fede nel Figlio di Dio. La mia preghiera per voi oggi che continuiate, giorno dopo giorno, a ved ere e credere nei segni della provvidenza di Dio e della sua inesauribile misericordia, ad ascoltare con rinnovata fede e speranza le consolanti parole della predicazione apostolica e a toccare le sorgenti della grazia nei sacramenti ed incarnare per gli altri il pegno di nuovi inizi che ne scaturisce, la libert nata dal perdono, la luce interiore e la pace che possono portare salvezza e speranza anche nelle pi oscure realt umane. Nella Chiesa del Santo Sepolcro, i pellegrini di ogni secolo hanno venerato la pietra che la tradizione ci dice che stava allingresso della tomba la mattina della risurrezione di Cristo. Torniamo spesso a questa tomba vuota. Riaffermiamo l la nostra fede sulla vittoria della vita, e preghiamo affinch ogni pietra pesante posta alla porta dei nostri cuori, a bloccare la nostra completa resa al Signore nella fede, nella speranza e nellamore, possa essere tolta via dalla forza della luce e della vita che da quel primo mattino di Pasqua risplendono da Gerusalemme su tutto il mondo. Cristo risorto, alleluia! Egli davvero risorto, alleluia!

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