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UNIVERSIT

`
A DEGLI STUDI DI FERRARA
FACOLT
`
A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MATEMATICA
RETI DI PETRI E
ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
RELATORE: LAUREANDA:
CHIAR.MO PROF. JOSEF ESCHGF

ALLER CHIARA LEARDINI


ANNO ACCADEMICO 2009-2010
Indice
Introduzione 3
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
1. Insiemi parzialmente ordinati 7
2. Connessioni di Galois 19
3. Graduazioni 23
4. Insiemi parzialmente ordinati con rango 27
5. Reticoli semimodulari e teorema di Jordan-H older 33
6. Transizioni associate a un insieme parzialmente ordinato 37
II. RETI DI PETRI
7. Reti di Petri 43
8. Categorie 49
9. Alcune costruzioni fondamentali 59
10. Funtori 69
11. Semianelli 71
12. La categoria delle reti di Petri 75
13. La graduazione associata a una rete di Petri 93
14. Raggiungibilit` a in una rete reversibile 97
15. Basi di Gr obner 101
16. Operatori ternari 107
17. Simulazione di reti di Petri 109
18. Invarianti 113
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
19. Contesti formali 117
20. Calcolo del reticolo dei concetti 123
21. Sottocontesti compatibili e immagini omomorfe 127
22. Il completamento di Dedekind-MacNeille 131
23. Alcune applicazioni dellanalisi formale dei concetti 137
24. Analisi formale dei concetti e reti di Petri 141
Bibliograa 149
1
2
Introduzione
Le reti di Petri sono uno strumento per la modellizzazione graca e
matematica di processi che sono paralleli, asincroni e non determini-
stici, durante i quali alcune fasi possono essere eseguite simultanea-
mente ma non indipendentemente luna dallaltra.
A volte infatti non ` e possibile descrivere un processo mediante un
diagramma di usso come quelli correntemente usati, in cui le fasi
sono rigidamente consequenziali e in cui due distinti rami del dia-
gramma contengono azioni che non avvengono contemporaneamente
ma rappresentano strade alternative scelte sulla base di criteri de-
terministici dipendenti dallesito della valutazione di unespressione
booleana.
Le reti di Petri vengono denite in modo tale da ottenere una carat-
teristica in pi ` u rispetto ai diagrammi di usso, poich e non solo descri-
vono globalmente un processo, ma permettono di seguirne levoluzione
visualizzando lo stato in cui si trova le rete in un determinato istante.
Introdotte nel 1962 da Carl Adam Petri (1926-2010) nella sua dis-
sertazione sui processi concorrenti e molto popolari nellinformatica
teorica, le reti di Petri si prestano molto bene a descrivere sistemi di
reazioni chimiche e biologiche e vengono quindi da alcuni anni usate
con successo anche nella biochimica e nella medicina teorica.
Nel primo capitolo abbiamo eseguito alcune costruzioni fondamen-
tali per insiemi parzialmente ordinati, includendo le dimostrazioni del
teorema di Mirsky (che afferma che ogni insieme parzialmente ordi-
nato di altezza m pu` o essere rappresentato come unione disgiunta
di m + 1 anticatene) e del teorema di Dilworth (che afferma che ogni
insieme parzialmente ordinato di larghezza m pu` o essere rappre-
sentato come unione disgiunta di m catene).
Abbiamo poi presentato il concetto di connessione di Galois che per-
mette di stabilire biiezioni tra i sottoinsiemi chiusi di due insiemi par-
zialmente ordinati. Nel terzo capitolo abbiamo introdotto la nozione
molto generale di graduazione che nellambito della teoria delle reti
di Petri verr` a utilizzata per formulare la fondamentale relazione di
raggiungibilit` a.
Nellambito della teoria degli insiemi parzialmente ordinati niti
abbiamo introdotto la denizione di rango (un concetto che generalizza
la dimensione di uno spazio vettoriale), considerando poi insiemi par-
zialmente ordinati e gerarchicamente completi (cio` e dotati di rango)
e denendo il completamento gerarchico di un insieme parzialmente
ordinato non dotato di rango.
Nel quinto capitolo abbiamo richiamato le nozioni di reticolo, retico-
lo modulare e reticolo semimodulare; abbiamo dimostrato il teorema
di Jordan-H older che stabilisce che un reticolo nito semimodulare ` e
gerarchicamente completo.
3
Introduzione
Nel capitolo 6 abbiamo dato le denizioni di stato, posizione e tran-
sizione associate a insiemi parzialmente ordinati, denizioni che ab-
biamo esteso nel capitolo successivo considerando le reti di posizione
e transizione P/T e le reti di Petri.
Le reti P/T vengono denite come triple (P, T, ), dove T ` e linsieme
delle transizioni, P ` e linsieme delle posizioni della rete e dove
: T (N N)
P
` e unapplicazione che denisce leffetto delle tran-
sizioni della rete. Similmente deniamo le reti di Petri come coppie
(P, T) in cui P ` e un insieme parzialmente ordinato e T ` e un sottoinsie-
me nito di (N N)
P
, per cui una rete di Petri risulta essenzialmente
una rete P/T in cui lapplicazione ` e iniettiva.
Rappresentiamo le reti di Petri utilizzando prima dei gra orientati
con spigoli pesati e vertici; questi ultimi comprendono sia le posizioni
della rete (rappresentate da cerchietti vuoti) sia le transizioni (cer-
chietti pieni), mentre i pesi sulle frecce del grafo indicano le quantit` a
che intervengono nei processi di cui la rete ` e modello (come ad esempio
nelle equazioni stechiometriche della chimica). Studiamo in questo ca-
pitolo i concetti di transizioni e multitransizioni eseguibili in un dato
stato della rete.
Nei capitoli 8-10 abbiamo raccolto alcune costruzioni fondamentali
della teoria delle categorie (morsmi, isomorsmi, epimorsmi, mono-
morsmi, prodotti e somme, pullback e pushout, funtori).
Nel capitolo 11 sono state introdotte le denizioni di semianello e se-
mimodulo. Questa parte viene utilizzata per denire la categoria del-
le reti di Petri come una categoria di strutture algebriche in cui gli
omomorsmi tra reti di Petri f : (P, T) (P

, T

) sono applicazioni
f : P P

che soddisfano la condizione di invarianza f

(T) T

dove f

` e un omomorsmo di (NN)-semimoduli ((NN)


P
). Possiamo
allora denire lapplicazione f
T
: T T

tramite f
T
(t) := f

(t) per
t T.
Abbiamo associato poi ad una rete di Petri una graduazione, potendo
cos` formulare la raggiungibilit` a in una rete reversibile. Nellambito
delle reti di Petri, diremo che uno stato x ` e raggiungibile da uno stato
y se esiste una transizione generalizzata T

tale che (x, y) ,


dove con T

denotiamo il monoide libero generato da T. La nozione di


reversibilit` a per una rete di Petri ` e molto importante nelle applicazio-
ni pratiche.
La raggiungibilit` a in una rete di Petri reversibile pu` o essere carat-
terizzata in modo algebrico tramite una relazione in un anello di po-
linomi. Questa relazione pu` o essere vericata usando la tecnica delle
basi di Gr obner, alle quali ` e dedicato il capitolo 15.
Il breve capitolo sugli operatori ternari mostra come le reti di Petri
potrebbero essere descritte nellambito della teoria dei numeri.
Utilizzando un programma in Python abbiamo eseguito una simula-
zione di rete di Petri relativo al meccanismo di divisione di una cellula
4
Introduzione
staminale con lo scopo di rappresentare una crescita controllata del-
la cellula. A questo esempio abbiamo applicato le brevi considerazioni
sugli invarianti nel capitolo 18.
Nellultima parte della tesi abbiamo dato unintroduzione allanalisi
formale dei concetti, in cui un contesto formale ` e denito come una
tripla (G, M, I) tale che G ed M sono insiemi niti disgiunti ed I ` e una
relazione tra gli elementi di Gche chiameremo oggetti e gli elementi di
M che chiameremo attributi. Dato un contesto formale ` e denita una
connessione di Galois data tramite le applicazioni

: P(G) P(M)
e

: P(M) P(G) che stabiliscono un legame tra i chiusi di G e
i chiusi di M. In particolare per ogni contesto formale ogni coppia di
chiusi coniugati (A, E) con A chiuso di G e E chiuso di M tali che
E = A

si chiama un concetto del testo. Per un teorema fondamentale


della teoria i concetti di un contesto formale formano un reticolo. Il
capitolo 20 realizza in un programma in Python lalgoritmo di Gan-
ter per il calcolo del reticolo dei concetti. Sottocontesti compatibili e
immagini omomorfe vengono studiati nel capitolo 21.
Nel capitolo 22 si fa vedere come lanalisi formale dei concetti possa
essere usata per costruire il completamento di Dedekind-MacNeille di
un insieme parzialmente ordinato nito P, cio` e il pi ` u piccolo reticolo
in cui P pu` o essere immerso come insieme parzialmente ordinato.
Il capitolo 23 contiene alcuni esempi per le molte applicazioni prati-
che delle reti di Petri.
Nellultimo capitolo viene inne fatto vedere come lanalisi formale
dei concetti possa essere applicata in modo naturale per studiare una
rete di Petri.
5
6
I. TRANSIZIONI INUNINSIEMEPARZIALMENTEORDINATO
1. Insiemi parzialmente ordinati
Situazione 1.1. Sia P un insieme.
Denizione 1.2. Un quasiordine su P ` e una relazione binaria su P
che soddisfa le seguenti condizioni, per ogni a, b, c P:
(1) a a (riessivit` a);
(2) a b c = a c (transitivit` a).
P = (P, ) si chiama allora un insieme quasiordinato.
si chiama un ordine parziale se ` e un quasiordine tale che
(3) a b a = a = b (antisimmetria).
P = (P, ) si chiama allora un insieme parzialmente ordinato.
Se a b = a = b, diciamo che lordine parziale ` e discreto.
Talvolta indicheremo anche P scrivendo
P
.
Denizione 1.3. (P, ) sia un insieme parzialmente ordinato. Per
a, b P deniamo:
(1) a < b : a b e a ,= b .
(2) [a, b] := x P [ a x b.
(a, b) := x P [ a < x < b.
(a, b] := x P [ a < x b.
[a, b) := x P [ a x < b.
(3) a b : [a, b] = a, b.
Quindi a b a b e (a, b) = .
In questo caso a si chiama un inferiore diretto di b e b un supe-
riore diretto di a.
(4) [a, ] := x P [ a x.
[, a] := x P [ x a.
(a, ] := x P [ a < x.
[, a) := x P [ x < a.
Per un sottoinsieme A P poniamo
(5) [A, ] :=

aA
[a, ].
[, A] :=

aA
[, a].
Osservazione 1.4. (P, ) sia un insieme parzialmente ordinato e Q
un sottoinsieme di P. La restrizione () (Q Q) di a Q Q
denisce un ordine parziale su Q che denotiamo con lo stesso simbolo
7
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
; esso si chiama lordine parziale indotto da P su Q. In questo modo
possiamo considerare ogni sottoinsieme di P in modo naturale come
un insieme parzialmente ordinato.
Denizione 1.5. Un insieme parzialmente ordinato P si chiama
(1) una catena, se per a, b P si ha sempre a b oppure b a;
(2) unanticatena, se per a, b P la relazione a b implica a = b.
Per loss. 1.4 ` e cos` anche denito quando un sottoinsieme di P ` e una
catena rispettivamente unanticatena.
La lunghezza di una catena C ` e [C[ 1.
Denotiamo con catene(P) linsieme delle catene di P, con anticatene(P)
linsieme delle anticatene di P.
Denizione 1.6. La larghezza (in inglese width) larg(P) di un insieme
parzialmente ordinato ` e la massima cardinalit` a di unanticatena di P.
Denizione 1.7. Laltezza (in inglese height) alt(P) di un insieme par-
zialmente ordinato ` e la massima lunghezza di una catena di P. Quindi
alt(P) = max[C[ 1 [ C catene(P)
Questa ` e la denizione pi ` u usata (ad es. in Harzheim, pag. 24, Schr oder,
pag. 34).
Alcuni autori (Trotter, pag. 4) deniscono invece laltezza come la mas-
sima cardinalit` a di una catena.
Denizione 1.8. Unapplicazione : P Q tra insiemi parzialmen-
te ordinati si dice
(1) monotona, se a, b P con a b implica (a) (b);
(2) antimonotona, se a, b P con a b implica (a) (b);
(3) un isomorsmo, se ` e biiettiva e monotona e se anche
1
` e
monotona.
`
E chiaro che lidentit` a e la composizione di applicazioni monotone so-
no monotone, perci` o gli insiemi parzialmente ordinati formano una
categoria che denotiamo con ORD.
Osservazione 1.9. Nella gura seguente lidentit` a P Q ` e mono-
tona, ma non ` e un isomorsmo.
1
2 3
4
P
1
2
3
4
Q
8
1. Insiemi parzialmente ordinati
Ci` o mostra che unapplicazione biiettiva e monotona non ` e automa-
ticamente un isomorsmo.
Osservazione 1.10. Ogni insieme parzialmente ordinato pu` o, in teo-
ria, essere rappresentato mediante un diagramma di Hasse che rispec-
chia la relazione , come nelloss. 1.9. Non ` e per` o vero che ogni grafo
diretto, nito e senza cicli ` e un diagramma di Hasse, come mostra
lesempio
Denizione 1.11. P sia un insieme parzialmente ordinato. Un ele-
mento a P si dice
(1) minimale, se b a con b P implica b = a, cio` e se [, a] = a;
(2) massimale, se a b con b P implica b = a, cio` e se [a, ] = a.
Denotiamo con Min P linsieme degli elementi minimali di P, con Max P
linsieme degli elementi massimali.
Osservazione 1.12. P sia un insieme parzialmente ordinato ed U un
sottoinsieme di P. Allora Max U e Min U sono anticatene di P.
Proposizione 1.13. P sia un insieme parzialmente ordinato nito.
Allora per ogni a P esistono p Min P e q Max P tali che p a q.
Dimostrazione. Immediata, sfruttando lipotesi che P sia nito.
Denizione 1.14. P e Q siano insiemi parzialmente ordinati che sup-
poniamo disgiunti
1
. Deniamo la somma diretta P +Q come linsieme
parzialmente ordinato P Q con il seguente ordine parziale:
a b in P + Q

a, b P e a b in P
oppure
a, b Q e a b in Q
La somma diretta ` e ben denita, cos` pure la relazione dordine parzia-
le, poich e sono ben denite le relazioni dordine parziale sugli insiemi
P e Q. Il diagramma di Hasse per P + Q ` e formato ponendo luno di
anco allaltro i diagrammi di Hasse di P e Q.
Poniamo inoltre nP := P + + P

n volte
.
Proposizione 1.15. P e Q siano insiemi parzialmente ordinati. Allora
P + Q ` e la somma diretta di P e Q nella categoria ORD. Ci` o signica
che, se con i : P P + Q e j : Q P + Q denotiamo le inclusioni
1
Ci` o non `e una reale restrizione, ma implica che in seguito quando ad esempio scriviamo
P +P, uno dei due P deve essere sostituito con una copia disgiunta dellaltro.
9
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
naturali, queste sono monotone (come ` e ovvio) e per ogni diagramma
P
Q
P + Q
R
i
f
j
g
in ORD esiste unapplicazione monotona h : P+Q R, univocamente
determinata, che rende commutativo il diagramma
P
Q
P + Q
R
i
f
j
g
h
Dimostrazione. Deniamo h(p) = f(p) per ogni p P e h(q) = g(q)
per ogni q Q.
`
E chiaro che questa ` e lunica scelta possibile; infatti
h(i(p)) = f(p) per p P signica proprio h(p) = f(p) e lo stesso si ha
per q Q. Il diagramma ` e evidentemente commutativo.
Denizione 1.16. P e Q siano insiemi parzialmente ordinati. La con-
catenazione (detta talvolta somma lineare) PQ ` e denita prendendo la
seguente relazione su P Q:
a b

a, b P e a b in P
oppure
a, b Q e a b in Q
oppure
a P e b Q
Anche in questo caso ` e immediato che si ottiene un ordine parziale.
Il diagramma di Hasse di PQ (nel caso che P e Q siano niti) si ottiene
ponendo il diagramma di P al di sotto del diagramma di Q aggiungen-
do un tratto rettilineo da ciascun elemento massimale di P a ciascun
elemento minimale di Q.
10
1. Insiemi parzialmente ordinati
Esempio 1.17. Consideriamo i seguenti diagrammi di Hasse:
C = C
1
C
2
C
3
2C 4C
C
2
+ C
3
2C 3C C (2C) C C (C
2
+ C) C
Denizione 1.18. (I, ) sia un insieme parzialmente ordinato. Per
ogni i I sia dato un insieme parzialmente ordinato (P
i
,
i
). Suppo-
niamo che gli insiemi parzialmente ordinati P
j
siano disgiunti a due a
due.
Deniamo la somma ordinata (talvolta somma lessicograca) 1
iI
P
i
come

iI
P
i
in cui gli elementi sono cos` ordinati:
p q se e solo se ` e soddisfatta una delle due seguenti condizioni:
(1) p e q appartengono allo stesso P
j
e p
j
q.
(2) p P
i
e q P
j
con i < j.
Denizione 1.19. 1
iI
P
i
sia una somma ordinata.
(1) Se linsieme degli indici I ` e una catena, allora diremo che la
somma ordinata ` e lineare.
(2) Denotiamo una somma ordinata lineare nita di P
1
, . . . , P
n
con
P
1
P
n
; in essa laddendo minore si trova allinizio della
somma.
(3) Denotiamo la somma ordinata di P
1
, . . . , P
n
in cui linsieme degli
indici ` e unanticatena di n-elementi con P
1
+ +P
n
. Tale somma
si chiama somma disgiunta di P
1
, . . . , P
n
.
(4) Se tutti gli addendi della somma ordinata hanno un solo ele-
mento, o se la somma ordinata ` e costituita da un solo addendo,
la somma ordinata ` e detta banale.
Denizione 1.20. P sia un insieme parzialmente ordinato. Se P ` e
isomorfo ad una somma ordinata non banale 1
iI
P
i
, P si dice decompo-
nibile; negli altri casi P ` e detto indecomponibile.
11
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Esempio 1.21.
Denizione 1.22. P e Q siano insiemi parzialmente ordinati tali che

P
e
Q
coincidono su P Q. Allora deniamo la fusione U := P Q
di P e Q nel modo seguente:
a
U
b se e solo se ` e soddisfatta una delle seguenti condizioni:
(1) a P, b P e a
P
b.
(2) a Q, b Q e a
Q
b.
(3) a P, b Q ed esiste r P Q tale che a
P
r
Q
b.
(4) a Q, b P ed esiste s P Q tale che a
Q
s
P
b.
La relazione ` e ben denita.
Vediamo ora che si tratta effettivamente di un ordine parziale.
(I) La riessivit` a ` e immediata.
(II) Antisimmetria.
Siano a, b U con a
U
b
U
a. Verichiamo i seguenti casi:
/ a P, b P : a
P
b, b
P
a.
Allora a
P
b
P
, quindi a = b.
/ a P, b Q : a
P
r
Q
b, b
Q
s
P
a con r, s P Q.
Allora a
P
r
Q
b
Q
s
P
a, quindi a
P
r
Q
s
P
a; ora
a
P
r
P
s
P
a poich e
P
e
Q
coincidono su P Q. Allora
a = r = s = a, dunque a = r = b = s = a, perci o a = b.
/ a Q, b P : a
Q
s
P
b, b
P
r
Q
a con s, r P Q.
Allora a
Q
s
P
b
P
r
Q
a, quindi a
Q
s
P
r
Q
a; ora
a
Q
s
Q
r
Q
a poich e
P
e
Q
coincidono su P Q. Allora
a = s = r = a, dunque a = s = b = r = a, perci o a = b.
/ a Q, b Q : a
Q
b, b
Q
a.
Allora a
Q
b
Q
, quindi a = b.
(III) Transitivit` a .
Siano a, b, c U con a
U
b
U
c. Verichiamo i seguenti casi:
/ a P, b P, c P : a
P
b, b
P
c.
Allora a
P
b
P
c, quindi a
P
c, cio e a
U
c.
/ a P, b P, c Q : a
P
b, b
P
r
Q
c con r P Q.
Allora a
P
b
P
r
Q
c, quindi a
P
r
Q
c, cio e a
U
c.
/ a P, b Q, c P : a
P
r
Q
b, b
Q
s
P
c con r, s P Q.
12
1. Insiemi parzialmente ordinati
Allora a
P
r
Q
b
Q
s
P
c, quindi a
P
r
Q
s
P
c; ora
a
P
r
P
s
P
c poich e
P
e
Q
coincidono su P Q. Allora
a
P
c, cio e a
U
c.
/ a P, b Q, c Q : a
P
r
Q
b, b
Q
c con r P Q.
Allora a
P
r
Q
b
Q
c, quindi a
P
r
Q
c, cio e a
U
c.
/ a Q, b P, c P : a
Q
s
P
b, b
P
c con s P Q.
Allora a
Q
s
P
b
P
c, quindi a
Q
s
P
c, cio e a
U
c.
/ a Q, b P, c Q : a
Q
s
P
b, b
P
r
Q
c con r, s P Q.
Allora a
Q
s
P
b
P
r
Q
c, quindi a
Q
s
P
r
Q
c; ora
a
Q
s
Q
r
Q
c poich e
P
e
Q
coincidono su P Q. Allora
a
Q
c, cio e a
U
c.
/ a Q, b Q, c P : a
Q
b, b
Q
s
P
c con s P Q.
Allora a
Q
b
Q
s
P
c, quindi a
Q
s
P
c, cio e a
U
c.
/ a Q, b Q, c Q : a
Q
b, b
Q
c.
Allora a
Q
b
Q
c, quindi a
Q
c, cio e a
U
c.
Denizione 1.23. I sia un insieme e P
i
un insieme parzialmente or-
dinato per ogni i I. Allora il prodotto cartesiano

iI
P
i
diventa un in-
sieme parzialmente ordinato se per x, y

iI
P
i
con x = _
i
x
i
e y = _
i
y
i
poniamo x y x
i
y
i
per ogni i I.
Si dimostra facilmente che in questo modo con

iI
P
i
otteniamo il
prodotto diretto di P
i
nella categoria ORD.
Denizione 1.24. P sia un insieme parzialmente ordinato. Un sotto-
insieme U di P si dice
(1) un ideale di P, se [, U] U e quindi [, U] = U;
(2) un coideale di P, se [U, ] U e quindi [U, ] = U.
Denotiamo con ideali(P) linsieme degli ideali di P e con coideali(P)
linsieme dei coideali di P. Questi insiemi possono essere considerati
come insiemi parzialmente ordinati rispetto allinclusione insiemisti-
ca.
Osservazione 1.25. P sia un insieme parzialmente ordinato ed A un
sottoinsieme di P. Allora [, A] ` e un ideale di P e similmente [A, ]
` e un coideale di P. Inoltre
Max[, A] = Max A
Min[A, ] = Min A
Si noti che per un insieme parzialmente ordinato innito questi insie-
mi possono essere vuoti.
Dimostrazione.
(1) Innanzitutto dimostriamo che U := [, A] ` e un ideale di P.
Sia x U e y x. Dobbiamo dimostrare che y U. Per ipotesi
esiste un a A tale che x a; ma y x, quindi y a, cio` e
y U.
Similmente si dimostra che [A, ] ` e un coideale di P.
13
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
(2) Vediamo ora che Max[, A] = Max A.
`
E chiaro che Max[, A] Max A.
Siano m Max A ed x [, A] tali che x m. Allora esiste
a A tale che x a, quindi m x a, cosicch e m a e quindi
m = a. Ci` o implica m = x.
Similmente si dimostra che Min[A, ] = Min A.
Osservazione 1.26. P sia un insieme parzialmente ordinato nito. Se
U ` e un ideale di P, allora U = [, Max U]; se U ` e un coideale di P,
allora U = [Min U, ].
Dimostrazione. Lenunciato ` e una conseguenza della prop 1.13.
Teorema 1.27. P sia un insieme parzialmente ordinato nito. Allora
esistono biiezioni naturali
ideali(P) anticatene(P) coideali(P)
U Max U A [A, ]
[, A] A Min V V
Dimostrazione.
(1) Consideriamo innanzitutto le applicazioni
: ideali(P) anticatene(P)
U Max U
e
: anticatene(P) ideali(P)
A [, A]
Queste applicazioni sono ben denite poich e Max U ` e unanticatena
per loss.1.12 e [, A] ` e un ideale per loss.1.25.
(2) Sia ora U ideali(P). Allora
((U)) = (Max U) = [, Max U]
1.26
= U
(3) Sia ora A anticatene(P). Allora
((A)) = ([, A]) = Max[, A]
1.25
= Max A,
ma per ipotesi A ` e unanticatena, per cui Max A = A.
(4) Nello stesso modo si dimostra lenunciato duale.
Osservazione 1.28. Nel teorema 1.27 si hanno in particolare a sini-
stra le corrispondenze
P Max P

e a destra le corrispondenze
Min P P

che possono essere espresse mediante le uguaglianze
P = [, Max P] = [Min P, ]
= [, ] = [, ]
14
1. Insiemi parzialmente ordinati
Proposizione 1.29. P sia un insieme parzialmente ordinato ed U un
sottoinsieme di P. Allora U ` e un ideale di P se e solo se P U ` e un
coideale di P. In questo modo otteniamo unaltra biiezione
ideali(P) coideali(P) valida anche nel caso che P sia innito.
Dimostrazione. U sia un ideale di P ed x P U. Sia inoltre a P
con x a. Allora anche a P U, perch e altrimenti si avrebbe x U.
P U ` e quindi un coideale di P.
Nello stesso modo si vede che P U ` e un ideale se U ` e un coideale.
Proposizione 1.30. P sia un insieme parzialmente ordinato. sia un
insieme di ideali di P. Allora

A
A e

A
A sono anchessi ideali di P.
Lo stesso vale per i coideali. Ci` o implica, come si dimostra facilmente,
che ideali(P) e coideali(P) sono reticoli completi.
Dimostrazione. Sia I :=

A
A e a I. Allora esiste A tale che
a A. Sia x a. Allora x A, quindi x I, cio` e I ` e un ideale.
Sia ora J :=

A
A e a J. Allora a A per ogni A . Sia x a.
Allora x A per ogni A , quindi x J, cio` e J ` e un ideale.
Analogamente si dimostra che I e J sono coideali.
Esempio 1.31. P sia linsieme parzialmente ordinato rappresentato
dal diagramma di Hasse
1
4
5
2
3
Gli insiemi , 1, 2, 3, 4, 5 sono sicuramente anticatene; ad es-
si si aggiungono gli insiemi 2, 4 e 3, 4. La larghezza di P ` e quindi
2. Si vede anche che P possiede altezza 3.
Tramite il teorema 1.27 troviamo gli ideali e i coideali di P:
anticatene ideali coideali
A [, A] [A, ]

1 = Max P 1, 2, 3, 4, 5 = P 1
2 2, 3, 5 1, 2
3 3, 5 1, 2, 3
4 4, 5 1, 4
5 = Min P 5 1, 2, 3, 4, 5 = P
2, 4 2, 3, 4, 5 1, 2, 4
3, 4 3, 4, 5 1, 2, 3, 4
15
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Rispetto allinclusione insiemistica ideali(P) pu` o essere rappresentato
dal seguente diagramma di Hasse

5
4, 5
3, 5
3, 4, 5
2, 3, 5
2, 3, 4, 5
1, 2, 3, 4, 5
La regolarit` a che si osserva non ` e casuale. Infatti dalloss. 1.30 sap-
piamo che ideali(P) e coideali(P) sono reticoli.
Osservazione 1.32. Siano m N e P un insieme parzialmente ordi-
nato che pu` o essere rappresentato come unione di m + 1 anticatene.
Allora alt(P) m.
Dimostrazione. Sia P = A
0
A
1
. . . A
m
con anticatene A
0
, . . . , A
m
m + 1 e supponiamo che esista in P una catena di m + 2 elementi
x
0
< x
1
< < x
m+1
. Ci` o implica che almeno due degli x
j
si devono
trovare nella stessa anticatena A
k
, e ci` o non ` e possibile.
Teorema 1.33 (teorema di Mirsky). P sia un insieme parzialmente
ordinato ed m N tale che alt(P) m. Allora P pu` o essere rappresen-
tato come unione disgiunta di m + 1 anticatene.
Dimostrazione. Seguiamo Lint/Wilson, pag. 54. Induzione su m.
m = 0: In questo caso [P[ = 1, e banalmente P ` e rappresentato da
ununica anticatena di cardinalit` a 1.
m 1 m : Sia P un insieme parzialmente ordinato che non con-
tiene catene di m + 2 elementi. Dalla prop. 1.13 sappiamo che Max P
` e unanticatena di P. Sia C = x
0
< x
1
< < x
m
una catena in
P Max P. Per lipotesi su P allora C ` e una catena massimale in P.
Ci` o implica per` o (per la prop. 1.13) che x
m
Max P, mentre avevamo
x
m
P Max P. Di conseguenza P Max P non pu` o contenere catene
di m+1 elementi, cosicch e alt(P Max P) m1 per cui, per ipotesi di
induzione, P Max P pu` o essere rappresentato come unione disgiunta
di m anticatene. Ma allora P = (P Max P)Max P ` e unione disgiunta
di m + 1 anticatene.
Osservazione 1.34. Siano m N + 1 e P un insieme parzialmente
ordinato che pu` o essere rappresentato come unione di mcatene. Allora
larg(P) m.
Dimostrazione. Siano P = C
1
C
2
C
m
con catene C
1
, . . . , C
m
16
1. Insiemi parzialmente ordinati
ed A unanticatena. A pu` o contenere un solo elemento per ogni C
j
e
vediamo che la massima cardinalit` a di unanticatena di P ` e m.
Lemma 1.35. P sia un insieme parzialmente ordinato ed A unanticatena
massimale di P. Allora [, A] [A, ] = P.
Dimostrazione. Sia x P [, A] [A, ]. Ci` o implica che x / A.
Inoltre per ogni a A n e x a n e a x, e quindi A [x] ` e ancora
unanticatena strettamente maggiore di A, una contraddizione.
Teorema 1.36 (teorema di Dilworth). P sia un insieme parzialmen-
te ordinato ed m N + 1 tale che larg(P) m. Allora P pu` o essere
rappresentato come unione disgiunta di m catene.
Dimostrazione. Seguiamo la dimostrazione di Tverberg in Lint/Wilson,
pagg. 53-54.
Induzione sulla cardinalit` a [P[ di P.
[P[ = 0, 1: Chiaro.
Sia C una catena massimale di P. Se ogni anticatena di P C possiede
al massimo m1 elementi, otteniamo lenunciato per induzione. Sup-
poniamo che esista unanticatena A = a
1
, . . . , a
m
con m elementi in
P C. Poich e C ` e una catena massimale, lelemento pi ` u grande p di C
appartiene a Max P, e quindi non pu` o appartenere a [, A], perch e
altrimenti p a per un a A con p ,= a perch e AC = . In particolare
si vede che [, A] P, quindi, per ipotesi di induzione, [, A] pu` o
essere rappresentato come unione di m catene disgiunte C
1
, . . . , C
m
,
dove a
i
C
i
. Dimostriamo che a
i
` e lelemento massimo della catena
C
i
per ogni i. Sia infatti x C
i
e x > a
i
. Essendo C
i
[, A], esi-
ste per` o j tale che x a
j
, per cui dovremmo avere a
i
< a
j
, ma ci` o ` e
assurdo, perch e A ` e unanticatena. Facciamo la stessa cosa per [A, ],
ottenendo catene D
i
con a
i
D
i
e [A, ] = D
1

. . .

D
m
. Combinando
le catene C
i
e D
i
per ogni i = 1, . . . , m otteniamo m catene disgiunte
la cui unione ` e uguale a [, A] [A, ] che, per il lemma 1.35, a sua
volta ` e uguale a P. Infatti A ` e unanticatena massimale di P, poich e
[A[ = larg(P).
17
18
2. Connessioni di Galois
Situazione 2.1. e siano due insiemi parzialmente ordinati. Usia-
mo lettere greche minuscole perch e nelle applicazioni di Galois questi
insiemi sono spesso sistemi di insiemi. Come nora, nelle considera-
zioni generali, denotiamo lordine parziale con per entrambi gli in-
siemi. Assumiamo inoltre che = per evitare equivoci, ad esem-
pio quando nella denizione 2.2. usiamo lo stesso simbolo

per le due
applicazioni che stabiliscono la connessione di Galois.
Denizione 2.2. Una connessione di Galois tra e ` e una coppia di
applicazioni
1
: ,

: con le seguenti propriet` a:
(1) Entrambe le applicazioni sono antimonotone.
(2) A A

per ogni A .
E E

per ogni E .
Per A ed E deniamo allora le chiusure
A := A

E := E

Con queste notazioni, la condizione (2) implica le inclusioni A A ed


E E. A si chiama chiuso se A = A; similmente E si chiama
chiuso se E = E.
Denotiamo con chiusi() linsieme dei chiusi di , con chiusi() linsieme
dei chiusi di .
Proposizione 2.3. Tra e sia data una connessione di Galois.
(1) A e B siano chiusi di . Allora A = B A

= B

.
(2) E ed F siano chiusi di . Allora E = F E

= F

.
Dimostrazione.
(1) Sia A

= B

. Allora A = A = A

= B

= B = B.
Limplicazione opposta ` e ovvia.
(2) Nello stesso modo.
Si noti che in questa dimostrazione non abbiamo usato nessuna delle
condizioni (1) e (2) della def. 2.2. e nemmeno lipotesi che e siano
insiemi parzialmente ordinati.
Infatti, siano f : e g : due applicazioni qualsiasi e
A = g(f(A)), B = g(f(B)). Se adesso f(A) = f(B), allora A = B.
Osservazione 2.4. Tra e sia data una connessione di Galois.
(1) Siano A, B con A

. Allora B A.
(2) Siano E, F con E

. Allora F E.
1
Denotiamo le applicazioni con lo stesso simbolo, ma per lassunzione fatta nella situazione
2.1. risulter` a chiaro quale delle due applicazioni si sta considerando.
19
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Dimostrazione.
(1) Lipotesi implica B

, cio` e B A.
(2) Nello stesso modo.
Lemma 2.5. Tra e sia data una connessione di Galois. Allora:
(1) A

= A

per ogni A .
(2) E

= E

per ogni E .
Dimostrazione.
(1) Abbiamo da un lato A A

e quindi A

, dallaltro lato
per` o anche A

.
(2) Nello stesso modo.
Corollario 2.6. Tra e sia data una connessione di Galois. Allo-
ra:
(1) A = A per ogni A .
(2) E = E per ogni E .
Osservazione 2.7. Tra e sia data una connessione di Galois. Per
B ed F sono equivalenti:
(1) B ` e chiuso ed F = B

.
(2) F ` e chiuso e B = F

.
Dimostrazione.
(1) =(2) : F = F

= B

= B

= F, mentre F

= B

= B = B.
(2) =(1) : Nello stesso modo.
Lemma 2.8. Tra e sia data una connessione di Galois.
Per A ed E sono equivalenti:
(1) E A

.
(2) E A

.
(3) A E

.
(4) A E

.
Dimostrazione. Siccome E E e A A, abbiamo chiaramente le
implicazioni (2) = (1) e (4) = (3).
`
E sufciente dimostrare che
(1) =(4) e (3) =(2).
(1) =(4) : E A

implica A

, cio` e A E

.
(3) =(2) : A E

implica E

, cio` e E A

.
Proposizione 2.9. Tra e sia data una connessione di Galois.
(I) Per A sono equivalenti:
(1) A ` e chiuso.
(2) Esiste B con A = B.
(3) Esiste E con A = E

.
(II) Per E sono equivalenti:
20
2. Connessioni di Galois
(1) E ` e chiuso.
(2) Esiste F con E = F.
(3) Esiste A con E = A

.
Dimostrazione.
(1) =(2) : Se A ` e chiuso, allora A = A e possiamo prendere B = A.
(2) =(3) : Sia A = B con B . Allora A = B = B

e possiamo
prendere E = B

.
(3) =(1) : Sia A = E

con E . Allora A = A

= E

= E

= A.
Nello stesso modo si dimostra la seconda parte.
Corollario 2.10. Tra e sia data una connessione di Galois.
(1) Siano A, B con A

. Se esiste E con A = E

, allora
B B A.
(2) Siano E, F con E

. Se esiste A con E = A

, allora
F F E.
Dimostrazione.
(1) Lipotesi implica B

, cio` e B A. Per la prop. 2.9. A = A.


(2) Nello stesso modo.
Teorema 2.11. Tra e sia data una connessione di Galois. Dalla
prop. 2.9 sappiamo che A

` e chiuso per ogni A e che E

` e chiuso per
ogni E . Le applicazioni
: chiusi() chiusi()
A A

e
: chiusi() chiusi()
E E

sono quindi ben denite Esse sono inoltre luna linversa dellaltra, e
stabiliscono quindi una biiezione naturale tra i chiusi di e i chiusi
di .
Dimostrazione. Afnch e sia ben denita, basta dimostrare che A

` e chiuso, come osservato nellenunciato. La stessa cosa vale per .


Sia A = A . Allora
((A)) = (A

) = A

= A = A
Sia invece E = E . Allora
((E)) = (E

) = E

= E = E
21
22
3. Graduazioni
Denizione 3.1. Una graduazione ` e una terna (X, S, ), dove X ` e un
insieme, S un monoide (un semigruppo con elemento neutro 1
S
) e
X S X una relazione, la quale, se scriviamo (x, y) s invece di
(x, s, y) , soddisfa le seguenti condizioni, per ogni x, y, z X e per
ogni s, t S:
(1) (x, x) 1
S
per ogni x X.
(2) (x, y) s ed (y, z) t = (x, z) st.
(X, S, ) si chiama allora una S-graduazione di X o una graduazione
di X su S; diciamo anche che X ` e graduato su S. Quando ` e sottintesa,
diciamo anche che (X, S) ` e una graduazione.
Esempio 3.2. X sia un insieme ed S un monoide che opera a destra
su X. Se deniamo (x, y) s : xs = y, otteniamo una graduazio-
ne. Se S opera invece a sinistra su X, possiamo denire
(x, y) s : x = sy.
Osservazione 3.3. (X, S, ) sia una graduazione.
(1) Y sia un qualsiasi sottoinsieme di X. Allora (Y, S,

) ` e ancora
una graduazione, se poniamo

:=
|Y SY
. Nellesempio 3.2
quindi per ogni Y X otteniamo una graduazione, senza che Y
sia necessariamente invariante sotto S. Questa osservazione ` e
piuttosto importante nelle applicazioni in informatica.
(2) T sia un sottomonoide di S (cio` e un sottosemigruppo con
1
T
= 1
S
). Allora otteniamo una graduazione (X, T,

) se ponia-
mo

:=
|XTX
.
Esempio 3.4. X sia un insieme ed S un monoide che opera a destra
di X. Per A X ed s S sia As := { as | a A}. Allora S opera
anche a destra sullinsieme delle parti P(X), cosicch e otteniamo una
S-graduazione di P(X). Possiamo graduare P(X) su S per` o anche in
un altro modo, ponendo
(A, B) s : As B
oppure in modo duale ponendo (A, B) s : As B.
Esempio 3.5. S = 1 sia il monoide con un elemento. Una S-graduazione
di un insieme X ` e allora la stessa cosa come un quasiordine su X.
Esempio 3.6. S sia un semigruppo di relazioni (binarie) su X. Allora
otteniamo direttamente una S-graduazione se con (x, y) s intendia-
mo lappartenenza insiemistica di (x, y) ad s.
Semigruppi di relazioni sono stati molto studiati nella letteratura.
Esempio 3.7. (X, d) sia uno spazio metrico. Allora
d(x, y) e d(y, z) = d(x, z) +
Otteniamo quindi una graduazione di X su ([0, ), +) se poniamo
(x, y) : d(x, y)
23
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Esempio 3.8. S sia un monoide. Allora possiamo graduare un qual-
siasi sottoinsieme X S su S non solo tramite
(a, b) s : as = b
come nelles. 3.2, ma anche mediante
(a, b) s as = sb
Se S ` e un gruppo, ci` o equivale alla condizione b = s
1
as.
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare la condizione (2) della def. 3.1.
Siano (a, b) s e (b, c) t. Allora as = sb e bt = tc, da cui
ast = sbt = stc, ovvero (a, c) st.
Denizione 3.9. S sia un monoide. Se per M, N S poniamo
MN := { st | s M, t N}
P(S) diventa un monoide con 1
P(S)
= {1
S
}. Si noti che M = M =
per ogni M S.
Osservazione 3.10. (X, S) sia una graduazione. Allora otteniamo una
graduazione (X, P(S)) se per M S ed x, y X poniamo
(x, y) M : esiste s M con (x, y) s.
Dimostrazione.
(1) Per ipotesi (x, x) 1
S
rispetto alla prima graduazione (X, S).
Ci` o signica (x, x) {1
S
}, mentre abbiamo osservato nella def.
3.9 che {1
S
} = 1
P(S)
.
(2) Siano (x, y) M ed (y, z) N. Allora esistono s M e t N tali
che (x, y) s ed (y, z) t, e quindi (x, z) st. Ci` o signica che
(x, z) MN.
Denizione 3.11. (X, S) sia una graduazione ed M S. Per x, y X
diciamo che y ` e raggiungibile da x attraverso M, se (x, y) M.
Nota 3.12. Il concetto di graduazione ` e molto generale e appare in
molti campi della matematica. Elenchiamo altri esempi, ciascuno dei
quali permette numerose variazioni.
(1) X sia un insieme ed S un monoide che opera a destra su X. Su X
sia dato un quasiordine compatibile con lazione di S, per il quale cio` e
vale limplicazione
x y = xs ys per ogni x, y X e per ogni s S.
Allora si pu` o denire una graduazione tramite
(x, y) s : xs y
In questo modo si ottiene un gran numero di esempi; casi speciali sono
lesempio 3.2 e lesempio 3.3.
(2) T sia uno spazio topologico ed S il semigruppo di tutti gli aperti
di T con lintersezione come moltiplicazione. Allora possiamo denire
una graduazione su X = P(T) ponendo
(A, B) U : A U = B U
24
3. Graduazioni
Anche questa costruzione ` e un caso speciale di (1) e si ritrova frequen-
temente nelle applicazioni; spesso ci si limita a determinati sottoinsie-
mi di P(T), ad esempio ai sottoinsiemi analitici di uno spazio analitico
complesso.
(3) X sia un insieme e

: P(X) P(X) un operatore di chiusura
esatto su X (cfr. def. 16.6) e S un sottomonoide di (P(X), ).
Deniamo una graduazione su X ponendo
(x, y) A : x A y
(4) X = A sia un anello commutativo ed S il monoide degli ideali di
A (compreso lideale improprio A) con laddizione come composizione.
Otteniamo una graduazione ponendo
(a, b) I : a I + Ab
Una graduazione pi ` u familiare si ottiene ponendo
(a, b) I : a b I
(5) X sia un monoide ed S un sottomonoide di X X. Allora si ottiene
una graduazione ponendo
(x, y) (a, b) : xa = by
Questo tipo di graduazione permette di descrivere le varie forme di
coniugatezza che si trovano in algebra.
(6) Pi ` u in generale siano X ed Y due insiemi ed S un monoide che
opera a destra su X, T un monoide che opera a sinistra su Y . Allora
otteniamo una graduazione di XY attraverso S T ponendo ancora
(x, y) (a, b) : xa = by
(7) X sia un grafo (diretto o non diretto). Deniamo una graduazione
di X tramite (N, +) ponendo
(x, y) n : esiste un cammino di lunghezza n (oppure anche di
lunghezza n) da x a y.
(8) X sia un insieme e T un monoide che opera a sinistra su X. S sia
un sottomonoide di P(T) rispetto alla moltiplicazione di sottoinsiemi.
Allora otteniamo una graduazione ponendo
(x, y) A : x Ay
(9) X = A sia un anello commutativo ed I un ideale di A. S sia un
sottomonoide di (A, ). Otteniamo una graduazione ponendo
(a, b) s : a sb I
Dimostrazione. Dimostriamo, nei casi non evidenti, che si tratta ve-
ramente di graduazioni. Tralasciamo la condizione (1) nella def. 3.1
che ` e sempre evidente.
(3) Siano (x, y) A e (y, z) B, cio` e x A y e y B z. Allora
x A y A B z A B z = (A B) z, per cui (x, z) AB.
25
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
(4) Siano (a, b) I e (b, c) J, cio` e a b I e b c J. Allora
a c = (a b) + (b c) I + J.
(6) Siano (x, y) (a, b) e (y, z) (c, d), cio` e xa = by e yc = dz. Allora
xac = byc = bdz, per cui (x, z) (ac, bd).
(8) Siano (x, y) A e (y, z) B, cio` e x Ay e y Bz. Allora
x Ay ABz.
(9) Siano (a, b) s e (b, c) t, cio` e a sb I e b tc I. Allora
a stc = a + sb sb stc = (a + sb) s(b tc) I + I = I.
26
4. Insiemi parzialmente ordinati con rango
Situazione 4.1. P sia un insieme parzialmente ordinato nito.
Denizione 4.2. Deniamo le derivate superiori di P nel modo se-
guente:
P
(0)
:= P
P
(1)
:= P \ Max P
. . .
P
(m+1)
:= P
(m)(1)
= P
(m)
\ Max P
(m)
. . .
per m N.
`
E chiaro che P
(0)
P
(1)
P
(2)
. . . .
Osservazione 4.3. P
(m)(k)
= P
(m+k)
per ogni m, k N.
Dimostrazione. Per induzione su k.
k = 0, 1 : Chiaro.
k k + 1 : P
(m)(k+1)
= P
(m)(k)(1)
= P
(m+k)(1)
= P
(m+k+1)
.
Osservazione 4.4. Sia Q P. Allora Q
(m)
P
(m)
per ogni m N.
Dimostrazione.
`
E sufciente dimostrare che Q
(1)
P
(1)
.
Sia q Q e q / Max Q. Allora anche q / Max P e quindi q P
(1)
.
Osservazione 4.5. C = {a
1
, . . . , a
n
} sia una catena con a
1
< < a
n
.
Allora C
(i)
= {a
1
, . . . , a
ni
} per i < n e C
(i)
= per i n.
Dimostrazione. Max C = a
n
, quindi
C
(1)
= {a
1
, . . . , a
n1
}
C
(2)
= {a
1
, . . . , a
n2
}
. . .
C
(n1)
= {a
1
}
C
(n)
=
. . .
Osservazione 4.6. Siano P = ed h N. Allora
alt(P) = h P
(h)
= e P
(h+1)
=
Dimostrazione. Per induzione su h.
h = 1 : Sia P
(0)
= P = , ma P
(1)
= P \ Max P = . Ci` o signica P =
(come per ipotesi), ma P = Max P.
`
E chiaro allora che alt(P) = 0.
h1 h : Sia P
(h)
= , ma P
(h+1)
= P
(h)
\Max P
(h)
= . Per loss. 4.3
ci` o signica P
(1)(h1)
= e P
(1)(h)
= , e quindi per ipotesi di induzione
alt(P
(1)
) = h1. P
(1)
contiene perci` o una catena di h elementi; siccome
P
(1)
= P \Max P, possiamo estendere quella catena con un elemento di
Max P (per la prop. 1.13), ottenendo cos` una catena di h + 1 elementi.
27
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Ci` o mostra che alt(P) h. Sia alt(P) h + 1. Allora esiste una catena
C in P con almeno h + 2 elementi, per la quale quindi C
(h+1)
= per
loss. 4.5. Loss. 4.4 implica per` o C
(h+1)
P
(h+1)
, una contraddizione.
Nota 4.7. Siano P = ed h := alt(P). Allora
P = Max P
(0)

. . .

Max P
(h)
Per ogni a P esiste quindi un unico indice k {0, . . . , h} per il quale
a Max P
(k)
. k si chiama la profondit ` a di a in P; usiamo la notazione
prof(a) := prof(a, in P) := k.
Esempio 4.8.
a)
1
3
4
2
k Max P
(k)
0 1, 2
1 3
2 4
b)
1
4
5
2
3
k Max P
(k)
0 1
1 2, 4
2 3
3 5
c)
1 2 3
4 5 6
7 8
9
10 11
12 13 14 15
16 17
k Max P
(k)
0 1, 2, 3
1 4, 5, 6
2 7, 8
3 9
4 10, 11
5 12, 13, 14, 15
6 16, 17
28
4. Insiemi parzialmente ordinati con rango
Osservazione 4.9. Siano a, b P con a < b. Allora prof(a) > prof(b).
Dimostrazione. Siano a Max P
(k)
e b Max P
(j)
con j k. Allora
P
(j)
P
(k)
, e quindi b P
(k)
, in contraddizione alla massimalit` a di a
in P
(k)
.
Osservazione 4.10. Siano a, b P con a b. Per la prop. 4.9. abbiamo
prof(a) > prof(b), ma pu` o accadere che prof(a) = prof(b) + 1, come
mostra lesempio
1
3
4
2
in cui 4 2, ma prof(2) = 0, prof(4) = 2.
Lemma 4.11. Siano k N + 1 ed a P
(k)
. Allora esiste b Max P
(k1)
con a < b.
Se a Max P
(k)
, allora a b.
Dimostrazione.
(1) Applicando la prop. 1.13 allinsieme parzialmente ordinato P
(k1)
vediamo che esiste b Max P
(k1)
tale che a b. Per ipotesi
a P
(k)
= P
(k1)
\ Max P
(k1)
, per cui a = b.
(2) Sia a Max P
(k)
. Vogliamo dimostrare che ab. Assumiamo che
non sia cos` . Allora esiste x P tale che a < x < b. Per loss. 4.9
allora
k = prof(a) > prof(x) > prof(b) = k 1
ma ci` o non ` e possibile.
Proposizione 4.12. Siano k N + 1 ed a P
(k)
. Allora esistono
b
k1
Max P
(k1)
, . . . , b
0
MaxP
(0)
tali che a < b
k1
b
0
.
Se a Max P
(k)
, allora anche a b
k1
.
Dimostrazione. Immediato dal lemma 4.11.
Corollario 4.13. Siano k N ed a P
(k)
. Allora alt([a, ]) k.
Dimostrazione. Lenunciato ` e banale per P
(0)
e segue dalla prop. 4.12
per k > 0.
Proposizione 4.14. Sia a P. Allora prof(a) = alt([a, ]).
Dimostrazione. Siano k := prof(a) ed h := alt([a, ]). Dobbiamo
dimostrare che h = k. Per il cor. 4.13 abbiamo h k. Supponiamo
per assurdo che h > k. Allora esiste una catena C di k + 2 elementi
nellinsieme parzialmente ordinato [a, ]. Per la nota 4.7
29
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
C [a, ] Max P
(0)
Max P
(k)
. Siccome ogni Max P
(j)
` e
unanticatena, C pu` o contenere al massimo un elemento di Max P
(j)
per ogni j. Ci` o non ` e possibile, perch e |C| = k + 2.
Denizione 4.15. Una funzione r : P N si chiama un rango
(o una funzione di rango) di P, se soddisfa le due seguenti condizioni,
per ogni a, b P:
(1) a Max P = r(a) = 0.
(2) a b = r(a) = r(b) + 1.
Se P possiede un rango, diciamo che P ` e un insieme parzialmente
ordinato gerarchicamente completo.
`
E anche chiaro che in tal caso la
funzione di rango r ` e univocamente determinata.
Teorema 4.16. Sono equivalenti:
(1) Se a, b P con a b, allora prof(a) = prof(b) + 1.
(2) prof ` e un rango di P.
(3) P ` e gerarchicamente completo.
(4) Per ogni elemento ssato a P tutte le catene massimali in
[a, ] hanno lo stesso numero di elementi.
Dimostrazione.
(1) = (2) : Chiaro perch e prof(a) = 0 per ogni a Max P.
(2) = (3) : Chiaro.
(3) = (4) : Siano a P ed a
m
< . . . a
0
una catena massimale in
[a, ].
`
E chiaro che ci` o implica a
0
Max P ed
a = a
m
a
0
. r sia un rango di P. Per denizione allora
r(a
0
) = 0, r(a
1
) = 1, . . . , r(a) = r(a
m
) = m. Vediamo cos` che
m = r(a). Ci` o mostra che ogni catena massimale di [a, ] pos-
siede esattamente r(a) + 1 elementi.
(4) = (1) : Siano a, b P con a b. Assumiamo, per assurdo, che
a Max P
(k)
, b Max P
(j)
con k j + 2. Per la prop. 4.12 esiste
una catena b = b
j
b
j1
b
0
con b
0
Max P, la quale, se alla
sinistra aggiungiamo a, diventa una catena massimale di [a, ]
di lunghezza j + 2. Sempre per la prop. 4.12 esiste per` o anche
una catena a = a
k
a
k1
a
0
con a
0
Max P. Anche questa ` e
una catena massimale di [a, ], per` o di lunghezza k +1 j +3,
in contraddizione allipotesi.
Proposizione 4.17. P sia gerarchicamente completo e a, b P. Allora
tutte le catene massimali in [a, b] hanno lo stesso numero di elementi.
Dimostrazione. Possiamo assumere che a < b, perch e altrimenti
lenunciato ` e banale.
Sia c
m
< < c
0
una catena massimale in [a, b].
`
E chiaro che ci` o
implica che a = c
m
c
0
= b. Siccome P ` e gerarchicamente completo,
si ha prof(a) = prof(b) + m, e quindi m = prof(a) prof(b).
Denizione 4.18. P
opp
sia linsieme parzialmente ordinato (P,
opp
)
con a
opp
b b a.
30
4. Insiemi parzialmente ordinati con rango
Denizione 4.19. Sia P denito come nelloss 4.10:
1
3
4
2
P
P soddisfa le seguenti due condizioni:
(1) Per ogni a, b P tutte le catene massimali in [a, b] hanno lo
stesso numero di elementi.
(2) Per ogni a P tutte le catene massimali in [, a] hanno lo
stesso numero di elementi.
Ci` o mostra che questa due condizioni non sono sufcienti a garantire
che un insieme parzialmente ordinato sia gerarchicamente completo.
`
E chiaro anche (dalla gura seguente o dal punto (2) insieme al teore-
ma 4.16.) che P
opp
` e gerarchicamente completo:
1
3
4
2
P
opp
Nella def. 4.15. dovremmo quindi parlare pi ` u precisamente di rango
superiore.
Osservazione 4.20. Sia | Max P| = 1. Allora sono equivalenti:
(1) P ` e gerarchicamente completo.
(2) Per ogni a, b P tutte le catene massimali in [a, b] hanno llo
stesso numero di elementi.
Dimostrazione.
(1) =(2) : Prop. 4.17.
(2) =(1) : Ci` o segue dal teorema 4.16, perch e se Max P = {b},
allora [a, ] = [a, b] per ogni a P.
Denizione 4.21. Per a P sia V (a) linsieme dei superiori diretti di
a ed N(a) linsieme degli inferiori diretti di a, ovvero
V (a) = {b P | a b}
N(a) = {b P | b a}
Corollario 4.22. Sono equivalenti:
(1) P ` e gerarchicamente completo.
(2) Per ogni k N+ 1 e per ogni a P vale
a Max P
(k)
= V (a) Max P
(k1)
.
(3) Per ogni k N ed ogni a P vale
a Max P
(k)
= N(a) Max P
(k+1)
.
31
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Dimostrazione. Chiaro dalla condizione (1) nel teorema 4.16.
Denizione 4.23. Deniamo il completamento gerarchico

P di P nel
modo seguente. Per ogni coppia a, b di elementi di P con a b ed
s := prof(a) prof(b) 2 inseriamo s 1 nuovi elementi tra a e b.
Indichiamo gli elementi nuovi talvolta con cerchietti pieni:
Questi nuovi elementi formano una catena tra a e b in cui lordine
parziale ` e denito in modo ovvio.
`
E chiaro che cos`

P diventa un in-
sieme parzialmente ordinato in cui lordine parziale ristretto a P coin-
cide con la relazione data su P. Per a P inoltre prof(a, in

P) =
prof(a, in P), mentre a b in P implica a b in

P solo se si ha prof(a) =
prof(b) + 1.
Se ab con a Max P
(k)
, b Max P
(j)
, i nuovi elementi si inseriscono
ai livelli Max

P
(k1)
, . . . , Max

P
(j+1)
.
`
E anche chiaro che

P ` e gerarchi-
camente completo.
32
5. Reticoli semimodulari e teorema di Jordan-H older
Situazione 5.1. R sia un reticolo.
Se R ` e nito, denotiamo con 1
R
lelemento massimo e con 0
R
lelemento
minimo di R.
Un reticolo sia per denizione sempre = , quindi anche R = .
Denizione 5.2. R si chiama distributivo, se per a, b, c R valgono le
uguaglianze
(D
1
) a (b c) = (a b) (a c).
(D
2
) a (b c) = (a b) (a c).
Proposizione 5.3. Sono equivalenti:
(1) R ` e distributivo.
(2) R soddisfa la condizione D
1
nella def. 5.2.
(3) R soddisfa la condizione D
2
nella def. 5.2.
Dimostrazione. Per simmetria ` e sufciente dimostrare (2) = (3).
Assumiamo quindi che in R valga la propriet` a D
1
. Allora per a, b, c R
abbiamo
(a b) (a c)
D1
= ((a b) a) ((a b) c) = a ((a b) c)
D1
=
= a ((a c) (b c)) = a (b c).
Denizione 5.4. R si chiama modulare, se per a, b, a
0
R si ha
a
0
a = a (a
0
b) = a
0
(a b).
Osservazione 5.5. Un reticolo distributivo ` e modulare.
Dimostrazione. Infatti per a, b, a
0
R con a
0
a abbiamo
a (a
0
b) = (a a
0
) (a b) = a
0
(a b).
Proposizione 5.6. G sia un gruppo. Allora il reticolo dei sottogruppi
normali di G (che coincide con il reticolo di tutti i sottogruppi di G se
G ` e abeliano) ` e modulare.
Dimostrazione. Bozzini, pagg. 43-44.
Osservazione 5.7. Il reticolo di tutti i sottogruppi di un gruppo ` e in
generale non modulare. Ci` o accade ad esempio per il gruppo A
4
:
sottogruppi(A
4
)
33
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Questo reticolo non ` e modulare perch e contiene
come sottoreticolo.
Dimostrazione. Bozzini, pag. 44.
Teorema 5.8. R sia modulare ed a, b R. Allora le applicazioni
: [a b, a] [b, a b]
x x b
e
: [b, a b] [a b, a]
y a y
sono isomorsmi di reticoli con =
1
.
Se R ` e nito, questa propriet ` a implica a sua volta la modularit ` a di R.
Dimostrazione. Bozzini, pag. 42, Aigner, pagg. 82-83, Birkhoff, pagg.
14 e 41.
Corollario 5.9. R sia modulare ed a, b R. Allora
a a b a b b
Denizione 5.10. R si dice i-semimodulare (o semimodulare inferior-
mente) se per a, b R vale limplicazione a a b = a b b.
R si dice s-semimodulare (o semimodulare superiormente) se per
a, b R vale limplicazione a b b = a a b.
Rsi chiama semimodulare se ` e i-semimodulare oppure s-semimodulare.
Esempio 5.11. Il reticolo
` e i-semimodulare, ma non modulare. Il reticolo
a b
b a
a b
non ` e i-semimodulare.
34
5. Reticoli semimodulari e teorema di Jordan-H older
Osservazione 5.12. R sia nito ed x Max R
(1)
. Sia a R ed a x.
Allora a x = 1
R
.
Dimostrazione. Infatti x a x, quindi a x = 1
R
implicherebbe
x = a x. Ma da ci` o seguirebbe a x, in contraddizione allipotesi.
Proposizione 5.13. R sia nito. Allora sono equivalenti:
(1) R ` e i-semimodulare.
(2) Per ogni x Max R
(1)
ed ogni b R vale limplicazione
b x = x b b.
Dimostrazione.
(1)=(2) Per loss. 5.12 abbiamo b x = 1
R
e xb x. Dalla def. 5.10
segue b x b.
(2)=(1) Siano a, b R con a a b. Allora a = 1
R
e b a. Perci` o
esiste x Max R
(1)
tale che a x, ma b x. Per ipotesi x b b.
Daltra parte a (a b) x a b, mentre (a b) x = a b
perch e altrimenti b x. Siccome per ipotesi a a b, ci` o implica
(ab)x = a. Perci` o ab = (ab)xb = xb, cosicch e abb.
Teorema 5.14 (Teorema di Jordan-H older). R sia nito ed
i-semimodulare. Allora R ` e gerarchicamente completo.
Dimostrazione. Per loss. 4.20 dobbiamo dimostrare che per ogni
a, b R tutte le catene massimali in [a, b] hanno la stesa lunghezza.
`
E
sufciente dimostrare per induzione su n il seguente enunciato E
n
per
ogni n N:
E
n
: Se a, b R e se [a, b] contiene una catena massimale di lunghezza
n, allora tutte le catene massimali di [a, b] hanno la stessa lunghezza
n.
n = 0 : Chiaro.
n = 1 : [a, b] contiene una catena massimale di lunghezza 1 se e solo se
a b, e in questo caso lenunciato ` e evidente.
n n + 1 : Siano a, b R e
a x
1
x
n2
u b
a y
1
y
n2
v b
due catene massimali di [a, b]. Allora u v = b, cosicch e u, v u v, e la
i-semimodularit` a di R implica u v u e u v v.
b
v u
u v
a
35
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Consideriamo adesso una qualsiasi catena C massimale di [a, u b]
(una tale catena esiste sicuramente); sia s la sua lunghezza.
Aggiungendo u a C otteniamo una catena massimale in [a, u], e sic-
come anche a x
1
u ` e una catena massimale di [a, u], lipotesi di
induzione implica s = n 1. Ma ci` o signica che aggiungendo v a C
troviamo una catena massimale di [a, v] di lunghezza m, e lipotesi di
induzione implica n = m.
Corollario 5.15. R sia nito e modulare. Allora R ` e gerarchicamente
completo.
Teorema 5.16. R sia nito. Allora sono equivalenti:
(1) R ` e modulare.
(2) R ` e i-semimodulare ed s-semimodulare.
Dimostrazione. Aigner, pag. 88, Gr atzer, pagg. 227-228.
36
6. Transizioni associate a un insieme parzialmente ordinato
Situazione 6.1. P sia un insieme parzialmente ordinato nito.
Le derivate superiori P
(h)
sono state introdotte nella def.4.2. Ricordia-
mo che, per a P, V (a) ` e linsieme dei superiori diretti di a ed N(a) ` e
linsieme degli inferiori diretti di a.
Gli elementi di N
P
= {x : P N} sono detti stati di P. Gli elementi
di P sono detti posizioni.
Per x N
P
ed a P scriveremo spesso x
a
invece di x(a).
Per i N sia
(x = i) := {a P | x
a
= i}
e similmente poniamo
(x > 0) := {a P | x
a
> 0}
Una posizione a si dice attivata in x se a (x > 0), disattivata altri-
menti. Come duso per i, j N poniamo i j := max(i, j).
Denizione 6.2. Per i N sia
[i] :=

1 se i > 0
0 se i = 0
Per x N
P
sia [x] :=
aP
[x
a
] {0, 1}
P
.
Osservazione 6.3. Siano i, j N. Allora:
(1) [[i]] = [i].
(2) [i][i] = [i].
(3) [ij] = [i][j].
(4) [i + j] = [i j] = [i] [j] = [i] + [j] [ij].
(5) [i + [j]] = [i + j].
(6) [ij j] = [j].
(7) [i] [i + j] = ([i] 1)[j].
Dimostrazione. Solo i punti (6) e (7) non sono evidenti.
(6) Sia j > 0. Allora ij j j > 0.
Sia j = 0. Allora ij j = 0.
(7) [i] [i + j] = [i] ([i] + [j] [ij]) = [j] + [i][j] = ([i] 1)[j]
Denizione 6.4. Per x N
P
sia P[x] linsieme degli elementi non
massimali di P i cui superiori diretti sono attivati in x, quindi
P[x] := {a P \ Max P | V (a) (x > 0)}
Denizione 6.5. Sia alt(P) = 1.
`
E chiaro che allora P ` e gerarchica-
mente completo; inoltre P = Max P

P
(1)
= Max P
(0)

Max P
(1)
.
37
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
Deniamo unapplicazione t : N
P
N
P
nel modo seguente:
(1) Sia a Max P
(1)
= P
(1)
. Allora
t(x)
a
:=

x
a
+ 1 se a P[x]
x
a
se a / P[x]
(2) Sia a Max P
(0)
= Max P. Allora
t(x)
a
:=

x
a
1 se N(a) P[x] =
x
a
altrimenti
Si noti che N(a) P[x] = implica che x
a
= 0, perci` o t(x)
a
` e sempre
0.
Per a P ed x N
P
sia
a
x := t(x)
a
x
a
.
`
E chiaro che
a
x {1, 0, 1}.
Osserviamo inoltre che

a
x =

min{[x
b
] | b V (a)} per a Max P
(1)
max{
b
x | b N(a)} per a Max P
Otteniamo cos` unapplicazione
: N
P
{1, 0, 1}
P
x x :=
a

a
x
Esempio 6.6. Calcoliamo per alcuni insiemi parzialmente ordinati
di altezza 1 dati tramite i loro diagrammi di Hasse
(1)
2
1

2
x = [x
1
]

1
x = [x
1
]
(2) 1
3
2

3
x = [x
1
x
2
]

1
x =
2
x = [x
1
x
2
]
(3) 1
3 2

2
x =
3
x = [x
1
]

1
x = [x
1
]
(4) 1 2
3 4

3
x =
4
x = [x
1
x
2
]

1
x =
2
x = [x
1
x
2
]
(5)
1 2
3 4

3
x = [x
1
x
2
]

4
x = [x
2
]

1
x = [x
1
x
2
]

2
x = [x
1
x
2
x
2
] = [x
2
]
38
6. Transizioni associate a un insieme parzialmente ordinato
(6) 1 2 3
4 5

4
x = [x
1
x
2
]

5
x = [x
2
x
3
]

1
x =
4
x = [x
1
x
2
]

2
x =
4
x
5
x = [x
1
x
2
x
2
x
3
] = [x
2
][x
1
x
3
]

3
x =
5
x = [x
2
x
3
]
(7)
3 4 5
1 2

3
x = [x
1
]

4
x = [x
1
x
2
]

5
x = [x
2
]

1
x =
3
x
4
x = [x
1
x
1
x
2
] = [x
1
]

2
x =
4
x
5
x = [x
1
x
2
x
2
] = [x
2
]
(8) 1 2 3 4
5 6 7 8

5
x = [x
1
]

6
x = [x
1
x
2
x
3
]

7
x = [x
2
x
4
]

8
x = [x
4
]

1
x =
5
x
6
x = [x
1
x
1
x
2
x
3
] = [x
1
]

2
x =
6
x
7
x = [x
1
x
2
x
3
x
2
x
4
] = [x
2
][x
1
x
3
x
4
]

3
x =
6
x = [x
1
x
2
x
3
]

4
x =
7
x
8
x = [x
2
x
4
x
4
] = [x
4
]
Denizione 6.7. Deniamo lapplicazione t : N
P
N
P
nel caso che
P sia gerarchicamente completo, ma di altezza arbitraria.
Per h = 0 t sia lidentit` a.
Sia h 1. Allora P = Max P
(0)

. . .

Max P
(h)
. Per ogni k = 1, . . . , h
deniamo t
k
: N
P
N
P
nel modo seguente:
(1) Sia a Max P
(k)
. Allora
t
k
(x)
a
:=

x
a
+ 1 se a P[x]
x
a
se a / P[x]
(2) Sia a Max P
(k1)
. Allora
39
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
t
k
(x)
a
:=

x
a
1 se N(a) P[x] =
x
a
altrimenti
(3) Sia a P \ (Max P
(k1)
Max P
(k)
). Allora t
k
(x)
a
:= x
a
.
Componendo queste applicazioni otteniamo unapplicazione
t : N
P
N
P
che agisce nel modo seguente:
N
P
t1
N
P
t2
N
P
. . . N
P
th
N
P
Abbiamo quindi t := t
h
t
1
.
Per a P ed x N
P
poniamo
a
x := t(x)
a
x
a
.
Osservazione 6.8. Nella def. 6.7 sia P
k
:= Max P
(k1)
Max P
(k)
.
Siccome P ` e gerarchicamente completo, per a Max P
(k1)
vale
N(a) Max P
(k)
, e siccome Max P
k
= Max P
(k1)
e Max P
(1)
k
= Max P
(k)
,
vediamo che lapplicazione t
k
nella def. 6.7 coincide su P
k
con lanaloga
applicazione della def. 6.5.
Esempio 6.9. Calcoliamo t nella seguente situazione:
1 0
3 0
2 1
1 2
a b
c d
e f
g h
P
x x

x
a 1 1 1 = 0 0 0 1
b 0 0 0 0 0
c 3 3 + 1 = 4 4 4 1
d 0 0 0 0 0
e 2 2 2 2 1 = 1 1
f 1 1 1 1 1 = 0 1
g 1 1 1 1 + 1 = 2 1
h 2 2 2 2 + 1 = 3 1
Per ogni posizione p P il valore allinterno del cerchietto ` e x
p
. Nella
tabella x

si riferisce a t
1
(x), x

a t
2
(x), x

a t
3
(x).
Lemma 6.10. P sia gerarchicamente completo ed x N
P
. Allora

a
x {1, 0, 1} per ogni a P.
Dimostrazione. Per il cor. 4.22 abbiamo V (a) Max P
(k1)
per
a Max P
(k)
. Ci` o implica che per ogni a P il valore di x
a
pu` o essere
aumentato (di 1) al massimo una volta e diminuito (di 1) al massimo
una volta, come nella seguente tabella:
aumenti diminuzioni
a
x
0 0 0
0 1 1
1 0 1
1 1 0
Nota 6.11. Estendiamo adesso la costruzione al caso che P non sia
gerarchicamente completo. In questo caso possiamo passare al com-
pletamento gerarchico

P di P ed estendere uno stato x di P ad uno
40
6. Transizioni associate a un insieme parzialmente ordinato
stato x di

P con x
u
:= 0 per ogni u

P \ P, calcolare la corrispondente
applicazione

t : N

P
N

P
e usare la restrizione di

t ad N
P
:
3 4
1
2
a b
c
d
u
x x

x
a 3 2 2 1
b 4 3 3 1
c 1 2 1 0
u 0 1 0 0
d 2 2 3 1
Osservazione 6.12. Le formule della prop. 6.3 ci permettono di cal-
colare le espressioni astratte per le transizioni di un insieme parzial-
mente ordinato nito.
Esempio 6.13.
a
b
c
d
x x

a x
a
x
a
[x
a
]
b x
b
x
b
+ [x
a
] x

b
[x

b
]
c x
c
x
c
+ [x

b
] x

c
[x

c
]
d x
d
x
d
+ [x

c
]
Abbiamo quindi

a
x = [x
a
]

b
x = x

b
[x

b
] x
b
= x
b
+ [x
a
] [x
b
+ x
a
] x
b
= [x
a
] [x
b
+ x
a
] =
= ([x
a
] 1)[x
b
]

c
x = x

c
[x

c
] x
c
= x
c
+ [x

b
] [x
c
+ x

b
] x
c
=
= [x
b
+ x
a
] [x
c
+ x
b
+ x
a
] = ([x
a
+ x
b
] 1)[x
c
]

d
x = [x

c
] = [x
c
+ x

b
] = [x
a
+ x
b
+ x
c
]
Similmente in una catena a
0
a
1
a
h
di altezza h 1 avremo:

a0
x = [x
a0
]

a1
x = ([x
a0
] 1)[x
a1
]
. . .

ai
x = ([x
a0
+ + x
ai1
] 1)[x
ai
]
. . .

ah1
x = ([x
a0
+ + x
ah2
] 1)[x
ah1
]

ah
x = [x
a0
+ + x
ah1
]
Ci` o corrisponde alla semplice legge di transizione illustrata dalla se-
guente tabella:
41
I. TRANSIZIONI IN UN INSIEME PARZIALMENTE ORDINATO
x x
a
0
0 0
a
1
0 0
. . .
a
i1
0 0
a
i
1 1
a
i+1
0
. . .
a
h1
0
a
h
1
Esempio 6.14.
a
b c
d e
f
x x

a x
a
x
a
[x
a
]
b x
b
x
b
+ [x
a
] x

b
[x

b
x

c
]
c x
c
x
c
+ [x
a
] x

c
[x

c
]
d x
d
x
d
+ [x

b
x

c
] x

d
[x

d
x

e
]
e x
e
x
e
+ [x

c
] x

e
[x

d
x

e
]
f x
f
x
f
+ [x

d
x

e
]
Abbiamo perci` o

a
x = [x
a
]

b
x = x

b
[x

b
x

c
] x
b
= x
b
+ [x
a
] [(x
b
+ x
a
)(x
c
+ x
a
)] x
b
=
= [x
a
] [x
b
x
c
+ x
b
x
a
+ x
a
x
c
+ x
a
] =
= [x
a
] [x
a
+ x
b
x
c
] = ([x
a
] 1)[x
b
x
c
]

c
x = x

c
[x

c
] x
c
= x
c
+ [x
a
] [x
c
+ x
a
] x
c
= [x
a
] [x
c
+ x
a
] =
= ([x
a
] 1)[x
c
]
Inoltre
[x

d
x

e
] = [x
d
+ x

b
x

c
][x
e
+ x

c
] = [x
d
x
e
+ x
d
x

c
+ x

b
x

c
x
e
+ x

b
x

c
] =
= [x
d
x
e
+ x
d
x

c
+ x

b
x

c
] =
= [x
d
x
e
+ x
d
(x
c
+ x
a
) + (x
b
+ x
a
)(x
c
+ x
a
)] =
= [x
d
x
e
+ x
d
x
a
+ x
d
x
c
+ x
b
x
c
+ x
a
] =
= [x
d
x
e
+ x
d
x
c
+ x
b
x
c
+ x
a
] =
per cui

d
x = x

d
[x

d
x

e
] x
d
= x
d
+ [x

b
x

c
] [x

d
x

e
] x
d
= [x

b
x

c
] [x

d
x

e
] =
= [x
a
+ x
b
x
c
] [x
a
+ x
b
x
c
+ x
c
x
d
+ x
d
x
e
]

e
x = x

e
[x

d
x

e
] x
e
= x
e
+ [x

c
] [x

d
x

e
] x
e
= [x

c
] [x

d
x

e
] =
= [x
c
+ x
a
] [x
a
+ x
b
x
c
+ x
c
x
d
+ x
d
x
e
]

f
x = [x

d
x

e
] = [x
a
+ x
b
x
c
+ x
c
x
d
+ x
d
x
e
]
42
II. RETI DI PETRI
7. Reti di Petri
Situazione 7.1. P sia un insieme nito.
Osservazione 7.2. N
P
:= {f : P N} ed (NN)
P
diventano monoi-
di parzialmente ordinati commutativi e cancellativi, se per x, y N
P
rispettivamente x, y (N N)
P
deniamo
x + y :=
a
x
a
+ y
a
x y : x
a
y
a
per ogni a P
Se x y, allora anche y x :=
a
y
a
x
a
appartiene a N
P
.
Osservazione 7.3. Gli elementi di N
P
verranno anche scritti nella
forma x =

aP
x
a
a, gli elementi di (NN)
P
nella forma z =

aP
(x
a
, y
a
)a.
Identicheremo inoltre spesso N
P
N
P
con (N N)
P
tramite la bi-
iezione naturale (

aP
x
a
a,

aP
y
a
a)

aP
(x
a
, y
a
)a.
In una situazione concreta potremo anche tralasciare i termini con
coefcienti uguali a zero, scrivendo ad esempio x = 3a + 5b + e + g, se
per P = {a, b, c, d, e, f, g} lapplicazione x ` e data dalla tabella
a x
a
= 3
b x
b
= 5
c x
c
= 0
d x
d
= 0
e x
e
= 1
f x
f
= 0
g x
g
= 1
Osservazione 7.4. Possiamo considerare P in modo naturale come
sottoinsieme di N
P
identicando ogni a P con la funzione

1 se b = a
0 altrimenti
in accordo con loss. 7.3. Se : N
P
H ` e unapplicazione, ` e perci` o
denita la restrizione
|P
: P H.
Proposizione 7.5. H sia un monoide commutativo e
0
: P H
unapplicazione qualsiasi. Allora esiste un unico omomorsmo di mo-
noidi : N
P
H tale che
|P
=
0
. Per questa ragione N
P
si chiama
anche il monoide commutativo libero su P (nella nostra ipotesi che P
sia nito).
43
II. RETI DI PETRI
Dimostrazione.
`
E sufciente denire (x) :=

aP
x
a

0
(a).
Denizione 7.6. Una rete di posizioni e transizioni (rete P/T) su P ` e
una tripla (P, T, ), dove:
(1) T ` e un insieme nito;
(2) P T = ;
(3) : T (N N)
P
` e unapplicazione.
Gli elementi di P si chiamano posizioni della rete; gli elementi di N
P
stati; gli elementi di T transizioni. Scriveremo allora = (

,
+
),
ottenendo cos` due applicazioni

,
+
: T N
P
.
Sottintendendo useremo spesso labbreviazione (t) = (t

, t
+
). Quin-
di t

, t
+
N
P
per ogni t T.
Per a P scriveremo (t)
a
:= (t

a
, t
+
a
).
Se abbiamo pi ` u elementi t
1
, . . . , t
k
T, useremo invece la notazione
(t

i
)
a
rispettivamente (t
+
i
)
a
.
Una rete P/T (P, T, ) si dice iniettiva, se lapplicazione ` e iniettiva.
Denizione 7.7. Una rete di Petri su P ` e una coppia (P, T) in cui:
(1) T ` e un insieme nito;
(2) T (N N)
P
.
Nellidenticazione (N N)
P
N
P
N
P
ogni t T corrisponde
univocamente ad una coppia (t

, t
+
) N
P
N
P
.
Una rete di Petri ` e essenzialmente la stessa cosa come una rete P/T
iniettiva (P, T, ) dopo sostituzione di T con (T), Useremo quindi li-
beramente i concetti che saranno introdotti per reti P/T anche per le
reti di Petri.
Nota 7.8. Una rete di Petri (o una rete P/T iniettiva) pu` o essere iden-
ticata con un grafo orientato con N
P
come insieme di vertici e solo un
numero nito di spigoli. In una possibile applicazione nel campo della
biochimica ci` o corrisponde molto bene al concetto di un insieme nito
di reazioni chimiche.
Consideriamo ad esempio le reazioni
2a + b d + 3f
2b + 4c + e 2f + g + e
3g + 2h f + i
Esse corrispondono al grafo orientato
2a + b
d + 3f
2b + 4c + e
2f + g + e
3g + 2h
f + i
44
7. Reti di Petri
Questa rappresentazione ` e molto importante per la teoria, ma poco
intuitiva perch e non esprime il ruolo delle posizioni. Perci` o lo stesso
sistema viene spesso anche rappresentato come un grafo orientato con
spigoli pesati e un insieme di vertici P T:
a b c
e
d f
g
i h
t s
r
2 2 4
3 2
3
2
dove sono le posizioni (i tipi di molecole) e sono le transizioni (le
reazioni chimiche). I numeri (pesi) sulle frecce orientate rappresenta-
no la quantit` a di molecole che interviene nelle reazioni. Il peso 1 pu` o,
facoltativamente, essere tralasciato.
Questa rappresentazione pi ` u intuitiva esprime la semantica della
rete, mentre la prima ` e pi ` u adatta alle costruzioni astratte.
Possiamo rappresentare una reazione utilizzando anche delle sem-
plici tabelle in cui per ogni posizione si indica il numero di molecole
che entrano nella reazione e il numero di molecole che escono:
t =
a b c d e f g h i
2 1 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 1 0 3 0 0 0
s =
a b c d e f g h i
0 2 4 0 1 0 0 0 0
0 0 0 0 1 2 1 0 0
r =
a b c d e f g h i
0 0 0 0 0 0 3 2 0
0 0 0 0 0 1 0 0 1
Denizione 7.9. (P, T, ) sia una rete P/T. Deniamo unazione
N
P
T N
P
(x, t) x(t)
di T su N
P
nel modo seguente:
x(t) :=

x t

+ t
+
se t

x
x altrimenti
Quando t

x, nella letteratura ingegneristica si dice che la transi-


zione t pu` o essere eseguita nello stato x.
Per a P sia x
a
(t) := (x(t))
a
.
45
II. RETI DI PETRI
Lazione pu` o essere estesa ad unazione N
P
T

N
P
, dove
T

n=0
T
n
` e il monoide libero generato da T, ponendo
x(t
1
. . . t
k
) := x(t
1
) . . . (t
k
)
x() := x
dove ` e lelemento neutro di T

.
Esempio 7.10. Consideriamo la rete di Petri rappresentata dal grafo
a b
e
c d
f
g
t
s
2
3
2 2
in cui i punti inseriti nelle posizioni indicano uno stato x con
x
a
= 3, x
b
= 2, x
c
= 0, x
d
= 1, x
e
= 2, x
f
= 4, x
g
= 0.
Abbiamo
t

= 2a + b + e
t
+
= c + d + e
s

= e + 3f
s
+
= 2d + 2g
`
E evidente che t

x come vediamo dalla tabella seguente:


x t

t
+
x(t) = x t

+ t
+
s

s
+
x(ts) = x(t)(s)
a 3 2 0 1 0 0 1
b 2 1 0 1 0 0 1
c 0 0 1 1 0 0 1
d 1 0 1 2 0 2 4
e 2 1 1 2 1 0 1
f 4 0 0 4 3 0 1
g 0 0 0 0 0 2 2
Abbiamo prima eseguito t nello stato x e poi s nello stato x(t).
Denizione 7.11. (P, T, ) sia una rete P/T. Nello studio delleseguibi-
lit` a simultanea di transizioni si estende lazione introdotta nella def.
7.9 ad unazione
N
P
N
T
N
P
(x, ) x()
nel modo seguente (Padberg e.a., pag. 64):
Sia =

tT

t
t N
T
. Per x N
P
poniamo allora
x() :=

tT

t
t

tT

t
t
+
se

tT

t
t

x
x altrimenti
46
7. Reti di Petri
Di nuovo possiamo estendere tale azione, come nella def. 7.9, ad unazione
N
P
(N
T
)

N
P
. Ogni elemento di N
T
si chiama una multitran-
sizione. Nel seguito scriveremo

:=

tT

t
t

e
+
:=

tT

t
t
+
. Si noti
che

,
+
N
P
.
Esempio 7.12. Consideriamo ancora la rete P/T dellesempio 7.10 con
lo stesso stato di partenza x. Sia = t + s. Allora possiamo calcolare
x(t + s) nel modo seguente:
x t

t
+
s
+

= t

+ s

+
= t
+
+ s
+
x() = x(t + s)
a 3 2 0 0 0 2 0 1
b 2 1 0 0 0 1 0 1
c 0 0 0 1 0 0 1 1
d 1 0 0 1 2 0 3 4
e 2 1 1 1 0 2 1 1
f 4 0 3 0 0 3 0 1
g 0 0 0 0 2 0 2 2
Notiamo che x(t + s) = x(ts), in accordo con la prop. 7.13.
Proposizione 7.13. (P, T, ) sia una rete P/T e =

tT

t
t N
T
. Sia
(t
1
, . . . , t
k
) una successione nita di elementi di T in cui ogni t T
appare esattamente
t
volte. Sia x N
P
tale che

x. Allora
x(t
1
. . . t
k
) = x()
Si vede in particolare che, nellipotesi

x, x(t
1
. . . t
k
) ` e indipendente
dallordine in cui le transizioni t
1
, . . . , t
k
vengono utilizzate.
Dimostrazione. Induzione su k.
k = 1 : Chiaro.
k 1 k : Sia := t
1
+ +t
k1
. Allora

k
e
+
=
+
t
+
k
.
Inoltre x(t
1
. . . t
k
) = x(t
1
. . . t
k1
)(t
k
). Per ipotesi

x, per cui
x() = x

+
+
= x (

+ t

k
) + (
+
+ t
+
k
) =
= x

+
+
t

k
+ t
+
k
= x() t

k
+ t
+
k
Daltra parte

x, quindi
x() = x

+
+
= x

+
+
=
= x


0
+t

k
+
+

0
t

k
cosicch e
x()(t
k
) = x() t

k
+ t
+
k
.
La disuguaglianza

x per ipotesi di induzione implica anche


x() = x(t
1
. . . t
k1
), perci` o
x(t
1
. . . t
k
) = x(t
1
. . . t
k1
)(t
k
) = x()(t
k
) = x() t

k
+ t
+
k
= x().
Denizione 7.14. (P, T, ) sia una rete P/T. Per x N
P
deniamo
47
II. RETI DI PETRI
E(x) := { N
T
|

x}.
Gli elementi di E(x) sono detti multitransizioni eseguibili nello stato x;
gli elementi di E(x) T sono le transizioni eseguibili nello stato x.
Osservazione 7.15. Quando la condizione

x non ` e soddisfatta
nella prop. 7.11, non si pu` o concludere che x(t
1
. . . t
k
) = x(), come si
vede da alcuni semplici esempi:
(1)
a b c
t s
Possiamo compilare la tabella
x t

t
+
s

s
+
x(t) x(ts) (t + s)

(t + s)
+
x(t + s) = x
a 1 1 0 0 0 0 0 1 0 1
b 0 0 1 1 0 1 0 1 1 0
c 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0
dalla quale vediamo che x = x(s) = x(t + s) = x(ts). Infatti in questo
caso non ` e soddisfatta la condizione (t + s)

x.
(2)
a t
In questo caso x(t
n
) = x(nt) = x per ogni n N, come si vede dalla
seguente tabella, nonostante che per n 2 si abbia nt / E(x).
x t

t
+
x(t)

+
x() = x
a 1 1 1 1 n n 1
(3)
a t
2
x t

t
+
x(t) x(t
2
) 2t

x(2t) = x
a 1 1 2 2 3 2 1
Dalla tabella si vede che x(t
n
) = n+1 per ogni n N, mentre x(nt) = x
per n = 1.
Denizione 7.16. T sia un insieme nito e := t
1
. . . t
k
T

. Per ogni
t T sia
t
il numero delle volte che t appare in . Allora
:=

tT

t
t si chiama il vettore di Parikh di T. In questo modo ottenia-
mo unapplicazione : T

N
T
detta mappa di Parikh (per T).
`
E chiaro che () = () + () per ogni , T

e () = 0;
lapplicazione ` e quindi un omomorsmo di monoidi.
48
8. Categorie
Situazione 8.1. C sia una categoria (def. 8.2), dove non indicato diver-
samente.
Denizione 8.2. Una categoria C consiste dei seguenti dati:
(1) Una classe Ob C, i cui elementi sono detti oggetti della categoria.
Nel seguito scriveremo, come duso, brevemente X C invece di
X Ob C.
(2) Per ogni coppia X, Y C ` e dato un insieme Hom
C
(X, Y ).
Gli elementi di Hom
C
(X, Y ) sono detti omomorsmi (spesso an-
che semplicemente morsmi) da X in Y nella categoria C oppure
C-omomorsmi da X in Y .
Sottintendendo C, gli elementi di Hom
C
(X, Y ) vengono indicati
da frecce come in X
f
Y oppure f : X Y .
(3) Per X, Y, X

, Y

C con (X, Y ) = (X

, Y

) si ha che
Hom
C
(X, Y ) Hom
C
(X

, Y

) = .
(4) Per ogni X, Y, Z C ` e data unapplicazione
Hom
C
(X, Y ) Hom
C
(Y, Z) Hom
C
(X, Z)
(f, g) gf
detta composizione di omomorsmi.
(5) Per ogni X C ` e distinto un omomorsmo id
X
Hom
C
(X, X),
detto identit ` a di X. Quando dobbiamo indicare anche C, scri-
veremo id
C
X
invece di id
X
.
(6) Se X
f
Y, Y
g
Z, Z
H
U sono omomorsmi in C, allora
(hg)f = h(gf).
(7) Se X
f
Y ` e un omomorsmo in C, allora f id
X
= f = id
X
f.
Esempio 8.3. Tra i moltissimi esempi di categorie elencheremo so-
lo alcune delle pi ` u importanti. Esse sono tutte categorie concrete nel
senso della def. 8.12.
C Ob C omomorsmi
Insiemi insiemi applicazioni
Pord insiemi parzialmente ordinati applicazioni monotone
Top spazi topologici applicazioni continue
Haus spazi topologici T
2
applicazioni continue
Unif spazi uniformi applicazioni uniformi
Semigruppi semigruppi omomorsmi di semigruppi
Monoidi monoidi omomorsmi di monoidi
Gruppi gruppi omomorsmi di gruppi
Ab gruppi abeliani omomorsmi di gruppi
A-Mod moduli su un anello A omomorsmi di A-moduli
Reticoli reticoli omomorsmi di reticoli
Ancom anelli commutativi omomorsmi di anelli
Mis spazi misurabili applicazioni misurabili
Di variet ` a differenziabili applicazioni differenziabili
49
II. RETI DI PETRI
Esempio 8.4. P sia un insieme parzialmente ordinato. Otteniamo una
categoria C nel modo seguente:
(1) Ob C := P.
(2) Hom
C
(a, b) :=

{(a, b)} se a b
altrimenti
f Hom
C
(a, b), g Hom
C
(b, c) signica quindi a b e b c, e inoltre
f = (a, b) e g = (b, c), cosicch e possiamo denire gf := (a, c). La transi-
tivit` a di implica che questa composizione ` e ben denita, mentre per
la riessivit` a di vediamo che id
C
a
:= (a, a).
Esempio 8.5. (X, S, ) sia una graduazione. Otteniamo una categoria
C nel modo seguente:
(1) Ob C := X.
(2) Hom
C
(x, y) := {(x, y, s) | s S con (x, y) s}
Per (x, y) s ed (y, z) t deniamo la composizione
(y, z, t)(x, y, s) := (x, z, st).
Per x X si ha id
C
x
:= (x, x, 1
S
).
Denizione 8.6. Una categoria C si dice piccola, se Ob C ` e un insieme.
Le categorie degli esempi 8.4 e 8.5 sono piccole e non concrete.
Esempio 8.7. La categoria delle relazioni. Deniamo una categoria
Rel nel modo seguente:
(1) Ob Rel := Ob Insiemi .
(2) Hom
Rel
(X, Y ) := {(X, Y, R) | R X Y }.
(3) Per R X Y , S Y Z deniamo la composizione
(Y, Z, S)(X, Y, R) := (X, Z, T), con T = {(x, z) | x X, z Z}.
Denizione 8.8. Siano X, Y C e f Hom
C
(X, Y ).
(1) f si dice un monomorsmo, se per ogni W C ed ogni coppia di
omomorsmi g, h Hom
C
(W, X) luguaglianza fg = fh implica
g = h.
(2) f si dice un epimorsmo, se per ogni Z C ed ogni coppia di
omomorsmi g, h Hom
C
(Y, Z) luguaglianza gf = hf implica
g = h.
Proposizione 8.9. Nella categoria Insiemi gli epimorsmi sono esat-
tamente le applicazioni suriettive, i monomorsmi esattamente le ap-
plicazioni iniettive.
Dimostrazione. Corso di Algoritmi e strutture di dati, oppure
Pumpl un, pagg. 35-36.
Osservazione 8.10. G sia un gruppo ed x G. Allora lapplicazione

n
x
n
: Z G ` e un omomorsmo di gruppi.
Proposizione 8.11. Nella categoria Gruppi gli epimorsmi sono esat-
tamente gli omomorsmi suriettivi, i monomorsmi sono esattamente
50
8. Categorie
gli omomorsmi iniettivi.
Dimostrazione. Sia f : G H un omomorsmo di gruppi.
(1) f sia iniettivo e g, h : K G due omomorsmi tali che
f g = f h. Per ogni a K allora f(g(a)) = f(h(a)), e quindi
g(a) = h(a) per liniettivit` a di f. Ci` o implica g = h.
(2) f sia suriettivo e g, h : H L due omomorsmi tali che
g f = h f. Sia y H. Per la suriettivit` a di f esiste x G tale
che y = f(x). Quindi g(y) = g(f(x)) = h(f(x)) = h(y) e vediamo
che g = h.
(3) f sia un monomorsmo ed x, y G con f(x) = f(y). Per loss.
8.10 le applicazioni g :=
n
x
n
e h :=
n
y
n
sono omomorsmi.
Per ogni n Z abbiamo allora
f(g(n)) = f(x
n
) = (f(x))
n
= (f(y))
n
= f(y
n
) = f(h(n)),
per cui fg = fh.
Per ipotesi f ` e un monomorsmo, cosicch e necessariamente
g = h. In particolare allora x = g(1) = h(1) = y.
(4)
`
E invece un po meno immediato che un epimorsmo in Gruppi
` e suriettivo. La dimostrazione si trova in Pumpl un, pagg. 56-57.
Denizione 8.12. La categoria C si dice concreta se ` e una categoria di
insiemi e applicazioni nel senso seguente:
(1) Per ogni X Ob C ` e denito in modo unico un insieme

X.
(2) Hom
C
(X, Y )

Y

X
(3) La composizione di omomorsmi in Hom
C
(X, Y ) coincide con la
composizione in

Y

X
, cio` e con la composizione di applicazioni.
(4) id
C
X
= id
Insiemi

X
.
Questa denizione si trova ad esempio in Semadeni/Wigner, pag. 47, e
in Kilp/Knauer/Mikhalev, pag. 80.
Proposizione 8.13. In una categoria concreta ogni omomorsmo iniet-
tivo ` e un monomorsmo, ogni omomorsmo suriettivo ` e un epimor-
smo.
Dimostrazione. Rimangono valide le considerazioni nei punti (1) e
(2) della dimostrazione della prop. 8.11.
Lemma 8.14. Y sia uno spazio di Hausdorff e A Y un sottoinsieme
chiuso di Y . Nellunione disgiunta (Y {1})

(Y {2}) deniamo una
relazione dequivalenza ponendo
(a, 1) (a, 2) per a A
(y, i) (z, j) in tutti gli altri casi
Denotiamo con Y
A
lo spazio quoziente che cos` si ottiene e con

A
: (Y {1})

(Y {2}) Y
A
la proiezione canonica.
Y {2}
Y {1}

A{2}

A{1}

A
Y
A
51
II. RETI DI PETRI
Allora Y
A
` e uno spazio di Hausdorff.
Dimostrazione. Facile verica.
Proposizione 8.15. X e Y siano spazi di Hausdorff ed f : X Y
unapplicazione continua. Allora f ` e un epimorsmo in Haus se e solo
se f(X) ` e denso in Y .
Dimostrazione.
(1) f(X) sia denso in Y e g, h : Y Z applicazioni continue con
Z Haus tali che g f = h f.
Assumiamo che g = h. Allora esiste y Y tale che g(y) = h(y).
Poich e Z ` e uno spazio di Hausdorff, esistono in Z due intorni
aperti U U
g(y)
e V U
h(y)
tali che U V = . Per la continuit` a
di g ed h esiste per` o un intorno W U(y) tale che g(W) U,
h(W) V . Poich e Y = f(X), esiste per` o x X tale che
f(x) =: y W. Allora per ipotesi
g(y) = g(f(x)) = h(f(x)) = h(y), ma ci` o ` e impossibile, perch e
g(y) U, h(y) V e U V = .
(2) f sia un epimorsmo, ma f(X) non denso in Y , cio` e f(X) = Y .
Con A := f(X) deniamo Y
A
come nel lemma 8.14 e le applica-
zioni g, h : Y Y
A
ponendo g(y) :=
A
(y, 1) e h(y) :=
A
(y, 2).
g e h possono essere ottenute mediante il diagramma commuta-
tivo
Y
(Y {1})

(Y {2}) Y
A
Y
A
i
1

A

A
g h
in cui i
1
(y) := (y, 1) e i
2
(y) := (y, 2). Siccome le i
k
sono evidente-
mente continue, e
A
` e continua per denizione, anche g e h sono
continue. Per come abbiamo denito Y
A
abbiamo g(y) = h(y) per
ogni y A = f(X), e ci` o implica g f = h f.
Per y Y \ Y
A
invece g(y) = h(y), cosicch e f non pu` o essere un
epimorsmo.
Questa dimostrazione si trova in Burgess.
Osservazione 8.16. Sorprendentemente lanalogo della prop. 8.15 non
` e pi ` u vero nella categoria dei gruppi topologici di Hausdorff. Ci` o ` e stato
dimostrato solo nel 1993 da Uspenskii.
Corollario 8.17. X sia uno spazio di Hausdorff ed A un sottoinsieme
denso di X. Allora linclusione i : A X ` e allo stesso tempo un
monomorsmo e un epimorsmo.
Esempio 8.18. Linclusione (N, +)
i
(Z, +) ` e un epimorsmo di mo-
noidi (e anche un monomorsmo in virt ` u della prop. 8.13).
Dimostrazione. S sia un monoide e g, h : (Z, +) S due omomor-
52
8. Categorie
smi di monoidi tali che g(n) = h(n) per ogni n N. Dobbiamo dimo-
strare che g = h, cio` e che si ha anche g(n) = h(n) per ogni n N.
Sia quindi n N.
(1) Osserviamo prima che
1
S
= g(0) = h(0) = g(n + (n)) = g(n)g(n)
e similmente 1
S
= h(n)h(n).
(2) Perci` o
g(n) = g(n) 1
S
= g(n)h(n)h(n)
1
= g(n)g(n)h(n) =
= 1
S
h(n) = h(n)
dove in
1
= abbiamo usato che g(n) = h(n).
Proposizione 8.19. Gli epimorsmi nella categoria degli insiemi par-
zialmente ordinati niti sono esattamente le applicazioni monotone su-
riettive.
Dimostrazione.
(1) La condizione ` e sufciente per la prop. 8.9.
(2) Siano X, Y insiemi parzialmente ordinati niti e f : X Y
unapplicazione monotona non suriettiva. Dimostriamo che f
non ` e un epimorsmo. Sia M linsieme degli elementi massimali
di Y \ f(X). Per ipotesi Y \ f(X) = , e quindi anche M = .
Deniamo due applicazioni g, h : Y {0, 1}, dove {0, 1} ` e
linsieme parzialmente ordinato con 0 1, nel modo seguente:
g(y) = 1 se e solo se esiste y
0
M tale che y
0
y;
h(y) = 1 se e solo se y / M ed esiste y
0
M tale che y
0
y.
`
E chiaro che g ed h coincidono su Y \ M e quindi anche su f(X),
per cui g f = h f, mentre per y
0
M si ha g(y
0
) = 1 ed
h(y
0
) = 0, cosicch e g = h.
`
E a questo punto sufciente dimostra-
re che le applicazioni g ed h sono monotone.
Monotonia di g: Siano y, z Y con y z e g(y) = 1. Allora esiste
y
0
M con y
0
y z, per cui anche g(z) = 1.
Monotonia di h: Siano ancora y z ed h(y) = 1. Sia h(z) = 0.
Allora y / M ed esiste y
0
M con y
0
y. Ci` o implica z M,
perch e altrimenti h(z) = 1. Ma allora y
0
y z con y
0
, z M,
cosicch e dalla massimalit` a di y
0
segue y
0
= z e quindi
y = z M, una contraddizione.
Denizione 8.20. Siano X, Y C, f Hom
C
(X, Y ), f

Hom
C
(Y, X).
(1) f

si chiama un inverso a destra di f, se ff

= id
Y
e un inverso
a sinistra di f, se f

f = id
X
.
f

si chiama un inverso di f, se ` e allo stesso tempo un inverso


destro e un inverso sinistro di f.
(2) f si chiama un isomorsmo, se possiede un inverso.
(3) f si dice invertibile a destra (o una retrazione), se possiede un
inverso a destra.
f si dice invertibile a sinistra (o una coretrazione oppure una
sezione), se possiede un inverso a sinistra.
53
II. RETI DI PETRI
Osservazione 8.21. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ).
(1) Se f ` e invertibile a destra, allora f ` e un epimorsmo.
(2) Se f ` e invertibile a sinistra, allora f ` e un monomorsmo.
Dimostrazione.
(1) f sia invertibile a destra e g, h : Y Z tali che gf = hf.
Per ipotesi esiste f

: Y X tale che ff

= id
Y
. Allora
g = g id
Y
= gff

= hff

= hid
Y
= h.
(2) f sia invertibile a sinistra e g, h : W X tali che fg = fh.
Per ipotesi esiste f

: Y X tale che f

f = id
X
. Allora
g = id
X
g = f

fg = f

fh = id
X
h = h.
Osservazione 8.22. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ).
f sia invertibile sia a destra che a sinistra ed f

, f

Hom
C
(Y, X) tali
che f

f = id
X
e ff

= id
Y
. Allora f

= f

.
In particolare vediamo che f ` e un isomorsmo e che linverso di un
isomorsmo, denotato con f
1
, ` e univocamente determinato.
Dimostrazione. f

= f

id
Y
= f

ff

= id
X
f

= f

.
Osservazione 8.23. In una categoria concreta ogni isomorsmo ` e bi-
iettivo.
Denizione 8.24. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ).
f si chiama un bimorsmo se f ` e allo stesso tempo un monomorsmo
ed un epimorsmo.
Osservazione 8.25. Dallosservazione 8.21 segue che ogni isomors-
mo ` e un bimorsmo. Nel cor. 8.17 e nelles. 8.18 abbiamo visto che in
Haus e in Monoidi esistono bimorsmi non suriettivi che quindi, per
loss. 8.23, non sono isomorsmi.
Denizione 8.26. Una categoria si dice bilanciata, se ogni bimorsmo
` e un isomorsmo.
Osservazione 8.27. Un epimorsmo invertibile a sinistra ` e un iso-
morsmo. Un monomorsmo invertibile a destra ` e un isomorsmo.
Dimostrazione. Siano X, Y C, f Hom
C
(X, Y ), f

Hom
C
(Y, X).
(1) f sia un epimorsmo ed f

f = id
X
. Allora
ff

f = f id
X
= f = id
Y
f, e vediamo che lipotesi che f sia un
epimorsmo implica ff

= id
Y
.
(2) Nello stesso modo.
Proposizione 8.28. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ). Allora:
(1) f ` e un monomorsmo se e solo se per ogni W C lapplicazione

g
fg : Hom
C
(W, X)
W
Hom
C
(W, Y ) ` e iniettiva.
(2) f ` e invertibile a destra se e solo se per ogni W C lapplicazione
54
8. Categorie

g
fg : Hom
C
(W, X)
W
Hom
C
(W, Y ) ` e suriettiva.
W X
Y
g
f
fg
(3) f ` e un epimorsmo se e solo se per ogni Z C lapplicazione

g
gf : Hom
C
(Y, Z)
Z
Hom
C
(X, Z) ` e iniettiva.
(4) f ` e invertibile a sinistra se e solo se per ogni Z C lapplicazione

g
gf : Hom
C
(Y, Z)
Z
Hom
C
(X, Z) ` e suriettiva.
Z
X Y
f
g
gf
Dimostrazione.
(1) Questa ` e la denizione di monomorsmo.
(2) f sia invertibile a destra, ad esempio ff

= id
Y
per un
f

Hom
C
(Y, X). Siano W C ed h : W Y . Allora
h = id
Y
h = ff

h =
W
(f

h) con f

h Hom
C
(W, X) in accordo
con il diagramma commutativo
W
X Y
Y
f
id
Y
f

h
h
Se invece
W
` e suriettiva per ogni W C, allora in particolare

Y
: Hom
C
(Y, X) Hom
C
(Y, Y ) ` e suriettiva. Quindi esiste
f

Hom
C
(Y, X) tale che
Y
(f

) = id
Y
. Ci` o signica ff

= id
Y
.
(3) Questa ` e la denizione di epimorsmo.
(4) f sia invertibile a sinistra, ad esempio f

f = id
X
per un
f

Hom : C(Y, X). Siano Z C ed h : X Z.


Allora abbiamo un diagramma commutativo
Z
X Y
X
f
id
X
f

h
h
da cui vediamo che h = hid
X
= hf

f =
Z
(f

f).
Se invece
Z
` e suriettiva per ogni Z C, allora in particolare
55
II. RETI DI PETRI

X
: Hom
C
(Y, X) Hom
C
(X, X) ` e suriettiva. Ci` o implica che
esiste f

Hom
C
(Y, X) tale che id
X
=
Z
(f

) = f

f.
Denizione 8.29. Siano X, Y, Z C, f Hom
C
(X, Y ), g Hom
C
(X, Z).
g si chiama una semplicazione di f se per ogni W C ed ogni coppia
, Hom
C
(W, X) luguaglianza f = f implica g = g.
Osservazione 8.30. Siano X, Y, Z C, f Hom
C
(X, Y ), u Hom
C
(Y, Z).
Allora uf ` e una semplicazione di f.
Dimostrazione. Ci` o ` e immediato. Infatti siano W C e
, Hom
C
(W, X) tali che f = f. Allora uf = uf.
Denizione 8.31. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ).
f si chiama epiregolare (o un epimorsmo regolare, cfr. prop. 8.32),
se per ogni Z C ed ogni semplicazione g Hom
C
(X, Z) di f esi-
ste un unico omomorsmo u Hom
C
(Y, Z) che rende commutativo il
diagramma
Z
X Y
g
f
u
Questo concetto ` e piuttosto importante e si trova ad esempio in Pum-
pl un, pagg. 61-64.
Proposizione 8.32. Siano X, Y C ed f Hom
C
(X, Y ). Allora valgo-
no le seguenti implicazioni:
f invertibile a destra = f epiregolare = f epimorsmo.
Dimostrazione.
(1) f sia invertibile a destra, ad esempio ff

= id
Y
con f

Hom
C
(Y, X).
Allora ff

f = id
Y
f = f = f id
X
. Siano Z C, g Hom
C
(X, Z) e
g una semplicazione di f. Ci` o implica gf

f = g id
X
= g.
Abbiamo quindi un diagramma commutativo
Z
X Y
g
f
gf

Dobbiamo ancora dimostrare lunicit` a . Sia h Hom


C
(Y, Z) tale
che hf = g. Allora gf

= hff

= hid
Y
= h.
(2) f sia epiregolare. Dobbiamo dimostrare che f ` e un epimorsmo.
Ci` o segue dalla condizione di unicit` a nella def. 8.31.
Siano infatti Z C e u, v : Y Z tali che uf = vf =: g. Per
loss. 8.30 g ` e una semplicazione di f. Siccome f ` e epiregolare,
esiste un unico omomorsmo h Hom
C
(Y, Z) tale che g = hf.
Lunicit` a implica allora u = h e v = h, e quindi u = v.
56
8. Categorie
Denizione 8.33. Un oggetto I C si dice iniziale se per ogni X C
vale | Hom
C
(I, X)| = 1.
Un oggetto T C si dice terminale se per ogni X C vale
| Hom
C
(X, T)| = 1.
Osservazione 8.34.
(1) I ed I

siano due oggetti iniziali di C. Allora esistono un unico


isomorsmo : I I

ed un unico isomorsmo : I

I.
Inoltre =
1
e Hom
C
(I, I

) = {}, Hom
C
(I

, I) = {}.
(2) T ed T

siano due oggetti terminali di C. Allora esistono un unico


isomorsmo : T T

ed un unico isomorsmo : T

T.
Inoltre =
1
e Hom
C
(T, T

) = {}, Hom
C
(T

, T) = {}.
Dimostrazione.
(1) Per ipotesi esistono e tali che Hom
C
(I, I

) = {} e
Hom
C
(I

, I) = {}. Lipotesi che I ed I

siano iniziali implica


per` o che Hom
C
(I, I

) = {id
I
} e Hom
C
(I

, I) = {id
I
}.
Perci` o = id
I
e = id
I
.
(2) In modo duale.
Denizione 8.35. Siano X, Y C ed F Hom
C
(X, Y ). Un omomor-
smo N

X in C si chiama un nucleo comparativo di F, se sono
soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) Le composizioni f per f F sono tutte uguali.
(2) Se A

X ` e un omomorsmo in C per il quale le applicazioni
f per f F sono tutte uguali, allora esiste un unico omomor-
smo u Hom
C
(A, N) per il quale il diagramma
N X
A

u
` e commutativo.
Un conucleo comparativo di F ` e denito in modo duale.
Osservazione 8.36. Siano X, Y C ed F Hom
C
(X, Y ). Allora ogni
nucleo comparativo di F ` e un monomorsmo e ogni conucleo compara-
tivo di F ` e un epimorsmo.
Si noti che non abbiamo fatto nessuna ipotesi sulla cardinalit` a di F.
Dimostrazione.
(1) Ci` o segue dalla condizione di unicit` a nella def. 8.35. Siano in-
fatti : N X un nucleo comparativo di F e g, h : A N
due omomorsmi in C tali che g = h = . Poich e ` e un
nucleo comparativo di F, allora esiste un unico omomorsmo
u Hom
C
(A, N) tale che u = . Lunicit` a implica allora u = g
e u = h, e quindi g = h.
57
II. RETI DI PETRI
(2) Per dualit` a si ottiene lenunciato per i conuclei comparativi.
Lemma 8.37. : N X sia un omomorsmo invertibile a sinistra
in C e

: X N tale che

= id
N
.
Allora ` e un nucleo comparativo di {

, id
X
}.
Dimostrazione.
(1)

= id
N
=
id
X
= .
(2) Sia : A X tale che = id
X
=

.
Poniamo u :=

. Allora u =

= .
(3) Rimane da dimostrare lunicit` a di u. Ma ` e un monomorsmo
per loss. 8.21.
Osservazione 8.38. f, g : X Y siano omomorsmi in C e
: N X un nucleo comparativo di f e g. Allora sono equivalenti:
(1) ` e un epimorsmo.
(2) f = g.
(3) ` e invertibile a destra.
Dimostrazione.
(1) = (2) : Per ipotesi f = g. Ci` o implica f = g, perch e ` e un
epimorsmo.
(2) = (3) : Se f = g, allora f id
X
= g id
X
. Applichiamo la def. 8.35
con := id
X
. Poich e ` e un nucleo comparativo, esiste un unico
omomorsmo u tale che u = id
X
, come illustrato dal diagram-
ma commutativo
N X
X

id
X
u
(3) = (1) : Per loss. 8.21.
Denizione 8.39. La categoria duale C
opp
si ottiene da C nel modo
seguente:
(1) Ob C
opp
= Ob C.
(2) Hom
C
opp(X, Y ) := Hom
C
(Y, X).
(3) Per f Hom
C
opp(X, Y ) e g Hom
C
opp(Y, Z) deniamo
(gf, in C
opp
) := (fg, in C).
58
9. Alcune costruzioni fondamentali
Situazione 9.1. C sia una categoria.
Denizione 9.2. Una famiglia di oggetti di C ` e una famiglia
iI
X
i
con
X
i
C per ogni i, dove I ` e un insieme. I si chiama linsieme degli indici
della famiglia.
Denizione 9.3. I sia un insieme e per ogni i I sia dato un oggetto
X
i
C. Un prodotto diretto della famiglia
iI
X
i
` e una coppia (U, )
tale che sono soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) U C e =
i

i


iI
Hom
C
(U, X
i
).
Qui lultima espressione denota, come di solito, il prodotto car-
tesiano degli insiemi Hom
C
(U, X
i
).
Per ogni i I abbiamo quindi un omomorsmo
i
: U X
i
.
(2) Per ogni coppia (E, ) con E C ed =
i

i


iI
Hom
C
(E, X
i
)
esiste un unico omomorsmo : E U tale che
i
=
i
per
ogni i I.
E
U X
i
X
j

In modo duale si deniscono coprodotti diretti.


Osservazione 9.4. La condizione (2) nella def. 9.3 ` e equivalente alla
condizione che lapplicazione naturale
Hom
C
(E, U)

iI
Hom
C
(E, X
i
)

i

` e biiettiva per ogni E C.


Osservazione 9.5. Soprattutto nel caso di un insieme di indici I nito
diremo che il diagramma
U X
i
X
j

j
` e un prodotto diretto, se sono soddisfatte le condizioni della def. 9.3.
59
II. RETI DI PETRI
Osservazione 9.6. I sia un insieme e per ogni i I sia dato un oggetto
X
i
C. (U, ) e (V, ) siano due prodotti diretti della famiglia
iI
X
i
.
Allora esiste un unico isomorsmo : V U tale che
i
=
i
per
ogni i I.
V X
i
U

Dimostrazione. Immediata.
Esempio 9.7. I sia un insieme e per ogni i I sia dato un insieme
X
i
. U :=

iI
X
i
sia il comune prodotto cartesiano e
i
: U X
i
la
proiezione canonica. Allora (U,
i

i
) ` e un prodotto diretto in Insiemi
nel senso della def. 9.3.
Proposizione 9.8. I sia un insieme. Per ogni i I siano dati due og-
getti X
i
, Y
i
C. Assumiamo che esistano un prodotto diretto (U, ) di

i
X
i
e un prodotto diretto (V, ) di
i
Y
i
. Per ogni i sia dato un omomor-
smo f
i
: X
i
Y
i
. Allora esiste un unico omomorsmo : U V
tale che per ogni i I il seguente diagramma sia commutativo:
U V
Y
i
X
i

i
f
i

i
Dimostrazione. Abbiamo
i
f
i

i


iI
(U, Y
i
). Loss. 9.6 implica che
esiste un unico omomorsmo : U V tale che f
i

i
=
i
per ogni
i I. Questo ` e esattamente lenunciato.
Osservazione 9.9. Nella situazione della prop. 9.8 per ogni i I sia
dato un terzo oggetto Z
i
C. Assumiamo che esista un prodotto diretto
(W, ) di
i
Z
i
. Per ogni i I sia dato un omomorsmo g
i
: Y
i
Z
i
.
Allora esistono da un lato un unico omomorsmo : V W che
rende commutativo il diagramma
V W
Z
i
Y
i

i
g
i

i
60
9. Alcune costruzioni fondamentali
per ogni i I, ma anche un unico omomorsmo : U W che per
ogni i I rende commutativo il diagramma
U W
Z
i
X
i

i
g
i
f
i

i
Siccome anche = rende commutativo questi diagrammi, vediamo
che questa ` e lunica scelta per .
Osservazione 9.10. Un prodotto diretto di una famiglia vuota (dove
cio` e nella def. 9.3 si ha I = ) ` e la stessa cosa come un oggetto termi-
nale di C.
Dimostrazione. T sia un prodotto diretto di . Allora non ci sono
nemmeno proiezioni, ma la condizione (2) nella def. 9.3 richiede che
per ogni E C esista un unico omomorsmo E

T di nuovo sen-
za ulteriori condizioni. Ci` o ` e esattamente quello che si chiede da un
oggetto terminale.
Osservazione 9.11. X sia un oggetto di C. Allora la coppia (X, id
X
) ` e
un prodotto diretto della famiglia che consiste solo di X.
Per |I| = 1 un prodotto diretto di
iI
X
i
esiste sempre.
Denizione 9.12. Diciamo che C possiede prodotti niti non vuoti, se
per ogni famiglia di oggetti di C con insieme di indici nito e non vuoto
esiste un prodotto diretto. Diciamo che C possiede prodotti niti, se
per ogni famiglia di oggetti di C con insieme di indici nito esiste un
prodotto diretto.
In modo analogo si formulanno le corrispondenti condizioni per copro-
dotti.
Proposizione 9.13. Sono equivalenti:
(1) C possiede prodotti niti non vuoti.
(2) Per ogni coppia X, Y di oggetti di C esiste un prodotto diretto di
X e Y .
Dimostrazione. Dobbiamo solo dimostrare la direzione (2) = (1).
Per loss. 9.11 ` e sufciente dimostrare che esiste un prodotto diretto
per ogni famiglia
iI
X
i
di oggetti di C con |I| 3.
Dimostriamo che per ogni tripla X, Y, Z di oggetti di C esiste un pro-
dotto diretto di X, Y, Z.
61
II. RETI DI PETRI
Per ipotesi esistono i prodotti diretti
U Y
X

1
e V Z
U

1
che possono essere composti a formare un diagramma
U Y
X
V Z

1
che d` a luogo a un diagramma
V Z
X
Y

1

2
con

1
:=
1

2
:=
2

3
:=
2
Dimostriamo che questo diagramma ` e un prodotto diretto.
Siano E C ed f
1
: E X, f
2
: E
Y
, f
3
: E Z omomor-
smi. Allora troviamo un unico omomorsmo : E U che rende
commutativo il diagramma
E
U Y
X

1
f
2
f
1

62
9. Alcune costruzioni fondamentali
e quindi anche un unico omomorsmo : E V che rende commu-
tativo il diagramma
E
V Z
U

1
f
3

Abbiamo perci` o

1
=
1

1
=
1
= f
1

2
=
2

1
=
2
= f
2

3
=
2
= f
3
Dobbiamo ancora dimostrare lunicit` a di . Sia quindi

= f
1

= f
2

= f
3
.
Allora

= f
1

= f
2

= f
3
Ci` o implica
1

= per lunicit` a di , e quindi da


1

= =
1

segue che

= .
E
V Z
X
Y

2
f
3
f
1

f
2
Osservazione 9.14. Introduciamo ora due concetti molto importanti:
il pullback e il pushout.
Denizione 9.15. Sia I un insieme. Un multipullback con insieme di
indici I consiste di due famiglie di omomorsmi
iI

i
: U X
i
e

iI
f
i
: X
i
T con le seguenti propriet` a :
63
II. RETI DI PETRI
(1) Le composizioni f
i

i
sono tutte uguali.
(2) Per ogni E C ed ogni famiglia =
iI

i


iI
Hom
C
(E, X
i
)
tale che le composizioni f
i

i
siano tutte uguali, esiste un unico
omomorsmo : E U tale che
i
=
i
per ogni i I.
Un pullback (o prodotto brato o quadrato cartesiano) ` e un multipull-
back con |I| = 2.
Osservazione 9.16. Un pullback pu` o essere caratterizzato come un
diagramma commutativo
U X
1
T X
2

1
f
1
f
2

2
in cui per ogni coppia E
1
X
1
e E
2
X
2
tale che f
1

1
= f
2

2
esiste
un unico omomorsmo : E U tale che
1
=
1
e
2
=
2
.
E
U X
1
X
2
T

2
f
1
f
2

Lemma 9.17.
U X
1
T X
2

1
f
1
f
2

2
sia un pullback e E C. g, h : E U siano omomorsmi tali che

1
g =
1
h e
2
g =
2
h. Allora g = h.
Dimostrazione. Ponendo
1
:=
1
g ed
2
:=
2
g vediamo che la con-
dizione
1
=
1
ed
2
=
2
` e soddisfatta sia per = g che per = h.
Lenunciato segue dallunicit` a richiesta nelloss. 9.16.
Denizione 9.18. Un multipushout ` e denito come un multipullback
in C
opp
; un pushout (o coprodotto brato o quadrato cocartesiano) come
un pullback in C
opp
.
64
9. Alcune costruzioni fondamentali
Esempio 9.19. Un omomorsmo f : X Y ` e un monomorsmo se e
solo se
X X
Y X
id
X
f
f
id
X
` e un pullback.
Osservazione 9.20.
U X
1
T X
2

1
f
2
sia un pullback. Se f
2
` e un monomorsmo, allora anche
1
` e un mono-
morsmo.
Dimostrazione. Siano E C e g, h : E U tali che
1
g =
1
h.
Allora f
1

1
g = f
1

1
h e quindi f
2

2
g = f
2

2
h. Siccome f
2
` e un mono-
morsmo, da ci` o segue
2
g =
2
h. Il lemma 9.17 implica che g = h.
Denizione 9.21. Siano I un insieme ed U C. Per ogni i I siano
dati un oggetto X
i
C e un omomorsmo
i
: U X
i
. La famiglia

i
si chiama un monocono, se per ogni E C ed ogni coppia di omo-
morsmi g, h : E U per cui
i
g =
i
h per ogni i si ha g = h. Un
epicono ` e denito in modo duale.
Osservazione 9.22. Il lemma 9.17 pu` o essere cos` riformulato:
U X
1
T X
2

2
sia un pullback. Allora la coppia (
1
,
2
) ` e un monocono.
65
II. RETI DI PETRI
Proposizione 9.23. Sia dato un diagramma commutativo
U X
T Y
X

f f

g g

(1) Se i due quadrati interni


U X X
T T Y
X

sono dei pullback, allora anche il rettangolo esterno


U
Y
X

g
` e un pullback.
(2) Se il rettangolo esterno e il quadrato interno destro sono dei pull-
back, allora anche il quadrato interno sinistro ` e un pullback.
Dimostrazione.
(1) Il diagramma
U X
T Y
X

f f

g g

2
sia comutativo. Per ipotesi il quadrato interno destro ` e un pull-
back, quindi esiste un unico omomorsmo : E X tale che

=
1
e f = g
2
.
66
9. Alcune costruzioni fondamentali
U X
T Y
X

f f

g g

2
Per ipotesi il quadrato interno sinistro ` e un pullback, quindi
esiste un unico omomorsmo : E U tale che = e
=
2
.
U X
T Y
X

f f

g g

2
Ci` o implica anche

=
1
.
Dimostriamo lunicit` a di . Sia

: E U tale che

=
1
e

=
2
. Dimostriamo che

= . Per lunicit` a
di , ` e sufciente dimostrare che

=
1
e f

= g
2
. La
prima uguaglianza ` e vera per denizione, mentre
f

= g

= g
2
.
Ora dimostriamo che

= . Per lunicit` a di ` e sufciente


dimostrare che

= e

=
2
. La prima uguaglianza
labbiamo appena dimostrata, invece

=
2
per denizione
di

.
(2) Il diagramma
U X
T Y
E

f
g

2
67
II. RETI DI PETRI
sia comutativo. Allora anche il diagramma
U X
T Y
X

f f

g g

2
` e commutativo. Per ipotesi il rettangolo esterno ` e un pullback,
quindi esiste un unico omomorsmo : E U tale che

1
e =
2
.
U X
T Y
X

f f

g g

Dobbiamo dimostrare che =


1
. Consideriamo il diagramma
commutativo
X X

T
E

1
g
2
che, per lipotesi che il quadrato interno destro sia un pullback,
determina
1
univocamente.
`
Equindi sufciente dimostrare che

1
(come gi ` a sappiamo) e che f = g
2
; per` o
f = g = g
2
.
Rimane da dimostrare lunicit` a di . Sia

: E U tale che

=
1
e

=
2
. Per lunicit` a di ` e per` o sufciente dimo-
strare che

1
e

=
2
. La seconda uguaglianza ` e
vera per denizione, mentre

1
per ipotesi.
68
10. Funtori
Situazione 10.1. C e D siano due categorie.
Denizione 10.2. Un funtore covariante F : C D consiste nei
seguenti dati:
(1) Ad ogni oggetto X C ` e associato un oggetto F(X) D.
(2) Ad ogni omomorsmo f : X Y in C ` e associato un omomor-
smo F(f) : F(X) F(Y ) in modo tale che F(id
X
) = id
F(X)
e
F(gf) = F(g)F(f) se gf ` e denito in C.
Denizione 10.3. Un funtore controvariante F : C D consiste nei
seguenti dati:
(1) Ad ogni oggetto X C ` e associato un oggetto F(X) D.
(2) Ad ogni omomorsmo f : X Y in C ` e associato un omomor-
smo F(f) : F(Y ) F(X) in modo tale che F(id
X
) = id
F(X)
e
F(gf) = F(f)F(g) se gf ` e denito in C.
Osservazione 10.4.
`
E ovvio come si denisce la composizione di due
funtori.
Denizione 10.5. Siano F, G : C D due funtori covarianti. Una
trasformazione naturale : F G consiste in un sistema di omo-
morsmi F(X)
(X)
G(X) in D (uno per ogni X C) tale che tutti i
diagrammi
F(X) G(X)
G(Y ) F(Y )
(X)
G(f)
(Y )
F(f)
per f Hom
C
(X, Y ) siano commutativi.
In modo analogo sono denite trasformazioni naturali tra funtori
controvarianti.
Denizione 10.6. F : C D sia un funtore controvariante. Per ogni
X, Y C possiamo allora denire unapplicazione
F
XY
: Hom
C
(X, Y ) Hom
D
(F(X), F(Y ))
f F(f)
F si dice
(1) fedele se lapplicazione F
XY
` e iniettiva per ogni X, Y C;
(2) pienamente fedele se lapplicazione F
XY
` e biiettiva per ogni
X, Y C;
(3) un metafuntore (talvolta unequivalenza) se F ` e pienamente fe-
dele e per ogni U D esiste un X C tale che F(X) ed U siano
isomor in D.
69
70
11. Semianelli
Denizione 11.1. Un semianello (S, +, ) consiste di una terna forma-
ta da un insieme S e due operazioni +, : S S S tali che siano
soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) (S, +) ` e un monoide commutativo con elemento neutro 0
S
.
Scriveremo spesso semplicemente 0 invece di 0
S
.
(2) (S, ) ` e un monoide commutativo con elemento neutro 1
S
.
Scriveremo spesso semplicemente 1 invece di 1
S
.
(3) Valgono le leggi distributive:
( +) = +
( +) = +
per ogni , , S.
(4) 0 = 0 = 0 per ogni S.
(5) 1
S
= 0
S
.
Questa condizione verr` a usata nella def. 11.11
Il semianello (S, +, ) viene spesso denotato semplicemente con S.
S si dice commutativo, se il monoide (S, ) ` e commutativo.
Per una breve presentazione della teoria dei semianelli rimandiamo
alla tesi di A. Bozzini, per una esposizione pi ` u completa al libro di
Hebisch/Weinert.
Denizione 11.2. S sia un semianello. Un sottosemianello di S ` e un
sottoinsieme T di S con
(1) 0
S
, 1
S
T;
(2) +, T per ogni , T.
`
E ovvio che T, con le operazioni
date in S, ` e ancora un semianello.
Osservazione 11.3.
(1) Ogni anello ` e un semianello. Possiamo quindi parlare di sotto-
semianello di un anello.
(2) N ` e un sottosemianello di Z.
Osservazione 11.4. A sia un insieme. Per ogni a A sia dato un
semianello S
a
. Allora il prodotto cartesiano S :=

aA
S
a
diventa un se-
mianello se deniamo le operazioni +, componente per componente:
+ :=
aA

a
+
a
:=
aA

a
`
E evidente che 0
S
=
aA
0
Sa
e 1
S
=
aA
1
Sa
.
Corollario 11.5. S sia un semianello. Allora S S ` e un semianello.
Per ogni insieme A, S
A
` e un semianello.
71
II. RETI DI PETRI
Denizione 11.6. S sia un semianello commutativo. Un S-semimodulo
consiste di un insieme M e due operazioni
M M M e S M M
(x, y) x +y (, x) x
tali che sono soddisfatte le seguenti condizioni:
(1) (M, +) ` e un monoide commutativo.
(2) 1
S
x = x per ogni x M.
(3) 0
S
x = 0
M
= 0
M
per ogni x M e per ogni S.
(4) (x +y) = x +y
( +)x = x +x
()x = (x)
per ogni x, y M e per ogni , S.
Osservazione 11.7. S sia un semianello ed A un insieme. Per ogni
a A sia dato un S-semimodulo M
a
. Allora il prodotto cartesiano
M :=

aA
M
a
diventa un S-semimodulo se deniamo le operazioni +,
componente per componente:
x +y :=
aA
x
a
+y
a
x =
aA
x
a
per ogni x, y M e per ogni S.
`
E evidente che 0
M
=
aA
0
Ma
.
Esempio 11.8. S sia un semianello. Allora S ` e anche un S-semimodulo.
Per loss. 11.7, per ogni insieme A anche S
A
` e un S-semimodulo.
Osservazione 11.9. Un N-semimodulo ` e essenzialmente la stessa co-
sa come un monoide commutativo.
Denizione 11.10. S sia un semianello ed M, N S-semimoduli. Un
omomorsmo di S-semimoduli ` e unapplicazione : M N tale che
(x +y) = (x) +(y)
(x) = (x)
per ogni x, y M e per ogni S.
Denizione 11.11. S sia un semianello ed A un insieme. Allora esiste
unimmersione naturale : A S
A
denita da
(a)(b) :=

1
S
se b = a
0
S
altrimenti
Questa applicazione ` e iniettiva perch e 1
S
= 0
S
.
Osservazione 11.12. S sia un semianello ed A un insieme nito.
Lapplicazione : A S
A
sia denita come nella def. 11.11.
72
11. Semianelli
Sia x =
aA
x
a
S
A
. Allora per ogni b Asi ha che x
b
=

aA
x
a
(a)(b),
cosicch e x pu` o essere scritto nella forma x =

aA
x
a
(a), oppure, se
identichiamo a con (a), ancora pi ` u brevemente nella forma
x =

aA
x
a
a.
Nel seguito useremo sempre questultima forma.
Proposizione 11.13. S sia un semianello ed A un insieme nito.
M sia un S-semimodulo e
0
: A M unapplicazione qualsiasi.
Allora esiste un unico omomorsmo di S-semimoduli : S
A
M che
rende commutativo il diagramma
A S
A
M


0
` e qui denita come nella def. 11.11.
Dimostrazione.
`
E chiaro che deve essere denito tramite
(

aA
x
a
a) :=

aA
x
a

0
(a). Per lunicit` a della rappresentazione nelloss.
11.12 lapplicazione ` e ben denita. Dimostriamo che ` e un omomor-
smo. Per x, u M e S abbiamo:
(x +y) = (

aA
(x
a
+y
a
)a) =

aA
(x
a
+y
a
)
0
(a) =
=

aA
x
a

0
(a) +

aA
y
a

0
(a) = (x) +(y)
(x) = (

aA
x
a
a) = (

aA
x
a
a) =

aA
x
a

0
(a) =

aA
x
a

0
(a) =
= (x)
Corollario 11.14. A, B siano insiemi niti ed f : A B unapplicazione
qualsiasi. S sia un semianello. Allora esiste un unico omomorsmo di
S-semimoduli f

: S
A
S
B
che rende commutativo il diagramma
A B
S
B
S
A
f

dove ,

denotano di nuovo le immersioni naturali.


Esplicitamente f

` e dato da
f

aA
x
a
a) =

aA
x
a
f(a)
73
II. RETI DI PETRI
Lemma 11.15. S sia un semianello ed A, B, C insiemi niti. Siano
f : A B e g : B C due applicazioni. Allora (g f)

= g

.
Dimostrazione. Per x =

aA
x
a
a S
A
si ha
(g f)

(x) =

aA
x
a
g(f(a))
11.13
= g

aA
x
a
f(a)) = g

(f

(x))
Osservazione 11.16. Nella teoria delle reti di Petri applicheremo i
concetti qui introdotti all (N N)-semimodulo (N N)
P
, dove P ` e un
insieme nito.
74
12. La categoria delle reti di Petri
Situazione 12.1. P, P

, P

, . . . siano insiemi niti.


Consideriamo (N N)
P
come (N N)-semimodulo e scriviamo
t (N N)
P
nella forma
t =

aP
t
a
a =

aP
(t

a
, t
+
a
)a
Denizione 12.2. Un omomorsmo di reti di Petri
f : (P, T) (P

, T

) ` e unapplicazione f : P P

che soddisfa la
condizione di invarianza f

(T) T

.
Possiamo allora denire lapplicazione f
T
: T T

tramite
f
T
(t) := f

(t) per t T.
`
E chiaro che il diagramma
T T

(N N)
P

(N N)
P
f
T
i

i
` e commutativo, in cui i ed i

sono le inclusioni.
Osservazione 12.3. Per due reti P/T (P, T, ) e (P

, T

) si pu` o de-
nire un omomorsmo come una coppia (f, ) di applicazioni
f : P P

ed : T T

per le quali il diagramma


T T

(N N)
P

(N N)
P

` e commutativo. Per ogni t T si chiede quindi

((t)) = f

((t)).
Questa denizione si trova in Ermel/Martini, pag. 13, o Padberg,
pag. 91.
Proposizione 12.4. f : (P, T) (P

, T

), g : (P

, T

) (P

, T

)
siano due omomorsmi di reti di Petri. Allora la composizione
g f : P P

denisce un omomorsmo (P, T) (P

, T

).
Dimostrazione. Per ipotesi e usando il lemma 11.15 si ha
(g f)

(T) = (g

)(T) = g

(f

(T) g

(T

) T

Corollario 12.5. Siccome naturalmente anche lidentit ` a induce un omo-


morsmo di reti di Petri, le reti di Petri con gli omomorsmi introdotti
nella def. 12.2 formano una categoria Petri .
Osservazione 12.6. f : P P

sia unapplicazione qualsiasi e


75
II. RETI DI PETRI
T (N N)
P
. Allora f induce un omomorsmo di reti di Petri
(P, T) (P

, T

) per ogni insieme T

(N N)
P

per il quale
f

(T) T

.
Chiamiamo in particolare le rete di Petri (f(P), f

(T)) limmagine di
(P, T) sotto f.
Esempio 12.7. Consideriamo la rete di Petri (P, T) con la rappresen-
tazione graca
a b c
d e
g
t
s
r
2 3 4
4
2
2
2
t = (a + 2b, d)
s = (3b + 2c, 4d + 2e)
r = (d + 2e, 2g)
Per P

:= (, , , ) lapplicazione f : P P

sia denita da
a
b
c
d
e
g
Allora:
t

:= f

(t) = (f(a) + 2f(b), f(d)) = ( + 2, )


s

:= f

(s) = (3f(b) + 2f(c), 4f(d) + 2f(e)) = (3 + 2, 4 + 2) =


= (5, 4 + 2)
r

:= f

(r) = (f(d) + 2f(e), 2f(g)) = ( + 2, 2)


f induce perci` o un omomorsmo (P, T) (P

, T

) dove la rete di Petri


(P

, T

) ` e rappresentata dal diagramma


t

2
5
4
2
2
2
76
12. La categoria delle reti di Petri
Esempio 12.8. Consideriamo la rete di Petri (P, T) con la rappresen-
tazione graca
a b c d
t s r
e z g h
o p q
i l m n
in cui
t = (a + b, e + z)
s = (b + c, z + g)
r = (c + d, g + h)
o = (e + z, i + l)
p = (z + g, l + m)
q = (g + h, m + n)
Per P

:= (, , , , ) lapplicazione f : P P

sia denita da
a
b
c
d
e
z
g
h
i
l
m
n
Allora:
t

:= f

(t) = (f(a) + f(b), f(e) + f(z)) = ( + , + ) = (2, 2)


s

:= f

(s) = (f(b) + f(c), f(z) + f(g)) = ( + , + )


r

:= f

(r) = (f(c) +f(d), f(g) +f(h)) = ( +, +) = ( +, +)


o

:= f

(o) = (f(e) + f(z), f(i) + f(l)) = ( + , + ) = (2, + )


p

:= f

(p) = (f(z) +f(g), f(l) +f(m)) = ( +, +) = ( +, +)


q

:= f

(q) = (f(g) + f(h), f(m) + f(n)) = ( + , + ) = ( + , 2)


f induce perci` o un omomorsmo (P, T) (P

, T

), dove la rete di
Petri (P

, T

) ` e rappresentata dal diagramma


77
II. RETI DI PETRI

2 2
2
2
Esempio 12.9. Consideriamo la rete di Petri (P, T) con la rappresen-
tazione graca
a b
c d
t
s
r
e g
2
2
2
2
2
2
2
2
in cui
t = (a + b, 2a + 2b + 2c)
s = (c + d, 2c + 2d + 2e)
r = (e + g, 2e + 2g)
Per P

:= (, , ) lapplicazione f : P P

sia denita da
a
b
c
d
e
g
Allora:
t

:= f

(t) = (f(a) +f(b), 2f(a) +2f(b) +2f(c)) = (+, 2+2 +2)


s

:= f

(s) = (f(c)+f(d), 2f(c)+2f(d)+2f(e)) = (+, 2+2+2) =


= (2, 2 + 4)
r

:= f

(r) = (f(e) + f(g), 2f(e) + 2f(g)) = ( + , 2 + 2) =


= ( + , 2 + 2)
78
12. La categoria delle reti di Petri
f induce perci` o un omomorsmo (P, T) (P

, T

), dove la rete di
Petri (P

, T

) ` e rappresentata dal diagramma


2
2
2
2
2
2
4
2
Esempio 12.10. Consideriamo la rete di Petri (P, T) con la rappresen-
tazione graca
a b c d
t s
r
q
e k g
h i l
2 5
2
2
2
3 2
3
2 2
in cui
t = (a + 4b, e + 2h)
s = (5c + d, 2k + g)
r = (3e + 2k, 2h + 2i)
q = (g + i, 2l)
Per P

:= (, , , , , ) lapplicazione f : P P

sia denita da
a
b
c
d
e
k
g
h
i
l
Allora:
t

:= f

(t) = (f(a) + 4f(b), f(e) + 2f(h)) = ( + 4, + 2)


s

:= f

(s) = (5f(c) + f(d), 2f(k) + f(g)) = (5 + , 2 + )


r

:= f

(r) = (3f(e) + 2f(k), 2f(h) + 2f(i)) = (3 + 2, 2 + 2) =


= (2 + 3, 2 + 2)
q

:= f

(q) = (f(g) + f(i), 2f(l)) = ( + , 2) = ( + , 2)


79
II. RETI DI PETRI
f induce perci` o un omomorsmo (P, T) (P

, T

), dove la rete di
Petri (P

, T

) ` e rappresentata dal diagramma

4
3
2
2 2
2
2 5
2
Esempio 12.11. Consideriamo la rete di Petri (P, T) con la rappresen-
tazione graca
a b
t
e c d
s r
m g h
q
p
j k i
2
3 4
2
4 5
3
2
2
2
in cui
t = (a + 2b, 3c + 4d)
s = (e + c, 4m + 5g + 3h)
r = (d, 2h)
p = (g + 2h, i)
q = (2m + g, j + 2k)
Per P

:= (, , , ) lapplicazione f : P P

sia denita da
a
b
c
d
e
m
g
h
i
j
k
80
12. La categoria delle reti di Petri
Allora:
t

:= f

(t) = (f(a) +2f(b), 3f(c) +4f(d)) = (+2, 3 +4) = (3, 7)


s

:= f

(s) = (f(e)+f(c), 4f(m)+5f(g)+3f(h)) = (+, 4+5+3) =


= ( + , 4 + 8)
r

:= f

(r) = (f(d), 2f(h)) = (, 2 + )


p

:= f

(p) = (f(g) + 2f(h), f(i)) = ( + 2, ) = (3, )


q

:= f

(q) = (2f(m) + f(g), f(j) + 2f(k)) = (2 + , + 2)


f induce perci` o un omomorsmo (P, T) (P

, T

), dove la rete di
Petri (P

, T

) ` e rappresentata dal diagramma

7
3
2
3
8
2
2
4
Denizione 12.12. Un omomorsmo di reti di Petri
f : (P, T) (P

, T

) si dice
(1) iniettivo, se lapplicazione f ` e iniettiva;
(2) suriettivo, se lapplicazione f ` e suriettiva;
(3) pienamente suriettivo, se le applicazioni f ed f
T
sono entrambe
suriettive, se cio` e f ` e suriettivo e inoltre f

(T) = T

.
Osservazione 12.13. f : (P, T) (P

, T

) sia un omomorsmo
pienamente suriettivo di reti di Petri, g : P

sia unapplicazione
e T

(N N)
P

. Lapplicazione g f sia un omomorsmo di reti di


Petri (P, T) (P

, T

). Allora anche g : (P

, T

) (P

, T

) ` e un
omomorsmo di reti di Petri.
Dimostrazione. Per ipotesi f

(T) = T

e (gf)

(T) T

. Per il lemma
11.15 (g f)

= g

, perci` o g

(T

) = g

(f

(T)) = (g f)

(T) T

.
Lemma 12.14. f : (P, T) (P

, T

) sia un omomorsmo di reti di


Petri. Lapplicazione f sia biiettiva e f

(T) = T

. Allora anche
f
1
: (P

, T

) (P, T) ` e un omomorsmo di reti di Petri.


Dimostrazione. Ci` o segue da f
1

(T

) = (f
1
)

(T)
11.15
= id

(T) = T.
Denizione 12.15. (P, T) sia una rete di Petri ed f : P P

unapplicazione suriettiva. Denotiamo con Q linsieme quoziente


rispetto ad f, ponendo quindi Q := P/
f
. La classe di equivalenza di
a P viene denotata con [a].
f
:=
a
[a] : P Q sia la proiezione
canonica. Poniamo adesso

T :=
f

(T).
81
II. RETI DI PETRI
La rete di Petri (Q,

T) si chiama il quoziente di (P, T) rispetto ad f.
Dalla denizione ` e immediato che
f
: (P, T) (Q,

T) ` e un omomor-
smo pienamente suriettivo di reti di Petri.
Lemma 12.16. f : P P

sia unapplicazione. Allora per ogni


t (N N)
P
e per ogni a

vale f

(t)
a
=

bf
1
(a

)
t
b
. La somma ` e
naturalmente uguale a 0, se f
1
(a

) = .
Dimostrazione. Si ha infatti in primo luogo t =

bP
t
b
b e quindi
f

(t) =

bP
t
b
f(b).
`
E evidente che ci` o implica lenunciato.
Osservazione 12.17. Nelle ipotesi e con le notazioni della def. 12.15
per t T e a P si ha la relazione

(t)
[a]
=

b[a]
t
b
Dimostrazione. Segue dal lemma 12.16, applicato a
f
.
Proposizione 12.18. Assumiamo di nuovo la situazione della
def. 12.15. Allora sussiste un diagramma commutativo in Insiemi
P P

Q
f
=
[a]
f(a)
f
in cui lapplicazione ` e biiettiva.
: (Q,

T) (P

, T

) e
1
: (P

, T

) (Q,

T) sono isomorsmi di reti
di Petri.
Dimostrazione. Per il lemma 12.14 ` e sufciente dimostrare che ` e
un omomorsmo di reti di Petri. Ci` o segue per` o da

T) =

(
f

(T))
12.15
= (
f
)

(T) = f

(T) = T

.
Osservazione 12.19. Sia (P, T) una rete di Petri. Allora ogni applica-
zione f : P

P induce un omomorsmo di reti di Petri


(P

, ) (P, T).
Nello stesso modo ogni applicazione P P

induce un omomors-
mo di reti di Petri (P, T) (P

, (N N)
P

).
Osservazione 12.20. f : P P

sia unapplicazione iniettiva. Allora


anche lapplicazione f

: (N N)
P
(N N)
P

` e iniettiva.
Dimostrazione. Siano t, s (N N)
P
tali che f

(t) = f

(s). Per ogni


a P allora, usando liniettivit` a di f e il lemma 12.16, si ha
t
a
= f

(t)
f(a)
= f

(s)
f(a)
= s
a
.
82
12. La categoria delle reti di Petri
Proposizione 12.21. Per un omomorsmo di reti di Petri
f : (P, T) (P

, T

) sono equivalenti:
(1) Le applicazioni f ed f
T
sono entrambe iniettive.
(2) f ` e iniettiva.
(3) f ` e un monomorsmo.
Dimostrazione.
(1) (2) : Oss.12.20.
(2) =(3) : f sia iniettiva. (P

, T

) sia una rete di Petri e


g, h : (P

, T

) (P, T) due omomorsmi di reti di Petri tali che


f g = f h. Allora per ogni a

abbiamo f(g(a

)) = f(h(a

)).
Dalliniettivit` a di f segue che g(a

) = h(a

) per ogni a

. Ci` o
mostra che g = h.
(3) =(2) : f sia un monomorsmo di reti di Petri ed a, b P
con f(a) = f(b). Usiamo un qualsiasi insieme ad un elemen-
to, ad esempio {0}, e deniamo (oss. 12.19) due omomorsmi
g, h : ({0}, ) (P, T) ponendo g(0) := a, h(0) := b. Allora
(f g)(0) = f(a) = f(b) = (f h)(0), e quindi f g = f h. Per
ipotesi per` o f ` e un monomorsmo, cosicch e g = h, e ci` o implica
a = b.
Denizione 12.22. (P, T) sia una rete di Petri ed A P.
Con B := P \ A siano allora
P
A
:= A

(B {0})

(B {1})
T
A
:= {

aA
t
a
a +

bB
t
b
(b, 0) | t T} {

aA
t
a
a +

bB
t
b
(b, 1) | t T}
Allora (P
A
, T
A
) ` e una rete di Petri che chiamiamo il raddoppiamento
complementare di (P, T) lungo A. Cfr. lemma 8.14.
Esempio 12.23. (P, T) sia la rete di Petri con la rappresentazione gra-
ca
a
1
a
2
b
1
b
2
3
2 5
Siano A = {a
1
, a
2
} e B = {b
1
, b
2
}. Allora (P
A
, T
A
) possiede la rappre-
sentazione graca
a
1
a
2
(b
1
, 1)
(b
2
, 1)
(b
1
, 0)
(b
2
, 0)
3
2 5
3
2 5
83
II. RETI DI PETRI
Proposizione 12.24. Per un omomorsmo di reti di Petri
f : (P, T) (P

, T

) sono equivalenti:
(1) f ` e suriettivo.
(2) f ` e un epimorsmo.
Dimostrazione.
(1) = (2) : Siano (P

, T

) una rete di Petri e


g, h : (P

, T

) (P

, T

) due omomorsmi di reti di Petri tali


che gf = hh. Poich e f ` e suriettivo, per ogni a

esiste a P
tale che f(a) = a

, e quindi g(a

) = (g f)(a) = (h f)(a) = h(a

).
Ci` o implica g = h.
(2) = (1) : f sia un epimorsmo, ma non suriettivo. Formiamo P

f(P)
e deniamo due applicazioni g
0
, g
1
: P

f(P)
ponendo
g
0
(t

) =

f(P)
t

a
a

\f(P)
t

(b

, 0)
g
1
(t

) =

f(P)
t

a
a

\f(P)
t

(b

, 1)
g
0
e g
1
sono evidentemente omomorsmi di reti di Petri
(P

, T

) (P

f(P)
, T

f(P)
). Per ipotesi g
0
= g
1
, mentre per ogni
t T vale g
0
(f(t)) = g
1
(f(t)), cio` e g
0
f = g
1
f, in contraddizione
allipotesi che f sia un epimorsmo.
Osservazione 12.25. La rete di Petri vuota (, ) ` e un oggetto iniziale
in Petri .
Proposizione 12.26. La rete di Petri ({0}, NN) ` e un oggetto terminale
in Petri .
Dimostrazione. Sia (P, T) una rete di Petri. Lapplicazione costante
f =
a
0 ` e lunica applicazione P {0}. Essa induce un omomorsmo
(per loss. 12.19), e infatti si ha f

(t) = (

aP
t

a
,

aP
t
+
a
) per ogni t T.
Osservazione 12.27. Sia P Q. S sia un semianello. Allora S
P
pu` o
essere considerato in modo naturale come sottoinsieme di S
Q
:
per x S
P
si pone x
b
= 0 per b Q\ P.
La notazione x =

aA
x
a
a rimane valida.
Denizione 12.28. (P

, T

) e (P

, T

) siano reti di Petri.


Per loss. 12.27 T

(N N)
P

e possiamo denire lunione


delle reti di Petri date come (P

, T

).
84
12. La categoria delle reti di Petri
Esempio 12.29. Gli elementi a, b, . . . , k siano tutti diversi e le reti di
Petri (P

, T

), (P

, T

) denite tramite le rappresentazioni grache


a b d
t s
c f
e
e a b d
q t r
h c g
k i
j
p
(P

, T

)
(P

, T

)
2
3 2
2 2
3 2
2
Abbiamo quindi
P

= {a, b, c, d, e, f}
P

= {a, b, c, d, e, g, h, i, j, k}
T

= {t, s}
T

= {t, r, q, p}
con
t = {2a + b, 3c}
s = {b + d + e, e + 2f}
r = {b + 2d, g}
q = {a + 2e, 2h}
p = {c + h + k, i + j + k}
Lunione (P

, T

) possiede allora la rappresentazione graca


a
b
g
e
k
c
i
d
f
q
h
j
t
p
s
r
2
2
2 3
3
3
85
II. RETI DI PETRI
Proposizione 12.30. (P

, T

) e (P

, T

) siano reti di Petri e


P

= . Allora il diagramma
(P

, T

)
(P

, T

)
(P

, T

)
i

in cui i

, i

sono le inclusioni, ` e un coprodotto diretto nella categoria


Petri .
Dimostrazione. Sia (U, S) una rete di Petri e
(P

, T

)
(P

, T

)
(P

, T

)
(U, S)
i

tale che

(T

) S e

(T

) S. Deniamo ora un omomorsmo


: (P

, T

) U ponendo
(p) :=

(p) se p P

(p) se p P

I due casi sono ben distinti poich e P

= .
` e unico perch e ` e lunica scelta possibile. Dobbiamo dimostrare che

(T

) S. Sia t T

, ad esempio t T

, quindi t =

t
a
a

;
dobbiamo dimostrare che

(t) S. Abbiamo

(t) =

t
a
a

) =

t
a
(a

) =

t
a

(a

) =

(t) T

.
Nello stesso modo si vede che

(t) T

per t T

.
Proposizione 12.31. (P, T), (P

, T

), (P

, T

) siano reti di Petri e


P

= . Sia dato il diagramma di omomorsmi di reti di Petri


(P, T)
(P

, T

)
(P

, T

)
f

86
12. La categoria delle reti di Petri
sia la pi ` u piccola relazione dequivalenza su P

che contiene tut-


te le coppie della forma (f

(a), f

(a)) per a P ed M := (P

)/ .
Con [u] denotiamo la classe di equivalenza di u P

. Le applica-
zioni i

: P

M e i

: P

M siano denite da i

(a

) := [a

] e
i

(a

) := [a

]. Inoltre sia R := i

(T

) i

(T

). Allora il diagramma
(P, T)
(P

, T

)
(P

, T

)
(M, R)
f

` e commutativo ed ` e un pushout in Petri .


Dimostrazione.
(1)
`
E ben noto (` e un facile esercizio) che il diagramma con le stesse
applicazioni costituisce un pushout in Insiemi .
(2) Sia (U, S) una rete di Petri e
(P, T)
(P

, T

)
(P

, T

)
(M, R)
(U, S)
f

un diagramma commutativo di Reti di Petri. Osserviamo che


per ogni p P, la relazione di equivalenza ` e tale per cui
[f

(p)] = [f

(p)]. Deniamo ora un omomorsmo : M U


ponendo
([u]) :=

(u) se u P

(u) se u P

Che questa applicazione ` e ben denita con i

,
i

, segue da (1) e si verica facilmente in modo diretto.


` e unico perch e ` e lunica scelta possibile. Dobbiamo dimostrare
che

(R) =

(i

(T

) i

(T

)) S. Sia r R = i

(T

) i

(T

),
ad esempio r = i

(t

) con t

. Allora

(r) =

(i

(t

)) =

(t

) S.
Osservazione 12.32. Se nella prop. 12.31 la condizione P

=
non ` e soddisfatta, bisogna prima sostituire P

con P

{1} e P

con
P

{2} e modicare le applicazioni in modo corrispondente.


87
II. RETI DI PETRI
Esempio 12.33. Siano
P = {, , , , , , }
P

= {a, b, c, d, e, f, g}
P

= {h, i, j, k, l, m, n}
Le applicazioni f

: P P

e f

: P P

siano denite dalle tabelle


f

. . .
a
b
c
d
c
b
e
f

. . .
h
h
j
j
i
k
l
La rete di Petri (P, T) possegga la rappresentazione graca


Allora T = {, , }
con
= ( + , )
= ( + , + )
= ( + , + + )
e quindi
t := f

() = (f

() + f

(), f

()) = (a + b, c)
s := f

() = (f

() + f

(), f

() + f

()) = (b + d, c + c) = (b + d, 2c)
r := f

() = (f

() + f

(), f

() + f

() + f

()) = (d + e, c + b + e)
f

(T) possiede quindi la rappresentazione graca


a b
d
t s
r
c
e
2
Nello stesso modo abbiamo
q := f

() = (f

() + f

(), f

()) = (h + h, j) = (2h, j)
p := f

() = (f

()+f

(), f

()+f

()) = (h+j, j +i) = (h+j, i+j)


o := f

() = (f

() + f

(), f

() + f

() + f

()) = (j + l, i + k + l)
88
12. La categoria delle reti di Petri
f

(T) possiede perci` o la rappresentazione graca


h
p
q q
j
o
k
i
l
2
La rete di Petri (P

, T

) abbia la rappresentazione graca


a b
d
t s
r
c
e
f
u
g
2
con u = (c + g, a + f) che si aggiunge a f

(T).
La rete di Petri (P

, T

) abbia la rappresentazione graca


h
p
q q
j
o
k
i
l
2
v
m
w
n
con v = (i + k, m) e w = (k + m, n) che si aggiungono a f

(T).
Come nella prop. 12.31 sia M := (P

)/ .
Abbiamo adesso
a h
b h
c j
d j
c i
b k
e l
Le classi di equivalenza non banali sono perci` o A := {a, b, h, k},
B := {c, d, i, j}, C := {e, l}, per cui, identicando [f] con f, [g] con g, [m]
con m, [n] con n, si ha M = {A, B, C, f, g, m, n}.
Le applicazioni i

: P

M e i

: P

M siano date dalle tabelle


i

. . .
a A
b A
c B
d B
e C
f f
g g
i

. . .
h A
i B
j B
k A
l C
m m
n n
89
II. RETI DI PETRI
Perci` o
i

(t) = (i

(a) + i

(b), i

(c)) = (A + A, B) = (2A, B) =: t
1
i

(s) = (i

(b) + i

(d), 2i

(c)) = (A + B, 2B) =: t
2
i

(r) = (i

(d) + i

(e), i

(c) + i

(b) + i

(e)) = (B + C, B + A + C) =
= (B + C, A + B + C) =: t
3
i

(u) = (i

(c) + i

(g), i

(a) + i

(f)) = (B + g, A + f) =: t
4
i

(q) = (2i

(h), i

(j)) = (2A, B) = t
1
i

(p) = (i

(h) +i

(j), i

(i) +i

(j)) = (A+B, B+B) = (A+B, 2B) = t


2
i

(o) = (i

(j) + i

(l), i

(i) + i

(k) + i

(l)) = (B + C, B + A + C) =
= (B + C, A + B + C) = t
3
i

(v) = (i

(i) + i

(k), i

(m)) = (B + A, m) = (A + B, m) =: t
5
i

(w) = (i

(k) + i

(m), i

(n)) = (A + m, n) =: t
6
Poniamo R := i

(T

) i

(T

).
(M, R) possiede perci` o la rappresentazione graca
g
f
t
4
C
t
3
t
1
A
B
t
2
t
5
m
n
t
6
2
2
Nota 12.34. (P

, T

), (P

, T

) siano reti di Petri e P := P

sia il
prodotto cartesiano. Possiamo allora denire le proiezioni

: P P

: P P

.
Sia T := {t (N N)
P
|

(t) T

(t) T

}.
Allora (P, T) ` e un prodotto diretto di (P

, T

) e (P

, T

) in Petri .
Dimostrazione. Sia (U, S) una rete di Petri e
(U, S)
(P, T) (P

, T

)
(P

, T

tale che

(S) T

(S) T

. Deniamo ora un omomorsmo


: U P ponendo (u) := (

(u),

(u)) per ogni u U. ` e unico


90
12. La categoria delle reti di Petri
perch e ` e lunica scelta possibile. Dobbiamo dimostrare che

(S) T.
Sia s S; dobbiamo dimostrare che

(s) T, cio` e che

(s)) T

(s)) T

. Vediamo che

(s)) = (

(s) =

(s) T

(s)) = (

(s) =

(s) T

Esempio 12.35. (P

, T

), (P

, T

) siano due reti di Petri con la rappre-


sentazione graca
a b
c
e g
h
t

con
t

= (a + b, c)
t

= (e + g, h)
Costruiamo il prodotto diretto (P, T) come nella nota 12.34.
P = {(a, e), (a, g), (a, h), (b, e), (b, g), (b, h), (c, e), (c, g), (c, h)}
Sia t (N N)
P
. Allora t =

t
(a

,a

)
(a

, a

) . Allora

(t) =

t
(a

,a

)
(a

, a

)) =

t
(a

,a

(a

, a

) =
=

t
(a

,a

)
a

deve
= (a + b, c) = (1, 0)a + (1, 0)b + (0, 1)c
Analogamente

(t) =

t
(a

,a

)
(a

, a

)) =

t
(a

,a

(a

, a

) =
=

t
(a

,a

)
a

deve
= (e + g, h) = (1, 0)e + (1, 0)g + (0, 1)h
Esplicitando
t = t
(a,e)
(a, e)+t
(a,g)
(a, g)+t
(a,h)
(a, h)+t
(b,e)
(b, e)+t
(b,g)
(b, g)+t
(b,h)
(b, h)+
+t
(c,e)
(c, e) + t
(c,g)
(c, g) + t
(c,h)
(c, h)
perci` o

(t) = t
(a,e)
a + t
(a,g)
a + t
(a,h)
a + t
(b,e)
b + t
(b,g)
b + t
(b,h)
b+
+t
(c,e)
c + t
(c,g)
c + t
(c,h)
c =
= (t
(a,e)
+t
(a,g)
+t
(a,h)
)a+(t
(b,e)
+t
(b,g)
+t
(b,h)
)b+(t
(c,e)
+t
(c,g)
+t
(c,h)
)c
91
II. RETI DI PETRI

(t) = t
(a,e)
e + t
(a,g)
g + t
(a,h)
h + t
(b,e)
e + t
(b,g)
g + t
(b,h)
h+
+t
(c,e)
e + t
(c,g)
g + t
(c,h)
h =
= (t
(a,e)
+t
(b,e)
+t
(c,e)
)e+(t
(a,g)
+t
(b,g)
+t
(c,g)
)g+(t
(a,h)
+t
(b,h)
+t
(c,h)
)h
Si richiede quindi che
(t
(a,e)
+ t
(a,g)
+ t
(a,h)
) = (1, 0)
(t
(b,e)
+ t
(b,g)
+ t
(b,h)
) = (1, 0)
(t
(c,e)
+ t
(c,g)
+ t
(c,h)
) = (0, 1)
(t
(a,e)
+ t
(b,e)
+ t
(c,e)
) = (1, 0)
(t
(a,g)
+ t
(b,g)
+ t
(c,g)
) = (1, 0)
(t
(a,h)
+ t
(b,h)
+ t
(c,h)
) = (0, 1)
`
E possibile trovare la soluzione con un programma al computer (noi
abbiamo utilizzato Python):
t
(a,e)
= (0, 0) , t
(a,g)
= (1, 0) , t
(a,h)
= (0, 0) , t
(b,e)
= (1, 0) , t
(b,g)
= (0, 0)
t
(b,h)
= (0, 0) , t
(c,e)
= (0, 0) , t
(c,g)
= (0, 0) , t
(c,h)
= (0, 1)
perci` o
:= ((a, g) + (b, e), (c, h))
e
t
(a,e)
= (1, 0) , t
(a,g)
= (0, 0) , t
(a,h)
= (0, 0) , t
(b,e)
= (0, 0) , t
(b,g)
= (1, 0)
t
(b,h)
= (0, 0) , t
(c,e)
= (0, 0) , t
(c,g)
= (0, 0) , t
(c,h)
= (0, 1)
perci` o
:= ((a, e) + (b, g), (c, h))
Otteniamo quindi la rete
(a, g) (b, e) (a, e) (b, g)
(c, h)

(a, h) (b, h)
(c, e) (c, g)
Osservazione 12.36. Pu` o accadere che nella nota 12.34 si ottenga
T = . La struttura del prodotto diretto sembra essere complicata e
potrebbe essere interessante dal punto di vista matematico.
Denizione 12.37. f : P P

sia unapplicazione.
Per t

(N N)
P

deniamo f

(t

) := {t (N N)
P
| f

(t) = t

}
per T

(N N)
P

sia f

(t

) := {t (N N)
P
| f

(t) T

} =

(t

)
`
E immediato che f

(f

(T

)) T

. Otteniamo cos` un omomorsmo


di reti di Petri (P, f

(T

)) (P

, T

).
(P, f

(T

)) si chiama la controimmagine di (P

, T

) rispetto ad f.
Osservazione 12.38. Nella nota 12.34 possiamo adesso scrivere
T =

(T

(T

).
92
13. La graduazione associata a una rete di Petri
Situazione 13.1. P, P

, T siano insiemi niti. Come nella def. 7.9 deno-


tiamo con T

il monoide libero generato da T e con lelemento neutro


di T

.
Lemma 13.2. f : P P

sia unapplicazione e x, y N
P
con x y.
Allora
(1) f

(x) f

(y)
(2) f

(y x) = f

(y) f

(x)
Dimostrazione. Lipotesi x y implica che x
a
y
a
per ogni a P.
(1) f

(x) =

aP
x
a
f(a)

aP
y
a
f(a) = f

(y).
(2) f

(y x) =

aP
(y
a
x
a
)f(a) =

aP
y
a
f(a)

aP
x
a
f(a) =
= f

(y) f

(x)
Denizione 13.3. Siano , T

.
(1) si chiama un fattore di , se esistono parole , T

tali che
= .
Siccome = , si vede che ` e sempre un fattore di .
(2) si chiama una sottoparola di , se o = oppure esistono
s
1
, . . . , s
m
T tali che = s
1
. . . s
m
ed
1
, . . . ,
m+1
T

con
=
1
s
1

2
. . .
m
s
m

m+1
.
Osservazione 13.4. Siano , ,

.
(1) ` e una sottoparola di se e solo se = oppure si ottiene da
tralasciando una o pi ` u lettere.
(2) Se ` e un fattore di , allora ` e anche una sottoparola.
(3) Siano t, s T

. Allora tst ` e una sottoparola, ma non un fattore


di ttsst.
(4) Se ` e una sottoparola di e

una sottoparola di

, allora

` e una sottoparola di

.
(5) Se ` e un fattore di e

un fattore di

, allora

in genere
non ` e pi ` u un fattore di

.
Denizione 13.5. (P, T) sia una rete di Petri. Deniamo una
T

-graduazione di N
P
nel modo seguente.
Siano x, y N
P
e T

. Allora
(x, y) : esiste una sottoparola di con y = x().
Proposizione 13.6. La costruzione della def. 13.5 denisce veramente
una T

-graduazione di N
P
. Quindi per ogni x, y, z N
P
e per ogni
, T

sono vericate le seguenti condizioni:


(1) (x, x) .
(2) (x, y) ed (y, z)

= (x, z)

.
93
II. RETI DI PETRI
Dimostrazione.
(1) Per denizione x() = x.
(2) Siano (x, y) e (y, z)

. Allore esistono una sottoparola


di e una sottoparola

di

tali che y = x() e z = y(

). Ci` o
implica z = y(

) = x()(

) = x(

). Per loss. 13.4 per` o

` e
una sottoparola di

e quindi (x, z)

.
Denizione 13.7. f : (P, T) (P

, T

) sia un omomorsmo di reti di


Petri. Lapplicazione
0
:=
t
f

(t) : T T

` e allora ben denita


e pu` o essere estesa ad un omomorsmo di monoidi : T

.
Per T

scriviamo ancora f

() invece di ().
Per t
1
, . . . , t
m
T si ha quindi f

(t
1
. . . t
m
) := f

(t
1
) . . . f

(t
m
) in T

.
Lemma 13.8. f : (P, T) (P

, T

) sia un omomorsmo di reti di


Petri. Per x, y N
P
e t T vale allora
(x, y) t = (f

(x), f

(y)) f

(t)
Dimostrazione. Sia (x, y) t. Allora y = x oppure y = x(t).
(1) Se y = x, allora f

(x) = f

(y), e quindi (f

(x), f

(y)) f

(t).
(2) Sia y = x(t) = x. Allora t

e y = x t

+ t
+
.
Per il lemma 13.2 abbiamo f

(t)

= f

(t

) f

(x) e
f

(y) = f

(x t

+ t
+
) = f

(x t

) + f

(t
+
) =
= f

(x) f

(t

) + f

(t
+
) = f

(x) f

(t)

+ f

(t)
+
Ci` o signica f

(y) = f

(x)(f

(t)), cio` e (f

(x), f

(y)) f

(t).
Proposizione 13.9. f : (P, T) (P

, T

) sia un omomorsmo di reti


di Petri. Per x, y N
P
e T

vale allora
(x, y) = (f

(x), f

(y)) f

()
Dimostrazione. Sia (x, y) . Allora esiste una sottoparola
= s
1
. . . s
m
di con s
1
. . . s
m
T e y = x(s
1
. . . s
m
) = x(s
1
) . . . (s
m
).
Per i = 1, . . . m sia x
i
:= x(s
1
. . . s
i
). Allora
(x, x
1
) s
1
(x
1
, x
2
) s
2
. . .
(x
m1
, x
m
) s
m
con x
m
= y. Per il lemma 13.8 abbiamo
(f

(x), f

(x
1
)) f

(s
1
)
(f

(x
1
), f

(x
2
)) f

(s
2
)
. . .
(f

(x
m1
), f

(x
m
)) f

(s
m
)
Dalla prop. 13.6 segue (f

(x), f

(y)) f

(s
1
) . . . f

(s
m
).
`
E perci` o eviden-
te che f

(s
1
) . . . f

(s
m
) ` e una sottoparola di f

().
94
13. La graduazione associata a una rete di Petri
Denizione 13.10. (P, T) sia una rete di Petri e x, y N
P
.
(1) Per t T sia x
t
y : t

x e y = x(t).
In particolare x
t
x(t) t

x.
(2) Per = t
1
. . . t
s
T

con t
1
, . . . , t
s
T ed s 1 sia
x

y : x
t1
x(t
1
)
t2
x(t
1
t
2
)
t3

ts
y.
(3) x

y : y = x.
Osservazione 13.11. (P, T) sia una rete di Petri e x, y N
P
. Sia
T

. Allora (x, y) esiste una sottoparola di con x



y.
95
96
14. Raggiungibilit ` a in una rete reversibile
Situazione 14.1. Sia P = {1, 2, . . . , n} con n N + 1. Identichiamo
N
P
con N
n
e (N N)
P
con (N N)
n
.
K sia un campo e
1
, . . . ,
n
indeterminate. Per f, g K[
1
, . . . ,
n
], f | g
signichi la divisibilit` a di g per f in K[
1
, . . . ,
n
].
Denizione 14.2. Per M K[
1
, . . . ,
n
] sia M lideale generato da
M. Per M = {f
1
, . . . , f
m
} scriviamo f
1
, . . . , f
m
per {f
1
, . . . , f
m
}.
Denizione 14.3. Mon(
1
, . . . ,
n
) := {
r1
1

rn
n
| r
1
, . . . , r
n
N} sia
linsieme dei monomi nelle indeterminate
1
, . . . ,
n
. In particolare
1 =
0
1

0
n
Mon(
1
, . . . ,
n
).
Denizione 14.4. Per x N
n
sia [x] :=
x1
1

xn
n
Mon(
1
, . . . ,
n
).
Per t (N N)
n
sia [t] := [t
+
] [t

]. Si ha quindi [t
+
] = [t] + [t

].
Osservazione 14.5. Siano x, y N
n
con [x] = [y]. Allora x = y.
Denizione 14.6. Una transizione t (N N)
n
si dice inutile se
t
+
= t

, o equivalentemente [t] = 0. Evidentemente allora x(t) = x per


ogni stato x N
n
.
Osservazione 14.7. Siano x, y N
n
. Allora x y [x] | [y].
Osservazione 14.8. Siano x, y N
n
. Allora:
(1) [x + y] = [x][y].
(2) x y = [x] | [y] e [y x] =
[y]
[x]
Osservazione 14.9. Siano x, y N
n
e t (N N)
n
. Allora sono equi-
valenti:
(1) x
t
y.
(2) [t

] | [x] e [y] = [x] +


[x]
[t

]
[t].
Dimostrazione.
(1) =(2) Per ipotesi t

x e y = xt

+t
+
. Allora, per loss. 14.7,
[t

] | [x]
e
[y] = [x t

][t
+
] =
[x]
[t

]
[t
+
] =
[x]
[t

]
([t] + [t

]) = [x] +
[x]
[t

]
[t]
(2) =(1) Sia [t

] | [x] ed [y] = [x] +


[x]
[t

]
[t]. Allora
t

x
ed
[x]
[t

]
= [x t

] per le oss. 14.7 e 14.8. Inoltre


[y] = [x] + [x t

][t] = [x] + [x t

]([t
+
] [t

]) =
= [x] + [x t

][t
+
] [x t

][t

] = [x] + [x t

+ t
+
] [x]
e quindi [y] = [x t

+ t
+
]. Loss. 14.5 implica y = x t

+ t
+
.
97
II. RETI DI PETRI
Esempio 14.10. Consideriamo la rete di Petri nella gura seguente
negli stati x ed y con x
t
y.
1 2
3
1 2
3
x y
t t
Abbiamo
[x] =
2
1

3
, [t] =
3

1

2
[y] =
1

2
3
=
2
1

3
+
1

3
(
3

1

2
) = [x] +
[x]
[t

]
[t]
Esempio 14.11. Consideriamo la rete di Petri nella gura seguente
negli stati x ed y con x
t
y.
1 2
4 5
3
1 2
4 5
3
x y
t t
2
2
2
2
Abbiamo
[x] =
3
1

2
2

5
[t] =
3

2
4

2
2

3
[y] =
2
1

2
4

2
5
=
3
1

2
2

5
+
2
1

5
(
3

2
4

2
2

3
) = [x] +
[x]
[t

]
[t]
Denizione 14.12. Siano x, y N
n
e t (N N)
n
. Diciamo che x e y
sono collegati tramite t se vale x
t
y oppure y
t
x.
In questo caso scriviamo x
t
y.
Nello stesso modo scriviamo x
t1,...,tm
y se x
t1
y oppure esistono
z
1
, . . . , z
m1
tali che x
t1
z
1
t2
z
2
. . . z
m1
tm
y.
Osservazione 14.13. Siano x, y N
n
e t (N N)
n
con x
t
y.
Se vale x
t
y, allora per loss. 14.9 abbiamo [y] [x] =
[x]
[t

]
[t] [t].
Se vale y
t
x, allora per loss. 14.9 abbiamo [x] [y] [t], e quindi
anche in questo caso [y] [x] [t].
Lemma 14.14. Siano x, y N
n
e t
1
, . . . , t
m
(N N)
n
con m 1 tali
che x
t1,...,tm
y. Allora [y] [x] [t
1
], . . . , [t
m
].
Dimostrazione. Induzione su m.
m = 1 : Oss. 14.13.
m1 = m : Per ipotesi x
t1,...,tm
y. Allora x
t1
y, e quindi, di nuovo
per loss. 14.13, [y] [x] [t
1
], oppure esistono z
1
, . . . , z
m1
tali che
98
14. Raggiungibilit ` a in una rete reversibile
x
t1
z
1
t2
z
2
. . . z
m1
tm
y. Per ipotesi dinduzione
[z
m1
] [x] [t
1
], . . . , [t
m1
]; inoltre [y] [z
m1
] [t
m
]. Allora
[y][z
m1
]+[z
m1
][x] [t
1
], . . . , [t
m1
]+[t
m
] = [t
1
], . . . , [t
m1
], [t
m
],
e quindi [y] [x] [t
1
], . . . , [t
m
].
Osservazione 14.15. Siano x, y N
n
e t (N N)
n
. Assumiamo che
esistano e Mon(
1
, . . . ,
n
) e K tali che [y] [x] = e[t]. Sia inoltre
y = x. Allora x
t
y.
Dimostrazione. Si ha in primo luogo [y] [x] = e[t
+
] e[t

]. Poich e
y = x, si ha [y] = e[t
+
] ed [x] = e[t

] oppure [y] = e[t

] ed [x] = e[t
+
].
Nel primo caso t

x, e da
[x]
[t

]
[t
+
] = e[t
+
] = [y] segue x
t
y, nel
secondo caso si ottiene in modo analogo y
t
x.
Lemma 14.16. Siano x, y N
n
e t
1
, . . . , t
m
(NN)
n
. Assumiamo che
esistano e
1
, . . . , e
m
Mon(
1
, . . . ,
n
) e
1
, . . . ,
m
K tali che
[y] [x] =
1
e
1
[t
1
] + +
m
e
m
[t
m
]. Sia inoltre y = x. Allora x
t1,...,tm
y.
Dimostrazione. Induzione su m.
m = 1 : Oss. 14.15.
m1 = m : Si ha in primo luogo
[y] [x] =
1
e
1
[t
+
1
] + +
m
e
m
[t
+
m
]
1
e
1
[t

1
]
m
e
m
[t

m
].
Siccome y = x, deve essere soddisfatta una delle seguenti due condi-
zioni:
(a) Esiste almeno un i con [x] = e
i
[t
+
i
].
(b) Esiste almeno un i con [x] = e
i
[t

i
].
Naturalmente i casi (a) e (b) a priori non si escludono a vicenda. Rac-
cogliendo termini uguali possiamo per` o assumere che solo uno dei due
casi si verichi e soltanto per un unico i.
(1) Nel primo caso sia ad esempio i = 1. Ci` o signica che deve es-
sere
1
= 1, e ponendo [z
1
] := e
1
[t

1
] abbiamo
[y] [z
1
] =
2
e
2
[t
2
] + +
m
e
m
[t
m
].
Per m = 2 si ha y
t2
z
1
, per m > 2 lipotesi di induzione implica
che esistono z
2
, . . . , z
m1
N
n
tali che z
1
t2,...,tm
y. Daltra parte
[z
1
] = e
1
[t

1
], cosicch e t

1
z
1
. Quindi
[z
1
]
[t

1
]
= e
1
, perci` o
[z
1
]
[t

1
]
[t
+
1
] = e
1
[t
+
1
] = x, e ci` o mostra z
1
t
x e quindi x
t1
z
1
.
(2) Anche nel secondo caso possiamo assumere i = 1. Allora con
[z
1
] := e
1
[t
+
1
] abbiamo
[y] [z
1
] =
2
e
2
[t
2
] + +
m
e
m
[t
m
].
Ragionando come prima otteniamo la tesi.
99
II. RETI DI PETRI
Denizione 14.17. Una rete di Petri (P, T) si dice reversibile se per
x, y N
P
e T

con (x, y) esiste T

con (y, x) .
Osservazione 14.18. In molte applicazioni la reversibilit` a di una rete
di Petri ` e desiderata perch e permette di tornare da ogni stato rag-
giunto allo stato di partenza.
Denizione 14.19. Siano x, y N
n
e T (N N)
n
. Diciamo che y ` e
raggiungibile da x in (P, T), se esiste T

tale che (x, y) .


Cfr. def. 3.11.
Teorema 14.20. Siano T = {t
1
, . . . , t
m
} (NN)
n
ed x, y N
n
. Allora:
(1) Se y ` e raggiungibile da x in (P, T), allora [y][x] [t
1
], . . . , [t
m
].
(2) Se la rete di Petri (P, T) ` e reversibile, allora y ` e raggiungibile da
x in (P, T) se e solo se [y] [x] [t
1
], . . . , [t
m
].
Dimostrazione.
(1) Lemma 14.14.
(2) Sia [y][x] [t
1
], . . . , [t
m
]. Allora esistono f
1
, . . . , f
m
K[
1
, . . . ,
m
]
tali che [y] [x] = f
1
t
1
+. . . f
m
t
m
. Se scriviamo ogni f
j
come som-
ma di termini, otteniamo una somma della forma
[y] [x] =
1
e
1
[t

1
] + +
k
e
k
[t

k
], in cui ogni t

j
concide con uno
dei t
i
. Lenunciato segue dal lemma 14.16.
100
15. Basi di Gr obner
Situazione 15.1. K sia un campo e x
1
, . . . , x
n
indeterminate.
Con Mon(x
1
, . . . , x
n
) denotiamo linsieme dei monomi in x
1
, . . . , x
n
.
A partire dalla sit. 15.11 sia dato e ssato un ordine monomiale.
Denizione 15.2. Un ordine monomiale ` e un ordine totale su
Mon(x
1
, . . . , x
n
) con le seguenti propriet` a:
(1) e
1
, e
2
, d Mon(x
1
, . . . , x
n
) con e
1
e
2
= e
1
d e
2
d.
(2) x
i
1 per ogni i.
Il simbolo esclude, come di solito, luguaglianza; e d signica
d e.
Nota 15.3. Diamo i due ordini monomiali pi ` u importanti, e rimandia-
mo per una presentazione pi ` u esauriente a Greuel/Pster, pagg. 9-17,
Adams/Loustaunau, pagg. 18-25, Mora, 2

vol., pagg. 234-247.


Per = (
1
, . . . ,
n
) N
n
poniamo x

:= x
1
1
x
n
n
Mon(x
1
, . . . , x
n
)
e grado x

:=
1
+ +
n
.
(1) Ordine lessicograco:
x

: esiste un indice i con

i
>
i
ed
k
=
k
per ogni k < i.
Ad esempio x
2
1
x
2
x
3
x
1
x
3
2
, x
3
1
x
1
x
2
2
x
3
e x
3
1
x
2
x
3
1
x
2
3
.
In particolare per n = 2 abbiamo
1 x
2
x
2
2
x
1
x
1
x
2
x
1
x
2
2
x
2
1
x
2
1
x
2

x
2
1
x
2
2
x
3
1
x
3
1
x
2
x
3
1
x
2
2
. . .
(2) Ordine lessicograco graduale inverso:
x

: grado x

> grado x

oppure
grado x

= grado x

ed esiste un indice i con

i
<
i
ed
k
=
k
per ogni k > i.
Ad esempio x
1
x
3
2
x
2
1
x
2
x
3
, x
1
x
2
2
x
3
x
3
1
e x
3
1
x
2
3
x
3
1
x
2
.
In particolare per n = 2 abbiamo
1 x
2
x
1
x
2
2
x
1
x
2
x
2
1
x
3
2
x
1
x
2
2
x
2
1
x
2
x
3
1

x
4
2
. . .
Denizione 15.4. Per G K[x
1
, . . . , x
n
] sia
[G] := f K[x
1
, . . . , x
n
] [ esiste g G tale che g [ f.
Evidentemente G [G] G).
Osservazione 15.5. Siano F, G K[x
1
, . . . , x
n
] con G F [G].
Allora F) = G).
Dimostrazione. In primo luogo G F implica G) F). Daltra
parte F [G] G), quindi anche F) G).
101
II. RETI DI PETRI
Proposizione 15.6 (lemma di Dickson). M sia un insieme qualsiasi
di monomi. Allora esiste un insieme nito N tale che N M [N].
Dimostrazione. Greuel/Pster, pag. 13.
Corollario 15.7. M sia un insieme di monomi. Allora esiste un insie-
me nito N M tale che N) = M).
Dimostrazione. Segue dalloss. 15.5 e dalla prop. 15.6.
Osservazione 15.8. sia un ordine monomiale ed e, d Mon(x
1
, . . . , x
n
).
Allora:
(1) e ,= 1 = e 1.
(2) e ,= d e d [ e = d e.
Dimostrazione.
(1) Siccome e ,= 1, esistono i
1
, . . . , i
t
1, . . . , n con e = x
i1
. . . x
it
.
Dagli assiomi della def 15.2 segue e 1.
(2) Per ipotesi
e
d
1. Dal punto (1) della def. 15.2 segue
e
d
d d,
cio` e e d.
Proposizione 15.9. sia un ordine monomiale. Allora ogni sottoin-
sieme non vuoto di Mon(x
1
, . . . , x
n
) possiede un elemento pi ` u piccolo
rispetto a .
Dimostrazione. Sia M Mon(x
1
, . . . , x
n
), M ,= . Allora per la prop.
15.6 esiste un insieme N M [N] nito.
N ` e un insieme nito, sicuramente ,= , totalmente ordinato rispetto
a . Esiste perci` o un elemento pi ` u piccolo d
0
di N. Inoltre d
0
M,
perch e N M.
Sia e M. Siccome M [N], esiste d N tale che d [ e. Per il punto (2)
delloss. 15.8 si ha e = d oppure d e. Inoltre d
o
= d oppure d
0
d,
quindi anche d
0
= e oppure d
0
e per la transistivit` a dellordine
monomiale.
Denizione 15.10. Un termine ` e un polinomio della forma v = e con
e Mon(x
1
, . . . , x
n
) e K 0. In particolare v ,= 0.
Situazione 15.11. Sia ssato un ordine monomiale .
Denizione 15.12. u = d e v = e con , K 0 e
d, e Mon(x
1
, . . . , x
n
) siano due termini. Scriviamo u v se d e e
u[[v se d = e.
Evidentemente u[[v u [ v e v [ u.
Denizione 15.13. Sia f K[x
1
, . . . , x
n
]0. Allora f pu` o essere scritto
in modo unico nella forma f = v
1
+ + v
t
con termini v
1
, . . . , v
t
e
v
1
v
t
. Poniamo
f
c
:= v
1
(conduttore di f)
Termf := v
1
, . . . , v
t

102
15. Basi di Gr obner
Poniamo inoltre Term0 := .
Per un sottoinsieme F K[x
1
, . . . , x
n
] sia F
c
:= f
c
[ f F 0.
Denizione 15.14. Per f, g K[x
1
, . . . , x
n
] siano
f g : f = 0 e g ,= 0 oppure f, g ,= 0 ed f
c
g
c
.
f[[g : f = g = 0 oppure f, g ,= 0 ed f
c
[[g
c
.
Evidentemente vale esattamente una tra le relazioni f g, f[[g,
f g.
Corollario 15.15. Non esiste in K[x
1
, . . . , x
n
] una successione decre-
scente innita f
1
f
2
f
3
. . .
Dimostrazione. Supponiamo che sia data una successione decrescen-
te innita f
1
f
2
f
3
. . . in K[x
1
, . . . , x
n
]. Possiamo assumere che
ogni f
c
j
sia un monomio. Linsieme f
c
1
, f
c
2
, f
c
3
, . . . possiede allora, per
la prop. 15.9, un elemento pi ` u piccolo rispetto a . Ci` o implica che la
successione di partenza non pu` o essere innita.
Denizione 15.16. Un ideale I di K[x
1
, . . . , x
n
] si dice monomiale se
esiste un insieme M di monomi (o, equivalentemente, di termini) tale
che I = M).
Lemma 15.17. M sia un insieme di monomi (o, equivalentemente, di
termini) ed f K[x
1
, . . . , x
n
]. Allora sono equivalenti:
(1) f M).
(2) Termf [M].
(3) Termf M).
(4) f SV (M).
Qui, come sempre, denotiamo con SV (M) lo spazio vettoriale generato
da M.
Dimostrazione.
(1) = (2) : Siano I := M) ed f I.
Se f = 0, allora Termf = [M].
Sia quindi f ,= 0. Allora f = v
1
+ +v
t
con termini v
1
, . . . , v
t
e
v
1
v
t
. Per ipotesi, inoltre, f = g
1
e
1
+ . . . g
m
e
m
con
e
1
, . . . , e
m
M e g
1
, . . . , g
m
K[x
1
, . . . , x
n
]. Possiamo assume-
re g
j
,= 0 per ogni j. Possiamo scrivere g
1
= w
11
+ +w
1k1
, . . . ,
g
m
= w
m1
+ +w
mkm
con termini w
ij
. Allora
w
11
e
1
+ +w
1k1
e
1
+ +w
m1
e
m
+ +w
mkm
e
m
= v
1
+ +v
t
.
Siccome v
1
v
t
, devono esistere K e i, j tali che
v
1
= u
ij
e
j
. Ci` o implica v
1
[M]. Nello stesso modo si vede che
v
2
, . . . , v
t
[M].
(2) = (3) = (4) = (1) : Chiaro.
Corollario 15.18. Due ideali monomiali coincidono se e solo se con-
tengono gli stessi monomi.
103
II. RETI DI PETRI
Corollario 15.19. M sia un insieme di monomi (o, equivalentemente,
di termini) e v un termine. Allora v M) v [M].
Denizione 15.20. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
]. Una base di Gr obner
di I ` e un sottoinsieme nito G I tale che G
c
) = I
c
).
Proposizione 15.21. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
]. Per un sottoin-
sieme nito G I sono equivalenti:
(1) G ` e una base di Gr obner di I.
(2) I
c
[G
c
].
Dimostrazione.
(1) = (2) : G sia una base di Gr obner di I, cio` e G
c
) = I
c
). Sia
v I
c
. Allora v G
c
), e dal cor. 15.19 segue che v [G
c
].
(2) = (1) : Si ha G
c
I
c
perch e G I. Sia I
c
[G
c
]. Allora
G
c
I
c
[G
c
], e dalloss. 15.5 segue I
c
) = G
c
).
Proposizione 15.22. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
]. Allora esiste una
base di Gr obner di I.
Dimostrazione. Se I = 0, non c ` e niente da dimostrare, infatti
I
c
) = 0
c
) = ) = 0.
Sia I ,= 0. Allora per il cor. 15.7 esiste un insieme nito N I
c
con N) = I
c
). Siccome N I
c
, esistono g
1
, . . . , g
m
I con
N = g
c
1
, . . . , g
c
m
. Allora G = g
1
, . . . , g
m
` e una base di Gr obner. Infatti
G
c
) = N) = I
c
).
Nota 15.23. Siano f K[x
1
, . . . , x
n
] e g
1
, . . . , g
m
K[x
1
, . . . , x
n
] 0. Per
h
1
, . . . , h
m
, , r K[x
1
, . . . , x
n
] deniamo la seguente condizione in 4
punti:
(1) f = g
1
h
1
+. . . g
m
h
m
+r +.
(2) Termr [g
c
1
, . . . , g
c
m
] = .
(3) [[f oppure f.
(4) Per ogni j vale g
j
h
j
[[f oppure g
j
h
j
f.
Consideriamo adesso il seguente algoritmo in pseudocodice:
h
1
= = h
m
= 0; r = 0; = f # La condizione `e soddisfatta.
while :
if esiste k con g
c
k
[
c
:
scegliamo il pi` u piccolo k con questa propriet`a
u =
c
[ g
c
k
; = ug
k
; h
k
= h
k
+u # 1
# La condizione `e soddisfatta.
else: p =
c
; = p; r = r +p # 2
# La condizione `e soddisfatta, perche abbiamo
# aggiunto ad r il termine
c
che non `e
# divisibile per nessun g
c
k
.
104
15. Basi di Gr obner
Teorema 15.24. Siano f K[x
1
, . . . , x
n
] e g
1
, . . . , g
m
K[x
1
, . . . , x
n
] 0.
Lalgoritmo di divisione della nota 15.23 termina sempre. Abbiamo in
particolare una rappresentazione
f = g
1
h
1
+ +g
m
h
m
+r
con h
1
, . . . h
m
K[x
1
, . . . , x
n
] con le seguenti propriet ` a:
(1) Termr [g
c
1
, . . . , g
c
m
] = .
(2) Per ogni j vale g
j
h
j
[[f oppure g
j
h
j
f.
Dimostrazione. In entrambi i casi #1, #2 dellalgoritmo, il nuovo
` e del vecchio, e dal cor. 15.15 segue che lalgoritmo termina neces-
sariamente con = 0. In ogni passaggio la condizione ` e soddisfat-
ta, e ci` o implica f = g
1
h
1
+ + g
m
h
m
+ r e anche i punti (1) e (2)
dellenunciato.
Denizione 15.25. Nella situazione del teorema 15.24 scriviamo
(f, g
1
, . . . , g
m
) := r.
Si possono facilmente trovare esempi che mostrano che sia gli h
j
che
r dipendono dallordine in cui sono elencati i g
j
.
Proposizione 15.26. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
] e G una base di
Gr obner di I. Allora G) = I.
Dimostrazione. Una base di Gr obner ` e per denizione nita e con-
tenuta in I. Abbiamo quindi G = g
1
, . . . , g
m
e possiamo assumere
che g
k
,= 0 per ogni k. Siano f I ed r := (f, g, . . . , g
m
). Allora
f = g
1
h
1
+ +g
m
h
m
+r con h
1
, . . . , h
m
K[x
1
, . . . , x
n
]. Se quindi r = 0,
allora f G). Sia perci` o r ,= 0. Siccome r = f g
1
h
1
+ +g
m
h
m
I,
si ha per` o r
c
I
c
G
c
). Il cor.15.19 implica r
c
[G
c
], una contraddi-
zione.
Corollario 15.27 (teorema della base di Hilbert). I sia un ideale
di K[x
1
, . . . , x
n
]. Allora esiste un insieme nito G I con G) = I.
Dimostrazione. Prop. 15.22 e 15.26.
Lemma 15.28. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
] ed f K[x
1
, . . . , x
n
].
Gsia una base di Gr obner di I. Allora esiste un polinomio r K[x
1
, . . . , x
n
],
univocamente determinato, con le seguenti propriet ` a:
(1) f r I.
(2) Termr [G
c
] = .
Dimostrazione. Lesistenza segue direttamente dal teorema 15.24.
Dimostriamo lunicit` a. Siano s un secondo polinomio e f s I e
Term[G
c
] = . Sia r s ,= 0. Allora r s = r f + f s I e
quindi (r s)
c
I
c
) = G
c
). Per il cor. 15.19 abbiamo (r s)
c
[G
c
].
Distinguiamo i seguenti tre casi:
(1) r s. Allora (r s)
c
= s
c
ed s
c
[G
c
], una contraddizione.
(2) s r. Nello stesso modo.
105
II. RETI DI PETRI
(3) r[[s. Allora (r s)
c
= r
c
con K 0, perci` o di nuovo r
c
[G
c
],
una contraddizione.
Denizione 15.29. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
] ed f K[x
1
, . . . , x
n
].
G = g
1
. . . . , g
m
sia una base di Gr obner di I. Per il lemma 15.28
r := (f, g
1
, . . . , g
m
) non dipende dallordine in cui sono elencati i g
k
.
Poniamo perci` o (f, G) := r.
Proposizione 15.30. I sia un ideale di K[x
1
, . . . , x
n
] ed f K[x
1
, . . . , x
n
].
G sia una base di Gr obner di I. Allora f I (f, G) = 0.
Dimostrazione.
=: Sia f I. Allora r = 0 soddisfa le condizioni del lemma 15.28,
ma ci` o vale anche per r = (f, G). Lunicit` a nel lemma 15.28 implica
(f, G) = 0.
=: Chiaro.
Osservazione 15.31. La dimostrazione dellesistenza di una base di
Gr obner si basa sul lemma di Dickson, che non ` e costruttivo. Median-
te lalgoritmo di Buchberger le basi di Gr obner si possono trovare in
modo algoritmico, cfr. ad esempio Gathen/Gerhard, pagg. 596-601.
106
16. Operatori ternari
Denizione 16.1. P sia linsieme dei numeri primi.
Nota 16.2. (P, T) sia una rete di Petri. Possiamo assumere che P sia
un insieme di numeri primi, ad esempio P = {p
1
, . . . , p
n
} con primi
distinti p
i
. Ad ogni stato x N
P
corrisponde allora univocamente il
numero = p
xp1
1
. . . p
xpn
n
N + 1 e viceversa ogni numero N + 1, i
cui divisori primi appartengono tutti a P, determina uno stato x N
P
.
Nello stesso modo ogni transizione t = (t

, t
+
) determina una coppia
= (

,
+
) (N + 1) (N + 1) e viceversa, se ci limitiamo a numeri i
cui divisori primi appartengono a P.
In questo capitolo identicheremo x con e t con .
Esempio 16.3. Consideriamo la rete di Petri data dal graco
2 3
11
5
7
t
s
2
4
2
t = (2
4
3, 5) = (48, 5)
s = (5
2
7
2
, 11) = (1225, 11)
x = 2
2
5 11 = 220
Nota 16.4. P, T, x, , t, siano come nella nota 16.2. La transizione t ` e
eseguibile nello stato x se e solo se t

x, quindi se e solo se

| .
In questo caso x si trasforma in uno stato x

che corrisponde al nu-


mero

= (

)
+
N + 1.
Denizione 16.5. Deniamo un operatore ternario su Z nel modo se-
guente. Per a, b, c Z sia
[a, b, c] =

c se a = b = 0
a se b a
a
b
c se b = 0 e b | a
Osservazione 16.6. Nella seguente denizione utilizziamo che per
p P ed a, b Z vale p | ab p | a oppure p | b.
Denizione 16.7. Per T Z Z nito sia
P
T
:= {p P | esiste t = (t

, t
+
) T con p | t

t
+
}
Con lidenticazione della nota 16.2 otteniamo cos` una rete di Petri
(P
T
, T). Per x Z sia analogamente
P
x
:= {p P | p | x}
linsieme dei divisori primi di x.
107
II. RETI DI PETRI
Esempio 16.8. Sia T = {(7, 4), (12, 7), (135, 11)}.
Allora T = {t, s, r} con
t = (7, 4) = (7, 2
2
)
s = (12, 7) = (2
4
3, 7)
r = (135, 11) = (3
3
5, 11)
P
T
= {2, 3, 5, 7, 11}
La rete di Petri denita da T ha la rappresentazione graca
2 3
11
5
7
t s r
4
3
2
Denizione 16.9. Per x Z e t Z Z sia x(t) := [x, t

, t
+
].
Osservazione 16.10. Siano T ZZ nito ed x N+1 con P
x
P
T
.
Allora, nel senso della nota 16.2, x pu` o essere considerato come stato
della rete di Petri (P
T
, T) e loperazione introdotta nella denizione
16.9 ` e equivalente a quella della def. 7.9.
Questa interpretazione ` e forse anche interessante dal punto di vi-
sta della teoria dei numeri. Una rete di Petri pu` o ad esempio essere
rappresentata come un insieme nito nel quadrante positivo N[i] degli
interi di Gauss:
(t

, t
+
)
Nota 16.11. Nella teoria generale spesso si considerano anche reti di
Petri insiemistiche (o reti di condizioni ed eventi) denite come coppie
(P, T) con
(1) P ` e un insieme nito.
(2) T P(P) P(P).
Uno stato in questo caso ` e denito come un insieme x P(P); gli
elementi di T si chiamano di nuovo transizioni. Le transizioni sono
denite tramite un operatore ternario
x(t) := [x, t

, t
+
]
per x P(P), t T, dove, per A, B, C P,
[A, B, C] =

(A \ B) C) se B A
A altrimenti
108
17. Simulazione di reti di Petri
Osservazione 17.1. In questo capitolo vedremo un programma in
Python per la simulazione di reti di Petri. Nel le petrisim.py viene
denita soprattutto una classe statopetri come sottoclasse di dict e
inoltre la funzione tpetri, che serve per le transizioni, e la funzione
controllainvarianzapetri, il signicato della quale sar` a spiegato nel
prossimo capitolo.
Esempio 17.2. Consideriamo la rete di Petri
b
t
0
a
t
1
c
t
2
d
t
3
e
con uno stato iniziale dato da
x = a + d
Per la simulazione usiamo i comandi
execfile(petrisim.py)
t0=tpetri(b->a)
t1=tpetri(a->b+c)
t2=tpetri(c+e->d)
t3=tpetri(d->e)
T=[t0,t1,t2,t3]
x=statopetri(a+d)
(stati,tr)=x.simul(T,40)
for x in stati: print x
Risultati tipici di una simulazione di questo tipo sono
a + d
a + e
b + c + e
b + d
a + d
b + c + d
b + c + e
a + c + e
a + d
b + c + d
b + c + e
b + d
b + e
a + e
b + c + e
a + c + e
a + d
a + e
b + c + e
b + d
b + e
a + e
b + c + e
b + d
b + e
a + e
b + c + e
109
II. RETI DI PETRI
a + c + e
b + 2c + e
b + c + d
a + c + d
a + c + e
a + d
b + c + d
a + c + d
b + 2c + d
b + 2c + e
b + c + d
b + c + e
b + d
a + d
Gi ` a in questo semplice esempio si vede la grande applicazione delle re-
ti di Petri. Si verica facilmente che non solo lordine in cui appaiono
gli stati pu` o essere in due simulazioni molto diverso, ma anche la fre-
quenza in cui uno stato appare pu` o essere diversa da una simulazione
allaltra.
Nota 17.3. Il le petrisim.py.
def controllainvarianzapetri (T,stringa):
alfa=statopetri(stringa)
for t in T:
s=0; (tm,tp)=t
for a in alfa: s+=alfa[a]*(tp[a]-tm[a])
if s: return 0 # trovata un elemento di alfa*D non 0
return 1
def tpetri (a): # definisce una transizione nella forma 2a+3b->c+2d
(u,v)=re.split(r->,a)
return [statopetri(u),statopetri(v)]
class statopetri (dict):
def __add__ (A,B): # operatore +
C=statopetri(diz=A)
for p in B: C[p]=C[p]+B[p]
return C
def __getitem__ (A,p): # ridefinisce A[p]
return A.get(p,0)
def __init__ (A,stringa=None,diz=None):
if diz:
for x in diz: A[x]=diz[x]
else:
stringa=stringa.strip()
pm=re.compile((?<!^)-); stringa=pm.sub(+-,stringa)
sep=re.compile(r\s*\+\s*); parti=sep.split(stringa.strip())
espcoeff=re.compile(r^(-?\d*)\s*(.+)$)
def f (x):
ris=espcoeff.search(x)
if ris: (n,a)=ris.groups()
if n==: n=1
elif n==-: n=-1
else: n=int(n)
return (a,n)
for (a,n) in map(f,parti): A[a]=n
def __le__ (A,B): # operatore <=
for p in A:
if A[p]>B[p]: return 0
return 1
def __str__ (A): # formato per la stampa
u=[]
for a in sorted(A):
xa=A[a] # x_a
if xa>1: u.append(%d%s %(xa,a))
elif xa==1: u.append(a)
return + .join(u)
def __sub__ (A,B): # operatore - per B<=A
C=statopetri(diz=A)
for p in B: C[p]=C[p]-B[p]
return C
# n e il numero di transizioni desiderato.
# Con f possono essere impostate nuove leggi di transizione.
# rip=0 significa che transizioni non possono essere rispettate.
110
17. Simulazione di reti di Petri
def simul (A,T,n,maxtent=10000,f=None,rip=1):
x=A; stati=[x]; transizioni=[]; k=tent=0; ltm=len(T)-1
while k<n and tent<maxtent:
if not rip and len(transizioni)>ltm: break
tent+=1; i=random.randint(0,ltm)
if not rip and i in transizioni: continue
(t1,t2)=T[i]
if not t1<=x: continue
if not f: x=x-t1+t2
else: x=f(x,t1,t2)
stati.append(x); transizioni.append(i); k+=1
return (stati,transizioni)
Nel programma i coefcienti negativi sono utilizzati negli invarianti
deniti mediante vettori appartenenti a Z
P
.
Esempio 17.4. La rete di Petri
corrisponde al meccanismo di divisione di una cellula staminale. Si
vede che il numero delle cellule differenziali aumenter` a sempre di pi ` u.
Una crescita controllata si ottiene con la rete di Petri
b
t
0
a
t
1
c
t
2
d
t
3
e
con uno stato iniziale dato da
x = a + e
Per la simulazione usiamo i comandi
execfile(petrisim.py)
t0=tpetri(b->a)
t1=tpetri(a+e->b+c)
t2=tpetri(c->d)
t3=tpetri(d->e)
T=[t0,t1,t2,t3]
x=statopetri(a+e)
(stati,tr)=x.simul(T,40)
for x in stati: print x
Risultati tipici di una simulazione di questo tipo sono
a + e
b + c
b + d
a + d
a + e
b + c
111
II. RETI DI PETRI
b + d
b + e
a + e
b + c
b + d
b + e
a + e
b + c
a + c
a + d
a + e
b + c
b + d
a + d
a + e
b + c
a + c
a + d
a + e
b + c
b + d
b + e
a + e
b + c
a + c
a + d
a + e
b + c
a + c
a + d
a + e
b + c
a + c
a + d
a + e
Si vede che si ha sempre
x
a
+ x
b
= 1
x
c
+ x
d
+ x
e
= 1
cio` e x
a
+ x
b
e x
c
+ x
d
+ x
e
sono invarianti (cfr. capitolo 18).
112
18. Invarianti
Situazione 18.1. (P, T) sia una rete di Petri.
Denizione 18.2. Per x N
P
sia R(x) linsieme degli stati raggiungi-
bili a partire da x. Cfr. def. 14.19.
Denizione 18.3. Un invariante della rete di Petri (P, T) ` e unapplica-
zione : N
P
Z tale che per ogni x, y N
P
, con y R(x), si abbia
sempre (x) = (y).
`
E chiaro che ` e sufciente chiedere che per t T, x
t
y implica
(x) = (y).
Osservazione 18.4. Spesso si cercano invarianti lineari (def. 18.9).
Bench e sia molto difcile trovare invarianti, in genere ` e facile veri-
care che una data applicazione : N
P
Z ` e un invariante. Nella
ricerca di invarianti si possono usare metodi di ottimizzazione, tra cui
anche metodi di ottimizzazione genetica.
Denizione 18.5. Associamo alla rete di Petri (P, T) tre matrici
D

, D
+
, D Z
P
T
nel modo seguente:
(D

)
a
t
:= t

a
(matrice delle entrate)
(D
+
)
a
t
:= t
+
a
(matrice delle uscite)
D
a
t
:= t
+
a
t

a
(matrice delle differenze)
Sia quindi D = D
+
D

. Ad ogni t T corrispondono nelle tre matrici


le colonne D

t
= t

, D
+
t
= t
+
, D
t
= t
+
t

.
Esempio 18.6. La rete di Petri (P, T) sia data dalla rappresentazione
graca
b
t
a
s
c
r
d
p
e
2 2
3
Allora le tre matrici sono
D

=
t s r p
a
b
c
d
e

0 2 0 0
1 0 0 0
0 0 3 0
0 0 0 2
0 0 1 0

113
II. RETI DI PETRI
D
+
=
t s r p
a
b
c
d
e

1 0 0 0
0 1 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 1

D =
t s r p
a
b
c
d
e

1 2 0 0
1 1 0 0
0 1 3 0
0 0 1 2
0 0 1 1

Osservazione 18.7. Sia =


a

a
Z
P
. Allora possiamo denire la
funzione : N
P
Z ponendo
(x) := , x =

aP

a
x
a
.
Siano x, y N
P
, t T, x
t
y. Allora t

x e y = x t

+ t
+
, perci` o
(y) := , x t

+ t
+
= (x) +, t
+
t

= (x) +, D
t

e quindi (y) (x) = D


t
se si considera come vettore riga.
Proposizione 18.8. La funzione denita da un vettore Z
P
come
nelloss. 18.7 ` e un invariante se e solo se D = 0.
Dimostrazione.
(1) Per D = 0 lenunciato segue dalloss. 18.7.
(2) sia un invariante e t T. Allora per ipotesi
D
t
= (t
+
) (t

) = 0.
Denizione 18.9. Linvariante che si ottiene da un vettore Z
P
con D = 0 si dice lineare. Spesso in seguito chiameremo stesso un
invariante lineare.
Osservazione 18.10. Per controllare che un vettore Z
P
sia un in-
variante, in Python possiamo usare la funzione controllainvarianza
vista nella nota 17.3.
Nota 18.11. Un modello per la differenziazione cellulare.
a = cellula staminale
b = primo stadio di differenziazione
c = secondo stadio di differenziazione
u = mancanza di b
v = mancanza di c
114
18. Invarianti
a u
t
1
t
2
b
v c
t
3
t
1
= (a + u, a + b)
t
2
= (b + v, c + u)
t
3
= (b + c, b + v)
Il processo che avviene ` e il seguente:
x
0
= a+u+v
t1
a+b+v
t2
a+u+c
t1
a+b+c
t3
a+b+v
t2
. . .
come illustrato dalla gura:
t
2
a u
t
1
t
2
b
v c
t
3
a u
t
1
t
2
b
v c
t
3
a u
t
1
t
2
b
v c
t
3
a u
t
1
t
2
b
v c
t
3
t1

t
1
t
3
Si verica allora che, con lo stato di partenza scelto, per ogni stato
successivo valgono sempre le condizioni
x
b
+ x
u
= 1
x
c
+ x
v
= 1
1 x
b
+ x
c
2
115
II. RETI DI PETRI
Dimostrazione. Le due uguaglianze sono immediate; dimostriamo
perci` o che per x
t
y vale sempre
1 x
b
+ x
c
2 = 1 y
b
+ y
c
2
Assumiamo quindi che x
t
y e 1 x
b
+ x
c
2. Allora
y
b
+ y
c
= x
b
+ x
c
t

b
t

c
+ t
+
b
+ t
+
c
(1) Sia t = t
1
. In questo caso abbiamo
y
b
+y
c
= x
b
+x
c
00+1+0 = x
b
+x
c
+1. t
1
pu` o per` o avvenire
solo se x
u
= 1 e la condizione x
b
+ x
u
= 1 implica x
b
= 0, per
cui y
b
+ y
c
= x
c
+ 1. Ma x
c
+ x
v
= 1 implica x
c
{0, 1}, cosicch e
x
c
+ 1 {1, 2}.
(2) Sia t = t
2
. In questo caso abbiamo
y
b
+y
c
= x
b
+x
c
10+0+1 = x
b
+x
c
e lenunciato ` e banalmente
vero.
(3) Sia t = t
3
. In questo caso abbiamo
y
b
+y
c
= x
b
+x
c
11+1+0 = x
b
+x
c
1. Per` o t
3
pu` o avvenire
solo se x
b
= x
c
= 1, e ci` o implica y
b
+ y
c
= 1 + 1 1 = 1.
116
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
19. Contesti formali
Denizione 19.1. Un contesto formale ` e una tripla (G, M, I) tale che
(1) G ed M sono niti.
(2) I GM.
(3) G M = .
Gli elementi di G si chiamano oggetti, gli elementi di M attributi del
contesto formale.
Osservazione 19.2. Un contesto formale pu` o essere rappresentato
mediante una tabella a crocette come nellesempio che segue (in cui
tra parentesi sono indicate le abbreviazioni usate nella tabella):
G = {Beethoven(b), Dante(d), Euclide(e), Fibonacci(f), Galileo(g),
Kant(k), Manzoni(m), Shakespeare(s), V ivaldi(v), Zermelo(z)}
M = {compositore(c), filosofo(f), italiano(i), matematico(m),
scrittore(s), tedesco(t)}
c f i m s t
b x x
d x x
e x
f x x
g x x x
k x x
m x x
s x
v x x
z x x x
Tramite le tecniche dellanalisi formale dei concetti si possono estrarre
informazioni contenute in una tale tabella, in una forma matematica,
come vedremo in seguito.
Denizione 19.3. Per un contesto formale (G, M, I) deniamo le
applicazioni

: P(G) P(M) e

: P(M) P(G) nel modo seguen-
te:
Per A G sia A

:= {m M | (a, m) I per ogni a A},


per E M sia E

:= {g G | (g, e) I per ogni e E}.


Siccome G M = , P(G) P(M) = {} = . La notazione ` e quindi
essenzialmente unica; solo

ha due signicati: infatti

= G rispet-
tivamente

= M.
Osservazione 19.4. (G, M, I) sia un contesto formale e A, B G,
E, F M. Allora:
117
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
(1) A B = B

.
E F = F

.
(2) A A

.
E E

.
A parte la circostanza non essenziale che P(G) P(M) = {} = ,
siamo perci` o in presenza di una connessione di Galois tra P(G) e P(M)
per la quale rimane valida quindi la teoria esposta nel capitolo 2. In
particolare sappiamo dalla prop. 2.9 che A G ` e chiuso se e solo se
esiste un insieme E M con A = E

e similmente E M ` e chiuso se
e solo se esiste un insieme A G con E = A

Esempio 19.5. Consideriamo il contesto formale delloss. 19.2. Calco-


liamo A

e A per ogni A G con A

= scrivendo cf per {cf}, ecc... e


indicando con chiusure gi ` a calcolate.
A c f i m s t A

= A
b x x ct b
d x x is dm
e x m efgz
f x x im fg
g x x x m g
k x x ft kz
m x x
s x s dms
v x x ci v
z x x x fmt z
bv x c bv
gk x
gz x x mf gz
kz x x
df x i dfgmv
dg x
dm x x
dv x
fg x x
fm x
fv x
gm x
gv x
mv x
ef x
eg x
ez x
fz x
ds x
ms x
bk x
bz x t bkz
gkz x f gkz
dfg x
dfm x
dfv x
dgm x
dgv x
118
19. Contesti formali
A c f i m s t A

= A
dmv x
fgm x
fgv x
fmv x
gmv x
efg x
efz x
egz x
fgz x
dms x
bkz x
dfgm x
dfgv x
dfmv x
dgmv x
fgmv x
efgz x
dfgmv x
I chiusi di G sono esattamente gli insiemi , b, g, v, z, dm, fg, kz, bv, gz,
bkz, gkz, dms, efgz, dfgmv, G.
I chiusi di M sono esattamente gli insiemi , m, s, c, t, i, f, ct, is, im, ft,
ci, mf, fim, fmt, M.
Denizione 19.6. X sia un insieme. Un operatore di chiusura su X ` e
unapplicazione

: P(X) P(X) tale che:
(1) = .
(2) A A per ogni A X.
(3) A B = A B per ogni A, B X.
Dalla (2) segue immediatamente che X = X
Loperatore di chiusura si chiamo esatto (o idempotente) se A = A
per ogni A X.
Denizione 19.7. (G, M, I) sia un contesto formale. Diciamo che:
(1) (G, M, I) non contiene righe piene se M

= ;
(2) (G, M, I) non contiene colonne piene se G

= .
Proposizione 19.8. (G, M, I) sia un contesto formale che non contiene
righe o colonne piene. Allora le applicazioni
A
A : P(G) P(G) e

E
E : P(M) P(M) sono operatori di chiusura esatti.
Dimostrazione. Per simmetria ` e sufciente dimostrare lenunciato
per P(G). Siano A, B G.
(1) Per ipotesi G

= . Allora =

= M

= perch e il contesto
non contiene righe piene.
(2) A A

= A per la def. 2.2.


(3) Sia A B. Per loss. 19.4 allora B

, e quindi A

,
cio` e A B.
119
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Lemma 19.9. (G, M, I) sia un contesto formale.
(1) Sia A P(G). Allora (

AA
A)

AA
A

.
(2) Sia E P(M). Allora (

EE
E)

EE
E

.
Dimostrazione.
(1) In primo luogo (

AA
A)

per ogni B A, quindi


(

AA
A)


AA
A

.
Sia viceversa e

AA
A

. Sia g

AA
A. Allora esiste un A A
con g A. Per ipotesi e A

, quindi (g, e) I. Ci` o mostra che


e (

AA
A)

.
(2) Nello stesso modo.
Corollario 19.10. (G, M, I) sia un contesto formale.
(1) Sia A P(G) e A chiuso per ogni A A. Allora

AA
A ` e chiusa.
(2) Sia E P(M) e E chiuso per ogni E E. Allora

EE
E ` e chiusa.
Dimostrazione.
(1) Per il lemma 19.9 e loss. 19.4 lintersezione

AA
A =

AA
A

= (

AA
A

` e chiusa.
(2) Nello stesso modo.
Denizione 19.11. (G, M, I) sia un contesto formale. Un chiuso A di
G e un chiuso E di M si dicono coniugati se E = A

oppure equivalen-
temente A = E

. Lequivalenza delle due condizioni segue dal teorema


2.11.
Un concetto del contesto ` e una coppia (A, E) di chiusi coniugati (con
A G e E M).
Denotiamo con C(G, M, I) linsieme di tutti i concetti di (G, M, I).
Lemma 19.12. (G, M, I) sia un contesto formale, A G e E M.
Allora sono equivalenti:
(1) A E I.
(2) E A

.
(3) E A

.
(4) A E

.
(5) A E

.
Dimostrazione. Lequivalenza dei punti (2),(3),(4),(5) segue dal lem-
ma 2.8. Lequivalenza tra (1) e (2) segue direttamente dalla denizio-
ne.
Corollario 19.13. (G, M, I) sia un contesto formale ed (A, E), rispetti-
vamente (B, F), due coppie di chiusi coniugati. Allora
120
19. Contesti formali
A B F E.
Dimostrazione.
=: Sia A B. Per ipotesi Aed E sono chiusi coniugati, cio` e A

= E
e B

= F. Perci` o F = B

= E.
= : Nello stesso modo.
Lemma 19.14. (G, M, I) sia un contesto formale e A, B G, E, F M.
Allora:
(1) A B = (A

.
E F = (E

.
(2) A, B chiusi = (A B)

= A

.
E, F chiusi = (E F)

= E

.
(3) (A, E), (B, F) siano concetti. Allora (A B)

= E F.
(A, E), (B, F) siano concetti. Allora (E F)

= A B.
Dimostrazione. Per simmetria dobbiamo solo dimostrare la met` a
degli enunciati.
(1) Per il lemma 19.9 A B = (A B)

= (A

.
(2) Se A, B sono chiusi, abbiamo A = A = A

e B = B = B

.
Allora (A B)

= (A

(1)
= A

.
(3) Per ipotesi gli insiemi A, B, E, F sono chiusi con A

= E,
B

= F, perci` o (A B)

(2)
= A

= E F.
Corollario 19.15. (A, E), (B, F) siano concetti del contesto formale
(G, M, I). Allora anche (A B, E F) e (A B, E F) sono concetti
di (G, M, I).
Dimostrazione. Segue direttamente dal punto (3) del lemma 19.14.
Infatti per ipotesi A, B, E, F sono chiusi, perci` o A B e E F sono
chiusi. Quindi (AB)

= E F, per cui (AB, E F) ` e una coppia di


chiusi coniugati, cio` e un concetto, e analogamente (E F)

= A B,
quindi (A B, E F) ` e un concetto.
Teorema 19.16. (G, M, I) sia un contesto formale. Introduciamo su
C(G, M, T) una relazione ponendo (A, E) (B, F) : A B.
Allora C(G, M, T) ` e un reticolo che si chiama il reticolo dei concetti di
(G, M, T). In questo reticolo e sono dati da
(A, E) (B, F) = (A B, E F)
(A, E) (B, F) = (A B, E F)
Dimostrazione.
`
E chiaro che ` e un ordine parziale.
(A, E) e (B, F) siano concetti.
(1) Per il cor. 19.15 (A B, E F) ed (A B, E F) sono concetti.
(2)
`
Einoltre chiaro che (A, E) (A B, EF) e (B, F) (A B, E F).
Sia (C, D) un concetto tale che (A, E) (C, D) e (B, F) (C, D),
cio` e A C e B C. Allora A B C, e quindi anche
A B C = C, perci` o (A B, E F) (C, D).
121
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
(3) Nello stesso modo si dimostra che (A, E)(B, F) = (AB, E F).
Esempio 19.17. Dallesempio 19.5 troviamo subito il diagramma di
Hasse del reticolo dei concetti di quel contesto:
G

Dante Fibonacci Galileo Manzoni Vivaldi


italiano
Euclide Fibonacci Galileo Zermelo
matematico
Beethoven Kant Zermelo
tedesco
Dante Manzoni Shakespeare
scrittore
Galileo Kant Zermelo
losofo
Beethoven Vivaldi
compositore
Dante Manzoni
scrittore italiano
Fibonacci Galileo
matematico italiano
Galileo Zermelo
matematico losofo
Kant Zermelo
losofo tedesco
Beethoven
compositore tedesco
Galileo
losofo matematico italiano
Vivaldi
compositore italiano
Zermelo
losofo matematico tedesco

M
Denizione 19.18. (G, M, I) sia un contesto formale, A G e E M.
Poniamo:

A := (A, A

E := (E

, E)

A e

E sono evidentemente concetti.
Osservazione 19.19. (G, M, I) sia un contesto formale, A Ge E M.
Allora:
(1)

A ` e il pi ` u piccolo concetto (B, F) con A B.
(2)

E ` e il pi ` u grande concetto (B, F) con E F.
(3) A E I

A

E.
(4) Per a G, m M si ha in particolare (a, m) I a m.
Possiamo quindi ricostruire la relazione di incidenza I dal reti-
colo dei concetti.
Dimostrazione.
(1) (B, F) sia un concetto con A B. Allora A B = B, quindi

A = (A, A

) (B, F).
(2) (B, F) sia un concetto con E F. Allora B = F

, per cui
(B, F) (E

, E) =

E.
(3) Per denizione

A

E A E

. Per il lemma 19.12 per` o


A E

A E I.
(4) Caso generale di (3).
122
20. Calcolo del reticolo dei concetti
Situazione 20.1. (G, M, I) sia un contesto formale e su G sia dato un
ordine totale che denotiamo con <. Per insiemi A, B sia come di solito
AB := (A \ B) (B \ A).
Osservazione 20.2. In questo capitolo rappresentiamo un algoritmo
(inventato da Bernhard Ganter) per il calcolo dei concetti di un conte-
sto, seguendo Ganter/Wille, pagg. 66-68.
Denizione 20.3. Per A, B G e g G poniamo:
(1) Minori(g) := {h G | h < g}.
Minori(g, A) := Minori(g) A.
(2) A < B : A = B e min AB B.
Evidentemente A < B : esiste g B \ A tale che
Minori(g, A) = Minori(g, B).
(3) A <
g
B : g = minAB e g B.
Evidentemente A <
g
B : g B \ A e
Minori(g, A) = Minori(g, B).
Si noti che per g, h G si ha {g} < {h} h < g.
Osservazione 20.4. < ` e un ordine totale su P(G).
Dimostrazione. Sia A G. Evidentemente non ` e possibile che si ab-
bia A < A. Siano A, B G ed A = B. Allora AB = .
Sia g := minBA. Se g A \ B, allora B < A, altrimenti necessaria-
mente g B \ A, e quindi A < B.
Esempio 20.5. Sia G = {1, 2, 3, 4} con lordine naturale. Allora nellordine
totale della def. 20.3 (se scriviamo 12 per linsieme {1, 2}, ecc...) abbia-
mo:
< 4 < 3 < 34 < 2 < 24 < 23 < 234 < 1 < 14 < 13 < 134 < 12 <
< 124 < 123 < 1234.
Osservazione 20.6. Sia A B G. Allora A < B.
Dimostrazione. Per ipotesi AB = B \ A = . Inoltre AB B, e
quindi minAB B.
Osservazione 20.7. Linsieme chiuso pi ` u piccolo (rispetto a <) di G
` e . Nellalgoritmo che adesso presenteremo, per ogni chiuso A G
si determina linsieme chiuso immediatamente pi ` u grande. In questo
modo si ottengono tutti i chiusi di G e con essi anche tutti i concetti.
Denizione 20.8. Per A G e g G sia A
g
:= Minori(g, A) {g}.
Evidentemente g A
g
.
Lemma 20.9. Siano A, B, C G e g, h G con g < h. Allora
A <
g
B e A <
h
C = C <
g
B.
123
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che g B \ C e
Minori(g, C) = Minori(g, B).
(1) Per ipotesi g B \ A, cosicch e g B. Sia g C.
Allora g Minori(h, C) = Minori(h, A), quindi g A, una con-
traddizione.
(2) Minori(g, B) = Minori(g, A) = Minori(h, A) \ [g, h] =
= Minori(h, C) \ [g, h] = Minori(g, C).
Lemma 20.10. Siano A, B, C G, g G e A <
g
B. Allora A
g
B.
Dimostrazione. Per ipotesi g B \ A e Minori(g, A) = Minori(g, B).
Siccome g B, si ha Minori(g, B) {g} B. Ci` o implica
A
g
= Minori(g, A) {g} = Minori(g, B) {g} B.
Osservazione 20.11. Siano A G e g G. Allora
Minori(g, A) Minori(g, A
g
).
Dimostrazione. Sia h Minori(g, A). Allora, in particolare, h Minori(g)
e h Minori(g, A) {g} Minori(g, A) {g} A
g
. In conclusione
h Minori(g) A
g
= Minori(g, A
g
).
Lemma 20.12. Siano A G e g G. Allora sono equivalenti:
(1) A <
g
A
g
.
(2) g / A e Minori(g, A
g
) A.
Dimostrazione.
(1) = (2) Sia A <
g
A
g
. Allora g / A e Minori(g, A) = Minori(g, A
g
),
quindi anche Minori(g, A
g
) = Minori(g, A) A.
(2) = (1) Siano g / A e Minori(g, A
g
) A. Per la def. 20.8 si ha g
A
g
. Dobbiamo dimostrare che Minori(g, A
g
) = Minori(g, A). Per
loss. 20.11 ` e sufciente dimostrare che Minori(g, A
g
) Minori(g, A),
cio` e che Minori(g, A
g
) A, ma questa ` e proprio lipotesi.
Lemma 20.13. Siano A G e g G. Se esiste un chiuso B in G con
A <
g
B, allora A <
g
A
g
.
Dimostrazione. Per ipotesi g / A. Per il lemma 20.12 ` e sufciente
dimostrare che Minori(g, A) A. Per il lemma 20.10 per` o A
g
B = B,
quindi Minori(g, A
g
) Minori(g, B) = Minori(g, A) A.
Teorema 20.14. Siano A G e A = G. Allora:
(1) {h G | A <
h
A
h
} = .
(2) Per g := max{h G | A <
h
A
h
} linsieme A
g
` e il pi ` u piccolo
(rispetto a <) chiuso = A che contiene A.
Dimostrazione. Sia B il pi ` u piccolo (rispetto a <) chiuso = A che
contiene A. Allora esiste g G con A <
g
B.
(1) Per il lemma 20.13 si ha A <
g
A
g
.
(2) Dal lemma 20.10 segue per` o che A
g
B. Se si avesse A
g
= B,
allora loss. 20.8 implicherebbe A < A
g
< B, in contraddizione
allipotesi su B. Perci` o B = A
g
.
124
20. Calcolo del reticolo dei concetti
Dobbiamo solo dimostrare che g = max{h G | A <
h
A
h
}.
Sia h > g con A <
h
A
h
. Per il lemma 20.9 allora A
h
<
g
A
g
.
Ci` o implica per` o A < A
h
< A
g
= B, ancora in contraddizione
allipotesi su B.
Nota 20.15. Dal teorema 20.14 otteniamo direttamente lalgoritmo
per il calcolo di tutti i chiusi (quindi anche del reticolo dei concetti)
del contesto dato che indichiamo in pseudocodice:
A = ; U =
while 1:
U = U {A}
P = {h G | A <
h
A
h
}
if P == : return U
A = A
max P
Questo algoritmo pu` o essere direttamente tradotto in un programma
in Python.
125
126
21. Sottocontesti compatibili e immagini omomorfe
Situazione 21.1. (G, M, I) sia un contesto formale.
Denizione 21.2. Un sottocontesto di (G, M, I) ` e un contesto della for-
ma (H, N, I (H N)), con H G e N M. Denotiamo nel seguito
gli operatori di Galois del contesto (G, M, I) come nora con

, e gli
operatori di Galois di un sottocontesto con

.
Osservazione 21.3. (H, N, I(HN)) sia un sottocontesto di (G, M, I).
Per A H e E N valgono allora A

= A

N e E

= E

H.
Dimostrazione. Per le denizioni 19.3 e 21.2 si ha
A

= {n N | (a, n) I per ogni a A} = A

N
E

= {h H | (h, e) I per ogni e E} = E

H.
Osservazione 21.4. R, S siano reticoli e : R S unapplicazione.
Se ` e un -omomorsmo, oppure un -omomosmo, allora ` e mono-
tona.
Dimostrazione. sia ad esempio un -omomorsmo ed a, b R con
a b. Allora a = ab e (a) = (ab) = (a)(b), quindi (a) (b).
Ci` o implica che ` e monotona.
Proposizione 21.5. Sia N M. Allora
(1) Ogni sottoinsieme di G chiuso rispetto a (G, N, I (G N)) ` e
chiuso rispetto a (G, M, I).
(2) Lapplicazione
: C(G, N, I (GN)) C(G, M, I)
(A, E) (A, A

)
` e ben denita e un -omomorsmo.
Dimostrazione. Denotiamo con

gli operatori di Galois in
(G, N, I (GN)).
(1) Sia A G chiuso rispetto a (G, N, I (G N)). Per loss. 21.3
allora A = A

= (A

N)

= (A

N)

. Ci` o mostra che A ` e


chiuso rispetto a (G, M, I).
(2) Lapplicazione ` e ben denita per il punto (1).
Siano (A, E), (B, F) (G, N, I (GN)). Da un lato
(A, E) (B, F) = (A B, (E F)

), dove ` e formato in
C(G, N, I (GN)), e quindi
((A, E) (B, F)) = (A B, (A B)

).
Ora per` o (A, E) = (A, A

) e (B, F) = (B, B

). Se formiamo
in C(G, M, I), otteniamo
(A, E) (B, F) = (A B, A

) = (A B, (A B)

)
per il lemma 19.14.
127
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Esempio 21.6. Consideriamo il contesto formale (G, M, I) dato dalla
tabella
1 2 3 4
a x x
b x x
c x x
d x x x
Otteniamo il reticolo dei concetti
a b c d

a c d
4
b c d
2
a d
1 4
c d
2 4
b
2 3
d
1 2 4

1 2 3 4
Consideriamo adesso il sottocontesto (G, N, I(GN)) con N = {1, 2, 3},
il cui reticolo dei concetti ` e
a b c d

a d
1
b c d
2
d
1 2
b
2 3

1 2 3
Lapplicazione della prop. 21.5 ` e data da
(abcd, ) (abcd, )
(ad, 1) (ad, 14)
(bcd, 2) (bcd, 2)
(d, 12) (d, 124)
(b, 23) (b, 23)
(, 123) (, 1234)
I concetti (acd, 4) e (cd, 24) non appaiono nellimmagine e sono eviden-
ziati in grigio nella prima gura.
Denizione 21.7. Un sottocontesto (H, N, I (H N)) si dice compa-
tibile, se per ogni concetto (A, E) di (G, M, I) la coppia (A H, E N)
` e un concetto del sottocontesto.
Proposizione 21.8. (H, N, I(HN)) sia un sottocontesto compatibile
128
21. Sottocontesti compatibili e immagini omomorfe
di (G, M, I). Allora lapplicazione
: C(G, M, I) C(H, N, I (H N))
(A, E) (A H, E N)
` e suriettiva e un omomorsmo di reticoli.
Dimostrazione.
(1) Sia (A, E) (G, M, I). Per lipotesi che il sottocontesto sia com-
patibile, si ha (AH, E N) C(H, N, I (H N)). Ci` o mostra
che lapplicazione ` e ben denita.
(2) Dimostriamo la suriettivit` a. Sia (B, F) C(H, N, I (H N)).
Allora F = B

= B

N. Ora (B

, B

) ` e un concetto di (G, M, I),


per lipotesi di compatibilit` a perci` o
((B

, B

)) = (B

H, B

N) =
= (B

H, F) C(H, N, I (H N)).
Ci` o implica per` o B

H = F

= B

= B, e quindi
(B, F) = ((B

, B

)).
(3) Dimostriamo che ` e un omomorsmo di reticoli. Siano
(A, E), (B, F) due concetti di (G, M, I). Allora
((A, E) (B, F)) = ((AB, E F)) = ((AB) H, E F N),
mentre
((A, E)) ((B, F)) = (A H, E N) (B H, F N) =
= ((AH) (B H), (E N) (F N)) =
= ((A B) H, (E F) N)
Siccome le prime componenti coincidono e, per lipotesi di com-
patibilit` a , queste coppie sono concetti, esse devono coincidere.
Nello stesso modo si dimostra che ((A, E)(B, F)) = (A, E)(B, F).
Osservazione 21.9. Si pu` o anche dimostrare che ogni omomors-
mo suriettivo di un reticolo di concetti proviene da un sottocontesto
compatibile. La dimostrazione, relativamente lunga, si trova in Gan-
ter/Wille, pagg. 104-111.
Osservazione 21.10. In chiusi(M) le operazioni di reticolo sono date
da E F = E F, E F = E F.
Dimostrazione. Per E, F chiusi(M) anche E F ` e chiuso per il cor.
19.10, mentre E F ` e il pi ` u piccolo chiuso che contiene EF, cio` e allo
stesso tempo E ed F.
Osservazione 21.11. L sia un sottoreticolo di chiusi(M). Allora
{

E = (E

, E) | E L} ` e un sottoreticolo di C(G, M, I).


Dimostrazione. Siano U := {(E

, E) | E L} ed E, F L.
`
E chiaro
che U C(G, M, I). Con , denotiamo le operazioni di reticolo in
C(G, M, I). Allora:
129
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
(1) (E

, E) (F

, F)
19.16
= (E

, E F)
19.9
= ((E F)

, E F) =
= ((E F)

, E F) U
siccome per ipotesi E F L.
(2) (E

, E) (F

, F)
19.16
= (E

, EF)
19.14
= ((EF)

, EF) U.
Corollario 21.12. Sia N M. Allora:
{(E

, E) | E chiusi(M) e N E} ` e un sottoreticolo di C(G, M, I).


Dimostrazione. Sia L := {E chiusi(M) | N E}. Per loss. 21.11
` e sufciente dimostrare che L ` e un sottoreticolo di chiusi(M). Siano
perci` o E, F L. Allora N E F E F.
Denizione 21.13. La relazione J G M si dice interna (rispetto
al contesto formale dato) se:
(1) J I.
(2) Ogni concetto di (G, M, J) ` e anche un concetto di (G, M, I).
In Ganter/Wille, pag. 112, queste relazioni sono dette chiuse.
Proposizione 21.14.
(1) J sia una relazione interna. Allora C(G, M, J) ` e un sottoreticolo
di C(G, M, I) e si ha J =

{A E | (A, E) C(G, M, J)}


(2) U sia un sottocontesto di C(G, M, I). Allora la relazione
J =

{A E | (A, E) U} ` e una relazione interna e si ha


C(G, M, I) = U.
Abbiamo perci` o una biiezione naturale
{sottoreticoli di C(G, M, I)} {relazioni interne}
U

{A E | (A, E) U}
C(G, M, J) J
Dimostrazione. Ganter/Wille, pagg. 112-113.
130
22. Il completamento di Dedekind-MacNeille
Situazione 22.1. (P, ) sia un insieme parzialmente ordinato nito.
Non ` e difcile generalizzare la teoria esposta in questo capitolo al
caso innito.
Nota 22.2. Rinunciando, nella def. 19.1, alla condizione non essenziale
G M = , possiamo associare a (P, ) il contesto formale (P, P, ).
Per a P allora
a

= {b P | a b} = [a, ],
se a ` e considerato come oggetto, mentre
a

= {b P | b a} = [, a],
se a ` e considerato come attributo.
Perci` o C(P, P, ) = {([, a], [a, ]) | a P}.
Siccome [, a] [, b] a b, lapplicazione
: P C(P, P, )
a ([, a], [a, ])
` e monotona. Per lantisimmetria dellordine parziale, questa applica-
zione ` e anche iniettiva.
Il reticolo dei concetti C(P, P, ) si chiama il completamento di
Dedekind-MacNeille di P. Esso ` e il pi ` u piccolo reticolo (nel caso inni-
to il pi ` u piccolo reticolo completo) in cui P pu` o essere immerso come
insieme parzialmente ordinato. Cfr. Ganter/Wille, pagg. 48-49, Birk-
hoff, pagg. 126-127, Schr oder, pagg. 119-122, Harzeim, pagg. 40-47,
Davey/Priestley, pagg. 116-169.
Il reticolo C(P, P, ) si chiama anche il completamento per sezioni di
P perch e generalizza lidea della sezione di Dedekind (cfr. Ern e, pagg.
138-146).
Esempio 22.3. Linsieme parzialmente ordinato P abbia il diagramma
di Hasse
a
c
b
d
che corrisponde al contesto formale dato dalla tabella
a b c d
a x
b x
c x x x
d x x x
131
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d

a c d
a
b c d
b
c d
a b
c
a b c
d
a b d

a b c d
Limmersione ` e data da
a ([, a], [a, ]) = (acd, a)
b ([, b], [b, ]) = (bcd, b)
c ([, c], [c, ]) = (c, abc)
d ([, d], [d, ]) = (d, abd)
I concetti corrispondenti allimmagine dellimmersione nella gura so-
no evidenziati in grigio.
Esempio 22.4. Linsieme parzialmente ordinato P abbia il diagramma
di Hasse
a
b
d
c
e
che corrisponde al contesto formale dato dalla tabella
a b c d e
a x
b x x
c x
d x x x
e x x x x
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e

a b d e
a
b d e
a b
c e
c
d
a b d
e
a b c e

a b
132
22. Il completamento di Dedekind-MacNeille
Limmersione ` e data da
a ([, a], [a, ]) = (abde, a)
b ([, b], [b, ]) = (bde, ab)
c ([, c], [c, ]) = (ce, c)
d ([, d], [d, ]) = (d, abd)
e ([, e], [e, ]) = (c, abce)
I concetti corrispondenti allimmagine dellimmersione nella gura so-
no evidenziati in grigio come nellesempio precedente. Si vede che in
questo caso il completamento si distingue da P solo per laggiunta di
un massimo e di un minimo.
Esempio 22.5. Linsieme parzialmente ordinato P abbia il diagramma
di Hasse (cfr 4.8)
a b c
d e f
g h
i
j
k
l p m n
o q
che corrisponde al contesto formale dato dalla tabella
a b c d e f g h i j k l m n o p q
a x
b x
c x
d x x x
e x x x
f x x
g x x x x
h x x x
i x x x x x
j x x x x x x
k x x x x x x
l x x x x x x x
m x x x x x x x
n x x x x x x x
o x x x x x x x x
p x x x x x x x
q x x x x x x x x x
133
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e f g h i j k l m n o p q

a d
a
b d e g i j k l m n o p q
b
c e f g h i j k l m n o p q
c
d
a b d
e g i j k l m n o p q
b c e
f h
c f
g i j k l m n o p q
b c e g
h
c f h
i j k l m n o p q
b c e g i
j l m o p q
b c e g i j
k n
b c e g i k
l o
b c e g i j l
p q
b c e g i j p
m q
b c e g i j m
n
b c e g i k n
o
b c e g i j l o
q
b c e g i j m p q

a b c d e f g h i j k l m n o p q
Limmersione ` e data da
a ([, a], [a, ]) = (ad, a)
b ([, b], [b, ]) = (bdegijklmnopq, b)
c ([, c], [c, ]) = (cefghijklmnopq, c)
d ([, d], [d, ]) = (d, abd)
e ([, e], [e, ]) = (egijklmnopq, bce)
f ([, f], [f, ]) = (fh, cf)
g ([, g], [g, ]) = (gijklmnopq, bceg)
h ([, h], [h, ]) = (h, cfh)
i ([, i], [i, ]) = (ijklmnopq, bcegi)
j ([, j], [j, ]) = (jlmopq, bcegij)
k ([, k], [k, ]) = (kn, bcegik)
l ([, l], [l, ]) = (lo, bcegijl)
m ([, m], [m, ]) = (mq, bcegijm)
n ([, n], [n, ]) = (n, bcegikn)
o ([, o], [o, ]) = (o, bcegijlo)
p ([, p], [p, ]) = (pq, bcegijp)
q ([, q], [q, ]) = (q, bcegijmpq)
Come nellesempio precedente, i concetti corrispondenti allimmagine
dellimmersione nella gura sono evidenziati in grigio e il completa-
mento si distingue da P solo per laggiunta di un massimo e di un
minimo.
134
22. Il completamento di Dedekind-MacNeille
Esempio 22.6. Linsieme parzialmente ordinato P abbia il diagramma
di Hasse
a b c
d e
f
g h
che corrisponde al contesto formale dato dalla tabella
a b c d e f g h
a x
b x
c x
d x x x x
e x x x x
f x x
g x x x x x x
h x x x x x x
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e f g h

a d e g h
a
b d e g h
b
c d e f g h
c
d e g h
a b c
d
a b c d
e g h
a b c e
f g h
c f
g h
a b c e f
g
a b c e f g
h
a b c e f h

a b c d e f g h
Limmersione ` e data da
a ([, a], [a, ]) = (adegh, a)
b ([, b], [b, ]) = (bdegh, b)
c ([, c], [c, ]) = (cdefgh, c)
d ([, d], [d, ]) = (d, abcd)
e ([, e], [e, ]) = (egh, abce)
f ([, f], [f, ]) = (fgh, cf)
g ([, g], [g, ]) = (g, abcefg)
h ([, h], [h, ]) = (h, abcefh)
135
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Di nuovo i concetti corrispondenti allimmagine dellimmersione nella
gura sono evidenziati in grigio.
Questo esempio si trova in Trotter, pag.73.
Esempio 22.7. Il procedimento usato nel completamento di Dedekind-
MacNeille pu` o essere anche applicato a relazioni non transitive.
Nella fase nale del World Grand Prix 2008 di pallavolo femminile
si sono ottenuti i seguenti risultati:
BRA-USA 3-0 BRA-CUB 3-0
CIN-ITA 2-3 ITA-USA 3-1
GIA-CUB 1-3 GIA-CIN 1-3
CUB-CIN 3-1 USA-CIN 3-2
ITA-BRA 0-3 CUB-ITA 3-1
GIA-USA 2-3 GIA-BRA 0-3
BRA-CIN 3-1
CUB-USA 3-2
GIA-ITA 3-0
Associamo ai risultati il contesto formale dato dalla tabella
BRA USA CIN ITA CUB GIA
BRA
USA x x x
CIN x x x x
ITA x x x
CUB x
GIA x x x x
Per ogni squadra sono indicate le partite perse.
Si ottiene il reticolo dei concetti
BRA USA CIN ITA CUB GIA

USA CIN ITA CUB GIA


BRA
USA CIN ITA GIA
BRA CUB
USA CIN
BRA ITA CUB
CIN GIA
BRA USA CUB
ITA
BRA CUB GIA
CIN
BRA USA ITA CUB
GIA
BRA USA CIN CUB

BRA USA CIN ITA CUB GIA


136
23. Alcune applicazioni dellanalisi formale dei concetti
Nota 23.1. Lanalisi formale dei concetti possiede un gran numero di
applicazioni e risulta molto utile nella ricerca di relazioni tra gli ele-
menti di contesti complicati. Vediamo alcuni esempi.
(1) Nellambito della fabbricazione industriale, si possono indicare
prodotto e materie prime necessarie, oppure per ogni materia
prima il paese di provenienza, per ogni prodotto le ditte produt-
trici, oppure i reparti adibiti alla sua fabbricazione, gli acqui-
renti cui sar` a destinato.
pelle cotone lato acrilico gomma metallo cellulosa
scarpe x x x x x
borse x x x x x
abbigliamento x x x x
libri x x
biciclette x x
(2) In biochimica si possono collegare proteine e aminoacidi nella
loro struttura primaria, oppure molecole e gruppi funzionali,
oppure molecole e relative propriet` a chimiche; in genetica per
un gene si possono indicare brevi sequenze di DNA che appaio-
no in quel gene.
(3) Si possono studiare i legami tra farmaci e principi attivi, o tra
malattie e regioni di maggior diffusione.
madopar bactrim bimixin sano cicatrene menaderm
beclometasone x
levodopa x
benserizide x
neomicina x x x
treonina x
sulfametoxazolo x
trimetoprim x
glicina x
bacitracina x x
cisteina x
dipropionato x
(4) Similmente si possono confrontare alimenti e ingredienti conte-
nuti.
zucchero sale latte farina uova frutta coloranti
caramelle x x x x
succhi di frutta x x
crackers x x
biscotti x x x x x
merendine x x x x x x
pasta x x x
yogurt x x x
(5) Allinterno di unimpresa o di un ente si pu` o considerare il con-
testo in cui per ogni persona che ne fa parte sono indicate le
categorie di documenti a cui ha accesso.
(6) Una societ` a che fornisce servizi pu` o ricercare il numero di uten-
ti che sono interessati ad un determinato servizio per ottimiz-
zarli e migliorare i protti.
137
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Esempio 23.2. Il codice genetico ` e dato dalla tabella
Glicina G Gly GG
Alanina A Ala GC
Valina V Val GT
Acido Aspartico D Asp GAC,GAT
Acido Glutammico E Glu GAG,GAA
Arginina R Arg AGG,AGA,CG
Serina S Ser AGC,AGT,TC
Lisina K Lys AAG,AAA
Asparagina N Asn AAC,AAT
Treonina T Thr AC
Metionina M Met ATG
Isoleucina I Ile ATA,ATC,ATT
Glutammina Q Gln CAG,CAA
Istidina H His CAC,CAT
Prolina P Pro CC
Leucina L Leu CT,TTG,TTA
Triptofano W Trp TGG
Cisteina C Cys TGC,TGT
Tirosina Y Tyr TAC,TAT
Fenilalanina F Phe TTC,TTT
STOP TGA,TAG,TAA
dal quale ricaviamo il seguente contesto formale
G1 G2 A1 A2 C1 C2 T1 T2
Gly x x
Ala x x
Val x x
Asp x x
Glu x x
Arg x x x
Ser x x x x
Lys x x
Asn x x
Thr x x
Met x x
Ile x x
Gln x x
His x x
Pro x x
Leu x x x
Trp x x
Cys x x
Tyr x x
Phe x x
STOP x x x
Nelultima colonna della prima tabella GG sta per GGG, GGA, GGC,
GGT, similmente GT sta per GTG, GTA, GTC, GTT, ecc.
Nella seconda tabella G1 signica che G appare al primo posto di una
tripla dellaminoacido corrispondente, G2 che G appare al secondo po-
sto, ecc.
Il reticolo dei concetti del contesto formale relativo al codice genetico,
138
23. Alcune applicazioni dellanalisi formale dei concetti
cos` come tutti i reticoli visti a partire dal capitolo 19, si ottiene con le
istruzioni
C=contesto(elenco oggetti attributi)
C.stampaconcetti(1)
C.stampainferiori()
Gly Ala Val Asp Glu Arg Ser Lys Asn Thr Met Ile Gln His Pro Leu Trp Cys Tyr Phe STOP

Asp Glu Lys Asn Gln His Tyr STOP


A2
Arg Ser Lys Asn Thr Met Ile
A1
Ser Leu Trp Cys Tyr Phe STOP
T1
Gly Arg Ser Trp Cys STOP
G2
Gly Ala Val Asp Glu
G1
Arg Gln His Pro Leu
C1
Val Met Ile Leu Phe
T2
Ala Ser Thr Pro
C2
Ser Trp Cys STOP
G2 T1
Arg Ser
G2 A1
Lys Asn
A1 A2
Asp Glu
G1 A2
Gln His
A2 C1
Met Ile
A1 T2
Leu Phe
T1 T2
Tyr STOP
A2 T1
Ser Thr
A1 C2
Ala
G1 C2
Arg
G2 A1 C1
Gly
G1 G2
Leu
C1 T1 T2
Pro
C1 C2
STOP
G2 A2 T1
Ser
G2 A1 C2 T1
Val
G1 T2

G2 G1 A1 A2 C1 C2 T1 T2
139
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Osservazione 23.3. Nel nostro programma per un contesto C listruzione
C.parentinumerati(i) ci fornisce i parenti dellelemento numero i.
predecessori
i
predecessori dei
successori
successori dei
predecessori
successori
Esempio 23.4.
v
i
r
b
a
t
l
i
n
e
s
a
r
i
n
f
a
r
f
a
l
f
m
e
p
u
s
m
d
t
v
o
m
t
o
s
p
a
p
rosolia x x x x x x x x x x x
morbillo x x x x x x x x x x x
varicella x x x x x x x x x x x
parotite epidemica x x x x x x
scarlattina x x x x x x x x x x x
pertosse x x x x x x x x x
sesta malattia x x x x x x x x x x x
vir=virus esa=esantema fal=febbre alta mdt=mal di testa pap=pappule
bat=batteri rin=rinite fme=febbre media vom=vomito
lin=linfonodi far=faringite pus=pustole tos=tosse
rosolia morbillo varicella parotite epidemica scarlattina pertosse sesta malattia
lin fal fme mdt vom
rosolia morbillo varicella scarlattina pertosse sesta malattia
lin rin far fal fme mdt vom tos
rosolia morbillo varicella parotite epidemica sesta malattia
vir lin fal fme mdt vom
rosolia morbillo varicella scarlattina sesta malattia
lin esa rin far fal fme mdt vom tos
rosolia morbillo varicella sesta malattia
vir lin esa rin far fal fme mdt vom tos
rosolia morbillo sesta malattia
vir lin esa rin far fal fme mdt vom tos pap
scarlattina pertosse
bat lin rin far fal fme mdt vom tos
varicella scarlattina
lin esa rin far fal fme pus mdt vom tos
scarlattina
bat lin esa rin far fal fme pus mdt vom tos
varicella
vir lin esa rin far fal fme pus mdt vom tos

vir bat lin esa rin far fal fme pus mdt vom tos pap
140
24. Analisi formale dei concetti e reti di Petri
Osservazione 24.1. In questo capitolo vogliamo presentare due me-
todi per associare un contesto formale, e quindi un reticolo di concetti,
a una rete di Petri.
Esempio 24.2. (P, T) sia la rete di Petri con la rappresentazione gra-
ca
a b c
d e f
g h
t s
r
Costruiamo il seguente contesto formale
P T t

t
+
s

s
+
r

r
+
a x x
b x x x
c x x
d x x
e x x x x
f x x x
g x x
h x x
t x x x
s x x x
r x x x
x x x
x x x
141
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Otteniamo allora il seguente reticolo dei concetti
a b c d e f g h r s t

a b c d e f g h
P
d e t
t+
e f s
s+
g h r
r+
a b t
t-
b c s
s-
e f r
r-
r s t
T
e
t+ s+
b
t- s-
a b
P t-
b c
P s-
d e
P t+
e f
P s+ r-
g h
P r+

t+ s+ r+

t- s- r-
b
P t- s-
e
P t+ s+ r-
r
T r+ r-
s
T s+ s-
t
T t+ t-

P T t+ t- s+ s- r+ r-
Esempio 24.3. (P, T) sia la rete di Petri con la rappresentazione gra-
ca
a b
c d
e
t
Costruiamo il seguente contesto formale
P T t

t
+
a x x
b x x
c x x
d x x
e x x x
t x x x
x
x
142
24. Analisi formale dei concetti e reti di Petri
Otteniamo allora il seguente reticolo dei concetti
a b c d e t

a b c d e
P
a b e t
t-
c d e t
t+
a b e
P t-
c d e
P t+
e t
t+ t-
e
P t+ t-
t
T t+ t-

P T t- t+
Esempio 24.4. (P, T) sia la rete di Petri con la rappresentazione gra-
ca
a b
c d
e
t
s
Costruiamo il seguente contesto formale
P T t

t
+
s

s
+
a x x
b x x
c x x
d x x x
e x x
t x x x
s x x x
x x
x x
143
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Otteniamo allora il seguente reticolo dei concetti
a b c d e t s

e s
s+
c d s
s-
s t
T
d t
s+
a b c d e
P
a b t
t-
s
T s+ s-
e
P s+

t+ s+
c d
P s-
t
T t+ t-

t- s-
a b
P t-
d
P t+ s-

P T t+ t- s+ s-
Esempio 24.5. (P, T) sia la rete di Petri con la rappresentazione gra-
ca
a b c d
t s r
Costruiamo il seguente contesto formale
P T t

t
+
s

s
+
r

r
+
a x x
b x x x
c x x x
d x x
t x x x
s x x x
r x x x
x x x
x x x
144
24. Analisi formale dei concetti e reti di Petri
Otteniamo allora il seguente reticolo dei concetti
a b c d t s r

c r
r-
s b
s-
a t
t-
a b c d
P
r s t
T
d r
r+
c s
s+
b t
t+

t- s- r-
a
P t-
r
T r+ r-
c
P s+ r-
s
T s+ s-
b
P t+ s-
t
T t+ t-
d
P r+

t+ s+ r+

P T t+ t- s+ s- r+ r-
Osservazione 24.6. Presentiamo adesso un secondo metodo con cui
associare un contesto formale ad una rete di Petri che si basa sul cor-
rispondente grafo bipartito e conduce a reticoli di concetti pi ` u semplici,
per` o con una perdita di simmetria dellinformazione.
Esempio 24.7. Per la rete di Petri dellesempio 24.2 costruiamo il con-
testo formale
P T a b c d e f g h t s r
a x x
b x x x
c x x
d x
e x x
f x x
g x
h x
t x x x
s x x x
r x x x
145
III. ANALISI FORMALE DEI CONCETTI
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e f g h r s t

r s t
T
a b c d e f g h
P
s t
T e
r
T g h
e f
P r
b c
P s
a b
P t
t
T d e
s
T e f
b
P s t

P T e d f g h r s t
Esempio 24.8. Per la rete di Petri dellesempio 24.3 costruiamo il con-
testo formale
P T a b c d e t
a x x
b x x
c x
d x
e x x
t x x x x
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e t

a d c d e
P
a b e
P t
t
T c d e

P T c d e t
Esempio 24.9. Per la rete di Petri dellesempio 24.4 costruiamo il con-
testo formale
P T a b c d e t s
a x x
b x x
c x x
d x x
e x
t x x
s x x
146
24. Analisi formale dei concetti e reti di Petri
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d e s t

s t
T
a b c d e
P
t
T d
s
T e
c d
P s
a b
P t

P T d e s t
Esempio 24.10. Per la rete di Petri dellesempio 24.5 costruiamo il
contesto formale
P T a b c d t s r
a x x
b x x
c x x
d x
t x x
s x x
r x x
Si ottiene il reticolo dei concetti
a b c d r s t

r s t
T
a b c d
P
t
T b
s
T c
r
T d
c
P r
b
P s
a
P t

P T b c d r s t
147
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