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10. LE EMOZIONI 10.1 CHE COSA SONO LE EMOZIONI?

Dovete sostenere lesame di Statistica a breve, il vostro ragazzo o la vostra ragazza vi ha tradito, il medico di base vi dice che dovete operarvi; tutti questi eventi hanno un fattore comune: sono tutti capaci di innescare un certo turbamento psicologico e talvolta alcune reazioni fisiologiche. Le esperienze emotive sono quindi parte integrante della nostra vita; stati psicologici come la paura, la gioia, lodio sono comunemente chiamati emozioni. Per dire di che emozione si tratti, spesso dobbiamo riferirci ad una variet di elementi come le sensazioni corporee, le espressioni del viso, il comportamento messo in atto, il sentimento provato, le valutazioni cognitive dello stimolo emotigeno, ecc. Lemozione quindi unentit complessa, unesperienza che coinvolge processi neuropsicologici, psicofisiologici, cognitivi nonch sistemi di controllo del comportamento. Una definizione, generale ma limitata, stata espressa da Kleinginna e Kleinginna (1981) che hanno riunito gli aspetti comuni di circa un centinaio di diverse altre definizioni: Lemozione un insieme complesso di interazioni fra fattori oggettivi e soggettivi, mediati da fattori neurali-ormonali che pu: a) suscitare esperienze affettive come senso di eccitazione, di piacere e dispiacere; b) generare processi cognitivi come effetti percettivi emozionalmente rilevanti, valutazioni cognitive, processi di etichettamento; c) attivare adattamenti fisiologici diffusi di fronte a condizioni di eccitamento; d) condurre a un comportamento che spesso, ma non sempre, espressivo, diretto ad uno scopo e adattivo. Nella psicologia delle emozioni non mancano certamente delle definizioni pi o meno parziali, e qui di seguito ne vengono riportate alcune, richiamate da DUrso e Trentin (1992): Unemozione un sistema reattivo ereditario che produce cambiamenti profondi nei meccanismi corporei intesi nel loro insieme, ma particolarmente nei sistemi visce0rali e ghiandolari (Watson, 1930). Gli stati emotivi guidano il nostro comportamento secondo due principi vitali fondamentali, quello dellauto-conservazione e quello della salvaguardia della specie (MacLean, 1963). Lemozione il segnale preparatorio che predispone lorganismo a un comportamento di emergenza. Lo scopo di tale comportamento di riportare lorganismo a una condizione di sicurezza (Rado, 1969). Plutchik (1984) definisce lemozione come una sequenza completa di eventi, di cui fanno parte aspetti di giudizio cognitivo, sentimento, impulso allazione e comportamento manifesto, tutti finalizzati a competere con lo stimolo che ha scatenato la reazione. Egli fa un parallelo tra le emozioni e i colori alcune sono fondamentali o primarie mentre altre, secondarie, risultano dalla mescolanza delle primarie e, allo stesso modo, ne definisce lintensit. La maggior parte delle attuali teorie ritiene che le emozioni siano un processo che ha un decorso temporale pi o meno lungo, articolato in pi componenti. Davidson e Ekman (1994) sottolineano la necessit di distinguere le emozioni dai sentimenti, dalle passioni e dal temperamento in quanto esse hanno inizio in un preciso istante e sono la risposta ad uno specifico evento. Va comunque sottolineato che le emozioni sono fenomeni complessi e sono studiate anche da discipline diverse dalla psicologia (sociologia, biologia, neuroscienze) che si avvalgono dei propri metodi.

10.1.1 Emozioni e linguaggio I linguaggi naturali, non solo nella lingua italiana, contengono una grande variet di termini che possono rientrare nel lessico affettivo anche se alcuni studiosi evidenziano che questi linguaggi non sono una base accettabile per fare inferenze che permettano di individuare con sicurezza le emozioni. Daviz (1969) ritiene che il significato delle emozioni sia legato alla nostra esperienza quotidiana, il che comporta una grande variabilit inter-individuale che pu essere risolta trovando una sorta di comunanza di significato tra le descrizioni verbali degli stati emotivi. Egli ha trovato solo quattro dimensioni emotive fondamentali, adottando un metodo di analisi basato sul colloquio: lattivazione, la relazione con lambiente, il tono edonico dello stato emotivo (piacevolezza - spiacevolezza), il senso di adeguatezza del soggetto nei confronti dellambiente. Ortony e collaboratori (1987) illustrano un modello tassonomico del lessico emotivo partendo dalla constatazione che questo contiene sia termini che si riferiscono in forma diretta alle emozioni sia termini che si limitano solo ad implicarle; il contesto linguistico in cui questo secondo tipo di parole sono utilizzate cambia la loro caratteristica di affettivit. Alcune ricerche empiriche evidenziano che i nomi delle emozioni possono essere raggruppati attorno a nuclei di significato: ad esempio, valenza positiva/negativa la cui natura determinata dal tipo di stimolo che le suscita, grado di attivazione, grado di controllo, orientamento sociale, ecc.; altri studi hanno tentato di dimostrare che c un nesso tra la natura delle emozioni, i nostri concetti su di esse e il linguaggio usato per esprimerle. Zammuner (1995) sottolinea come Il lessico emozionale sembra quindi riflettere la presenza di varie facce (o componenti) nellesperienza emotiva, dandoci la possibilit di scegliere cosa mettere a fuoco dellesperienza stessa. ... I termini pi frequentemente usati in una certa cultura o da un certo individuo probabilmente riflettono, ceteris paribus, gli eventi, gli interessi, le valutazioni, o altre componenti ancora, focali in quella cultura o per quellindividuo, o in quel dato momento.

10.2 L ESPRESSIONE E IL RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI La manifestazione delle emozioni non solo verbale ma molto spesso viene esternata col comportamento; lespressione emotiva facciale e posturale ci permette di cogliere la reazione che una persona vive di fronte ad uno stimolo. In particolare, sul piano espressivo e comunicativo il volto umano costituisce la regione del corpo pi importante per la manifestazione delle emozioni. Questo legame tra emozioni ed espressioni stato proposto da Darwin nel suo libro Lespressione delle emozioni negli animali e negli uomini (1872) in cui evidenzia che le espressioni facciali delle emozioni negli esseri umani sono innate e non apprese ed ipotizza che queste espressioni si fossero evolute negli animali sociali per favorire la comunicazione. Egli aveva raccolto molte osservazioni che provavano che le espressioni facciali: a) compaiono in forma simile nei primati; b) nei neonati si presentano nella stessa forma osservata per gli adulti;

c) sono uguali e presenti sin dai primi mesi di vita sia in persone cieche dalla nascita sia in individui vedenti; d) sono simili in diverse razze e gruppi umani molto diversi tra loro. Il volto ha unenorme capacit espressiva ed il luogo in cui pi facilmente si riconosce unemozione; lespressione facciale pu far registrare emozioni anche forti come la rabbia, la tristezza e la gioia cos come gli atteggiamenti che denotano noia, impazienza, mancanza di interesse e di comprensione, e incapacit di stabilire un reale contatto empatico. Molte ricerche hanno indicato la grande differenza nella capacit di identificare le emozioni dalle espressioni facciali e, in particolare, hanno evidenziato una differenza di genere: in quasi tutte le situazioni le donne hanno una maggiore capacit di riconoscere le emozioni rispetto agli uomini. Altri studi hanno cercato di chiarire se vi sono alcune parti del viso particolarmente collegate allidentificazione di certe emozioni. In un esperimento, ad un campione di soggetti sono state mostrate 32 fotografie di visi tagliati in tre parti: la fronte con la sommit del capo, gli occhi e la bocca. Essi dovevano valutare quanto bene quella certa parte del volto mostrava le emozioni di paura, felicit, gioia, disgusto, sorpresa, rabbia. I risultati hanno mostrato che la bocca lindicatore pi importante per la felicit ed il disgusto, la fronte lo per la sorpresa e gli occhi per la tristezza e la paura; il riconoscimento della rabbia richiede invece lintegrazione delle informazione fornite da tutte le parti del viso. Per quanto la mimica facciale sia sicuramente un elemento importante per lespressione non verbale delle emozioni, non bisogna dimenticare anche le modificazioni della voce e della postura delle persone, e i gesti. La voce (il tono, il volume, lintensit, il ritmo) sono tutti aspetti della comunicazione verbale che di solito ci dicono di pi, riguardo a ci che una persona sente, che non le parole stesse che sceglie di adoperare. La relazione tra voce ed emozione basata sul fatto che le reazioni fisiologiche tipiche di uno stato emotivo producono delle variazioni notevoli negli indici acustici rilevabili nella produzione del discorso. Ad esempio, emozioni molto attivanti producono una parlata pi veloce, con alte frequenze e pi ampia estensione della voce, mentre le emozioni a bassa attivazione si associano ad una voce pi lenta e con basse frequenze. I gesti possono essere classificati in categorie che definiscono le diverse funzioni nel determinare significati; la classificazione di Ekman e Friesen (1969) evidenzia le seguenti tipologie: - emblematici, che possono sostituire completamente le espressioni verbali e che sono indipendenti dalla presenza del linguaggio parlato; - illustratori, che si accompagnano alle parole e ne veicolano il loro contenuto, facilitando la comunicazione; - indicatori emozionali, che sono correlati con uno stato emozionale (agitare i pugni in segno di rabbia); - regolatori, che delimitano i ruoli degli interlocutori nella conversazione e segnano e regolano il mantenimento ed il cambiamento di tali ruoli, alla stregua della punteggiatura; - adattatori, movimenti correlati al soddisfacimento di necessit fisiche o allespressione di stati emotivi, che riequilibrano uno stato di tensione manifestato a livello somatico (toccarsi i capelli, grattarsi, sistemarsi labbigliamento).

La postura pu essere considerata come un condizionamento di base esercitato dalle esperienze emozionali sedimentate lungo la storia personale e non come espressione di un atteggiamento del momento. Ad esempio, un capo chino e le spalle curve possono rimandare ad un atteggiamento sottomesso o una certa tristezza; gambe o braccia incrociate possono indicare un certo grado di vulnerabilit o paura ad aprirsi. Come detto allinizio Darwin stato il primo a proporre lipotesi che alcune espressioni facciali abbiano una base innata e di conseguenza un carattere universale; questa ipotesi ha ricevuto sostegno da alcuni studiosi ma stata contrastata da altri. Tomkins (1962, 1970) parla di un sistema affettivo primario, innato ed interagente con il sistema motivazionale. Le pulsioni e le motivazioni (ad esempio fame e sesso) non sono quindi responsabili delle azioni ma sono segnali amplificati poi nelle emozioni. Secondo questo autore otto sono le emozioni di base: interesse, sorpresa, gioia, angoscia, paura, disgusto e collera, e si estrinsecano nelle risposte corporee, in particolar modo nelle espressioni facciali. Laccettazione della tesi innatista delle espressioni facciali delle emozioni viene accolta da Izard (1977); nella teoria delle emozioni differenziali di Izard (1977) si assume che lindividuo non debba imparare ad aver paura o a piangere in quanto questi sono schemi innati, ma debba apprendere le condizioni e gli stimoli specifici che possono far piangere o provare la paura. Le emozioni hanno un corrispettivo ben identificato nelle espressioni facciali che, data la loro unicit e specificit, sono capaci di informare losservatore e, con azione retroattiva, il soggetto stesso. Il processo cognitivo non parte essenziale dellemozione, ma interagisce con essa.. interessante riconoscere che lo studio comparato delle culture rivela luniversalit di certi comportamenti espressivi. Ekman (1971) condusse una ricerca presso una trib primitiva della Nuova Guinea, presentando ai soggetti una breve storia e facendo associare da questi una fotografia scelta fra tre, riproducente lo stato emozionale di un bianco: la correttezza dellaccoppiamento ha raggiunto percentuali significativamente elevate (dal 64% per la paura al 92% per la gioia). Egli comunque non trascur levidente influenza dellambiente culturale sullespressione e formul il concetto di regole di esibizione, cio di meccanismi appresi allinterno del sistema culturale, legati al sesso, allet, alletnia, al ceto sociale, ecc. che aumentano, diminuiscono, mascherano o neutralizzano lemozione. Ekman (1992) propone un diverso sistema di classificazione che suddivide le emozioni in primarie o fondamentali, e secondarie o complesse. Le prime devono essere biologicamente e filogeneticamente riconoscibili dalla presenza di nove caratteristiche specifiche: presenza di segnali non verbali, presenza in altri Primati, distinte reazioni fisiologiche, presenza di antecedenti distinti ed universali, coerenza tra le risposte emozionali, rapida insorgenza, breve durata, valutazione cognitiva automatica e occorrenza spontanea. Le emozioni complesse, invece, derivano da quelle primarie ma sono strettamente determinate dalla situazione che le stimola e si riferiscono alla relazione individuo-situazione. La corrispondenza che si pu osservare tra espressione facciale ed emozione, sempre addotta a sostegno del fatto che certe emozioni siano innate, non accettata da tutti gli studiosi (Frijda, 1986; Ortony e Turner, 1990; Ricci Bitti, 1990; Russell, 1994) che ritengono invece che i movimenti espressivi siano parte di una serie continua di espressioni che possono durare non solo per qualche secondo, ma anche per ore. Lipotesi innatista stata messa in discussione sia a livello metodologico che di contenuto. Per quanto riguarda le ricerche condotte nei paesi culturalizzati ci sono dubbi sullla

tipologia del campione scelto (molte volte studenti) o sulle modalit di risposta solitamente basate su una scelta forzata dellemozione da riconoscere allinterno di una lista limitata di etichette emotive; per le ricerche condotte nelle civilt preletterate pu essere probabile che alcune risposte siano influenzate dal feedback fornito ai soggetti da parte dei traduttori. Pur esistendo un certo legame universale tra le emozioni e le loro espressioni facciali non si pu non sottolineare limportanza dellinterazione tra le componenti biologiche e quelle culturali che le manifestano.

10.3 TEORIE CLASSICHE DELLE EMOZIONI Sono ora presentati alcuni tra i primi tentativi di formulare teoricamente i problemi legati alla natura delle emozioni (figura 3). Nel secolo scorso Lange e James (1885) pensavano che il percorso emotivo non fosse quello comunemente definito come percepisco un evento, si crea un effetto mentale detto emozione, lorganismo reagisce di conseguenza, bens il contrario: la risposta fisiologica precede e causa lo stato emotivo: non tremiamo perch abbiamo paura, ma abbiamo paura perch tremiamo (teoria periferica). Secondo James le emozioni sono le sensazioni derivanti dalle modificazioni corporee in quanto il nostro organismo risponde in maniera altamente specifica ai cambiamenti ambientali; di fatto, lemozione di paura la sensazione prodotta dal respiro affannoso, dal tremolio delle gambe, dal battito cardiaco accelerato e dalla pelle doca. Levento emotigeno determinerebbe quindi nel soggetto una serie di reazioni neurovegetative e viscerali, e la percezione di tali cambiamenti fisiologici starebbe alla base dellesperienza emotiva. Dunque, lesperienza cosciente delle emozioni avviene dopo che la corteccia ha ricevuto informazioni sulle modificazioni del nostro stato fisiologico. Nel 1927 e nel 1934 Cannon e Bard attaccano questa teoria dicendo che innanzitutto i cambiamenti corporei sono troppo lenti per poter essere causa dellemozione cui sono associati e non sono specifici di ogni emozione; alla comparsa di uno stimolo emotivo si manifesta una reazione prima che gli organi interni abbiano avuto il tempo di essere soggetti a modifiche e di trasmetterle al cervello . Cannon conclude che lemozione deve trovare origine a livello centrale e che le modificazioni periferiche hanno un ruolo nella determinazione del vissuto emotivo: il talamo che invia immediatamente degli impulsi al sistema nervoso simpatico (reazione fisiologica) e contemporaneamente alla corteccia cerebrale che consapevolizza lemozione (teoria talamica o della reazione di emergenza). Schachter e Singer (1962) descrivono il processo in modo pi complesso poich ritengono che per provare unemozione sono necessarie due componenti: lo stato di arousal, cio la risposta fisiologica (generica e virtualmente attribuibile a qualsiasi emozione), e linterpretazione cognitiva della situazione cui deve essere attribuita la risposta emotiva. In uno dei loro esperimenti gli studiosi hanno iniettato delladrenalina a tre gruppi di soggetti, uno solo dei quali stato informato dei reali effetti indotti dalla sostanza, tra i quali laccelerazione del battito cardiaco o tremori; ad un gruppo (disinformati) sono state date informazioni errate sugli effetti (senso di prurito) mentre il terzo gruppo (non informati) non ha ricevto alcuna indicazione. Ad un quarto gruppo di controllo stato somministrato un placebo In seguito, tutti i soggetti sono stati esposti a condizioni che inducono fastidio o divertimento; il gruppo disinformato sugli effetti fisiologici delladrenalina ha presentato manifestazioni di rabbia o di piacere pi intense. Gli studiosi giungono alla conclusione che i soggetti informati degli effetti della sostanza

attribuiscono il loro stato di eccitamento alladrenalina iniettata, mentre gli altri lo percepiscono come una risposta emozionale, come se la loro rabbia, paura ed ilarit dipendessero dalla condizione cui sono stati esposti. Schachter ritiene che quando lorganismo si trova in uno stato di attivazione il sistema cognitivo fornisce uninterpretazione di questa eccitazione alla luce delle caratteristiche della situazione da cui deriva lesperienza emotiva soggettiva ( teoria di etichettamento o del juke-box). Se ci sentiamo stringere lo stomaco e se stiamo festeggiando il nostro compleanno definiamo lemozione come gioia o felicit, ma ansia se attendiamo lesito di un esame importante, e paura se ci troviamo sul ciglio di un burrone.

Figura 3 Teorie classiche sulle emozioni. 10.4 LE EMOZIONI COME PROCESSI COGNITIVI Nella prospettiva cognitivista le emozioni sono intese come processi di valutazione e di elaborazione mentale dellinformazione; numerose sono le ricerche e le teorie sostenute dagli studiosi di psicologia delle emozioni negli anni ottanta, e qui ne viene dato solo un breve cenno. La teoria di Mandler (1984) riprende il concetto di attivazione dellorganismo gi presentato da Schachter: secondo lo studioso larousal la percezione dellattivit del sistema nervoso simpatico che, avvertita in modo indifferenziato, non pu dare una definizione dellemozione e delle sue caratteristiche e non riesce a distinguerle luna dallaltra. I comportamenti espressivi che conseguono allarousal sono invece una interazione fra il S.N.A. e lelaborazione cognitiva data dal soggetto in relazione alle sue aspettative. Un altro gruppo di autori (Arnold, 1960; Scherer, 1984; Smith e Ellsworth, 1985; Frijda, 1986 Roseman, 1991) sostiene che gli aspetti cognitivi dellemozione sono parte integrante di essa, poich ad ogni emozione corrisponde una specifica valutazione cognitiva della situazione (appraisal), e sono anche causa diretta del comportamento emotivo (teoria delle valutazioni cognitive e delle tendenze allazione). Le emozioni (Frijda, 1986) si generano dal significato e dal valore che una persona attribuisce ad un determinato evento. Eventi che soddisfano scopi, interessi ed aspettative del soggetto attivano emozioni positive; eventi che sono ritenuti dannosi o minacciano i suoi obiettivi e i suoi desideri, conducono ad emozioni negative; eventi nuovi producono stupore e sorpresa.

Secondo la teoria della rappresentazione cognitiva ( categoriale e schematica) le esperienze emotive sono concettualizzate nella mente delle persone in forma di script o prototipi. Essa ipotizza che le esperienze emotive siano organizzate in diversi livelli: il primo, pi astratto o superordinato, identifica semplicemente la positivit o la negativit dellemozione; il livello intermedio o basico definisce un suo prototipo, cio le caratteristiche generali ed una serie di esempi; il livello subordinato invece specifica in modo pi ampio la specificit del caso singolo, permeando lemozione di sentimenti o stati affettivi (Fehr e Russel, 1984; Shaver et al., 1987). Anche Lazarus (1982) ha sostenuto limportanza della valutazione cognitiva nel determinare lesperienza emozionale, valutazione che precede invariabilmente ogni reazione affettiva ma che non necessariamente coinvolge un processo cosciente; pertanto, pattern di valutazione sono associati a diverse emozioni. La valutazione cognitiva fa riferimento a tre forme: - la valutazione primaria, in cui una situazione ambientale vista come positiva, stressante o trascurabile per lo stato di benessere dellindividuo; - la valutazione secondaria, che tiene conto delle diverse risorse con cui lindividuo pu far fronte alla situazione emotigena; - la rivalutazione, in cui vengono monitorate la situazione stimolo e le strategie per affrontarla modificando, se necessario, le valutazioni precedenti. In particolare, lo studioso ha proposto il concetto di tema relazionale centrale secondo cui ogni emozione collegata con una determinata circostanza che la attiva, che ha funzioni di antecedente emotigeno e che pu appartenere a diversi ambiti: lambiente fisico, linterazione sociale, la memoria di eventi passati, ecc. Viceversa Zajonic (1984) ha sostenuto che la valutazione emotiva degli stimoli si pu verificare indipendentemente dai processi cognitivi. Secondo questo autore capita di frequente di dare dei giudizi emotivi su persone o cose senza aver elaborato rilevanti informazioni su di loro. Ad esempio, possiamo incontrare una persona per un brevissimo tempo e ricavarne unimpressione negativa o positiva senza ricordare particolari dettagli su di lei.

10.5 UNA TEORIA DELLEMOZIONE FONDATA SUI MECCANISMI CEREBRALI Le ricerche che si sono occupate del ruolo del cervello nel produrre sia le modificazioni corporee sia lesperienza dellemozione si sono focalizzate in particolare su due strutture: lamigdala, che fa parte del sistema limbico, e il lobo frontale della corteccia. Da questi studi si sviluppata una teoria dellemozione fondata su strutture cerebrali. Lamigdala, formazione complessa composta da una decina di nuclei, riceve informazioni sensoriali relative ai vari stati emozionali appresi con lesperienza, soprattutto quelle relative alla paura e allansiet, attraverso un gruppo particolare di nuclei: il complesso baso-laterale; Oltre ad aver un ruolo funzionale nelle reazioni emozionali negative appena citate, essa ha un ruolo anche in quelle di piacere ed implicata nella mediazione sia degli stati emozionali inconsci che di quelli consci. Lamigdala riceve informazioni sensoriali relative allambiente esterno attraverso due vie: una via subcorticale e una via in cui sono coinvolte le aree sensoriali e percettive della corteccia.

Questo organo avrebbe un ruolo centrale nellattribuire il significato emotivo ai vari stimoli e nel generare alcune risposte corporee immediate, mentre il lobo frontale di grande importanza per lo sviluppo dellesperienza conscia dellemozione. Queste interpretazioni sono suffragate, oltre che da studi su primati e ratti, dal comportamento di pazienti nei quali la lobotomia prefrontale, pur eliminando le turbe emotive, li rendeva completamente incapaci di organizzare la loro vita in modo efficiente. In alcune ricerche meno devastanti si misura il grado di attivit neurale dei due lobi frontali alla presentazione di stimoli che provocano emozioni: in soggetti adulti il lobo sinistro risulta essere maggiormente attivo di fronte a stimoli piacevoli, mentre quello destro si attiva di pi alla presentazione di filmati di soggetto medico-chirurgico. In altri studi si visto che pazienti con danni derivanti da ictus ad uno dei due lobi frontali presentano in genere un declino delle emozioni positive se era stato leso il lobo sinistro, di quelle negative se era stato interessato quello destro.

10.6 EMOZIONI ED ANSIA Una discussione a parte merita lansia per limportanza che essa assume nel nostro comportamento. Secondo le teorie del condizionamento, lansia elicitata dallo stimolo o dagli stimoli che precedono la comparsa di uno stimolo aversivo, cio di uno stimolo incondizionato doloroso, fastidioso, negativo. Ad esempio, se la comparsa di una scossa elettrica, di un pugno o simili (S2) preceduta pi volte dalla comparsa di un altro stimolo (S1), alla fine esso diventer lo stimolo condizionato in grado di elicitare la risposta condizionata di ansia. Questa interpretazione dellansia nota come paradigma S1-S2 dellansia. Poich essa uno stato spiacevole per il soggetto, questi cercher di evitarla allontanandosi o fuggendo alla comparsa dello S1. Egli presenter cio delle risposte di fuga o di evitamento che, tecnicamente, consistono nellallontanarsi o comunque nel porre fine allo S2: se un animale sta subendo una scossa elettrica trasmessa tramite il pavimento della gabbia in cui si trova, una risposta di fuga pu consistere nel saltare in un altro scomparto della gabbia dove la scossa non c. Proprio perch taglia la comparsa dello S2 la risposta di fuga viene indicata con Rt. Le risposte di evitamento consistono invece nellevitare tutta la comparsa dello S2, ad esempio quando lanimale passa nellaltro scomparto della gabbia prima che la scossa venga somministrata. Molto spesso, linstaurarsi di riposte di fuga pu avere un valore adattivo per il soggetto, ma non altrettanto si pu dire per le risposte di evitamento, che possono diventare disadattive. Questo perch il soggetto pu continuare ad evitare la situazione ansiogena senza mettersi mai alla prova per verificare se in grado di affrontarla o meno: ad esempio si ha paura di un esame senza aver mai provato a sostenerlo, per cui non ci si presenta agli appelli. In molti casi si arriva alle risposte di evitamento dopo essere passati attraverso risposte di fuga; in altri casi, in base semplicemente ad una valutazione cognitiva, o emotivoaffettiva, il soggetto decide di non affrontare certe situazioni delle quali pu non avere mai avuto esperienza. Ci lo porta ad evitare ogni tipo di contatto effettivo con la situazione ansiogena e con quelle simili. Le situazioni di ansia danno luogo a risposte overt, manifeste, di fuga o di evitamento, e a risposte covert, direttamente non rilevabili (interne allorganismo), di ansia o emozioni negative. Nella vita di tutti i giorni ci sono numerose situazioni che per forza di cose avvengono prima di un S2 e che si legano ad esso come degli S1.

Inoltre, c anche il semplice trascorrere del tempo: se il soggetto riesce ad individuare il momento in cui presumibilmente comparir S2, questo intervallo di tempo funzioner da S1. Quindi lo stesso trascorrere del tempo che fa scattare la reazione di ansia. In situazioni in cui non c alcun elemento concreto per sostenere che il soggetto non ce la far, ma egli convinto di ci (ed questo convincimento che conta), si ha la learned helplessness (impotenza appresa). Essa una specie di rassegnazione cronica, tale per cui il soggetto talmente convinto di non farcela da non attuare alcun tentativo, aumentando di conseguenza la probabilit di insuccesso (per una pi ampia discussione sullansia e la learned helplessness vedasi Mainardi Peron e Perasti, 1988). Le situazioni di ansia vengono valutate spesso con i test. Esempi di tali test sono: il Manifest Anxiety Scale (Taylor, 1951), il Test Anxiety Scale (Saranson, 1972), le varie versioni del Stait-Trait Anxiety Inventory (Spielberger et al., 1970). Questultimo riguarda due ambiti di ansia: di tratto e di stato. L ansia di tratto considerata un tratto di personalit, che in quantit maggiore o minore fa comunque parte dellindividuo. Lansia di stato contingente, ed emerge in determinate situazioni pi o meno ansiogene. A prescindere dalla concezione teorica dellansia adottata, praticamente tutti gli autori sono concordi nellindividuazione degli indici dellansia che si possono ricondurre a tre categorie: gli indici fisiologici e biochimici, quelli soggettivo-verbali, e quelli motorio-non verbali. Ossia ci che accade dentro di noi, ci che manifestiamo palesemente e ci che presentiamo mediatamente ad una nostra valutazione interna. Eysenck (1982, 1983) afferma che la motivazione e lemozione influenzano la condotta attraverso larousal. Egli ne distingue due tipi: uno passivo, conseguente a stress ed ansia, ed uno attivo che scaturisce da alcune verifiche che il soggetto adotta per aumentare o diminuire il suo impegno al fine di ottenere, dalla sua azione, un risultato soddisfacente. Probabilmente la generalizzazione pi conosciuta al riguardo rappresentata dalla legge di Yerkens e Dodson (1908) sullattivazione, che dimostra il legame esistente tra condotta e livello di arousal (grado di attivazione che parte da valori minimi e finisce con valori altissimi). Essa stabilisce che, per compiti di media difficolt, allaumentare dellattivazione corrisponde un aumento della prestazione cognitiva, ma fino ad un certo punto perch quando il coinvolgimento emotivo diventa troppo alto la prestazione inizia a peggiorare. Questi studiosi hanno condotto alcuni esperimenti su topi posti in una gabbia divisa in due settori di cui uno pi illuminato dellaltro; gli animali hanno la possibilit di evitare una scarica elettrica entrando nel pi illuminato dei due. Nellesperimento la variazione dellintensit della scarica modifica il livello di attivazione nei topi, mentre lazione sul contrasto di luminosit tra i due comparti della gabbia fa variare la difficolt del compito. Quando il compito risulta facile (la luce molto diversa nei due settori) i topi forniscono migliori prestazioni se il livello di attivazione alto (se la scarica forte), ma quando il compito difficile (la differenza di luminosit tra i due settori minima) la prestazione dei topi migliore con un livello di attivazione pi basso (se la scarica debole). 0.7 EMOZIONI E MEMORIA La componente emotiva stata studiata in relazione a numerosi processi cognitivi. Bower (1981) va sicuramente annoverato tra i pi importanti studiosi che si sono occupati dello studio delle relazioni tra memoria ed emozioni. Egli propone una teoria basata sulla nozione di contesto: le emozioni corrispondono ai nodi di una rete semantica che permette numerose possibilit di collegamento con idee, eventi, ricordi, sistemi fisiologici, ecc. Secondo questa teoria: il ricordo di qualunque materiale facilitato quando il contesto fornisce delle guide per il ricordo (retrieval cue); lo stato-dipendenza sarebbe un caso

particolare di contesto particolarmente ricco di agganci associativi per la somiglianza fra lo stato danimo durante la presentazione e lo stato danimo durante la rievocazione (DUrso e Trentin, 1992). Al momento della rievocazione si attiva nella memoria un particolare nodo emozionale di riferimento, al quale si associano gli altri nodi della rete che in qualche modo sono collegati ad esso, permettendo cos una migliore rievocazione. Altre ricerche hanno evidenziato come il recupero sia facilitato se ha luogo allinterno di una situazione simile a quella nella quale stato generato lapprendimento originale. Godden e Baddeley (1975) facevano apprendere una lista di parole a dei tuffatori in due condizioni: al di sopra o al di sotto del livello dellacqua; successivamente i soggetti dovevano rievocare le parole nello stesso contesto in cui le avevano apprese o in uno differente. Se tra il contesto di apprendimento e quello di rievocazione vi era concordanza (entrambi al di sotto o al di sopra del livello dellacqua) la rievocazione risultava migliore di quanto non lo fosse quando ne mancava la concordanza (apprendimento sotto il livello dellacqua e rievocazione sopra, o viceversa). Moltissimi lavori inerenti il ricordo rientrano nella psicologia della testimonianza, detta ora psicologia giuridica. La psicologia giuridica studia in che modo persone che sono state presenti a particolari eventi di rilevanza penale li descrivono in sede di testimonianza, permettendo di individuarne le dinamiche, i colpevoli, e cos via. Ovviamente, in questo ambito il rapporto tra emozioni e ricordo quanto mai stretto. Il modo in cui le une influiscono sullaltro non trova per concordi tutti gli autori, che si distinguono in fautori della state-dependency o della state-congruency. Secondo la state-dependency, i ricordi variano a seconda del particolare stato emotivo presente nei soggetti nel momento in cui viene chiesto loro di ricordare qualcosa. I ricordi diventando pi puntuali e precisi se si riferiscono ad eventi in qualche modo attinenti allo stato emotivo presente nei soggetti. Secondo la state-congruency, invece, il miglior ricordo dipende dalla congruenza fra lo stato emotivo presente nel soggetto e la tonalit emotiva di ci che si deve ricordare. In altre parole, se il soggetto allegro ricorda meglio o pi in fretta o pi dettagliatamente le cose allegre, se triste viceversa, e cos via. Anche se gli autori non concordano sui rapporti tra emozioni e ricordo, un fenomeno ormai generalmente ammesso il cosiddetto ottimismo mnestico, in virt del quale con il passare del tempo i ricordi vengono modificati verso una direzione positiva, eliminando in qualche modo gli aspetti negativi della vita passata, non ricordandoli affatto, o ricordandoli in forma attenuata, meno traumatica di come inizialmente erano. Quindi, man mano che il tempo passa, le cose si attenuano o si sfumano e predomina la parte buona a svantaggio di quella negativa.
Un altro aspetto che riguarda i rapporti tra ricordi ed emozioni il cosiddetto black-out dei ricordi, una sorta di corto circuito emotivo. In situazioni particolarmente drammatiche, si ha unamnesia totale che generalmente scompare dopo un certo tempo (ad esempio, nei casi di stupro la donna non riesce a ricordare laccaduto). un caso di grande rilevanza giuridica, perch ovviamente le persone portate in tribunale in questo stato non riescono a testimoniare. Non bisogna inoltre dimenticare che c una vasta gamma di situazioni ambientali connesse a queste condizioni emotive, su cui influiscono gli stereotipi (se il soggetto deve ricordare qualcosa che non rammenta, lo far in base allo stereotipo che ha in mente).

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