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Francesco Lamendola

Sarebbe ora che luomo cominciasse a fare ammenda nei confronti della balena
Con il termine balena, in senso lato, si designano tutti i cetacei di grandi dimensioni, dai capodogli, alle balenottere, alle megattere, alle balene vere e proprie, ossia le balene franche (Balaenidae, due generi rappresentati da quattro specie). Si tratta di animali intelligenti, respiratori volontari (per riposare, i due emisferi del loro cervello si addormentano a turno), di enormi dimensioni: la balenottera azzurra, il pi grande animale mai vissuto sul globo terracqueo, pu misurare fino a 33 metri di lunghezza per 160 tonnellate di peso, cio lequivalente di una trentina di elefanti africani adulti. Questi giganti dei mari sono stati perseguitati a morte dallavidit delluomo per la loro carne, per lolio e per il grasso, fin dal tempo della navigazione a vela e poi, ancor pi, nellepoca delle navi a vapore; tanto che, ai primi del Novecento, sorse tutta una catena di porti balenieri, specialmente nellemisfero australe (come Grytviken, nella Georgia del Sud), appositamente attrezzati per la lavorazione dei grandi cetacei. La storia della caccia alle balene inizia nellXI secolo, ad opera dei Baschi, e prosegue ininterrottamente nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni. Essa ha avuto anche il suo poema epico: il grandioso romanzo di Herman Melville Moby Dick (1851), in cui, peraltro, la vittoria finale della balena, mentre lequipaggio che le dava la caccia, al comando dellossessionato capitano Achab, perisce miseramente tra i flutti. Al principio del XIX secolo vi fu un autentico boomdella caccia alla balena, specialmente allo scopo procacciarsi lolio utilizzato per lilluminazione, da parte di Olandesi, Inglesi, Norvegesi, Tedeschi e Americani; lintroduzione delle navi a vapore, poi, e la costruzione delle grandi naviofficina, sulle quali il cetaceo viene direttamente macellato e conservato in celle frigorifere, hanno ulteriormente accelerato il ritmo della distruzione, fino a metterne seriamente in pericolo la sopravvivenza (facciamo qui riferimento a un buon articolo apparso sul Corriere della Sera il 14/07/04). Durante la prima guerra mondiale, la richiesta di glicerina per scopi bellici spinse Britannici e Norvegesi a intensificare la caccia alle balene nelle acque antartiche, mentre anche i Giapponesi scendevamo in lizza, con una loro industria specializzata nella cattura di megattere, balene grigie e balene franche. Al principio degli anni 30 del Novecento la Societ delle Nazioni e la comunit internazionale riconobbero che esisteva il rischio di estinzione e cominciarono a introdurre, timidamente, alcune norme per limitare la caccia indiscriminata; il primo accordo venne ratificato da 22 nazioni (tra le quali non figuravano n la Germania n il Giappone), nel 1931. Si calcola, peraltro, che in quello stesso anno siano state uccise non meno di 43.000 balene. Bisogna arrivare comunque al 1948 perch venga istituita la Convenzione internazionale per la Regolamentazione della caccia alla balena (I.C.R.W.): la sua filosofia non certo di tipo ecologista, bens quella di una industria baleniera intelligente, interessata a preservare un valore economico prima che la caccia sconsiderata lo faccia sparire da tutti i mari del globo. Gli Stati membri, 14 in origine e poi fino a 52, sono, appunto, quelli cointeressati nello sfruttamento economico delle balene; solo in seguito vi si sono aggiunti anche alcuni Paesi che non possiedono una industria baleniera ma che sono interessati alla sopravvivenza di questi cetacei.

Fino agli anni Settanta, comunque, il massacro continua a ritmo serrato: soltanto nella stagione di caccia 1961-62, nelle acque dellAntartide, vengono uccisi 66.000 esemplari. Della balenottera azzurra, di cui esistevano ancora circa 250.000 individui prima che iniziasse la grande caccia, ne sopravvivono attualmente qualcosa come 1.500. stato il W.W.F. (Worl Wildlife Fund), il pi grande organismo per la protezione della natura esistente al mondo, fondato in Svizzera nel 1961, a lanciare la parola dordine Salvate le balene!, chiedendo con forza, a partire dal 1972, una moratoria generale della caccia a questi colossi del mare. A tale mobilitazione dellopinione pubblica, lIW.C. risponde stabilendo, nel 1974, delle quote annue per i singoli Paesi, sulla base di un calcolo di sostenibilit e di pretesi studi scientifici, ma in effetti senza modificare il proprio atteggiamento fondamentale e senza che il massacro subisca un rallentamento significativo. Una moratoria parziale viene proclamata nel 1979, con esclusione totale di caccia nelle acque dellOceano Indiano; ma bisogna attendere il 1986 perch venga votata una moratoria su tutta la caccia commerciale alla balena, con venticinque nazioni votanti a favore, sette contrarie e cinque astenute. Le maggiori resistenze vengono dal Giappone, dalla Norvegia e dallUnione Sovietica, non ancora rassegnate a smantellare o riconvertire le proprie industrie baleniere e a rinunciare ai profitti da esse derivanti. Nel 1994, grazie ad una intensa campagna di informazione e sensibilizzazione, il W. W. F. ottiene listituzione di unarea interdetta alla caccia alla balena nelle acque del Pacifico meridionale, vasta ben 50 milioni di chilometri quadrati. Ma le navi baleniere giapponesi non rispettano questa zona di interdizione e proseguono la caccia, camuffandola da studio scientifico, cos come fanno nelle acque del Pacifico settentrionale. A partire da questi ultimi anni, tuttavia, qualcosa sembra essere finalmente cambiato nella filosofia dellI.W.C. specialmente dopo la creazione, nel 2003, di un Comitato per la conservazione; anche se gli interessi e le pressioni dellindustria baleniera giapponese, norvegese ed islandese continuano ad essere determinanti ed a sfruttare tutti gli appigli legali disponibili per proseguire nella caccia, a dispetto di tutte le convenzioni. LIslanda, ad esempio, ha avviato un programma di caccia scientifica alla balena che , sotto mentite spoglie, la prosecuzione dei massacri sistematici degli anni precedenti. Oltre che dalla caccia, del resto, le balene sono minacciate anche dal sempre pi grave livello di inquinamento chimico dei mari e dallalterazione del loro ambiente, oltre che dalle morti accidentali provocate dalle reti per la cattura del pesce; morti che colpiscono i piccoli dei cetacei maggiori e le specie di minori dimensioni, come i delfini. Questi ultimi, poi, sono minacciati anche dalla costruzione di grandi dighe, come quelle sui fiumi asiatici Yangtze (in Cina), Irawaddy (in Myanmar/Birmania) e Mekong (fra il Laos e la Thailandia). Ricapitolando la questione alcuni decenni or sono (ma lanalisi ancora di tragica attualit) il saggista Farley Mowat, nel suo libro La balena e la furia (titolo originale: A Whale for the Killing, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1972; traduzione italiana di Bruno Oddera, Milano, Longanesi & C., 1974, pp. 307-12), cos scrive Prima che il pi rapace dei predatori, lanimale umano, si accingesse seriamente ad annientarle, durante il diciassettesimo secolo, si ritiene che le otto specie di grandi balene comprendessero quattro milioni e mezzo di individui. Nel 1930, tre secoli dopo, essi erano stati ridotti a circa un milione e mezzo. Meno di mezzo secolo dopo, nel 1972, si calcolava che non esistessero pi di trecentocinquantamila superstiti. Una specie, la balena grigia atlantica, chiamata balena scrag dai balenieri del New England, che lannientarono, si estinse ancor prima che gli scienziati si fossero resi conto della sua esistenza. Quattro altre specie: la balena di Biscaglia, la balena franca, la balena azzurra e la megattera, sono ormai cos vicine allestinzione che, nonostante una protezione teorica, le loro possibilit di sopravivenza sono dubbie. Tre specie: la balenottera dalla grande pinna, la sei e il capodoglio, 2

sostengono ora limpeto del nostro incessante attacco alla nazione delle balene,. E il loro numero si va riducendo con spaventosa rapidit. Soltanto una specie, la balena grigia del Pacifico, che stata protetta per oltre quarantanni, sembra ALLONTANARSI esitante dallestinzione, anzich correre verso di essa. A causa della diminuzione catastrofica del numero delle grandi balene molte nazioni un tempo in primo piano nellindustria baleniera hanno rinunciato a tale attivit, in quanto non riveste pi alcun interesse economico. Esse comprendono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, lOlanda e la Germania. Nel 1972, soltanto il Giappone e lURSS hanno continuato la caccia pelagica alle balene s vasta scala, sebbene la Norvegia, la pi sterminatrice nazione baleniera nella storia dellumanit, sia stata loro alle calcagna in questultimo parossismo del massacro. Giappone URSS, complessivamente, uccidono circa lottantotto per cento delle quaranta-quarantacinquemila grandi balene che,in base alle quote stabilite dalla Commissione baleniera internazionale, possono essere legalmente massacrate. Il resto dello sterminiolegale lo si deve soprattutto alle basi a terra canadesi, norvegesi, giapponesi e sudafricane. I dati ufficiali comunicati dalla Commissione baleniera internazionale sono abbastanza gravi, ma non dicono, assolutamente, tutto. La maggior parte delle nazioni rappresentate nella Commissione (e numerosi paesi balenieri non ne fanno neppure parte) omettono, per consuetudine, di riferire i dati relativi alluccisione accidentale di balene le cui dimensioni sono inferiori a quelle prescritte, di femmine con piccoli e di balene appartenenti a specie protette, nonch le aperte violazioni delle quote. Poich la Commissione internazionale non esercita una sorveglianza efficace e non applica sanzioni rilevanti ai trasgressori, le quote stabilite continuano a non essere rispettate. Tanto per peggiorare la situazione, esiste un numero sempre pi grande di baleniere da caccia (e anche alcune navi-officine e cacciabalene al contempo) appartenenti soprattutto a giapponesi e norvegesi, ma battenti bandiere di comodo, che danno la caccia alle balene in alto mare con la inosservanza pi assoluto di QUALSIASI regolamento o accordo. noto che queste baleniere-pirata uccidono balene di ogni dimensione, di entrambi i sessi e di ogni specie, comprese TUTTE le specie nominalmente protette, ogniqualvolta e ovunque possano. Talora agendo con la connivenza degli stati marittimi, particolarmente nellAmerica del Sud e nellAfrica meridionale, si ritiene che sterminino ogni anno dalle duemila alle cinquemila grandi balene, NESSUNA DELLE QUALI figura nelle statistiche ufficiali della Commissione internazionale. CIRCA CINQUANTAMILA DELLE PI GRANDI BALENE SONO STATE UCCISE NEL 1972 PER MANO DELLUOMO. Eppure, sebbene un massacro cos incessante non possa non dar luogo allo sterminio virtuale di tutte le specie di balene prima della fine di questo decennio [cio il 1970-1980], NESSUN PASSO PER RIDURRE IN MANIERA SIGNIFICATIVA LA
PORTATA DELLE UCCISIONI ANNUE VIENE COMPIUTO DALLE NAZIONI PI INTERESSATE ALLA CACCIA ALLE BALENE. Come sempre accaduto da quando fu istituita, ancora nel 1971 la

Commissione internazionale continuava a fissare quote annue, per ciascuna specie, talmente irrealistiche DA SUPERARE TALORA IL NUMERO STESSO DELLE BALENE CHE LE NAVI E LE BASI A TERRA DEGLI STATI MEMBRI AVREBBERO POTUTO CATTURARE . Questa non conservazione distruzione in massa legalizzata. Le grandi balene non sono le sole ad essere perseguitate fino allestinzione. Stiamo ora minacciando seriamente anche la sopravvivenza di quelle balene relativamente piccole, le balenottere minori e le balenottere di Bryde (attivamente cacciate dalle baleniere norvegesi), nonch i beluga e i globicefali. Il Canada consente ai turisti di sparare ai beluga PER DIVERTIMENTO,come una delle distrazioni offerte ai viaggiatori artici! Tanto per aggravare la situazione, luomo sta conducendo una guerra decisa contro molte specie di delfini e focene. Nel 1971, oltre duecentomila di questi piccoli odontoceti furono sterminati dai giapponesi a scopi commerciali, e si ritiene che un numero quasi eguale sia perito accidentalmente nelle reti per tonni delle acque del Pacifico. Mentre le ultime grandi balene vengono trasformate in cibo per cani e gatti e in cosmetici, i giapponesi intensificheranno senza dubbio la pressione sui delfini e le focene, sebbene, a quanto pare, i russi non intendano imitarli. A. Iskov, ministro sovietico per la pesca,ha vietato di recente luccisione di queste piccole balene, sostenendo che si tratta dei fratelli marittimi del genere 3

umano.Vi anche qualche motivo di sperare che i sovietici sarebbero disposti a ridurre, o addirittura a far cessare, da parte loro, il massacro delle ultime grandi balene SE i giapponesi potessero essere persuasi a fare altrettanto. Fino ad oggi, i giapponesi, il cui rappresentante nella Commissione internazionale altres direttore di unimportante societ baleniera del Giappone, si sono inflessibilmente rifiutati di collaborare. ormai anche troppo chiaro che se vogliamo salvare una qualsiasi specie di balene, grandi o piccole, dobbiamo rifiutare la Commissione internazionale come strumento per impedire la perpetrazione ultima di un delitto contro la vita la cui portata non ha uguali nella storia umana. La Commissione internazionale non ha mai tutelato le balene ha tutelato sempre e soltanto i balenieri. Se si vuole che le balene sopravvivano, lumanit deve dichiarare E FAR APPLICARE una moratoria mondiale relativa alluccisione di qualsiasi balena. Questo periodo di respiro deve avere una durata di almeno dieci anni, se le file tremendamente decimate dei cetacei devono avere qualche reale possibilit di riprendersi. Durante la moratoria, dovr esservi un embargo mondiale , severamente applicato, su tutti i prodotti derivati dalle balene, altrimenti molte societ baleniere si limiterebbero a continuare la loro attivit sotto bandiere di comodo, affinch le navi ad esse appartenenti si uniscano alla sempre pi numerosa flotta di baleniere-pirata. La situazione odierna tuttora molto critica; e, se il rischio immediato di estinzione sembra, per adesso, scongiurato, pesanti ipoteche continuano a gravare sul futuro di questo possente, magnifico signore degli oceani. Fra le altre cose, linquinamento dellambiente marino sembra responsabile dei casi, sempre pi frequenti, di balene ed altri cetacei che vengono a morire sulle spiagge, arenandovisi, dopo aver smarrito inspiegabilmente il senso dellorientamento. Ed il recente disastro ambientale nel Golfo del Messico (primavera del 2010), con la fuoruscita incontrollabile di milioni e milioni di tonnellate di petrolio greggio che, nel giro di qualche mese, si sparger su tutti i mari del globo, un altro eloquente segnale di allarme per la preservazione dellequilibrio ecologico dellambiente oceanico, senza il quale le balene, insieme a numerosissime altre specie di mammiferi marini, pesci ed uccelli, saranno condannati alla distruzione in tempi pi o meno brevi. Forse tempo che luomo faccia ammenda di tanti errori, di tanto sconsiderato accanimento nel perseguire unicamente limmediato vantaggio economico, di tanta mancanza di lungimiranza, di saggezza, di umanit e di consapevolezza olistica. Forse le grandi balene, che da milioni di anni popolano i mari di tutti il mondo e che non hanno mai costituito un pericolo o una minaccia per luomo, meritano un tale mea culpa da parte nostra, prima che sia troppo tardi. Ma, perch ci avvenga, necessario un autentico ribaltamento della nostra prospettiva esistenziale, della nostra sensibilit etica, della nostra consapevolezza di creature viventi su di un pianeta che non di nostra propriet, ma del quale siamo semplicemente ospiti temporanei. questo ci su cui ci invita a riflettere la storia drammatica del rapporto fra luomo e i grandi signori del mare. Luomo non potr dirsi spiritualmente evoluto se non arriver il giorno in cui luccisione di un animale come la balena o come il delfino sar riguardata in maniera analoga allassassinio di un altro essere umano: qualche cosa di moralmente intollerabile e che non pu avere giustificazioni di sorta, nemmeno pietose scusanti sul tipo di un preteso studio scientifico.

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