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LIBRO SECONDO

PIEDI METRICI Piedi semplici e compositi (1, 1 - 8, 15)


Fra grammatica e musica...

1. 1. M. - Stai dunque bene attento e ascolta alfine, per cos dire, una nuova introduzione della nostra discussione. E prima di tutto dimmi se hai bene appreso la distinzione che i grammatici fanno fra sillabe brevi e lunghe, ovvero se preferisci, che tu l'abbia appresa o no, continuare la nostra ricerca come se fossimo del tutto inesperti in materia. Ci sar cos di guida solo il ragionamento e non ci vincoleranno l'inveterata usanza e la tradizione non esaminata criticamente. D. - Mi stimola a preferire il secondo procedimento non solo la ragione, ma anche l'ignoranza di codeste sillabe. Perch non dovrei confessarlo? M. - Ebbene, dimmi almeno se tu hai mai rilevato da te che nella nostra lingua alcune sillabe sono pronunciate rapidamente e non lungamente, altre invece pi lentamente e lungamente. D. - Debbo affermare che non sono stato insensibile a queste cose. M. - Ora devi sapere che tutta quella disciplina, la quale in greco detta grammatica e in latino letteratura, ha la funzione di difesa della tradizione, o da sola, come insegna la pi sottile dimostrazione, o principalmente, come ammettono anche le menti ottuse. Per esempio, se dici cano o se per caso impieghi questa parola in un verso, in modo da allungare nella pronuncia la prima sillaba, ovvero la collochi nel verso l dove occorrerebbe una lunga, il grammatico, come custode della tradizione, ti riprender adducendo come unica ragione la necessit di dover abbreviare la sillaba, soltanto perch quelli che ci hanno preceduto, i cui libri restano e sono esaminati dai grammatici, ne facevano una breve e non una lunga. Nel caso dunque ha valore soltanto la tradizione. Al contrario la funzione della musica, da cui dipendono tanto la stessa razionale misura delle parole quanto il loro ritmo, esige soltanto che sia lunga o breve la sillaba, la quale si trova in questa o in quella sede, secondo la regola delle loro misure. Se tu metti la parola cano l dove bisogna mettere due lunghe e nella pronuncia allunghi la prima che breve, la musica non se ne sdegna, poich i tempi delle parole son giunti all'udito, quali convengono a quel ritmo. Ma il grammatico ti ordina di correggere e di mettere una parola, la cui prima sillaba deve esser lunga secondo l'autorit degli antichi, di cui egli ha in consegna gli scritti.
...diverso criterio di misurare le sillabe.

2. 2. Noi tuttavia abbiamo cominciato ad esaminare le regole della musica. Dunque, anche se ignori quale sillaba debba esser breve e quale lunga, possiamo non essere ostacolati da questa tua ignoranza e ritenere sufficiente il fatto di avere avvertito, come hai detto, che alcune sillabe sono pi brevi, altre pi lunghe. Pertanto ora ti chiedo se il suono di versi ti ha causato mediante l'udito un qualche diletto. D. - S, molto spesso, al punto che quasi sempre ascolto i versi con diletto. M. - Se dunque in un verso, che hai ascoltato con diletto, si allungano o abbreviano le sillabe l dove la regola del verso medesimo non richiede, possibile che provi il medesimo diletto? D. - Anzi non potrei ascoltarlo senza fastidio. M. - Non v' alcun dubbio dunque che nel suono, da cui tu riconosci di esser dilettato, la misura dei ritmi che ti diletta e se essa alterata, quel diletto non pu offrirsi all'udito. D. - chiaro. M. - Dimmi allora, per quanto attiene al suono del verso, quale differenza c' se io dico: Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris 1, oppure: Qui primis ab oris. D. - Quanto attiene alla misura, per me hanno il medesimo suono. M. - Ma avvenuto per la mia pronuncia, cio con quel difetto che i grammatici chiamano barbarismo; infatti primus ha una lunga e una breve, invece primis due lunghe, ma io ho abbreviato l'ultima, cos che il tuo udito non stato offeso. Pertanto si deve pi volte provare se senti, mentre io parlo, cosa sia nelle sillabe il " lungamente " e il " non lungamente ", in maniera che la nostra discussione possa continuare col dialogo, come l'abbiamo cominciata. Ripeter dunque quello stesso verso, nel quale avevo commesso un barbarismo e allungher, come vogliono i grammatici, quella sillaba che avevo pronunciato breve per non offendere il tuo udito. Dimmi se la misura di questo verso invade il tuo senso col medesimo diletto. Io pronuncerei: Arma virumque cano Troiae qui primis ab oris. D. - Ora non posso negare di essere infastidito per non so qual difetto del suono. M. - E non a torto. Sebbene non ci sia stato barbarismo, stato commesso l'errore che tanto la grammatica quanto la musica biasimano, la grammatica, perch la parola primis, di cui l'ultima sillaba si deve pronunciare lunga, stata messa dove occorreva una breve, la musica, soltanto perch una lunga qualunque si trova dove occorreva una breve e il tempo richiesto dalla misura ritmica non stato reso. Perci se distingui abbastanza bene ci che

vuole l'udito e ci che esige la tradizione, ci rimane da esaminare perch l'udito stesso a volte appagato e a volte urtato da suoni lunghi e brevi. ci che attiene appunto al " lungamente " e " non lungamente ". Ricordi, credo, che abbiamo gi iniziato a sviluppare questa parte. D. - Ho gi ravvisato l'argomento e lo ricordo e aspetto il seguito con vivo interesse.
Numeri e sillabe brevi e lunghe.

3. 3. M. - Quale seguito, secondo te, se non iniziare a confrontare le sillabe e vedere quali rapporti numerici hanno fra di s, come con tanto lunga dimostrazione stato fatto per i movimenti? Il suono infatti nel movimento. Ora le sillabe sono suono. Puoi forse negare qualcuno di questi concetti? D. - No, di certo. M. - Quando dunque si rapportano fra di loro le sillabe, si rapportano determinati movimenti, nei quali possibile mediante la misura della durata ravvisare determinati numeri di tempo. D. - S. M. - Si pu dunque rapportare una sillaba a se stessa? Se non la pensi diversamente, l'esser solo non ammette alcun confronto. D. - La penso proprio cos. M. - E potresti dire che non si pu rapportare una sillaba ad un'altra, ovvero una o due a due o tre, e cos di seguito per pi sillabe? D. - Chi direbbe il contrario? M. - Osserva anche che una qualsiasi sillaba breve, pronunciata senza allungamento e che cessa appena proferita, occupa tuttavia un certo spazio nel tempo ed ha una sua pur piccola durata. D. - Riconosco la necessit di ci che dici. M. - Dimmi allora da dove iniziamo il numero. D. - Naturalmente dall'uno. M. - Ragionevolmente dunque gli antichi hanno chiamato un solo tempo questo, per cos dire, minimo di spazio che occupa una sillaba breve. Si passa infatti dalla breve alla lunga. D. - vero. M. - Pertanto devi avvertire anche quanto segue. Nei numeri il primo sviluppo dall'uno al due; allo stesso modo nelle sillabe, in quanto si passa dalla breve alla lunga, la lunga deve avere un tempo doppio. Perci se logicamente si chiama un tempo lo spazio che occupa una breve, logicamente si chiamano due tempi lo spazio che occupa una lunga. D. - Logicamente certo, riconosco infatti che lo richiede la dimostrazione.
Piedi e numeri eguali e moltiplicati.

4. 4. M. - Ed ora esaminiamo i rapporti in se stessi. Chiedo quale rapporto, secondo te, ha una sillaba breve ad un'altra breve e come si chiamano questi movimenti tra loro rapportati. Se non mi sbaglio, ricordi che nel precedente discorso abbiamo dato dei nomi a quei movimenti che hanno tra di loro un rapporto numerico. D. - Ricordo che li abbiamo chiamati eguali. Infatti hanno fra di s il medesimo rapporto di tempo. M. - Ma pensi che si debbano lasciare senza nome queste correlazioni di sillabe, per cui esse si corrispondono in maniera da avere fra di s un rapporto numerico? D. - Non credo. M. - Sappi dunque che gli antichi hanno chiamato piede questa correlazione di suoni. Ma dobbiamo attentamente esaminare fino a qual punto la ragione consenta l'estensione del piede. Dimmi dunque per quale ragione una sillaba breve e una lunga sono in rapporto. D. - Ritengo che tale correlazione derivi da quel genere di numeri che abbiamo chiamato moltiplicati poich noto che il singolo viene rapportato al doppio, cio il tempo di una sillaba breve rapportato ai due tempi di una sillaba lunga. M. - E se si mettono in un ordine tale da pronunciare prima la sillaba lunga e dopo la breve, non rimane forse la regola dei numeri moltiplicati poich l'ordine mutato? Infatti in quel piede si va dal singolo al doppio, in questo dal doppio al singolo. D. - S. M. - E in un piede di due lunghe non si rapportano due tempi con due tempi? D. - chiaro. M. - E da quale regola deriva questo rapporto? D. - Ovviamente dal rapporto dei numeri detti eguali.
Quattro piedi di due sillabe.

4. 5. M. - Dimmi allora quanti rapporti di piedi abbiamo esaminato nella serie in cui siamo giunti da due sillabe

brevi a due lunghe. D. - Quattro; infatti prima si parlato di due brevi, poi di una breve e una lunga, in seguito di una lunga e una breve e infine di due lunghe. M. - Ed possibile averne pi di quattro, quando si rapportano fra di loro due sillabe? D. - Certamente no; infatti le sillabe hanno avuto questa misura, che una breve abbia un tempo e una lunga due, inoltre ogni sillaba breve o lunga. Dunque in qual modo due sillabe possono congiungersi in rapporto in modo da formare un piede, se non unendo breve e breve, breve e lunga, lunga e breve, lunga e lunga? M. - Dimmi anche quanti tempi ha il piede pi piccolo di due sillabe e cos pure il pi grande. D. - Il pi piccolo due, il pi grande quattro. M. - E vedi che l'estensione pu andare soltanto fino al numero quattro, sia nei piedi che nei tempi? D. - Lo vedo chiaramente e ricordo la regola dell'estensione dei numeri e con grande diletto spirituale noto che quella propriet presente anche in questo caso. M. - I piedi dunque sono formati da sillabe, cio di movimenti di suoni distinti e, per cos dire, articolati, le sillabe invece si distendono nel tempo. Non necessario perci, secondo te, che l'estensione del piede arrivi fino a quattro sillabe, come noti che giunge fino al numero quattro quella degli stessi piedi e tempi? D. - Penso come tu stai dicendo, riconosco che ci sembra proprio di una logica esatta e attendo la soluzione.
Piedi di tre sillabe con due brevi...

5. 6. M. - Ma prima di tutto esaminiamo dunque, come l'ordine stesso richiede, quanti possono essere i piedi di tre sillabe, come abbiamo scoperto che son quattro quelli di due sillabe. D. - Va bene. M. - Certo ricordi che abbiamo cominciato l'esame da una sillaba breve, cio di un tempo, e che abbiamo ben compreso che cos si deve procedere. D. - Ricordo che abbiamo stabilito di non allontanarci da quella legge del calcolare, per cui cominciamo dall'uno che il principio dei numeri. M. - Nei piedi di due sillabe il primo quello che formato di due brevi. La logica ci suggeriva appunto che bisogna riunire un tempo a un tempo, prima che a due. Quale pensi dunque che debba essere il primo nei piedi di tre sillabe? D. - Quale, se non quello che composto di tre brevi? M. - E di quanti tempi ? D. - Di tre, ovviamente. M. - In quale rapporto sono fra di loro queste parti? necessario infatti che ogni piede, a causa della correlazione tra i numeri, abbia due parti che si rapportino in qualche modo fra di loro. Di ci, ricordo, abbiamo trattato prima. Ma possibile dividere questo piede di tre sillabe in due parti eguali? D. - Assolutamente no. M. - Allora come si divide? D. - Noto soltanto questi modi, che la prima parte abbia una sillaba e la seconda due, oppure la prima due e la seconda una. M. - Dimmi anche di quale regola dei numeri si tratta. D. - Riconosco che del genere dei moltiplicati.
...e loro ordine.

5. 7. M. - Ed ora esamina quante volte si possono combinare tre sillabe, di cui una lunga e le altre brevi, cio quanti piedi formano. Se lo trovi, dimmelo. D. - Noto che si pu formare un solo piede, il quale sia composto da una lunga e due brevi. Non ne vedo altro. M. - Secondo te dunque ha una sola sillaba lunga su tre soltanto quel piede, in cui la lunga messa per prima? D. - Non potrei pensarlo poich le due brevi possono esser messe per primo e la lunga in ultimo. M. - Rifletti se esiste un terzo caso. D. - S, evidentemente; infatti la lunga pu esser collocata fra le due brevi. M. - Esamina se esiste un quarto caso. D - Assolutamente impossibile. M. - Potresti rispondere ora quante volte possono combinarsi tre sillabe che hanno una lunga e due brevi, cio quanti piedi formano? D. - S, certo; si sono combinate tre volte ed hanno formato tre piedi. M. - Ebbene puoi ora concludere da solo come debbono esser disposti questi tre piedi o devi esservi condotto un po' alla volta? D. - Ma non approvi la disposizione, con cui ho scoperto le varie combinazioni? Ho osservato per primo una lunga e due brevi, quindi due brevi e una lunga ed infine una breve, una lunga e una breve. M. - E a te non dispiacerebbe se si disponesse cos da andare dal primo al terzo e dal terzo al secondo, e non

piuttosto dal primo al secondo e poi al terzo? D. - Mi dispiace certamente, ma dimmi, scusa, se hai notato nel nostro caso un tale errore. M. - In queste tre combinazioni tu hai posto per primo il piede che comincia con una lunga. Hai notato appunto che la unit stessa della sillaba lunga, dato che qui se ne ha una sola, le conferisce la precedenza e che pertanto dovesse iniziare la disposizione, di modo che sia primo quel piede, in cui essa viene per prima. Ma allora avresti dovuto notare che secondo il piede, in cui essa seconda e terzo quello, in cui essa terza. Pensi dunque di dover rimanere nella medesima opinione? D. - No, anzi la condanno senza esitazione. Chi non ammetterebbe che questa la disposizione migliore, anzi la vera?. M. - Dimmi ora con quale regola dei numeri vengono divisi anche questi piedi e le loro parti rapportate. D. - Osservo che il primo e l'ultimo sono divisi con la regola dell'uguaglianza, poich quello pu esser diviso in una lunga e due brevi e questo in due brevi e una lunga, di modo che le singole parti hanno un tempo doppio e perci sono eguali. Nel secondo piede invece, giacch la lunga si trova in mezzo, se viene attribuita alla prima parte, il piede diviso in tre tempi e un tempo e se viene attribuita alla seconda parte, diviso in un tempo e tre tempi. Perci nella divisione di questo piede vale la regola dei numeri moltiplicati.
Piedi di quattro sillabe in generale.

5. 8. M. - Vorrei che ora tu mi dicessi, da solo, se puoi, quali piedi ritieni di dover mettere dopo quelli che sono stati esaminati. Sono stati esaminati dapprima quattro piedi di due sillabe. La loro disposizione stata derivata dalla disposizione dei numeri. Si cominciato cos dalle sillabe brevi. Quindi abbiamo iniziato ad esaminare i piedi pi lunghi, cio di tre sillabe, e poich le cose ci erano facilitate dall'esame precedente, abbiamo cominciato da tre brevi. Non poteva venire di seguito che esaminare quante figure produceva una lunga con due brevi. E lo abbiamo esaminato; dopo il primo piede tre altri, come era necessario, ne sono stati disposti. Non potresti ormai da solo esaminare quelli che seguono, allo scopo di non tirar fuori ogni concetto con minute domande? D. - Dici giusto; infatti chi non vedrebbe che vengono di seguito quelli in cui sono una breve e le altre lunghe? Alla breve, per il fatto che una sola, in base al ragionamento precedente, vien data la precedenza. Primo sar quindi quel piede, in cui essa prima, secondo quello in cui seconda, terzo quello in cui essa terza e anche ultima. M. - Tu vedi, credo, anche con quali regole questi piedi si dividono, in modo che le loro parti possano essere rapportate. D. - Certamente. Il piede che si compone di una breve e due lunghe pu esser diviso soltanto in modo che la prima parte, che contiene la breve e la lunga, abbia tre tempi, e la seconda i due tempi che si trovano in una lunga. Il terzo piede simile al precedente, in quanto ammette una sola divisione, ne differisce in quanto quello si divide in tre e due tempi e questo invece in due e tre tempi. Infatti la sillaba lunga che viene per prima ha una durata di due tempi, restano una lunga e una breve, ci che forma una durata di tre tempi. Il piede di mezzo, che ha la breve in mezzo, pu avere una doppia divisione, poich la breve pu essere attribuita all'una o all'altra parte, pu, cio, dividersi in due e tre tempi o in tre e due tempi. Pertanto la regola dei sesquati che configura questi tre piedi. M. - Abbiamo gi esaminato tutti i piedi di tre sillabe, o ne rimane un altro? D. - Noto che ne rimane uno, quello che si compone di tre lunghe. M. - Esamina dunque anche la sua divisione. D. - L sua divisione una e due sillabe, oppure due e una, cio i tempi sono due e quattro, oppure quattro e due. Dunque le parti di questo piede si rapportano secondo la regola dei numeri moltiplicati.
Piedi di tre sillabe con due e tre lunghe.

6. 9. M. - Ora esaminiamo con procedimento logico i piedi di quattro sillabe. D tu stesso quale di essi debba essere il primo e aggiungi anche la regola della sua divisione. D. - Evidentemente il piede di quattro brevi che si divide in due parti di due sillabe, aventi due e due tempi secondo la regola dei numeri eguali. M. - Ci sei. Continua da solo ed analizza i rimanenti. Credo che non sia pi necessario interrogarti in particolare. sempre il medesimo procedimento di eliminare successivamente una per una le brevi e a loro posto mettere le lunghe, sino a che si giunga ad avere tutte lunghe, e man mano che si eliminano le brevi e si sostituiscono le lunghe, considerare quali combinazioni abbiano e quanti piedi producano. Rimane il criterio che a determinare la precedenza nella disposizione la sillaba, sia essa lunga o breve, che rimane sola fra le altre. Ti sei esercitato precedentemente in queste operazioni. Ma dove sono due brevi e due lunghe, poich il caso non si mai presentato, quali, secondo te, debbono avere la precedenza? D. - chiaro anche questo dai casi precedenti. Infatti la sillaba breve, che ha un tempo, ha maggiore unit della lunga che ne ha due. Per questo all'inizio di ogni disposizione poniamo il piede che formato da brevi.
Piedi di quattro e tre brevi...

6. 10. M. - Niente ti impedisce dunque di esaminare tutti questi piedi, mentre io ti ascolto e giudico senza interrogarti. D. - Lo far, se mi riesce. Dapprima si deve togliere una delle quattro brevi del primo piede e al suo posto in prima posizione porre una lunga in base al valore dell'unit. Questo piede ammette due divisioni, o in una lunga e tre brevi; oppure in una lunga e una breve e in due brevi, cio in due e tre oppure in tre e due tempi. La lunga posta in seconda posizione forma un altro piede che pu logicamente esser diviso in un unico modo, cio in tre e due tempi, sicch la prima parte contenga una breve e una lunga e la seconda due brevi. Inoltre, se, si mette la lunga al terzo posto, si forma un piede che, come il precedente, pu logicamente esser diviso soltanto in un modo, ma in maniera che la prima parte abbia due tempi di due brevi e la seconda parte tre tempi dati da una lunga e, una breve. La lunga messa per ultimo forma un quarto piede che si divide in due modi, come quello in cui la lunga in principio. Pu esser diviso infatti in due brevi e in una breve e una lunga, oppure in tre brevi e in una lunga, cio in due e tre, oppure in tre e due tempi. Tutti questi quattro piedi, dove una lunga cambia di posizione con le tre brevi, hanno rapportate fra di s le parti secondo la regola dei sesquati.
...con due brevi congiunte...

6. 11. Viene di seguito che eliminando due delle quattro brevi, le sostituiamo con due lunghe. Esaminiamo quante combinazioni di piedi possono produrre giacch brevi e lunghe sono a due e due. Vedo dunque che dapprima si devono porre due brevi e due lunghe poich pi regolare l'inizio dalle brevi. Ora questo piede consente una duplice divisione. Si divide appunto in due e quattro oppure in quattro e due tempi, in maniera che le due brevi formano la prima parte e le due lunghe la seconda, oppure le due brevi e la lunga la prima parte e la lunga che rimane la seconda. Si ha un altro piede, quando le due brevi che abbiamo posto all'inizio del piede, come la disposizione richiede, sono collocate nel mezzo. La divisione di questo piede in tre e tre tempi; infatti una lunga e una breve formano la prima parte e una breve e una lunga la seconda. Quando le brevi sono poste in ultimo, giacch questa figura viene di seguito, formano un piede che ha due divisioni: la prima parte ha due tempi con una lunga, la seconda quattro tempi con una lunga e due brevi, oppure la prima parte quattro tempi con due lunghe e la seconda due con due brevi. Le parti di questi tre piedi, per quanto attiene al primo e al terzo, si rapportano secondo la regola dei numeri moltiplicati; il mediano ha le parti eguali.
...con due brevi separate e...

6. 12. Successivamente devono esser separate le due brevi che finora abbiamo tenuto unite. La separazione minore e da cui si deve cominciare quella in cui vi sia tra loro una sillaba lunga, la pi grande quella in cui ve ne siano due. Quando una sola lunga le separa, essa lo fa in duplice maniera, si producono, cio, due piedi. La prima maniera che vi sia all'inizio una breve, quindi una lunga, un'altra breve e la lunga che rimane. L'altra maniera che le brevi sono in seconda ed ultima posizione, le lunghe nella prima e nella terza; si avranno cos una lunga e una breve, una lunga e una breve. La pi grande separazione si ha quando le due lunghe sono nel mezzo e delle due brevi una al primo posto, l'altra all'ultimo. Questi tre piedi, in cui le brevi sono separate, si dividono in tre e tre tempi, cio il primo in breve e lunga, breve e lunga, il secondo in lunga e breve, lunga e breve, il terzo in breve e lunga, lunga e breve. Cos disponendo variamente tra di loro, quanto possibile, due sillabe brevi e due lunghe, si formano sei piedi.
...con una e nessuna breve.

6. 13. Rimane ora da togliere tre delle quattro brevi e sostituirle con tre lunghe. Rester una sola breve e poich una sola breve posta all'inizio e seguita da tre lunghe forma un piede, posta in seconda posizione ne forma un secondo, in terza un terzo, in quarta un quarto. Di questi quattro piedi i primi due si dividono in tre e quattro tempi, gli altri due in quattro e tre, ma tutti hanno le loro parti rapportate secondo la regola dei sesquati. Infatti la prima parte del primo piede una breve e una lunga con durata di tre tempi, la seconda due lunghe con quattro tempi. La prima parte del secondo piede una lunga e una breve, dunque tre tempi, la seconda due lunghe, per quattro tempi. Il terzo ha come prima parte due lunghe, per quattro tempi ed una breve e una lunga, cio tre tempi, occupano la sua seconda parte. Due lunghe formano similmente la prima parte del quarto piede, di quattro tempi e una lunga e una breve la seconda, con tre tempi. Il piede che rimane di quattro sillabe, da cui si eliminano tutte le brevi sicch viene ad esser formato di quattro lunghe. Esso si divide in due e due lunghe in base ai numeri eguali, cio in quattro e quattro tempi. Ecco lo svolgimento che hai voluto da me. Ora continua tu la ricerca mediante il dialogo.
Il quattro limite nell'estensione del piede.

7. 14. M. - S. Hai osservato per quanto vale anche per i piedi lo sviluppo fino al quattro che stato rilevato nei numeri stessi?.

D. - S, riconosco negli uni e negli altri la medesima legge di sviluppo. M. - E se i piedi sono stati formati da un contesto di sillabe, non si deve ritenere anche che da un contesto di piedi possa esser formato un qualche cosa che non ha pi n il nome di sillaba n quello di piede? D. - Certamente, a mio avviso. M. - E che cosa credi che sia? D. - Il verso penso. M. - Ma poniamo che si vogliano unire indefinitamente senza imporre loro una determinata misura, salvo che non intervenga o la mancanza della voce, ovvero l'interruzione dovuta ad un evento, o la decisione di passare ad altro. Sar da te considerato verso un contesto che abbia venti, trenta o cento o anche pi piedi, come volendo si potrebbe fare se si uniscono in una durata in qualsivoglia modo lunga? D. - Certamente no. Non dar il nome di verso a piedi qualsiasi che noter uniti ad altri piedi qualsiasi o a molti piedi riuniti insieme in una serie indefinita, ma potr mediante una qualche disciplina comprendere il genere e il numero dei piedi, cio quali e quanti piedi formano il verso e in base ad essa giudicare se un verso ha urtato il mio udito. M. - Ma questa disciplina, qualunque essa sia, certamente non ha stabilito a capriccio la regola e la misura ai versi, ma in base a un qualche criterio. D. - Se disciplina, non doveva o poteva essere altrimenti. M. - Allora, se vuoi esaminiamo e cerchiamo di comprendere questo criterio. Se infatti teniamo presente la sola autorit, sar verso quello che un non so quale Asclepiade o Archiloco, cio antichi poeti, han voluto che fosse chiamato verso, ovvero la poetessa Saffo e altri, da cui prendono il nome certi generi di versi, poich essi per primi li hanno configurati e composti. Si dice appunto un verso asclepiadeo, archilocheo, saffico e i Greci hanno applicato mille altri nomi di autori a versi di diverso genere. Pertanto non irrazionalmente si pu ritenere che se uno disporr come vuole, quanti e quali piedi vuole, per il solo motivo che nessuno prima di lui ha fissato ai versi quella determinata misura, con ogni ragione potr esser chiamato creatore e propagatore di un nuovo genere di versi. Se questa libert gli viene rifiutata, c' da chiedersi con legittimo rammarico quali meriti infine quei poeti avessero, se senza seguire un criterio, han fatto chiamare e considerare verso un contesto di piedi, composto da loro a capriccio. O sei d'altro avviso? D. - certamente come dici e sono d'accordo che il verso generato da un criterio razionale e non dall'autorit. Studiamolo, ti prego senza indugio.
Elenco dei 28 piedi.

8. 15. M. - Esaminiamo dunque quali piedi debbono unirsi tra di loro quindi che cosa nasce da queste combinazioni giacch non si forma il verso soltanto e infine tratteremo tutto l'argomento del verso. Ma, secondo te, si potrebbe utilmente ottenere questi intenti, se non conosciamo i nomi dei piedi. In verit sono stati da noi distribuiti con tale disposizione che possono esser nominati in base alla loro stessa disposizione. Si potrebbe quindi dire: primo, secondo, terzo e cos sia per i rimanenti. Ma poich non si devono disprezzare le vecchie denominazioni e non ci si deve allontanare con leggerezza dalla consuetudine, salvo quella che vada contro ragione, si devono usare i nomi che i Greci hanno dato ai piedi e che i nostri usano gi in luogo dei nomi latini. Usiamoli dunque senza perderci in una ricerca etimologica. Essa comporterebbe molte parole e scarsa utilit. Infatti adopri utilmente nella conversazione le parole pane, albero, pietra, anche se non sai perch sono stati chiamati cos. D. - La intendo proprio come tu dici. M. - Il primo piede si chiama pirrichio con due brevi, di due tempi, come fuga. Il secondo, giambo, con una breve e una lunga, come parens, di tre tempi. Il terzo, trocheo o coreo, con una lunga e una breve, come meta, di tre tempi. Il quarto, spondeo, con due lunghe, come aestas, di quattro tempi. Il quinto, tribraco, con tre brevi, come macula, di tre tempi. Il sesto, dattilo, con una lunga e due brevi, come Maenalus, di quattro tempi. Il settimo, anfibraco, con una breve, una lunga e una breve, come carina, di quattro tempi. L'ottavo, anapesto, con due brevi e una lunga, come Erato, di quattro tempi. Il nono, bacchio, con una breve e due lunghe, come Achates, di cinque tempi. Il decimo, cretico o anfimacro, con una lunga, una breve e una lunga, come insulae, di cinque tempi. L'undicesimo, palimbacchio, con due lunghe e una breve, come natura, di cinque tempi. Il dodicesimo, molosso, con tre lunghe, come Aeneas, di sei tempi. Il tredicesimo, proceleusmatico, con quattro brevi, come avicula, di quattro tempi. Il quattordicesimo, peone I, con la prima lunga e tre brevi, come legitimus, di cinque tempi. Il quindicesimo, peone II, con la seconda lunga e tre brevi, come colonia, di cinque tempi. Il sedicesimo, peone III, con la terza lunga e tre brevi, come Menedemus, di cinque tempi. Il diciassettesimo, peone IV, con la quarta lunga e tre brevi, come celeritas, di cinque tempi. Il diciottesimo, ionico minore, con due brevi e due lunghe, come Diomedes, di sei tempi. Il diciannovesimo, coriambo, con una lunga due brevi e una lunga come armipotens, di sei tempi.

Il ventesimo, ionico maggiore, con due lunghe e due brevi, come iunonius, di sei tempi. Il ventunesimo, digiambo, con una breve, una lunga, una breve e una lunga, come propinquitas, di sei tempi. Il ventiduesimo, dicoreo o ditrocheo, con una lunga, una breve, una lunga e una breve, come cantilena, di sei tempi. Il ventitreesimo, antispasto, con una breve, due lunghe e una breve, come saloninus, di sei tempi. Il ventiquattresimo, epitrito I, con una breve e tre lunghe, come sacerdotes, di sette tempi. Il venticinquesimo, epitrito II, con la seconda breve e tre lunghe, come conditores, di sette tempi. Il ventiseiesimo, epitrito III, con la terza breve e tre lunghe, come Demosthenes, di sette tempi. Il ventisettesimo, epitrito IV, con la quarta breve e tre lunghe, come Fescenninus, di sette tempi. Il ventottesimo, dispondeo, con quattro lunghe, come oratores, di otto tempi. Piedi misti (9, 16 - 14, 26)
Uguaglianza nella mistione dei piedi.

9. 16. D. - Posseggo queste nozioni. Ora spiega quali piedi si congiungono fra di loro. M. - Lo potrai intendere con facilit se intendi che l'uguaglianza e la somiglianza prevalgono sulla disuguaglianza e la dissomiglianza. D. - Ritengo che non vi sia alcuno che non la intenda cos. M. - Bisogna dunque seguire questa regola soprattutto nella combinazione dei piedi e non allontanarsene, se non v' una validissima ragione. D. - Son d'accordo. M. - Non dovrai dunque avere incertezze nell'unire fra loro pirrichi con pirrichi, giambi e trochei, che son detti anche corei, e spondei e cos senza esitazione potrai unire gli altri della medesima specie. V' infatti somma eguaglianza, quando piedi del medesimo nome e genere si susseguono. Non ti sembra? D. - Non mi pu sembrar diversamente. M. - E non ammetti che alcuni piedi debbano essere uniti ad altri di differente genere, rispettando la regola dell'uguaglianza? Niente infatti pi piacevole per l'udito che essere dilettato dalla variet, senza esser privato dell'uguaglianza. D. - Sono d'accordo. M. - E pensi che possano ritenersi eguali piedi differenti che non siano della medesima misura? D. - No, secondo me. M. - E sono da ritenersi della medesima misura soltanto quelli che occupano il medesimo tempo? D. - Certamente. M. - Allora riunirai, senza urtare l'udito, quei piedi che riconoscerai di tempi eguali. D. - Ne consegue, penso.
Singolarit dell'anfibraco.

10. 17. M. - Bene. Ma l'argomento implica ancora qualche difficolt. Dunque, sebbene l'anfibraco sia un piede di quattro tempi, alcuni ritengono che non lo si possa unire n ai dattili, n agli anapesti, n agli spondei, n ai proceleusmatici, quantunque questi siano tutti piedi di quattro tempi. E non solo ritengono che esso non si possa unire agli altri, ma pensano che il ritmo non proceda normalmente e per cos dire legittimamente, se solo anfibraci sono ripetuti e riuniti tra di loro. opportuno che esaminiamo la loro opinione per accertare se abbia una parte di ragione che converrebbe seguire e approvare. D. - Desidero vivamente udire gli argomenti che adducono. Mi sorprende non poco il fatto che essendovi ventotto piedi scoperti dalla ragione, questo solo sia escluso da una successione ritmica, bench abbia il medesimo tempo del dattilo e degli altri eguali, che tu hai enumerato e di cui nessuno vieta l'unione. M. - necessario, perch tu possa comprendere, considerare come gli altri piedi si rapportano nelle loro parti. Cos noterai che si verifica, in questo piede soltanto, una caratteristica singolare sicch non a capriccio si ritenuto che non si deve usare per i ritmi.
Arsi tesi e percussione...

10. 18. Ma per il nostro esame ci opportuno ricordare questi due concetti, l'arsi e la tesi. Nel segnare la percussione infatti, dato che la mano si alza e si abbassa, l'arsi si aggiudica una parte del piede, la tesi l'altra. Chiamo parti dei piedi quelle di cui dianzi abbiamo sufficientemente parlato, quando li abbiamo enumerati per ordine. Se sei d'accordo, comincia ad esaminare brevemente le misure delle parti in tutti i piedi. Ti accorgerai cos che cosa di singolare accaduto al piede in esame. D. - Osservo per primo che il pirrichio ha eguale lunghezza in levare e in battere. Anche lo spondeo, il dattilo, l'anapesto, il proceleusmatico, il coriambo, il digiambo, il dicoreo, l'antispasto, il dispondeo si dividono ugualmente

perch la percussione in essi segna eguale durata al battere che al levare. In secondo luogo noto che il giambo ha il rapporto di uno a due, e ritrovo il medesimo rapporto nel coreo, nel tribraco, nel molosso e in entrambi gli ionici. Invece il levare e il battere dell'anfibraco, giacch essi, nel raffrontarli a piedi di egual misura, successivamente mi si presentano, si trovano nel rapporto di uno a tre. Ma andando avanti non trovo proprio un altro piede, le cui parti si rapportino con lunghezza cos diversa. Infatti, quando considero i piedi composti di una breve e due lunghe, cio il bacchio, il cretico, il palimbacchio, noto che l'arsi e la tesi avviene in essi secondo la regola dei sesquati di due terzi. Il medesimo rapporto esiste in quei quattro piedi che sono formati di una lunga e tre brevi che sono denominati i quattro peoni secondo il numero ordinale. Restano i quattro epitriti, cos chiamati ugualmente secondo il numero ordinale, ma il loro levare e battere sono rapportati secondo il sesquato di tre quarti.
L'anfibraco nel rapporto di uno a tre.

10. 19. M. - Non ti sembra dunque che si abbia un motivo ragionevole di escludere questo solo piede dalla serie ritmica dei suoni, dato che esso soltanto presenta una differenza notevole fra le sue parti, al punto che una parte semplice e l'altra tripla? Una certa somiglianza delle parti tanto pi da apprezzarsi quanto pi vicina alla eguaglianza. E dunque, quando si ha lo sviluppo dall'uno al quattro secondo la legge dei numeri, niente pi simile a s che se stesso. Pertanto prima di tutto si deve apprezzare nei piedi che le parti abbiano la medesima misura fra di loro, poi ha la precedenza l'unione del semplice al doppio nell'uno e nel due, viene quindi l'unione sesquata di due terzi nel due e nel tre e infine la sesquata di tre quarti col tre e il quattro. Invece il rapporto dell'uno al tre rientra certamente nella regola dei numeri moltiplicati, ma non ha una propria conformit nella disposizione. Infatti nella numerazione non si va dall'uno al tre, ma si passa dall'uno al tre attraverso il due. Questa la ragione, per cui si ritiene di dovere escludere l'anfibraco dalla combinazione in esame. Se tu la accetti, esaminiamo gli altri temi. D. - Certo che l'accetto; ha piena evidenza e certezza.
Difficolt per ogni ionici, il molosso e i peoni.

11. 20. M. - Dunque giacch l'accetti, in qualunque modo i piedi si rapportino nelle sillabe, purch abbiano la medesima durata nel tempo, possono essere mescolati senza nuocere alla uguaglianza, eccetto soltanto l'anfribraco. Pertanto ci si pu chiedere giustamente se si possano convenientemente unire piedi che, pur avendo tempo eguale, non concordino nella percussione che rapporta fra di loro le parti del piede con l'arsi e la tesi. Infatti il dattilo, l'anapesto e lo spondeo non solo hanno tempi eguali ma anche eguali percussioni, giacch in tutti l'arsi e la tesi hanno il medesimo tempo. Dunque essi si uniscono fra di loro pi regolarmente di quanto i due ionici con gli altri piedi di sei tempi. Ambedue gli ionici hanno appunto una percussione che va dal semplice al doppio, rapportando cio due tempi a quattro. Per questo aspetto con essi concorda il molosso. Gli altri di sei tempi sono nel rapporto di altrettanto poich in essi si dnno tre tempi all'arsi e tre alla tesi. Pertanto, quantunque tutti si dividano regolarmente, e cio i primi tre secondo il rapporto di uno a due e gli altri quattro sono divisi in parti eguali, tuttavia, poich questa mescolanza rende ineguale la percussione, non so se si debba rifiutare. Tu che ne pensi? D. - Propendo per questa idea. Infatti non so come una percussione irregolare non possa non offendere l'udito e se l'offende pu avvenire soltanto per difetto di questa mescolanza.
Mescolanza di ionici e dicorei e...

11. 21. M. - Or sappi che gli antichi hanno ritenuto di poter mescolare questi piedi e hanno composto versi mediante la loro mescolanza. Ma affinch non sembri che ti voglia convincere con l'autorit, ascolta qualcuno di questi versi e senti se offende il tuo udito. E se non solo non ti urter, ma piuttosto ti diletter, non vi sar alcuna ragione di rifiutare la loro mescolanza. Sono questi i versi che voglio farti ascoltare: At consona/ quae sunt, nisi/ vocalibus/ aptes Pars dimidi/ um vocis o/ pus proferet/ ex se Pars muta so/ni comprimet/ ora moli/entum Illis sonus/ obscurior/ impediti/orque Utcumque ta/men promitur/ ore semi/cluso 2. Penso che siano sufficienti perch tu possa intendere ci che voglio. Dimmi, ti prego, se questo ritmo non ha dilettato il tuo udito. D. - Mi pare anzi che suoni con un ritmo sommamente dilettevole. M. - Considera dunque i piedi. Troverai nei cinque versi che i primi due sono formati di soli ionici e gli ultimi tre contengono anche un dicoreo, sebbene tutti dilettano interamente il nostro senso per la loro comune eguaglianza. D. - L'avevo gi notato e con pi facilit data la tua pronuncia. M. - Perch allora esitiamo ad accettare l'opinione degli antichi, convinti non dalla loro autorit ma dalla stessa ragione? Essi ritengono appunto che possano unirsi normalmente piedi che hanno egual durata, purch abbiano

percussione regolare, anche se diversa. D. - Mi rimetto interamente giacch quel ritmo non mi permette di contraddire.
...di ionici e digiambi.

12. 22. M. - Ascolta ancora questi versi: Volo tandem/ tibi parcas / labor est in/ chartis Et apertum i/re per auras/ animum per/mittas Placet hoc nam/ sapienter / remittere in/terdum Aciem re/ bus agendis/ decenter in/tentam. D. - Anche questo basta. M. - Soprattutto perch son versi rozzi che ho composto estemporaneamente per l'occorrenza. Comunque anche su questi quattro vorrei il giudizio del tuo udito. D. - Che altro potrei dirti anche per essi, se non che sono stati pronunciati con ritmica proporzione? M. - Senti che i primi due sono formati di ionici minori e gli ultimi due contengono anche un digiambo? D. - L'ho notato perch l'hai fatto risaltare nel pronunciare. M. - Non ti sorprende che nei versi di Terenziano il dicoreo sia unito allo ionico detto maggiore e che nei miei invece un digiambo si unisca allo ionico detto minore? Pensi che non abbia importanza? D. - Secondo me, s, e credo di vederne la ragione. Lo ionico maggiore, che comincia con due lunghe, esige di esser unito con un piede, cio il dicoreo, che comincia con una lunga, il digiambo invece, che comincia con una breve, si mescola pi proporzionatamente allo ionico minore che comincia con due brevi.
Mescolanza non aritmica di vari piedi di sei tempi.

12. 23. M. - Giusto. Bisogna anche sapere che tale proporzione, quando non si ha eguaglianza di tempi, deve significare qualche cosa nella mescolanza dei piedi, e non che significhi molto, ma pur sempre qualche cosa. Infatti puoi intendere, dopo avere interrogato il tuo udito, che in luogo di un piede di sei tempi, si pu porre un altro qualsiasi piede di sei tempi. Dapprima prendiamo l'esempio del molosso virtutes, dello ionico minore moderatas, del coriambo percipies, dello ionico maggiore concedere, del digiambo benignitas, del dicoreo civitasque, dell'antispasto volet iusta. D. - Li tengo presenti. M. - Pronuncia in un contesto tutte queste parole o piuttosto ascoltale mentre le pronuncio io, affinch il tuo udito sia pi disposto nel giudicare. Ed appunto per farti sentir bene, senza offendere il tuo udito, l'andatura eguale del ritmo, ripeter per tre volte tutta la frase, e non dubito che baster: Virtutes moderatas percipies, concedere benignitas civitasque volet iusta; virtutes moderatas percipies, concedere benignitas civitasque volet iusta; virtutes moderatas percipies, concedere benignitas civitasque volet iusta. Forse qualche cosa in questa serie di piedi ha offeso il tuo udito per mancanza di uguaglianza e armonia? D. - No, certo. M. - Ne hai avuto diletto? Ma inutile chiederlo perch in materia consegue che genera diletto tutto ci che non urta. D. - Non posso dire di avere altra impressione dalla tua. M. - Ammetti dunque che tutti questi piedi di sei tempi possono normalmente mescolarsi in un contesto? D. - S.
Altra mescolanza non aritmica dei medesimi.

13. 24. M. - Qualcuno potrebbe obiettare che questi piedi, i quali rapportati con questa disposizione hanno potuto esser pronunciati tanto ritmicamente, non potrebbero esserlo se la disposizione fosse variata. Non temi questo? D. - La variazione comporta certamente qualche cosa, ma non difficile farne l'esperimento. M. - Fallo a tempo libero. Troverai che il tuo udito dilettato da una multiforme variet e da una unitaria eguaglianza. D. - Lo far, quantunque con tale esperimento non v' alcuno, il quale non preveda che necessariamente si otterr quell'effetto. M. - Hai ragione. Ma poich utile al nostro scopo, ripeter la frase con la percussione. Cos potrai giudicare se v' qualche aritmia e insieme fare l'esperimento sul cambiamento della disposizione che, come abbiamo previsto, non comporter alcuna aritmia. Ora cambia la disposizione e dopo avere collocato, a tuo piacimento, i medesimi piedi diversamente da come sono stati collocati da me, permettimi di declamarli con la percussione. D. - Voglio che primo sia lo ionico minore, secondo lo ionico maggiore, terzo il coriambo, quarto il digiambo, quinto l'antispasto, sesto il dicoreo, settimo il molosso. M. - Volgi dunque l'udito al suono e la vista alla battuta della percussione perch bisogna non che sia udita ma veduta la mano che batte la percussione e avvertita attentamente la durata dell'arsi e della tesi. D. - Sono interamente attento nei limiti della mia capacit.

M. - Ascolta dunque la tua disposizione con la percussione: Moderatas, concedere, percipies, benignitas, volet iusta, civitasque, virtutes. D. - Mi accorgo che la percussione non aritmica e che il levare ha la medesima durata del battere, ma sono strabiliato dal fatto che abbiano potuto avere tale percussione piedi che, come i due ionici e il molosso, sono divisi nel rapporto di uno a due. M. - Cosa avviene dunque, secondo te, dato che in essi sono dati tre tempi al levare e tre al battere? D. - Secondo me, non avviene altro se non che la sillaba lunga, la quale nello ionico maggiore e nel molosso seconda e nello ionico minore terza, divisa dalla percussione stessa. Poich essa ha due tempi, ne d uno alla prima parte, l'altro alla seconda e cosi l'arsi e la tesi hanno ciascuno tre tempi.
L'anfibraco inconciliabile al ritmo.

13. 25. M. - Non si pu dire o pensare altro. Ma perch l'anfibraco, che abbiamo del tutto escluso dalla ritmicit, non pu a questa condizione esser mescolato allo spondeo, al dattilo e all'anapesto, oppure ripetuto non pu da s produrre una certa ritmicit? Infatti pu alla stessa maniera esser divisa dalla percussione la sillaba lunga o mediana di questo piede, in modo che dando a ciascuno degli estremi una parte, il levare e il battere non si aggiudichino uno e tre tempi, ma due tempi ciascuno. Hai qualche cosa da opporre? D. - Non ho altro da dire se non che anche l'anfibraco deve essere incluso. M. - Pronunziamo dunque con la percussione una frase composta di piedi di quattro tempi in cui sia inserito anche un anfibraco ed in egual modo esaminiamo con l'udito se qualche aritmia infastidisce. Ascolta dunque questo ritmo ripetuto tre volte con la percussione per facilitare il giudizio: Sumas / optima, / facias / honesta; Sumas / optima, / facias honesta; / sumas / optima, / facias / honesta. D. - Ti supplico, risparmia il mio udito perch, anche senza la percussione, la sequenza di questi piedi violentemente aritmica nell'anfibraco. M. - Quale ragione si deve supporre perch non avviene in esso quel che avviene nel molosso e negli ionici? Forse perch in essi le parti estreme sono eguali a quella di mezzo? Fra i numeri pari appunto, il primo che si presenta con la parte di mezzo eguale agli estremi il sei. Dunque, poich i piedi di sei tempi hanno due tempi nel mezzo e due per ogni lato, facilmente in certo modo quello di mezzo si estende verso gli estremi, cui congiunto dall'eguaglianza. Ci non accade invece nell'anfibraco, in cui le parti laterali differiscono dalla mediana poich questa ha due tempi e quelle uno. Si aggiunge che negli ionici e nel molosso, dato che il medio assorbito dagli estremi, si hanno tre tempi per ciascuno, nei quali a loro volta gli estremi sono eguali al medio anche esso eguale. E ci manca all'anfibraco. D. - proprio come tu dici e non senza ragione l'anfibraco in quella serie offende l'udito, mentre gli altri lo dilettano.
Combinazione di piedi sesquati.

14. 26. M. - Ora tu stesso comincia dal pirrichio ed esponi quanto pi brevemente ti possibile, secondo le ragioni sopra dette, quali piedi bisogna mescolare con altri. D. - Al pirrichio nessuno perch non se ne trova un altro del medesimo tempo. Il coreo potrebbe congiungersi col giambo, ma da evitarsi per l'ineguaglianza della percussione giacch il giambo parte da un tempo, il coreo da due. Pertanto il tribraco pu adattarsi ad ambedue. Noto che lo spondeo, il dattilo, l'anapesto e il proceleusmatico sono tra loro affini e possono esser combinati; concordano appunto fra di loro non soltanto per la durata, ma anche per la percussione. L'anfibraco, gi escluso, per nessuna ragione pu essere riammesso perch l'eguaglianza dei tempi non ha potuto aiutarlo a causa della discordanza tra la divisione e la percussione. Al bacchio possono essere uniti il cretico e il peone I, II e IV; al palimbacchio invece il medesimo cretico e il peone I, III e IV che concordano evidentemente nei tempi e nella percussione. Dunque al cretico e al peone I e IV, giacch la loro divisione pu cominciare con due o tre tempi, possono essere uniti, senza alcuna aritmia, tutti gli altri piedi di cinque tempi. Abbiamo trattato abbastanza che si ha mirabile accordo dei piedi che sono formati di sei tempi. Difatti non entrano in disaccordo con gli altri nella cadenza neanche quelli che la condizione delle sillabe costringe a dividere in modo diverso, tanta forza ha l'eguaglianza degli estremi col medio. Per ci che riguarda i quattro piedi di sette tempi che sono chiamati epitriti, trovo che il primo e il secondo possono unirsi tra loro poich la divisione d'entrambi comincia da tre tempi e perci non discordano n per durata n per percussione. A loro volta il terzo e il quarto si congiungono ritmicamente tra loro giacch tutti e due nella divisione cominciano da quattro tempi e perci hanno la medesima misura e cadenza. Resta il piede di otto tempi, chiamato dispondeo che, come il pirrichio, non ha eguali. Hai ascoltato da me ci che hai chiesto e son stato capace di fare. Il resto a te. M. - Lo far. Ma dopo un dialogo cos lungo riposiamoci un po' e ricordiamo i versi estemporanei che la stanchezza dianzi mi ha suggerito: Voglio alfine che ti risparmi; lo studio affatica, e lascia che lo spirito voli libero nello spazio. Piace, ed da saggi, distendere l'attenzione

applicata alle attivit liberali. D. - Certo che piace ed io obbedisco volentieri.

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