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ATMOSFERA, CLIMA, ECOLOGISMO

La propaganda ambientalista riguardo alle foreste tropicali ha trovato uno slogan spesso ripetuto e martellato: si sta distruggendo il polmone verde del pianeta, in base al semplicistico ragionamento che le foreste producono ossigeno, dunque meno foreste meno ossigeno. Sotto mira specialmente il Brasile, che starebbe distruggendo un patrimonio dellintera umanit. Gli interventi del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, tendono a internazionalizzare la foresta amazzonica, bloccando lo sviluppo agricolo del Brasile, affinch non dia luogo ad una fastidiosa competizione. Si tratta di un evidente disegno neocolonialista. Il governo brasiliano tenta di reagire alle imposizioni internazionali, affermando, per bocca del ministro degli Esteri Francisco Rezek, che il governo non permetter che i problemi dellambiente e la questione degli indigeni continuino ad essere strumentalizzati a scopo politico in Europa e negli Stati Uniti (.......). Questi paesi dimenticano princpi come quello della sovranit territoriale e agiscono come se fossero un ente internazionale distaccato, impegnato a costruire un governo internazionale dellambiente (Italia Oggi 20/4/1990). Ma purtroppo, i condizionamenti internazionali si fanno sentire, in ragione della disparit di potenza finanziaria. Il Brasile avrebbe bisogno del sostegno internazionale per avviare un programma di sviluppo della tecnologia nucleare, ma le sue richieste di finanziamenti in questo senso hanno subto una brusca battuta darresto per la granitica opposizione della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Di conseguenza, il grande paese sudamericano deve far ricorso alla tradizionale fonte di energia: il carbone di legna. Analogo problema si pone a molti altri paesi tropicali, costretti ad abbattere le foreste per ottenere lindispensabile energia. E i medesimi potentati finanziari internazionali cercano di impedire a paesi sovrani anche lo sfruttamento delle foreste. Niente energia nucleare, niente carbone perch inquina, niente carbone di legna perch si distruggono le foreste, non resta che inseguire il vento (quando c) o il sole (quando il cielo non coperto), oppure comprare il petrolio e il gas da lorsignori. Il taglio delle foreste tropicali rappresenta un pericolo ambientale cos grave? Localmente s, poich sul terreno denudato, in seguito al dilavamento delle piogge che lascia alla superficie unargilla di colore rossastro per la presenza di ossidi di ferro, detta laterite, la quale forma un duro crostone che rende difficile la coltivazione o la rinascita di una coltre vegetale. Se invece non si lascia tempo alla formazione del crostone lateritico e si avviano coltivazioni, limpatto ambientale attenuato. Purtroppo, nelle zone deforestate si installano multinazionali alimentari che fanno uso di tecniche agricole primitive, ad alta intensit di manodopera e bassa intensit di capitale, ossia investono pochissimo e, approfittando della miseria esistente, sfruttano gli abitanti locali in condizioni pressoch schiavistiche, senza prestare particolari cure allambiente. Ma, al di l delle considerazioni a scala locale, limpatto globale del disboscamento sul contenuto di ossigeno dellatmosfera del tutto insignificante. Durante le ere glaciali, si avuta una deforestazione pressoch totale del pianeta, che durata, ad ogni massimo glaciale, varie decine di migliaia di anni. Le piante arboree sopravvivevano solo in poche e ristrette aree di rifugio, ma il contenuto di ossigeno nellatmosfera non sub apprezzabili mutamenti. Infatti, oltre il 90% dellossigeno atmosferico proviene dalla fotosintesi delle alghe marine, soprattutto quelle microscopiche, mentre il contributo dei vegetali terrestri minimo. Sulleffetto serra, in realt del tutto naturale e necessario alla sopravvivenza della vita sulla Terra, che altrimenti sarebbe un pianeta gelato, si scatenata una furiosa campagna ecologista. La temperatura media di equilibrio della superficie terrestre di 15C grazie appunto a tale effetto, senza il quale la Terra avrebbe una temperatura media superficiale di 18C. I gas serra hanno la medesima concentrazione sia in corrispondenza delle umide foreste equatoriali che sui deserti tropicali: ma nelle foreste equatoriali le temperature si mantengono costantemente alte sui 30-35C, mentre nei deserti si hanno violente oscillazioni da 70C fino a scendere sotto zero. Poich le due zone hanno uguale concentrazione di anidride carbonica e lunica differenza consiste nella concentrazione di vapor dacqua, la conclamata importanza della CO2 come gas serra sembra quindi essere piuttosto esagerata. Anche le conseguenze di cambiamenti nelleffetto

serra sono tuttaltro che chiare. Un notevole riscaldamento potrebbe aumentare levaporazione, producendo dense coltri di nubi che rifletterebbero la radiazione solare e, dopo liniziale aumento di temperatura, si andrebbe piuttosto verso un raffreddamento. Gli ecologisti favoleggiano di uno spaventoso innalzamento del livello marino (fino ad 80 metri) legato ad un ipotetico scioglimento dei ghiacci polari. Disegni catastrofici e carte geografiche fantasiose quanto catastrofiche, mostranti livelli marini pi alti degli attuali di varie decine di metri hanno efficacemente contribuito al terrorismo ecologista. Tutto ci era basato su modelli computerizzati di cambiamento climatico del tutto teorici, nei quali vengono caricate previsioni del tutto arbitrarie di aumenti delle temperature medie di uno, due o pi gradi. I computer non fanno che produrre risultati in base alla programmazione e ai dati che hanno ricevuto e non sono certo in grado di capire se i risultati prodotti sono realistici o meno. Sono stati i geomorfologi a fornire finalmente dati concreti, dimostrando che la gigantesca calotta glaciale dellAntartide orientale, che racchiude di gran lunga la maggior quantit di ghiaccio sulla Terra, non ha subito alcun cambiamento almeno negli ultimi 14 milioni di anni (Sugden 1996). Anche la relativamente l,cola calotta dellAntartide occidentale, del resto, non mostra tendenze ad un rapido scioglimento. Solo i ghiacciai della penisola antartica, che sono di tipo alpino, si sciolgono in parte durante lestate, ma si ricaricano durante linverno. Un aumento di temperatura sullAntartide, anche di 5 o 10 gradi, significherebbe, ad esempio, passare da 40C sotto zero a 35 o 30C, con lunico risultato di facilitare levaporazione e quindi la formazione di nubi e le precipitazioni nevose, ci farebbe crescere il ghiaccio invece di farlo sciogliere. Gli unici dati sui quali sembra esservi accordo riguardano laumento della concentrazione di anidride carbonica nellaria dallet preindustriale ad oggi da 270 a 330 parti per milione, e una limitata dilatazione degli strati superficiali degli oceani di circa 1 mm lanno. Tuttavia, le tendenze medie delle temperature, depurate delle possibili distorsioni dovute agli spostamenti delle stazioni meteorologiche e allespansione urbana (se una stazione meteorologica che prima si trovava in campagna viene ingolfata dalla crescita di una citt, e quindi inclusa nella cupola termica di questa, ovvio che registri un abnorme incremento della temperatura), non rivelano alcuna tendenza decisa allaumento, o meglio rivelano aumenti in alcune regioni e un andamento opposto in altre. In definitiva, non ci sono certezze sul cambiamento climatico. I catastrofisti che, a loro dire, si agitano per salvare il pianeta, se vogliono persuaderci che davvero ci stiamo avviando alla catastrofe ecologica per colpa nostra, dovrebbero fare tre cose: dimostrare che ci sono forti alterazioni climatiche a breve termine (non semplici oscillazioni che sono perfettamente normali), che queste alterazioni sono necessariamente negative per lumanit (un aumento delle temperature medie in Canada e in Siberia non potrebbe che recare beneficio), e che sono provocate dalluomo stesso (il che, data lestrema complessit dei fattori climatici, quanto meno problematico). Allo stato attuale delle conoscenze, non possibile soddisfare nessuna di queste condizioni. Ma tutto ci ha poca importanza, perch il dibattito scientifico serio stato letteralmente censurato da giornali, radio e televisioni, che riportano solamente le smanie dei catastrofisti. Costoro sono gli unici ad essere intervistati in televisione, e ogni volta che si parla di clima, appaiono sul video immagini di ghiacciai in disfacimento, accompagnati da commenti di una voce fuori campo che d fiato alle pi acute paure del clima che cambia, della febbre del pianeta, della Terra malata, delleffetto serra che minaccia la vita. Lo sprovveduto ascoltatore, che non obbligato ad avere una laurea in fisica, geologia o scienze naturali, n ad essere un esperto in una materia tuttaltro che semplice, nella quale si perdono anche gli esperti, non pu che restarne disorientato e spaventato. Proprio quello che gli ambientalisti vogliono. Lapplicazione del mitico protocollo di Kyoto del 1998, per la riduzione dei gas serra, comporterebbe costi immani per risultati ridicoli (Lomborg 2001), mentre le ricerche pi recenti dimostrano che il riscaldamento globale legato in modo decisivo allattivit solare, la cui spia sono le macchie solari. Non a caso, il periodo pi gelido della piccola et glaciale sulla terra corrispose ad un minimo dellattivit solare noto come minimo di Maunder (1646-1710), durante il quale non vi fu alcuna macchia alla superficie del sole. Il flusso di particelle cariche emesse dal sole costituisce il cosiddetto vento solare, che investe tutti i pianeti, innalzando le temperature nellintero sistema solare. Su Marte,

nel breve periodo di sei anni (dal 1999 al 2005, anni corrispondenti a due diversi passaggi della sonda Global Surveyor), nella Terra Sirenum, sono apparse tracce di scorrimento idrico superficiale dove prima si stendeva solo una coltre gelata. Su Giove, la cui temperatura aumentata in certe zone anche di 5C, apparsa una nuova macchia rossa, ossia un nuovo gigantesco urgano in rapida crescita. Un altro uragano apparso al polo sud di Saturno, esteso per oltre 8000 chilometri, con venti oltre i 550 kmh. Questi nuovi uragani sono legati allaumento della temperatura, che su Saturno ammonta a circa 2C. Su Tritone, satellite di Nettuno, la temperatura media della superficie salit di 7C (da -200C a -193C) fra il 1989 ed il 2006 e la pressione atmosferica sta aumentando in seguito a tale riscaldamento. Su Plutone dal 1989 si avuto un aumento di 2C e la pressione atmosferica triplicata e continua ad aumentare, man mano che lazoto congelato alla sua superficie si sublima, passando allo stato aeriforme. Lanomalia dello strato di ozono antartico (il cosiddetto buco nellozono) un fenomeno naturale scoperto nel 1956 da Gordon Dobson durante lAnno Geofisico Internazionale, quando i clorofluorocarburi (i cosiddetti CFC, usati nelle bombolette spray e nei frigoriferi) erano ancora poco diffusi. Il fenomeno fu riscoperto nel 1982 da Shigeru Chubachi dellIstituto di Ricerche Polari giapponese. Infine fu riscoperto per la terza volta nel 1985 da Farman, Gardiner & Shanklin (1985), del British Antarctic Survey (il centro dinvestigazione britannico sullAntartide), che se ne attribuirono il merito ignorando, non si sa di proposito o meno, le scoperte precedenti (vedi Engdhal et al. 1991). Da questa scoperta part la furiosa campagna televisiva e di stampa contro i CFC. Le multinazionali chimiche DuPont e ICI hanno approntato dei prodotti sostitutivi, nei quali gli atomi di cloro sono rimpiazzati da atomi di idrogeno, dando luogo ad una nuova famiglia di gas detti idrofluorocarburi (HFC). A differenza dei CFC, questi composti, che hanno un costo cinque volte maggiore, sono pi corrosivi e pi tossici, esplodono a contatto anche di una piccolissima brace come quella di una sigaretta accesa, rischiando di sfigurare orribilmente il malcapitato, come gi pi di una volta accaduto. Edgar Bronfman, proprietario del colosso chimico DuPont (.......) pi di ogni altro ha caldeggiato laccordo di Montreal (accordo internazionale contro linquinamento atmosferico, stipulato nel 1987) e, in generale, liniziativa di mettere al bando i CFC. Alcuni membri della famiglia DuPont, che Bronfman ha ridotto a soci di minoranza nella gestione del Gruppo, hanno reso noto che egli, con la speculazione sul buco di ozono e i CFC, contava di lucrare sui profitti per 10 miliardi di dollari (Engdhal et al. 1991). Ricerche fondamentali che ridimensionavano questo allarmismo vennero semplicemente ignorate. Kanzawa & Kawaguchi (1990) hanno dimostrato che la dinamica dellatmosfera, e in particolare la temperatura, ha un ruolo decisivo nella comparsa e scomparsa del buco. Un gruppo di scienziati italiani dellIstituto di Fisica dellAtmosfera di Roma ha provato la dipendenza del fenomeno anche dallandamento delle macchie solari. Dean Hegg, delluniversit di Washington ha dimostrato che almeno una parte dei CFC (forse tutti), ritenuti responsabili del depauperamento dellozono nella stratosfera, in realt sono molto pi pesanti dellaria, per cui tendono a depositarsi sul terreno. Quantit significative di CFC, poi, vengono distrutti nel terreno stesso (Khalil & Rasmussen 1989). Lecocatastrofe dei CFC non che un mito. La produzione di queste sostanze, al massimo, ha raggiunto 1,1 milioni di tonnellate annue, contenenti 750.000 tonnellate di cloro. Una parte di questo raggiunger la stratosfera portato dai moti verticali dellatmosfera, specie in seguito a temporali e uragani, contribuendo alla trasformazione dellozono (ossigeno triatomico) che funge da scudo contro leccesso letale di raggi ultravioletti solari in normale ossigeno biatomico, inefficace contro i raggi ultravioletti. Tuttavia dal mare evaporano annualmente 300 milioni di tonnellate di cloro, di cui una certa quantit raggiunge a sua volta la stratosfera, portato dai medesimi moti verticali. Unaltra gigantesca fonte naturale di cloro data dalle eruzioni vulcaniche: una sola eruzione storica, quella, gi ricordata, del Tambora, nellisola indonesiana di Sumbawa, del 1815, liber 210 milioni di tonnellate di cloro, in gran parte scaraventate direttamente nella stratosfera dalla violenza del vulcano. I vulcani sul pianeta sono oltre 10.000, per il 96% sottomarini, e una certa aliquota di tutti questi vulcani si trova in eruzione in qualche parte della Terra, alcuni, specie quelli formati da crosta oceanica basaltica, sono in eruzione permanente. Negli anni in cui non si

verificano grandi eruzioni i vulcani emettono da 11 a 36 milioni di tonnellate di gas di cloro. concepibile che solo il cloro dei CFC prodotti dallindustria raggiunga la stratosfera, e quello di origine naturale (emesso in quantit centinaia di volte maggiori) non la raggiunga? Solo nei tropici avvengono 44.000 temporali al giorno che trasportano verso lalto enormi quantit di gas (Gaspari, Rossi & Fiocchi 1991). Se si considera che proprio ai tropici avviene la maggior parte dellevaporazione marina, e quindi della mobilizzazione di cloro dal mare, si ha unidea di quale pu essere lordine di grandezza dellapporto da cloro di origine naturale rispetto alla modesta produzione antropogenica. Ma F.S. Woolard, chiamato da Bronfman a presiedere la DuPont, ha espresso chiaramente, in un discorso alla Camera di Commercio di Londra, il rifiuto dei fatti rivelati dalla ricerca: Spesso teniamo troppo in conto i dati tecnici e scientifici rispetto a quello che la gente vuole. Dobbiamo imparare ad agire in modo diverso (cit. in Engdhal et al. 1991). Naturalmente quello che la gente vuole altro non che quello che le stato martellato in testa dallonnipresente video telecomandato dalle multinazionali come la DuPont (Quod non est in video non est in mundo, direbbe il sociologo Wolton), e da scienziati resi improvvisamente sensibili alle minacce dei CFC con mezzi cartacei che non affatto difficile immaginare. Neppure la scoperta del ruolo decisivo dellattivit solare nella dinamica atmosferica ha disarmato gli ecologisti, i quali, anzi, ne fanno occasione per proclamare che ci rende ancor pi urgente correre ai ripari. Dati i giganteschi interessi che stanno dietro le lobbies ecologiste, ci non stupisce affatto. La DuPont controllava il 25% del mercato mondiale dei CFC e dei liquidi alogenati, ma finch i brevetti che le permettevano di guadagnarci escludendone la concorrenza sono stati in vigore, li ha difesi a spada tratta. Nel 1986 il colosso chimico si improvvisamente accorto della loro pericolosit. Altrettanto improvvisamente giunse con grande clamore la tempestiva scoperta di Farman e dei suoi collaboratori: quelle precedenti erano stranamente passate inosservate al grande pubblico, dato che non vi era alcun interesse costituito a farne un caso giornalistico. I brevetti dei pi importanti CFC erano ormai scaduti. La concorrenza sul mercato di questi prodotti si faceva sempre pi intensa ad opera delle piccole e medie aziende, che rappresentano la linfa vitale delleconomia, soprattutto in termini di sviluppo pi diffuso e di generazione di posti di lavoro, le quali contavano di sfidare i colossi multinazionali. Liniziativa ecologista dei salvatori della Terra ha spiazzato tutti questi fastidiosi concorrenti. La DuPont, la ICI, ed altri pochi colossi, possono riprendere a dominare il mercato dei nuovi HFC di cui possiedono i brevetti e lesclusiva. Ma a soffrire di pi di queste macchinazioni sono proprio i paesi pi poveri, dove vaste quantit di derrate alimentari vanno perdute ogni anno per mancanza di refrigerazione. Centinaia di milioni di frigoriferi avrebbero potuto essere costruiti in tali paesi utilizzando gli economici CFC, mentre adesso i programmi di diffusione della refrigerazione, che avrebbero salvato centinaia di milioni di persone dalla fame e da pericolose intossicazioni alimentari, hanno subto una battuta darresto per il costo esorbitante degli HFC. In questo caso, come in molti altri, si rivela lestrema pericolosit delle campagne ambientaliste che vanno ad esclusivo vantaggio di alcuni squali della finanza, i cui nomi oltretutto sono ben noti, ci che elimina qualsiasi pericolo di gratuita dietrologia. INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE ENGDAHL E., FILIPPONI G., GASPARI A., PRINZI G., ROSSI C., SCHAUERHAMMER R., GALLIANO SPERI M. & TENNENBAUM J. (1991) Lo sviluppo dell'Europa ed il pericolo del movimento ambientalista, Roma, Vita Nova GASPARI A., ROSSI C. & FIOCCHI H.C. (1991) L'imbroglio ecologico: non ci sono limiti allo sviluppo, Roma, Vita Nova KHALIL M.A.K. & RASMUSSEN R.A. (1989) The potential of soils as a sink of chlorofluorocarbons and other man-made chlorocarbons Geophysical Research Letter, 16, p. 679 LOMBORG B. (2001) The skeptical environmentalist, Cambridge, Cambridge University Press SUGDEN D.E. (1996) The East Antarctic ice sheet: unstable ice or unstable ideas?, Transactions of Institute of British Geographers, 21, 3, pp. 443-454

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