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UNA POLITICA INTENSAMENTE UMANA

Simone Dulio

CON LE LENTI GIUSTE


Il 9 maggio 1978 le Brigate rosse restituivano alla famiglia di Aldo Moro il corpo del presidente della Democrazia Cristiana, al termine dei 55 giorni pi complessi dellItalia repubblicana. Dopo trentacinque anni la figura dellartefice del centrosinistra sconta per alcune difficolt, quando non errori, di interpretazione. Il primo errore, dettato da una sorta di semplificazione entusiastica, quello di leggere Aldo Moro - sulla scorta delle due fasi del centrosinistra e poi della solidariet nazionale - come il profeta dell'Ulivo e addirittura del Partito democratico, o meglio, di quello che ognuno dei due soggetti avrebbe dovuto essere nelle intenzioni originarie. Ma Moro portava le lenti di un democratico cristiano, alternativo al comunismo, che per quanto nitide non potevano permettergli di prevedere addirittura i mutamenti profondi che il crollo del Muro avrebbe indotto nel Pci; e forse nemmeno la crisi profonda che avrebbe attraversato il suo stesso partito. Di certo vide da un osservatorio privilegiato la storia del maggior partito comunista delloccidente, lungo una storia trentennale dalla collaborazione alla Costituente fino al governo di solidariet nazionale. Lo storico Miguel Gotor, curando il volume di analisi delle lettere di Moro dalla prigionia 1, mette in guardia da un altro errore, pi sottile: quello di interpretazione degli scritti di Moro durante la prigionia, che, valutati ex post - cio con la consapevolezza storica della fine, del "martirio" nel senso etimologico del termine, che la fede nella politica e nel ragionamento politico condotto sino alle estreme conseguenze gli riserv e tolti dal quadro di evoluzione quotidiana della complessa vicenda del suo rapimento, possono far perdere di vista la corretta prospettiva in cui inserirli. A questi si aggiunge il rischio forse maggiore: quello che per soprattutto per i pi giovani, Aldo Moro - a motivo dellampio numero di pubblicazioni e della cinematografia, anche di pregio, dedicata al caso cui il suo nome legato - sia soltanto quello che nelle lettere e nel memoriale (sorvolando sulle omissioni e manomissioni di cui questi furono
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Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, A cura di Miguel Gotor, Einaudi

oggetto) dipana impietosamente le vicende interne della Dc, definisce Andreotti livido e assente, o che via via assume accenti accorati ed intimi con i familiari e aspri fino allinvettiva contro il suo partito. Quasi si potesse ridurre il pensiero del protagonista della stagione pi feconda della Democrazia cristiana agli scritti del prigioniero in un cubicolo di pochi metri, certo di suo pugno ma redatti in condizioni difficilmente immaginabili. Da qui la necessit di una rilettura che riparta da ben prima dellultima fase, tornando agli interventi che tenne lungo la stagione che lo vide protagonista, letti per (riprendendo la metafora ottica) con le lenti che lo stesso Moro poteva avere: quelle di un uomo nato nel 1916, cattolico, radicato in un partito del quale vedeva i limiti evidenziati dal tempo e dalle umane debolezze, e insieme la possibilit di mantenere un ruolo di guida nellavvenire. Non ultimo, Moro era un cattolico del sud, con la carica di fatalismo se non di quel pessimismo che gli si cuc addosso come unetichetta, accompagnato dalla fama di oscurit e vaghezza di espressione peraltro smentite nei colloqui diretti con colleghi ed amici. 2

ESSERE PER LE COSE CHE NASCONO


Aldo Moro, gi docente di filosofia del diritto e poi di diritto penale a Bari, negli anni 50 pass ad insegnare Istituzioni di diritto e procedura penale a Roma. Soprattutto nella fase seguente al suo temporaneo distacco dallesercizio diretto del potere visse l'insegnamento quasi come il primo lavoro, cui dedicava parecchio tempo ed energie intellettuali e che manterr fino alla fine, pur essendo tornato dal 1974 al 76 a capo del governo. Non era difficile vederlo, con grande preoccupazione della scorta, fermo nei corridoi a parlare con i propri studenti; naturale quindi che la ventilata incompatibilit tra insegnamento e cariche politiche, sancita o meno da normative, lo trovasse fermamente contrario3. Persino in una delle borse lasciate in via Fani e divenute oggetti emblematici della sua ultima vicenda, erano contenute tesi da correggere, che lamico e collega Giuliano

Giovanni Spadolini, Da Moro a La Malfa , Vallecchi . Si veda anche lintervista con Eugenio Scalfari, in Giovanni Spadolini, op. cit.

LEspresso del 24 ottobre 1965


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Vassalli definir il simbolo di questo impegno supremo, nella prosecuzione dellattivit di studioso attraverso lopera legislativa e governativa, dalla Costituente in poi.4 Nei non rari momenti in cui la delusione personale, assieme allimpossibilit di dare continuit alla linea perseguita fino ad allora, lo port a pensare di lasciare la politica, Moro ipotizz di dedicarsi unicamente all'attivit accademica ed alla collaborazione di tipo giuridico con la stampa.5 E' indubbiamente anche da quei contatti con il mondo giovanile, un mondo che scorgeva vivo, pieno di interessi e passioni, sovente impegnato, spesso negli stessi ambiti che lavevano visto coinvolto in et giovanile con la presidenza nazionale della Fuci, che gli venivano stimoli continui ad una lettura diversa della realt, uniti certamente a quelli provenienti dai figli pi giovani, anchessi universitari. Al congresso Dc del 1969, dalla sua posizione di minoranza interna6, Aldo Moro lanci per la prima volta al suo partito un avvertimento della cui attualit lecito tuttora stupirsi: Il potere diventer sempre pi irritante e scostante e varr solo un'idea comunicata per un tramite discreto ed umanamente rispettoso. Queste, cari amici, non sono fantasie, sono cose che gi cominciano ad avvenire e che avverranno sempre di pi, cose che nascono e prendono il posto di quelle che muoiono. Se noi vogliamo essere ancora presenti, ebbene dobbiamo essere per le cose che nascono, anche se hanno contorni incerti, e non per le cose che muoiono, anche se vistose e in apparenza utilissime. 7 Il potere percepito come irritante, unidea accettata se veicolata per un tramite discreto ed umanamente rispettoso, cose che nascono seppur incerte, contrapposte e preferibili ad altre vistose ed in apparenza utilissime ma al tramonto: sono espressioni di notevole modernit - maggiormente apprezzabili avendo qualche consuetudine con la scrittura infinitamente curata e rivista di Moro - a fronte delle quali viene spontaneo chiedersi quanto egli stesso potesse credere alla realizzabilit immediata di tali propositi nel quadro politico italiano di quei mesi; ancor pi, in un partito che incarnava
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Giuliano Vassalli, L'opera penalistica di Aldo Moro , in "Diritto penale XXI secolo", Cedam Giovanni Spadolini, op. cit. Flaminio Piccoli era stato eletto segretario pochi mesi prima dal Consiglio nazionale con lappoggio degli Intervento al XI Congresso nazionale della Democrazia Cristiana, 29 giugno 1969

amici di Taviani, dei dorotei e dei fanfaniani, contrarie le componenti di Forze Nuove, la Base ed i morotei.
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da oltre un ventennio il potere, e nel quale la linea politica veniva determinata dagli spostamenti personali delluno o laltro leader.

COGLIERE I MUTAMENTI
Allargando lattenzione al di l dei confini italiani, anche dallosservatorio privilegiato di capo del governo, Moro seppe intravvedere nei mutamenti in corso a livello planetario alcuni elementi generali, ponendosi, e ponendo a chi lo ascoltava, questioni che a distanza di parecchi anni non cessano di interrogare. Questioni che ripartivano dalle fondamenta stesse della moralit della politica senza compromessi, vista come fonte della sua legittimazione e soprattutto come caratteristica imprescindibile , come aveva gi rilevato verso la fine del fatidico 1968: si affaccia sulla scena del mondo lidea che, al di l del cinismo opportunistico, ma, che dico, al di l della stessa prudenza e dello stesso realismo, una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, perch essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana.8 Vale la pena di richiamare lattenzione sullutilizzo del termine compromesso (unaltra delle etichette di Moro), strumento da applicare con intelligenza alle formule della politica, non ai principi morali che possono, in certo senso devono, ignorare prudenza e realismo per far s che la politica sia allaltezza del proprio compito di assicurare la dignit umana. Via via che si ampliava il confronto con tutto quanto stava al di fuori della vita di partito, nella quale Moro aveva in quel momento un ruolo marginale, la riflessione dello statista pugliese giunse fino a riconsiderare in maniera critica un assunto dogmatico per quegli anni: il primato democristiano nella guida del Paese. Un compito da non vedere pi come ineluttabile, dovuto ad una tradizione, per quanto significativa, n ad una mancanza di alternative, per quanto drammatica, bens fondato (..) su di una attitudine positiva, sulla fede negli ideali, su di una sensibilit estremamente acuta, su di una modernit di concezioni sociali e politiche, su di una piena affermazione di valori democratici, su di una
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Intervento al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, 21 novembre 1968

autentica capacit di sintesi sociale, su di una vibrazione popolare connaturale a questo momento di storia.9

LEGGERE LA COMPLESSIT
Un altro elemento di attualit della visione politica di Aldo Moro si ritrova nella presa di coscienza della complessit delle dinamiche in atto lungo tutti gli anni Sessanta, destinate a mutare e lordine mondiale e ad introdurre un punto di vista globale sugli avvenimenti. Evidenziava, gi prima che la stagione delle tensioni investisse lItalia, alcuni elementi di preoccupazione, dati sconcertanti di fronte ai quali chi abbia responsabilit decisive non pu restare indifferente: la violenza talvolta, una confusione ad un tempo inquietante e paralizzante, il semplicismo scarsamente efficace di certe impostazioni. 10 Se da un lato comprensibile la preoccupazione per le espressioni di violenza e confusione, dallaltro laccenno al semplicismo scarsamente efficace non pu che richiamare, per contrasto, la definizione di papa Montini sulla politica come forma pi esigente di carit, nella quale tutto estremamente complicato perch complicata lesistenza umana, e dove la semplificazione eccessiva spesso fuorviante se non strumentale. Ancora quattro anni dopo, in unaltra occasione congressuale, Moro sarebbe tornato a sottolineare come sia fondamentale per la politica avere ben presente di non potersi esaurire in s stessa, di dover sempre ricercare il confronto con tutto ci che sta al di sotto del potere e dellordinamento politico: Sono in gioco grandi processi di liberazione espressi nella forte spinta (...) verso l'espansione dell'area della dignit degli uomini e dei popoli. Possono sfuggirci dettagli, ma non ci sfuggir l'insieme, che del resto tanto chiaro, tanto evidente ai conservatori, che non mancano di apprestare rapidamente le loro robuste difese.

Discorso di Aldo Moro a Udine, 13 aprile 1969 Intervento al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, 21 novembre 1968

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Un insieme che a maggior ragione richiedeva una risposta capace di ascolto soprattutto da parte di chi si collocasse, pur con tutti i distinguo del caso, in un campo progressista o quantomeno attento ad un certo tipo di istanze. Moro ricordava poi come colpi formidabili siano stati gi dati a molteplici cristallizzazioni del potere, ad insostenibili diseguaglianze sociali, a condizioni subordinate che erano prima accettate come una fatalit e contro le quali si acceso ormai un incendio divoratore. E cos molte altre cose saranno cancellate con qualche turbamento e rischio, ma con ragioni di fondo che sarebbe non solo ingiustizia, ma anche follia non riconoscere e secondare.11 Torna dunque il tema delle cose che muoiono, destinate a sparire, ma cambiano gli accenti: non sono pi cose vistose ed in apparenza utilissime, ma pi esplicitamente cristallizzazioni del potere, diseguaglianze, e il non farle sparire - anche a fronte di qualche turbamento e rischio rappresenterebbe non solo uningiustizia, ma addirittura follia. Un pur sommario excursus (che tralascia ad esempio lopera in politica estera, rivolta principalmente alla costruzione dellimminente assetto istituzionale dellEuropa) permette comunque di percepire quale punto di svolta rappresent, trentacinque anni fa, la mancanza improvvisa di Moro sulla scena politica. Non soltanto per lo shock collettivo legato alle modalit del sequestro, le fasi della prigionia e del ritrovamento del cadavere - fissato nello scatto fotografico di Gianni Giansanti destinato a diventare unicona degli anni di piombo - ; e neppure solo per la brusca virata nei rapporti tra il Pci e una Democrazia Cristiana (divenuta oscillante e preoccupata per usare le parole di Berlinguer12) il cui cammino si sarebbe avviato fatalmente, in pochi mesi, verso un ripiegamento su posizioni di conservazione che lavrebbero condotta a trovarsi impreparata allappuntamento del 1989. Fu, pi in generale, una cesura avvertita da chi, a tutti i livelli, aveva riposto nel professore dallespressione involuta ma dalla linea ideale ben chiara una speranza per il futuro, pur senza mai votarlo; una stima magari inconfessata, spesso coperta dai cartelli
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Intervento al XII congresso della Democrazia Cristiana, 9 giugno 1973 Corriere della Sera, 15 gennaio 1979

di protesta e dalla satira; di chi si accorse della sua importanza magari anche fuori tempo massimo, come accade quando, a conclusione di un evento umano come di una stagione politica, si pu farne un bilancio e distinguere chi ha occupato la scena da chi vi ha interpretato un ruolo da protagonista.

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