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La Battaglia di Algeri

Com nata quella fotografia


di Marcello Gatti
Societ Italiana di Storia Militare

Com nata quella fotografia La fotografia del film che mi ha dato pi riconoscimenti La battaglia dAlgeri (1966), nasce, da esperienze tecniche e fotografiche diverse, maturate in precedenza con molti altri registi. Ho iniziato ad occuparmi e ad amare la fotografia cinematografica molto giovane, a sedici anni nel 1940, negli stabilimenti di Cinecitt, nel reparto direttori della fotografia, allepoca operatori, ho respirato il clima della guerra e poi quello del grande cinema italiano del dopoguerra. I primi frutti di questa lenta maturazione avvennero in me solo nel 1960 quando vinsi il mio primo Nastro dargento per la fotografia per un documentario sulla deportazione degli ebrei romani del ghetto, 16 ottobre 43 (1960) diretto da Ansano Giannarelli. E da l che nasce la mia tecnica di ripresa cinematografica, che consiste nel trattare la pellicola in sovraesposizione. Negli anni la tecnica si evolve, ma continua su questo stesso binario: crudo, realistico, granoso, come quei cinegiornali, che hanno il sapore della realt, della vita reale o di quelle guerre che sono ancora vicine a noi. Continuai ad usare lo stesso sistema di fotografia per il film Le italiane e lamore (1961), nellepisodio Lo sfregio diretto da Piero Nelli, per Un giorno da Leoni (1961) di Nanni Loy, poi ancora, per il film che i distributori francesi titolarono, La bataille de Naples, Le Quattro giornate di Napoli, diretto sempre da Nanni Loy nel 1961. Le Quattro giornate fu un successo, ebbe una distribuzione internazionale curata dalla Metro Goldwing Mayer e circol nelle sale di tutto il mondo, comprese quelle algerine in versione francese, il mio nome cominci a girare anche ad Algeri.

Nel 1961, Nanni, amico e uomo colto, che conosceva le mie caratteristiche fotografiche fece del tutto per affinarle. Un mese prima delle riprese del film, mi organizz date e appuntamenti per andare a Parigi allagenzia Magnum per studiare le foto documentaristiche di Robert Capa, autore di fotografie iconiche della guerra. Immagini imitate negli anni e molto innovative, granose e nitide nello stesso tempo. Robert Capa fond in seguito la Magnum con Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Gisle Freund. Mor a quarantun anni durante un reportage in Indocina, in rivolta contro il dominio coloniale francese.

Quello che segue tratto da un mio diario dellepoca.


Linfluenza fotografica di Robert Capa Sono a Parigi, piove, e qui allaeroporto faccio fatica a farmi capire. Il mio francese minimo, con il bagaglio in mano e limpermeabile appena comprato da Cenci sembro un turista. Le marche dei taxi sono tutte uguali: Citron o Renault, vederle in fila tutte uguali mi da una strana sensazione. Ho deciso di non passare in albergo, ma andare direttamente allagenzia parigina della Magnum, e vedere gli originali di Robert Capa non so ancora che effetto mi faranno, ho chiamato gli uffici da Roma prima di partire. Gli ho pregati di farmi visionare le famose foto di Capa dellentrata a Napoli dei soldati americani. Tutto risolto telefonicamente, ora mi aspettano. Il desiderio di vedere quelle stampe mosse e allo stesso tempo nitide, mi emoziona, quello che ho sempre cercato nel mio lavoro la fissit della fotografia e il movimento della realt. Una realt la mia, fotografata con i guantoni da boxe. Il taxi si ferma sotto gli uffici sono emozionato ma non ho pi scuse devo salire e presentarmi, ho preparato anche un piccolo discorso Je suis un operateur italien.... Mi apre la porta la segretaria dietro di lei Cornell Capa un signore giovane distinto ma gi con molti capelli bianchi, non sembra un fotografo ma uno scrittore impegnato un po ombroso. Capisce quasi subito con un occhiata e un sorriso che sono lospite italiano venuto da Roma a vedere le foto del fratello. Mi presento ci stringiamo le mani e lo seguo in un lungo corridoio. Dovunque vedo scatole giallo-arancio, marchiate Kodak contenenti stampe. Continua a parlare e io capisco poco, arriviamo. Le foto di Napoli sono pronte in uno scaffale e sono subito a mia disposizione sopra un lungo tavolo in legno

coperto da uno spesso vetro. Sul tavolo vetrini e lenti da orafo per analizzare meglio le immagini. Il tempo si ferma mi sembra di stare in un museo dove per la prima volta vedo loriginale di un quadro tanto studiato sui libri. Eccomi di fronte allessenza della fotografia almeno per me, limmagine che descrive levento, cos importante che non serve altro, nelle foto dei soldati si percepisce la morte e la vita. Per il fotografo, basta stare l a prendere lattimo decisivo, anche se mosso o fuori fuoco, poco importa. E sera quando esco dagli studi Magnum stanno chiudendo, e mi hanno invitato a tornare domani, a Parigi si cena molto presto, ora che ho scoperto questo giacimento di emozioni fotografiche vorrei vederle tutte. Esco, saluto Cornell Capa, dal portone vedo Parigi con altri occhi per la prima volta. Capisco solo ora come Cornell e Robert si somiglino due strade differenti ma simili. Robert morto in Indocina per la sua tenacia verso la ricerca di immagini sempre nuove, Cornell ponderato ricercatore ma anche manager e custode di immagini preziose. La pioggia sul naso mi riporta alla realt. Ho voglia di birra.

Sul set di Tunis Top Secret, tra le comparse i partigiani algerini Durante le riprese del film Tunis Top Secret (1959), diretto da Bruno Paolinelli, la produzione di questo film a basso costo, era alla ricerca di comparse ovunque, purch a prezzi stracciati. Non cera nessuna logistica o uffici collocamento spettacolo a Tunisi, come pu avvenire in Italia, quindi, il lavoro dellufficio casting era affidato allintuito e al caso. Molti di questi figuranti erano convalescenti partigiani appena dimessi o trovati negli ospedali di Tunisi. Da qui nacque il primo incontro con personaggi anche di spicco della resistenza algerina, allora in corso, che venivano a Tunisi a farsi curare. Come capita su qualunque set ci si conosce si mangia insieme, si stringono amicizie e questo gruppo di reduci nei momenti di pausa ci raccontavano in francese cosa stava capitando ad Algeri. A film concluso scambiai gli indirizzi con tutti i miei amici algerini. Con limpegno di lavorare ancora insieme. A Roma cinque anni dopo Nel 1964 mi cercarono, erano arrivati a Roma, per provare a realizzare con maestranze e tecnici italiani quella che era la loro storia pi recente, che aveva messo fondamenta al loro nuovo paese. Ci incontrammo a Piazza del Popolo al bar Rosati, mi trovai di fronte persone molto cambiate, determinate e con le idee chiare. Avevano un copione con loro, molto stringato. Mi proposero, di firmare la regia di un film sulla resistenza algerina,

Marcello vogliamo fare come La bataille de Naples mi dissero in uno stentato francese. Sorridendo rifiutai, spiegandogli che per avrei lavorato alla fotografia molto volentieri. Gli promisi di contattare Nanni Loy per un incontro. Pochi giorni dopo nella sua bella casa al quartiere Parioli, Nanni ci ricevette ma rifiut la regia. Era stufo di film di genere, voleva fare altre cose, pi leggere ma soprattutto legate alla realt italiana. E come dargli torto i suoi film e i successi personali che seguirono non smentirono le sue nuove idee di cinema e commedia. I miei amici algerini che a Roma rappresentavano la loro casa di produzione La Casbha Film erano un p0 delusi, ma non demordevano, li portai dopo pochi giorni da Gillo Pontecorvo con cui avevo lavorato nel suo Kap (1960), non posso dire che quel primo incontro and meglio, Gillo li tempest di domande, voleva capire meglio, intuivo che il progetto gli interessava. Lesse il copione algerino che trov semplice e un po a senso unico, quasi di propaganda. Prima propose di cambiare titolo, Nascita di una nazione, come il film di Griffith, oppure Tu partorirai con dolore, furono rifiutati allistante, il primo incontro fin con una promessa di Gillo, gli avrebbe dato a breve una risposta. Durante il secondo incontro la risposta arriv, Gillo propose un patto a Yacef Saadi il responsabile de la Casbah Film, sia lui che lo sceneggiatore Franco Solinas, dovevano avere le mani libere per scrivere una storia che leggesse la rivolta da vari punti di vista, come succede nella realt. Franco e Gillo, si documentarono molto, andando due volte ad Algeri, annusando la realt del dopoguerra, ospiti di Yacef Saadi, che poi ebbe anche un ruolo da attore nella battaglia. Cominciarono a capire gli algerini e le loro ragioni. Cos lentamente con lesperienza diretta sul campo, nacque la sceneggiatura. Lorganizzazione algerina Finalmente sul set della Battaglia La Casbah Film insieme alla Igor Film di Roma diretta da Antonio Musu, produssero La battaglia di Algeri. La mia impressione fu che i partigiani algerini smessi da pochi anni gli abiti da guerra erano diventati o provavano ad essere uomini daffari, monetizzando la loro storia recente. Yacef Saadi era il direttore della Casbah Film e molto professionalmente pensava ai settimanali, alle diarie e i pagamenti vari della troupe algerina del film.

Cera una logistica molto efficiente nellorganizzazione dei piani di lavorazione. I permessi per girare -pratica in genere difficilequi erano facilissimi, come quando girammo nel carcere, dimesso, Barbarousse dove era conservata una ghigliottina francese che era stata usata anche in Francia, Girammo senza problemi in una moschea, potevamo entrare in ogni tipo di casa privata, era come avere un lasciapassare per tutta la citt. La sera guardavamo i

giornalieri in un ottima sala cinematografica, spesso dopo lultimo spettacolo entravamo mentre il pubblico usciva. Anche questo per noi era un modo per entrare meglio nella testa degli algerini. Ricordo ancora Gillo in sala con il suo mirino dal quale non si separava mai. Il Colonnello Mathieu Un personaggio chiave del film, fu interpretato da Jean Martin un attore francese contattato a Parigi per la parte. Era un caro amico della prima moglie di Pontecorvo, Henriette Nipce. Jean era colto, dolce, amante della musica e in giovent fu partigiano della resistenza antinazista nella Seconda Guerra Mondiale. Nonostante questo Martin, con la sua interpretazione riusc a farsi odiare dagli spettatori. Io con la fotografia ho fatto del mio meglio per illuminarlo con una tonalit cruda senza ombre, la stessa luce, sbattuta in faccia, che usavano i militari per gli interrogatori agli algerini.

I miei angeli custodi a Roma Il girato partiva da Algeri per arrivare a Roma, lo sviluppo vorrei sottolineare era standard senza sovrasviluppi o tantomeno, controtipi. Il girato dunque, ogni luned lo montava Mario Serandrei e Gianni Di Venanzo, il mio maestro, spesso lo visionava. Entrambi avevano con me una fitta corrispondenza per

consigliarmi e a volte sgridarmi su come le scene dovevano essere girate e che tagli di inquadrature avrebbe voluto che aggiungessi per un montaggio migliore. Mario Serandrei mi scriveva consigli appunti ma anche complimenti, con la sua penna verde e Gianni Di Venanzo con una biro nera, verificava, come un angelo, giornalmente la qualit del girato. Ad Algeri dopo faticose giornate di lavoro in un clima tropicale, leggevo regolarmente i loro consigli e li applicavo sulla scena, sia negli interni bui delle carceri o nelle notti profumate di spezie orientali che tra le vie assolate e bianche della Casbah dAlgeri. 1989 di nuovo a Parigi Quello che segue tratto da un mio diario dellepoca.
Sono a Parigi per curare le copie di un film diretto da Etienne Prier, Rouge Venise, Piccoli delitti veneziani (1989), ho un pomeriggio libero che passo alla biblioteca del Centre Pompidou. Nella sezione cinema tra gli scaffali pieni di libri rilegati, molto usati e vissuti, trovo un volume pubblicato per i tipi della Indiana University Press, dedicato al film La battaglia di Algeri, compro una carta magnetica per accedere alle macchine fotocopiatrici e lo duplico, lo faccio rilegare il giorno dopo in una cartoleria dietro la Sorbona, in Rue Saint Germaine. Me lo porto con me in moviola e a pranzo, lo faccio tradurre in parte dal regista Etienne Prier. Solo a Roma lo potr leggere tradotto completamente da mio figlio Francesco. Nel volume, si parla molto del contributo della fotografia alla riuscita del film, ne sono felice. Una felicit sincera, che mi fa capire come il film dopo tanti anni, continui un suo percorso al di fuori dei suoi autori e della storia.

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