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Come pensare il passato:


uninterpretazione non ortodossa
del tempo e della memoria in Bergson
di Enrico Castelli Gattinara
I problemi di cui si tratter in questo scritto riguardano in generale il
rapporto critico fra le scienze della natura e le scienze sociali, o meglio
le loro reciproche epistemologie che, ancora ai giorni nostri, restano
generalmente separate e vengono spesso considerate fra loro alternative.
Uno dei problemi principali quello di riconoscere unepistemologia
delle scienze cosiddette umane allopera pi o meno esplicitamente nelle
diverse procedure scientiche. Compito non facile, perch presuppone
lindividuazione di alcuni criteri epistemologici e losoci alla base di
scienze come la storia, la psicologia o la sociologia. In questo scritto ci si
atterr ad alcune considerazioni riguardanti la conoscenza storica.
Questo lavoro alla costituzione di unepistemologia delle scienze
umane ha avuto un forte impulso nel periodo a cavallo fra il XIX e il XX
secolo. Essendo il caso della storia esemplare da questo punto di vista,
ci si soffermer su alcune questioni teoriche e metodologiche che certi
storici si sono posti agli inizi del Novecento, e le si far reagire con delle
riessioni presenti nellopera del losofo Henri Bergson. Questo permet-
ter di chiarire alcuni presupposti losoci ed epistemologici presenti nel
lavoro scientico e nelle riessioni teoriche degli storici, in particolare di
coloro che hanno diretto le Annales dhistoire conomique et sociale,
rivista che apporter non pochi cambiamenti nella storiograa. Il pas-
saggio per lopera di Bergson permetter infatti di indicare quali erano
i problemi in comune. Per questo se ne considereranno qui solo alcuni
aspetti, senza nessuna pretesa di essere esaustivi.
Per cominciare, bene chiarire alcune questioni di ordine terminolo-
gico e generale. Sarebbe interessante utilizzare la nozione di attrezzatura
mentale (outillage mental) introdotta da Lucien Febvre
:
a proposito degli
storici di cui tratteremo. Da un punto di vista epistemologico in effetti
assai interessante capire quali fossero i loro strumenti mentali, soprattutto
quelli teorici, ideologici, losoci, oltre che materiali e scientici, grazie
ai quali uomini come Febvre, Marc Bloch o Ferdinand Braudel hanno
trasformato la loro disciplina. Si tratta di vericare quali problemi si
ponevano agli storici nella prima met del XX secolo, e di quali concetti
Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /
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ENRICO CASTELLI GATTINARA
disponevano per cercare di risolverli; ma si tratta anche di capire se le
questioni e i concetti dellepoca possono ancora funzionare oggi, e in che
misura potrebbe essere attualmente utile tornarvi.
Naturalmente un processo di trasformazione non si riduce unicamen-
te agli strumenti che vengono utilizzati per realizzarlo. Quando si assiste
a un cambiamento nello statuto epistemologico di una disciplina, c
sempre una molteplicit complessa di fattori che vi svolgono un ruolo su
diversi livelli, ed solo a certe condizioni che questi fattori costituiscono
un sistema che diventa coerente e permette la trasformazione. Daltron-
de, uno strumento, sia esso mentale o materiale, non mai qualcosa di
semplice, ma sempre esso stesso un sistema complesso di rapporti, un
centro di forze e un vettore di tendenze il cui spettro dazione tanto pi
ampio quanto pi lo strumento mentale
:
: li si potrebbe allora chiamare
preferibilmente dei conglomerati epistemologici.
Ci sono sempre degli strumenti che vengono utilizzati, altri che non
lo sono e altri ancora che si utilizzano senza saperlo o senza esplicitarlo.
su questi ultimi che ci si concentrer nelle pagine che seguono, perch
si possono trovare in Bergson delle riessioni o meglio dei concetti
che testimoniano di una problematica in comune con gli storici e di una
prossimit teorica fra loro per certi versi inedita. Tali concetti potranno
essere utili per lindividuazione di unepistemologia della storia com-
patibile con linnovazione degli studi storici promossa dalle Annales.
Essi possono inoltre fornire alcune risposte a una serie di problemi che
hanno tormentato gli studiosi di Bergson, in primo luogo perch egli
non abbia voluto saperne di una losoa della storia fondata sulla sua
concezione del tempo.
Diciamo subito che non si vuole parlare qui nei termini di unin-
uenza diretta di Bergson sugli storici delle Annales, malgrado alcuni
commentatori labbiano supposto
,
, perch non sarebbe dimostrabile n
coi documenti, n con le citazioni o i riferimenti in nota, n riferendosi
alla corrispondenza. probabile invece che un tale inusso non abbia
avuto luogo, almeno in forma esplicita e diretta, visto che i due primi
direttori delle Annales mal sopportavano la losoa e detestavano
quei bergsoniani che sinteressavano di problemi storiograci e di storia
in generale, come Charles Pguy, le cui posizioni teoriche erano agli
antipodi rispetto alle loro.
Ci sono tuttavia delle problematizzazioni, nel pensiero di Bergson, che
interessano direttamente la storia. Pguy ne aveva colto subito limpor-
tanza e le aveva interpretate separando irriducibilmente storia e memoria,
o storia e tempo (oppure ancora storia e realt). invece interessante
notare che vi sono aspetti della losoa bergsoniana e non certo di poca
importanza che sono compatibili con quella che stata chiamata la
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IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
nuova storia. Compatibilit non vuol dire ovviamente identit, ma
comunit sul piano dei problemi: la ragione per la quale Bergson non si
lanciato in una losoa della storia incrocia le ragioni per le quali gli
storici difdavano della losoa. Se storia e losoa avevano in comune
una certa area problematica, ci non implicava la possibilit di schiac-
ciare luna sullaltra le due discipline (spesso integrando la storia nella
losoa). Ci signicava solamente che cerano problemi in comune in
una stessa regione tematica.
In particolare rispetto al rapporto fra passato e presente, che veniva
inteso in senso rigorosamente unilineare dalla storiograa del XIX secolo,
ma che simpone in maniera del tutto diversa sia in Bergson, sia in episte-
mologi e storici delle scienze come Alexandre Koyr o Gaston Bachelard,
o in storici come Febvre e Bloch. interessante notare che un problema
di questo tipo cos importante per la storiograa sia considerato di
grande importanza anche in una losoa (quella di Bergson) che ignora,
o quasi, la storia come disciplina e che sempre stata considerata molto
lontana dalle questioni epistemologiche e metodologiche che occupavano
gli sforzi intellettuali degli studiosi appartenenti alla cerchia di Bloch e
Febvre (lambiente per esempio che ruotava intorno a Henri Berr, alla
sua Revue de Synthse historique, di cui facevano parte loso come
Abel Rey o Lon Brunschvicg certo non sospetti di spiritualismo o di
irrazionalismo intuizionista).
Si tratta in effetti di un nodo concettuale, di un problema che at-
traversa sia la losoa che la storia, e che diventa determinante da un
punto di vista metodologico, poich, com facile capire, se si ammette
che passato e presente siano su uno stesso piano e che la loro inuenza
sia reciproca, e non esclusivamente unilineare, tutto il modo di fare storia
cambia profondamente. La losoa di Bergson, su questo problema, pu
quindi fornire una chiave importante per la costituzione di unepistemolo-
gia della storia capace di riettere sulla linea del tempo e sul ruolo svolto
dallo storico. Lo stesso vale anche a proposito di altri problemi come la
molteplicit delle durate temporali o lindeterminazione del rapporto
fra passato e presente.
Questi concetti e questi problemi in comune sono importanti se si
vogliono aiutare la storia e le altre scienze umane a rendersi consapevoli
della propria epistemologia, unepistemologia che gli sia propria senza
complessi dinferiorit rispetto alle scienze esatte. tempo ormai che le
scienze umane non si vergognino pi della loro epistemologia mobile e in
qualche modo indeterminata, di contro allepistemologia pi strutturata
delle scienze esatte: dalla biologia alla chimica, dalla matematica alla
sica, anche lepistemologia di queste scienze si ammorbidita e si
resa attenta ad istanze prima considerate eretiche o non scientiche come
:,
ENRICO CASTELLI GATTINARA
il caos, le turbolenze, i sistemi lontani dallequilibrio, la complessit, le
singolarit ecc. Ci dimostra che un modello rigido e scientista dellepi-
stemologia ormai denitivamente superato, e che la riessione losoca
e metodologica sulle scienze si arricchisce ed evolve anche grazie a nuovi
approcci. Se si presta attenzione alle nuove pubblicazioni riguardanti
lepistemologia, ci si pu rendere facilmente conto che questa disciplina
sta trasformandosi profondamente

.
Le scienze umane possono allora entrare in gioco, tanto pi che lhan-
no in parte gi fatto quando lepistemologia ha dovuto aprirsi alla storia
(alla storia delle scienze), alla sociologia e alla psicologia. Non c alcun
dubbio sul fatto che le scienze umane abbiano unepistemologia piuttosto
complessa che si sta cominciando a indagare e a far reagire con quella
delle scienze esatte. Fra laltro, non neppure detto che in una scienza
si debba usare una sola epistemologia, o che se si usa unepistemologia
morbida in un certo settore di ricerca, non si possa utilizzare unepiste-
mologia dura in un altro settore allinterno della stessa disciplina (per
esempio quando occorre combinare ricerca e realizzazione tecnologica,
come nel caso dellingegneria astrosica: quando si deve inviare una
sonda su Marte si continua a usare la sica newtoniana, bench sia stata
soppiantata dalla relativit einsteiniana)
,
.
Non c nulla di sorprendente in ci, e succede sempre nella vita
quotidiana dei ricercatori, quando ci si mette al lavoro: un giorno ab-
biamo un progetto di ricerca ben chiaro, che seguiamo fase dopo fase
no alla ne; ma un altro giorno il nostro punto di partenza o il nostro
itinerario di ricerca pu essere del tutto differente e assai pi casuale, pu
dipendere da un incontro imprevisto o da unilluminazione inattesa che
ci coglie in un luogo molto diverso dal nostro laboratorio o dal nostro
ufcio, e allora ci sforziamo di organizzare la nostra ricerca, di cambiare
di piano, di perseguire altri risultati. Non si lavora mai in ununica ma-
niera (bench vi sia naturalmente una maniera privilegiata di lavorare,
un metodo che si cerca di seguire, ma che lascia tuttavia degli spazi liberi
che il tempo riempie di piccole interferenze attraverso le quali possono
introdursi delle novit).
Questo problema stato posto anche da un losofo come Husserl,
quando introduceva il concetto delle ontologie regionali rispetto alle
diverse regioni dellessere come campi di oggetti (che le diverse scienze
studiano e unicano) nel quadro di una losoa fenomenologica
o
. Ba-
chelard aveva ripreso il termine di ontologie regionali per applicarlo
allepistemologia. Sembra dunque legittimo seguendo Bachelard pen-
sare a delle epistemologie regionali (delle diverse discipline, o in una stessa
disciplina) che potrebbero incrociarsi e interagire senza cercare di sotto-
mettersi a vicenda. Per realizzare questo occorre che certe discipline come
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IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
la storia non siano pi costrette a seguire questa o quella epistemologia,
o a vivere come un complesso dinferiorit rispetto al proprio statuto di
scienticit e che la smettano di pensare il proprio oggetto specico come
meno suscettibile degli altri ad essere colto scienticamente.
Il caso della storia caratterizzata come scienza emblematico da
questo punto di vista, poich il suo statuto di scienticit stato molto
controverso proprio a causa del suo oggetto, che il passato, vale a dire
un oggetto giudicato assente (nel senso del non esserci pi).
In effetti, pensare il passato implica sempre una losoa soggiacente
che ha avuto e avr la sua importanza per orientare lepistemologia della
storia in una certa direzione
;
. Il passato pu esser concepito come una serie
di eventi ssi nel tempo, come una riserva di signicati, come un serbatoio di
fatti morti, come una nuova dimensione del tempo o come una molteplicit
sempre attiva, la cui verit non mai ssata una volta per tutte.

Il tempo contro lo spazio in Bergson


a questo proposito che Bergson ci pu venire in aiuto. Non solo da
un punto di vista storico nellambito di una storia delle idee e delle
comunit intellettuali rispetto alla compatibilit e alla coerenza di un
incrocio possibile dei suoi concetti con la storiograa concepita da Bloch
e da Febvre, ma anche per la comprensione del contesto epistemologico
in cui ha operato e opera la storia. Per renderlo possibile sar quindi ne-
cessario leggere lopera di Bergson in modo non ortodosso e liberare il
campo dalle letture che hanno cercato di piegare il pensiero bergsoniano
verso una losoa della storia

.
La losoa di Bergson stata nel tempo rivalutata e negli ultimi
decenni stata oggetto di numerosi studi. stata ripresa nel quadro di
una riessione epistemologica da Ilya Prigogine e Isabelle Stengers gi
dal :,,, i quali hanno messo a frutto le interpretazioni non ortodosse
che ne aveva fatto e ne stava facendo Gilles Deleuze. In Francia, dagli
anni Novanta del XX secolo, stata oggetto di diversi e importanti studi
monograci
,
. Alcuni studiosi si sono concentrati poi sul Bergson politico
e hanno messo a punto biograe approfondite, oppure hanno analizzato
criticamente alcune sue opere
:c
. Ciononostante, a parte i lavori di Deleuze
e per certi versi quelli di Prigogine e Stengers (che si limitano a riprendere
alcuni concetti bergsoniani senza tuttavia dedicargli specicamente libri o
capitoli di libri), nessuno dei nuovi lavori sul losofo coglie il rapporto che
c fra alcune questioni di ordine epistemologico che hanno interessato
la storia gi dagli anni Venti del XX secolo e alcuni aspetti della losoa
bergsoniana, in particolare lo statuto del passato nellordine del tempo.
Bergson ha pensato il passato in modo molto diverso rispetto alla
:,o
ENRICO CASTELLI GATTINARA
losoa kantiana, e gli ha dato uno statuto che in funzione dello statuto
del presente, nel senso che non si pu pensare il passato senza pensare
anche il presente, e viceversa, i due aspetti temporali avendo uno stesso
statuto ed essendo concepibili secondo la stessa dimensione. Tuttavia
pochi commentatori hanno riconosciuto limportanza essenziale del
rapporto fra passato e presente nella sua losoa. Uno di loro stato
Deleuze, il quale laveva segnalato gi in un articolo del :,,o La coesistenza
del passato col presente
::
.
Ci implica naturalmente una concezione del tutto particolare del
tempo, che caratterizza fortemente la losoa bergsoniana, ma ci avvi-
cina anche ecco in cosa consiste la lettura non ortodossa proposta qui
a una concezione molto moderna della storia che Bergson stesso non
aveva, ma rispetto alla quale aveva come preparato una base losoca
ed epistemologica. Questo potrebbe spiegare anche la difcolt che
Bergson ha sentito nelle sue riessioni sul tempo, che si sono evolute in
maniera per cos dire non lineare dalle sue prime opere, Saggio sui dati
immediati della coscienza (DI) e Materia e memoria (MM) no allEvolu-
zione creatrice (EC) e alle Due fonti della morale e della religione (DFMR)
::
:
questa difcolt la si potrebbe spiegare come una sorta di esitazione di
Bergson di fronte alla radicalit di alcuni suoi concetti e alla sua esigenza
di mantenersi sempre su un piano losoco e metasico (ferma restando
la sua convinzione che la metasica appartenesse anche lei al piano della
realt e rappresentasse una forma del conoscere che aveva lo stesso
rigore delle facolt della conoscenza proprie allintelletto).
Lungi dal trattare di tutta la losoa di Bergson, ci si concentrer qui
su una piccola parte delle sue opere, facendo in parte violenza allinsieme
del suo pensiero. Violenza che per giusticata per quanto riguarda
la concezione del tempo, in quanto Bergson stesso riconosceva che su
questi argomenti i suoi libri non sono spesso coerenti fra loro: il tempo
dellEvoluzione creatrice non corrisponde a quello dei Dati immediati.
Sarebbe interessante capire perch questo tempo non corrispondeva, ma
non di questo che ci si occuper nelle pagine seguenti.
Nel suo primo libro, DI, Bergson studia lessenza profonda della
soggettivit e della coscienza. Vi trova la conferma di un dualismo fonda-
mentale che caratterizzer tutta la sua losoa e che determina il modo
in cui affronter il pensiero di qualsiasi argomento o problema losoco.
Tutte le coppie che si trovano nei suoi libri dipendono da questa visione
radicalmente dualista, ed possibile assistere alla loro straordinaria pro-
liferazione senza che lopposizione dei due termini implichi tuttavia una
scissione irriducibile nella realt: ecco allora che alla coppia tradizionale
materia/spirito se ne aggiungono altre quali spazio/durata, quantit/qua-
lit, omogeneo/eterogeneo, materia/memoria, distensione/contrazione,
:,;
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
concetto/intuizione, scienza/metasica ecc. Queste coppie servono alla
losoa per comprendere lessenza pura delle cose e dei processi; esse sono
una costruzione del pensiero, fondamentali come gli elementi della chi-
mica per il chimico, poich nella viva realt tutto mescolato, intrecciato,
misto. Da cui, naturalmente, unaltra coppia: misto/puro, che traduce la
differenza fra conoscenza della realt e vita concreta della stessa realt.
Il tempo, nella coppia spazio/tempo, costituisce uno degli assi del
dualismo fondamentale, e Bergson racconta che le sue ricerche sulla du-
rata avevano avuto origine dal fatto che era stato molto impressionato
dal vedere come il tempo reale [] sfugga alle matematiche
:,
. Quando
i matematici, o i sici, trattano del tempo, essi non ne parlano che in
termini spazializzati e lo traducono in spazio (nel senso che traducono il
suo scorrere, la sua durata che non si arresta mai, in punti e linee su uno
spazio, in istanti, attimi, archi, cerchi, numeri ecc.). Bergson, com noto,
attribuisce alle matematiche il dominio dello spazio e della spazialit, che
lambito della sincronia, dellindifferenziato e dellomogeneit (il numero
, equivalente e indifferenziato per qualsiasi qualit, nel senso che si ap-
plica tanto alle mele quanto alle persone o agli angoli di una gura). il
dominio del numero, del calcolo e soprattutto della misura, dunque delle
scienze, che costituiscono la funzione pi importante del nostro intelletto
(importanza che viene considerata dal punto di vista dello sviluppo evo-
lutivo, poich le operazioni dellintelletto permettono allessere umano di
ottimizzare al massimo le sue possibilit di sopravvivenza).
Bergson segue a tal proposito tutta quella tradizione di pensiero che
riconosceva allintelletto la priorit sulle altre attitudini e capacit umane,
e le matematiche sono state sempre individuate come la sua manifestazio-
ne pi elevata, la pi alta nella scala dei saperi. Ma questa priorit non si
manifesta agli occhi di Bergson che al livello dello spazio. I nostri calcoli,
le nostre conoscenze, le nostre numerazioni non fanno altro che situare
nello spazio tutti i fenomeni, traducendoli sempre in termini quantitativi
e potendovi di conseguenza intervenire (misurarli e in seguito prevederne
delle conseguenze in seguito a certe premesse).
Lintelletto costituisce per Bergson una sorta di macchina adattativa,
il suo comportamento non essendo nalizzato dopotutto che allazione
efcace: tutto, nellintelletto, serve allazione, e il calcolo o la misurazione,
comprese le conoscenze pi astratte e teoriche, sono ci che in ultima
istanza permette allessere umano di ottimizzare la scelta della sua azione
nel mondo. Seguendo quindi una consolidata tradizione losoca, Ber-
gson sostiene che loperazione pi elementare che svolgiamo col nostro
cervello consiste nellattribuire ad ogni cosa unestensione, in modo da
poter poi manipolarla, selezionarla ecc.
Oltre ad avere unestensione, vediamo per subito che le cose sono
:,
ENRICO CASTELLI GATTINARA
anche in movimento. Ci complica enormemente i nostri calcoli, perch
come calcolare il movimento in s a prescindere dallo spazio percorso?
Bergson spiega che questo viene decomposto dal nostro intelletto in ele-
menti spaziali discreti, e che al posto del movimento i nostri ragionamenti
nalizzati allazione si rivolgono ai punti (dello spazio) che loggetto tocca
nel suo muoversi, a partire dal punto iniziale no al suo punto nale.
Quello che viene cos preso in considerazione non quindi il movimento,
ma i punti in cui lo si ssa per misurarlo (il punto naturalmente non deve
infatti muoversi o spostarsi): nel dominio dellestensione, che quantita-
tivo, non c posto per il movimento, che qualitativo.
Lintelligenza spontanea e lintelligenza volontaria applicano una
sorta di schema spaziale quantitativo a qualsiasi cosa, esprimendo tramite
lestensione ogni fenomeno e abbandonando di conseguenza il dominio
della durata. Per tutta la storia della losoa, tempo e spazio sono stati
messi sullo stesso piano e trattati come cose dello stesso genere. Si studia
lo spazio, se ne determina la natura e la funzione, poi si adattano al tem-
po le conclusioni ottenute
:
. Cos aveva fatto per esempio Kant, di cui
Bergson riuta la concezione del tempo come forma pura dellintuizione
sensibile. Per passare dalla teoria dello spazio a quella del tempo, non
stato fatto altro che sostituire il termine giustapposizione col termine
successione, e la losoa si a lungo adagiata nellillusione daver colto
in questo modo la durata.
Naturalmente, la scienza ha le sue buone ragioni per farlo, perch
votata allazione, ma la speculazione losoca (che Bergson chiama
anche metasica, ma che intende in termini del tutto estranei a ci che
con questa parola stato spesso volgarizzato) avrebbe potuto fare ben
altro piuttosto che conformarsi al linguaggio essenzialmente spaziale delle
scienze e dellintelletto.
Proprio studiando la struttura dellintelletto umano
:,
gi da DI, Ber-
gson aveva dimostrato che lintelligenza spontanea e riettuta scarta il
tempo reale e vissuto traducendolo in tempo astratto enumerabile. Una
volta compreso che la destinazione del nostro intelletto era lazione
adattativa, diventava evidente quanto gli fosse necessario mascherare
la durata (ossia il tempo reale e il cambiamento) con numeri e misure
calcolabili (manipolabili). Se qualcuno avesse mai dovuto ipotizzare una
scienza del cambiamento, questa non avrebbe mai potuto trattare del
cambiamento in s, ma semplicemente della sua traduzione in termini
spazializzati, vale a dire che avrebbe dovuto studiare i fenomeni A e B
come ssi nello spazio, ma non il passaggio da A a B. Ora, se si richiama
alla mente la denizione che due importanti storici francesi come Bloch
e Febvre davano della storia come scienza del (dei) cambiamento/i
:o
, si
pu facilmente intuire quale importanza possa avere questo problema per
:,,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
una storiograa che si voglia consapevole di s, poich lo statuto del pas-
sato ne dipende e pu cambiare in funzione del modo di rapportarcisi.
Ecco allora come si pone il problema nei termini stessi impiegati da
Bergson:
Si tratta del movimento? Lintelligenza non ne ritiene che una serie di posizioni:
un punto inizialmente raggiunto, poi un altro, poi un altro ancora. Si obietta
allintelletto che fra un punto e laltro succede pur qualcosa? Ecco che allora
subito lui intercala nuove posizioni, e cos via indenitamente. Distoglie lo sguar-
do dalla transizione. Se insistiamo, si arrangia perch la mobilit, respinta negli
intervalli sempre pi ristretti a misura che si aumenta il numero delle posizioni
considerate, arretri, si allontani, scompaia nellinnitamente piccolo. Nulla di
pi naturale, se lintelligenza destinata soprattutto a preparare e a spianare la
nostra azione sulle cose. La nostra azione pu esercitarsi comodamente solo su
punti che siano ssi; quindi la ssit ci che la nostra intelligenza ricerca,
ed lei a tradursi in quantit
:;
.
Lintelletto si chiede dove sia loggetto mobile, per dove passi, dove
sar, denendo tutto il suo movimento tramite dei punti attraverso cui
il mobile passato, passa o passer. Cos facendo, non sinteressa affatto
alla durata in quanto tale e si limita alla constatazione dei vari arresti
virtuali: esso ferma il movimento in un certo punto, poi in un altro, e
li calcola, misura la distanza fra il punto di partenza e quello di arrivo,
oppure constata la simultaneit fra larresto del mobile che sta conside-
rando e larresto della cosa che chiama tempo. Decompone il tempo in
istanti darresto e confronta ogni istante con loggetto mobile: cos che
opera una procedura dastrazione. Tuttavia, se ogni considerazione del
movimento si fa attraverso un riferimento preciso e immediato allo spazio
(come rivela luso dellavverbio di luogo dove), resta che i movimenti
del tempo e le posizioni del mobile sono solo delle istantanee prese dal
nostro intelletto sulla continuit del tempo e della durata
:
.
Il tempo, il movimento e il cambiamento sono altra cosa. Occorre
abbandonare la ssit astratta dei punti e avvicinarsi alla realt concre-
ta. Bergson insiste molto su questultimo punto e mantiene tutto il suo
discorso sul piano della realt: lintelletto, nelle sue procedure concet-
tuali, trasforma la realt concreta del tempo in astrazione matematica.
Compito del losofo sar allora quello di tornare alla realt del tempo,
la cui essenza quella di colare (scorrere). Restituiamo al movimento
la sua mobilit, al cambiamento la sua uidit, al tempo la sua durata
:,
;
ecco il motto di Bergson.
La durata per il dominio delleterogeneit pura, come lo spazio lo
dellomogeneit. Per coglierla in tutta la sua realt, Bergson postuler
una nuova facolt di conoscere, o meglio, come lui stesso scrive, una
:cc
ENRICO CASTELLI GATTINARA
nuova facolt capace di unaltra specie di conoscenza
:c
. Si riferisce
allintuizione, che costituisce secondo lui il metodo per eccellenza della
metasica: questo gli permette di introdurre un nuovo dualismo nelle
forme della conoscenza, luna e laltra precise e rigorose ma qualitativa-
mente diverse.
Resta naturalmente il problema di sapere perch Bergson scelga di
usare il termine facolt per parlare dellintuizione, visto che conosceva
perfettamente ci che questo termine implicava dal punto di vista lo-
soco soprattutto rispetto alla formulazione facolt della conoscenza
(in particolare in Francia, dove verso la ne del XIX secolo cera stato un
certo ritorno del kantismo). Parlare di una nuova facolt in vista di
una nuova specie di conoscenza signica che Bergson, quando parlava di
metasica e di intuizione, non aveva in vista alcuna deriva irrazionalista,
il suo scopo essendo invece quello di fondare un metodo della losoa
analogo a quello delle scienze (e altrettanto potente).
Lintuizione si rivela come lunico modo che abbiamo per cogliere
la realt della durata, visto che tutte le forme concettuali elaborate dalle
facolt dellintelletto fanno astrazione di questa realt irretendo lo scor-
rimento in punti ssi. Tuttavia lintelletto non del tutto inefcace: i libri
di Bergson sono l per testimoniarlo, questo sforzo di farci intendere
ci che la durata e la sua possibilit desser colta dallintuizione proprio
tramite unargomentazione di tipo intellettivo. grazie a questo sforzo che
Bergson si sottrae al misticismo e al vitalismo della durata. Costituendo
la metasica come conoscenza rigorosa (col suo proprio metodo, lintui-
zione, e il suo proprio dominio, la durata), le difcolt appena evocate
ne derivano direttamente. Le ambiguit dovute a un dualismo di fondo
della sua losoa dipendono da questo doppio registro della conoscenza,
rispetto al quale Bergson pu concepire dei concetti (che appartengono
quindi al dominio dellintelletto) che servano a far comprendere la durata,
dei concetti che siano ovviamente molto diversi da quello che la losoa
tradizionale ha sempre impiegato per trattarne.
Per conoscere la realt concreta, gli strumenti delle scienze dellintel-
letto non sono sufcienti, poich ce ne presentano una parte soltanto;
dunque necessario che il losofo trovi i mezzi per farci conoscere anche
laltra faccia del reale.

Laltra realt: la differenziazione


Il tempo, che allinizio dellanalisi losoca inaugurata da DI era un
concetto bastardo, perch mescolava in s due realt differenti e irridu-
cibili (spazio e durata), deve essere caratterizzato da termini appropriati
che ne indichino lessenza: solo quando lidea della durata sar stata
:c:
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
puricata da ogni incrostazione data dallestensione, se ne potr parlare
in termini di interpenetrazione, coalescenza, scorrimento o usso. Ne de-
riva, naturalmente, unincredibile difcolt a rappresentarci la durata
nella sua originale purezza
::
; difcolt che induce Bergson a insistere
lungamente su questa differenza radicale. Ne deriva inoltre la differenza
che Bergson pone fra tempo concreto e tempo astratto: la differenza
capitale che separa il tempo concreto, lungo il quale il sistema reale si
sviluppa, e il tempo astratto che interviene nelle nostre speculazioni
::
,
la stessa differenza che c fra una serie di punti che lo scienziato calcola
quando vuole stabilire lo stato futuro di un sistema in capo a un certo
tempo t e lintervallo che separa questi arresti istantanei che sono i punti.
Si tratta di una differenza che richiama quella fra una storia trionfale e
ufciale di un popolo e la storia effettivamente vissuta dalle persone che
lo compongono, dispersa nelleterogeneit irriducibile delle linee di vita,
degli individui, delle emozioni e delle quotidianit. Non un caso che
Bergson denisca il tempo-durata anche con aggettivi come vissuto,
concreto e solo reale.
Questo aspetto essenziale della riessione bergsoniana sul tempo
vale a dire che per coglierne la realt occorre cambiare radicalmente
di prospettiva (losoca) suscita una serie di questioni. Che statuto del
tempo se ne deduce? In cosa consiste questo tempo-durata che non si
pu n misurare n calcolare? Qual la sua realt? Ne deriver un altro
aspetto del dualismo di Bergson.
Vediamo in cosa consiste la procedura del losofo. Aveva preso le
mosse dalla coscienza, di cui voleva comprendere lessenza intima, e si era
imbattuto subito nellostacolo tipico di tutte le losoe della conoscenza: il
rapporto con la realt mobile e cangiante del mondo interiore e della liber-
t. Aveva quindi dovuto constatare che pi si scende nelle profondit della
coscienza e meno si ha il diritto di trattare i fatti o gli stati psichici come
cose che si giustappongono
:,
: lintensit di uno stato danimo, per dirla in
un modo n troppo semplicato, non aumenta in maniera discreta, come
qualcosa che aumenta per accumulazione quantitativa, ma si modica in
maniera qualitativa e continua, assolutamente dinamica (cosa che viene
confermata anche dai pi recenti studi delle neuroscienze, e Bergson ha
avuto da questo punto di vista delle intuizioni veramente notevoli).
Bergson incontra a questo proposito un dinamismo qualitativo
della coscienza di cui cerca, coi mezzi a disposizione in quellepoca, di
comprendere la base neurosiologica: ci lo conduce a capire che c
unaltra realt, o meglio unaltra dimensione del reale insieme a quella
dellestensione. la realt del tempo, del cambiamento, il cui statuto non
pu pi essere schiacciato sullo spazio. Quello che bisogna dire, che
noi conosciamo due realt di ordine differente, luna eterogenea, quella
:c:
ENRICO CASTELLI GATTINARA
delle qualit sensibili, laltra omogenea, quella dello spazio
:
. E che si
tratti di una realt dimostrato dalla vita stessa della coscienza.
Ne deriva un dualismo radicale fra le due che si potrebbe applicare
alle loro reciproche epistemologie, poich la realt del tempo implica
uno statuto del tutto differente da quello del reale a cui siamo abituati
(quello delle scienze dellintelletto). Ora, a parte i problemi implicati
da un dualismo del genere, limportante passo in avanti compiuto da
Bergson sul piano epistemologico, e che pochi studiosi hanno notato,
senza dubbio quello di una moltiplicazione della realt, moltiplicazione
che soprattutto una differenziazione. Dividendo il tempo e lo spazio
in maniera cos radicale, Bergson rompe con la tradizione che voleva il
reale come appartenente a ununica dimensione, come una totalit del-
lesteriorit. Ne segue, per lui, che il termine realt non corrisponde
pi univocamente a materia, e che c una realt del tutto immateriale
che quella della durata (quando nei manuali scolastici si attribuisce a
Bergson letichetta di spiritualismo si dimentica troppo facilmente
questo realismo in nome del quale aveva costruito una parte importante
del suo impianto di pensiero).
per introdurre questo realismo altro, immateriale e concreto,
che Bergson deve ricorrere ancora a un vocabolario nuovo che gli per-
metta di trattarne senza ambiguit: per esempio, quello che chiamiamo
di solito cosa nellambito dello spazio, in quello della durata si chiama
tendenza
:,
. Spiegando il concetto di movimento a partire da una
prospettiva che non limita pi i concetti nel dominio dellintelletto,
e volendo sottolineare come la realt del tempo costituisca il fonda-
mento stesso della nostra esperienza (si noti che qui Bergson utilizza
formulazioni che la losoa aveva sempre impiegato nellambito di una
teoria della conoscenza propria allintelletto), si assiste allintroduzione
di termini nuovi:
Il pi delle volte si dice che il movimento ha luogo nello spazio, e quando si di-
chiara il movimento omogeneo e divisibile, si pensa in verit allo spazio percorso,
come se lo si potesse confondere col movimento stesso. Ora, riettendoci bene
si noter che le posizioni successive del mobile occupano certo dello spazio, ma
loperazione per la quale passa da una posizione allaltra, operazione che occupa
della durata e che ha realt solo per uno spettatore cosciente, sfugge allo spazio.
Qui non abbiamo pi a che fare con una cosa, ma con un progresso: il movimento
in quanto passaggio da un punto a un altro una sintesi mentale, un processo
psichico e di conseguenza inesteso
:o
.
Quindi nel movimento ci sono due elementi da distinguere, lo spazio
percorso e latto col quale lo si percorre: il primo elemento una quantit
omogenea, il secondo una qualit, unintensit
:;
.
:c,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
La realt del tempo insomma il fondamento di ogni azione, che senza
la durata sarebbe soltanto una successione distanti che non si saprebbe
come riunire e rendere coerenti fra loro. Questi due piani della realt,
questi due ordini del reale coesistono e rendono conto della nostra espe-
rienza del mondo. Lunit della realt ormai messa in questione e lascer
il posto a un principio di composizione e di intersezione che Bergson
non ha mai voluto formulare esplicitamente, ma che si pu facilmente
cogliere nei suoi scritti. Si assiste qui a una reticenza del losofo, che si
limita al dualismo e cerca, soprattutto a partire da Levoluzione creatrice
e dagli scritti successivi, di mantenere ununit in ciascun ordine della
realt, o almeno in quello del tempo. Eppure ne aveva indicato una
differenziazione intrinseca che permetteva, nella durata, di infrangere i
quadri astratti dellunicazione totale. La durata come eterogeneit pura
era in effetti la differenza di s rispetto a s, la differenza in s, il principio
stesso della differenziazione
:
.
Ecco lambiguit per cos dire che possibile ritrovare nellinsieme
dellopera del losofo. Ciononostante, se si presta attenzione al ruolo
giocato dalla differenziazione nel suo pensiero, da cui deriva direttamente
leterogeneit essenziale della durata, si pu notare facilmente che per
questa via che passa un nuovo approccio al passato, che sar la dimensione
della differenza stessa.

Zone di indeterminazione: i corpi


La durata eterogeneit pura, perch ogni movimento che si prender
nel suo usso sar differente dal suo antecedente e dal suo seguente per
il fatto della durata, cosa che costituisce il principio stesso del cambia-
mento. Ci troviamo nel regno delle differenze di natura, le differenze
qualitative che sono irriducibili le une alle altre, il dominio del passaggio
ininterrotto da uno stato allaltro, dove ci che importante non lo stato
ma il passaggio. Questo implica altri giudizi rispetto a quelli che siamo
abituati a formulare, perch quando giudichiamo identici o simultanei
due momenti del tempo, ne abbiamo in realt estratto via la durata e li
abbiamo ridotti a mera spazialit. Se giudichiamo della durata, allora ogni
momento sar diverso da ogni altro sul piano del tempo reale: su questo
piano, che quello della realt concreta, non c posto per lastrazione
in quanto essa appartiene allaltro piano del reale. Ma allora, se non
facciamo nessuna astrazione, la differenza diventa il principio stesso
dellessere per il fatto del tempo: lessere diventa la differenziazione. il
tempo della vita, questa eterogeneit pura che produzione del nuovo,
irreversibilit, creazione, mobilit dinamica a cambiamento: non conosce
n arresto n riposo.
:c
ENRICO CASTELLI GATTINARA
Ora, proprio perch non lo si pu arrestare che il tempo lindeter-
minazione delle cose. Non avendo la possibilit di essere ssate, perch la
ssit non appartiene alla dimensione della durata, le cose non possono
essere determinate, poich ogni determinazione implica una ssazione. La
microsica lo avrebbe presto confermato col celebre principio di indeter-
minazione di Heisenberg, ma Bergson ne aveva trattato pi di trentanni
prima in MM: il tempo prova che nelle cose c dellindeterminazione:
Lesistenza non prova forse che c dellindeterminazione nelle cose? Il
tempo non sarebbe forse questindeterminazione stessa?
:,
. Sul piano
losoco unaffermazione del genere assai notevole, anche se la sua
origine va ricercata nella termodinamica che ha profondamente inuen-
zato il pensiero di Bergson: non sarebbero solo la percezione, il corpo o
la vita a essere indeterminati, ma il mondo stesso delle cose.
Anche in questambito si ha nuovamente la possibilit di avvicinarsi
alla problematica della storia, in quanto tutti i problemi metodologici
inerenti al suo statuto di scienticit, e quindi alla sua epistemologia,
hanno sempre avuto a che fare con la condizione tanto particolare del suo
oggetto, che il passato irreversibile e instabile dei fenomeni umani.
Lindeterminazione il fulcro della differenza e della differenziazione.
Bergson laveva fatto notare gi in MM, quando aveva spiegato che il corpo
umano, per il fatto di essere il punto di passaggio dallesteriorit allinte-
riorit grazie alla percezione, era esso stesso un centro dindetermina-
zione. Le sue azioni sul reale non dipendono in effetti esclusivamente
dal suo stato presente e attuale, ma anche dal suo passato integrato nella
sua memoria che interviene nella scelta dellazione da compiere: la sua
reazione non quindi mai immediata e istintiva, ma sempre mediata dalla
coscienza-memoria. Per questo le sue attitudini non sono interamente
prevedibili, visto che in ogni situazione che si ripeta la sua risposta non
sar mai uguale, poich anche se la situazione fosse identica alla prece-
dente, fra le due situazioni passato del tempo e la prima entrata nella
memoria modicandola e accrescendola (per quanto poco sia): la memoria
e lesperienza del corpo di fronte alla seconda situazione non sono quindi
identiche a quelle dello stesso corpo di fronte alla prima situazione.
proprio questa differenza che viene persa quando si fa astrazione del
tempo passato fra le due situazioni.
Questi centri di indeterminazione che caratterizzano la vita
,c
fanno
parte delluniverso materiale e testimoniano della realt agente della
memoria. Si vedr poi che una volta infranta lunit astratta della realt
e una volta riconosciuta alla durata la sua forza differenziante, la teoria
bergsoniana della memoria dipender strettamente dal nuovo statuto
acquisito dal tempo grazie a questa prospettiva. Una delle conseguenze
pi radicali che ne seguono la ricongurazione del rapporto fra passato
:c,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
e presente e la posizione del paradosso apparente di quello che Bergson
chiama un ricordo del presente. Si noti che uno dei cardini su cui si
fondata linnovazione della coscienza dello storico nellambito della nuova
storia delle Annales ai loro albori, sia in Bloch che in Febvre, stato
proprio la ricongurazione critica del rapporto fra passato e presente.
Esponendo la propria teoria della percezione, Bergson dichiara che
se i corpi
hanno per oggetto di ricevere delle eccitazioni per elaborarle in reazioni im-
previste, la scelta della reazione non avviene tuttavia a caso. Tale scelta si ispira
senza alcun dubbio alle esperienze passate, e la reazione non avviene se non
facendo appello al ricordo che delle situazioni analoghe hanno potuto lasciare
dietro di s. Lindeterminazione degli atti da compiere, per non confondersi
col puro capriccio, esige quindi la conservazione delle immagini percepite. Si
potrebbe dire che non abbiamo presa sul futuro senza una prospettiva uguale e
corrispondente sul passato
,:
.
Questo signica che c una differenza di natura fra percezione e ricor-
do, dunque fra presente e passato. Il tempo, che pura durata, non pu
quindi esser concepito come una successione passato-presente-futuro (le
tre estasi del tempo, come le chiamava Martin Heidegger): lesperienza
ci dimostra che non cos, che c appunto differenza di natura fra le tre
e che la loro successione sulla stessa linea del tempo non che unastra-
zione. La qualit del passato non la stessa di quella del presente, n del
futuro. Non quindi pi necessario che luno venga prima dellaltro, il che
comporta una concezione radicalmente nuova del rapporto fra passato e
presente, come si vedr fra poco.
Trattando comunque di questi problemi che ineriscono allindeter-
minazione dovuta allirruzione del tempo come durata, Bergson scrive
pagine molto intense a proposito del corpo e del posto che occupa come
centro dindeterminazione proprio nel rapporto fra passato e presente.
Non sarebbe infatti insensato sostenere che MM sia un libro sul corpo,
concepito sotto la doppia articolazione della materia e della memoria.
Eppure a questa presenza importante del corpo nel testo bergsoniano non
stato dato il dovuto rilievo, ignorando proprio ci che il tema implicava.
Non qui ovviamente il luogo per approfondirlo, ma occorre riconoscere
che il corpo viene concepito da Bergson come un luogo di passaggio e
un rapporto. Meglio sarebbe dire, perch qui la terminologia manca, che
non neppure un luogo, ma lui stesso un passaggio e un rapporto.
Il corpo, scrive infatti, un limite in movimento fra il prima e il
dopo
,:
. allora la metafora (viva) di unapertura radicale: lapertura
della materia presente al passato che la ricopre, e lapertura del passato-
memoria verso il presente su cui si riversa. Il corpo, e il sistema nervoso
:co
ENRICO CASTELLI GATTINARA
in particolare, sono lapertura di questo passaggio dal qualitativo al
quantitativo, dal tempo allo spazio. La nostra stessa individualit non
che questa doppia proiezione, dove ogni presente rimbalza sul tutto del
passato che contribuisce incessantemente a formare, e dove il tutto del
passato si ripercuote sul presente dove noi sempre siamo. Il corpo come
apertura non ununit, ma una molteplicit.
Non quindi per caso che Bergson ricorre alla metafora del corpo
quando vuole spiegare quale genere di rapporto devono avere il passato
e il presente: il passato, scrive, deve fare corpo col presente. L dove
non cos, per esempio nel mondo astratto delle scienze del calcolo,
abbiamo solo un mondo che muore e rinasce ad ogni istante
,,
. Infatti
i sistemi sui quali opera la scienza sono in un presente istantaneo che
si rinnova incessantemente, e mai nella durata reale dove il passato fa
corpo col presente
,
. Questo vuol dire che c una differenza capitale
che separa il tempo concreto, lungo il quale un sistema reale si sviluppa,
dal tempo astratto che interviene nelle nostre speculazioni
,,
.
proprio sul piano di questo tempo concreto che Bergson mette
la storia. O almeno in questi termini che ne parla a proposito degli
organismi viventi:
Come luniverso nel suo insieme, come ogni essere preso per s, lorganismo che
vive una cosa che dura [si tratta quindi di una cosa il cui statuto differente
rispetto alla nozione di cosa che aveva opposto a tendenza, N.d.R.]. Il suo
passato si prolunga tutto intero nel suo presente, vi dimora attuale e agente.
Come si potrebbe altrimenti comprendere che attraversi delle fasi ben regolate,
che cambi et e insomma che abbia una storia?
,o
.
Ma questo implica una concezione del tutto diversa del passato, che
Bergson trae dalla sua concezione della memoria per come la sviluppa
in MM. Vuol dire anche che il corpo che fanno passato e presente un
corpo storico. E pi Bergson avanza nella sua losoa, pi abbandona
il piano della coscienza individuale per immergersi sempre di pi nel
mondo, riconoscendovi lo stesso schema, per cos dire, ossia lo stesso
tempo concreto, che la concrezione del presente e del passato. Il tempo
concreto la durata reale, laltro piano della realt insieme allo spazio:
ne consegue che il passato non meno reale del presente, n meno attivo e
operativo (lessere del passato non un essere diminuito rispetto allessere
del presente, ma solo un altro essere rispetto al presente). Attraverso
una riessione sul dj-vu, Bergson mostra come il passato e il presente
coesistano sino a rendere legittimo e sensato il ricordo di un presente.
Non perci il presente che, divenuto passato, ritorna poi alla memoria,
ma il presente stesso che diventa ricordo restando presente, e generando
la sensazione del dj-vu
,;
.
:c;
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
anche questa naturalmente una considerazione che interessa gli
storici, e che veniva discussa gi negli anni fra le due guerre mondiali.
Ma era unargomentazione che incrociava anche le riessioni epistemo-
logiche che si facevano nello stesso periodo sul rapporto fra la ragione e
la realt. Bloch per esempio ne concludeva che il rapporto fra presente e
passato non poteva esser ssato una volta per tutte, e soprattutto che cera
reciprocit
,
. Ed era in conseguenza di ci che si fece sempre pi strada
la consapevolezza critica che lo storico non era quello scienziato neutrale
e oggettivo il quale, dopo aver meticolosamente raccolto i documenti e i
fatti, li classicava traendone le conclusioni che ne seguivano necessaria-
mente. Gli storici scoprivano che, come tutti gli scienziati e forse anche
di pi, modicavano il loro oggetto (il passato) col loro stesso ricercare,
con le loro domande, ma che al tempo stesso subivano linuenza del
passato. Come avrebbe detto Siegfried Kracauer negli anni Sessanta,
la ricerca dello storico come un viaggio da cui si torna cambiati
,,
. Si
scopriva insomma che il rapporto fra loggetto della ricerca e la ricerca
stessa era assai pi complesso di quanto si pensasse.
in tal senso che Bergson ha sviluppato un pensiero compatibile
con quello che alcuni storici avrebbero realizzato con limpresa delle
Annales: se la storia una scienza dei cambiamenti e se il suo oggetto
il passato, allora un pensiero losoco che si propone di sconvolgere
lo statuto del cambiamento e quello del rapporto fra passato e presente
dovrebbe interessarla. Inoltre, il fatto che Bergson si sia posto questo
genere di problemi, con le implicazioni che si sono appena dette, spiega
perch egli non abbia avuto bisogno di (e voluto) elaborare una losoa
della storia, contrariamente a quanto si domandavano su questo loso
come Maurice Merleau-Ponty o Jean Hyppolite, per non menzionare
che i pi famosi, i quali cercavano nel pensiero del losofo proprio la
possibilit di una simile losoa
c
.
Gli bastava in effetti il suo pensiero sul tempo, che gli permetteva
di superare la questione epistemologica fondamentale che tormentava
la storia-scienza della prima met del XX secolo: quella dellimperma-
nenza del passato, vale a dire il fatto che non lo si potesse trattare come
un oggetto sperimentale, visto che era impossibile ripeterlo a volont,
diventando cos problematico il suo statuto di oggetto scientico (per la
scienza che la storia vuole essere).
Ma il passato resta problematico solo se si resta legati a una concezione
monista della realt. Bergson invece pensa che non vi sia una sola realt,
o meglio una sola dimensione della realt ecco perch la metasica
corrisponde per lui a una forma di conoscenza rigorosa, dotata di un
suo proprio metodo. Il passato appartiene alla realt della durata, quindi
occorre pensarlo in maniera differente. Ci non vuol dire che occorra
:c
ENRICO CASTELLI GATTINARA
abbandonare il concreto, o il piano delle cose: al contrario, lo si coglie pi
profondamente come il piano delle tendenze e dei progressi: La durata
reale quella che morde sulle cose e vi lascia limpronta dei denti. Se
tutto nel tempo, tutto cambia interiormente, e la stessa realt concreta
non si ripete mai
:
. I due piani della realt non sono separati ( solo
per comodit danalisi losoca che legittimo cercarne la purezza),
perch partecipano insieme a creare quei misti che siamo noi: noi, le
cose, i corpi, luniverso. La realt essa stessa un misto dove sincrociano
e si mescolano i suoi differenti piani: una molteplicit. Il reale non
quindi n pi omogeneo, n pi eterogeneo: essendo una molteplicit, la
verticalit della durata vi incrocia lorizzontalit della materia.

Orizzontalit, verticalit, molteplicit delle durate


in MM che Bergson mostra in maniera quasi denitiva limportanza
del misto, dove si coappartengono orizzontalit e verticalit. Grazie a
questo misto, la dimensione immateriale della memoria, chegli chiama
il tutto del passato, tocca la dimensione piana della percezione-materia.
Tutta la difcolt di questo nuovo approccio deriva dal fatto che siamo
in qualche modo obbligati a usare un linguaggio spaziale, e Bergson
costretto a esemplicare ci che sta esponendo ricorrendo a diagrammi
che traducono nel dominio dellestensione (il nostro intelletto) il misto
del concreto, che poi la nostra esperienza (che ovviamente fatta di
sazio e di tempo).
Unesperienza non mai qualcosa distantaneo; essa implica sempre
una percezione sensori-motrice, una durata, un rapporto col passato e una
tensione rispetto al futuro. Quando si dice che si fatta unesperienza, o
che quel dato momento della nostra vita stato unesperienza, ci si situa
in un rapporto fra il presente e il passato, rapporto che viene chiamato la
traccia dellesperienza. Ma Bergson sostiene che tutto esperienza, perch
ogni presente che non abbia in s la traccia del passato sarebbe privo di
senso. Era per rendere pi chiaro questo concetto che in EC aveva scritto
che la durata morde sulle cose. E vi morde perch il passato sempre
l, tutto intero, nella memoria, e fa girare il presente in funzione della
sua inuenza diretta su di lui, ma al tempo stesso la memoria si contrae
e proietta sul presente reale ci che questo gli chiede di contingente.
Per spiegarlo, e malgrado i limiti impliciti nel ricorso a una gura
spaziale, Bergson propone la famosa gura del cono rovesciato la cui
punta tocca un piano orizzontale: il punto quasi immateriale del contatto
lesperienza, il nostro corpo concreto, il nostro corpo che fa storia,
mentre il piano quello del percetto, la materia e la presenza, e il cono
:c,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
il tutto della memoria, il passato. Il limite di questa immagine dovuto
al fatto che non pu rendere conto di tutta la complessit dinamica di un
misto simile, e che il corpo sembra ridotto a un punto senza dimensioni,
mentre occorre tener conto del fatto che il nostro corpo non un punto
matematico nello spazio
:
.
Limmagine per resta suggestiva: a ogni momento presente, quindi
a ogni azione, a ogni istante della nostra presenza nel mondo (per quanto
piccolo sia), il tutto conico della memoria sempre l e vortica come un
turbine per presentare, e al contempo proiettare e contrarre sulla sua
punta solo la sezione che gli in quel momento la pi utile. Tale sezione
costituisce il grado di contrazione e la faccia che il presente sensori-motore
richiede alla memoria al ne di ottimizzare la sua azione (se si tratta di
unazione semplice come un riesso detto istintivo, il grado di contrazione
sar molto elevato, mentre se lazione riettuta e complessa, il grado
di contrazione sar pi basso e la sezione avr luogo molto lontano dalla
punta, coprendo quindi unarea pi vasta, poich i dettagli del tutto
contratto della memoria dovranno essere meglio riconoscibili). Lazione
della punta sul piano non quindi dovuta al caso, ma non neppure
sovradeterminata dalla memoria. Siamo in effetti nelluniverso della
necessit: ogni volta che la punta del cono tocca il piano (questo accade
sempre, e il suo movimento molto rapido, perch noi siamo sempre in
situazione, come dicevano gli esistenzialisti, e non ci sono momenti
in cui la punta non si sposti sul piano), dalla zona di contatto parte una
domanda verso lalto che fa s che la memoria si contragga e si giri per
presentare solo il grado di contrazione utile che si proietta allora verso
il basso e contribuisce alla scelta operativa.
Il usso delle sollecitazioni sensori-motrici che vengono dal piano
orizzontale e ricongurano continuamente il tutto della memoria
ininterrotto, e la memoria continuamente sollecitata a reagirvi (la sua
realt non mai perci quella di uno stato sso, ma di un processo che
si ricongura senza sosta). C qui una relazione molto complessa che il
diagramma del cono rappresenta solo parzialmente, perch c sempre
ricongurazione reciproca del presente sensori-motore e del tutto della
memoria, e linterazione fra i due immanente alla loro realt, vale a
dire che non differita. Il fatto che la punta tocchi il piano implica una
proiezione del tutto della memoria, ma per il fatto della proiezione lazione
presente cambia facendosi, e cos via. questo lo statuto del misto che
non si pu comprendere se si resta attaccati a dei concetti spazializzanti e
lineari: occorre saper passare da una dimensione allaltra, per esempio dal
piano al cono, per capire il misto dellesperienza. Utilizzando diagrammi
geometrici, cerchiamo di spingere la nostra comprensione al di l della
dimensione spaziale esattamente allo stesso modo in cui il protagonista
::c
ENRICO CASTELLI GATTINARA
di Flatlandia, il libro bizzarro e straordinario di E. Abbott, fa lesperien-
za di mondi che hanno un numero di dimensioni diverso dal suo, che
bidimensionale (at)
,
, e prova a spiegarli ai suoi senza riuscirci. Ma,
aggiunge Bergson, noi possiamo anche inventare nuovi concetti, coi quali
rendere conto di questa nuova dimensione inconcepibile. La metasica
in quanto scienza losoca ha il compito di farlo.
Bergson articola tutto ci in maniera molto elaborata, soprattutto
per quanto riguarda gli stati che sono pi vicini al punto dintersezione
cono/piano. Se ne pu semplicare largomentazione secondo i seguenti
punti:
:) il mio presente nel mio corpo, la sua materialit sensori-motrice, il
gioco di azione e reazione sul piano, lefcacia stessa dellazione, che
la sua potenza;
:) il mio passato il tutto della memoria, di unaltra natura rispetto
al presente, sempre in movimento ma non agisce mai, perch impo-
tente;
,) di tutto il mio passato pu divenire immagine solo ci che pu
inserirsi nello schema-motore, che il punto dintersezione, il corpo
dellesperienza;
) il ricordo attualizzato in immagine (la sua discesa verso il basso, verso
la punta) profondamente diverso dal ricordo puro, perch una sezione
e unorientazione, una contrazione del tutto;
,) la percezione si denisce con la sua potenza di agire, dunque con la
potenza di far agire unimmagine della memoria nel presente, immagine
che dipende dai valori dutilit della percezione nella sua attualit che
la sua presenza.
Lazione e la memoria sono quindi inseparabili: abbiamo qui due
qualit differenti che sincrociano nello stesso misto. perch lo statuto
del passato non comparabile allo statuto del presente che possono
fare corpo insieme. In altri termini, per il fatto che la memoria, il tutto
del passato, del mio passato, interviene in modo non differito sulla per-
cezione, cio sul presente sensori-motore, ogni corpo un corpo storico.
storico perch il suo proprio passato interviene direttamente sul suo
presente, e il suo presente agisce immediatamente sul suo proprio passato:
questa relazione non pu che chiamarsi storica.
Si detto che ci che proprio alla memoria, quindi al passato, il
movimento, il suo dinamismo interiore. Occorre per fare molta atten-
zione, perch con simili denizioni si rischia facilmente di ricadere in uno
schematismo spazializzante. Il passato non qualcosa di sso, di stabilito
una volta per tutte e che il tempo accumula dietro di noi in una specie
di deposito che sarebbe la memoria, la quale forse si trova in unaltra
dimensione. Non cos che la pensa Bergson. Il passato per lui invece
:::
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
sempre l, nella memoria, e si ricongura incessantemente in funzione
del presente. lui il tempo, la durata: si capisce meglio allora perch
Bergson denisca la durata come eterogeneit pura e come irreversibi-
lit. La memoria irreversibile perch non mai ssa, perch sempre
in movimento. Non si tratta ovviamente di un movimento lineare, ma
del movimento che fanno i piani della memoria, le sezioni del cono, le
regioni pi o meno contratte che riettono il tutto in maniera dettagliata
o sommaria. il movimento che tutti questi piani fanno intersecandosi
e ricoprendosi fra loro. Il passato e il presente non designano insomma
dei momenti successivi su una stessa linea del tempo, ma due elementi,
due qualit che coesistono, luno, che il presente e che non smette di
passare, laltro, che il passato e che non smette dessere presente, nel
senso che grazie a lui che tutti i presenti passano

.
In questa continuit di divenire che la realt stessa, il momento
presente rappresentato dalla sezione quasi istantanea che la nostra
percezione pratica nella massa in via di scorrimento, e questa sezione
precisamente quello che chiamiamo il mondo materiale: il nostro corpo
ne occupa il centro; esso , di questo mondo materiale, ci che sentiamo
direttamente scorrere
,
. Questa sezione agisce sulla memoria, la trasfor-
ma, la ricongura, contribuendo cos a far continuare il movimento di
cambiamento, lo scorrere.
Fra memoria e durata c dunque un rapporto molto stretto: lo scor-
rimento di cui Bergson ha appena parlato, la coalescenza di presente e
passato non sarebbe possibile se non differissero in natura e se la durata
non fosse eterogeneit pura. il principio stesso della differenza: se
tutto riducibile allo stesso, se domina il principio didentit, nessuna
differenziazione mai possibile in ultima istanza e tutto lo scorrimento
sarebbe riducibile a uno stato sso, a una totalit dello stesso genere
dellessere parmenideo.
In che modo Bergson pensava questo tempo e come concepiva questo
scorrimento continuo ed eterogeneo? certo che il losofo concepiva la
durata come una sorta di universale continuo nel quale sono immerse tutte
le cose, dove la realt del tempo una realt assoluta, che non ammette
alcun compromesso con lo spazio. In effetti, di fronte alla minaccia rap-
presentata dal relativismo di Einstein per la concezione bergsoniana del
tempo, il losofo aveva scritto un libro, Dure et simultanit (DS), che
lo criticava da un punto di vista losoco difendendo lidea di un tempo
unico e universale. Il tempo percepito e il tempo vissuto sono una sola e
medesima cosa, e quando il relativismo ne supponeva la pluralit relativa
non faceva che ricadere nel vizio della spazializzazione
o
. Col suo libro
Bergson voleva dimostrare che la teoria di Einstein faceva confusione fra
i piani scientico e metasico, e che non teneva conto della differenza
:::
ENRICO CASTELLI GATTINARA
di natura che cera fra la durata percepita e lo spazio-tempo astratto del
sico. Non certo qui il luogo per discuterne le idee molto controverse,
che avevano spinto il losofo a riutarne ogni nuova edizione a causa dei
malintesi che si erano generati, ma queste idee costituiscono comunque
un parziale passo indietro rispetto a quanto avevano supposto, sulla
temporalit, sia MM che EC.
Bergson stesso lo confessa daltronde esplicitamente: Abbiamo fatto
precedentemente delle ipotesi di questo genere []. Distinguevamo
delle durate a tensione pi o meno alta, ma siccome questa pluralit e
questa eterogeneit riguardavano solo il regno animale, non ved[eva]
ancora nessuna ragione di estendere alluniverso materiale questa ipotesi
di una molteplicit delle durate
;
. Questo perch ai suoi occhi il mondo
materiale non possedeva lo stesso dinamismo che facilmente riconosceva
al mondo della vita, dove la differenza qualitativa fra spazio e durata o
fra memoria e percezione era naturalmente pi evidente.
Tuttavia, se si mette da parte il mondo materiale (anche se oggi sappia-
mo che la teoria di Einstein stata confermata sperimentalmente), lipotesi
di una molteplicit delle durate resta valida. In effetti, essa deriva quasi
logicamente dalleterogeneit della durata, ossia dalle differenze puramen-
te qualitative che la caratterizzano. Bergson vi aveva fatto riferimento pi
volte, anche prima di considerare il regno animale in EC, soprattutto in
MM quando aveva trattato dei diversi circoli della memoria (nel cono),
delle sue molteplici potenze successive, dove tutta la memoria entrava
in gioco come se si trattasse di qualit dimensionalmente distinte (quindi
di una vera e propria molteplicit)

. In una pagina formidabile, dove non


doveva preoccuparsi di procedere con circospezione antirelativista, subito
dopo aver mostrato ancora una volta che il preteso tempo omogeneo
era solo unastrazione e un idolo del linguaggio, scriveva:
In realt non c un unico ritmo della durata; si possono tranquillamente imma-
ginare dei ritmi diversi che, pi lenti o pi veloci, misurino il grado di tensione
o di rilassamento delle coscienze e, con ci, ssino il loro posto nella serie degli
esseri
,
.
Certo, qui il tempo-durata strettamente legato alla coscienza. Tuttavia
in altre pagine scritte in epoche differenti Bergson insiste su questa
molteplicit delle durate anche oltre la coscienza. Nel :,c,, in un testo
intitolato Introduzione alla metasica (che inserir poi in PM nel :,,),
introduce il concetto di unit multipla della durata di cui aveva dato
una denizione durante un corso tenuto nel :,c:-c: al Collge de France.
Vale la pena di citarla, perch illustra bene il passo indietro compiuto in
seguito di fronte ai problemi sollevati dal relativismo di Einstein (infatti
vi si sostiene quasi il contrario di quanto scrive in DS nel :,::):
::,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
Non c distinzione possibile fra la durata dei fenomeni e la loro natura; la prima
fa parte della seconda; una qualit delle cose. Ne risulta questa importante conse-
guenza, che non c solo una forma della durata come non c una sola forma dello
spazio, ma vi sono tante specie di durata quanti sono gli esseri che durano
,c
.
Trattandosi di un testo losoco, le parole hanno la loro importanza, e
lutilizzo del termine cosa non pu passare inosservato. Di che si tratta?
Della cosa come tendenza o della cosa su cui morde la durata, oppure
la cosa che dura e che lorganismo? Il senso del termine scivola sui
differenti piani dellargomentazione teorica, indicando ora un organismo,
ora un oggetto materiale, ora un essere qualunque. Ma la cosa, in questa
prospettiva, non pu pi sottrarsi alla sua essenza temporale: se la natura
dei fenomeni di durare e se il tempo una qualit delle cose, allora la
molteplicit delle durate rende conto della differenza qualitativa delle
cose del mondo.
Certo, concede Bergson, questa rappresentazione della durata a
elasticit ineguale forse fastidiosa per il nostro spirito, ma a lei che
appartiene la realt vissuta
,:
. Questa pluralit dei tempi si manifesta
anche con delle contrazioni pi o meno estese della memoria sul piano
del presente. quanto in un libro recentemente tradotto in italiano
stato chiamato un gioco di scala
,:
. Ogni contrazione corrisponde a
un ritmo determinato, che ha la sua propria temporalizzazione: i fatti e i
movimenti vi sono pi o meno diluiti e linsieme dei ricordi vi contratto
in unimmagine molto rapida o vi dettagliato in una durata molto lunga
e particolareggiata. Per esemplicare questa pluralit ritmica, Bergson
menziona proprio la storia, la storia delle cose percepite, la storia della
nostra coscienza, la storia stessa della vita. I ritmi diversi degli esseri e delle
coscienze, i circoli della memoria, sono come la storia dellumanit tutta
intera, che si pu contrarre o dilatare secondo i ritmi, le congurazioni,
i rapporti di scala con cui la consideriamo.
In questo modo diventa possibile riassumere e condensare le fasi
dellevoluzione storica in maniere molto differenti fra loro, le si possono
analizzare in dettaglio, si possono presentare sommariamente ecc. Ri-
troviamo qui il termine storia in una posizione chiave, e se si pensa al
fatto che Bergson lo impiega piuttosto raramente, non lo si pu passare
sotto silenzio. infatti nella stessa pagina di MM che si parla di storia e di
temporalit multiple, e il ricorso a questesempio gli serve per confermare
la molteplicit delle durate. Poi, come per completare la sua riessione,
qualche pagina dopo sottolinea che lo stesso vale per i periodi della storia
interiore delle cose
,,
, avanzando implicitamente unipotesi che si sentir
in dovere di correggere nella sua polemica con Einstein.
Bergson non aggiunge altro sulla storia, persino nel suo ultimo libro,
DFMR, dove tratta dello sviluppo delle societ umane. Si pu per ripren-
::
ENRICO CASTELLI GATTINARA
dere la formula della storia interiore delle cose e cercare di metterla a
confronto con la disciplina che se ne occupa. Per Bergson le cose potevano
quindi avere una storia, o pi storie? Posta in questo modo, la domanda
non pu avere risposta. Ma il discorso che si cercato si svolgere in queste
pagine ha individuato diversi punti di contatto fra alcuni concetti del lo-
sofo e le questioni teoriche e metodologiche che venivano discusse dagli
storici nella prima met del secolo XX, e che non smettono di far problema
anche ai giorni nostri
,
. La moltiplicazione delle storie, dalla storia politica
alla storia materiale, dalla microstoria allegostoria passando per tutte le
sfumature e le specicit cui la storiograa moderna ci ha abituati, non
riette forse la consapevolezza dellesistenza di temporalit differenti, e
quindi della necessit di cambiare e moltiplicare i punti di vista dai quali
si considerano i fenomeni e le pratiche che si dicono storiche?
soprattutto il principio di una molteplicit delle durate a ritmi
differenti che emerge in tutta la sua importanza e si rivela ricco di con-
seguenze (conseguenze virtuali, perch ben pochi si sono soffermati su
questo aspetto del pensiero bergsoniano). Esso viene da un modo del
tutto nuovo di pensare il passato, che si articola su una losoa quali-
tativa della memoria e ne trae una differenziazione dei ritmi della vita
che corrisponde in effetti alla complessit della nostra esistenza storica.
Ecco perch Bergson non ha avuto bisogno di fondare una losoa della
storia, ed ecco anche perch il suo discorso a tal proposito non stato
sufcientemente compreso: i suoi interpreti hanno cercato una losoa
della storia nella continuit della durata, mentre occorreva dare tutta la
sua importanza al principio della differenziazione e al rapporto reciproco
fra passato e presente.
La concezione di Bergson appena esposta appare inoltre compatibile
con alcuni problemi che gli storici si sono posti nel XX secolo. La que-
stione di una epistemologia della storia non pu che beneciare di un
confronto con questa losoa. Vi si pu ispirare per elaborare concetti
capaci di render conto dei problemi e delle pratiche, dei metodi e delle
strategie della disciplina. Dalla ne degli anni Venti le questioni della
differenziazione, del rapporto fra passato e presente e del nuovo statuto
del passato erano fra quelli che avrebbero reso lesperienza delle An-
nales un momento decisivo per lorganizzazione del sapere storico. Ma
la compatibilit fra Bergson e gli storici si rivela anche nellambito della
molteplicit delle durate, che Braudel ha voluto rivendicare verso la ne
degli anni Cinquanta contro coloro che restavano affezionati a una con-
cezione troppo lineare e uniforme dei ritmi storici. Questi elementi, dal
punto di vista di una lettura non ortodossa di alcuni aspetti del pensiero
bergsoniano, possono aiutare unepistemologia che non voglia ridursi
alla brutta copia di quella delle scienze esatte.
::,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON

Il caso di Braudel: quali losoe implicite


possono celarsi dietro lopera innovativa di uno storico?
Il confronto proposto non ovviamente n semplice, n immediato. Pu
prestarsi a estrapolazioni arbitrarie, o pu accontentarsi di scorciatoie
pericolose, oppure ancora pu veicolare idee per nulla compatibili con
le strade intraprese dalla storiograa dellultimo secolo.
Mettere a confronto Braudel e Bergson pu aiutare per a vederci pi
chiaro su quanto detto sin qui. Partendo dagli scritti dello storico, che col
losofo non ha mai avuto direttamente a che fare, e riettendo sui testi
relativi alla lunga durata, ci si pu chiedere no a che punto essi sono
innovativi e no a che punto il contrario. Per farlo occorre individuarne
lepistemologia soggiacente e quale concezione del tempo vi sia implicata.
In cosa consiste una pluralit di durate? Passando per lopera di Bergson si
pu ipotizzare una risposta che si pone naturalmente su un piano losoco
e non implica alcuna liazione diretta di idee (anche se non sarebbe del
tutto da respingere). Quando Bergson parla della molteplicit reale dei
ritmi della durata, tanto per la coscienza quanto per tutti gli esseri nel
loro rapporto col mondo, implica come si visto i diversi ritmi della
storia. Implica cio, secondo lesempio metaforico proposto in MM, una
storia pi lenta o pi rapida secondo le necessit del discorso e del suo
maggiore o minore riassunto dei dati. Questa differenza essenziale per
neutralizzare loggettivit apparente di un tempo omogeneo, universale
e uguale per tutti e tutto.
Ma questo non forse anche lo scopo della storia? Non si ritrova
qui listanza che diventata sempre pi urgente per gli storici di oggi,
vale a dire la differenziazione, lintersezione e il mixaggio di storie e di
pratiche di ricerca che differiscono non solo per il ritmo, ma anche per la
congurazione, la lettura, lesperienza, i metodi e le fonti adottate? Non
c forse un implemento dindeterminazione che coesiste e collabora quasi
con le pratiche della sovradeterminazione? Le grandi opere storiche di
Braudel non si muovono in questa direzione?
Gi da MM, Bergson cerca di differenziare lessere e la durata su diversi
piani, differenza che si fa grazie a una concezione del passato che ne esalta
il rapporto coestensivo col presente: ma questo anche un obiettivo
degli storici. Era una delle preoccupazioni maggiori delle riessioni di
Bloch, ma traspare anche nellarticolo di Braudel sulla lunga durata,
scritto nel :,,
,,
. Articolo che riserva alcune sorprese, in quanto mostra
in modo quasi esemplare lintersezione di concezioni losoche con
considerazioni metodologiche che avvengono sullo sfondo del discorso
esplicito che si svolge nellarticolo stesso.
::o
ENRICO CASTELLI GATTINARA
Il titolo, innanzitutto: La lunga durata utilizza il termine di durata
grazie a una scelta che non si pu considerare neutra. Nel testo, Braudel
utilizza indifferentemente i termini di tempo e di durata per indicare log-
getto specico della storia. Se Bergson non fosse stato un losofo francese
e se la sua importanza non fosse stata cos grande, lidenticazione dei
due termini sarebbe stata senza conseguenze: difcile invece pensare
che usando il termine durata Braudel non abbia fatto risuonare in s in
maniera pi o meno implicita uneco bergsoniana. Si vedr in seguito che
la questione delle risonanze decisamente pi complicata e che la scelta
del termine aveva altre origini, tanto vero che Braudel non menziona mai
il nome di Bergson e non sembra per niente affascinato dalla sua losoa
(negli anni Cinquanta la ricezione del bergsonismo in Francia avviene so-
prattutto nel segno del vitalismo spiritualista, il che induceva a una decisa
difdenza gli storici come Braudel). Resta tuttavia il fatto che il titolo d
a questo termine un posto di primaria importanza, e che sarebbe assurdo
pensare che lo storico ignorasse il senso datogli da Bergson.
Se si pensa poi che larticolo di Braudel voleva essere un articolo de
combat, di lotta, per difendere la storia contro il potere crescente delle
scienze sociali fondate sullo strutturalismo, allora la scelta del termine
ha probabilmente anche uno scopo strategico. La lotta condotta infatti
in nome della diacronia, ossia del tempo e della storia, contro il rischio
egemonico della sincronia, che studiava i rapporti astraendoli dal contesto
temporale storico. Per dare a questa lotta tutta la sua forza, lo storico
comincia con lo spiegare bene il suo oggetto, per poi sbarazzare il campo
dai malintesi a proposito del tempo storico.
Le prime pagine lo enunciano a chiare lettere: Parler [] a lun-
go della storia, del tempo della storia
,o
. Di quale storia si tratta?,
si chiede. E di che tempo, ci chiediamo noi? Sulla prima questione, la
risposta precisa e ha dei riferimenti facilmente riconoscibili: la storia
una dialettica della durata
,;
, vale a dire lo studio dellopposizione
dialettica, viva, indenitamente ripetuta fra il tempo corto e rapido
dellistante e il tempo lungo delle tendenze e delle costanti, che scorre
assai pi lentamente
,
. Siamo alla presenza di una pluralit del tempo
sociale di cui solo la storia pu rendere conto. La durata non va conce-
pita come un movimento omogeneo di cui basterebbe seguire il corso per
ritrovare una stessa linea di successione. Dalla nascita delle Annales,
ma anche gi dal :,cc con la nascita della Revue de synthse historique
diretta da Henri Berr, gli storici hanno elaborato una nozione sempre
pi precisa della molteplicit del tempo che permette di parlare di una
storia dai cento volti
,,
.
Tale molteplicit legittima lintroduzione del tempo lungo, della lunga
durata, troppo spesso ignorata o disprezzata dagli storici e i loso che
::;
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
si sono occupati di storia (Braudel polemizzava qui con Jean Paul Sartre
che elogiava levento e gli dava unimportanza esclusiva). La storia lo
studio della dialettica fra i tempi diversi, il che permette non solo di
arricchire enormemente la disciplina stessa, ma le attribuisce anche un
posto molto importante nellambito delle scienze sociali, poich fornisce
una sorta di metodologia comune
oc
.
Dialettica della durata, tempi differenti, molteplicit del tempo: da
dove vengono questi concetti usati con disinvoltura da Braudel? Non cer-
to da Bergson, il cui nome non viene mai fatto. Ma coloro che conoscono
lopera di Gaston Bachelard non tarderanno a riconoscerne la provenien-
za, e aggiungerebbero alla lista i diversi ritmi del tempo, il pluralismo
temporale, il tempo a pi dimensioni e il tempo vibrato
o:
. Visto
che in Francia lepistemologia bachelardiana dominava i dibattiti sulla
scienza negli anni Cinquanta e Sessanta, si sarebbe tentati di avvicinare
Braudel e Bachelard proprio su questo problema della molteplicit dei
ritmi del tempo e dei loro rapporti dialettici. Bachelard vi aveva daltronde
dedicato un libro intero nel :,,o, Dialectique de la dure, che Braudel
conosce e cita. Ma questo libro una polemica esplicita e costante contro
la concezione bergsoniana del tempo, contro la sua concezione monista
della durata. Quindi, siccome Braudel cita la Dialectique de la dure e
ne riprende la formula nel titolo dellarticolo per denire la storia, tutto
lascerebbe pensare che ne sposi le tesi contro Bergson.
Invece non cos, perch Braudel temendo probabilmente questo
accostamento cita il libro di Bachelard proprio per prenderne subito
le distanze. Ovviamente non lo fa per accordare simpatia alle tesi ber-
gsoniane (ripetiamolo: il fatto di non menzionarne mai il nome non va
trascurato), e da buono storico non gli interessa certo entrare in una
polemica losoca. Il suo scopo ben altro e riguarda una questione di
metodo, epistemologica, nellambito delle scienze umane.
Braudel assimila in effetti la teoria bachelardiana della durata alle
ricerche dei sociologi, che disprezzano la dimensione temporale astraen-
dola e non dandole tutta limportanza che le spetta, riducendola a un
tempo sociale interno alle realt sociali studiate e che il sociologo pu
ritagliare, chiudere o rimettere in movimento a piacere. Il tempo della
storia non pu essere cos: non permette mai di immaginare la vita come
un meccanismo di cui si possa arrestare il movimento per presentarne a
piacimento unimmagine immobile
o:
. Non qui il luogo di discutere
la lettura che Braudel fa dellopera di Bachelard, sicuramente troppo
riduttiva. La sua presa di posizione permette per di capire come Braudel
pensi il tempo della storia e quale sia la sua idea del tempo in generale.
Alla luce di quanto si detto sopra, facile notare che la critica contro il
tempo dei sociologi andava nello stesso senso della critica di Bergson
::
ENRICO CASTELLI GATTINARA
contro il tempo spazializzato. Signica forse che il pensiero di Bergson
agisce surrettiziamente nellepistemologia soggiacente alle idee dello
storico? Chiss se una discussione chiara di alcuni concetti bergsoniani
sulla temporalit avrebbe potuto rendere pi coerente largomentazione
tutta teorica che Braudel ha condotto nel suo articolo, e i cui presuppo-
sti sono senza dubbio epistemologici. Si vedr in che ambito lo storico
concepisse le diverse durate della storia, e in che modo ci confermi la
compatibilit fra certi aspetti del pensiero bergsoniano e la posizione
degli storici; ma una cosa certa: la critica a Bachelard viene fatta da
Braudel sulla base di una losoa implicita che ricorda da vicino alcuni
aspetti del bergsonismo.
Se vero che Braudel si appropria della formula tutta bachelardiana di
dialettica della durata
o,
, non ne accoglie lidea di fondo, vale a dire che
la durata sia discontinua, discreta, istantanea e intrinsecamente plurale.
Bachelard infatti, per rompere la continuit bergsoniana, concepiva il
tempo come una gerarchia distanti, di azioni istantanee, singolari, che
si possono frazionare sbriciolando la loro temporalit in funzione della
loro descrizione e della loro analisi rigorosa
o
. Braudel difende invece
una concezione pi continuista e unitaria della durata. Ma perch cita
questo libro che polemizza con Bergson e ne prende le distanze? Non
nasconde cos un implicito accordo con le idee di Bergson?
Certo, nel :,, citare Sartre e Bachelard signicava prendere posizione
di fronte alle correnti dominanti della losoa francese. Ma il riferimento
al testo bachelardiano e il titolo dellarticolo hanno anche un altro scopo:
liscrizione del tempo eterogeneo e della molteplicit delle durate in una
concezione continuista del tempo unico della storia. La lotta di Braudel
infatti contro la storia evenemenziale, o almeno contro la sua egemonia;
ecco perch non pu sposare le molteplicit numerabili e istantanee di
Bachelard (in quanto avrebbero comportato il rischio dimporre una
nuova egemonia dellistante, e quindi del tempo corto dellevento).
Ogni discontinuit tenderebbe allevenemenziale e si tradurrebbe in una
sottrazione di senso alla storia.
Lungi dallessere frammentario, frazionato e fondamentalmente
numerizzabile, il tempo della storia ha un senso perch uniforme e
continuo.
Ci che appassiona uno storico, lincrocio di questi movimenti [i cicli economici,
per esempio, N.d.R.], la loro interazione e i loro punti di rottura: tutte cose che si
possono registrare solo ricorrendo al tempo uniforme degli storici, misura generale
di tutti questi fenomeni, e non al tempo sociale multiforme, misura particolare di
ciascuno di questi fenomeni
o,
.
nellambito unitario di questo tempo uniforme che i tempi multiformi
::,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
e particolari in cui la storia pu scomporsi hanno un senso e trovano una
solidariet. Braudel teme in effetti la dispersione, la perdita di senso, la
sua diluizione nel particolare (lo stesso timore di Bergson di fronte alla
teoria della relativit). Egli passa per lo storico che ha inventato la storia
globale, una storia capace di mettere insieme le articolazioni diverse
dei tempi e dei fenomeni sociali. Non essendo losofo, non si preoccupa
che il suo discorso sia sempre rigoroso, e spesso difcile capire, al di
l del suo intento polemico, in che senso parli sia della molteplicit del
tempo, sia del tempo uniforme.
Non c tuttavia contraddizione. Quando tematizza una storia globale,
questo non implica la riduzione del molteplice alluno, ma la sintesi delle
variazioni reali e dei punti di vista a partire dai quali si possono studiare
i fenomeni. Per me la storia la somma di tutte le storie possibili una
collezione di mestieri e di punti di vista di ieri, di oggi e di domani
oo
.
Sarebbe quindi un errore scegliere una di queste storie ad esclusione
delle altre per denire ci che sarebbe propriamente la storia. Da questo
punto di vista, la storia occupa un posto importante nellinsieme delle
scienze sociali: essendo una scienza globale e riguardando ogni aspet-
to del sociale, la storia, nella misura in cui tutte le scienze delluomo
nellimmenso dominio del passato, sintesi, orchestra
o;
.
Unidea simile della storia Braudel la trae dai suoi predecessori pi
o meno diretti, i pi importanti dei quali furono Febvre e Berr che die-
dero alla questione della sintesi tutto il suo rilievo. Per Braudel questa
sintesi possibile grazie al lavoro dialettico compiuto dagli storici. Ma
questa dialettica sarebbe secondo lui priva di senso se non fosse fondata
sullunit del tempo.
Cosciente del fatto che la questione del tempo affare dei loso,
Braudel sente il bisogno di spiegare che il tempo cui si riferisce non
quello interiore di cui parlano questi
o
, ma il tempo concreto universa-
le, il tempo imperioso del mondo, tempo che insieme matematico
e demiurgo. matematico nel senso che sempre misurabile, anche se
questa misura non mai in ultima istanza certa o denitiva, contraria-
mente a quanto il termine matematica suggerirebbe. Anche a questo
proposito, Braudel tocca un problema epistemologico senza aggiungere
altro, problema che per ricco di conseguenze e di presupposti. Apre
inoltre una questione losoca importante di cui si parlato sopra, quan-
do si appropria della nozione di tempo concreto e universale, poich
ci cui Bergson teneva pi che a ogni altra cosa era il carattere concreto
della dimensione della durata (carattere che diventava cos luniversale
di questa dimensione). Ma lo storico, che scienziato del suo tempo,
sa bene che il divieto del losofo non regge pi e che il tempo-durata
anche lui misurabile, anche se con altri mezzi rispetto a quelli che il
::c
ENRICO CASTELLI GATTINARA
losofo conosceva. Sa bene che le matematiche non sono tutte riducibili
alla spazialit. Sa che nessuna misura pu pretendere una precisione
assoluta, e che lindeterminazione sempre in agguato. Il tempo con-
creto e universale della storia, malgrado la sua uniformit, una realt
complessa il cui usso non riducibile n a una pura istanza metasica,
n a un semplice numero.
che in storia si pu sempre misurare il tempo in molti modi, concen-
trando lattenzione sulla sua scansione corta, media o lunga (ma la triadicit
di questa suddivisione solo di comodo, come lui stesso riconoscer). La
velocit e il ritmo del tempo ne dipendono, tanto nella realt (Bergson di-
ceva: stando alla mia percezione il tempo passa lentamente o velocemente
a seconda delle situazioni) che nella ricerca (per Braudel lo storico sceglie
di concentrarsi o sul tempo rapido dellevento, o su quello lentissimo della
lunga durata ecc.). La storia devessere multipla come la realt che studia,
deve differenziarsi su molti piani, disposti su livelli diversi:
La storia si situa su piani differenti, direi volentieri su tre piani, ma solo un
modo di dire, intendendo invece molti. Sono dieci, cento piani che occorrerebbe
mettere in questione, dieci, cento durate diverse
o,
.
Ogni storia corrisponde a un punto di vista, a una sezione del reale.
questa la condizione di ogni misurabilit storica. Ogni punto di vista, ogni
livello stabilisce una differenziazione nel tempo. E in effetti misurare
possibile solo l dove c una differenza, ogni misurazione essendo una
messa in rapporto, un confronto (sarebbe insensato misurare cose per-
fettamente uguali). La scienza storica sarebbe allora la misura dei tempi
umani, al plurale.
Larticolazione del tempo storico su pi livelli questo uno degli
apporti metodologici pi importanti e innovativi che Braudel porta alla
storiograa non implica per una messa in causa della sua uniformit
e non conduce alla concezione pluralista di Bachelard. difcile per
seguire il ragionamento dello storico a questo proposito, perch non si
capisce bene come concilii i caratteri delluniformit, della concretezza e
della molteplicit delle durate. La losoa di Bergson li aveva conciliati,
ma pagando il prezzo di un dualismo che escludeva ogni possibilit di
misura nel dominio del tempo concreto. Braudel sembra perseguire un
obiettivo analogo a quello del pensiero bergsoniano e cercare di applicarlo
alla storia come disciplina per caratterizzarla di fronte alle altre scienze
sociali, ma non ammetterebbe mai il dualismo. Il tempo, in questa pro-
spettiva, resta unitario, ma si articola secondo i ritmi e le misure possibili
di unattenzione che sa ormai concentrarsi tanto sullevento, sul tempo
breve dellindividuale e del biograco, che sul tempo medio delle con-
giunture e su quello lungo delle strutture.
:::
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
Lo storico sinteressa allintersezione dei ritmi e dei movimenti parti-
colari del mondo sociale, ma registra tutti i fatti rispetto a un tempo uni-
forme che sarebbe quello della pura durata bergsoniana. Non si potrebbe
spiegare altrimenti il modo secondo cui Braudel articola la molteplicit
delle durate nel quadro unitario di un tempo globale, grazie al quale la
storia si differenzia dalle altre scienze umane le quali, in linea di principio,
possono fare astrazione del tempo. La polemica contro la sociologia viene
condotta su questo terreno, e ci che caratterizza la storia in quanto tale
la necessit concreta del tempo che passa, del tempo-movimento-cam-
biamento cui lo storico non pu mai sottrarsi. Ne deriva naturalmente ci
che lo storico chiama in generale la necessit concreta della storia
;c
, che
da un punto di vista losoco corrisponde alluniverso della durata, per
come Bergson lo presenta quando rimprovera alle scienze dellintelletto
di limitarsi alla sola dimensione dellestensione e di tradurre il usso del
tempo concreto nei punti ssi che lo misurano.
Lepistemologia di Braudel non evidente, ma si percepisce chia-
ramente che ve n una e che il suo scopo quello di restituire dignit
alla storia in unepoca in cui la nozione di struttura sembra averla messa
in discussione. Eppure, sebbene avesse potuto appropriarsi della con-
cezione bachelardiana di una temporalit discreta, discontinuamente
multidimensionale, ritmica e vibrata (e quindi del tutto matematizzabile),
sceglie unaltra concezione del tempo, pi coerente, pi sintetica e de-
cisamente pi vicina allesperienza comune. Si tratta di una temporalit
che si avvicina pi al vissuto, e non rischia di diventare controintuitiva e
multiforme, mentre il tempo di Bachelard non pu mai diventare onto-
logicamente unitario, e resta essenzialmente dialettico a causa della sua
dualit fondamentale (in quanto, pur essendo continuo sul piano della
possibilit, discontinuo sul piano dellessere
;:
).
La temporalit bachelardiana agli occhi di Braudel coerente col
tempo di sociologi alla Georges Gurvitch, che distingue temporalit
multiple: il tempo di lunga durata e al rallentatore, il tempo illusorio o
a sorpresa, il tempo dal battito irregolare, il tempo ciclico o della danza
sul posto, il tempo in ritardo su se stesso, il tempo esplosivo. Questo
tempo camaleonte non in realt che un adattamento delle categorie
anteriormente distinte, e la proliferazione di questa molteplicit non
che lapplicazione di una temporalit particolare ad ogni realt sociale:
Ogni realt sociale secerne il suo tempo o le sue scale temporali, come il guscio
di semplici conchiglie. Ma [] limmensa architettura di questa citt ideale re-
sta immobile; la storia assente. Vi si trova bens il tempo del mondo, il tempo
storico, ma come il vento da Eolo chiuso in un otre.
Parcellizzato e particolarizzato, il tempo dei sociologi perde la sua dura-
:::
ENRICO CASTELLI GATTINARA
ta e lo storico, in questa vasta gamma di colori, perde la possibilit di
ricostituire la luce bianca, unitaria, che gli indispensabile
;:
: perde la
globalit e la dimensione di usso continuo per i quali il mondo (e la terra)
non hanno mai dei momenti darresto nel loro movimento di rivoluzione
e di rotazione, e dove il ciclo delle stagioni si alterna incessantemente col
lavoro umano che laccompagna n dal neolitico.
Il piano dellessere non allora discontinuo perch nel suo essere
concreto dipende dal tempo del mondo, imperioso perch irreversibi-
le
;,
. Dipende anche da una concezione della durata che non perde la
sua uidit continua pur articolandosi in ritmi differenti. La molteplicit
delle durate, che in Braudel ricorda da vicino la concezione bergsoniana
del tempo (dove si parlava di unit multipla della durata), ha senso
se il movimento del tempo non si riduce a una semplice produzione
di realt locali, ma se riconosciuto come unistanza universale, come
una dimensione superiore. Traducendo la concezione bergsoniana della
durata nel linguaggio degli storici (forse inconsapevolmente), Braudel la
spiega in questo modo:
Di fatto, le durate che noi distinguiamo sono solidali le une con le altre: non
tanto la durata che una creazione del nostro spirito, ma il frazionamento di
questa durata. Ora, questi frammenti si ricompongono alla ne del nostro lavoro.
Lunga durata, congiuntura, evento si connettono senza difcolt, dal momento
che tutti si misurano in base alla stessa scala. Allo stesso modo, partecipare
spiritualmente ad uno di questi tempi, vuol dire partecipare a tutti []. Per lo
storico, tutto comincia e tutto nisce col tempo [], un tempo come esterno
agli uomini, esogeno [], che li spinge, li costringe, trascina via i loro tempi
particolari: insomma, il tempo imperioso del mondo
;
.
Braudel parla da storico, non da metasico, eppure il suo discorso ricorda
Bergson. Lo ricorda senza identicarvisi: contrariamente alla visione del
losofo, il tempo uniforme della storia, questo tempo cui si possono rap-
portare le sue diverse articolazioni, una durata esogena. Si notato
che Braudel la deniva anche la misura generale di tutti i fenomeni,
il che incompatibile con la concezione bergsoniana. Eppure il quadro
generale non ne viene modicato. Il tempo concreto e universale, la
correlazione fra passato e presente, la molteplicit delle durate che non
si frammenta in serie discontinue sono altrettanti punti in cui il discorso
dello storico incrocia quello del losofo. Da losofo, Bergson ha voluto
dare al tempo la sua potenza concreta e indicare con ci il vero senso
della vita, che il suo slancio, il suo sforzo continuo di creazione. Brau-
del, da storico, ha cercato di fare altrettanto, senza preoccuparsi di una
nozione di tempo insieme concreto e universale. Ma questi due caratteri
corrispondono anche ai due assi che per Bergson costituiscono ogni
::,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
misto, verticalit e orizzontalit, passato e presente, virtualit e attualit,
memoria e percezione.
Ecco lo sfondo losoco su cui poggia largomentazione di Braudel
quando, riprendendo le tesi di Bloch e Febvre, sostiene che presente e
passato si rischiarano di luce reciproca
;,
. Limpalcatura epistemologica
che alla base di questa affermazione radicalmente diversa da quella
che spingeva Fustel de Coulanges a fare della storia una scienza. La storia
lo diventata, nel frattempo. Coloro che hanno contribuito a costruirla
o trasformarla, secondo concezioni e pratiche diverse, si sono sempre
riferiti in un modo o nellaltro a una losoa e a unepistemologia che
sarebbe importante individuare. quanto si cercato di fare qui rispetto
ad alcune riessioni metodologiche di Braudel, mettendole a confronto
con un aspetto del pensiero di Bergson letto in maniera diversa da come
la critica abitualmente lha spesso considerato.
Note
:. Si tratta di quegli strumenti mentali che permettono o meno a una cultura o a un
individuo storico di pensare certe cose o di porsi certi problemi. Febvre ne tratta esplici-
tamente in un lungo saggio del primo tomo dellEncyclopdie franaise (:,,,) da lui diretta,
e vi torna nel suo libro su Rabelais; L. Febvre, Le Problme de lincroyance au XVI
me
sicle.
La religion de Rabelais, A. Michel, Paris :,:.
:. Il pi importante strumento di questo genere stato per secoli il libro, di cui
facile distinguere gli aspetti mentali da quelli materiali, che pure restano in stretto rapporto
fra loro. C tuttavia una gran quantit di altri oggetti per i quali la distinzione fra i due
aspetti non cos semplice, e che proprio per questo hanno uno spettro di tendenze molto
ampio (usi, interpretazioni, riessioni) il quale gli permette di rimanere aperti nella
successione o nella differenza delle epoche e dei contesti storici (la saliera di B. Cellini ne
un esempio eminente).
,. M. Cedronio, Prolo delle Annales attraverso le pagine delle Annales, in M.
Cedronio, F. Diaz, C. Russo, M. Del Treppio, Storiograa francese di ieri e di oggi, Guida,
Napoli :,;;.
. Il riferimento non solamente alle opere ormai classiche di I. Prigogine, R. Thom,
H. Atlan sul versante scientico, e a G. Bateson, E. Morin, M. Serres su quello losoco,
ma anche a lavori collettivi recenti come quelli curati da J. M. Berthelot, Epistmologie
des sciences humaines, PUF, Paris :cc, o J. C. Passeron, J. Revel, Penser par cas, dition
de lEHESS, Paris :cc,.
,. J.-M. Lvy-Leblond, Au contraire, Gallimard, Paris :,,o, p. :.
o. E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una losoa fenomenologica, tr.
it. Einaudi, Torino :,;,, t. I, capp. ,-:c e t. III.
;. Per fare solo qualche riferimento ai diversi modelli epistemologici possibili a questo
riguardo, basti pensare ai testi cos diversi fra loro di R. Aron, R. Collingwood, P. Veyne,
W. Dray, H. White, M. Foucault, M. De Certeau ecc.
. Mi si permetta di rimandare al settimo capitolo di E. Castelli Gattinara, Les in-
quitudes de la raison, Vrin, Paris :,,.
,. I. Prigogine, I. Stengers, La nuova alleanza, tr. it. Einaudi, Torino :,,; G. Deleuze,
Il bergsonismo e altri saggi, tr. it. Einaudi, Torino :cc:; A. Philonenko, Bergson, Cerf, Paris
:,,; H. Hude, Bergson, d. Universitaires, Paris :,,c; Ph. Soulez, F. Worms, Bergson,
PUF, Paris :cc:.
::
ENRICO CASTELLI GATTINARA
:c. P. Soulez, Bergson politique, PUF, Paris :,,; F. Worms, Introduction Matire et
mmoire, Flammarion, Paris :,,.
::. G. Deleuze, La conception de la diffrence chez Bergson, in Les tudes bergso-
niennes, IV, Paris :,,o.
::. I riferimenti alle pagine si riferiscono alle edizioni francesi, dalle quale si traduce
direttamente; H. Bergson, Essai sur les donnes immdiates de la conscience, PUF, Paris
:,:;; Id., Matire et mmoire, PUF, Paris :,,,; Id., La pense et le mouvant, PUF, Paris :,,;
Id., Les deux sources de la morale et de la religion, PUF, Paris :,,:; Id., Lvolution cratrice,
PUF, Paris :,c;. Sono comunque disponibili le traduzioni italiane dei testi di Bergson, in
particolare: Saggio sui dati immediati della coscienza, tr. it. R. Cortina, Milano :cc: (DI);
Materia e memoria, tr. it. Laterza, Roma-Bari :cc (MM); Levoluzione creatrice, tr. it. R.
Cortina, Milano :cc: (EC); Le due fonti della morale e della religione, tr. it. Studi Editoriali,
Milano :cco (DFMR); Pensiero e movimento, tr. it. Bompiani, Milano :ccc (PM).
:,. PM, cit., p. :.
:. Ivi, p. ,.
:,. Ivi, pp. ,-o; EC, cap. I.
:o. M. Bloch, Apologia per la storia, tr. it. Einaudi, Torino :,, e L. Febvre, Problemi
di metodo storico, tr. it. Einaudi, Torino :,,:.
:;. PM, cit., p. o.
:. Ivi, p. ;.
:,. Ivi, p. ,.
:c. Ivi, pp. :-, (corsivo mio).
::. DI, cit., p. ;,.
::. EC, cit., pp. ::-:.
:,. DI, cit., p. ;.
:. Ivi, p. ;,.
:,. PM, cit., p. :-,.
:o. DI, cit., pp. ;:, :.
:;. In DI Bergson la considerava una realt che apparteneva soltanto alla nostra co-
scienza, ma in seguito riconobbe che la durata era anche esteriore alla nostra coscienza,
nella vita.
:. Gilles Deleuze aveva attirato lattenzione sullimportanza della differenza nella
losoa bergsoniana gi da un suo articolo del :,,o, La conception de la diffrence chez
Bergson, cit.
:,. PM, cit., p. :c:.
,c. MM, cit., pp. o,-o.
,:. Ivi, p. o;.
,:. Ivi, p. :.
,,. EC, cit., p. ::.
,. Ibid., (corsivo mio).
,,. Ivi, p. :: (corsivo mio).
,o. Ivi, p. :, (corsivo mio).
,;. H. Bergson, Lnergie spirituelle, PUF, Paris :,:, (:,), pp. ::c-,: e MM, cit., pp.
,o-.
,. Mi si permetta di rimandare, su questo, al mio Castelli Gattinara, Les inquitudes
de la raison, cit.
,,. S. Kracauer, Prima delle cose ultime, tr. it. Marietti, Casale Monferrato :,,, pp.
o, ss.
c. Persino Soulez, nel suo Bergson politique, cit., pensa di poter individuare in
Bergson una losoa della storia.
:. EC, cit., p. o (corsivo mio).
:. MM, cit., p. ,,.
,. E. Abbott, Flatlandia, (::) tr. it. Adelphi, Milano :,,: il personaggio che vive
::,
IL TEMPO E LA MEMORIA IN BERGSON
in un mondo a due dimensioni fa lesperienza della terza dimensione, ma provando a
renderne conto ai suoi compatrioti, non pu che utilizzare dei termini che spiegano un
mondo concepito solo a due dimensioni. Ne nascono una serie di malintesi coi quali lo
scrittore inglese mostra quanto il linguaggio e i concetti che utilizziamo siano determinati
dalle nostre abitudini e dai nostri limiti.
. G. Deleuze, Le bergsonisme, PUF, Paris :,oo, p. o.
,. MM, cit., p. :,.
o. H. Bergson, Dure et simultanit: propos de la thorie dEinstein, F. Alcan,
Paris :,:: (DS), p. ,.
;. Ibid.
. MM, cit., pp. ::, ::,.
,. Ivi, p. :,:.
,c. H. Bergson, Mlanges, PUF, Paris :,;:, p. ,:o (corsivo mio).
,:. MM, cit., p. :,:.
,:. J. Revel (a cura di), Giochi di scala. La microstoria alla prova dellesperienza, tr.
it. Viella, Roma :cco.
,,. MM, cit., p. :,.
,. Per un confronto pi serrato fra Bergson e gli storici negli anni Trenta, mi permetto
di rinviare al mio E. Castelli Gattinara, Bergson e gli storici agli albori delle Annales, in
Dimensioni e problemi della ricerca storica, :, :ccc, pp. ;-;.
,,. F. Braudel, La longue dure, in Annales ESC, , :,,,, pp. ;:,-,,, ora in F. Braudel,
crits sur lhistoire, Flammarion, Paris :,, (tr. it. Scritti sulla storia, Mondadori, Milano
:,;, e ripreso in F. Braudel, La storia e le altre scienze sociali, Laterza, Roma-Bari :,:).
,o. Ivi, p. ,.
,;. Ivi, pp. ,, o:.
,. Ivi, p. ,.
,,. Ivi, p. .
oc. Ivi, pp. ,, ,.
o:. G. Bachelard, Dialectique de la dure, PUF, Paris :,,o, pp. ,c, ,:, :,:.
o:. Braudel, La longue dure, cit., p. ;;.
o,. Anche il termine dialettica era allepoca alla moda, soprattutto grazie alluso che
ne facevano tanto Sartre, quanto Louis Althusser nel loro diverso confronto col pensiero
marxista, e in ultima istanza con Hegel.
o. Bachelard, Dialectique de la dure, cit., pp. :;-,.
o,. Braudel, La longue dure, cit., pp. ;;- (corsivo mio).
oo. Ivi, p. ,,.
o;. Ivi, p. :co. Questa anche lidea centrale che dirige i grandi lavori di Braudel,
da Il mediterraneo allIdentit della Francia, passando per Civilt materiale, economia e
capitalismo.
o. Il losofo, attento allaspetto soggettivo, interiore della nozione del tempo, non
sente mai il peso del tempo della storia: a chi sta pensando Braudel?, ivi, p. ;o.
o,. Ivi, p. :::.
;c. Ivi, p. ::c.
;:. Bachelard, Dialectique de la dure, cit., p. :,.
;:. Braudel, La longue dure, cit., pp. ;-,.
;,. Ivi, p. ;o.
;. Ivi, pp. ;o-;.
;,. Ivi, p. ,,.

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