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IL SILENZIO DELL’UOMO

Sceneggiatura di Davide Gatti


Soggetto di Davide Gatti e Giacomo Frittelli
Progetto a cura di Giacomo Frittelli, Davide Gatti e Jirawan Kwanpech

dicembre 2008
terza stesura
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SCENA 1 – EST. PIANA DI CASTELLUCCIO – GIORNO

La scena si apre in una sconfinata distesa deserta coperta di neve. Promontori


sinuosi circondano il vuoto della piana. Il cielo è nascosto da nuvole.
Un vecchio furgone Volkswagen anni ’80 blu sta percorrendo l’unica strada a
vista d’occhio e, seguendo il percorso rettilineo, procede lentamente.
Il furgone accosta in un punto imprecisato sul ciglio della strada.
Dal lato del guidatore esce CAROS, un uomo sulla sessantina. Ha lunghi capelli
grigi e il volto impassibile segnato dal tempo; indossa un logoro giaccone
invernale di pelle marrone, pantaloni pesanti e scarponi da neve. Porta sulle
spalle un grosso zaino. Fa una breve pausa.

Cammina intorno al furgone fino ad arrivare alla portiera del passeggero. Dopo
averla aperta, estrae a fatica il corpo inerte di un UOMO di mezza età che
indossa vestiti eleganti ed è apparentemente morto.
CAROS trascina l’UOMO per qualche metro e lo corica supino sulla prima
sterpaglia al limite dell’asfalto.

Riprende fiato.

Ritorna al furgone ed estrae il corpo di una BAMBINA di circa dieci anni. Anche
lei è vestita in modo elegante, sebbene più protetto. Tenendola saldamente in
braccio si allontana dalla strada.

Marcia fino a quando della macchina non rimane che un punto lontano.
Si inginocchia e, da dietro, predispone con cura il corpo sul lato sinistro in
posizione quasi fetale, come se dormisse.

Rimane impassibile a contemplarla per un istante. Si sfila lo zaino dalla


schiena e lo mette a terra. Dal suo interno prende un cuscino candido di media
grandezza. Solleva la testa della BAMBINA e vi posiziona con cura il cuscino
sotto.

Si alza e cammina per qualche metro, lentamente. Il suo volto lascia trasparire
una smorfia di dolore. Tiene lo sguardo fisso verso un punto dinanzi a lui.
Si ferma.

Ai suoi piedi è posto un altro corpo. Si tratta di una DONNA di mezza età.
Anch’ella è coricata in posizione quasi fetale rivolta verso CAROS. I suoi
vestiti sono eleganti ma logorati dal tempo. Il cuscino sopra il quale poggia la
sua testa è ricoperto di macchie e polvere.
CAROS ha gli occhi lucidi e trattiene a fatica singhiozzi di pianto.
Fissando il volto di lei, si inginocchia lentamente.
Le si sdraia accanto.

Stacco.

SCENA 2 – INT. STANZA INTERROGATORIO – GIORNO

La scena si apre in un piccolo stanzino, con le mura spoglie. Al centro è posto


un tavolo allestito a scrivania, qualche carta qua e là. Da una parte del tavolo
è seduto PRIMO, cinquant’anni, fisico asciutto, barba lievemente incolta,
capelli corti. E’ vestito con una tuta nera un po’ larga, simile ad un’uniforme.
Alla sua destra è in piedi SECONDO, quarant’anni, anche lui fisico asciutto,
barba lievemente incolta; i capelli arrivano a coprirgli le orecchie. Indossa
una tuta identica a PRIMO. Entrambi hanno agganciato a sinistra sul petto un
piccolo apparecchio nero di forma quadrata (vocalizzatore). Aspettano.

La porta nella parete di fronte a loro si apre e si affaccia MOUNIN, indugia un


poco e poi entra. E’ vestito con una tuta grigia simile a quelle di PRIMO e
SECONDO e indossa anch’egli un vocalizzatore sul petto.

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MOUNIN si corica sulla sedia di fronte a PRIMO dall’altra parte del tavolo. Li
osserva con aria assorta.

PRIMO sfiora con due dita il proprio vocalizzatore e questo emette una voce che
parla per lui.

Vocalizzatore PRIMO
Signor Mounin. Se è pronto, cominciamo.

MOUNIN annuisce. PRIMO sfoglia delle carte sul tavolo. Sfiora nuovamente il
vocalizzatore.

Vocalizzatore PRIMO
Lei è indagato per abbandono e conseguente uccisione.

SECONDO lo osserva immobile. PRIMO sfiora nuovamente il vocalizzatore.

Vocalizzatore PRIMO
Inoltre, ci sono diversi testimoni che affermano di averla sentita
parlare durante lo svolgimento delle sue mansioni.

(pausa, poi PRIMO sfiora nuovamente il vocalizzatore)

Ora, noi ci chiediamo se la cosa sia in qualche modo collegata.

(pausa, poi PRIMO sfiora ancora il vocalizzatore)

Cos’ha da dire?

MOUNIN fa per sfiorare il proprio vocalizzatore, ma SECONDO gli si avvicina di


scatto e glielo strappa di dosso.
MOUNIN si ritrae impaurito. PRIMO sfiora il vocalizzatore.

Vocalizzatore PRIMO
Non crediamo che fingere sia costruttivo. Avanti, parli.

Stacco.

SCENA 3 – EST. CORTILE MAGAZZINO CHANDRA – ALBA

La luce invernale è ancora tenue. MARCEL sta camminando rannicchiato nel suo
lungo cappotto; attraversa un prato disadorno circondato da edifici industriali
logorati dal tempo.
Si ferma presso un enorme portone di ferro scrostato e si approssima davanti ad
un piccolo cilindro bianco posto ad altezza del suo viso.
Aspetta.
Il portone scorre per lasciare un varco di circa mezzo metro dal quale si
affaccia CHANDRA, capelli lunghi castani, indossa un maglione grigio scuro largo
ed avvolgente e dei pantaloni aderenti neri.
MARCEL attende un istante.

MARCEL
Sono venuto per… dicono che lei paga per la voce.

CHANDRA gli sorride cordialmente e si scosta per farlo entrare.

CHANDRA
Prego.

MARCEL entra con passo indeciso.

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Stacco.

SCENA 4 – INT. MAGAZZINO STUDIO CHANDRA – ALBA

MARCEL entra nell’ampio magazzino dismesso. In una parte sono concentrate


diverse attrezzature tecnologiche. Al centro: una poltrona circondata da tre
pali neri dal design futuristico, a terra dei neon accesi. A lato: un letto, un
tavolo e delle attrezzature. Dalle vetrate in alto filtra luce non sufficiente a
rendere l’ambiente illuminato a giorno.
Dietro di lui CHANDRA fa scorrere il portone di ferro fino a chiudere la fessura
luminosa.
Il rombo del ferro perdura per qualche istante all’interno del magazzino.

CHANDRA lo supera sorridendo. Gli indica la sedia centrale.


MARCEL avanza a piccoli passi, poi si siede. CHANDRA rimane in piedi alla sua
sinistra.

CHANDRA (studiandolo)
Ora mi serve che spalanchi la bocca. (pausa)
Come si chiama?

MARCEL (guardandola)
Marcel…

MARCEL la osserva in attesa.

CHANDRA
Io Chandra.

MARCEL smette di guardarla e apre la bocca incerto fino a spalancarla al


massimo.
CHANDRA arretra di qualche passo. MARCEL cerca di guardarla rimanendo però
immobile con i muscoli facciali tesi.

CHANDRA
Se è pronto, provi ad emettere un suono, il più a lungo possibile.

MARCEL esegue.

Di scatto CHANDRA attiva i pali con un gesto delle braccia.

Questi cominciano ad emettere una frequenza acuta che si somma alla voce
di lui.

MARCEL continua.

CHANDRA lo fissa impassibile e con un ulteriore gesto incrementa la potenza dei


pali. La frequenza emessa aumenta d’intensità.

MARCEL ha una smorfia di dolore e di sforzo.

Il verso che emette inizia ad essere spinto e sofferto.

Stacco.

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