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CONSIGLIO REGIONALE DELLE SEZIONI DELLA CAMPANIA

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Italia Nostra ha seguito e segue con grande preoccupazione le vicende relative ai


rifiuti in Campania e all’assenza da oltre 15 anni di ogni condivisibile piano
d’intervento per avviare un legale ciclo integrato dei rifiuti sul territorio regionale. I
recenti risultati delle indagini della magistratura dimostrano come fossero fondati i
sospetti di colpevoli irregolarità a vari livelli da parte di amministrazioni locali e
strutture commissariali specificamente dedicate.
L’attuale gravissima situazione, ben lontana da una definitiva soluzione, è
determinata da un lato dall’assenza di raccolta differenziata porta a porta, in
particolare per la frazione organica, in gran parte del territorio e soprattutto nelle città
capoluogo; dall’altro dal pessimo funzionamento degli impianti di CDR.
Relativamente al primo punto, nulla è stato avviato dai commissari che si sono
succeduti (con i loro gruppi di esperti e il considerevole flusso finanziario), a dispetto
di tutte le norme vigenti dal 1995. L’impegno commissariale (e del governo) ancora
oggi si esprime nella individuazione di sversatoi capienti in cui raccogliere tutto il
“tal quale” regionale, in attesa della “soluzione finale” degli inceneritori in cui
bruciare tutto. Non viene inoltre sufficientemente valorizzato l’impegno dei comuni
“virtuosi” che con sacrificio ed ottimi risultati hanno con la differenziata e la raccolta
“porta a porta” superato nel loro territorio il problema, ma si trovano pesantemente
coinvolti nell’infernale gioco di megadiscariche inquinanti e pericolose e
nell’incessante movimento di tir carichi di materiali spesso non controllati. Le
dichiarazioni di commissari che si intrecciano e si specchiano tra loro annunciano il
superamento dell’ “emergenza” fra anni (a “termovalorizzatori” funzionanti e
milioni di tonnellate di rifiuti “tal quale” sversati in discariche individuate “con
urgenza”).
Quanto al secondo punto, le responsabilità di FIBE e di IMPREGILO, più volte
denunciate e dimostrate, vengono rovesciate in nuovi affidamenti di incarichi.
Risulta evidente che l’impegno profuso a non risolvere il problema secondo le
collaudate norme che rinviano a “riduzione, riuso, riciclo” dei materiali di scarto e a
non progettare o a non far attivare impianti di trattamento meccanico biologico è
funzionale a spingere “d’autorità” l’affare termovalorizzatori, appetibile perché
garantito da pubblici incentivi.
Eppure la letteratura scientifica, e anche i documenti prodotti in merito
dall’associazione, dimostrano che i bruciatori sono dannosi: non “chiudono”, come si
sostiene, il ciclo integrato dei rifiuti, perché trasformano il materiale bruciato in
ceneri inquinanti e pericolose da collocare in discariche speciali ed emettono
particelle volatili (non completamente identificate ed identificabili) che si disperdono
in un’area molto vasta (e variabile con l’andamento del vento) producendo danni
gravissimi alla salute.
È per questo che, ancora una volta, Italia Nostra, pur nella convinzione della
necessità dell’intervento urgente dell’esercito per la risoluzione di problemi di salute
pubblica, invita al rispetto della legalità.
Abbiamo in Italia una Costituzione e un corpo di leggi ordinarie che
inequivocabilmente tutelano la salute dei cittadini e il paesaggio. Tutti gli interventi
che invocano in modo pretestuoso situazioni di eccezionalità per vanificare il dettato
costituzionale e le leggi democratiche sono a nostro avviso da contrastare.
La dichiarazione di “stato di eccezione” sospende lo stato di diritto, l’ordinamento
giuridico, i principi costituzionali, la dichiarazione dei diritti dell’uomo, la
convenzione europea dei diritti.
Invocando la “necessità” si ipotizza la militarizzazione delle decisioni, viene sospeso
l’esercizio della norma (e non per pochi giorni ma per anni) oggi sui rifiuti in
Campania, come sull’immigrazione; ma il modello è replicabile per altre
“emergenze” e in ogni luogo. Anche per questo è inaccettabile e va con fermezza
respinto.
L’uscita dall’emergenza rifiuti è strettamente legata al recupero ed al rispetto, da un
lato, del principio di legalità e, dall’altro, della partecipazione e condivisione delle
scelte pubbliche.
E’ infatti evidente che il venir meno del rapporto di fiducia tra amministratori ed
amministrati non può essere gestito e risolto con le decisioni imposte dall’alto,
addirittura applicate con l’invio dei militari. Va recuperato perciò il rapporto di
fiducia tra cittadini ed istituzioni coinvolgendo gli stessi cittadini nelle decisioni
pubbliche che li riguardano. Questa vale in particolare per la gestione dei siti o degli
impianti per i quali l’unica soluzione è quella di superare la loro militarizzazione con
il coinvolgimento dei comitati e dei loro rappresentanti negli organi di gestione in
modo che i cittadini abbiano la garanzia che tali organi opereranno nel loro interesse
e non contro di loro.
L’uscita dall’emergenza rifiuti avverrà solo se si recupererà il valore dell’interesse
collettivo, della partecipazione, della condivisione e della trasparenza delle scelte
pubbliche.
Le scelte che il Governo continua a fare testimoniano invece l’urgenza e la mancata
pianificazione.
Una discarica è la forma di smaltimento più riprovevole poiché potrebbe costituire
un’implicita azione a sostegno della cultura consumistica dell’usa e getta. Nel rispetto
puntuale delle disposizioni cogenti, dei vincoli e delle norme tecniche imposti dalla
Direttiva 1999/31/CE “Discariche” recepita con d.lgs. 36/2003, è comunque possibile
localizzare, progettare e gestire una discarica in maniera ecocompatibile e adeguata
per la salute pubblica e l’ambiente naturale. Secondo la direttiva 1999/31/CE, le
discariche previste dall’attuale normativa (l.123/08) devono essere corrispondenti alla
tipologia adeguata a ricevere “rifiuti speciali non pericolosi”.
Perché, per individuare nuove discariche non ci si è basati sul lavoro fatto
dall’AMRA (centro di competenza della Federico II per l’analisi e il monitoraggio
dei rischi ambientali) per la redazione del Piano regionale per i rifiuti speciali e
tossico-nocivi? Perché non si è tenuto conto dell’individuazione delle aree idonee
all’allocazione di impianti prevista dalle norme e dallo stesso Piano regionale
(Pansa)? Perché non riferirsi alla normativa europea (Direttiva Discariche) e al lavoro
delle Province per i relativi PTCP? Assistiamo invece in questi giorni alla
realizzazione di un’ulteriore discarica a S.Tammaro (con relativo centro regionale per
il trattamento del percolato) in zona non idonea (con falda affiorante) e nel territorio,
già martoriato, di pertinenza della Reggia di Carditello.
Nelle “Linee programmatiche 2008-13 per la gestione dei rifiuti urbani”, pubblicate
sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania - n. 45 del 10 novembre 2008,
la Regione sostiene il completamento dell'impiantistica per l’incenerimento e il
conferimento a utenze terze (cementerie, centrali termoelettriche, gassificatori) del
combustibile derivato dai rifiuti urbani (CDR).
Si ottiene in questo modo una sovrapposizione fra piano del Governo, che prevede
cinque inceneritori (Acerra, S.Maria La Fossa, , Salerno, Napoli, più un gassificatore
a Villa Literno) e quello della Regione, che aggiunge al conto cementifici e centrali
termoelettriche, visto che le previsioni non si elidono, ma si moltiplicano.
Non si capisce, a questo punto, quale sia il bilancio di massa considerato alla base di
queste previsioni, visto che la normativa, nazionale ed europea, impone il
raggiungimento di percentuali di differenziata ben note.
Altra incongruenza nel piano regionale è l’abbandono della pianificazione degli
impianti per l’umido (di digestione anaerobica e compostaggio) concertata con le
Province, a favore di un bando, che scadeva il 31 ottobre 2008, direttamente rivolto ai
Comuni: prevedibile la conseguenza di possibili localizzazioni di più impianti nella
stessa zona a fronte di aree completamente scoperte.

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