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Introduzione alla Meccanica dei Continui.

di Valter Moretti www.science.unitn.it/moretti/home.html Dipartimento di Matematica, Facolt` di Scienze MFN, a Universit` di Trento a
2004-2005

Indice
1 Fondamenti. 1.1 Generalit` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a 1.2 Congurazioni, Campi di Velocit` ed Accelerazione. . . . a 1.3 Tre Lemmi Tecnici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Descrizione Euleriana e Lagrangiana, Derivata Materiale. 1.5 Flusso e Circolazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 6 8 10 12 15 15 17 20 21 25 25 26 28 32 34 35 37 40 40 41 43 45 47 49 52 52 53 60 61 62 65 66 68

2 Equazione di Continuit`, Incompressibilit`, Classicazione dei a a 2.1 Richiami di Teoria dellIntegrazione. . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Conservazione della Massa ed Equazione di Continuit`. . . . . . a 2.3 Un lemma tecnico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Classicazione dei tipi di Flusso, Legge di Castelli. . . . . . . . .

tipi di Flusso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3 Dinamica: il Tensore degli Sforzi di di Cauchy. 3.1 Impostazione generale della dinamica dei continui: gli sforzi. . . . . . . . . . . . 3.2 Equazioni indenite della dinamica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Il Tensore degli Sforzi di Cauchy. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Le equazioni cardinali della dinamica dei continui in forma dierenziale locale. 3.5 Relazioni Costitutive per i continui meccanici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.6 Bilanci energetici e velocit` di deformazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a 3.7 Sistemi continui soggetti a forze di massa conservative. . . . . . . . . . . . . . .

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4 Elementi di Meccanica dei Fluidi. 4.1 Fluidi ideali o perfetti, legge di Pascal. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Fluidi barotropici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Statica dei uidi barotropici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4 Dinamica dei uidi perfetti barotropici: Equazione di Eulero e Teorema di Bernoulli. 4.5 Rotazionalit` dei uidi ideali barotropici, Teorema di Thompson. . . . . . . . . . a 4.6 Bilancio dellenergia per uidi ideali barotropici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Fluidi viscosi di Navier-Stokes. 5.1 Non sicit` della dinamica dei uidi ideali. . . . . . . . . . . . . . . . a 5.2 Il tensore degli sfozi di Navier-Stokes e le equazioni di N.-S. . . . . . . 5.3 Il numero di Reynolds. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4 Il segno del parametro di Navier-Stokes: considerazioni energetiche. 5.5 Moto di Poiseuille per un uido viscoso. . . . . . . . . . . . . . . . . .

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6 Introduzione alla teoria dellelasticit` lineare. a 6.1 Tensori di deformazione di Cauchy-Green, Lagrangiano ed Euleriano. . . . . . . . 6.2 Tensore di velocit` di deformazione e tensore di deformazione Lagrangiano. Tena sore di rotazionalit` euleriano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a 2

6.3 6.4 6.5 6.6

Linearizzazione e tensore di deformazione euleriano linearizzato. . . . . . . Elasticit` lineare per continui isotropi ed omogenei spaziotemporalmente. a Energia elastica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Onde elastiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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70 73 75 77

Ringraziamenti.
Vorrei ringraziare Barbara Patton e Riccardo Aramini per avere letto con cura queste dispense segnalandomi diversi errori di vario genere.

Convenzioni e Notazioni.
Nel seguito E3 denoter` uno spazio euclideo tridimensionale cio` uno spazio ane tridia e 3 , o spazio delle traslazioni, ` dotato di un mensionale il cui spazio vettoriale modellatore V e prodotto scalare (denito positivo). Se P, Q E3 , P Q = Q P V 3 denota lunico vettore di V 3 associato alla coppia Q, P secondo la struttura ane. Ricordiamo che uno spazio ane con prodotto scalare ammette una struttura naturale di variet` dierenziabile riemanniana, la cui struttura dierenziabile ` indotta dalle usuali coordinate a e globali cartesiane ed il cui tensore metrico ` denito dal prodotto scalare in V 3 tramite la strute tura ane. Per coordinate cartesiane ortonormali con origine O E3 intenderemo coordinate cartesiane con origine O, tali che il tensore metrico assuma punto per punto e nelle basi indotte dalle coordinate considerate in ogni spazio tangente, la forma canonica gij = ij . Nel seguito i campi tensoriali o semplicemente i tensori (vettori inclusi), saranno denotati con il carattere grassetto , V ecc. oppure in notazione indiciale ij k , V i . Ricordiamo che, dato che la metrica ` di tipo ellittico, in basi ortonormali, le componenti e covarianti e quelle controvarianti dei tensori coincidono numericamente: ij
k

= ij

= i jk ecc. .

La derivata covariante (rispetto ad un campo vettoriale X) riferita alla connessione di LeviCivita associata alla metrica, sar` indicata in modo intrinseco X , oppure in modo indiciale a tramite una virgola: X r r ij k = X r ij k ,r . Se f ` un campo scalare, con le nostre notazioni varr`: e a ( f )i =
if

= (df )i = f,i .

Se X ` un campo vettoriale, useremo i ben noti operatori detti divergenza e rotore: e div X := X i ,i , e (rot X)i := 3
ijk

Xk ,j

rispettivamente. ijk denota il solito pseudotensore di Ricci-Levi-Civita in tre dimensioni. In coordinate arbitrarie, ijk = gijk con ijk = 0 se ci sono ripetizioni in (i, j, k) oppure ijk = (1)#(ijk) dove #(ijk) ` lordine della permutazione (1, 2, 3) (i, j, k) e g ` il determinante e e della matrice che esprime il tensore metrico nelle coordinate considerate. denota il solito operatore di Laplace-Beltrami che in coordinate locali ` espresso da e =
i i

Per concludere, ricordiamo che il prodotto vettoriale di vettori ` espresso in basi arbitrarie (non e ortonormali in genere) tramite come: (U V)i :=
ijk

Uj Vk .

Fondamenti.
La Matematica in Fisica ` come il maiale: non si butta mai via niente. e

1.1

Generalit` a

Molti sistemi sici appaiono descritti con ottima approssimazione come sistemi continui. Il prototipo di oggetto continuo ` un insieme aperto e connesso di Rn (con n = 3 nelle teorie e non relativistiche), per cui le congurazioni dei sistemi sici continui sono descritte in prima istanza assegnando insiemi omeomor ad aperti di Rn , ovvero insiemi di punti in altri spazi (variet` dierenziabili) con la stessa topologia degli aperti di Rn . Gli insiemi aperti di cui soa pra denotano le porzioni di spazio occupate ad ogni istante dal sistema continuo. Ovviamente, tale descrizione deve essere arricchita precisando tutte le altre propriet` del sistema sico. Ci` a o viene fatto assegnando opportuni campi scalari e tensoriali sulle regioni occupate dal continuo corrispondenti alla densit` di massa, campo di temperatura, campi di velocit`, accelerazione, a a deformazioni, sforzi interni, usso di calore e cos` via precisando la descrizione del sistema. In questo senso un liquido o un solido sono sistemi continui se descritti con una certa approssimazione, senza cio` arrivare a descrivere la struttura granulare molecolare. Infatti, dal punto di e vista sico sappiamo che, corpi che sembrano essere continui in realt` non lo sono perch rivelano a e una natura molecolare ed atomica ad una pi` attenta analisi. Quindi, la descrizione in termini u del modello continuo ` utilizzabile (e con ottimi risultati) purch` non siano coinvolti processi e e sici riguardanti la natura microscopica di tali corpi. A tal ne ` importante precisare che una e regione microscopica dal punto di vista della meccanica dei continui, ovvero una particella materiale di continuo, ` in realt` una regione molto grande dal punto di vista atomico e molecolare. e a Tale regione ` necessariamente supposta contenere una quantit` di molecole dellordine del nue a mero di Avogadro. In tal modo, quando la regione microscopica ` in equilibrio termodinamico, e pu` essere trattata con lusuale descrizione termodinamica denendo grandezze termodinamiche o intensive ed estensive su di essa. Variando la regione ossia il punto del continuo, ciascuna delle grandezze intensive denisce una funzione sucientemente regolare denita su tutta la congurazione del continuo. Questo ` il signicato sico di vari campi scalari e tensoriali deniti su un e continuo. Esistono altri sistemi sici, diversi da quelli materiali che sono davvero intrinsecamente continui? Il campo elettromagnetico apparentemente ` un sistema intrinsecamente continuo. In e realt` ` noto che anche questa aermazione non ` vera. Esperimenti con campi elettromagnetici ae e di intensit` molto basse evidenziano una natura corpuscolare dei campi (fotoni). a Sembrerebbe che lunico sistema davvero continuo sia lo spazio o meglio lo spaziotempo, una volta che la sua dinamica sia precisata tramite la Teoria della Relativit` Generale. Attualmente a per` si specula sulla eventuale natura non continua dello spaziotempo stesso a scale molto piccole o (scale di Planck 1033 cm e 1043 s) per esempio in teoria delle stringhe e generalizzazioni ( brane). In ogni caso il modello continuo dei corpi sici ` nella maggior parte delle applicazioni pratiche e 5

di eccezionale utilit` (es. nella progettazione di edici, in meteorologia, in uidodinamica). a Ulteriormente i concetti sico-matematici deniti in tale contesto (es. tensore degli sforzi, tensore energia-impulso in teorie relativistiche) si sono rivelati concetti estremamente potenti il cui utilizzo ` andato ben oltre il modello classico del continuo, no ad includere le teorie quantistiche e relativistiche dei campi. In queste note ci occuperemo di introdurre solamente la trattazione classica del modello dei continui rimanendo nellambito della Meccanica Classica.

1.2

Congurazioni, Campi di Velocit` ed Accelerazione. a

Supponiamo che lo spazio euclideo E3 (cio` uno spazio ane tridimensionale dotato di prodotto e scalare denito positivo) sia lo spazio di quiete di un riferimento (inerziale) I. Un sistema continuo, o pi` brevemente un continuo ` denito in I assegnando prima di tutto la sua congurazione u e ad ogni istante e le evoluzioni di essa nel tempo. Assumiamo che al tempo t = 0 il continuo ammetta congurazione iniziale C0 identicabile con un aperto connesso di E3 . Ulteriormente, la congurazione allistante t R, Ct , sar` a 3 . Ogni congurazione C erediter` da E3 una struttura naturale di variet` un aperto di E a a t dierenziabile Riemanniana che sottointenderemo dora in poi. Assumiamo ancora che, al variare del tempo, le congurazioni Ct siano collegate a C0 da una classe di dieomorsmi parametrizzati nel tempo t R dati da X = X(t, X0 ), X0 C0 , X Ct , tR.

Se t R ` ssato, il dieomorsmo inverso di X0 X(t, X0 ) lo indicheremo con X X0 (t, X). e (Si noti che ogni congurazione Ct dovr` essere dieomorfa ed in particolare omeomorfa a C0 , a per cui ogni congurazione Ct sar` connessa.) La classe dei dieomorsmi da C0 ad ogni Ct a sopra introdotta F := {X(t, )}tR , viene detta usso del continuo. N.B.: Per quanto riguarda la regolarit` dei dieomorsmi, possiamo pensarli di classe C k con a k = , anche se la maggior parte di quanto seguir` sar` valido per k 2. Come ulteriore richia a esta di regolarit`, supporremo che le funzioni (t, X0 ) X = X(t, X0 ) e (t, X) X0 = X0 (t, X) a siano dierenziabili congiuntamente in tutte le variabili. (Anche in tal caso dierenziabile signica C anche se la maggior parte di ci` che segue ` valido con C k , k 2). o e Ogni X0 C0 individua, indipendentemente dalla evoluzione successiva, una particella materiale di continuo. La curva, detta linea di corrente, t X(t, X0 ) denisce la storia di tale particella di continuo. In base alla denizione data, ssati t R e X Ct , c` esattamente e una particella materiale di uido, X0 , che passa per X al tempo t. Questa si ottiene come X0 = X0 (t, X) usando la classe di dieomorsmi associata al continuo.

Commento. Riguardo alle motivazioni siche delle denizioni matematiche date possiamo dire quanto segue. Prese due particelle materiali di continuo X0 , X0 C0 , le loro linee di corrente non possono mai intersecarsi. Questo fatto assunto come principio sico fondamentale equivale alla iniettivit` delle applicazioni X0 X(t, X0 ). La surgettivit` equivale alla richiesta che le a a particelle di continuo in Ct siano quelle che erano contenute in C0 . Il requisito di dierenziabilit` a ` da ritenersi una richiesta di carattere tecnico, motivata dal fatto che, nella pratica, tale reqe uisito ` soddisfatto dalla maggior parte dei corpi continui esistenti. La richiesta di connessione e di C0 ` un requisito di semplicit`: se il continuo fosse non connesso, potremmo sempre ridurci e a a studiarne separatamente ogni componente connessa. Per comodit`, si possono identicare i punti di Ct e C0 con terne di reali usando sistemi di a coordinate. Per esempio, X (x1 , x2 , x3 ) e X0 (x1 , x2 , x3 ) possono essere riferiti allo stesso 0 0 0 sistema di coordinate globali su E3 Ct , C0 . Una scelta possibile di tali coordinate ` quella di e 3 . Tale scelta ` comoda, usare coordinate cartesiane ortonormali arbitrariamente assegnate su E e ma non ` necessaria dal punto di vista sico o matematico. e Una volta ssata una particella materiale di continuo X0 e la sua storia, possiamo calcolarne la velocit` (rispetto a I) al tempo t: a VX0 (t) := X(t, X0 ) . t (1)

i In coordinate globali su E3 precisate sopra, si ha VX0 (t) = VX0 (t) xi |X(t,X0 ) i VX0 (t) :=

i X (t, X0 ) . t

(2)

Si osservi che il vettore VX0 (t) ` in TX(t,X0 ) E3 cio` ` applicato al punto X(t, X0 ) che ` la e e e e posizione che la particella di uido X0 occupa al tempo t. Fissato t, al variare di X0 viene a denirsi un campo vettoriale di velocit` su Ct a V(t, X) := VX0 (t,X) (t) . (3)

Per costruire il campo di velocit`, in pratica, ssati t e X, si determina quale particella X0 (t, X) a si trova in X al tempo t e si calcola la velocit` di tale particella usando la sua linea di corrente a come prescritto in (1), quindi si denisce tale vettore come il vettore del campo di velocit` in a X al tempo t. ` E possibile denire in modo del tutto analogo un campo vettoriale di accelerazioni su Ct A(t, X) := AX0 (t,X) (t) ,
dove AX0 (t) = Ai 0 (t) xi |X(t,X0 ) con X

(4)

Ai 0 (t) := X

d i V (t) . dt X0

(5)

A(t, X) esperime laccelerazione (rispetto a I) della particella di uido che al tempo t passa per X. 7

1.3

Tre Lemmi Tecnici.

Le denizioni date consentono di ottenere tre risultati tecnici che saranno utili in seguito. Proposizione 1.1. Supponiamo di avere precisato coordinate globali su E3 come detto sopra. Usando tali coordinate, per t R ssato, siano rispettivamente det Jt (X0 ) e det J0t (X) i determinanti delle matrici Jacobiane delle trasformazioni X0 X(t, X0 ) e X X0 (t, X). Allora varr` a det Jt (X0 ) det J0t (X) = 1 , e inoltre det Jt (X0 ) > 0 e det J0t (X) > 0 , (7) (6)

ad ogni istante t e per ogni particella materiale di continuo o punto dello spazio euclideo. Dimostrazione. (6) ` ovvia dalla denizione data. Da essa segue che Jt (X0 ), J0t (X) = 0 ed in e particolare tali determinanti avranno segno concorde. Per X0 ssato, la funzione t det Jt (X0 ) ` sicuramente continua e non si annulla mai. Di conseguenza il suo segno deve rimanere e costante. Per t = 0, dato che la funzione X0 X(t, X0 ) si riduce allidentit`, deve essere a det Jt=0 (X0 ) = 1 > 0 e quindi si deve avere det Jt (X0 ) > 0 per ogni t R e X0 C0 . Concludiamo che det Jt (X0 ) > 0 per ogni t R, X0 C0 , X Ct . Lo stesso risultato segue immediatamente per laltro determinante. 2 Il secondo risultato tecnico che presentiamo riguarda il legame tra campo di velocit` e determia nante della matrice Jacobiana Jt . Proposizione 1.2. Per ogni (t, X0 ) R C0 si ha lidentit` a det Jt (X0 ) = (divV(t, X)) |X=X(t,X0 ) det Jt (X0 ) . t Dimostrazione. Calcoliamo direttamente la derivata richiesta. det Jt (X0 ) det Jt+h (X0 ) det Jt (X0 ) = lim = h0 t h = lim 1 h det Xt X0 Xt+h Xt Xt X0 1 h0 h lim 1 h0 h det det 8 det Xt X0 1 1 . =

h0

= det

Xt+h Xt Xt+h Xt

= det Jt (X0 ) lim

Sopra, la funzione Xt+h = Xt+h (Xt ) ` stata denita semplicemente come e Xt+h = X(t + h, X0 (t, Xt )) . Per concludere ` suciente provare che : e det
h0 Xt+h Xt

1 = (divV(t, X)) |X=X(t,X0 ) .

lim

Scegliendo coordinate cartesiane in E3 , notiamo preventivamente che Xt+h = X(t+h, X0 (t, Xt )) implica subito, da (1)
i Xt+h |h=0 = V i (t, Xt (t, X0 )) . h

(8)

i Rimanendo nelle coordinate dette e sviluppando con Taylor nella variabile h la funzione fj (h) =
i Xt+h j Xt

attorno al punto h = 0 si ha
i i i i fj (h) = fj (0) + h(fj ) (0) + hOj (h) ,

i dove Oj (h) 0 se h 0, ossia i Xt+h j Xt i = j + h i 2 Xt+h i + hOj (h) .

| j h=0 hXt

Nelle nostre ipotesi di usso F di classe C k , k 2, in tutte le variabili congiuntamente vale


i 2 Xt+h

hXt

| = j h=0

i 2 Xt+h j Xt h

|h=0 =

i Xt+h |h=0 = j Xt h

j Xt

V i (t, Xt )
Xt =Xt (t,X0 )

dove abbiamo usato (8) nellultimo passaggio. In denitiva abbiamo ottenuto:


i Xt+h j Xt i = j + h

V i (t, Xt )
j Xt

i |Xt =Xt (t,X0 ) + hOj (h) .

Dallespressione del determinante di una matrice usando il simbolo ijk si ha che det uguaglia
i i1 i2 i3 11 + h i Xt+h j Xt

V i1 i1 1 + hO1 (h) Xt

i 22 + h

V i2 i2 2 + hO2 (h) Xt 9

i 33 + h

V i3 i3 3 + hO3 (h) Xt

Separando i termini proporzionali ad h0 , h e quelli innitesimi con ordine maggiore di h si ottiene che i Xt+h V 1 V 2 V 3 det = 123 + 123 h + 123 h + 123 h 1 2 3 + hO(h) , j Xt Xt Xt Xt dove O(h) 0 se h 0. Abbiamo in tal modo provato che: det Dunque det
i Xt+h j Xt

i Xt+h j Xt

=1+h
i=1

V i (t, Xt ) |Xt =Xt (t,X0 ) + hO(h) . i Xt

1 =

3 i=1

h da cui la nostra tesi det


h0

V i (t, Xt ) |Xt =Xt (t,X0 ) + O(h) , i Xt

lim

Xt+h Xt

1 = (divV(t, X)) |X=X(t,X0 ) .

Le diverse regioni occupate dal continuo Ct determinano nello spaziotempo R E3 un insieme C := tR {t} Ct . Tale insieme risulta essere aperto come provato di seguito. Proposizione 1.3. C ` un insieme aperto di R E3 . e Dimostrazione. Si consideri la funzione dallaperto R C0 in R E3 , F : (t, X0 ) (t, X(t, X0 )) . Usando la Proposizione 1.1 risulta che F , espressa in coordinate globali di R E3 , ha determinante jacobiano non nullo per ogni (t, X0 ) R C0 . Infatti un calcolo diretto prova che, se JF (t, X) ` la matrice Jacobiana di F , risulta det JF (t, X0 ) = det Jt (X0 ) > 0. Come conseguene za, il teorema di Jacobi assicura in particolare che F ` una funzione localmente aperta. In altre e parole, F manda un intorno aperto Up R C0 di ogni p R C0 in un intorno aperto (in R E3 ) di F (p), VF (p) F (R C0 ). Quindi F (R C0 ) ` un insieme aperto in R E3 perch e e unione di aperti di R E3 . Ma F (R C0 ) = C. 2

1.4

Descrizione Euleriana e Lagrangiana, Derivata Materiale.

Consideriamo un generico campo tensoriale denito su Ct , = (t, X). Lo stesso campo tensoriale pu` essere espresso facendo riferimento non alla congurazione attuale Ct , ma a quella o iniziale C0 , ossia: L (t, X0 ) := (t, X(t, X0 )) . 10 (9)

In tal caso si dice che ` stata data la rappresentazione Lagrangiana L del campo tensoriale. e Al contrario, la rappresentazione usuale = (t, X) ` detta rappresentazione Euleriana. e Ovviamente (t, X) := L (t, X0 (t, X)) . (10)

N.B.: Il tensore L (t, X0 ) si deve comunque pensare come applicato in X, ossia appartenere allalgebra tensoriale generata da TX E3 e TX E3 . La descrizione Lagrangiana consente di descrivere come la grandezza rappresentata dal campo evolve su ogni linea di corrente associata ad ogni particella materiale X0 C0 . Assumiamo esplicitamente che le coordinate scelte su E3 per rappresentare il continuo siano coordinate cartesiane ortonormali. Ha senso calcolare la derivata rispetto al tempo della rappresentazione Lagrangiana di . Essa corrisponde a calcolare la variazione delle componenti di per unit` di a tempo lungo la storia di una particella precisa di continuo: L (t, X0 ) . t Da (9), la derivata di sopra pu` essere espressa in rappresentazione Euleriana banalmente come o L (t, X0 ) = t (t, X) + t
V (t, X)

|X=X(t,X0 ) .

(11)

Ritornando in rappresentazione Euleriana deniamo la derivata materiale o Lagrangiana del campo tensoriale come D (t, X) := (t, X) + Dt t
V (t, X)

(12)

Si osservi che V (t, X) in componenti ortonormali cartesiane ha la forma Vi xi A essendo i . Come ben noto, tali componenti sono pi` generalmente le componenti della derivaVi = V u ta covariante di rispetto al campo vettoriale controvariante V e rispetto alla connessione di ` Levi-Civita associata alla metrica euclidea di E3 . E immediato vericare che t (t, X), denito 3 indipendenti dal tempo, ` un tensore su C . Ci` prova che loperatore usando coordinate su E e o t D Dt produce campi tensoriali su Ct agendo su famiglie t -dierenziabili di campi tensoriali denite sulle congurazioni Ct in un intorno di t. Lutilit` della derivata materiale ` la seguente: essa viene eseguita nella pi` comoda rappresena e u tazione Euleriana, ma calcola comunque i tassi di variazione delle grandezze considerate lungo le storie delle singole particelle materiali, valendo per costruzione:

D (t, X) |X=X(t,X0 ) = L (t, X0 ) . Dt t Si verica subito che A(t, X) = D V(t, X) . Dt 11

(13)

(14)

1.5

Flusso e Circolazione.

Consideriamo ancora il usso del continuo (t, X0 ) X(t, X0 ) ed il campo di velocit` associato a V = V(t, X). Fissato t R, le linee integrali di tale campo in Ct sono dette linee di usso. Si osservi che esse non sono legate direttamente alle linee di corrente denite sopra. Le prime sono denite ad un tempo ssato, mentre le seconde sono curve parametrizzate in t a valori in E3 . Si ssi Ct , curva regolare che non ` tangente alle linee di usso che la intersecano. Linsieme e di queste ultime, S , ` detto supercie di usso generata da . Se ` chiusa, la supercie di e e usso da essa generata (assunta essere non degenere) ` detta tubo di usso. e Il usso di un continuo ` detto stazionario se e V(t, X) = 0 t per ogni t R e X Ct .

Teorema 1.1. Se il usso di un continuo ` stazionario allora le linee di corrente e le linee di e usso deniscono le stesse traiettorie in E3 . Dimostrazione. Lequazione dierenziale per una linea di usso al tempo t `, per denizione, e con u R, d X(u) = V(t, X(u)) . du Lequazione per una linea di corrente ` invece e d X(t) = VL (t, X0 ) , dt ossia, passando in rappresentazione Euleriana d X(t) = V(t, X(t)) . dt Se il usso ` stazionario, le due equazioni, per le linee di usso e di corrente, sono rispettivamente e date da d X(u) = V(X(u)) du e d X(t) = V(X(t)) . dt Pertanto identicando u con il tempo t della seconda, si ha la stessa famiglia di soluzioni. 2 Dato un continuo con campo di velocit` V, si denisce il campo di vorticit`: a a (t, X) := rotV(t, X) . Analogamente alle linee di usso e alle superci di usso al tempo t, si deniscono linee e superci di vorticit`. a 12

Un usso di un continuo ` detto irrotazionale allistante t R se a quellistante il campo di e vorticit` ` ovunque nullo su Ct . In caso contrario, il usso ` detto rotazionale o vorticoso a e e allistante considerato. Se a t R ssato, Ct ` una curva regolare semplice chiusa ed ` ssato su di essa un senso e e di percorrenza, C :=

V d

` detta circolazione di V su . e Osservazione. Se allistante t, c` una linea di usso chiusa, allora la circolazione di V su tale e linea ` sicuramente non nulla. e Passiamo a studiare alcune propriet` locali della circolazione connesse al campo di vorticit`. a a Ricordiamo che nelle nostre ipotesi, il campo di velocit` ` una funzione di classe C 1 almeno, per ae cui il campo di vorticit` ` una funzione continua. ae Teorema 1.2. Se allistante t R il usso di un continuo ` irrotazionale allora, in quellistante, e la circolazione del campo di velocit` ` nulla su ogni curva regolare semplice chiusa A Ct ae dove A ` un aperto semplicemente connesso. e Viceversa se, allistante t R la circolazione del campo di velocit` ` nulla su ogni curva regolare ae semplice chiusa contenuta in Ct , allora il usso ` irrotazionale in quellistante. e Dimostrazione. Se A Ct ` un aperto semplicemente connesso e A ` una curva regolare e e semplice e chiusa, c` una supercie S A che ha per bordo . Il verso di percorrenza di e determina una scelta per i versori normali a S, n, usando lorientazione di E3 (la regola della mano destra). Il teorema di Stokes (vedi 2.1 per il signicato di d) assicura che: C =

V d =
S

rotV n d .

Lirrotazionalit` del usso (al tempo considerato) assicura che la circolazione C sia nulla. a Veniamo alle seconda parte della tesi. Fissiamo una congurazione Ct in cui tutte le circolazioni siano nulle. Dato che E3 ammette una base per la topologia data dalle palle aperte sucientemente piccole (che sono semplicemente connesse), ogni punto X Ct ` contenuto in una e supercie piana SX che ha per bordo una circonferenza massima di una sfera centrata in X stesso, la chiusura della palla B di cui la sfera ` il bordo ` contenuta in Ct e il verso del versore e e normale a tale supercie pu` essere ssato arbitrariamente. Lequazione di sopra, nelle ipotesi o dette assicura che per ogni X Ct e per ogni SX come detto, rotV n d = 0 .
SX

(15)

Supponiamo che rotV(t, X ) = 0 per qualche X Ct . Allora scegliamo una supercie SX come detto sopra tale che il versore normale ad essa sia parallelo a rotV(t, X ) stesso. Risulter` a 13

rotV(t, X ) n = k > 0. Per la continuit` di X rotV(t, X) n, per ogni > 0, esister` un a a numero > 0 per cui |k rotV(t, X) n| < ovvero < k rotV(t, X) n < in una palla aperta B centrata in X e con raggio . Dalla disuguaglianza scritta segue immediatamente che, se scegliamo tale che k > 0 (ed ` sempre possibile essendo k > 0), in B varr` anche e a rotV(t, X) n > k > 0. Restringendo SX no a quando il suo bordo coincide con un cerchio massimo della frontiera di B , si avrebbe rotV n d
SX SX

(k )d (k ) 2 > 0 ,

che contraddice (15) per X = X . 2 Per concludere, ricordiamo la relazione tra irrotazionalit` del campo V e lesistenza di una funa zione potenziale delle velocit` . Tali risultati saranno utili in seguito. La prova del seguente a ` teorema ` basata su noti teoremi di analisi su Rn . (E suciente lavorare in coordinate cartesiane e 3 ). di E Teorema 1.3. Al tempo t R, esiste una funzione a valori reali t C k (Ct ) per k 1 tale che V(t, X) = t (X) ,

se e solo se C = 0 per ogni curva Ct regolare semplice chiusa. In tal caso, se ulteriormente k 2, il usso ` irrotazionale. e Viceversa se il usso ` irrotazionale al tempo t R, per ogni aperto A Ct semplicemente e connesso esiste una funzione t : A R, C 2 (A) tale che V(t, X) = t (X) per ogni X A. La funzione t di cui si parla sopra, quando esiste, ` detta potenziale delle velocit` al e a tempo t in A o in tutto Ct .

14

2
2.1

Equazione di Continuit`, Incompressibilit`, Classicazione dei a a tipi di Flusso.


Richiami di Teoria dellIntegrazione.

In E3 possiamo denire una misura di Borel inducendola in modo ovvio da quella di Lebesgue in R3 una volta ssato un sistema di coordinate cartesiane ortonormali su E3 , : E3 R3 . V E3 ` misurabile secondo se e solo se (V ) ` tale secondo . Inoltre, se V ` misurabile e e e (V ) := ((V )) , dove ` la misura di Lebesgue su R3 . e N.B. Le propriet` di invarianza sotto il gruppo delle isometrie di R3 della misura di Lebesgue a assicurano che la denizione di ` indipendente dalla scelta delle coordinate cartesiane ortoe normali scelte per denirla. Con la procedura standard ben nota dai corsi di analisi, si passa dalla misura di insiemi allin` tegrazione di funzioni misurabili. E immediato dimostrare che se V E3 e h : V C sono -misurabili, allora h d =
V (V )

h 1 d ,

per ogni sistema di coordinate cartesiane ortonormali . Per quanto ci riguarda, noi siamo interessati alla misura e allintegrazione su una particolare classe di insiemi che diremo regolari. Un insieme V E3 ` regolare se ` aperto e la sua chiusura e e ` compatta. (Si noti che ogni aperto ` misurabile essendo la misura di Borel, inoltre ogni V e e regolare ha misura nita essendo a chiusura compatta). Si pu` provare che (vedi qualunque testo o di teoria della misura) limmagine f (V ) di un insieme regolare V secondo un dieomorsmo f : E3 E3 ` ancora un insieme regolare. In particolare se h L1 (f (V ), ) vale la formula di e cambiamento di variabile nellintegrazione h(Y ) d(Y ) =
f (V ) V

h(f (X)) | det Jf (X)| d(X) .

(16)

dove Jf ` la matrice Jacobiana della trasformazione f riferita ad un qualsiasi sistema di coordie nate globali su E3 . (16) vale in particolare se h ` una funzione continua limitata. e Passando a considerare superci in E3 , le diremo regolari quando saranno tali (nel senso della geometria dierenziale elementare) rispetto a coordinate cartesiane ortonormali. In altre parole, una supercie di E3 ` detta regolare quando ` una sottovariet` (embedded) di E3 (dotato e e a della struttura di variet` dierenziabile naturale indotta dalla sua struttura di spazio ane). a In particolare la misura indurr` una misura, che indicheremo con d, sulle superci regolari. a 15

I teoremi del calcolo integrale in pi` variabili si estendono direttamente da R3 ad E3 in modo u ovvio. A titolo di esempio, se V E3 ` un insieme regolare la cui frontiera V ` una supercie e e regolare orientabile e se G ` un campo vettoriale dierenziabile (C 1 ) denito in un intorno di e V , allora il teorema della divergenza si esprime come: divG(X) d(X) =
V V

G(X) n(X)d(X) ,

dove n(X) ` il versole normale a V nel punto considerato X V , uscente da V . e Si osservi ancora che se V E3 ` un insieme regolare tale che V ` una supercie regolare e e orientabile, allora ogni dieomorsmo locale di E3 in E3 , con dominio che include V , manda V in un insime regolare la cui frontiera ` una supercie regolare orientabile. e Per concludere proviamo il seguente risultato tecnico che ci sar` utile in seguito svariate volte. a Proposizione 2.1. Se U E3 ` un aperto e f : U R ` continua allora i seguenti tre fatti e e sono equivalenti. (a) f ` identicamente nulla su U , e (b) Per ogni insieme regolare V U : f d = 0 ,
V

(c) Per ogni insieme regolare con frontiera regolare V U : f d = 0 .


V

Dimostrazione. Il fatto che (a) implichi (b) e (c) ` ovvio essendo f V identicamente nulla e e lintegrale un funzionale lineare. Proviamo che (b) implica (a). Procediamo per assurdo. Supponiamo che ci` sia falso. Allora esister` f soddisfacente (b) e un punto X U in cui f (X) = o a 0. Senza perdere generalit` assumiamo f (X) > 0 (nellaltro caso si procede analogamente). Sia a k := f (X) > 0. Dato che f ` continua, per ogni > 0 esister` > 0 per cui < k f (Y ) < e a per ogni Y B, dove B ` una palla aperta centrata in X e di raggio . Dato che k > 0, possiamo e scegliere > 0 tale che k > 0. In B varr` allora in particolare f (Y ) > k > 0. Quindi a varr` anche a f d (k ) d = (k )4 3 /3 > 0 ,
B B

Il risultato ottenuto contraddice lipotesi (b) dato che B ` un insieme regolare, per cui la e tesi ` provata. Dato che le palle aperte sono insiemi regolari con frontiera regolare, la stessa e dimostrazione prova anche che (c) implica (a). 2

16

2.2

Conservazione della Massa ed Equazione di Continuit`. a

Assumeremo dora in poi che, in aggiunta alle ipotesi matematiche fatte, che sia denita su a tR {t} Ct una funzione dierenziabile = (t, X), con la particolarit` che (t, X) > 0 ovunque. Tale funzione sar` detta densit` di massa. Diremo porzione materiale di cona a tinuo ogni insieme V0 C0 che sia regolare. La massa della porzione V0 al tempo t ` denita e come (t, X)d(X) , M (Vt ) :=
Vt

dove Vt Ct denota levoluzione di V0 secondo il usso del continuo F, ossia Vt := {X(t, X0 ) | X0 V0 } . Il principio di conservazione della massa aerma che: In assenza di trasformazioni sicochimiche allinterno del continuo, la massa di ogni porzione materiale di un continuo deve essere costante nel tempo1 . Nelle ipotesi di assenza di trasformazioni sico chimiche, il principio di conservazione della massa sar` equivalente a dire che per ogni insieme regolare V0 C0 , a M (Vt ) = M (V0 ) . In altre parole, per ogni t R e per ogni insieme regolare V0 C0 vale lequazione di conservazione della massa in forma integrale: d dt (t, X)d(X) = 0 .
Vt

(17)

Bench la (17) abbia un signicato evidente non ` aatto comoda da impiegarsi nei calcoli per e e cui ` utile dedurre una forma dierenziale che valga punto per punto e che sia equivalente alla e (17) stessa. Tale nuova equazione che andiamo a ricavare prende il nome di equazione di continuit` della massa. a Teorema 2.1. La validit` dellequazione di conservazione (17) per ogni porzione materiale di a continuo Vt e per ogni tempo t R ` equivalente alla validit` per ogni (t, X) C dellequazione e a di continuit` per : a D (t, X) + (t, X)divV(t, X) = 0 . Dt Dimostrazione. Per quanto visto sopra lequazione (17) equivale a d dt (t, X(t, X0 ))| det Jt (X0 )|d(X0 ) = 0 .
V0

(18)

1 Trasformazioni sico-chimiche possono dar luogo ad un continuo di natura diversa sottraendo massa al continuo iniziale.

17

Nelle ipotesi fatte, usando il teorema della convergenza dominata di Lebesgue, ` facile provare e che ` possibile passare la derivata sotto il segno di integrale (in (17) non ` possibile perch t e e e compare anche nel dominio di integrazione). (17) equivale dunque a2 (t, X(t, X0 ))| det Jt (X0 )|d(X0 ) = 0 , t

V0

ovvero (t, X(t, X0 )) | det Jt (X0 )| | det Jt (X0 )| + (t, X(t, X0 )) t t d(X0 ) = 0 .

V0

Per la Proposizione 1.1 possiamo omettere il segno di valore assoluto attorno al determinante Jacobiano. Ci` ` importante nel secondo addendo dellintegrale in cui si deriva una funzione o e contenente un valore assoluto (che non ` dierenziabile nellorigine). e (t, X(t, X0 )) det Jt (X0 ) det Jt (X0 ) + (t, X(t, X0 )) t t d(X0 ) = 0 .

V0

Questa equazione deve valere per ogni scelta di V0 . Essendo lintegrando una funzione continua, in base alla Proposizione 2.1, abbiamo provato che il principio di conservazione della massa equivale a (t, X(t, X0 )) det Jt (X0 ) det Jt (t, X0 ) + (t, X(t, X0 )) =0, t t per ogni t R e X0 C0 . Dato che det Jt (X0 ) > 0 ed usando la denizione derivata materiale, la stessa identit` si riscrive a D 1 det Jt (X0 ) (t, X) |X=X(t,X0 ) + (t, X(t, X0 )) =0 Dt det Jt (X0 ) t In base alla Proposizione 1.2 la stessa equazione si riscrive, D (t, X) + (t, X)divV(t, X) |X=X(t,X0 ) = 0 . Dt Dato che questa equazione vale per ogni X0 C0 e che X0 X(t, X0 ) ` biettiva essa pu` anche e o essere equivalentemente scritta, per ogni t R e per ogni X Ct : D (t, X) + (t, X)divV(t, X) = 0 , Dt che ` la tesi. 2. e
2 Nella dimostrazione la derivata parziale indica una derivata totale rispetto alla completa dipendenza da t, anche attraverso la funzione X(t, X0 ).

18

Passiamo a considerare altri modi di enunciare la legge di conservazione della massa equivalenti alla formulazione basata sullequazione di continuit`. Prima di tutto notiamo che, usando a lespressione (12), la (18) si pu` riscrivere come, o (t, X) + t Valendo in generale di continuit` (18), a
Vf V (t, X)

+ (t, X)divV(t, X) = 0 .

+ f divV = div(f V), otteniamo una forma equivalente dellequazione (t, X) + div((t, X)V(t, X)) = 0 t

(19)

per (t, X) C. La (19) si presta ad una ulteriore formulazione del principio di conservazione della massa scritta in forma integrale. Si consideri un volume geometrico aperto e regolare V E3 tale da soddisfare i requisiti di cui sotto. Supponiamo che V sia una supercie chiusa e regolare, in modo tale da poter applicare il teorema della divergenza. Se integriamo a t costante la (19) su V otteniamo (t, X) d + t div((t, X)V(t, X))d = 0 .
V

Usando il teorema della divergenza otteniamo che lidentit` di sopra equivale a a (t, X) d + t ((t, X)V(t, X)) n d = 0 .
V

Sopra n ` il versore normale a V orientato in modo uscente. Dato che C ` aperto per la e e Proposizione 1.3, prendiamo V piccolo a sucienza e > 0 anche, in modo che il cilindro aperto descritto da ]t , t+ [V sia tutto contenuto in C. In tal caso la funzione di t, t V (t, X)d ` ben denita in ]t , t+ [ e possiamo portare loperatore di derivata fuori dal segno di integrale e usando il teorema della convergenza dominata di Lebesgue. Otteniamo in tal modo: d dt (t, X)d =
V V

((t, X)V(t, X)) n d .

(20)

Lequazione di sopra dice che la variazione di massa per unit` di tempo in un ssato voa lume geometrico V ` pari al usso entrante di massa nellistante considerato. e Per concludere precisiamo come si scriva lequazione di bilancio della massa in assenza di conservazione. Semplicemente la (19) diventa: (t, X) + div((t, X)V(t, X)) = S(t, X) , t dove la funzione S a secondo membro corrisponde ad una sorgente di massa (se S < 0 sempre, si parla pi` propriamente di pozzo di massa). La corrispondente di (20) ` allora u e d dt (t, X)d =
V V

((t, X)V(t, X)) n d +


V

S(t, X) d .

19

N.B. Dora in poi considereremo solo continui in cui non avvengono trasformazioni sicochimiche, per i quali ` supposto valere il principio di conservazione della massa. Quindi, dora e in poi, lequazione (17) sar` sempre tacitamente supposta valida. a

2.3

Un lemma tecnico.

Ragionando in modo praticamente identico a quanto fatto nella dimostrazione del Teorema 2.1 si ottiene il seguente utile risultato tecnico. Per enunciare il teorema abbiamo bisogno della nozione di integrale di un campo tensoriale su una regione integrabile di uno spazio euclideo. Se T = T(X) ` un campo tensoriale denito sule n (visto come variet` riemanniana), lintegrale di T sullinsieme laperto A dello spazio euclideo E a regolare V , TV :=
V

T(X) d(X) ,

` il tensore vettore nellalgebra tensoriale generata dallo spazio vettoriale V n della struttura ane e di En le cui componenti sulla base dello spazio tensoriale di TV associata alla base ortonormale {e1 , . . . , en } V sono date da
A TV := V

T A (X) d(X) ,

essendo la componente generica del tensore T(X) AR (TX En ) in coordinate cartesiane ortonormali generate dalla base {e1 , . . . , en } e dalla scelta arbitraria di unorigine O. Si verica immediatamente che la denizione non dipende dalle dalla base ortonormale scelta. T A (X) Proposizione 2.2. Se il campo = (t, X) ` dierenziabile e denisce un campo tensoriale e dierenziabile su Ct per ogni t R, allora (assumendo che valga lequazione di contuinuit` della a densit` di massa ) per ogni porzione materiale di continuo V0 C0 vale a d dt (t, X)(t, X) d =
Vt Vt

(t, X)

D (t, X) d . Dt

(21)

Dimostrazione. Ripetendo la dimostrazione del Teorema 2.1 si ha la seguente identit` a d dt (t, X)(t, X) d =
Vt V0

D ((t, X)(t, X)) Dt

|Jt (X0 )|d(X0 )


X=X(t,X0 )

+
V0

[(t, X)(t, X)divV(t, X)]X=X(t,X0 ) |Jt (X0 )|d(X0 ) .

In altre parole d dt (t, X)(t, X) d =


Vt Vt

D ((t, X)(t, X)) d + Dt 20

(t, X)(t, X)divV(t, X)d


Vt

Daltra parte per computo diretto si ha D D ((t, X)(t, X)) = (t, X) (t, X) + Dt Dt D (t, X) (t, X) . Dt

Inserendo tale risultato nellintegrale ed usando lequazione di continuit` (18) segue la tesi ima mediatamente. 2 Osservazione importante. Facciamo qualche commento sulla denizione di integrale di un campo tensoriale su un volume. Perch possiamo integrare, ovvero, in senso intuitivo, sommare tensori, e come quelli punto per punto deniti dal campo di sopra, applicati su punti diversi del continuo? Tale possibilit` ` intrinsecamente legata al fatto che stiamo lavorando in uno spazio ae ane E3 . Se V 3 ` lo spazio dei vettori della struttura dello spazio ane (ossia le traslazioni o e vettori liberi), possiamo denire lalgebra tensoriale AR (V 3 ) generata da V 3 . Come noto, per ogni P E3 , c` un isomorsmo naturale P : TP E3 V 3 che identica i vettori dei due spazi. e Tale isomorsmo naturale semplicemente identica le componenti dei vettori su una base in V 3 con le componenti dei vettori sulla base locale in TP E3 associata alle coordinate cartesiane generate da tale base (indipendentemente dalla scelta dellorigine). Un analogo isomorsmo naturale si ottiene come : TP E3 (V 3 ) usando le basi duali associate alle rispettive basi P suddette. In tal modo, prendendo prodotti tensoriali di tali isomorsmi, si ottengono isomorsmi naturali tra spazi di tensori in AR (TP E3 ) e corrispondenti spazi di tensori in AR (V 3 ). Per esempio P : TP E3 TP E3 (V 3 ) V 3 . Ogni tensore (t, P ) che compare nelle formule di sopra P denisce un analogo tensore in AR (V 3 ) indipendentemente dal punto P ed in tal modo tensori deniti nello stesso istante, ma applicati su punti diversi di E3 , si possono sommare e dar luogo ad un tensore di AR (V 3 ). Pi` in generale si possono denire gli integrali di campi tensoriali u usati sopra, producendo tensori in AR (V 3 ), approssimando lintegrale con somme di Cauchy. ` Lasciamo i dettagli di questo discorso al lettore. E in ogni modo chiaro che la denizione alla quale si perviene per questa via deve risultare equivalente a quella data prima in cui lintegrale del campo tensoriale ` denito in componenti integrandone le singole componenti in coordinate e cartesiane ortonormali.

2.4

Classicazione dei tipi di Flusso, Legge di Castelli.

Un usso ` detto solenoidale al tempo t0 quando vale, per il campo di velocit` associato, e a divV(t, X) = 0 per ogni (t, X) C con t = t0 . (22)

Il signicato sico della condizione di solenoidalit`, quando vale ad ogni t, ` chiarito dal seguente a e teorema. Teorema 2.2. Le seguenti proposizioni sono equivalenti per un continuo. (a) Il usso ` solenoidale per ogni t R. e

21

(b) Il usso preserva i volumi delle porzioni materiali di continuo, ovvero d dt d = 0 ,


Vt

(23)

denotando con Vt levoluzione secondo il usso di un generico insieme regolare V0 C0 . Se il continuo soddisfa anche il principio di conservazione della massa, (a) e (b) sono separatamente equivalenti alla seguente proposizione. (c) La densit` di massa ` costante lungo le linee di corrente. a e Dimostrazione. Ragionando esattamente come nella dimostrazione del teorema precedente, ponendo (t, X) = 1 per ogni t R, X Ct , si ha che la validit` di (23) per ogni V0 ` equivalente a a e (18) e quindi (19) con (t, X) = 1 per ogni t R, X Ct . Questa ` la prova che (a) e (b) sono e equivalenti. Riguardo allequivalenza con (c), notiamo che lenunciato (c) si scrive in formule D = 0 per ogni (t, X) C Dt In questa forma, lequivalenza di (c) con (a) ` immediatamente provata da (18) tenendo conto e della positivit` di . 2 a Un usso ` detto incompressibile se e solo se vale e (t, X) = 0 costante per ogni t R e X Ct . (24)

Dallequazione di continuit` (19) segue subito che un usso incompressibile deve anche essere a solenoidale ad ogni istante. Il viceversa ` falso. e Un continuo ` detto incompressibile quando ammette solo ussi incompressibili. Per esempio e lacqua in condizioni normali ` un continuo incompressibile. e Si consideri un tubo di usso al tempo t dato da una supercie regolare . Se S ` una sezione del e tubo di usso, data a sua volta da una supercie regolare, la portata del usso attraverso S (allistante t), (S) ` denita come e (S) =
S

V(t, X) n d ,

dove il versore n normale a S ` orientato come V. La portata di massa attraverso S ` invece e e denita come (S) := (t, X)V(t, X) n d .
S

Vale la Legge di Castelli. Teorema 2.3. Se un usso ` solenoidale allistante t, dato un tubo di usso regolare , la e portata del usso riferita a non dipende dalla sezione S nellistante considerato. Se il usso 22

` ulteriormente incompressibile, lo stesso risultato sussiste per la portata di massa. e Dimostrazione. Si consideri il volume U racchiuso nel tubo di usso tra due sezioni consecutive S e S . Indichiamo con la supercie chiusa determinata da tali superci. Usando il teorema della divergenza nelle ipotesi di solenoidalit`, divV = 0 per cui a V n d =
U

divV d = 0 .

n ` il versore normale a uscente. Il primo integrale in realt` non riceve contributo dalla e a supercie laterale del tubo di usso in quanto, per costruzione n e V sono perpendicolari su di essa. Lintegrale di supercie rimanente si spezza in due integrali eseguiti sulle due porzioni di supercie rimanenti, S ed S le sezioni del tubo di usso. Tenendo conto della dierente orientazione di n su di esse rispetto a V, V n d = 0 ,

signica proprio la tesi: (S) (S ) = 0 . Se il usso ` incompressibile, (S) = 0 (S) per ogni sezione, dove 0 ` una costante, per e e cui la prova della tesi ` immediata. 2 e Per concludere, rivediamo i vari tipi di usso che abbiamo incontrato no ad ora riassumendone le caratteristiche speciche. Flusso stazionario.: V (t, X) = 0 per ogni (t, X) C . t Propriet`.: le linee di usso coincidono con le linee di corrente. a Flusso irrotazionale.: rotV(t, X) = 0 per qualche t R e ogni X Ct . Propriet`.: (1) le circolazioni sono nulle localmente. (2) Localmente V(t, X) = a Flusso solenoidale.: divV(t, X) = 0 per qualche t R e ogni X Ct . Propriet`.: (1) Si conservano i volumi delle porzioni materiali di continuo. (2) Vale la legge di a Castelli. t (X).

23

Flusso incompressibile.: (t, X) = 0 costante per ogni (t, X) C ` Propriet`.: (1) E solenoidale. (2) Vale la legge di Castelli anche per la portata di massa. a Esercizi 2.1. 2.1.1. Provare che | det Jf (X)| nella formula (16) non dipende dalle coordinate globali usate su E3 . 2.1.2. Provare che se il usso di un continuo ` tale che (1) la funzione densit` di massa non e a dipende dalla particella materiale di continuo e (2) il usso ` solenoidale allora il usso ` income e pressibile. (Traccia per la soluzione. Dallequazione di continuit` (18) si ricava che nelle ipotesi di solenoidalit` a a D/Dt = 0. Passando in rappresentazione Lagrangiana e assumendo lipotesi (1) segue facilemente la tesi.) 2.1.3. Mostrare che se un usso ` contemporaneamente solenoidale e irrotazionale, allora il e campo di velocit` si pu` esprimere localmente ed al tempo considerato come V = t (X) dove a o t ` una funzione armonica (cio` t = 0 in Ct ). Cosa si pu` concludere riguardo alla analiticit` e e o a delle componenti cartesiane del campo V al tempo t?

24

3
3.1

Dinamica: il Tensore degli Sforzi di di Cauchy.


Impostazione generale della dinamica dei continui: gli sforzi.

Consideriamo una porzione materiale di continuo al tempo t, Vt . Facciamo lipotesi che Vt sia una supercie regolare orientabile, in modo che sia ben denito il versore normale uscente n in ogni punto. Le forze che agiscono su Vt si assumono di due tipi diversi: forze di massa e sforzi. Le forze di massa sono individuate da una densit` di forza denita su C, ossia un campo a vettoriale f = f (t, X) dierenziabile tale che la forza di massa agente sulla porzione Vt (al tempo t) ` denita da e FVt :=
Vt

(t, X) f (t, X) d(X) .

(25)

Si osservi che [f ] = [F ]/[M ], per cui il campo f ha le dimensioni di una accelerazione. Un tipico caso di forze di massa sono le forze gravitazionali. Se u = u(t, X) ` il potenziale e gravitazionale in X al tempo t, la forza di gravit` su Vt ` data dalla densit` di forza: a e a f (t, X) = u(t, X) . (26)

(Si noti che se u non dipende dal tempo (t, X)u(X) coincide con la densit` di energia potena ziale.) In questo schema rientrano anche le forze elettromagnetiche (forza di Lorentz) se si assume che la densit` di carica e quella di massa siano proporzionali secondo una costante che a non dipende da t e X e ci` corrisponde allassumere, dal punto di vista sico, di avere un unico o tipo di portatori di carica coincidenti con le stesse particelle (molecole) del continuo. Normalmente le forze di volume sono forze esterne al sistema continuo, cio` la coppia azione-reazione e non ` contenuta nel sistema continuo stesso. Tuttavia ci possono essere eccezioni come il caso e di sopra in cui tali forze hanno natura elettromagnetica e pertanto punti di continuo vicini esercitano forze elettriche luno sullaltro (in tal caso, in presenza di campi di radiazione, non ha nemmeno senso parlare di coppia azione-reazione). Gli sforzi, detti anche stress, hanno una natura pi` complicata. Descrivono matematicamente u lidea intuitiva che il resto del continuo agisca sulla porzione Vt attraverso forze superciali esercitate su Vt . In termini matematici si procede come segue. Indipendentemente da Vt , si assume che per ogni t R, X Ct e ogni versore n S2 , esista un vettore S = S(t, X, n) detto sforzo o stress (in X al tempo t, riferito al versore n, tale che, variando t R, X Ct , n S2 denisca una funzione dierenziabile. (In particolare per t, n ssati X S(t, X, n) ` e un campo vettoriale dierenziabile su Ct ). Se Vt ` stato scelto come detto sopra e n(X) ` il e e versore normale a Vt uscente da Vt in ogni punto X Vt , la forza superciale agente sulla porzione Vt (al tempo t) ` denita da e FVt =
Vt

S(t, X, n(X)) d(X) . 25

(27)

Si osservi che [S] = [F ]/[L2 ], per cui il campo S ha le dimensioni di una pressione. Il principio di azione e reazione per gli sforzi ` enunciato con la richiesta che, per ogni t R, e 2 , valga X Ct , n S S(t, X, n) = S(t, X, n) . (28)

Il signicato sico della richiesta matematica di sopra ` il seguente. Supponiamo che n sia pere pendicolare alla supercie innitesima d che appartiene sia alla frontiera di Vt che a quella di Vt che quindi sono in contatto superciale attraverso d. Supponiamo ancora che n sia uscente da Vt (e quindi n sar` uscente da Vt ). S(t, X, n)d rappresenta la forza che Vt esercita su Vt a attraverso d, mentre S(t, X, n)d rappresenta la forza che Vt esercita su Vt attraverso d. Tali forze, dal punto di vista sico devono essere uguali e contrarie se si vuole usare (in realt` a estendere) lo schema concettuale della meccanica classica. La funzione (X, n) S(t, X, n) ` detta stato tensionale del continuo al tempo t. e Osservazione importante. Come gi` notato nel caso generale, le denizioni (25) e (27) fanno uso a esplicitamente della struttura di spazio ane. Consideriamo la prima delle due per esempio. Ogni vettore f (t, X) ` applicato in un punto diverso e non avrebbe senso denire una somma (e e quindi lintegrale) di due di tali vettori essendo elementi di due spazi tangenti dierenti. In realt` a tutti questi vettori si possono pensare come appartenenti allo spazio vettoriale tridimensionale V 3 associato allo spazio ane. Cio`, dentro lintegrale in questione, la funzione X f (t, X) ` in e e realt` pensata come X X (f (t, X)), dove X : TX E3 V 3 ` lisomorsmo naturale tra spazi a e vettoriali che mappa lo spazio tangente TX E3 in V 3 . Inne lintegrale ` eseguito componente e per componente rispetto ad una base di V3 (il risultato, per linearit`, non dipende dalla base a scelta) e FVt ` un vettore in V 3 che non ha senso pensare in un particolare spazio tangente di e E3 : ` quello che si dice un vettore libero. e

3.2

Equazioni indenite della dinamica.

Consideriamo un continuo caratterizzato dalla densit` di massa , il campo di forze di massa a f e per ogni t, lo stato tensionale S(t, X, n) che supponiamo soddisfare tutti i requisiti assegnati precedentemente. Ulteriori requisiti che connettono tutti questi ingredienti sono dati dalle due equazioni indenite della dinamica, dette anche equazioni cardinali della dinamica. Il termine indenito ` riferito al fatto che tali equazioni sono scritte in termini e integro-dierenziali. La prima equazione cardinale della dinamica dei continui richiede che per ogni t R e per ogni porzione materiale di continuo V0 C0 con frontiera data da una supercie regolare a

26

tratti3 orientabile e tale che V0 C0 , valga: d dt (t, X)V(t, X) d(X) =


Vt Vt

(t, X)f (t, X) d(X) +


Vt

S(t, X, n(X)) d(X) .

(29)

Sopra n(X) ` il versore uscente da Vt normale a Vt nel punto X. La richiesta V0 C0 e equivalente a Vt Ct , deriva dal fatto che vogliamo che Vt Ct per poter scrivere il secondo integrale di sopra. Linterpretazione sica della (29) ` ovvia: aerma che la variazione della quantit` di moto e a per unit` di tempo associata alla porzione V0 uguaglia la somma delle forze totali agenti su tale a porzione materiale di continuo. Si tratta della diretta generalizzazione ai sistemi continui della prima equazione cardinale della dinamica per i sistemi di punti materiali. La seconda equazione cardinale della dinamica dei continui richiede che, ssato un punto O E3 arbitrario, per ogni t R e per ogni porzione materiale di continuo V0 C0 con frontiera data da una supercie regolare orientabile e tale che V0 C0 , valga: d dt (t, X) (X O) V(t, X) d(X) =
Vt Vt

(t, X) (X O) f (t, X) d(X) (X O) S(t, X, n(X)) d(X) .


Vt

(30)

Sopra X O ` il vettore determinato dai punti O e X nello spazio ane E3 , altrimenti indicato e come OX. Linterpretazione sica della (30) ` chiara: aerma che la variazione per unit` di tempo del e a momento angolare rispetto al polo O (sso nel riferimento I considerato) associato alla porzione V0 uguaglia la somma dei momenti, rispetto allo stesso polo, delle forze totali agenti su tale porzione materiale di continuo. Si tratta dalla diretta generalizzazione ai sistemi continui della seconda equazione cardinale della dinamica per i sistemi di punti materiali. Un continuo in generale interagisce con lesterno ad esso anche con forze superciali. Questo signica che si dovr` tener conto, almeno in certi casi sicamente rilevanti, di forze che agiscono a sul continuo attraverso la supercie Ct , supposta regolare. Si osservi che a rigore i punti di Ct non sono punti del continuo. Ulteriormente le funzioni considerate no ad ora come , V e S non sono denite su Ct . Ci` che accade al bordo del continuo pu` venire inglobato nella o o teoria in due modi dierenti. Si pu` postulare di assegnare (almeno in parte) il comportameno to del continuo sul bordo, come per esempio si fa studiando i liquidi viscosi assumendo che al bordo dei canali in cui scorre il liquido il campo di velocit` sia nullo e che la densit` di massa a a
Cio` data dallunione nita di porzioni chiuse superci regolari i che si intersecano per mezzo delle sole e frontiere date da curve regolari a tratti e tali che, sulle intesezioni delle i esistono i limiti del vettore normale a ciascuna i , ma in generale non coincidono se calcolati a partire da punti interni a dierenti i . Un esempio di tale supercie regolare a tratti ` banalmente la supercie di un cubo oppure di un tetraedro: la i sono le facce e piane di tali superci e le frontiere di esse in cui si interscano sono gli spigoli.
3

27

sia una funzione da determinare che ammetta limite nito verso il bordo. Alternativamente si pu` supporre che le equazioni (29) e (30) continuino a valere no al bordo incluso assumendo o opportune ipotesi di regolarit` dei limiti verso il bordo di tutte le funzioni coinvolte nelle leggi a di sopra (includendo i limiti delle necessarie derivate). Cercheremo ora di trascrivere le equazioni indenite date sopra in termini dierenziali e locali esattamente come abbiamo fatto per lequazione della conservazione della massa che ` e stata trascritta come equazione di continuit` della densit` di massa. a a Facendo uso di (21) nel primo membro della prima equazione cardinale (29), essa viene trascritta come (t, X)
Vt

D V(t, X) f (t, X) Dt

d(X) =
Vt

S(t, X, n(X)) d(X) .

(31)

Se fosse possibile esprimere il secondo membro come un integrale su Vt , per larbitrariet` di tale a volume, potremmo riformulare lequazione in termini dei soli integrandi. Vedremo come fare ci` o tra poco dopo avere dimostrato il teorema di Cauchy. Per quanto riguarda la seconda equazione cardinale, notiamo che D (X O) = (X O) + Dt t
V (X

O) =

V (X

O)

e ancora notando che in coordinate cartesiane ortonormali centrate in O (ma il risultato non dipende da tale scelta) V(t,X) (X O) = V(t, X) . Facendo inne uso di (21) nel primo membro di (30) e notando che V V = 0, (30) si riduce alla forma equivalente (t, X) (X O)
Vt

D V(t, X) f (t, X) Dt

d(X) = (32)

(X O) S(t, X, n(X)) d(X) .


Vt

Anche qui notiamo che se fosse possibile esprimere il secondo membro come un integrale su Vt , per larbitrariet` di tale volume, potremmo riformulare lequazione in termini dei soli integrandi. a

3.3

Il Tensore degli Sforzi di Cauchy.

Dimostriamo il teorema di Cauchy che prova che gli sforzi sono ottenibili da un tensore simmetrico. Tramite tale campo tensoriale, le equazioni della dinamica si possono esprimere in modo dierenziale e locale. Teorema 3.1 (Teorema di Cauchy). Si consideri un continuo con usso F, densit` di massa a , densit` di forze di massa f , e funzione degli sforzi S deniti da funzioni di classe C k (C) con a 28

k 2 congiuntamente in tutte le variabili (incluso n S2 per lo stato tensionale)4 . Si supponga che su tutto C sia soddisfatta lequazione di continuit` della densit` di massa (18) unitamente a a alle due equazioni cardinali (29), (30) ed al principio di azione e reazione (28). Sotto tali condizioni esiste un campo tensoriale ij = ij (t, X) la cui regolarit` in t, X ` la a e stessa di S(t, X, n) tale che, per ogni (t, X) C: (a) la funzione n S(t, X, n) si esprime come S i (t, X, n) = i j (t, X)nj , (b) (t, X) ` simmetrico cio e e ij (t, X) = ji (t, X) . Il tensore (t, X) ` detto tensore degli sforzi di Cauchy. e Dimostrazione di (a). Consideriamo un istante ssato arbitrariamente t R e un punto ssato arbitrariamente X Ct . Scegliamo un sistema di coordinate cartesiane ortonormali centrate in X che dora in poi indicheremo con O. Consideriamo un versore n che possiamo sempre pensare con componenti strettamente positive ni , i = 1, 2, 3 rispetto agli assi detti, eventualmente ruotando gli assi di riferimento. Consideriamo il segmento P ( ) = O + n con ]0, h] e h > 0 costante e consideriamo la classe di tetraedri chiusi {T } ]0,h] contenuti nellottante di coordinate non negative rispetto ai tre assi coordinati e ottenuti intersecando i piani perpendicolari a n con i piani coordinati. Scegliamo h piccolo a sucienza, in modo che tali tetraedri siano tutti sottoinsiemi di Ct . Sia (n) la base di T relativa allaltezza O P ( ) e si indichi con (ei ) la faccia di T perpendicolare al versore di base ei . Dalla prima equazione cardinale (31) (in cui abbiamo usato anche lequazione di continuit`) per a il volume materiale T abbiamo che 1 (n)
T

(33)

(34)

(t, X)

D V(t, X) f (t, X) Dt

d(X) =

1 (n)
T

S(t, X, n(X)) d(X)

(35)

dove, dora in poi, indica larea della supercie . Ora calcoleremo il limite per 0+ di entrambi i membri. In tale limite il tetraedro T diventa il punto O. Consideriamo il primo membro dellidentit` di sopra. In riferimento alla componente j-esima. Vale a 1 (n)
T

(t, X)

D j V fj Dt

1 (n)
T

(t, X)

D j V fj Dt

d .

Usando il teorema della media integrale (tenendo conto che gli integrandi sono continui), la disuguaglianza di sopra diventa: 1 (n)
4

(t, X)
T

D j V fj Dt

(T ) (n)

(t, X)

D j V fj Dt

(t,X )

Queste ipotesi di dierenziabilit` possono essere indebolite notevolmente, ma sarebbe pi` complicato enunciare a u il teorema. Di fatto, leggendo la dimostrazione del teorema e tenendo conto delle equazioni che devono essere soddisfatte dalle singole funzioni, si ricavano le ipotesi minimali.

29

dove X T ` un punto opportuno. Si noti che (T ) = (n)/3, per cui: e 1 (n) essendo, a t ssato, Kt = sup (t, X)
XTh T

(t, X)

D j V fj Dt

d Kt , 3

D j V fj Dt

che ` nito nelle nostre ipotesi. Concludendo, nel limite per 0+ , il primo membro di (35) si e annulla. Come conseguenza di (35) dovr` anche valere: a lim 1 (n)
T

0+

S(t, X, n(X)) d(X) = 0 .

(36)

Ovvero, esplicitando lintegrale scritto sopra: lim 1 (n)


(n) 3

0+

S(t, X, n) d(X) +
i=1 (ei )

S(t, X, ei ) d(X)

=0.

Considerando la componente j-esima ed usando nuovamente il teorema della media, otteniamo che, per opportuni punti Xj, (n) e Xj, ,i 1 (n) e 1 (n)
(ei ) (n)

S j (t, X, n) d(X) = S j (t, Xj, , n) ,

S j (t, X, ei ) d(X) =

(ei ) (n)

S j (t, Xj, ,i , ei ) .

Con banali considerazioni geometriche5 si trova subito che (ei ) (n) = ni ,

per cui (36) si pu` riscrivere, facendo uso di (28): o


3 0+
5

lim

S (t, Xj, , n)
i=1

ni S j (t, Xj, ,i , ei )

=0.

Si osservi che

(ei ) (n)

` il coseno dellangolo tra la supercie (ei ) e la supercie (n) normale a n. Se si e

considera il triangolo rettangolo di vertici O, O + n ed il punto che si trova su (n) e sulla retta per O che ha come versore la proiezione (normalizzata) di n sul piano normale a ei , il coseno dellangolo suddetto coincide con il coseno direttore i-esimo del versore n in quanto i due angoli corrispondenti coincidono.

30

Dato che i tetraedri si riducono a O per 0+ e che tutte le funzioni considerate sono continue si conclude che
3

S(t, O, n) =
i=1

ni S(t, O, ei ) .

(37)

Dato che il punto O era generico, torniamo ad indicarlo con X Ct . Se estendiamo la denizione della funzione n S(t, X, n) a vettori (non solo versori), ponendo S(t, X, 0) := 0 e, per v = 0, S(t, X, v) := |v|S(t, X, v/|v|), si verica subito che, se u = ui ei , in virt` della (37) u
3

S(t, X, u) =
i=1

ui S(t, X, ei ) .

(38)

Dalla (38) otteniamo inne immediatamente che sussiste la relazione: S(t, X, u + v) = S(t, X, u) + S(t, X, v) , per ogni , R e u, v TX E3 . Quindi u S(t, X, u) ` un applicazione lineare da TX E3 e 3 ed ` quindi descrivibile, per un noto teorema di calcolo tensoriale, da un tensore di in TX E e TX E3 TX E3 . In rappresentazione astratta indiciale, in particolare: S j (t, X, n) = ji (t, X)ni . (39)

Si osservi che tenendo sso n S2 , lidentit` di sopra mostra che il campo tensoriale individuato a dal tensore di Cauchy deve avere la stessa regolarit`, in (t, X) di S(t, X, n). Abbiamo concluso a la dimostrazione del punto (a). La dimostrazione di (b) ` basata sulla seconda equazione care dinale. La daremo tra poco dopo avere riscritto le equazioni cardinali usando e solo la parte (a). 2 Commenti. (1) Fissiamo un base per TX E3 , {ei }i=1,2,3 non necessariamente ortonormale. Da teoremi noti di calcolo tensoriale, S(t, X, ek ) = S(t, X, ek ), ei ei ossia S j (t, X, ek ) = S(t, X, ek ), ej per cui usando (39) a primo membro
i ji (t, X)k = S(t, X, ek ), ej

ossia jk (t, X) = S(t, X, ek ), ej . 31 (40)

Se la base usata ` ortonormale, tenendo conto dellidenticazione naturale tra spazio tangente e e cotangente individuata dal prodotto scalare, lidentit` di sopra si scrive equivalentemente6 : a jk (t, X) = (S(t, X, ek )|ej ) = S(t, X, ek ) ej . (41)

Tali identit` sono utili nel calcolo eettivo del tensore degli sforzi. a (2) Si ssino t R e X Ct . Il tensore degli sforzi (t, X), ` rappresentato da una matrice reale e simmetrica in una base ortonormale dello spazio tangente [] di elementi ij = i j . Tale matrice si potr` quindi diagonalizzare in R3 tramite una rotazione: R []Rt = diag(1 , 2 , 3 ). In altre a parole, leggendo il risultato in TX E3 , esisteranno in TX E3 al tempo t, tre vettori mutuamente ortogonali e normalizzati f1 , f2 , f3 (corrispondenti alla base ortonormale in cui la matrice di ` e in forma diagonale) detti direzioni principali tali che (senza somma su i!) (fi ) = i fi . Le forze di supercie relative ai piani normali a ciascun fi sono quindi esercitate lungo la stessa direzione normale. Si noti che le direzioni principali dipendono dal tempo t e dal posto X.

3.4

Le equazioni cardinali della dinamica dei continui in forma dierenziale locale.

Torniamo alle equazioni cardinali della dinamica (31) e (32) e trascriviamole in termini locali facendo uso della parte (a) del teorema di Cauchy. La prima equazione si pu` riscrivere, usando o coordinate cartesiane ortonormali: (t, X)
Vt

D i V (t, X) f i (t, X) Dt

d(X) =
Vt

i j (t, X)nj d(X) .

Usando il teorema della divergenza (in coodinate cartesiane), lidentit` di sopra si pu` riscrivere a o (t, X)
Vt

D i V (t, X) f i (t, X) Dt

d(X) =
Vt

ij (t, X) d(X) . xj

Per larbitrariet` di t e Vt , usando la Proposizione 2.1, lidentit` di sopra equivale alla richiesta a a che per ogni (t, X) C, 1 ij D i V (t, X) f i (t, X) (t, X) = 0 , Dt (t, X) xj
Si consideri uno spazio vettoriale reale di dimensione n, dotato di un prodotto scalare (denito positivo), (|), e sia e1 , , en una base ortonormale. Se fi indica il vettore covariante ottenuto da ei tramite lisomorsmo naturale tra lo spazio vettoriale ed il suo duale dovuto al prodotto scalare, deve essere ek , fi = (ek |ei ) = ik . Ma lidentit` ek , fi = ik denisce univocamente, come noto, la base duale e1 , , en associata a e1 , , en . In a altre parole, per basi propriamente ortonormali risulta fi = ei . Di conseguenza (a|ej ) = (ai ei |ej ) = ai (ei |ej ) = ai ei , ej = a, ej . Ossia, in uno spazio vettoriale reale di dimensione n dotato di un prodotto scalare, per un generico vettore controvariante a vale (a|ej ) = a, ej , in riferimento ad una qualsiasi base ortonormale e1 , , en .
6

32

dove abbiamo tenuto conto della positivit` di . In coordinate arbitrarie ed indicando con ,j a la derivata covariante rispetto alla j-esima coordinata j , lidentit` di sopra diventa la prima a equazione cardinale dei continui in forma dierenziale e locale: D i 1 V (t, X) f i (t, X) ij ,j (t, X) = 0 . Dt (t, X) (42)

Passiamo ora a (32). Essa si riscrive, usando il tensore degli sforzi ed in coordinate cartesiane ortonormali centrate in O: (t, X)
Vt j ijk x

D k V (t, X) f k (t, X) Dt

d(X) =
Vt

j k l ijk x l (t, X)n (X)

d(X) ,

dove abbiamo introdotto lo pseudotensore di Ricci ijk che ` costante in coordinate cartesiane e ortogonali. Usando unaltra volta il teorema della divergenza ed il fatto che le componenti di sono costanti nelle coordinate dette, troviamo analogamente a quanto visto per la prima equazione cardinale, che la validit` dellidentit` integrale trovata per ogni t e volume materiale a a regolare con frontiera regolare equivale a
ijk

xj

D k 1 V xj f k (xj kl ) = 0 Dt xl

ovvero:
ijk

xj

1 D k V xj f k (lj kl + xj kl ,l ) = 0 Dt D k kl ,l 1 V fk = Dt
ijk kj

ovvero:
j ijk x

Si noti che assumendo la prima equazione cardinale nella forma (42), il primo membro risulta essere nullo e la seconda equazione cardinale si riduce a:
ijk kj

=0.

Moltiplicando per

pqi

e ricordando che
pqi ijk p q p q = j k k j ,

lidentit` trovata si riduce a a


p q p q (j k k j ) kj = 0 ,

ossia, per ogni (t, X) C, vale la seconda equazione cardinale dei continui in forma dierenziale e locale: qp (t, X) = pq (t, X) . (43)

La simmetria di un tensore non dipende dalle coordinate per cui quanto trovato vale in ogni sistema di coordinate. Questo risultato, tra le altre cose, prova la seconda parte del Teorema 33

3.1. Si osservi che procedendo a ritroso, abbiamo subito che (43) implica la seconda equazione cardinale (32) se si assume la prima equazione cardinale. In denitiva: la coppia di equazioni dierenziali locali (42) e (43) sono equivalenti alla coppia di equazioni integrodierenziali (29) e (30). Osservazione. Le equazioni cardinali della dinamica scritte in termini dierenziali e locali non necessitano della struttura di spazio ane per avere senso, al contrario di quelle indenite (integrodierenziali) come notato precedentemente. In eetti le (42) e (43) si prestano a generalizzazioni in ambiti lontani dalla sica classica. In particolare nella teoria della relativit` a generale in cui il tensore degli sforzi ` sostituito dalla sua diretta generalizzazione data dal tene sore energia-impulso. In tal caso la struttura di spazio ane sulla variet` ambiente ` impossibile a e in base agli stessi principi della teoria relativistica generale.

3.5

Relazioni Costitutive per i continui meccanici.

Riassumendo tutto quanto visto in questo capitolo, un continuo generico ` individuato da un e usso dierenziabile F = {Xt (t, )}tR , una densit` di massa dierenziabile , un campo difa ferenziabile di (densit` di) forze di massa f un campo tensoriale degli sforzi . Per ogni t R, a X Ct devono essere vericate le seguenti equazioni in forma locale dierenziale: lequazione di continuit`: a (t, X) + (t, X)V i (t, X) ,i = 0 ; t la prima equazione cardinale della dinamica: D i 1 V (t, X) f i (t, X) ij (t, X),j = 0 ; Dt (t, X) la seconda equazione cardinale della dinamica: ij (t, X) = ji (t, X) . A tali condizioni bisogna aggiungere, come vincolo, la richiesta di positivit` della densit` di a a massa per ogni t R, X Ct : (t, X) > 0 , unitamente ad ulteriori condizioni valide al bordo del continuo di cui si ` detto precedentemente. e Il problema della dinamica ` quello di determinare il usso del continuo, o pi` debolmente il e u campo di velocit` da cui, almeno localmente, si determina il usso7 . In tale problema si cona siderano funzioni assegnate, unitamente alle condizioni al contorno, le sole forze di massa f (nel
7 Una volta noto il campo di velocit` in rappresentazione euleriana, V = V(t, X), si devono considerare a il sistema di equazioni dierenziali dy i /dt = V (t, y 1 (t), y 2 (t), y 3 (t)), i = 1, 2, 3, che ammette soluzioni uniche 1 2 3 almeno localmente. Tali soluzioni, viste come funzioni di t e della condizione iniziale X0 = (X0 , X0 , X0 ) daranno i i i luogo ad una trasformazione dierenziabile (nelle nostre ipotesi di regolarit`) y = y (t, X0 ) con X0 = y i (0, X0 ). a Il usso ` allora dato (localmente) dalla trasformazione X i = y i (t, X0 ), i = 1, 2, 3. e

34

caso di continuo incompressibile sussiste lulteriore vincolo di densit` costante il cui valore ` a e assegnato che deve essere soddisfatto dalle soluzioni trovate e sussiste sempre il vincolo di positivit` di .) Le grandezze da determinarsi sono di conseguenza, per ogni tempo e punto, non a solo le 3 componenti del campo di velocit`, ma anche la densit` di massa e le 9 componenti del a a tensore degli sforzi. In tutto 3 + 1 + 9 = 13 funzioni incognite. Le equazioni assegnate sopra invece coinvolgono 1 + 3 + 3 = 7 equazioni indipendenti tra funzioni scalari. Di conseguenza sono necessarie altre 13 7 = 6 equazioni al ne di produrre, almeno in linea di principio, un sistema di equazioni dierenziali deterministico. Deve essere chiaro, daltra parte che le equazioni scritte sopra valgono per ogni genere di continuo, per cui le equazioni che mancano specicheranno il tipo di continuo che si intende considerare. Tali relazioni sono dette equazioni costitutive del continuo. Usualmente descrivono delle relazioni funzionali (dierenziali o integrodierenziali) tra le 6 componenti indipendenti del tensore degli sforzi e altri oggetti dinamici (i tensori di deformazione o di velocit` di deformazione del a continuo stesso). Noi abbiamo considerato solo continui meccanici e non termodinamici. In questo secondo caso ` altre grandezze ed altre equazioni entrano in gioco. E chiaro che in tal caso i principi genenrali della termodinamica devono essere estesi a sistemi continui cos` come abbiamo fatto per i principi della dinamica.

3.6

Bilanci energetici e velocit` di deformazione. a

Consideriamo una porzione materiale di continuo V0 C0 data dal solito insieme aperto regolare con frontiera regolare. Lenergia cinetica di tale porzione al tempo t R ` denita come la e diretta generalizzazione al caso continuo della denizione data nel caso di insiemi discreti di punti materiali: T (Vt ) :=
Vt

1 (t, X)V(t, X)2 d(X) . 2

(44)

In meccanica dei sistemi discreti sussiste il cosiddetto Teorema delle forze vive che aerma che la derivata temporale dellenergia cinetica del sistema uguaglia la potenza complessiva delle forze che agiscono sul sistema (interne ed esterne). Per ottenere un teorema analogo, calcoliamo la derivata temporale del primo membro facendo uso della Proposizione 2.2. dT (Vt ) = dt 2 DV i Vi d . 2 Dt

Vt

Facendo uso della prima equazione cardinale (42), dT (Vt ) = dt f i Vi d


Vt Vt

f i Vi + ij ,j Vi d =
Vt

ij Vi ,j d +
Vt

ij Vi ,j d .

35

Usando il teorema della divergenza, lultimo integrale si riscrive ij Vi nj d ,


Vt

mentre il secondo si riscrive, data la simmetria di ij , 1 ij (Vi ,j +Vj ,i ) d . 2 Vt In denitiva troviamo lequazione delle forze vive per i continui: dT (Vt ) (vol.) (sup.est.) = Vt + Vt dt Dij (t, X) ij (t, X) d(X) ,
Vt

(45)

dove abbiamo introdotto il campo tensoriale detto di velocit` di deformazione, (t, X) C, a Dij (t, X) := mentre (vol.) := Vt (sup.est.) Vt := 1 (Vi ,j (t, X) + Vj ,i (t, X)) , 2 (t, X)f i (t, X)Vi (t, X)d(X) ,
Vt

(46)

ij (t, X)nj (X)Vi (t, X)d(X) ,


Vt

sono rispettivamente la potenza dissipata dalla forze di massa nel volume Vt e la potenza dissipata dalla forze esterne sulla supercie Vt al tempo t. Lintegrale (stress) := Dij (t, X) ij (t, X) d(X) , Vt
Vt

rappresenta invece la potenza delle forze interne di stress dissipata nel volume Vt al tempo t. Esercizi 3.1. 3.1.1 Mostrare che (45) equivale allequazione dierenziale locale meno illuminante: D T(t, X) = f i Vi + ij ,j Vi V i Vi divV , Dt 2 dove T(t, X) := ` la densit` di energia cinetica. e a i V (t, X)Vi (t, X) , 2

36

La potenza dissipata dalle forze interne ` nulla in particolare quando il tensore di velocit` di e a deformazione si annulla identicamente. In ogni caso la dissipazione di energia da parte delle forze ` interne ` dovuta al fatto che il volume di continuo considerato si deforma. E importante notare e che la deformazione non include i moti rigidi del continuo: se il usso del continuo corrisponde ad un moto rigido, anche in un solo istante, non si ha deformazione e non si ha dissipazione di energia da parte delle forze interne di stress in quellistante. Vale infatti il teorema seguenente. Teorema 3.2. Se allistante t latto di moto del continuo ` rigido, ossia, per ogni X Ct e per e 3 e per vettori (costanti) , V V 3 , qualche X0 E 0 V(t, X) = V0 + (X X0 ) , allora Dij (t, X) = 0 , (stress) per ogni X Ct e di conseguenza V (t) = 0 per ogni porzione materiale di continuo regolare. Dimostrazione. Nelle ipotesi fatte, usando coordinate cartesiane ortonormali centrate in X0 : Vi ,p = 0 + da cui Vi ,p +Vp ,i = per lantisimmetria di . 2
ijp j ijk j

X k ,p =

ijp

pji

=0

3.7

Sistemi continui soggetti a forze di massa conservative.

Consideriamo lequazione delle forze vive (45) nel caso in cui le forze di massa siano conservative, ovvero f = u, dove la funzione dierenziabile u = u(X) non dipende da t e denita su E3 . Introduciamo la densit` di energia meccanica a
c (t, X) :=

V(t, X)2 + u(X) , 2

(47)

denita per t R, X Ct . Notiamo ancora che, se V0 C0 ` una porzione materiale di continuo e regolare, vale d Du u d = d . dt Vt Vt Dt Ma
Du Dt

= V u in quanto laltro addendo, u , ` nullo per denizione. Concludiamo che t e = V f e quindi: d (vol.) u d = Vt . dt Vt 37

Du Dt

Inserendo il risultato e la denizione di c nella (45) otteniamo lequazione di bilancio energetico per i continui soggetti a forze conservative: d dt (sup.est.) (t, X) c (t, X) d(X) = Vt Dij (t, X) ij (t, X) d(X) .
Vt

(48)

Vt

scrivibile in modo esplicito come: d dt (t, X) c (t, X) d(X) =


Vt Vt

ij (t, X)nj (X)Vi (t, X)d(X) Dij (t, X) ij (t, X) d(X) .


Vt

(49)

In tale formula si vede che, in generale la densit` di energia meccanica non si conserva ina seguendo una porzione materiale di continuo, ma ` dissipata dalle forze di volume e dalle forze e interne del continuo. La (49) non ` quindi unequazione di conservazione o di continuit`, ma e a solo unequazione di bilancio. Per ottenere una qualche forma di equazione di continuit` (cio` di a e conservazione) di qualche forma di energia, bisogna aggiungere a c un contributo energetico che dipende dalle forze interne del continuo, ma ci` non ` sempre possibile. Ci sono casi particolari o e in cui ` invece possibile denire una energia totale conservata: il caso dei uidi barotropici ed il e caso dei continui elastici. Non ` invece mai possibile nel caso di presenza di forze viscose (uidi e viscosi). Al solito, usando il teorema della divergenza nel primo integrale a secondo membro, usando le Proposizioni 2.1 e 2.2, una forma equivalente della (49) scritta in termini locali `: e (t, X) D ij ij c (t, X) + (t, X)Dij (t, X) ( (t, X)Vi (t, X)),j = 0 , Dt (50)

per ogni t R e X Ct . Per concludere diamo ancora una versione integrale della (49) usando un volume geometrico ssato. Prima di tutto, usando lequazione di continuit` della massa ` facile provare che (50) a e equivale a ( c ) + div( c V) + ij Dij ( ij Vi ),j = 0 , t per ogni t R e X Ct . Fissiamo ora un insieme regolare con frontiera regolare, V E3 , sucientemente piccolo perch` abbia senso quanto segue. Integrando lequazione trovata su V e ed usando il teorema della divergenza, si ha t
V c

d =
V

Jc (t, X) n d
V

Dij ij d ,

dove n ` al solito uscente e abbiamo introdotto il vettore di usso di energia meccanica: e Jc := (t, X) c (t, X)V(t, X) (V(t, X)) . 38

Lequazione trovata mostra che lenergia meccanica nel volume sso V pu` variare sia a causa o del usso di energia che entra/esce in tale volume, ma anche a causa di un termine di sorgente dovuto alle forze interne al continuo stesso.

39

4
4.1

Elementi di Meccanica dei Fluidi.


Fluidi ideali o perfetti, legge di Pascal.

Un continuo ` detto un uido quando, in condizioni di equilibrio, (cio` quando il campo di e e velocit` ` nullo e tutte le funzioni denite sul uido indipendenti dal tempo) gli sforzi sono a e normali alle superci corrispondenti. Ossia, per ogni X Ct = C0 e per ogni n S2 , S(X, n) = s(X, n)n . Ulteriormente, ` richiesto che lo sforzo sia sempre compressivo, ossia, per ogni X Ct = C0 e e per ogni n S2 , s(X, n) 0 . Un uido ` detto ideale o perfetto, quando la relazione di sopra sussiste per qualsiasi tipo di e usso: per ogni X Ct , t R, n S2 , S(t, X, n) = s(t, X, n)n . Si richiede ancora che lo sforzo sia compressivo. Commento. Il fatto che lo sforzo sia compressivo signica che la densit` di forza superciale a che il resto del continuo esercita su una porzione materiale Vt attraverso la supercie di essa, ` e sempre diretta verso linterno di Vt stesso. Il teorema di Cauchy ha una conseguenza immediata per i uidi, il cosiddetto principio di Pascal che assicura che la pressione non dipende dalla direzione n. Teorema 4.1. Ogni uido ha tensore degli sforzi allequilibrio dato da ij (X) = p(X)g ij (X) dove g ` il tensore metrico. In particolare, in coordinate cartesiane ortonormali e ij (X) = p(X) ij . I uidi ideali, indipendentemente dal usso hanno un tensore degli sforzi della forma ij (t, X) = p(t, X)g ij (X) . In particolare, in coordinate cartesiane ortonormali ij (t, X) = p(t, X) ij . La funzione p, detta pressione non dipende da n ed ` sempre non negativa in entrambi i casi. e

40

Dimostrazione. Dimostriamo la tesi per il primo caso, la prova ` la stessa nel secondo caso. e Fissiamo un punto X Ct e siano e1 , e2 , e3 delle direzioni principali per (p) (che danno luogo ad una base ortonormale). Sar` allora vero che (dove non c` la somma su i!), a e ij (X) = (i) (X) ij Scegliamo n =
1 (e1 3

+ e2 + e3 ). Dovr` essere a (X)n = s(X, n)n ,

ovvero in componenti 1 1 (i) (X) = s(X, n) , 3 3 per i = 1, 2, 3. Ci` implica in particolare che, per il punto X, (1) = (2) = (3) . Di conseguenza, o sar` a ij (X) = p(X) ij dove p 0 ` il valore comune dei tre autovalori. 2 e

4.2

Fluidi barotropici.

Un uido ` detto barotropico quando allequilibrio, soddisfa una relazione costitutiva del tipo: e (X) = g(p(X)) , dove g : [0, ) (0, ) ` una funzione dierenziabile nota. Un uido ideale ` detto barotrope e ico quando, per ogni usso, soddisfa una relazione costitutiva del tipo: (t, X) = g(p(t, X)) , dove g : [0, ) (0, ) ` una funzione dierenziabile nota indipendente dal usso. e Si osservi che quindi un uido barotropico ` soggetto a 7 equazioni costitutive date dalle 6 ree j j lazioni indipendenti in i = pi pi` la relazione di barotropicit` = g(p). In realt` viene u a a introdotta anche la nuova variabile p. In denitiva si hanno, riprendendo il discorso generale fatto precedentemente sul numero di variabili e di equazioni in un continuo generico: 13 + 1 = 14 variabili e 7 + 7 = 14 equazioni di vario genere. In linea di pricipio il sistema determina il usso del uido (o almeno il campo di velocit`) una volta assegnate opportune condizioni al contorno. a Dora in poi scriveremo semplicemente = (p) invece di = g(p) ogni volta che ci` non provoca o fraintendimenti. Per i uidi barotropici si introduce il potenziale barotropico: P(p) :=
p p0

dp , (p )

(51)

41

essendo p0 un valore di pressione arbitrario (P ` denito a meno di una costante arbitraria). La e dipendenza di da p usata sopra ` quella dovuta alla funzione g. Abbiamo scritto sopra (p) e invece di g(p) per evitare notazioni complicate. Si osservi che la funzione p P(p) ` sicuramente invertibile con inversa dierenziabile. Ci` ` e oe una conseguenza del fatto che (p ) > 0 per ipotesi per cui dP = ((p))1 > 0 dp che implica che la funzione p P(p) sia crescente e quindi invertibile, con inversa dierenziabile: dp = dP dP dp
1

>0.

Una relazione utile ` la seguente che segue subito dal primo teorema del calcolo e (P(p(t, X))) ,i = 1 p(t, X),i . (t, X) (52)

Esempi 4.1. 4.1.1. Un esempio banale di uido ideale barotropico ` un uido ideale incompressibile come e lacqua in condizioni normali (trascurando levaporazione). In tal caso la funzione g ` costante: e = 0 . Il potenziale barotropico vale semplicemente (a meno di costanti) P(p) = p . 0

4.1.2. Un esempio meno banale ` dato da un gas ideale in condizioni isoterme (tale situazione e si ha in condizioni opportune in meteorologia studiando porzioni ristrette di atmosfera). In tal caso vale lequazione dei gas perfetti: pV = KN T , dove T ` la temperatura costante, K ` la costante di Boltzmann e N ` il numero di particelle. e e e La relazione equivale a p(t, X) = CT (t, X) , dove, essendo C e T costanti, si ha una relazione di tipo barotropico. Il potenziale barotropico vale, se p0 ` una qualsiasi pressione di riferimento, e P(p) = CT ln p . p0

4.1.3. Consideriamo un modello di gas pi` sosticato che soddis lequazione di Van der Waals u a temperatura ssata: a p + 2 (v b) = RT . v 42

Sopra v ` il volume specico che ` proporzionale a 1/. Ridenendo il signicato delle costanti, e e lequazione di Van der Waals pu` essere riscritta: o p + a2 1 b = RT .

Le costanti a, b > 0 caratterizzano il tipo di gas, R ` la costante dei gas perfetti e T la solita e ` temperatura assoluta che ` supposta essere tenuta costante. E ben noto che se T ` grande, e e le curve p = p(v) (equivalente a p = p()) tendono ad assumere la forma caratteristica delle isoterme dei gas perfetti: iperboli. In tal caso la relazione p = p() pu` essere invertita in o = (p) ed il gas pu` considerarsi un continuo barotropico. Quando la temperatura si abbassa o no ad una temperatura detta critica, Tc , dipendente dal tipo di gas, la curva p = p(v) ammette un punto di esso a tangente orizzontale. Diminuendo ancora la temperatura, il punto di esso si separa in un minimo relativo, un esso ed un massimo relativo (nellordine detto procedendo da sinistra verso destra sullasse v) che coesistono nella curva p = p(v). In tal caso compare una banda sullasse p, compresa tra il minimo relativo ed il massimo relativo suddetti, in cui ad un valore di p sono attribuibili 3 valori di v e quindi di . Per temperature minori di Tc non ha quindi matematicamente senso il modello di uido barotropico. Dal punto di vista sico la ragione ` chiarissima. Temperature T < Tc corrispondono alla coesistenza di due fasi e del gas: quella gassosa e quella liquida. Il sistema sico, pu` essere un miscuglio instabile in o cui le due fasi coesistono senza separarsi, ma la separazione avviene rapidamente in seguito ad una perturbazione esterna (le gocce dacqua che formano la pioggia coesistevano, prima della separazione, nelle nuvole in forma di miscuglio instabile di acqua e vapore acqueo detto moisture). Quindi sotto la temperatura critica non ha senso il modello di continuo usato no ad ora. Al pi` si potrebbe usare un modello costituito da due continui coesistenti con u possibilit` di travaso di massa da uno allaltro (per cui lequazione di continuit` per ciascuno a a dei due continui necessiterebbe di un termine di pozzo/sorgente dipendente dallaltro continuo).

4.3

Statica dei uidi barotropici.

Riguardo alla statica dei uidi barotropici abbiamo il seguente risultato. Teorema 4.2. Condizione necessaria anch il usso di uido barotropico sottoposto ad un e campo di forze di massa f = f (X), sia in equilibrio (ossia il campo di velocit` sia nullo e a tutte i campi scalari e tensoriali deniti su di esso siano indipendenti dal tempo) ` che f sia e conservativo, ossia sia il gradiente di un campo scalare. In particolare vale f i (X) = 1 p(X),i . (53)

In tal caso le superci equipotenziali sono anche superci isobare (ossia a pressione costante) e isopicnotiche (ossia a densit` costante). a

43

Dimostrazione. La prima equazione cardinale (42), nellipotesi V = 0 identicamente, si scrive 1 f i = ij , j . Usando il Teorema 4.1, lequazione si riscrive fi = ovvero fi = 1 i p, . 1 p ij , j ,

Usando inne (52), dopo avere espresso P in funzione di p, che non dipende da t per ipotesi, si ha che la funzione P che risolve il problema statico soddifa P,i = f i . Ma questa equazione ci dice anche che f ` il gradiente di un campo scalare che non dipende da e t, ossia f ` conservativa. Essendo le superci equipotenziali normali a f esse devono coincidere e con le superci su cui P ` costante. Dato che, come visto, la funzione p P(p) ` invertibile, le e e superci equipotenziali coincideranno con quelle a p costente. Inne dato che = (p) per la barotropia, le superci saranno anche a costante. 2 Esercizi 4.1. 4.1.1 Considerare un uido incompressibile allequilibrio nel campo gravitazionale uniforme g = gez . Ricavare la legge di Stevino p(x, y, z) = p0 0 g z , dove z ` la quota verticale, 0 la densit` costante del uido e p0 la pressione alla quota z = 0. e a (Suggerimento. Usare lequazione dellequilibrio (53).) 4.1.2 Considerare un uido compressibile dato da un gas ideale allequilibrio nel campo gravitazionale uniforme g = gez , tenuto alla temperatura costante T0 . Dimostrare che p(x, y, z) = p0 e
gz CT 0

dove z ` la quota verticale, C una costante dipendente dal gas e p0 la pressione alla quota z = 0. e (Suggerimento. Usare lequazione dellequilibrio (53) tenendo conto dellequazione dei gas perfetti p = CT .)

44

4.4

Dinamica dei uidi perfetti barotropici: Equazione di Eulero e Teorema di Bernoulli.

Dalle denizioni date ` immediato vericare che la prima equazione cardinale per un uido ideale e ha la forma: DV i = f i p,i . Dt Sotto lipotesi di uido barotropico possiamo usare (52), ottenendo DV i = f i P,i . Dt ` E possibile esplicitare il primo membro in altro modo utile per alcune applicazioni sotto lipotesi che f sia data dal gradiente di un potenziale: f i (t, X) = u(t, X),i . Esplicitando il primo membro della prima equazione cardinale scritta sopra, si ha che essa ` e riscrivibile come: V i + V j V i ,j = (u + P) ,i . t Ci serve un risultato tecnico per procedere. Proposizione 4.1. Per un campo dierenziabile V su E3 , vale lidentit` a 1 V j Vi ,j = (V k Vk ),i + ([rotV] V)i . 2 Dimostrazione. Il primo addendo a secondo membro si esplicita banalmente in: V k Vk ,i . Passiamo al secondo addendo. Esplicitando in coordinate cartesiane ortonormali il rotore ed il prodotto vettoriale si ha: ([rotV] V)i = Quindi otteniamo: ([rotV] V)i = Vk ,i V k + Vi ,k V k . Raccogliendo i risultati ottenuti, il secondo membro di (54) ` e V k Vk ,i +(Vk ,i V k + Vi ,k V k ) = Vi ,k V k = V j Vi ,j . Questa ` la tesi. 2 e
ijk ( jqr

(54)

Vr ,q )V k =

jik

jqr

q r q r Vr ,q V k = (i k k i )Vr ,q V k .

45

Concludiamo che la prima equazione cardinale della dinamica per uidi ideali barotropici sottoposti a campi di forze di massa derivabili da un potenziale prende la forma dellequazione di Eulero: V(t, X) + (rotV(t, X)) V(t, X) = t u(t, X) + P(p(t, X)) +
V(t,X)2 2

V(t, X)2 2

(55)

Il campo scalare B(t, X) := u(t, X) + P(p(t, X)) +

` detto trinomio di Bernoulli. e

N.B. In questa equazione la dipendenza di P da p ` supposta nota e V e p stesso sono i campi e incogniti. Lequazione deve essere associata a (1) lequazione di continuit` e (2) alla relazione a nota = (p) usata per determinare la funzione P. Il numero di equazioni scalari ` 3 + 1 = 4 e e il numero delle funzioni scalari incognite ` ancora 4 (le 3 componenti di V e la pressione e p). In linea di principio le funzioni incognite sono determinabili dalle equazioni unitamente a condizioni al contorno. Lequazione di Eulero ha come conseguenza il noto teorema di Bernoulli ed alcune altre leggi empiriche della uidodinamica che ora diventano teoremi. Le superci di vortice usate nel teorema si deniscono analogamente a quelle di usso usando il campo di vorticit` al posto di quello a di velocit`. a Teorema 4.3 (di Bernoulli). Si consideri un uido ideale barotropico soggetto a forze di massa conservative e se ne consideri un usso stazionario con p indipendente dal tempo. Sotto tali ipotesi: (a) lungo le linee di usso (o corrente) si conserva il trinomio di Bernoulli B; (b) le superci a B costante sono anche superci di usso e di vortice; (c) se ulteriormente il usso ` irrotazionale, il trinomio di Bernoulli ` costante su tutta la cone e gurazione. Dimostrazione. Le equazioni di Eulero (55) si scrivono, se V non dipende dal tempo esplicitamente (usso stazionario) (rotV(X)) V(X) = B(X) , dove il trinomio di Bernoulli non dipende da t perch p e u non dipendono da t. Consideriamo e i = xi (u) che quindi soddisfa una linea di usso, in coordinate arbitrarie, x dxi = V i (x(u)) . du La variazione di B su di essa `: e dB(xi (u)) = V i (x(u))B(x(u)),i = V (rotV(X)) V(X) = 0 . du (56)

Questo perch i due fattori del prodotto scalare di sopra sono perpendicolare per costruzione. e (a) risulta quindi essere provato. Per quanto riguarda (b) notiamo che ogni supercie a B 46

costante ammette B,i come vettore normale, ma per la stessa (56), tale supercie ` parallela sia e a V che a rotV e ci` prova (b). Se inne rotV = 0, (56) prova che B = 0 per cui, essendo la o congurazione connessa, B = B(X) ` una funzione costante su di essa. Con questo anche (c) ` e e provato. 2 Esempi. 4.2. 4.2.1. Se prendiamo un contenitore largo ma non troppo alto, aperto in cima, e lo riempiamo di acqua, praticando un piccolo foro alla base del contenitore, lacqua esce ad una velocit` iniziale a pari a 2gh, dove h ` laltezza del pelo dellacqua e g laccelerazione di gravit`. La velocit` ` la e a ae stessa che ha un corpo che cade da unaltezza h quando tocca il suolo (trascurando gli attriti). Questa ` la Legge di Torricelli. Il fenomeno si ha quando il contenitore ` tanto largo e il buco e e tanto piccolo, che si pu` trascurare labbassamento del livello dellacqua a causa della fuoriuscita o dal foro e quando lacqua ` praticamente immobile se non nelle immediate vicinanze del foro. Il e fenomeno ` spiegabile con il teorema di Bernoulli. Assumiamo che nelle nostre ipotesi, dentro e il recipiente il uido si trovi in situazione stazionaria e irrotazionale. Siamo nel caso (c) del teorema di sopra. Assumiamo ancora che, dato che il contenitore non ` troppo alto, la prese sione p0 dellaria e quindi dellacqua sia la stessa sul pelo dellacqua e immediatamente fuori dal foro nel getto dellacqua. Deniamo nullo il potenziale gravitazionale alla quota del foro. Il campo di velocit` nel punto X vicino al pelo dellacqua ` nullo ed il trinomio di Bernoulli vale a e p0 p B(X) = gh + 0 . Nel foro invece il valore del trinomio ` semplicemente B(X ) = V2 /2 + 0 . e 0 Uguagliando i due valori segue la legge di Torricelli. 4.2.2. Come secondo esempio consideriamo il cosiddetto eetto Venturi. Prendiamo un condotto orizzontale a sezioni normali circolari in cui scorre acqua in usso stazionario e supponiamo che il condotto abbia sezioni di area dierente di raggi r < R rispettivamente. Assumiamo che i centri dei due cerchi abbiano la stessa quota. Si pu` vericare sperimentalmente che, quando o lacqua scorre la pressione nel centro della sezione di raggio minore ` minore di quella nella e sezione di raggio maggiore (eetto Venturi). Anche in questo caso il teorema di Bernoulli spiega leetto. In base alla legge di Castelli vista precedentemente e tenendo conto del fatto che lacqua ` incompressibile in condizioni normali, si ha subito che il modulo della velocit` dellacqua nella e a sezione di raggio minore deve essere maggiore del modulo della velocit` nella sezione di raggio a maggiore per conservare la portata. La costanza del valore del trinomio di Bernoulli su una linea di corrente che connette i centri (alla stessa quota) delle sezioni implica immediatamente leetto Venturi.

4.5

Rotazionalit` dei uidi ideali barotropici, Teorema di Thompson. a

Se ` dato un uido ideale barotropico e se il usso ` irrotazionale allora il campo di forze di massa e e ` localmente ottenuto come gradiente di un potenziale. Infatti, la prima equazione cardinale, e procedendo come per dedurre le equazioni di Eulero, risulta essere: V + (rotV) V = f t 47 P+ V2 2 .

Se il usso ` irrotazionale allora lequazione si riduce a e V =f t P+ V2 2 .

Calcolando ancora il rotore ad ambo membri (sotto lipotesi di V di classe C 2 per poter scambiare le derivate spaziali con quella temporale), si trova 0 = rotf P+ V2 2 .

Ma lultimo addendo ` nullo come ` immediato provare (rot grad = 0), per cui f ammette e e almeno localmente potenziale. Se quindi il campo di forze di massa non ` conservativo il usso non pu` essere irrotazionale. e o Cosa dire riguardo al usso quando il campo di forze ` conservativo, pu` essere non irrotazionale? e o Il seguente Teorema di Thompson chiarisce quando un uido ideale barotropico ha usso irrotazionale. Teorema 4.4 (di Thompson). Si consideri un uido ideale barotropico sottoposto a forze di massa conservative. Sia C0 una curva regolare chiusa di particelle di uido e t Ct la sua evoluzione al generico tempo t R secondo il usso. Vale d dt V d = 0 .
t

In particolare il campo di velocit` ammette potenziale (quindi ` irrotazionale) ad un arbitrario a e tempo t R se e solo se ammette potenziale al tempo t = 0. Dimostrazione. Lultima parte del teorema segue subito dalla prima in base al Teorema 1.2, per cui ci riduciamo a dimostrare la sola equazione scritta nella tesi. Lequazione di t sar` X = a X(t, X0 (s)), dove X0 = X0 (s) ` lequazione di 0 . Quindi introducendo coordinate cartesiane e ortonormali x1 , x2 , x3 : V d =
t 0

ij

xj (t, x0 (s)) xi dxk 0 ds . t xk ds 0

Possiamo derivare il primo membro passando il segno di derivata sotto lintegrale del secondo membro ottenendo: d dt Procedendo oltre d dt V d =
t 0

V d =
t 0

DVi xi k dx Dt xk 0 0 DV 1 d Dt 2 48

Vi
0

V i k dx . xk 0 0

Vi V i k dx0 . xk 0

Il secondo integrale ` nullo per costruzione, per cui, usando la prima equazione cardinale che e nelle ipotesi fatte `: e DV = (u + P) , Dt otteniamo d V d = (u + P) dxk = 0 . k dt t 0 x Questa ` la tesi. 2 e Il teorema ha un importante corollario. Corollario 4.1 Nelle ipotesi del Teorema 4.4, se C0 ` una supercie di vortice regolare e allora la sua evoluzione secondo il usso ` una supercie di vortice ad ogni istante. e Dimostrazione. Una supercie regolare t ` di vortice in Ct se e solo se per ogni curva regolare e chiusa t Ct , V d = 0 .
t

Lasciamo la prova di ci` per esercizio. A questo punto la tesi ` immediata notando che 0 0 o e se e solo se t t e che la circolazione non cambia evolvendo contemporaneamnete secondo il usso la curva e la supercie. 2.

4.6

Bilancio dellenergia per uidi ideali barotropici.

Consideriamo un continuo perfetto soggetto a forze conservative. Lequazione di bilancio energetico (49) ` in tal caso per ogni porzione materiale di continuo regolare con frontiera regolare e d dt
Vt c

d =
Vt

p divV d
Vt

pV n d .

(57)

dove abbiamo usato la forma del tensore degli sforzi di un uido ideale ij = pg ij . Assumeremo che il uido perfetto sia anche barotropico, in tal caso lequazione di bilancio di sopra assume una forma pi` semplice se si denisce opportunamente unenergia per le forze u interne al continuo. A tal ne deniamo la densit` di energia barotropica a ub (t, X) := P(p(t, X)) p(t, X) . (p(t, X))) (58)

Proposizione 4.2. La densit` di energia barotropica soddisfa lidentit`, per ogni t R, X Ct , a a (t, X) D ub (t, X) = p(t, X) divV(t, X) . Dt (59)

49

Dimostrazione.

D 1 p p d p 1 p ub = + 2 +V Dt t dp t t = = p d p +V 2 dp t

ub

p p d p + 2 p dp p = p d Dp p D = 2 . 2 dp Dt Dt

p d p +V 2 dp t

Usando inne lequazione di continuit` della massa si ha: a D p ub = 2 divV = 1 p divV, Dt che ` la tesi. 2 e Se inseriamo (59) in (57) otteniamo lequazione di bilancio energetico per un uido ideale barotropico: d dt (t, X)
Vt cb (t, X)d

=
Vt

p(t, X)V(t, X) n(X) d ,

(60)

dove abbiamo introdotto la densit` di energia meccanica totale: a


cb (t, X)

:=

V(t, X)2 + u(X) + ub (t, X) . 2

La forma locale di (60) `: e (t, X) D Dt


cb (t, X)

+ div (p(t, X)V(t, X)) = 0 .

Se inne introduciamo il vettore di usso energetico Jcb (t, X) := ((t, X)


cb (t, X)

+ p(t, X)) V(t, X) ,

la forma integrale dellequazione di bilancio, in riferimento a un volume geometrico sso V ` (lo e si provi per esercizio): t (t, X)
V cb (t, X)d

+
V

Jcb (t, X) n(X) d = 0 .

(61)

Esercizi 4.2. 4.2.1. Mostrare che se un uido ideale barotropico ` contenuto in un contenitore di volume V e ssato, allora qualunque sia il usso del uido, si conserva lenergia totale E=
V

(t, X)

cb (t, X)

d(X) .

50

(Suggerimento. Notare che il campo di velocit` sulle pareti del contenitore deve essere tangente a ad esse.) 4.2.2 Quanto vale ub per un uido incompressibile? 4.2.3. Mostrare che, per un uido incompressibile in regime stazionario (tutte le funzioni che lo caratterizzano sono cio indipendenti dal tempo), lequazione (61) unitamente alla legge di e Castelli implicano che la quantit` (trinomio di Bernoulli) V 2 /2 + u + p sia constante sulle a linee di usso. (Questa ` una dimostrazione semplicata di parte del teorema di Bernoulli che normalmente si e trova sui testi di sica elementare. In essa si vede che lequazione di Bernoulli, nel caso specico in esame ha un signicato energetico.)

51

5
5.1

Fluidi viscosi di Navier-Stokes.


Non sicit` della dinamica dei uidi ideali. a

I uidi reali non sono in generale sempre incompressibili, ma possono considerarsi tali con una buona approssimazione, per` hanno caratteristiche che comunque li dierenziano dal modello o ideale (barotropico) visto precedentemente. Il punto cruciale ` la viscosit` che esiste in natura e a nei uidi, completamente trascurata nel modello ideale basato sulle equazioni di Eulero. La viscosit` ` responsabile di forze, che si esercitano tra porzioni di uido contigue, che non sono ae dirette normalmente alle superci di separazione, ma hanno componenti tangenziali. Il tensore degli sforzi non pu` essere espresso semplicemente come (in coordinate cartesiane ortonormali): o ij , ma necessita di unaggiunta di un termine non diagonale responsabile delle forze di taglio p di cui sopra. La pressione p non ` quindi pi` in grado da sola di rendere conto della dinamica e u (anche se per la statica ` suciente). Chiunque abbia osservato lacqua scorrere in un canale e pu` avere osservato che, in regime non turbolento, il campo di velocit` ad una quota ssata ha o a modulo nullo ai bordi del canale dove lacqua ` ferma, mentre ` massimo al centro del canale. Lo e e stesso fenomeno di rallentamento del campo di velocit` allinterno de uido si ha avvicinandosi a al fondo del canale abbassando la quota di osservazione. La responsabilit` di ci` ` da attribuirsi a oe proprio alla parte non diagonale del tensore degli sforzi che frena le linee di corrente (in particolare vicino ai bordi del canale in cui i bordi stessi agiscono sul uido frenandolo). Mostriamo che il modello di uido ideale non ` in grado di rendere conto di tali fenomeni neme meno lontanamente. Consideriamo un canale a cielo aperto di lunghezza e larghezza innita ma profondit` nita H a pieno dacqua trattata come uido ideale incompressibile. Il liquido arriva no allorlo. In tale canale, sia x lasse di scorrimento del uido ideale e y la direzione trasversa, mentre z ` lasse e verticale. Lorigine degli assi ` sul fondo del canale. Il usso ` assunto stazionario e sottoposto e e al campo gravitazionale costante. Se assumiamo completa omogeneit` lungo lasse trasversale y a il campo di velocit` avr` la forma: a a V(X) = V (x, z)ex . Vogliamo determinare tale campo unitamente al campo di pressione p = p(x, y, z), usando il modello di uido ideale incompressibile (e quindi barotropico). Le equazioni da usare sono lequazione di continuit`, che si riduce alla solenoidalit` del usso a a divV = 0 , e le equazioni di Eulero nel caso stazionario, nel campo gravitazionale e per un uido incompressibile: V2 p (rotV) V = + + gz . 2 0 La prima delle due equazioni implica che il campo V pu` solo essere funzione di z. Inserendo o V(X) = V (z)ex 52

nella seconda troviamo le tre equazioni rispettivamente per lasse z, x e y: V dV dz = V dV 1 p g, dz 0 z

0 = 0 =

p , x p . y

In denitiva otteniamo che p(x, y, z) = p0 0 gz, dove p0 = patm. + 0 gH essendo patm. la pressione atmosferica. Il campo V = V (z)ex risulta essere completamente indeterminato. Se imponiamo la condizione di irrotazionalit` rotV = 0, ossia dV /dz = 0 (che pu` essere imposta a o nelle condizioni iniziali in un modello realistico in cui la stazionariet` vale solo in un periodo di a tempo denito)8 otteniamo banalmente che V = costante. ` E evidente che il risultato trovato non rende aatto conto di quanto accade nella realt` in cui il a campo di velocit` in generale dipende dalla quota e tende ad annullarsi in prossimit` del fondo a a del canale. Questa condizione non pu` essere imposta come condizione al contorno, perch` o e annullerebbe il campo di velocit` ovunque nel caso di irrotazionalit`, o non lo determinerebbe a a comunque in assenza del requisito di irrotazinalit`. I uidi ideali soddisfacenti lequazione di a Eulero sono stati deniti da Von Neumann acqua secca.

5.2

Il tensore degli sfozi di Navier-Stokes e le equazioni di N.-S.

Cerchiamo un modello di tensore degli sforzi per un uido (non ideale) che abbia un signicato sico pi` profondo. Il tensore degli sforzi dovr` avere una forma, in coordinate cartesiane u a ortonormali ij = pij + ij . Il termine ij ` responsabile delle forze di taglio, cio` non normali alle superci di continuo. e e Lidea intuitiva che vogliamo sviluppare ` che tali forze, o meglio sforzi, si esercitino quando e parti con velocit` dierenti, sia pure innitesimamente dierenti, vengono a contatto. ij non a dovr` quindi avere forma diagonale (diversamente dallaltro addendo che produce solo sforzi a ` normali) e si dovr` annullare per V = 0 ovunque, in cui si ricade nella situazione statica. E a chiaro che ij dovr` dipendere dal gradiente di V ovvero dal tensore: a Gij := Vi ,j . Se infatti il gradiente di V ` nullo anche se V non ` il campo nullo, possiamo trovare un e e riferimento in cui il campo di velocit` ` nullo e tutte le parti del continuo sono in quiete relativa: ae in tale riferimento dovrebbero essere assenti le forze di taglio. Daltra parte tali forze si devono pensare come forze vere e non forze inerziali ed essendo le forze vere invarianti al cambiare
In un modello non stazionario in cui si raggiunge la stazionariet` dopo un p` di tempo, la condizione a o di irrotazionalit` pu` essere pensata imposta al tempo t = 0 rimanendo valida per sempre per il teorema di a o Thompson.
8

53

del riferimento gli sforzi di taglio sarebbero nulli anche nel riferimento iniziale. Nel modello pi` semplice possibile di tensore degli sforzi possiamo assumere la dipendenza lineare di esso dal u tensore Gij per avere lannullamento per V 0. Ulteriormente assumeremo anche la dipendenza sia locale perch ci si aspetta che i fenomeni di attrito viscoso siano originati negli stessi punti e ed istanti in cui le parti di uido a diversa velocit` (con dierenze sia pure innitesime) vengono a a contatto. Notare che quindi la localit` ` intesa anche in senso temporale: il continuo non a e ha memoria del suo passato per quanto riguarda la relazione deformazione-sforzo. In tal modo giungiamo a postulare una forma del tipo: ij (t, X) = Nij
pq

(t, X)Gpq (t, X) ,

a a a dove il campo tensore Nij pq (t, X) non conterr` il campo di velocit` o le sue derivate e sar` simmetrico in i, j perch tale ` il primo membro dellidentit` di sopra. e e a Volendo anare il nostro modello, ci aspettiamo che le forze di taglio siano presenti solo quando il continuo si deforma realmente, cio` le parti vicine hanno velocit` dierenti anche innitesie a mamente, e non quando si ha un moto globale rigido del continuo. In questo caso potremmo trovare sempre un riferimento (in generale non inerziale) in cui il continuo, e tutte le sue parti sono in quiete (in particolare reciprocamente) annullando gli sforzi di taglio, che come detto non dipendono dal riferimento. Sappiamo che il tensore di velocit` di deformazione: a Dij := 1 (Vi ,j +Vj ,i ) , 2

ha la propriet` di annullarsi quando latto di moto ` rigido (Teorema 3.2). Si verica subito che a e lanalogo tensore: 1 Rij := (Vi ,j Vj ,i ) , 2 non gode di tale propriet`. Il tensore Gij si decompone come Gij = Dij + Rij . In base al a discorso appena fatto dobbiamo concludere che solo la parte simmetrica pu` prendere parte o nellespressione ij = Nij pq Gpq . In altre parole cerchiamo una forma di del tipo: ij (t, X) = Nij
pq

(t, X)Dpq (t, X) .

Si noti che ci` ` del tutto equivalente ad assumere la simmetria di Nij pq anche negli indici p, q. oe Passiamo a discutere la natura del campo Nij pq (t, X). Imponiamo il requisito di isotropia del continuo. Questo signica che, ad ogni tempo, ssato X Ct non ci devono essere direzioni privilegiate attorno a X per quanto riguarda la relazione tra Dij (t, X) e ij (t, X). In altre parole, facendo agire il gruppo delle rotazioni (rotazioni proprie, escludiamo qui le riessioni9 )
Il gruppo ortogonale O(3) ` decomposto in due insiemi aperti disgiunti (le sue componenti connesse): SO(3), e detto gruppo ortogonale speciale, e SOP (3). Il primo insieme ` un sottogruppo ed ` costituito dalle matrici e e ortogonali (dette rotazioni proprie) il cui determinante vale 1, il secondo sottoinsieme non ` un sottogruppo e non contenendo lidentit` ed ` costituito dalle matrici ortogonali (dette rotazioni improprie) il cui determinante a e vale 1. Tale insieme si ottiene da SO(3) moltiplicando i suoi elementi per la matrice P := I (inversione di parit`). Le rotazioni improprie contengono una riessione e pertanto non si possono generalmente attuare su un a corpo rigido senza distruggerlo e ricostruirlo. Le rotazioni proprie si possono attuare nella pratica semplicemente cambiando la posizione dellosservatore per mezzo della rotazione inversa.
9

54

su Dij (t, X), cio` ruotando il continuo attorno ad X con una rotazione arbitraria, ij (t, X) deve e trasformarsi con la stessa rotazione. Riguardo a N ij pq (t, X), ci` signica che, in coordinate o cartesiane ortonormali: Nij
pq

(t, X)Rp r Rq s = Ri p Rj q Npq rs (t, X) ,

(62)

per ogni matrice di rotazione R SO(3). Dalla denizione di SO(3), RRt = I e da (62) seguono subito le identit`: a
3 3

Nij
u=1

uu

= Ri Rj

q s=1

Npq ss .

(63)

e Tenendo conto che la matrice di coecienti 3 Nij uu ` simmetrica e quindi ha forma diagonale u=1 in qualche base ortonormale, linvarianza di tale matrice diagonale sotto qualunque rotazione come espresso in (63) implica facilmente che10
3

Nij
u=1

uu

= ij .

(64)

In modo analogo, sommando su i = j in (62) si prova che:


3

Nuu pq = pq .
u=1

(65)

Lo spazio su cui agisce la trasformazione lineare N , cio` lo spazio che contiene tutti i possibili e tensori Dij , ` quello dei tensori covarianti doppi simmetrici (V 3 V 3 )S . Vale a tal proposito e la seguente utile proposizione. Proposizione 5.1. Lo spazio dei tensori simmetrici di rango (0, 2), (V 3 V 3 )S ha una decomposizione come somma diretta di due sottospazi che sono invarianti ed irriducibili sotto lazione del gruppo delle rotazioni SO(3) SO(3). Tali sottospazi sono rispettivamente, lo spazio dei tensori simmetrici a traccia nulla S e lo spazio S dei tensori della forma gij (ij in coordinate cartesiane ortonormali). Traccia di dimostrazione. Il fatto che tali sottospazi siano invarianti separatamente sotto lazione del gruppo delle rotazioni (cio` un elemento s S oppure s S viene trasformato in un elemento e s, sij = Ri p Rj q spq , che appartiene ancora a, rispettivamente, S oppure S per ogni R SO(3)) ` una semplice conseguenza del fatto che la traccia tk di un tensore tij coincide con quella del e k tensore tij ottenuto da tij dallazione di un elemento qualsiasi della rappresentazione del gruppo delle rotazioni: tij = Ri p Rj q tpq . La dimostrazione di questo fatto ` ovvia dalla propriet` e a
10 Basta considerare rotazioni di SO(3) che scambiano alternativamente (a meno di segni) i versori della base ortonormale in cui la matrice ` diagonale . e

55

= pq . Il fatto che S sia irriducibile sotto lazione del gruppo delle rotazioni ossia S non contenga ulteriori sottospazi propri (cio` diversi da S stesso e dal sottospazio e contenente solo il vettore nullo) invarianti sotto lazione delle rotazioni ` ovvio avendo S e dimensione 1. Il fatto che anche S sia irriducibile sotto lazione del gruppo delle rotazioni ` un e fatto un p` pi` dicile da provare. La prova si basa sul fatto che se esistesse un sottospazio o u proprio di S invariante sotto le rotazioni, S sarebbe decomponibile come somma diretta di due sottospazi S1 , S2 propri invarianti sotto rotazioni. In tal caso i proiettori P1 , P2 su ciascuno di tali spazi dovrebbero commutare con gli elementi della rappresentazione considerata del gruppo delle rotazioni in S. Per computo diretto si verica che gli unici due proiettori Pi : S S che godono di questa propriet` sono lidentit` P1 = I e loperatore nullo P2 = 0 e pertanto i due a a sottospazi S1 e S2 sono quelli impropri: S stesso e {0}. Ulteriormente, se t (V 3 V 3 )S , possiamo sempre decomporre linearmente t come somma di un elemento di S ed uno di S nel modo seguente:
i Ri

pR q i

tij =

1 tij tk ij 3 k

1 + tk ij . 3 k

Questo comporta che (V 3 V 3 )S = S + S . Daltra parte si verica subito che S S = {0} dove 0 ` il tensore nullo. Concludiamo che (V 3 V 3 )S ` somma diretta di S e S , cio` e e e 3 V 3 ) = S S . 2 (V S Torniamo alla trasformazione lineare associata al tensore N . Dalla simmetria degli indici di Nij pq ` immediato vericare che N trasforma tensori simmetrici in tensori simmetrici. Cio`: e e N : (V 3 V 3 )S (V 3 V 3 )S . Si pu` dire molto di pi` usando anche (64) e (65). o u Proposizione 5.2. Il tensore N visto come trasformazione lineare N : (V 3 V 3 )S (V 3 V 3 )S ammette come spazi invarianti S ed S . Dimostrazione. Se t S cio` tij = aij , allora (N t)ij = aNij pq pq = aij , dove abbiamo usato e (64). Quindi (N t) S se t S . Ossia S ` invariante sotto N . Si osservi ora che per un e p 3 V 3 ) , la traccia di N t vale N i pq t generico tensore t (V i pq = tp dove abbiamo usato S (65). In particolare, se la traccia di t ` nulla, deve essere tale anche quella di N t. In altre parole, e anche S ` invariante sotto N . 2 e Abbiamo la seguente proposizione conclusiva. Proposizione 5.3. Il tensore N visto come trasformazione lineare N :SS SS 56

si riduce alla moltiplicazione per un ssato scalare in ognuno dei due sottospazi invarianti S ed S . (Lo scalare dipende in generale dal sottospazio scelto). Dimostrazione. Su S , che ha dimensione 1 per costruzione, lazione di N si deve ridurre alla moltiplicazione per uno scalare. Vediamo come N agisce su S. S ha dimensione 5 = 61 essendo dim((V 3 V 3 )S ) = 6 (spazio delle matrici reali simmetriche 3 3) e (V 3 V 3 )S = S S con dim(S ) = 1. La restrizione di N a S ` ancora una trasformazione lineare che pu` essere e o rappresentaata come una matrice reale 5 5 su una base arbitraria di S. Tale matrice ha almeno un autovalore reale11 . Varr` cio` che esiste un sottospazio di S, E , tale che a e Nt = t per ogni t E . Ma possiamo dire di pi`: E stesso dovr` allora essere anche un sottospazio invariante sotto u a lazione di SO(3) SO(3) dato che N commuta con gli elementi di tale gruppo per (62). Infatti usando (62), se t E , Npq ij Ri r Rj s trs (= Rp i Rq j Nij
rs

trs ) = Rp i Rq j tij .

Abbiamo trovato un sottospazio E di S che come S stesso ` invariante sotto lazione delle e rotazioni. Ma dato che S ` irriducibile, E non pu` essere un sottospazio proprio di S: E deve e o necessariamente coincidere con S stesso oppure ridursi al sottospazio banale {0}. Il secondo caso ` impossibile visto che E contiene qualche autovettore e per denizione gli autovettori non e sono mai nulli. Concludiamo che S = E e quindi, per ogni t S deve accadere che Nt = t , dove ` un numero reale che non dipende da t, ma solo da N . 2 e

Il tensore Dij ammette la decomposizione, nei due sottospazi detti e in coordinate ortonormali cartesiane, 1 1 k k Dij = Dij ij Dk + ij Dk . 3 3 Concludiamo che dovr` essere, tenendo conto di come N agisce nei due spazi detti, a 1 k pq (t, X) = (t, X) Dpq pq Dk 3 1 k + (t, X) pq Dk . 3

I coecienti (t, X) e (t, X) dipenderanno dal continuo. Sotto lipotesi di omogeneit` spaziale a ed omogeneit` temporale ed indipendenza dalla pressione e dalla densit`, assumeremo che tali a a
11 Se il polinomio caratteristico non avesse soluzioni reali, le soluzioni dovrebbero essere raggruppabili a coppie di numeri complessi coniugati, dato che il polinomio stesso ` reale. Ma il fatto che le soluzioni siano 5 non permette e ci`. o

57

coecienti siano delle costanti12 . In denitiva, raggruppando i termini in altro modo, il tensore degli sforzi complessivo, sotto le ipotesi di linearit`, isotropia ed omogeneit` spaziale e temporale (indipendenza dalla pressione a a e dalla densit`) diventa il tensore di Navier-Stokes per i continui viscosi (in coordinate a cartesiane ortonormali):
k ij (t, X) = p(t, X)ij + 2Dij (t, X) + ij Dk (t, X) ,

(66)

dove i coecienti costanti e sono i coecienti di Navier-Stokes e caratterizzano il continuo k viscoso. Il primo ` detto coeciente di viscosit` dinamica. Si noti che Dk = divV, per e a cui per i uidi incompressibili come lacqua, lultimo addendo del tensore di Navier-Stokes ` ase sente. Tale termine rende conto degli attriti interni al continuo sotto trasformazioni che dilatano il volume isotropicamente. Si osservi che non fornisce contributi di taglio al tensore degli sforzi, ma semplicemente un contributo dinamico alla pressione. I contributi agli sforzi di taglio sono invece dovuti al secondo addendo nellespressione di ij . Lunit` di misura di ` detta Poise e a e vale 1gr/(1cm 1s). H2 O 1.8 102 Poise. Osservazione. Una volta assegnati i coecienti e , la forma del tensore degli sforzi di NavierStokes fornisce le equazioni costitutive del uidi di Navier-Stokes. Le grandezze incognite per un uido viscoso di Navier-Stokes sono le 3 componenti del campo di velocit`, la pressione e la a densit` di massa: 5 grandezze. Le equazioni sono: le 3 equazioni che si ottengono dalla prima a equazione cardinale usando la forma del tensore di N-S, lequazione di continuit` ed una ulteriore a equazione che coinvolge la pressione. In denitiva ci sono tante equazioni quante incognite ed il problema del moto (determinazione campo di velocit` in funzione del tempo e dello spazio) ` a e risolvibile in linea di principio assegnando condizioni iniziali ed al contorno. Passiamo allequazione del moto dei uidi con tensore degli sforzi di Navier-Stokes. Usando la prima equazione cardinale dei continui (42) unitamente alla Proposizione 4.1 (analogamente a quanto fatto per ricavare lequazione di Eulero) troviamo che: V + (rotV) V + t dove
k ij := 2Dij + ij Dk .

V2 2

= f i p,i + ij ,j .

Sviluppando il secondo membro, tenendo conto di Dij = 1 (Vi ,j +Vj ,i ) e del fatto che, come gi` a 2 k notato Dk = divV, si ottengono le famose equazioni di Navier-Stokes che devono valere per ogni t R e X Ct : V + (rotV) V t = f p + V V2 2 + ( + ) (divV) , (67)

12 Potrebbero infatti essere funzione di pressione e densit` del uido nel punto ed allistante considerato, tramite a una funzione che non dipende esplicitamente dal punto e dallistante.

58

dove si ` usata la notazione usuale (V)i := V i ,j per loperatore Laplaciano. Questa equazione e j si trova anche scritta come (mostrare per esercizio che in eetti quanto segue ` equivalente e allequazione di sopra) con ovvie notazioni, V + (V t )V = f p + V + ( + ) (divV) , (68)

Nel caso di uido incompressibile con densit` 0 , (67) diventa ogni t R e X Ct : a V p + V + (rotV) V = f t 0 V2 2 , (69)

dove := /0 ` il coeciente di viscosit` cinematica. Alternativamente, la (69) si pu` e a o riscrivere V + (V t p 0

)V = f

+ V ,

(70)

Osservazioni. (1) I termini V e (divV), non sono invarianti per il cambiamento del segno al parametro temporale. Tale fatto ` proprio ci` che ci si aspetta quando sono presenti fenomeni dissipativi e o che introducono processi irreversibili. (2) Il problema dellesistenza ed unicit` delle soluzioni (in senso forte, cio` date da funzioni a e regolari) dellequazione di Navier-Stokes (in tre dimensioni spaziali), per esempio per un uido in moto in una regione , unitamente a condizioni al bordo (V(t, ), t R) ed iniziali (V(t = 0, X) regolari, X ) ` un problema matematico tuttora aperto e di grande rilevanza e nella matematica pura. Esercizi 5.1. 5.1.1. Si assuma di lasciare cadere lipotesi di dipendenza lineare del tensore degli sforzi ij da Dij assumendo in ogni caso localit` isotropia ma ammettendo una possibile dipendenza a polinomiale di ij dal tensore Dij tramite un polinomio di grado (nito) arbitrario con termine costante nullo (in modo tale che la parte viscosa del tensore degli sforzi si annulli per Dij = 0) ed a coecienti costanti. Mostrare che, in tal caso, lespressione pi` generale per ij in coordinate u arbitrarie ` e k p(t, X)gij + 2Dij (t, X) + gij Dk (t, X) + Di k Dkj , (71) con costante. Traccia di Soluzione. Ammettendo una dipendenza polinomiale da Dik , lavorando in coordinate cartesiane ortonormali il termine aggiunto allespressione di Navier-Stokes per ij ` un e ` polinomio a coecienti costanti di potenze della matrice i cui elementi sono i coecienti Dik . E immediato vericare che tali potenze producono tensori che rispettano il vincolo di isotropia (Si osservi che il prodotto righe per colonne corrisponde a contrazioni tensoriali e non c` ambiguit` e a nella scelta degli indici da contrarre). Tuttavia bisogna tenere conto del fatto che la matrice i 59

cui coecienti sono le componenti Dik ` una matrice quadrata del terzo ordine ed ` pertanto e e soluzione del suo polinomio caratteristico che ` del terzo ordine. In tal modo tutti i termini e in potenze di Dij di ordine superiore al secondo possono essere espressi come un polinomio, a coecienti costanti, di secondo grado in Dij . 5.1.2. Mostrare che, in riferimento allesercizio precedente, la richiesta di coecienti costanti nella dipendenza polinomiale di ij da Dij ` una richiesta pi` forte dellomogeneit` spazioteme u a porale ed indipendenza dalla pressione e dalla densit`. (Nel caso trattato nel testo la richiesta di a dipendenza lineare unitamente allomogeneit` ed allindipendenza dalla pressione e dalla densit`, a a implica la costanza dei coecienti di Navier-Stokes.) Traccia di Soluzione. Si consideri, per esempio, la possibile dipendenza polinomiale isotropa del quarto ordine:
k ij = p(t, X)gij + 2Dij (t, X) + gij Dk (t, X) + Dpq Dpq Di k Dki ,

(72)

soddisfa la richiesta di omogeneit` spaziotemporale, ma i coecienti del polinomio non sono a costanti. Si osservi che non si pu` ricondurre tale polinomio ad uno del secondo ordine in Dij . o

5.3

Il numero di Reynolds.

Per concludere facciamo qualche commento sul cosiddetto numero di Reynolds. Supponiamo di dover risolvere il problema di determinare il usso di un uido viscoso incompressibile sottoposto a forze di massa conservative, in cui ` presente una lunghezza caratteristica L (per es. il diametro e di un ostacolo). Sia U la velocit` caratteristica del problema (es. il modulo della velocit` a a lontano dallostacolo). Introduciamo le variabili adimensionali x = x/L, t = tU/L, V = V/U . Lequazione di Navier-Stokes con forza di massa conservativa f = u, nelle nuove variabili diventa: V + (rot V ) V = t p + V2 2 + 1 V , R (73)

dove gli operatori dierenziali primati sono riferiti alle coordinate cartesiane ortogonali adimensionali introdotte sopra, p := u+p/0 e U2 R := LU LU 0 =

` il numero di Reynolds. e Se R 1 il termine di viscosit` R V nellequazione di Navier-Stokes di sopra ` trascurabile. a 1 e Le equazioni tornano ad essere quelle di Eulero. Tuttavia ` noto che a causa dei termini non e lineari dellequazione di Eulero, le soluzioni sono instabili13 . Questa instabilit` ` sperimentalae mente evidenziata dal fatto che nei sistemi sici costituiti da uidi viscosi con grande numero di Reynolds il moto del uido presenta il fenomeno sico detto turbolenza, per cui ` di fatto e
13 Per chiarire questa aermazione in termini rigorosi bisognerebbe studiare le soluzioni in opportuni spazi funzionali in funzione delle condizioni iniziali/al contorno.

60

impossibile associare un campo di velocit` al uido. Se R a 1, dal punto di vista sperimentale il moto del uido ` tale che il campo di velocit` (e quindi il usso) risulta essere ben denie a bile. Tale situazione usualmente corrisponde a velocit` piccole in molti casi particolari. Ci` a o ci autorizza a trascurare i termini quadratici nella velocit` nellequazione di Navier-Stokes (69). a Se si aggiunge la richiesta di stazionariet`, nel caso di forze di massa conservative, si arriva a allequazione di Stokes: u+ p 0 = V , (74)

che descrive uidi molto viscosi in regime di velocit` basse. Tale equazione ` ben nota e risolta a e in molti casi particolari.

5.4

Il segno del parametro di Navier-Stokes: considerazioni energetiche.

Fino ad ora non abbiamo assunto che il segno del parametro di Navier-Stokes fosse positivo. Proviamo ora che deve essere cos` con alcune considerazioni basate sui bilanci energetici e su ci` o che accade nella pratica lavorando con continui viscosi. Consideriamo un uido incompressibile viscoso che assumeremo essere descritto dalle equazioni di Navier-Stokes nel caso incompressibile. Tale uido sia sottoposto al campo gravitazionale e rinchiuso in un recipiente rappresentato da un insieme V E3 regolare con frontiera regolare completamente pieno di uido. Sulle pareti del recipiente il campo di velocit` ammette limite sempre nullo (questa ` la condizione di aderenza a e che si impone con i uidi viscosi). Assumeremo che anche il tensore degli sforzi ammetta un limite nito sulle pareti del recipiente. Lesperienza mostra che (per i liquidi viscosi), se al tempo t = 0 il campo di velocit` nel uido non ` nullo, e se non avvengono sollecitazioni a e dallesterno, dopo un certo tempo il campo di velocit` si sar` ridotto al campo nullo. Lenergia a a cinetica iniziale sar` stata trasformata in energia interna termodinamica. Dato che lenergia a cinetica Tt (V ) passa da un valore positivo a quello nullo, ci dovr` essere almeno un istante in a dTt (V ) cui dt < 0. Mostriamo che tale fatto implica che il coeciente sia strettamente positivo. Useremo la teoria sviluppata in 3.6. Consideriamo il teorema delle forze vive (45): dTt (V ) (stress) (sup.est.) (vol.) , + V,t = V,t + V,t dt dove (vol.) := V,t (sup.est.) V,t := (t, X)f i (t, X)Vi (t, X)d(X) ,
V

(75)

ij (t, X)nj (X)Vi (t, X)d(X) ,


V

(stress) V,t :=

Dij (t, X) ij (t, X) d(X) .


V

61

k Facendo uso del tensore di Navier-Stokes (66) nel caso incompressibile, ossia Dk = 0 identicamente, si ha (stress) Dij Dij d . V,t = 2 V

Ulteriormente, dal fatto che f (X) = u(X) (vol.) V,t := u(X) Vd =


V V

div (u V) d +
V

u div (V) d .

I due termini dopo lultimo segno di uguaglianza sono entrambi nulli: il primo si annulla trasformandolo in un integrale di supercie e tenendo conto che il campo di velocit` ` nullo sulla a e supercie, il secondo integrale, pu` essere scritto come o
V

u divVd

dato che ` costante, e si annulla perch divV = 0 per la stessa incompressibilit` insieme e e a (vol.) allequazione di continuit` della massa. Concludiamo che V,t a = 0 sempre. Ma vale anche (sup.est.) V,t = 0, nuovamente per il fatto che il campo di velocit` si annulla su V . a In denitiva possiamo riscrivere la (75) come dTt (V ) = 2 dt Dij Dij d .
V

(76)

Dato che lintegrando a secondo membro ` ovunque non negativo (in coordinate cartesiane e 3 (Dij )2 ), e dato che per qualche t il primo membro ` negativo, e ortonormali si riduce a 3 j=1 i=1 la costante deve essere strettamente positiva.

5.5

Moto di Poiseuille per un uido viscoso.

Considereremo ora il moto di un uido incompressibile viscoso di Navier-Stokes in regime stazionario allinterno di una condotta orizzontale chiusa molto larga e molto lunga in presenza di gravit` . Sia h laltezza della condotta lungo lasse z e poniamo lasse x lungo la condotta. a Lasse y ` trasversale alla condotta, lorigine degli assi O si trova sul fondo della condotta. Sia A e un punto sullasse x positivo. Supponiamo che p(O) e p(A) < p(O)14 siano pressioni note e che valga la condizione di aderenza per cui il campo di velocit` si annulla in ogni punto sul bordo a del condotto, cio` a z = 0 e z = h. Il coeciente di Navier-Stokes > 0 ` noto. Ammetteremo e e invarianza lungo lasse y, cio una forma per il campo di velocit` del tipo e a V = V (x, z)ex . Il campo di pressione dipender` anche esso dalle sole x e z: a p = p(x, z)
14

La progressiva caduta di pressione ` dovuta alle forze viscose. e

62

Ci interessa determinare il campo di velocit` e il campo di pressione assumendo quindi valide: a incompressibilit`: = 0 costante (nota) e divV = 0 , a Navier-Stokes stazionaria: (rotV) V = V2 p + V . + gz + 2

La prima equazione implica che V = V (z) e non si ha dipendenza da x. La seconda si trascrive, lungo le componenti x, y e z rispettivamente: 1 p d2 V + 2 , 0 x dz 0 = 0, 1 p 0 = g . 0 z 0 = (79) ha come soluzione generale p(x, z) = g0 z + f (x) , dove la funzione f ` arbitraria. Inserendo tale equazione in (77) si ha lequazione: e d2 V 1 df = 2 . 0 dx dz Dato che f ` funzione di x solamente, mentre V lo ` solamente di z, dovr` esistere una costante e e a C che uguaglia separatamente i due membri dellidentit` di sopra, da cui la soluzione generale: a f (x) = 0 Cx + C1 e C z2 + C2 z + C3 . 2 Imponendo p(0, 0) = p(O) nota e p(a, 0) = p(A) < P (O) nota si determinano C1 = P (O) e C = P (O)P (A) < 0. C2 e C3 si ottengono imponendo sulle funzioni di sopra, con C e C1 dette, 0 a V (z) = la condizione di aderenza, ossia V (h) = V (0) = 0. Ci` determina C3 = 0 e C2 = o La soluzione nale `: e p(x, z) = p(O) V (z) = P (O) P (A) x g0 z , a P (O) P (A) (z 2 + zh) . 2a0
P (O)P (A) h. 2a0

(77) (78) (79)

(80) (81)

Come deve essere, il campo di velocit` si annulla ai bordi del canale ed ha valore massimo a a ` met` dellaltezza del canale. La pressione, ad una ssata quota, decresce linearmente. E chiaro a 63

che il modello cessa di avere validit` quando la pressione diventa negativa. A titolo di esempio a si pu` calcolare una componente non diagonale del tensore degli sforzi, o zx = xz = 2Dxz = P (O) P (A) (h 2z) 2a

decresce linearmente con la quota annullandosi a quota h/2 e poi cambiando segno. Si noti che i limiti verso il bordo del canale sono ben deniti.

64

Introduzione alla teoria dellelasticit` lineare. a

In questo capitolo farermo uso della seguente specica notazione. Un generico sistema di coordinate globali (non ortonormali se non ` esplicitamente detto) su E3 avr` funzioni coordinate e a y 1 , y 2 , y 3 . Indicheremo con la metrica di tale spazio, che in coordinate arbitrarie sar` quindi a scritta come = gij dy i dy j , mentre, se le coordinate sono cartesiane ortonormali varr` al solito: a = ij dy i dy j . Riguardo al usso del continuo, per comodit` indicheremo con t : C0 Ct il dieomorsmo a che manda la congurazione iniziale al tempo 0 in quella attuale al tempo t. In altre parole, modicando leggermente la notazione introdotta nel primo capitolo, X = t (X0 ) := X(t, X0 ) . Deve essere chiaro che X0 e X sono punti di E3 e non coordinate o terne di coordinate. Nel sistema di coordinate y 1 , y 2 , y 3 , le coordinate di un punto di continuo X della congurazione attuale saranno indicate con X 1 , X 2 , X 3 . Nello stesso sistema di coordinate, le coordinate di un 1 2 3 punto X0 di continuo della congurazione iniziale saranno indicate con X0 , X0 , X0 . Come ben noto, t individua unapplicazione lineare (il dierenziale o push forward) t : TX0 C0 TX Ct , che in coordinate agisce semplicemente come t : ui ui := 0 X i
j X0

uj . 0

Sopra u0 = ui yi |X0 mentre u = ui yi |X dove ovviamente X = t (X0 ). Associata a tale 0 applicazione c` quella detta pull back, , denita dalla richiesta che e t

t u0 , = u0 , , t
per ogni u0 TX0 C0 e ogni TX Ct , e che procede in senso inverso tra gli spazi cotangenti: : TX Ct TX0 C0 . t

Il pull-back assume la forma in componenti, con ovvie notazioni, : i 0i := t X j . i j X0

Il push forward ed il pull back si estendono, attraverso il prodotto tensoriale, ad applicazioni multilineari che trasformano rispettivamente tensori controvarianti e tensori covarianti di ordine 65

arbitrario in tensori dello stesso tipo ma applicati ad un diverso punto delle variet` considerate. a Indicheremo tali applicazioni multilineari con la stessa notazione usata per le corrispondenti applicazioni lineari. In questo modo, ad esempio, t : ik ik := 0 X i X k jp p 0 , j X0 X0

dove 0 ` un tensore doppio controvariante applicato in X0 mentre ` applicato in X = t (X0 ). e e

6.1

Tensori di deformazione di Cauchy-Green, Lagrangiano ed Euleriano.

In riferimento alle notazioni suddette, consideriamo tre punti O0 , X0 , Y0 C0 nella congurazione iniziale di un continuo ed i corrispondenti punti nella congurazione attuale Ct , O, X, Y . Indichiamo con u0 , v0 TO0 C0 i vettori X0 O0 e Y0 O0 e con u, v TO C i vettori determinati analogamente dai punti O, X, Y . La distanza tra O0 e X0 ` data da e d(O0 , X0 ) = mentre langolo 0 tra i vettori u0 e v0 ` tale che e cos 0 =
m glm (O0 )ul v0 0 p q gij (O0 )ui uj gpq (O0 )v0 v0 0 0

gij (O0 )ui uj 0 0

Una misura della deformazione che ha subito il continuo nel passare dal tempo t = 0 al tempo t la otteniamo per confronto della distanza e dellangolo suddetti, con quelli corrispondenti per i punti O, X, Y della congurazione attuale. Scegliamo le nostre coordinate y 1 , y 2 , y 3 come coordinate cartesiane ortonormali con origine O0 . Sviluppando la funzione t con Taylor nel punto O0 nelle coordinate dette, si ha X i = i (O0 ) + t i t | Xj + . j O0 0 y

dove i punti indicano innitesimi di ordine maggiore di 1 quando |X0 O0 | 0. Si osservi che i con la scelta fatta delle coordinate vale: ui = X0 . Cambiando notazione 0 X i = Oi + (t )i |O0 j uj + , 0 e similmente
j Y i = Oi + (t )i |O0 j v0 + .

In altre parole, in prima approssimazione (se i punti considerati sono vicini) si ha che u t u0 = e v t v0 , =

66

per cui, con la stessa approssimazione X X h k d(O, X)2 gij (O) u u = h k X0 X0 0 0 ossia d(O, X)2 ( )(u0 , u0 ) , = t e similmente cos = ( )(u0 , v0 ) t . ( )(u0 , u0 )( )(v0 , v0 ) t t
i j

Il nuovo prodotto scalare su C0 , dato dal tensore , permette di valutare allapprossimazione t detta la deformazione che si ha nel continuo al variare del tempo da 0 a t, usando solo i vettori della congurazione iniziale. Il tensore (campo tensoriale denito su C0 ) G := t ` detto tensore di deformazione destro di Cauchy-Green. In denitiva, rimanendo nella e congurazione iniziale, le piccole deformazioni delle distanze e degli angoli si ottengono usando il tensore di deformazione destro di Cauchy-Green come d(O, X)2 G ui uj , = ij 0 0 e similmente cos =
j G ui v0 ij 0 r s G up uq G v0 v0 pq 0 0 rs

C` un analogo tensore detto tensore di deformazione sinistro di Cauchy-Green denito, e sulla congurazione attuale Ct invece che quella iniziale tramite il push forward, come G := t , e dove il campo controvariante doppio simmetrico ` costruito in componenti riferite a coordinate 1 , y 2 , y 3 con la metrica ad indici rialzati arbitrarie y = g ij i j . y y Tensori pi` utili per valutare le deformazioni si ottengono sottraendo ai tensori di Cauchy-Green u la metrica ed il tensore rispettivamente. Si hanno in tal modo, rispettivamente il tensore di deformazione lagrangiano (denito su C0 ) ed il tensore di deformazione Euleriano (denito su Ct ): L := E := 1 (G ) , 2 1 G . 2 67

In riferimento a coordinate globali y 1 , y 2 , y 3 su E3 si ha dunque che Lij (X0 ) := E ij (X) := 1 G (X0 ) gij (X0 ) , ij 2 1 Gij (X) g ij ((X) . 2

Osservazione. Se dieomorsmo t ` in realt` un isometria, cio` si passa da C0 a Ct con una e a e rototraslazione15 per cui le distanze tra le particelle materiali di continuo sono mantenute (e quindi ( )(X) = (X0 )), allora G = gij per cui Lij = 0 identicamente. Si verica facilt ij mente che la stessa cosa accade per E ij sotto le stesse ipotesi.

6.2

Tensore di velocit` di deformazione e tensore di deformazione Lagrangiano. a Tensore di rotazionalit` euleriano. a

Abbiamo gi` introdotto il tensore di velocit` di deformazione: a a Dij (t, X) = 1 ( 2


i Vj (t, X)

j Vi (t, X))

Ora ne studieremo la relazione con il tensore di deformazione Lagrangiano mostrando che ( D)ij (t, X0 ) = t Lij (t, X0 ) . t

Dal punto di vista sico questo signica che conoscere il pull back del campo di velocit` di a deformazione ad un istante t0 signica conoscere il tensore di deformazione Lagrangiana al primordine nel tempo intorno a t0 considerato come tempo iniziale. Ridenendo t0 = 0, la relazione di sopra mostra infatti che, tenendo conto che Lij (0, X0 ) = 0, Lij (t, X0 ) = t( D)ij (t, X0 ) + tO(t)X0 . t dove O(t)X0 0 per t 0. Per provare la prima relazione lavoriamo in coordinate cartesiane ortonormali y 1 , y 2 , y 3 . In tal caso, applicando la denizione di L, Lij = Di conseguenza: Lij (t, X0 ) 1 = t 2
15

1 2

pq

X p X q ij i j X0 X0

pq

2 X p X q X p 2 X q + pq i j i j tX0 X0 X0 tX0

(82)

Non ` necessario che per ogni t (0, t) t sia una rototraslazione, ` suciente che ci` accada solo per t. e e o

68

Daltra parte in coordinate cartesiane ortonormali Dij (t, X) = Applicando il pull back si ottiene ( D)ij (t, X0 ) = t ossia ( D)ij (t, X0 ) = t 1 2 Vp (t, X(t, X0 )) X p Vq (t, X(t, X0 )) X q + i i j j X0 X0 X0 X0 . 1 2 Vp (t, X(t, X0 )) X q X p Vq (t, X(t, X0 )) X q X p + j j i i y q y p X0 X0 X0 X0 , 1 2 Vj (t, X) Vi (t, X) + y i y j .

Tenendo conto che, nelle nostre coordinate Vp (t, X(t, X0 )) V p (t, X(t, X0 )) = , i i X0 X0 e che, dalla denizione di cappo di velocit` a V p (t, X(t, X0 )) 2X p = , i i X0 tX0 otteniamo ( D)ij (t, X0 ) = t che, per (82), signica ( D)ij (t, X0 ) = t Lij (t, X0 ) . t 1 2 pq 2 X p X q X p 2 X q + pq j j i i tX0 X0 X0 tX0 .

Questo era quanto volevamo provare. Accanto al tensore di velocit` di deformazione esiste un secondo tensore detto tensore di a rotazionalit` euleriano. Esso si ottiene facendo la dierenza tra la derivata covariante del a campo di velocit` (in rappresentazione Euleriana ed in forma covariante) ed il campo di velocit` a a di deformazione: 1 Rij (t, X) = ( i Vj (t, X) j Vi (t, X)) . 2 Ovviamente dunque i Vj = Dij + Rij . Osservazione. Dato che la connessione di Levi-Civita ha torsione nulla, nella denizione di R si possono usare direttamente le derivate ordinarie invece di quelle covarianti: Rij (t, X) = 1 2 Vj (t, X) Vi (t, X) y i y j 69 .

Vediamo di spiegare il signicato sico del campo di rotazionalit` euleriano. Fissiamo u a punto O in Ct ed esaminiamo il moto del continuo nellintorno di O allistante considerato. Lavorando in coordinate cartesiane ortonormali con origine in O stesso e sviluppando con Taylor al primordine il campo di velocit` in O otteniamo: a V i (t, X) = V i (t, O) + X p V i |O + |X O|Oi (|X O|) y p

dove Oi (z) 0 se z 0. Tale sviluppo pu` essere riscritto come o Vi (t, X) = Vi (t, O) + X p Dpi (t, O) + X p Rpi (t, O) + |X O|Oi (|X O|) . Se il campo di velocit` di deformazione ` nullo in O allistante considerato, lespressione di sopra a e si riscrive V(t, X) = V(t, O) + (X O) + |X O|O(|X O|) , dove si ` posto e 1 ijk Rjk (t, O) . 2 In altre parole, per velocit` di deformazioine nulla in un punto O di continuo ad un istante, il a moto del continuo vicino a tale punto e nello stesso istante appare come un moto traslatorio con velocit` costante V(t, O) sovrapposto ad un moto rotatorio attorno al punto O con velocit` a a angolare costante data dal tensore di rotazionalit` euleriano valutato in O. a Si verica facilmente che se in un istante t latto di moto del continuo ` rigido con velocit` e a angolare allora, su tutto il continuo Dij 0 in quellistante mentre, nello stesso istante R ` e costante e vale Rij = ijk k , i := che risulta essere linversa della relazione precedente.

6.3

Linearizzazione e tensore di deformazione euleriano linearizzato.

Per studiare lelasticit` ` utile introdurre un ulteriore tensore di deformazione che ha senso a e nel regime di piccoli spostamenti e piccole variazioni (spaziotemporali) degli spostamenti delle particelle materiali di continuo nel passare dalla congurazione iniziale C0 a quella attuale Ct . Per ogni punto X Ct consideriamo il vettore spostamento u(t, X) = X X0 che assumeremo essere applicato in X (non in X0 ) al tempo t. In tal modo, assegnato il usso del continuo, risulta essere denito un campo vettoriale, detto campo degli spostamenti, Ct X u(t, X) TX Ct per ogni t R. Tale campo ` dierenziabile congiuntamente in t e X. Dato che e i X i = ui + X0 si ha anche che X i ui i = (83) p p + p , X0 X0

70

dove abbiamo supposto di esprimere ui come ui (t, X(t, X0 )). Una propriet` utile del campo u ` la seguente. Per denizione di derivata materiale a e Dui X i (t, X0 ) X0 = V i (t, X(t, X0 )) + 0 . |X(t,X0 ) = ui (t, X(t, X0 )) = Dt t t Quindi la derivata materiale del campo di spostamente coincide con il campo di velocit` (in a rappresentazione euleriana): Du (t, X) = V(t, X) . (84) Dt Nella teoria dellelasticit` lineare si usa unapprossimazione detta lineare, o anche lineariza zazione. In tale approssimazione, nelle equazioni del moto, i prodotti del campo di spostamento con esso stesso ovvero i prodotti di derivate (covarianti) spaziali e/o temporali del campo di spostamente con altrettante derivate del campo u o componenti dello stesso campo vengono trascurate. Nel resto del capitolo faremo uso di tale approssimazione. Come prima applicazione della procedura di linearizzazine notiamo che, in tale approssimazione, Du u (t, X) = V(t, X) . = Dt t Infatti esplicitando il primo membro di (84) in coordinate cartesiane ortonormali si ha Vi = Di conseguenza deve valere: ui + t uk uk +Vh h t y ui =Vi. y k ui ui +Vk k . t y (86) (85)

Trascurando i termini quadratici nelle derivate del campo di spostamento si ha proprio ui i =V , t che implica (85). Come seconda applicazione esprimiamo il tensore di deformazione euleriano in funzione del campo degli spostamenti e quindi introduciamo un nuovo ed utile tensore che approssima E in regime linearizzato. Lavoriamo in coordinate cartesiane ortonormali y 1 , y 2 , y 3 . In tali coordinate risulta essere dalla denizione di E, che lo ricordiamo ` applicato in X, e E ij (t, X) = da cui, usando (83), Eij (t, X) = 1 2 ui
j X0

1 2

pq

X i X j ij p q X0 X0

uj i X0 71

1 ui uj pq p q . 2 X0 X0

Trascurando i termini quadratici nelle variazioni di u si ricava 1 Eij (t, X) = 2 Daltra parte usando ancora (83) ui
j X0

ui
j X0

uj i X0

(87)

ui X k ui = j k X X0 X k

uk
j X0

k + j

Nella solita approssimazione di trascurare i termini quadratici in u o nelle sue variazioni, si ha che vale ui ui . = j X j X0 Sostituendo in (87) possiamo concludere che, nell approssimazione linearizzata, vale lespressione approssimata di E in forma covariante: 1 Eij (t, X) = 2 ovvero, E(t, X) e(t, X) , = dove, in un sistema di coordinate arbitrario, il tensore doppio simmetrico covariante e applicato in X al tempo t: 1 (89) eij := ( j ui + i uj ) , 2 ` detto tensore di deformazione euleriano linearizzato. e Si osservi che da (85) vale anche, sempre in regime linearizzato e in coordinate ortonormali, eij 1 = t 2 2 uj 2 ui + tX j tX i 1 = 2 Vj Vi + j X X i ; uj ui + j X X i , (88)

ossia, indipendentemente dalle coordinate scelte: De e = =D, Dt t (90)

dove si ` tenuto conto che, per (86), il calcolo della derivata materiale invece di quella parziale e temporale introdurrebbe termini quadratici trascurabili nella nostra approssimazione.

72

6.4

Elasticit` lineare per continui isotropi ed omogenei spaziotemporalmente. a

Molti corpi continui, in regime di piccoli spostamenti e piccole variazioni degli spostamenti (che ci autorizza ad usare lapprossimazione lineare) si comportano secondo le leggi dellelasticit` a lineare. Questo signica che il tensore degli sforzi soddisfa unequazione costitutiva detta di Hooke in cui risulta essere una funzione lineare del tensore di deformazione euleriana lineariz` zato. E importante precisare che la vera trattazione dellelasticit` andrebbe fatta tenendo conto a delle propriet` termodinamiche del continuo stesso, nel seguito supporremo sempre che, dal puna to di vista sico i corpi che considereremo siano a temperatura costante e non sottoposti a ussi di calore (isolamento adiabatico). In caso contrario le leggi dellelasticit` che ora enunceremo a devono essere modicate. Nelle ipotesi fatte, la trasformazione lineare che manda e in ` un e tensore, H detto tensore di Hooke. In componenti ij (t, X) = H(t, X)ij
pq

epq (t, X) .

Il tensore di Hooke ha in ogni punto di continuo 81 componenti. In realt` possiamo sempre a assumere la simmetria dei due indici alti e dobbiamo assumere la simmetria dei due indici bassi dal momento che sia ij che epq sono simmetrici. Ulteriormente, nelle ipotesi di continuo isotropo ed omogeneo nello spazio e nel tempo, seguendo la stessa procedure usata per ottenere il tesore degli sforzi di Navier-Stokes, ci si riduce alla relazione semplicata, valida in coordinate cartesiane ortonormali: 1 ij (t, X) = eij (t, X) ij ek (t, X) + ij ek (t, X) , k k 3 3 essendo e delle costanti determinate dal continuo. Val la pena di notare che le ipotesi di isotropia sono sicamente molto pi` forti che le analoghe u ipotesi nel caso del uido di Navier-Stokes. Non ` per nulla facile immaginarsi un uido e anisotropo, mentre ` molto facile immaginare un continuo elastico anisotropo: si pensi ad un e blocco cubico elastico che reagisce in modo diverso, cio` dando luogo a diversa deformazione, e a seconda se sia stirato, con la stessa forza ai bordi, nella direzione Nord-Sud piuttosto che in quella Est-Ovest. Riguardo allomogeneit` spaziale e temporale, questa dipende fortemente dalle condizioni tera modinamiche. Cambiamenti di temperatura anche solo locali possono alterare (ed in genere accade) le propriet` elastiche del mezzo in modo tale che, di fatto e vengono a dipendere a dal posto ed al tempo. Per ragioni storiche si preferisce usare parametri dierenti da , . Questi parametri sono detti parametri di Lam: = /2 e = ( )/3. Con questa scelta il tensore degli sforzi assume e la forma, valida in ogni sistema di coordinate ij (t, X) = 2eij (t, X) + gij (X)ek (t, X) . k (91)

dove gij ` il tensore metrico. La forma del tensore di Hooke ` allora la seguente, per semplicit` e e a in coordinate cartesiane ortonormali, Hij
pq p q p q = i j + j i + ij pq ,

(92)

73

(in coordinate arbitrerie ` suciente rimpiazzare ij e pq con, rispettivamente, gij (X) e g pq (X)). e Questo tensore, per costruzione, ` invariante per rotazioni di SO(3), ma, come ` facile vericare, e e lo ` anche per rotazioni improprie (con determinante negativo). Oltre alla simmetria negli indici e alti e bassi separatamente, il tensore di Hooke ha anche la propriet` di simmetria che si evince a direttamente dalla (92): Hij pq = Hpq ij . (93) Esempio 3.1. 3.1.1. Consideriamo una sbarra di materiale elastico (isotermo ed adiabaticamente isolato) di forma di parallelepipedo a sezione quadrata di area A e altezza di riposo L0 . Supponiamo che la base inferiore sia trattenuta ferma alla quota z = 0, mentre laltra sia sottoposta a trazione uniforme nella direzione dellaltezza. Supponiamo nota la forza di modulo F esercitata su tale base tramite una densit` superciale di forza uniforme. Supponiamo di conoscere i parametri di Lam a e del continuo e di volere calcolare il vettore di spostamento di un punto che si trova allaltezza z nella congurazione nale C = Ct . Trattiamo, in prima approssimazione, il problema come un problema unidimensionale trascurando le deformazioni delle basi ed assumendo costante la densit` di massa del continuo. In coordinate cartesiane ortonormali y 1 , y 2 , y 3 = x, y, z, a lequazione della statica del continuo `: e
z ij ,j gi = 0 .

(94)

Si osservi che la forza F (e similmente la forza esercitata sulla faccia tenuta ferma a quota z = 0) non rientra nellequazione in alcun modo: lequazione vale per i punti interni alla congurazione di continuo, la forza F rientra unicamente come condizione al contorno. Ci interessa la direzione z, ossia i = z sopra. Vale anche, da (91), ij (z) = uj ui + j y y i + ij uk , y k

che nelle nostre ipotesi, considerando zz , si riduce a zz = 2 duz duz duz + = (2 + ) . dz dz dz

Lequazione (94) diventa in tal modo, se := 2 + che si risolve in d2 uz g = 0 , dz 2

g 2 z + cz + c 2 dove c e c sono costanti da determinare. Abbiamo infatti due relazioni che devono ancora essere soddisfatte: (1) la base inferiore rimane ferma per cui uz (z) = uz (0) = 0 . 74

Da questa segue che c = 0. (2) La forza totale sulla base superiore ` diretta lungo ez e vale e F = Azz dove zz deve essere positivo. In formule, se U ` lallungamento dellestremo superiore e del parallelepipedo, duz g F = A = A (L0 + U ) + Ac , dz ossia F Ag(L0 + U ) c= . A c e quindi la funzione uz ` determinata se si conosce lallungamento U dellestremo superiore e del blocco. Questo si determina nel modo seguente. Sostituendo lesperessione trovata di c nella stessa funzione uz = uz (z) valutata proprio per z = U + L0 deve valere: U= si ha U= ossia g (L0 + U )2 + c(L0 + U ) 2

F (L0 + U ) A g (L0 + U )2 + g(L0 + U )2 2 A A Ag (L0 + U )2 F (L0 + U ) + AU = 0 , 2

che si riscrive

F g (L0 + U )2 + (L0 + U ) L0 = 0 . 2 A

Questa equazione determina due valori per U + L0 di cui solo uno dei due ` positivo ed ` quello e e (con le nostre ipotesi) sicamente sensato. (Laltra soluzione ` relativa allanalogo problema e per il blocco di continuo appeso per una faccia alla quota z = 0 e sottoposto anche alla forza F , sullaltra faccia, diretta come nel caso precedente: per questo problema le equazioni sono le stesse del caso da noi studiato.) La conoscenza della funzione uz a questo punto determina anche il valore delle tensioni interne zz (z) ad ogni quota z.

6.5

Energia elastica.

Prima di passare a studiare le equazioni del moto occupiamoci dellequazione di bilancio energetico. Come sappiamo (vedi sezione 3.6) vale lequazione delle forze vive per ogni porzione di continuo d 2 V d = ij Dij d + (vol.) + (sup.est) . dt Vt 2 Vt Nel caso in esame (continuo elastico lineare isotropo ed omogeneo) ` possibile rappresentare in e altro modo la potenza dissipata dagli sforzi interni, cio il primo integrale a secondo membro. e

75

Infatti usando la (90) nel nostro regime di approssimazione lineare (scrivendo = invece di = ovunque) e lavorando in coordinate cartesiane ortonormali: ij Dij = ij Deij Deij D = H ijpq epq = Dt Dt Dt 1 Hijpq eij epq 2 . (95)

Se assumiamo di lavorare con continui elastici in cui si possono trascurare le variazioni di densit` (questo ` generalmente possibile per piccole variazioni della congurazione), possiamo a e introdurre la densit` di energia potenziale elastica a uE (t, X) := 1 Hijpq eij (t, X)epq (t, X) . 2 (96)

Lincompressibilit` dei mezzi elastici non ` un ipotesi articiosa: chiuque abbia cercato di coma e primere o allungare un blocco di materiale elastico premendone o tirando le facce esterne si ` e accorto che la sezione del blocco parallela alle facce si allarga nel caso di compressione o si restringe nel caso di stiramento. Questi sono eetti del fatto che la densit` del materiale rimanga a costante e quindi venga conservato il volume come conseguenza dellequazione di continuit`. a Per denizione, tenendo conto di (95) e del fatto che ` una costante, vale e D uE = Dij ij Dt

Di conseguenza lequazione di bilancio energetico pu` scriversi, per ogni porzione materiale di o continuo Vt d 2 V + uE d = (vol.) + (sup.est) . dt Vt 2 Nel caso il continuo non sia sottoposto a sollecitazioni esterne, lenergia meccanica totale E=
Ct

2 V + uE 2

si conserva nel tempo. Lintroduzione dellenergia meccanica permette di fare delle considerazioni sulla stabilit` di un a sistema costituito da un continuo elastico lineare in cui la densit` di massa ` costante. Se la a e densit` di energia potenziale elastica fosse illimitata inferiormente in qualche punto, in linea a di principio, per un continuo elastico non sollecitato esternamente, sarebbe possibile accrescere arbitrariamente lenergia cinetica a spese dellenergia potenziale elastica mantenendo costante il valore di E, ottenendo soluzioni esplosive in cui il campo di velocit` diverge con il crescere a del tempo16 . Tali fatti non si osservano in natura. Mostriamo che la richiesta che la densit` di a energia potenziale elastica sia limitata inferiormente uniformemente comporta delle limitazioni
Si potrebbe fare un discorso pi` rigoroso studiando eettivamente le soluzioni dellequazione del moto e la u loro stabilit` nel formalismo hamiltoniano dei campi usando il funzionale dellenergia meccanica totale come a hamiltoniana del sistema, tuttavia volendo restare su un piano elementare non andremo oltre alla motivazioni euristiche suddette.
16

76

sui valori assumibili dai coecienti di Lam. Mettiamoci in coordinate ortonormali cartesiane. e Lesperssione (96) pu` essere scritta in termini espliciti, facendo uso dellespressione (92) per il o tensore di Hooke, come 1 uE = 2eij eij + ek eh k h 2 ` Questa pu` vedersi come una forma quadratica nello spazio delle matrici simmetriche 3 3. E o conveniente decomporre lo spazio delle matrici suddette come somma diretta dello spazio delle matrici simmetriche a traccia nulla e dello spazio delle matrici proporzionali alla matrice identit`. a 1 k Introduciamo pertanto i coecienti vij := eij ij 3 ek che sono per costruzione linearmente indipendenti dai coecienti ij ek e che appartengono al primo dei due spazi detti. Quindi k eij = vij + ij ek /3 ` la decomposizione diretta di cui sopra. Usando tale decomposizione si ha e k uE = 1 1 2 vij + ij ek k 2 3 1 v ij + ij ek k 3 + ek eh k h

e quindi, tenendo conto che vij ij = 0 per costruzione, uE = In altri termini uE = 1 2vij v ij + 2
3

2 + ek eh k h 3
3 k=1

(ekk )2 .

(vij )2 +
i,j=1

+ 3 2

a k=1 dove la quantit` 3 (vij )2 e la quantit` 3 (ekk )2 sono indipendenti e possono assumere, a i,j=1 a priori, qualunque valore non negativo. Di conseguenza uE ` uniformemente limitata dal basso e se e solo se contemporaneamente 0 e /3 + /2 0. Il limite inferiore di uE ` proprio 0. e Concludiamo che: Teorema 6.1. Per un continuo elastico lineare isotropo ed omogeneo (spaziotemporalmente) con densit` di massa costante, la densit` di energia potenziale elastica ` ovunque limitata dal a a e basso (per ogni scelta del campo e denito sulla congurazione attuale Ct per qualsiasi t) se e solo se i parametri di Lam del continuo soddisfano e 0, 2/3 . In tal caso, il limite inferiore della densit` di energia elastica ` il valore nullo. a e (97) (98)

6.6

Onde elastiche.

Consideriamo un continuo elastico lineare del tipo di quelli studiati nel paragrafo precedente (in particolare con densit` di massa costante). Supponiamo che il continuo non sia sottopsto a forze a 77

esterne di alcun genere nei suoi punti interni. Tuttavia ammettiamo che il continuo sia tenuto fermo in un riferimento inerziale tramite lapplicazione di forze sulla supercie esterna. Tali forze lasciano comunque libert` ai punti interni di oscillare. In tal caso le equazioni del moto a per i punti interni sono semplicemente DV i = ij ,j . Dt

Nellapprossimazione lineare abbiamo che partendo da (86) e trascurando i termini quadratici nel campo degli spostamenti e delle sue derivate come visto precedentemente: DV i 2 ui = 2 . Dt t

Da cui lequazione del moto `, in coordinate cartesiane ortonormali, e 2 ui = t2


3 j=1

y j

ui uj + iq q j y y

+ ir

y r

uk y k

In forma implicita, lequazione del moto vale 2u + u = 2 t ( u) . (99)

Il numero Y := / ` detto modulo di Young del materiale.17 Mostriamo che lequazione e (99) assume come soluzioni particolari onde trasversali e onde longitudinali, quando il continuo ` supposto denito in una regione grandissima, nel limite tutto lo spazio E3 . Fissiamo un e sistema di coordinate cartesiane ortonormali x1 , x2 , x3 con origine O e base di vettori ortonora mali e1 , e2 , e3 . x indicher` il vettore di componenti (x1 , x2 , x3 ) e il prodotto scalare. In tal modo identicheremo lo spazio V 3 dei vettori liberi su E3 con R3 stesso. Considereremo delle forme di soluzione che possono essere decomposte in trasformata di Fourier le cui componenti appartengono allo spazio delle funzioni di Schwartz: u(t, x) =
R3

dk eikx (2)3/2

ui (t, k)ei (k)


i=1

Scegliamo i versori ei (k) in modo che, se k = 0: e3 (k) :=


17

k , |k|

Val la pena di notare che le equazioni (99) si ottengono nella formulazione lagrangiana dei teoria dei campi (usando u come campo) dalla densit` di lagrangiana, con costante, a L= 1 u u uE (u, 2 t t u) ,

che ammette come densit` di funzione hamiltoniana proprio la densit` di energia meccanica (cinetica + elastica). a a

78

mentre e1 (k) e e2 (k) sono tali da formare (in modo dierenziabile al variare di k) una base ortonormale destrorsa insieme a e3 (k) per ogni scelta di k V 3 \ {0}. Possiamo riscrivere la forma di u, cambiando un poco la notazione, come u(t, x) =
R3

dk eikx (2)3/2

u(t, k)e3 (k) +


=1

u (t, k)e (k)

(100)

Assumendo che sia possibile derivare sotto il segno di integrale, si ha facilmente che, se il doppio punto indica la derivata seconda temporale: 2u t2 =
R3

dk eikx (2)3/2 dk eikx (2)3/2

u(t, k)e3 (k) +


i=

u (t, k)e (k)


2

(101)

u =
R3

k2 u(t, k)e3 (k) +


i=

k2 u (t, k)e (k)

(102) (103)

u) =
R3

dk eikx k2 u(t, k)e3 (k) . (2)3/2

Inserendo queste espressioni in (99) e raccogliendo i vari fattori dei tre versori nellintegrando si ottiene lequazione equivalente a (99), che deve valere per ogni t e x 0=
R3

dk eikx (2)3/2

u (t, k) +

2 + 2 k u(t, k) e3 (k) +

u(t, k) +
=1

2 k u (t, k) e (k) .

Dato che la trasformata di Fourier ` biettiva e lineare, lintegrando deve essere nullo. Usando e lindipendenza lineare dei tre versori ei otteniamo le tre equazioni ( = 1, 2): u(t, k) + 2 + 2 k u(t, k) = 0 , u (t, k) + k2 u (t, k) = 0 .
q q

(104) (105)

La soluzione generale ha la forma ( = 1, 2): u(t, k) = u+ (k)e


i

u (t, k) = u (k)e +

2+ |k|t

+ u (k)e
i

|k|t

+ u (k)e

2+ |k|t

(106) (107)

|k|t

Dove le 6 funzioni u , u sono supposte appartenere allo spazio di Schwartz su R3 . Se assumiamo esplicitamente che 0, 2 . 79 (108) (109)

(e ci` ` anche conseguenza dei vincoli ottenuti per avere la limitatezza uniforme della densit` di oe a energia elastica) le due soluzioni formali trovate producono soluzioni delle equazioni dierenziali iniziali che hanno uninterpretazione in termini di onde. Anch le soluzioni che si ottengono e siano funzioni reali ` necessario e suciente sostituendo in (100) le espressioni trovate per u, u e (lasciamo la prova al lettore) che u+ (k) = u (k) (110) e, per = 1, 2, u+ (k) = u (k) (111) dove la barra indica il complesso coniugato. Sotto tali ipotesi abbiamo due classi di soluzioni formali reali delle equazioni del moto date da u(t, x) =
R3

dk i e 3/2 (2) dk i e 3/2 (2)

 

kx

2+ |k|t

u+ (k)e3 (k) + c.c. , u (k)e (k) + c.c. , +

(112) (113)

u(t, x) =
R3

kx

|k|t

2 =1

dove c.c. indica il complesso coniugato del termine delladdendo gi` scritto. Queste soluzioni a sono in realt` solo soluzioni formali delle equazioni dierenziali di partenza, perch non abbiamo a e ancora giusticato la procedura di scambiare lintegrazione con gli operatori dierenziali usata ` allinizio. E facile vericare ogni componente (rispetto alla base ei (k)) di ogni integrando in (112) e (113) ` nello spazio di Schwartz per ogni ssato t R purch le funzioni u+ e u siano tali: i e e + termini dovuti ai fattori esponenziali sono numeri complessi di modulo 1. Teniamo conto del fatto che le componenti dei versori ei (k) sulla base ssa e1 , e2 , e3 (usata per descrivere le coordinate cartesiane ortonormali iniziali) sono sicuramente funzioni limitate. Come conseguenza si che le componenti delle funzioni integrande, rispetto a tale base ssa, sono sicuramente almeno L1 (R3 ) per ogni ssato t R 18 . La trasformata di Fourier ` di ogni componente (rispetto alla base e ssa) ` allora ben denita e sono ben denite le componenti del campo u(t, x) rispetto alla base e ssa, in quanto ottenuto tramite trasformata di Fourier in (112) e (113). Usando il teorema della convergenza dominata di Lebesgue si prova abbastanza facilmente che, per le funzioni denite in (112) e (113), i passaggi di derivazione sotto il segno di integrale usati precedentemente sono possibili. Conseguentemente le soluzioni formali trovate sono eettivamente soluzioni delle equazioni dierenziali iniziali. La (112) denisce unonda longitudinale (sovrapposizione di Fourier di onde piane con oscillazioni lungo il vettore donda k) con velocit` di propagazione data da a vl =
18

2 + ,
()

Con qualche precauzione ulteriore sulla scelta delle funzioni u+ si pu` vericare che, rispetto alla base ssa, o le componenti degli integrandi di (112) e (113) sono nello spazio di Schwartz su R3 . Dato che la trasformata di Fourier manda lo spazio di Schwartz in se stesso, ci` implica che le componenti dei campi u(t, x) sono, per ogni t o nello stesso spazio di funzioni nella variabile x.

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mentre la (113) denisce un onda trasverale (sovrapposizione di Fourier di onde piane con oscillazioni in direzioni perpendicolari al vettore donda k) con velocit` di propagazione data da a vt = .

Si osservi che la velocit` di propagazione, nei due casi, non dipende da |k| per cui il mezzo ` detto a e 19 . E facile vericare per computo diretto che le onde di forma (112) vericano ` non dispersivo lidentit` (per ogni t e x) a ( u(t, x)) = u(t, x) , mentre le onde (113) vericano u(t, x) = 0 . Ricordando che tali funzioni u sono soluzioni dellequazione del moto (99), concludiamo che le soluzioni che descrivono onde longitudinali (112) sono equivalentemente soluzioni del sistema u 1 2u = 0, vl2 t2 ( u) = u , (114) (115)

mentre le soluzioni che descrivono onde trasversali (112) sono equivalentemente soluzioni del sistema u 1 2u = 0, 2 vt t2 u = 0, (116) (117)

dove riconosciamo in (114) e (116) la famosa equazione delle onde di DAlembert. Esercizi 6.1. 6.1.1. In riferimento allespressione (106) (oppure (107)), determinare il legame tra le funzioni u (ovvero u ) e le condizioni iniziali u(0, x) e u(t, x)/t|t=0 assegnate per ogni x R3 . In particolare mostrare che eettivamente valgono le (110) (ovvero (111)) se le condizioni iniziali sono funzioni reali.

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Tecnicamente, la velocit` di gruppo coincide con quella di fase. a

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