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DOMENICA 26 AGOSTO 2012

CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 19

Parla il direttore della manifestazione: Racconto la ricerca di nuove identit

Nato a Londra, ha da poco completato importanti interventi a Berlino e Barcellona

Qui sopra e a sinistra: il progetto Metro Cable per la riqualificazione della favela di San Agustin, a Caracas, con un sistema di trasporto integrato, firmato dal gruppo Urban Think Tank. Per la Biennale, il gruppo ha realizzato un ristorante attivo durante la mostra e ispirato a questa esperienza

La poetica di Chipperfield: ridisegniamo scuole e stazioni


di STEFANO BUCCI

eve essere stata unestate molto calda, quella di David Chipperfield, direttore della tredicesima Biennale dArchitettura che si inaugura mercoled a Venezia, tra i Giardini e lArsenale. Anche considerato i tempi pi ristretti rispetto al consueto: la nomina del progettista inglese, a cui stata affidata la conservazione della Neue Nationalgalerie di Berlino (quella di Mies van der Rohe), arrivata solo nello scorso dicembre mentre quella del curatore delledizione precedente (nel 2010), la giapponese Kazuyo Sejima, era arrivata gi ai primi di novembre del 2009. A Sejima, tra laltro, quella stessa nomina aveva portato bene: sei mesi dopo la curatela sarebbe arrivato il Pritzker Prize. E chiss che non sia lo stesso per Chipperfield, da sempre tra i favoriti per il Nobel dellarchitettura e mai premiato. Architetto Chipperfield come definirebbe la sua Biennale? Non credo ci sia una sola parola o un aggettivo preciso. Vorrei che fosse prima di tutto una buona opportunit per stare insieme, loccasione per un confronto costruttivo e non la solita occasione per fare spettacolo o notizia. Cosa si aspetta in concreto? Quali cambiamenti reali nella societ? Non so, non posso prevederlo. Quello di cui sono sicuro, e che ho cercato fin dallinizio di mettere in pratica, stato il

mio desiderio di radiografare la realt dellarchitettura contemporanea, con tutte le sue contraddizioni ma anche con tutti i suoi stimoli, insomma con tutti i suoi links. In fondo non credo si tratti nemmeno di unidea cos nuova: dovrebbe essere questo, da sempre, il compito di manifestazioni come la Biennale, indicare una strada, soprattutto alle nuove generazioni. Cosa si nasconde dietro la definizione Common Ground? Una celebrazione dellidea stessa di architettura e non tanto di quello che i singoli architetti possono aver fatto. Cos ho voluto che stavolta non si parlasse tanto di Padiglioni nazionali quanto di un comune modo di sentire, non di competizione quanto di confronto. La mia provocazione vera e propria quella di aver lasciato ai progettisti la libert di cercare, ognuno a suo modo, un "common ground", un terreno comune di di-

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Il personaggio David Chipperfield (Londra 1953, foto di Carlo Biasia) ha studiato alla Scuola dArte Kingston e alla Architectural Association di Londra. Nel 1984 ha fondato lo studio David Chipperfield Architects con sedi a Londra, Berlino, Milano e Shanghai. Tra i lavori pi recenti: il rinnovamento del Neues Museum di Berlino e la Citt di Giustizia a Barcellona. Nel 2011, ha ricevuto la Medaglia dOro RIBA Royal per lArchitettura

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Modelli Il design italiano ha saputo produrre tra gli anni 50 e 70 uno stile e uneleganza che hanno contaminato tutta la vita quotidiana

scussione capace di mettere insieme giovani in cerca di affermazione e grandi vecchi, passato e presente, tradizione e rinnovamento, Paesi emergenti e antichi continenti. C chi ha per gi parlato di normalit o addirittura omologazione... Non cos. Certo non una Biennale celebrativa di qualcuno o di qualcosa, in questo posso dire che non sar una Biennale monografica ma piuttosto autobiografica, il racconto della ricerca di una nuova identit nella diversit. Sarei molto soddisfatto se alla fine saremo riusciti a identificare una tendenza globale senza che nessuno abbia dovuto rinunciare a una parte, anche minima, della propria cultura. Ma se normalit vuol dire continuit di idee e non supremazia di una sulle altre, allora s, questa pu essere una Biennale della normalit. Daltra parte, secondo me, progettare architetture che siano parte di un panorama quotidiano sicuramente una bella sfida, molto pi rischiosa e affascinante della creazione di un maxi-grattacielo. C chi ha parlato di morte delle archistar e delle loro creature pi rappresentative: i grattacieli, appunto... Premetto che non mi piace parlare di archistar perch una definizione limitativa. Larchitettura dei grandi gesti, quella che si concretizza in spazi spettacolari, rappresenta solo una piccolissima percentuale di tutto quello che viene realizzato quotidianamente nelle nostre citt. Penso, ad esempio, a Barcellona. Per me, pi di queste performance deffetto, che hanno comunque la loro importanza e alle quali non bisogna rinunciare per partito preso, molto pi importante progettare scuole o stazioni e tutti quei luoghi di passaggio e di confronto, fisico ma anche sociale, tra le persone. da qui che comincia il futuro dellarchitettura, un futuro di continuit nella diversit. Nel Padiglione Italiano si cercher di proporre un ritorno a quel rigore e a quella tensione etica del nostro design migliore che sembrano essersi da tempo perduti...

LItalia, in questo, stato un Paese fortunato, un esempio incredibile da seguire ancora oggi. Perch tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta riuscita a produrre unarchitettura e un design esemplari. Grazie ai progetti di Gio Ponti, di Ignazio Gardella, di Franco Albini il buon gusto cos diventato per gli italiani un fatto quotidiano, lo puoi in fondo trovare a ogni angolo di strada. E anche la gente "normale" capace, senza forzature, di essere "normalmente" sofisticata. Il problema che spesso questa raffinatezza trova difficolt a concretizzarsi, soprattutto per quello che riguarda larchitettura, per colpa della burocrazia che, al contrario delle idee, non riesce a stare al passo con il gusto delle persone. Il problema dellarchitettura italiana di oggi questo: purtroppo le idee e il buon gusto non riescono sempre a tradursi in realt. C una citt italiana dove le piacerebbe vivere? Amo molto Venezia perch unica. Ma Napoli in qualche modo rappresenta forse meglio di ogni altra citt lidea stessa che ha animato questa Biennale. Un luogo ideale, un "common ground" dove le bellezze della natura e la ricchezza della cultura hanno da sempre dovuto fare i conti con le contraddizioni e i conflitti, pi o meno violenti, della societ. Come si sente, architetto, alla vigilia dellinaugurazione? Vorrei che fosse tutto gi finito. O meglio che questa Biennale fosse gi cominciata.
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Citt Mi piacerebbe vivere a Napoli: qui le bellezze della natura e la ricchezza della cultura da sempre affrontano conflitti e tensioni sociali

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