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SABATO 21 APRILE 2012 LA STAMPA
IX
Criticamente irresistibile la definizione (ne riferisce Fulvio Panzeri) che Luigi Carluccio diede di Giovanni Testori per il catalogo di una mostra torinese su Gaudenzio Ferrari: quel suo calare il lettore in una autentica probabilit di cosa vera. Lo stesso, infatti, si pu dire per la poesia di Testori, come conferma l'Oscar (scelta antologica ma cospicua) pubblicato a cura di Davide Rondoni, a partire da una scheggia dello scheggiatissimo Per sempre: La poesia - a dirlo/ cos sembra incredibile -/ l'amore che a tutti/ pare ormai impossibile. Saltate le barriere metricistiche, trasvolati - pi ancora che attraversati - gli impacci di un devozionalismo di sacrestia, ignorati gli orti e gli orticelli canonici, a vincere su tutto una tale necessit e urgenza d'espressione da lasciare abbagliati e sconcertati. Perch a saltare subito sono le categorie in cui troppe volte restiamo impigliati, mentre Testori non si sottrae ai suoi maestri letterari (da Michelangelo a Rebora, da Alfieri a Rimbaud) ma non esita a tirarli gi - osserva Rondoni - da ogni impalcatura o palco, fino a provocare un vero e proprio terremoto delle eredit, ossia delle gerarchie consolidate.
te, coaguli di verdi schiume,/ lingue gonfiate dall'arsura,/ grigie pelurie di cristiani. Tra sprofondi e splendori, quasi scontato il richiamo all'ossimoro, alla dissonanza, all'incandescenza, alla delirante e scandalosa centralit della croce. Ma - nella continuit e nella pluralit delle voci non tanto da risultare trascurabili le variazioni di un percorso che dai Trionfi (1965) a Ossa mea (1983) a Et nihil (1989) consente la registrazione delle mosse o delle scosse di un linguaggio flagellante e temerario. Scrittore versatile e tuttavia non plurale, Testori stato saggista, romanziere, drammaturgo. Ma soprattutto un poeta: un poeta che venuto dipanando ossessivamente i suoi nodi senza mai cedere a nessun proclama. Proprio come accade nell'esordio eloquente di Conversazione con la morte (1978): dalla domanda prima (Chi eri tu, eh?/ Chi eri, in quegli anni?) alla risposta immediata (Tutto mi sembrava certo, fermo/ sicuro). Il che significa: dalla certezza che non conosce tramonto alla consapevolezza dell'illimitato; dalla sicurezza della prospettiva alla vastit veramente senza confini; dal rumore degli shock al murmure in cui tutti i suoni si confondono/ e s'annullano; dall' esuberanza (e dall'eccesso) di parola alla parola in cui tutte le altre/ prendono il loro solo, possibile significato.
DIALOGHI IN VERSI
MAURIZIO CUCCHI
Contro ogni ipoteca di potere, a vincere in lui sono la tragedia e il delirio della carne
Contro ogni ipoteca di potere, a vincere in lui sono la tragedia e il delirio della carne, l'imporsi fisico della corporalit pi furente e peccaminosa, la calda vita costretta a fondersi in abissi d'incroci demenziali, la materia immersa nella sua imperscrutabile espansione, esplorata nei suoi estremi e bestemmiati recessi, nei cataloghi sconvolgenti e osceni, nei naufragi del sangue, nelle ragioni dell'inconoscibile e dell'eterno, nei cubicoli dell'esistenza investigata e rovesciata, nella meditazione della morte da cui tutto risale: Legni inzuppati, fradici;/ marci legni di liquidi e zolfi minerali,/ vesciche,/ assetate orine, lupi,/ vomiti di sangue,/ bave len-
P
Giovanni Testori Poesie 1965-1993 Oscar Mondadori, pp. 402, 15
iero Marelli ha gi alle spalle una lunga attivit di poeta in dialetto brianzolo e di traduttore da varie lingue (Rilke, Majakowskij, i provenzali). Una sua recente plaquette, Un nome dopo l'altro (Lietocolle, pp. 34) invece in italiano. I nomi del titolo sono tre, Cassandra, Antigone e Alcesti, e le tre figure prendono la parola con la nettezza di pronuncia di presenze teatrali attualizzate. L'autore si propone in una nobile linearit di tono, con alcuni stacchi lirici verticali. Qui parla Alcesti: Non sono mai andata via. / I miei abiti e le mie collane sono tornati a salutare / le stagioni con il compito di sempre: / affrettarsi alle primavere, / rispondere con il consiglio della musica
gere niente, pi niente. Anita Tania Giuga oscilla tra prosa e verso, tra verso compatto e verso brevissimo che calorosamente le sconsiglio (parole aspre /e forti /conflitti /derisione /avversione / [di questi tempi] dolcezza /preghiere / canti di conforto). Possiede energia, un' energia sinistra, che a volte d esiti efficaci, originali: n soglia n zona comune. /Comincio a morire dall'inizio. /Tieni le mani in tasca per favore. /Questo posto mi ha preso tutto. /La superficie cos aristocratica, /si pu carezzare con zampe d'insetto. //Ti spero con il buio addosso, /con le mani al vento. Di Paolo Mazzocchini vedo progressi evidenti, soprattutto per una maggiore concretezza fisica che sa dare alle immagini, cosa conferisce al testo (che dovrebbe, comunque, alleggerire, asciugare con tagli) maggiore personalit: Assenza smarrita, all'improvviso, /di ogni sentire, fuorch /l'elastico tepore, la carezza /dell'asfalto fresco sulla gomma /indurita delle scarpe; la scossa /viva che le fibre /della terra trasmettono /alla corteccia delle gambe.
dialoghi@lastampa.it
Come mezzo per avvicinare il vasto pubblico alla conoscenza di un autore questa formula della serie lite Amadeus indovinatissima: l'ultimo volumetto dedicato alla produzione di Maurice Ravel per pianoforte solo, un paio di saggi su vita e opere, un'intervista, una bibliografia essenziale e due cd in cui Roberto Cominati compendia l'opera pianistica del compositore francese: un agile strumento didattico, ma anche un contributo critico di prim'ordine per far risaltare l'immagine di Ravel nel suo tempo, la variet del suo genio, la sua modernit d'invenzioni e scoperte. Il saggio pi notevole quello di Federico Lazzaro, La bella menzogna, titolo che allude alla convinzione di Ravel che in ar-
scrizione di La valse per pianoforte solo; pezzi minori in Ravel non esistono, ma s rari o relativamente facili, e qui istruzione e diletto si provano sentendo Cominati suonare i due incantevoli alla maniera di Borodin e Chabrier, la delicatezza della Pavane pour une infante dfunte e della Sonatine, i lussureggianti Jeux d'eau, il Menuet antique, simbolo di un Settecento aspro e giocato in bianco e nero senza sfumature di trapasso; con il trio intermedio esempio precoce del commovente melodismo di Ravel.