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NOTIZIE Al SOCI (GRUPPO! BOLLETTINO D'INFORMAZIONE N°5S STUDIO DELLE GENNAIO-FEBBRAIO 1992 FORTIFICAZIONI MODERNE LA FORTIFICAZIONE PERMANENTE DI FRONTIERA IN ITALIA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE ;IL VALLO ALPINO. Come annunciato nel precedente notiziario, parleremo in questo numero del Vallo Alpino del Littorio ,la linea fortificata che rappresentd, pur con le differenze che vedremo ,1'equivalente italiano della Linea Maginot francese. Tuttavia mentre quest'ultima é quasi universalmente conosciuta l'esistenza del Vallo nostrano @ pressoché ignota persino a mol- ti italiani. Lo scopo di questo breve studio, che non ha pretese né di ori ™ ginalita né di completezza, @ di fornire qualche notizia, altri menti di difficile reperibilita ,su questo complesso sistema di fensivo. L'esperienza della Prima Guerra Mondiale aveva confermato la grande utilita delle fortificazioni permanenti; nel contempo l'impiego delle piazzeforti isolate lascié il posto alla dot- trina delle linee fortificate continue per la difesa dei confini. E l'italia aveva davvero molti chilometri di confine da difen- dere. Ben 1851 Km. di frontiere terrestri erano cosi ripartiti confine francese 487 Km., 724 Km. svizzero, 420 Km. austriaco, 220 Km. Jugoslavo. Nel 1931 iniziarono i lavori di costruzione del Vallo Alpino detto del Littorio. Una volta completato avrebbe coperto un gran- de semicerchio lungo le Alpi, dal Mar Ligure nei pressi di venti- miglia, fino all'Adriatico vicino a Fiume. L'unico tratto privo di fortificazioni doveva essere il confine italo - svizzero. Lungo questo esistevano peraltro notevoli opere fortificate a carattere semi-permanente ,costruite durante la I G.M. nel timore di un'invasione della Svizzera da parte germanica. ™ Queste settore del confine sara oggetto di un‘analisi attenta in uno dei prossimi notiziari. I lavori durarono parecchi anni ,data la vastita della linea tanto che fonti informative americane [1] segnalavano ancora nel 1942 la prosecuzione ,seppur a ritmo ridotto ,di alcune opere. La costruzione di una linea fortificata cosi ampia e costosa subi le critiche di molti. Ecco il giudizio di Favagrossa ,nel suo "Perché perdemmo la guerra": "Per la fortificazione delle frontiere lo studio, inizialmente logico e ispirato a sani criteri moderni, in seguito purtroppo, per deficienza di fondi, nel campo dell'attuazione andd soggetto a molte varianti e deformazioni. Anziché concentrare i mezzi su un tratto limitato, per realizzarne una parte perfettamente rispondente alle esigenze della difesa, si disperse il poco su tutte le frontiere. Conseguentemente si portd ovunque 1'impres- sione di miseria: tutto era streminzito, tutto sopraffatto dalle preoccupazioni economiche che si opponevano ai pit razionali svi- luppi, E cid pur mancando nel campo della tecnica costruttiva esempi di genialita e ben studiati adattamenti specialmente ispi- rati allo imperativo economico della poverta" Nonostante i giudizi spesso troppo severi circa i criteri di costruzione, l'opera fu frutto di un lungo lavoro di progettazio- ne e di attento adattamento al terreno. Questa linea, oltre al suo principale compito difensivo, doveva svolgere un ruolo secondario di copertura, favorendo eventuali azioni offensive oltre frontiera. Le strutture permanenti erano presidiate da unita della G.A.F. (Guardia Alpina di Frontiera) e potevano essere integrate da opere campali, da costruire rapidamente in periodi di tensione internazionale o all'apertura delle ostilita. Il sistema fortificato aveva una struttura complessa ,compren- dente tre zone. La "Zona di sicurezza" era munita di caposaldi discontinui con il compito di tenere le posizioni pid importanti ,impedire azioni di sorpresa e fungere da base per il contrattacco. La "Zona di resistenza" era provvista delle pil consistenti ope- re di fortificazione ,in grado di resistere anche se accerchiate © superate dall'avanzata nemica .Erano solitamente composte da ricoveri e da locali di servizio sotterranei collegati a numerosi elementi attivi in caverna o casamatta mediante cunicoli .In questa zona erano collocati ,lungo le principali vie di accesso , ostacoli anticarro passivi per ritardare ed incanalare un'even- tuale avanzata nemica. Nella "Zona di schieramento" dovevano affluire artiglierie e vinforzi al momento della mobilitazione .Anche in tempo di pace erano schierate in questa zona alcune batterie di pronto impiego. Nel 1938 e '39 furono avviati lavori per integrare il Vallo con piccole casematte in calcestruzzo. Vennero distinti quattro tipi di sistemazioni difensive. OPERE TIPO A O GROSSE OPERE Resistenti ai massimi calibri e poste a protezione di direttrici che potevano permettere attacchi in massa .Erano provviste di 5 o pil postazioni dette "malloppi" ,collegate 1'una con l'altra me- diante cunicoli. C'erano inoltre parecchi accasermamenti sotter- ranei. Contrariamente alla Linea Maginot ,questa fortificazione non era concepita per essere occupata in permanenza e quindi gli allesti menti erano spartani. Tl riscaldamento era affidato per lo pil a sistemi rudimentali l'energia elettrica disponibile per 1'illuminazione, era garan- tita da gruppi elettrogeni da 8 kw. e non esisteva nessun ascen- sore o montacarichi anche se a volte esistevano notevoli disli: velli interni . La ventilazione era solitamente assicurata da un triplo camino corazzato facente capo ad un ventilatore elettrico situato in una della caserme sotterranee. Tutte le entrate esterne e i passaggi verso i blocchi di combat- timento erano protetti da doppie porte stagne . Non esistevano sistemi periscopici e L'osservazione era eseguita attraverso cupole di vedetta a 40 6 feritoie ,o da una feri toia osservatorio corazzata. La protezione in calcestruzzo delle opere tipo A, aveva uno spessore medio di 3 metri nei punti in cui la massa rocciosa non offriva una sufficiente protezione. OPERE TIPO B ,DI MEDIE DIMENSIONI Erano poste a protezione di vie di comunicazione secondarie. Provviste di un massimo di 4 postazioni, avevano lo stesso grado di protezione delle opere grosse. Spesso erano dotate di un blocco d'entrata munito d'una porta-garitta, situata in posizione defilata. Il gruppo elettrogeno di 1,62kw si trovava solitamente nel locale d'accesso. OPERE TIPO Cc Erano costruite a protezione di direttrici che permettevano il passaggio di piccoli reparti ed erano provviste di 1 o 2 postazio- ni (per mitragliatrice o cannone controcarro). La protezione in calcestruzzo raggiungeva lo spessore di mt. 2,5 e a differenza delle opere Ae B ,avevano allestimenti interni estremamente limitati. Le comunicazioni, in tuttte le opere permanentidei tipi A, Be c, erano assicurate mediante dispositivi ottici di segnalazione (Sistemi Fotofonici) oltre ai consueti sistemi di comunicazione telefonici a filo. SISTEMAZIONI CAMPALT Erano previste nei tratti pil sfavorevoli per un attacco nemico. Le difficolta di realizzazione di un sistema fortificato cosi vasto rallentarono l'andamento dei lavori ;questa era la situa- zione di approntamento delle linee difensive al momento dello scoppio della guerra [2]: -Scacchiere occidentale. Ultimata la sistemazione difensiva pe- riferica sulle grandi direttrici ;fra le minori restava da prov- vedere alla chiusura della Val Pellice ,della Valle Orco e delle due sture. Entro l'anno era in programma il conferimento di una maggiore profondita agli sbarramenti di principale importanza, 1'interdi zione delle direttrici ancora incomplete ed il completamento de- gli sbarramenti di sicurezza e di quelli arretrati, gia iniziati alla fine del 1938, che dovevano portare l'organizzazione com- plessiva su una profondita variabile dai 30 ai 50 chilometri. Erano gid efficienti 460 opere con 1100 mitragliatrici e 133 pezzi di vario calibro (batterie in caverna e pezzi controcarro) ed altrettanto armamento doveva essere distribuito entro 1'anno per le nuove opere da costruire. La Guardia alla Frontiera, che gid disponeva di 10.000 uomini di

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