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Dal Novecento agli antichi. Volti e riflessi del mito di Narciso | medeao...

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Dal ovecento agli antichi. Volti e riflessi del mito di arciso by Matteo Veronesi 30 dicembre 2011 In primo piano, Indice, Letteratura 0 Comments

Secondo unetimologia tradizionale (che forse una paretimologia, ma ugualmente significativa), rkissos (il fiore e, di conseguenza, il personaggio mitologico) sarebbe legato a nrke, nrkosis, narko, narko, insomma a tutto un campo semantico che riconduce allidea della stupefazione, della paralisi conoscitiva, di unestasi statica, stordita, che non esce dal corpo, e resta anzi incatenata allautocontemplazione, alienata e rapita, del corpo stesso, anzi della sua replicazione, del suo doppio e del suo simulacro visibili e conoscibili.

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Cos Menone, in Platone (80b), si sente stupefatto, stordito, rapito anima e corpo (tn psychn ki t sma nark) dalla rivelazione socratica dellessenza della virt; Gregorio Nazianzeno definisce il noys aneklletos, il pensiero inesprimibile, senza parola, come il knema narknton, come moto delle creature stupefatte (Thesaurus Graecae Linguae, col. 1362). Ma il narciso fiore dalle vesti candide, dal cuore purpureo, dalla semenza nera, che affonda le radici nelle profondit della terra e fiorisce sul confine incerto fra linverno e la primavera sembra incarnare una sorta di contaminante ed ibrida continuit/contiguit fra il mondo supero e quello infero, fra la conoscenza del giorno e quella della notte e cos fra Eros e Thanatos, fra il piacere solitario e potenzialmente malato dellessere se stessi, del sentire e godere se stessi, e quello cieco e sfrenato dellautodistruzione. In Sofocle (Edipo a Colono, 684 sgg.), il Narciso la corona delle Erinni, larchion meglon then stephnoma, la corona delle grandi antiche dee: perch nrke, nrkosis, paralisi, stupefazione, annichilimento, anche la Ate, laccecamento, lannullamento della colpa/pena tragica, la fatalit di un Eros egualmente feroce e indomabile sia quando rivolto verso se stessi (o verso il riflesso, il proprio S come altro-da-s), sia quando provocato dallAltro. Ma, nelle tudes tymologiques di Marco Antonio Canini (dimenticate e sottostimate, come un po tutta lopera di questo ottocentesco profeta delleuropeismo), rkissos associato alla radice semitica nyr, luce splendore chiarore (Egizio nefer, bello, greco Hemra, giorno); e anche Dante sar, infatti, rapito, stupefatto, reso torpido ed annientato, dalla luce eterna e abbacinante della contemplazione divina; ed estasi narcissica, oltre che apertura alla trascendenza, Amor sui, oltre che Amor Dei, o meglio amore di S come imago Dei, come riflesso terreno del Divino visione del S come Altro, come specchio interiore e terreno del totaliter Aliud , la vita contemplativa, la beata visio, il bos theoretiks: Per piacermi allo specchio, qui madorno; / ma mia suora Rachel mai non si smaga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno (Purg., XXVII, vv. 103 sgg.): la figura che personifica ed incarna lautocontemplazione spiritualmente pura , come la Dame Oisive del Roman de la Rose (e come, poi, lHrodiade di Mallarm e la Francesca da Rimini di DAnnunzio), Donna-Parola, ipstasi della Letteratura insidiata dalla Storia. Ma lautocoscienza, proprio in quanto, eminentemente, autoriflessione estetica, proiezione dellintelletto, della coscienza, della creazione su se stessa, si traduce in parola e in immagine analogamente riflesse, iterate, riverberate, in un gioco ininterrotto di proiezioni, prospettive e replicazioni. Questo fin dai celebri versi di Ovidio, che diedero al mito la sua forma, la sua millenaria cristallizzazione verbale in cui finisce poi per risolversi la sua essenza, e trasformarono cos il mitologema in mythos, limmateriale fondo concettuale simbolico in materialit, trasmessa e perpetuata, di canto e despressione. Cunctaque miratur, quibus est mirabilis ipse: / se cupit imprudens et qui probat, ipse probatur, / dumque petit petitur, pariterque accendit et ardet (Met., III, vv. 424-426). Dir il Marino: Invidia a quellumor liquido e molle / la forma vaga e l simulacro altero / e, geloso del bene ondegli privo, / suo rival da la riva appella il rivo. Tal fu il destin del vaneggiante e vago / vagheggiator de la sua vana imago (Adone, V, 26-27). Con un gioco, esso stesso narcisistico, di autorispecchiamento, la poesia barocca trovava riflesso, nel metastorico manierismo ovidiano, lanelito stesso della propria essenza liquida ed illusoria. Come Eco, respinta da Narciso dopo unecoica schermaglia di ambiguit del senso, semantiche e sensuali (huc coeamus, sit tibi copia nostri), divenuta pura voce, cos Narciso subisce la pena, e insieme la sublimazione, di essere mutato in fiore, e di conseguenza in simbolo materiale, in emblema senza corpo e materia, in puro significato mitico, da cui trarre alimento per nuove forme e nuove creazioni. I giochi di parole (echi, iterazioni, paronomasie, parallelismi, isocolie) che la trattazione letteraria del mito di Narciso sembra sempre recare con s come elemento caratterizzante connotano, e quasi visualizzano, questo carattere di duplicit, di rispondenza, di unit fra medesimezza e alterit con quellimplicita schizofrenia che fa, quasi, della rappresentazione plautina di Sosia nellAmphitruo una forma grottesca, carnevalesca, straniata, non ancora idealizzata e sublimata, da quella duplicitas che sar incarnata anche dal mito di Narciso: Ubi ego perii? Ubi immutatus sum? Ubi ego formam perdidi?. Nel suo vedersi altro da s, e s come altro, il Soggetto perisce, e si perde, proprio mentre cerca di possedere se stesso. La modernit del mito confermata, paradossalmente, dalla sua antichit o, meglio, dai suoi riverberi postclassici. In Euforione, il frammentario profeta ellenistico del moderno obscurisme, si ha la possibile identificazione di Narciso ed Eutelide, il quale infligge a se stesso un misterioso male, nosos aeiks, ammirando la propria chioma splendida ed intorta nel gorgo (dne) di un fiume (fr. 175). Lautocontemplazione estetica assume, gi qui, la forma potenziale ed insidiosa del gorgo, del Gouffre, dellAbyme, dello smarrimento e della nientificazione, come in Mallarm; e si pensa al miroir profonde et sombre che Leonardo agli occhi di Baudelaire, al gorgo in cui Pavese scender, muto, con lamata dagli occhi di morte, o al DAnnunzio di Alcyone: Fa chio veda limagine / puerile di te presso limagine / di me nel cupo speglio (la proiezione narcissica, ripiegata, del s raccolto su se stesso racchiude e comporta, accanto alla pulsione di morte, anche lidea della regressione al grembo materno, o almeno allo stadio infantile, come la riflessione psicanalitica ha da tempo suggerito). Lo stesso, o qualcosa di simile, in Montale, in un testo celebre, che trae la mossa iniziale (Cigola la carrucola del pozzo) proprio dal otturno di DAnnunzio: la visione, che dapprima rideva, dantescamente, nel puro cerchio, infine nuovamente attratta e risucchiata dallatro fondo, dallabisso della distanza, dellalterit, della perdita. Come in Ovidio: Quod perdis, est nusquam: / quod amas, avertere, perdes. / Ista repercussae, quam cernis, imaginis umbrae. Volgendosi (rivolgendomi, vedr compirsi il miracolo: / il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro / di me : ancora Montale), Narciso annulla, ipso facto, la propria immagine riflessa, senza nemmeno poter avere coscienza del suo dissolvimento; Narciso, allegoria del Soggetto poetico, nudum nomen, flatus vocis, umbra repercussae imaginis, simulacro dimmagine riverberata; vacuo nome, segno o traccia affidati allaria, o allegualmente esile e flebile pagina; ad unire il giovane al fiore in cui egli si mutato non , a ben vedere, che un nome, Narciso, sottile ed arbitrario e artificioso termine medio (ground, direbbero Ogden e Richards) dellanalogia, della remota e perduta identificazione mitica.

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Cos gi Petrarca: quella che nha portato i pensier miei / n di s mha lasciato altro che l nome; il poeta, il soggetto lirico, allora, nudo e smarrito, appaiono simili a Narciso, ma insieme anche ad Eco (et cos scossa / voce rimasi da lantiche some, / chiamando Morte, et lei sola per nome: disincarnato, e insieme regredito allo stato minerale, inorganico di dura selce, lio lirico non che pura voce, la quale reitera il nome di colei che fu alimento della sua facolt creatrice, e ora non che pura e inafferrabile ed oscura luce di pensiero che m rimasa nel pensier la luce, recita il suo verso forse pi amato da Ungaretti Il me suffit dentendre une si pure voix / Si transparente et si profonde, / O ta promesse luit comme un joyaux sous londe, si legger in Mon Faust di Valry). Come logico, nellestetismo incline alla celebrazione e allautocelebrazione della Bellezza pura, di quella Bellezza inanimata e sola che il Marradi rimproverer a DAnnunzio di idolatrare che il mito di Narciso, come rappresentazione emblematica dellautocontemplazione estatica e adorante, acquisisce un preciso valore metapoetico. Ad esempio, il Trait du arcisse di Gide mostra un Narciso sognante, perduto nel grigiore, fermo in riva al fiume del tempo, dove, dietro, la vuota noia si distende; sorge, poi, una fantasmagoria dimmagini, che si colorano sotto il suo sguardo e subito fuggono nel passato; il fluire del tempo come un vento che sfoglia il Libro del mistero, che sfiora e disfiora i geroglifici in cui racchiusa la verit nitida, immobile ed eterna, dellIdea; pi che struggersi per amore di se stesso, il Narciso di Gide contempla, nellimmagine specchiata dalla sua stessa pupilla, la totalit fluente del passato, la cangiante immobilit degli archetipi. La sorgente in cui Narciso si contempla ormai attraversata e avvivata da quello che sar llan vital di Bergson, e che gi era il perpetuo fluire delle sensazioni teorizzato da Walter Pater, nel quale gli oggetti burn and are estinguished with our consciousness of them, avvolti dalla hard gem-like flame della passione estetica. Insieme a se stesso, e pi che se stesso, Narciso contempla, incantato, il proprio mutare, e loscuro fondo inconsistente che vi soggiace. Il Trait du arcisse dedicato a Paul Valry, autore egli stesso di Fragments du arcisse, ove il bellissimo giovane presenza/assenza, immagine nitidissima, netta, scolpita, eppure tremolante, precaria, sfumata viso/sogno, Quune absence divine est seule concevoir. Narciso esiste solo nella sua immagine riflessa, e venerata e divinizzata come una tremula ed effimera icona: onde dserte, clair tombeau qui souvre. Il narcisismo cela la pulsione di morte: limmagine riflessa, per quanto ammaliante, chiaro sepolcro anzi forse ammalia anche e proprio perch dischiude leterna dolcissima quiete dellannientamento. Dans le repli de lamour de soi-mme, nelle pieghe recondite dellamore di s, si nascondono il vuoto e il silenzio di una fontaine teinte. el silenzio della sera, non pi possibile illudersi che la propria ingannevole immagine sia eterna, come quella divinit vacua e muta a cui pretenderebbe di assurgere (insegna ancora la psicanalisi che la visione religiosa del Dio-Uomo, e dellUomo-Dio, riflette la dinamica narcisistica delluomo che si vede in Dio e di Dio che si compiace delluomo mentre vedere lamico come un altro se stesso, secondo letica stoica, o amare il prossimo tuo come te stesso, presuppone che, come nel rispecchiamento narcisistico, anche il S sia, di rimando, visto e contemplato e venerato come Altro). Il Narciso dellestetismo sa bene che non pu vivere senza il suo liquido riflesso, la sua fluente icona. In un poemetto in prosa di Oscar Wilde, le acque, esse stesse divine, in cui Narciso si specchiava affermano di non aver ammirato la bellezza di Narciso, ma se stesse riflesse nei suoi occhi. Rilke, legato a Gide e a Valry da rapporti epistolari e sintonia intellettuale, riprende questi concetti. Ci che emanava riassorbiva in s il suo amore / e pi nulla di lui era nel vento aperto / e chiuse il cerchio delle forme estatico / e si abol e non pot pi essere. Con un movimento di ek-stasis, di uscita da s, di autotrascendimento, Narciso va incontro a se stesso, al proprio s riflesso, fino allimplosione, allinflazione, alla conflagrazione, con un moto che sembra far eco alla pulsazione del cosmo. Lapertura si risolve in chiusura, e infine in mallarmeano annullamento del Soggetto ripiegato su se stesso, Aboli. In Italia, il poeta che forse pi intensamente fece proprio questo ammaliante ed illusorio fluire di riflessi, parvenze, profumi, essenze, fu Govoni: I miei desideri, odorosi Narcissi; simile ad un oggetto in uno specchio; Gli specchi sono i muti reliquiari; sotto il liquido specchio compiaciuto; specchio che dogni musica sinforma. Le correspondances simboliste assumono e rivelano, in questo illusorio confluire verso il centro del Soggetto-specchio di se stesso, la propria precariet, la propria marginale, provinciale fallacia, la propria grigia e smorzata melodia. Siamo, con Govoni, al crocevia, o al confine, fra simbolismo e crepuscolarismo. I desideri non sono che proiezioni del Soggetto, illusioni conoscitive, diffrazioni dellio, narcisi ulteriori germinati da un Narciso primario e originario. E, nei crepuscolari, il Narciso che si specchia ormai un fiore pallido, esangue, estenuato. Rassegnato come uno specchio, / come un povero specchio melanconico (Corazzini). Come uno specchio vano si moltiplica (Gozzano). La multiple splendeur dei simbolisti, le prismatiche diffrazioni mallarmeane del Soggetto e del Senso, sfociano ora nel vuoto e nel grigiore dello sguardo melanconico senza perdere, per questo, la loro tensione gnoseologica. Da Freud a Lacan (lo stade du miroir), il Narcisismo espressione verbale vuota, risonante (per quanto, nel secondo, proiezione e rivelazione dellAutre), che cresce su se stessa e fa eco a se stessa; aboli bibelot dinanit sonore, secondo lemblematica espressione di Mallarm. Sua tipica, elettiva espressione il discorso onirico: autocompiaciuto affiorare di energie psichiche, di contenuti psichici latenti che emergono in forma figurata e

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mediata; discorso silenzioso e insieme risonante, immateriale eppure sensibile e percettibiile, discorso che rappresenta, in fondo, primariamente se stesso, che si bea di se stesso (gi si beava, sola, del suo verbo, come nella parola mistica e metafisica) e vorrebbe non pi, non mai terminare, perdurare nel suo catartico e liberatorio equilibrio (cos il Fauno di Mallarm si domanda, al tramonto della sua visione meridiana, al dissolversi della fantasmatica proiezione del proprio immaginario, al venir meno del trasporto dionisiaco ma, in fondo, autoerotico: Aimai-je un rve?, mentre il Soggetto lirico, egualmente inebriato di se stesso, stordito dalle essenze floreali che la sua stessa Parola ha emanato, allopera nella Prose pour Des Esseintes dello stesso Mallarm, cerca di rassicurarsi circa la propria esistenza una e duplice: Nous fmes deux, je le maintiens).

Ma il ripiegamento narcisistico anche melanconia che pu portare al suicidio, mancato superamento del complesso di Edipo e, dunque, persistenza inesorata del complesso di castrazione: ci che Lacan paragonava alla barra, perentoria e recidente, che Saussure poneva fra Significante e significato, fatalmente divisi dallarbitrariet del segno (o, se si vuole, alla fessura intra-coscienziale che, per il Sartre dellEssere e il ulla, lacera il Soggetto, e che il puro negativo, un niente al di fuori di ci che nega), e dunque alla forclusione e alla proibizione del Nom du Pre, del Divinum omen, del Verbo, che pure il soggetto narcisistico vorrebbe poter proferire, poter narcisisticamente dire e ridire, in esso rispecchiandosi in quanto imago Dei. Vi sono, credo, tre poeti, tre artisti, o meglio tre intellettuali che , nel Novecento, hanno, meglio di altri, reinterpretato il mito di Narciso nelle sue implicazioni e nelle sue valenze anche storiche e ideologiche: Pasolini, Lezama Lima, Carmelo Bene. el Pasolini friulano, la figura di Narciso incarna il sogno, vernacolare e romanzo, di un ritorno nel grembo materno, di un ricongiungimento con le radici prime della lingua e dellespressione. Ma Narciso simbolo di uninfanzia-morte, di uninnocenza e unautenticit ormai svanite e remote, che forse solo nellAde, o nel regno opaco e sospeso e puro della mente melanconica, possono avere ancora una patria. Jo ti recuardi, Narcis, ti vvis il colur / de la sera, quand li ciampanis / a snin di murt. Ricordo, colore, morte annotati e dissolti in un grumo di suoni che si apre e si effonde e si riverbera per la trama dei versi. el sguito della sua opera e della sua vicenda, Pasolini far convivere il narcisismo, lalessandrinismo, lestetica passione, con un impegno nel senso pi ampio e alto ideologico, nel segno di quello scandalo del contraddirsi che , forse, rilettura laica, quasi blasfema, dello skndalon to stauro, del disonor del Glgota, del sacrificio cristiano semion antilegmenon, signum cui contradicetur, segno di contraddizione, oggetto di opposte interpretazioni, immagine duplice, lacerata, smembrata, gi la figura stessa del Cristo, Parola incarnata. In Una disperata vitalit, il poeta arriva a vedere se stesso come lattore che nella logica del montaggio narcisistico / si stacca dal tempo, e vinserisce / se stesso, icona stilizzata, immagine illusoriamente ed artificiosamente sottratta al divenire e al fluire laddove, invece, in Gide, autore caro al giovane Pasolini, Narciso si vedeva proprio nel suo perpetuo, sfumato mutare. La morte nel non poter pi essere compresi. Il narcisismo, pur inevitabile e vitale, dunque, in quanto ripiegamento ed autoriflessione, anche morte. Il vuoto relazionale, la mancanza, la distanza, labisso, la lacerazione interiore sono dolori che per fanno bene alla dignit narcissica (Poesia in forma di rosa). Il Narcissismo, si legge in Poesie mondane, sola forza / consolatoria, sola salvezza. Per il cubano Lezama Lima, Narciso incarna, invece, lideale della pura bellezza, della poesia pura nel senso di Mallarm e di Valry lorfica religione di una Bellezza il cui culto , implicitamente, indirettamente, contrapposto un po come nellermetismo italiano alla vuota retorica di regime (al vuoto risponde il vuoto, al cattivo, malvagio nulla travestito da totalit e da socialit risponde il nulla, fecondo perch autocosciente, della poesia specchio di se stessa, apparentemente senza contenuto). Dnae teje el tiempo dorado por el ilo / envolviendo los labios que basaban / entre labios y vuelos desligados. Il richiamo alle ascendenze orientali ed egizie del sacrificio orfico-dionisiaco evoca lidea, arcana, cosmogonica, della creazione attraverso la Parola. Il narcisimo, il culto dellimmagine illusoria e lintuizione di ci che sta dietro limmagine, del fugace trapelare del nomeno, sembrano aprire una via verso linvisibile. Eppure, a risuonare e a riecheggiare, come percosso, ancora il vuoto dellassenza. Lenta se forma la ola en la marmorea cavitad. El espejo se olvida del sonito y de la noche. Ancora una volta lautocontemplazione immersa nel solco del fluire, immagine mobile delleternit, o, viceversa, icona fermata ed effigiata del divenire, fotogramma isolato e notomizzato del discorso della visione, del direbbe Dante visibile parlare. Infine (e questa collocazione apocalittica non casuale), Carmelo Bene, con La voce di arciso. La sua sospensione del tragico, la sua macchina attoriale, i suoi artifici tecnologici affini alle maschere greche con il loro effetto di amplificazione e distorsione, sono funzionali ad una (paradossalmente mallarmiana) disparizione vibratoria del Soggetto, alla fine dellillusoria e mistificante rappresentazione del personaggio, del carattere, per via dimmedesimazione o, viceversa, di straniamento. Il Soggetto risolto e dissolto in pura e labile phon, fino alla sparizione e allinesistenza fino allimago vocis, alla repercussae imaginis umbra. Questa immensa cornice non ritaglia limmagine di Lei che non fu mai.

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E non serve nemmeno da specchio al vampiro, poich i vampiri non si riflettono. () Nel teatro del non-rappresentabile, lAttore infinito. () linfinito della mancanza di s. LAbyme in cui, in Mallarm, si perde infine Igitur, chino sulla cendre des astres. Eppure, proprio Carmelo Bene, spinto fino allestremo, fino alle soglie della nientificazione, lo spazio teatrale, come Mallarm aveva fatto (iuxta Blanchot) con lo Spazio, il Luogo-non-luogo, onnidimensionale ed impalpabile, della Parola, sembra indirettamente prospettare, per il poeta e lintellettuale doggi, una sorta di superamento del narcisismo attraverso il narcisismo stesso, o senza nemmeno uscire del tutto dal narcisismo, che positivo e vitale quando serve a difendere il Soggetto dal rischio di unalienazione e di una reificazione economiche o ideologiche, e a ribadirne lautonomia, la libert, la regalit di imperium in imperio, di dominio allinterno, o anche al di sopra e al di fuori, di un potere e di un sistema strutturati ed opprimenti.

arcisismo, si detto, da superare attraverso il narcisismo stesso (come Pirandello teorizzava un superamento del tragico attraverso il tragico stesso, e del comico attraverso il comico): da superare, cio, senza uscire dalla forma, dallo stile, dalla ricerca espressiva, e anzi agendo sui di essi, per spezzarne il cerchio chiuso come Zarathustra schiaccia la serpe delleterno ritorno da cui pure, per Amor Fati, rapito e inebriato. Scrive Seamus Heaney, in Personal Helicon, quasi rovesciando il motivo dannunziano montaliano pavesiano dello specchio oscuro in cui vedersi, o non vedersi, e perdersi (in un orizzonte, quasi, di vertigine apocalittica, di apocalittica dissolvenza del significato): To stare, big-eyed arcissus, into some spring Is beneath all adult dignity. I rhyme to see myself, to set the darkness echoing. In quelloscurit risonante, in quel vuoto e in quel nulla che pure parlano, dicono, significano, ossia plasmano ed emanano segni, forse unestrema, assurda e quasi beffarda, speranza. Certo negli ultimi decenni la poesia e forse quella di carattere avanguardistico e sperimentalistico, con i suoi stilemi a volte ripetitivi, meccanici, sordamente germinati su se stessi, pi ancora che quella lirica, maggiormente legata, almeno in potenza, allautenticit di un vissuto esistenziale stata incline, sempre di pi, ad un ripiegamento narcisistico, ad una chiusura autoreferenziale. La poesia contemporanea, forse e anche la filosofia, ad essa legata sotto il segno del pensiero poetante e dellontologia del linguaggio, e spesso risolta o dissolta in sottigliezze testuali e giochi paretimologici scissi da ogni esperienza della societ e del vivere ha, forse, troppo spesso ascoltato se stessa e se stessa soltanto, beandosi, ebbra, della propria voce. Essa caduta, si potrebbe dire con Louis Lavelle, nellerrore di Narciso. Narciso non pu fare a meno di Eco suo prolungamento, suo doppio, sua ombra, e insieme personificazione della sua autocoscienza, come pure della sua assenza, della sua della sua inafferrabilit, del suo vuoto. Leco rompe il silenzio solo per autenticare il solipsismo di Narciso; essa resonance sa solitude mme. La risposta stessa delleco, che imita le parole di Narciso, imitazione di una risposta. Essa lo rapisce in un mondo illusorio, o sa propre existence se dissipe. Eco la conscience quil a de lui-mme. Ella reitera le parole di lui, dans un refrain mutil et ironique. Anche lironia, la demistificazione, la dissacrazione, a cui spesso la poesia e il pensiero della modernit hanno improntato il loro rapporto con il passato, la tradizione, il monumentum, non sono stati, sovente, altro che nuda eco, riverbero del vuoto, ombra di unombra. Del resto, gi da Petrarca (Valle che de lamenti miei se piena) a Leopardi (ed erra larmonia per questa valle), fino a Baudelaire (de longs chos qui de loin se confondent) e a Valry (Jattends lcho de ma grandeur interne), la poesia colma dechi, iterazioni, riverberi, come tortuosamente riversa su se stessa, e in pari tempo tesa a catturare tutto luniverso del reale e del pensiero per avvolgerlo nel proprio grembo sonoro, nella propria vischiosa ed avvolgente rete di fonemi. Forse a Lavelle si pu rispondere con Frankl al narcisismo nullificante rispondere con una volont di senso, con un autotrascendimento che vada incontro allAltro, che si misuri con lAltro senza snaturare il S, e anzi colmandolo di nuovi sensi, di nuovi valori. E se, uscendo da s, il S trover il ulla e il onsenso (come pure accaduto, da Kafka a Celan allultimo Caproni o allultimo Bigongiari), ebbene, attraverso il filtro dellautocoscienza, lo schermo, non rassicurante, ma tragico ed eroico, della consapevolezza, anche quellinsensatezza sar portatrice di senso, oggetto pregno di significato, e quella tenebra sar sorgente di luce, quella vacuit eco, stavolta aperta e purificata, di un Logos forse, e problematicamente, rivelatore.

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