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4 aprile 2011

Lo stronzetto di sinistra

Non sopporto più la scatarrosa inquisizione di chi chiama “servo” chiunque non abbia le sue paranoie

Lo Stronzetto di Sinistra (da adesso in poi inteso SdS),


quando è il momento solleva sempre un angolo della bocca
– uno solo, però, e neanche tutto, ché la situazione è
drammatica, la democrazia pericolante, su certe cose non si
ride, mica siamo sul divano della Dandini: a simulare prima
sorriso (di compatimento), e subito dopo mutarsi in smorfia
(d’indignazione). Lo SdS ha l’indignazione facile, scatarrosa,
lavica. Per qualche minuto la tiene, la trattiene con
sovrumana fatica – un contrarre di mascelle, un
irrigidimento del busto, un sospetto serrare di chiappe a
motivo di più risoluta stabilità sulla sedia. Ha spesso – in quell’interregno (spaventosi gli interregni:
bisognerebbe essere gramsciani, per saperlo, ma lo SdS ignora Gramsci e preferisce “Annozero”) tra il
serrare lo sdegno e il prorompere dello stesso – una faccia, diciamo così, topigna, a muso appuntito: da
fiutatore di nemici, però, non di parmigiano, a perfetta conformazione per scrutare in uno spioncino. La
radicata e diffusa persistenza, nell’italica sventura, dello Stronzone di Destra (da adesso in poi inteso SdD)
carduccianamente né lo consola né lo rallegra: nella landa desolata in cui crede di essere stato schiantato
dalla Sorte Oscura e dalla Ragione Dissolta dei connazionali, egli s’assume il compito della Vigilanza Interna.
E’ sul vicino che l’occhio sorcigno si punta, è sulle parole degli altri che le orecchie rese sensibili da tante
denunce e da tanto denunciare vibrano. Ora che il Noto Utilizzatore Finale (da adesso in poi inteso NUF)
pare in sella rinsaldato, con maggior vigore hanno ripreso le loro scorribande queste Milizie della Virtù de’
noantri – che col miele della Verità vorrebbero cospargerti. Per poi legarti, e lasciarti in balia di qualche
migliaio di mosche.

E’ diventato piuttosto facile incontrare lo SdS: a tavola, al bar, in compagnia di amici. Troppo facile, per i
miei gusti. Serata a casa di amici. L’uomo oltre il tavolo mi fissa. Alza l’angolo destro della bocca. Forse c’è
un accenno di risucchio – come faceva l’immortale barone Fefè, quello interpretato da Mastroianni nel film
di Pietro Germi. Ci conosciamo da pochi minuti. “Così tu fai il giornalista?” – ma so che sa, dal sogghigno lo
so, e dice “giornalista” col tono di chi indica il palo in una banda di rapinatori. “Sì”. “E’ vero che lavori al F.,
con quel ciccione servo di B.?”. Non nego il ciccione, provo a obiettare sul servo. Non mi fa neanche aprire
bocca: “Lascia stare. Come vi sentirete, tu e quell’altro, quando avrete davanti otto baionette della gente
pronta a fare giustizia?” – e il ghigno si muta in risolino soddisfatto, come a dire agli altri intorno: gliel’ho
detto, avete visto? Lo SdS sorseggia spesso vino, ha il sorrisetto odioso di commiserazione, sono i gruppi
scelti, i più puri tra i puri, la Pura Razza Antiberlusconiana d’incrollabile fede. “Perché non vai a fare in
culo?”, domando. “Ti pagano bene, eh?”. Gelo intorno. Gli amici provano a far finta di niente. “Sai, non farci
caso, è fatto così”. Ah, sì, è fatto così? Conosco uno da un quarto d’ora e quello vorrebbe vedermi fucilato,
e non dovrei farci caso? E perché non si cura? Chi gli ha messo in testa che può vomitare cose del genere,
continuare a bere vino e a disquisire delle sorti nazionali, della merda governativa e della merda
collaborazionista (inteso il sottoscritto)? E perché io mi ritrovo a cena con un simile SdS? Ma non è facile
sfuggire. C’è sempre un indice pronto e puntato – Indice supremo, da Verità e Via, non indice qualsiasi – c’è
sempre un raccattatore di verbali di questura e di pessima letteratura di complotti e svelamenti
delinquenziali, tutta una trama, tutta una spiata, tutta una verbalizzazione – gente che sogna celle, e
spioncini da cui spiare. E non perché i farabutti in cella non debbano andare, e possibilmente lì restare.
Macché, lo SdS chiede altro: partecipazione diretta al suo sbavamento, nessun dubbio, nessuna
moderazione ammessa – che subito te la ritrovi come capo d’imputazione: diserzione. E’ una sudorazione
continua, quella dello SdS: come per i replicanti di “Blade Runner”, va a caccia dei Non-Abbastanza-
Antiberlusconiani, essendo Berlusconi la sua ossessione e il suo concentrato vitaminico quotidiano. Non ci
fosse, si sentirebbe come san Girolamo quando Roma cadde in mano ai barbari, dopo che per anni e anni il
sant’uomo ne aveva denunciato vizi e corruzione: “La fonte delle nostre lacrime si è disseccata…”.
Dovrebbe allora andare al cinema, magari, solo per vedere un film, e non per vedere comunque un film
contro il Cavaliere: una faticosissima rieducazione.

“Ma che cazzo dici? Come fai a non essere indignato? Ma lo vedi che fa, quel porco?”. La diserzione è
anche semplicemente la noia mostrata dell’ascoltare sempre le stesse lagne. Uno vorrebbe parlare dei
gatti, di un libro non scritto da Travaglio, persino dei mandarini – che siamo a fine marzo e si trovano
ancora. “Senti, non me ne frega un cazzo!”. Oh, oh… Occhiata di compatimento: “E già, quello ti passa lo
stipendio e tu devi fare pippa!”. C’è sempre un presidio, una casamatta dello SdS in ogni casa meglio
frequentata – all’improvviso l’occhio si ravviva, la lingua si fa sciolta, il mantra ricomincia. Anzi, prende un
ritmo accelerato, frenetico. “De sinistra? Famme er piacere! Casomai sarai della sinistra genere D’Alema,
con tutte le porcate che avete fatto nella bicamerale! Eh, eh, di questo non parli, eh? Rispondi, forza”.
Come per Oscar Wilde l’unico pregio del rugby era quello di “tenere trenta energumeni lontani dal centro
della città”, così, anche a voler riconoscere un solo pregio a D’Alema, c’è di essere il perfetto Anticristo per
lo SdS – più satanico persino del Satana berlusconiano in persona – l’aglio per i suoi canini, la pietra di
paragone da dove s’innalza e si stordisce di chiacchiere. “Perché, D’Alema sarebbe uno de sinistra?”: capisci
che, solo per come li fa incazzare, qualche qualità il compagno Massimo deve averla. Poi, ecco: la
bicamerale. Per lo SdS è peggio che una bestemmia, l’antro del male assoluto, luogo di perdizione –
caverna di loschi accordi, pratiche da tagliagole, inciuci banditeschi. Contro la buona Italia, la meglio Italia,
tutta la delinquenza politica là s’adunava – a fottere i magistrati, a fottere la democrazia, a fottere, a sentire
l’ardore del ragionamento, personalmente lo stesso SdS che hai davanti. “Eh, te le sei scordate le porcate
che avete provato a fare… Certo, se la pensi come D’Alema si capisce perché difendi Berlusconi!”. Proprio
così: “Tu difendi Berlusconi”. Che neanche ti passa per l’anticamera del cervello, tenuto conto che: a) non ti
pare difendibile; b) si difende benissimo (o malissimo: dipende dai punti di vista) da solo.
La sinistra che di solito ha in mente il prototipo dello SdS è del genere cavernicolo – loro urlo ideale
potrebbe essere quello di Fred Flinstone: “Wilma, dammi la clava!” – da ogni contaminazione preservata, il
sospetto di qualche ogm berlusconiano sempre presente. Perché il più delle volte quello che colpisce non è
una polemica aperta, magari durissima – hai scritto delle stronzate, non sono d’accordo con quello che dici,
un bellissimo, salutare: a Ste’, vaffanculo! – ma il giudizio che avverti sulla tua stessa persona. Una cosa di
sguardi e di sorrisetti di condiscendenza, prima che di parole. La senti sulla pelle, fa immediatamente girare
le palle. Nessuno, tra gli amici che ti conoscono, pensa che tu sia un venduto, che ricevi la mattina gli ordini
di Berlusconi – che di me saggiamente se ne frega – recàti dal truce Denis Verdini, che F. ti metta a cuccia
insieme ai bassotti se non mostri abbastanza considerazione per le posizioni del senatore Quagliariello. Ma
sei lì, con gli occhi dello SdS addosso che sparge il piccolo veleno delle sue paranoie. “Vabbé, fatti pagare
bene, ma non ci coglionare: tu fai quello che ti dicono di fare”. E’ l’immoralità di fondo di tutti i purissimi – i
Nostri Migliori, non fosse, il paragone, offensivo con il Migliore che fu.
Non me ne frega neanche più niente del loro oltranzismo da operetta, del perenne “fare ammuina” che si
tirano dietro, del sordido ravanare non solo tra le faccende di Berlusconi (che se sordide sono, lodato sia
chi vuole portarle alla luce), ma anche nella personale vita e coscienza della persona che hanno davanti.
“Aho, ognuno fa le sue scelte, c’è chi si vende e chi no. Io la penso così”. Una volta reagivo con un sorrisino,
adesso non ho più voglia di farne passare mezza. Ma chi cazzo sei? Oltre al pattugliamento delle vite altrui,
di che cazzo ti occupi, nella tua vita? Fino ai paradossi assoluti. Una sera, cena – bisognerà cominciare a
limitare le cene, di questo passo – in un quartiere periferico. A tavola, a sorpresa, una ex terrorista (niente
da dire sugli ex terroristi, ma per me è chiaro che, se niente di meglio ho combinato, di niente di
paragonabile al male da loro fatto sono responsabile). Si chiacchiera del più e del meno. A un certo punto:
“Certo, tu dici di essere di sinistra… Ma non capisco che senso dai alla tua vita, lavorando per il giornale di F.
Ma come fai?”. Quella volta risuonarono urla quasi da intervento della forza pubblica, lì al ristorante. Io non
ho mai nemmeno attaccato un manifesto fuori posto – e una persona con quel passato si permetteva di
giudicare il senso della mia vita. O ti tieni dentro l’umiliazione o sbotti. E’ il caso di sbottare, di non
concedere altro. “Non ti permettere più” – è una frase un po’ comica, ma prende le distanze e le mantiene.
Tutta salute. Perché a volte lo SdS è seriamente convinto di essere – moralmente e politicamente –
superiore, e allora lo vedi (per un momento: di solito hanno la struttura mentale di quei pupazzi con il culo
tondo che appena li tiri giù, con uno scatto sono di nuovo in piedi) barcollare, quasi incredulo che una
merda in sospetto di collaborazionismo con il Satanasso di Arcore possa avere l’ardire di replicare a una
così ovvia considerazione.

C’è un fatto personale. Anzi, ce ne sono due. Il primo: voto Pd, sono stato per una vita nel Pci – e neanche
pentito. E mai, in un partito pur ideologico, a volte duro, il più delle volte sensato, ho incrociato gente
(dev’essere la società civile, che ha preso il posto della politica e innalza ogni rutto a declamata pratica
democratica) capace di giudizi così offensivi e personali. Solo una volta, all’Unità, un coltissimo collega mi
accusò di immoralità perché avevo scritto su una rivista diretta da Pietrangelo Buttafuoco. “Sei immorale,
hai scritto per i fascisti!”. A momenti si convocava una pubblica adunata di tutta la redazione. Lo mandai a
fare in culo: oggi sta decisamente più a destra di me. Il secondo: questo giornale. Quando vuole mostrarsi
comprensivo, lo SdS dice: “Sarai magari bravo, ma non ti fa schifo stare lì?”. Artisti d’ignoto valore (“Io non
voglio avere niente a che fare con il mercato” – quando palesemente è il mercato che non vuole avere
niente a che fare con lui), colleghi di fervida vocazione, persone conosciute per caso: niente da raccontare
su di loro, ma subito alla baionetta per un democratico assalto. Non solo Berlusconi – bisognerà detestarlo
di più, non fosse che per la qualità di certo antiberlusconismo che nel suo nome si satolla e si alimenta – ma
pure F.* Dopo il ritorno in televisione, l’esondazione si è fatta crescente. “L’hai sentito cosa ha detto? Ma tu
non ti vergogni? Non dici niente? C’hai paura, eh…”. La signora – genere democratica metropolitana: “Lo sai
io quanto ci metto per guadagnare tremila euro?”. Non lo so, ma neanche me ne frega. Strepiti. “Certo, tu
sei pagato per difenderlo”. Roba da matti, sempre di soldi parlano – immediatamente dopo una plateale
riverenza alla Costituzione, però, così che sia chiaro chi la democrazia tutela e chi la democrazia fotte.

E poi quell’altra cosa – becera, insopportabile, surreale. Almeno cinque o sei volte me lo sono sentito
ripetere: “Ma hai capito, lo capisci che F. ha preso il posto di Biagi?”. Qui ci vuole molta pazienza – essendo
piazzato nel mezzo di ogni obiezione quella solenne stronzata dell’editto bulgaro di Berlusconi. Ci si prova
con l’ironia: “Casomai ha preso il posto di ‘Max e Tux’, che sono arrivati dopo”. Niente. “Che cazzo c’hai da
ridere? Ti fa ridere ’sta cosa? Già c’è Minzolini…” – e uno si ritrova pure gravato del peso del tigìuno, che
francamente, questo proprio no… Ci si riprova, con disponibilità: “Pure il giovedì sera, allora, Santoro ha
preso il posto del ‘Rischiatutto’ di Mike Bongiorno …”. Vanno in bestia – un illogico scoppio d’ira. “Allora F.
fa il servo di Berlusconi, e tu il servo di F.!”. La cosa buffa è che non è quasi mai un argomentare sulle cose
dette in trasmissione – giuste o sbagliate, da genio o da stronzo, belle o brutte. Niente, è il luogo, la
postazione, l’orario. A me Biagi piaceva – da ragazzo lo leggevo, e un vecchio compagno falegname di nome
Giovanni accanitamente insisteva: lascia perdere Biagi, sei comunista, leggi Fortebraccio, è finita che li ho
letti tutti e due – a F. non molto. Ma adesso, che purtroppo non c’è più, cosa dovrebbero mettere, in
quell’orario? Un tricolore? Una cappella votiva? L’inno di Mameli? Cos’è, un’usurpazione? Uno cambia
canale, spegne la televisione, va a fare sesso (che è meglio qualunque cosa vada in onda): ma perché ’sta
fissazione di chi sta al posto di chi?
Se Berlusconi si deve rassegnare agli antiberlusconiani, a sinistra bisognerà almeno per un po’ rassegnarsi,
se non alla prevalenza (quella era del cretino, anche se, come diceva Mark Twain, odio ripetermi), certo alla
persistenza dello SdS. Allora, calibrare meglio le cene, avere sempre un vaffanculo di riserva, e mai
pronunciare la frase che suona quasi come giustificazione: “Sono di sinistra anch’io” – ti prego, cerca di
capirmi. Tanto, la stessa sinistra non siamo – e alla fine, inevitabilmente, per questi buonisti feroci e
fanatici, uno (nel caso, io) resterà (delicato pensiero scovato sul web) comunque “un sacco di merda
berlusconiano”. Beh, scusate se è poco.

*Lo SdS ne avrà ora attesa riconferma: “Ve l’ho detto, sta a libro paga. Questo SdM è solo lo Stronzetto di
Mediaset…”.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

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