Sei sulla pagina 1di 6

Appunti

p. 16
Non v’è dubbio che la morte di Lombroso segnò effettivamente l’inizio di
un periodo di decadenza degli studi di Antropologia criminale soprattutto
perché nessun degno allievo seppe raccogliere la fiaccola ideale del
Maestro. Gli interessi degli studiosi di Criminologia si spostarono più sugli
aspetti sociologici del problema, nel senso di valutare la incidenza della
pressione sociale (in Italia già ai tempi del Lombroso, era stata fondata dal
Ferri la scuola di Sociologia criminale che si affiancò a quella di
Antropologia criminale nel chiedere profonde riforme dei codici e dei
sistemi penitenziari) che su quelli più specificamente biologici.
Aggiungasi che negli Stati Uniti la Criminologia presentò fin dagli inizi un
orientamento prevalentemente, se non proprio esclusivamente, sociologico
e tale indirizzo mira a mantener tuttora, con indagini e lavori rivolti per lo
più alla ricerca di fattori scoio-culrturali, economici, razziali, etc. alla base
del fenomeno criminale. L’oprea lombrosiana conserva tutt’oggi indubbia
validità. Non mancarono certo errori metodologici ed interpretativi proprio
nell’ambito di quel metodo positivo che il Lombroso aveva posto a base
della sua dottrina; ma non possiamo di certo ignorare che il Lombroso si
valse degli strumenti di indagine che la sua epoca gli meteva a
disposizione: l’evoluzionismo darwiniano, la genetica premendeliana,
l’endocrinologia appena abbozzata, la fisiopatologia generale conosciuta in
misura approssimativa, gli scarsi metodi statistici. Meriti incontestabili del
Lombroso restano comunque quelli di aver spostato l’interesse degli
studiosi e della società dal crimine al criminale, di aver richiamato
l’attenzione sul significato delle anomalie fisio-psichiche quali importanti
fattori delinquenziali ed infine quello di aver per primo impostata ed
avviata la tecnica dell’esame della personalità del delinquente.Gli studi
lombrosiani furono ripresi e portati avanti proprio in Italia dal Benigno Di
Tullio, la cui figura e la cui opera dominano praticamente gli ultimi 50
anni della ricerca criminologia. La dottrina del Di Tullio, iniziatore di un
periodo “neolombrosiano” fra lo scetticismo se non proprio l’ostilità del
mondo accademico o politico, si imposta sul concetto-base della esistenza
nei criminali di una “costituzione delinquenziale” capace di favorire e
rendere operanti spinte criminose inefficienti per la maggior parte degli
individui.Il Di tullio in sostanza ripropone l’accento sui fattori biologici
della delinquenza (pur senza sottovalutare il significato di quelli ambienti
criminali), esaminati in una dimensione moderna non legata al
semplicistico
p. 17
dato antropometrico od antropomorfologico sebbene aperta alle più recenti
acquisizioni in campo di genetica, di endocrinologia, di biotipologia e di
psicopatologia.
L’ impostazione del Di Tullio (primo cattedratico di antropologia
criminale dell’università di Roma) si è gradatamente imposta nel mondo
accademico italiano, sicché nell’ultimo decennio nel nostro paese si sono
moltiplicate, generalmente nell’ambito delle facoltà mediche, cattedre ed
istituzioni di insegnamento di Criminologia Clinica (anche se, per motivi
di fedeltà e rispetto al pensiero ed alla tradizione lombrosiana, si preferisce
mantenere, quasi ovunque, la denominazione accademica di Antropologia
Criminale).
Depurata dunque dalle inevitabili scorie, la teoria lombrosiana presenta
ancor oggi una sostanziale validità, grazie soprattutto all’opera generosa ed
istancabile del Di Tullio che ha saputo coglierne gli aspetti essenziali e
l’ha valorizzata alla luce delle più recenti vedute sugli aspetti bio-
psicologici della personalità. E’ con grande commozione che nel ricordo
dell’opera del Di Tullio, scomparso nel giugno del 1979, che ebbi la
grande fortuna di vedere come Maestro illuminato e generosissimo. Con la
Sua scomparsa la Criminologia, e non soltanto quella italiana ma quella
mondiale, ha perso un capo carismatico lucido e prestigioso, capace di
rappresentare da solo per alcuni decenni la continuità con gli studi
criminologici.
Osteggiato dapprima dal fascismo e nel dopoguerra dagli ambienti più
retrivi della Chiesa preconciliare, Di Tullio dovè duramente combattere
per vedere coronata, in tarda età, la Sua aspirazione a salire in cattedra
nella università di Roma. A Lui devo tutto ciò che so in materia di
Criminologia e da Lui ho appreso il rispetto e soprattutto l’amore che
bisogna portare per tutti coloro i quali, per un insieme di sfavorevoli
condizionamenti bio-socio-psicologici e/o di sfortunate vicende
esistenziali, si sono posti di traverso rispetto alle norme codificate e che
hanno bisogno di un opportuno ed efficace trattamento perché – come
previsto nella Costituzione- possano essere recuperati e reinseriti nella
Società.

Potrebbero piacerti anche