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Una lettera aperta dalle donne dell'Afghanistan

A coloro che si ergono a guardiani dell'onore delle donne

Non è la prima volta che ci ritroviamo in questa sala. Le pareti, il tavolo, la teiera …
quante volte sono stati testimoni delle nostre riunioni, delle nostre delusioni, del nostro
disagio. Quante volte hanno accolto il nostro gruppo di donne deluse ma determinate:
amiche, attiviste, alleate. Quante volte ci hanno ascoltato, mentre esprimevamo le stesse
preoccupazioni. Quanto sono fragili le nostre conquiste. Quanto rimangono prive di
significato le leggi approvate grazie alle nostre lotte. Quanto sono inutili le politiche che
abbiamo lottato per far applicare in questo Paese che non crede nei diritti delle donne. In
questo Paese in cui la posizione di una donna nella società è considerata niente di più del
prolungamento del suo ruolo nella famiglia e nella tribù. In questo Paese in cui etica e
morale vengono interpretate esclusivamente attraverso la definizione maschile, della
quale le donne tutti i giorni pagano il prezzo.

Oggi, il colpo finale: i rifugi per le donne. Ripercorriamone la storia. Inizia quando un
mezzo di comunicazione strettamente collegato con il potere accusa falsamente i rifugi
delle donne di essere luoghi di prostituzione e immoralità. In risposta a questa accusa, il
Governo costituisce una Commissione di alti funzionari – nessuno di loro esperto,
nessuno che gestisca un rifugio, nessuno che abbia mai vissuto in un rifugio – affinché
valuti la situazione. I Commissari producono un rapporto di parte ed incompleto, senza
discutere le loro valutazioni con chi amministra i rifugi né con le organizzazioni che li
promuovono.

Noi, attiviste e donne, adesso veniamo accusate dal Governo di aver disonorato l'orgoglio
nazionale perché abbiamo reso pubbliche le violazioni gravissime e spesso umilianti dei
diritti che vengono inflitte alle donne. Tutto ciò, ci dicono, espone il Paese al disonore,
alla vergogna, agli occhi del mondo. Tutto ciò? La rivelazione di violazioni dei diritti
umani? Non la corruzione dilagante, non il fallimento palese di dare all'Afghanistan una
struttura di governo onesta e giusta? E invece, secondo loro, ciò che disonora il Paese è il
rispetto dell'antica tradizione afghana che impone di offrire un rifugio sicuro a chi ne ha
più bisogno, di lottare per i diritti dei più vulnerabili? Questo ci disonora?

Nel tentativo di “rimediare” a questi problemi – e di dirottare gli aiuti internazionali dai
rifugi indipendenti verso un canale governativo “normalizzato” – il Governo sta usando il
Ministero delle Donne come uno strumento per comprimere i diritti delle donne. Il
Ministro – senza vergogna – accusa i gruppi femminili di corruzione, ma non offre uno
straccio di prova né si impegna a correggere le storture dove queste esistano.

D'altro canto, secondo il bilancio governativo di gennaio, la maggior parte dei Ministeri
ha utilizzato meno della metà dei fondi stanziati per programmi di sviluppo nazionale. E
ora vogliono trasferire ancora più fondi verso un sistema governativo che non riesce
nemmeno a gestire i soldi che ha.

Ma la questione principale non riguarda i fondi. Almeno per quanto concerne la società
civile afghana e i gruppi delle donne in particolare – che, tanto per fare un esempio, sono
quelli che hanno saputo usare al meglio i soldi ricevuti, riducendo al minimo le spese per
garantire programmi utili e concreti, e che producono bilanci trasparenti che ne
testimoniano l'efficacia. No, la questione principale ora è Cosa accadrà alle donne?

Purtroppo, le solenni promesse di proteggere e rispettare i diritti delle donne, fatte nelle
Conferenze di Londra e Kabul e nella Dichiarazione di Lisbona, non si sono tradotte in
azioni concrete da parte del Governo afghano o dei suoi alleati internazionali. Da quando
furono solennemente pronunciati quelle promesse, il Governo è addirittura tornato
indietro, e il suo impegno per i diritti delle donne è diminuito. E adesso noi dovremmo
mettere le donne più vulnerabili della nostra società totalmente nelle mani de nostro
Governo?

L'esperienza dei rifugi per donne negli ultimi nove anni dimostra che le donne che li
gestiscono e le donne che vi trovano rifugio hanno sempre subito minacce da parte delle
istituzioni dello Stato e di coloro che informalmente esercitano potere nella nostra
società. Non si tratta della minaccia di tagliare i fondi, niente affatto. Sono minacce
insidiose: minacce di tradimento del tipo peggiore. Per esempio, una ragazza dodicenne
del Distretto di Shindand a Herat recentemente ha chiesto di essere accolta in un rifugio,
ma il Governo, su pressione di un Parlamentare, ha fatto restituire la ragazza alla
famiglia. Che l'ha poi uccisa e fatta a pezzi.

E la sua storia non è così diversa da tante altre. La sua storia è una storia comune. Alcune
delle donne che abbiamo conosciuto corrono enormi rischi. In modo eroico mettono a
rischio non solo la propria vita, ma anche l'incolumità dei propri figli, per cercare rifugio
dagli abusi nelle piccole case che offrono sicurezza. Alcune ricevono quotidianamente
minacce, addirittura ogni ora. Ma, per loro, vale la pena correre il rischio. Sono donne
che hanno visto da vicino la tortura e l'uccisione di altre donne, che sono state esse stesse
vittime di orrendi abusi. E corrono il rischio più grande nel cercare di sfuggire alla
violenza: mettono in gioco la propria sopravvivenza. Secondo la nuova normativa, i rischi
per queste donne e i loro figli alla ricerca di protezione diventerebbero ancora più grandi.
Come possiamo permettere che questa accada?

Oggi, una donna a Takhar grida per chiedere giustizia nei confronti del potente locale che
ha rapito, tenuto sequestrata e poi ucciso sua figlia. Il perpetratore è il nipote criminale di
un Parlamentare che siede – oggi – nel Parlamento a Kabul, che è considerato al di sopra
della legge dalle autorità distrettuali. Alla luce del sole. Di quali altre prove avete
bisogno? Ogni donna afghana sa benissimo che questa è la situazione nel Paese. Sa anche
che, per il Governo afghano, tutto ciò è considerato normale.

Le donne che gestiscono i rifugi lavorano ogni giorno per proteggere la vita delle loro
sorelle afghane, indipendentemente dalle opinioni politiche o dall'appartenenza etnica. E
si trovano di fronte ostacoli enormi. Tra il 40 e il 60% di tutti i casi conosciuti di violenza
vengono manipolati da qualche potente che esercita influenza sulle autorità, che fa
pressione sul Governo affinché la donna venga restituita al padre o marito – padrone
violento – da cui cercava di fuggire.

Noi chiediamo al nostro Governo: Sei davvero in grado di assumerti la responsabilità di


proteggere la vita di queste donne?

E credi davvero che esercitare il controllo totale sulla vita delle donne, fin dentro il luogo
della loro ultima speranza di salvezza, ti aiuterà a costruire una migliore immagine
internazionale del Paese? Questa decisione la prendi davvero nel migliore interesse delle
donne, anche quando sai benissimo che sei il secondo governo più corrotto al mondo?
Questa nuova normativa riuscirà miracolosamente ad essere indenne dalle influenze
potenti e corrotte che infettano tutti gli altri settori governativi? Come riuscirai a garantire
questo? E, cosa più importante, Cosa possiamo fare noi per fermarti?

http://afghanwomensnetwork.org/wordpress/

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