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DURO A MORIRE

Alle coincidenze io non ci credo, sono roba da bambini dell’asilo. E i fatti delle ultime settimane mi
danno ragione. Proviamo a guardare agli eventi italiani con gli occhi, distaccati e un po’ prevenuti,
dell’osservatore straniero. C’è un signore, che non nominiamo ma è noto a tutti, un imprenditore di
successo che da’ lavoro a cinquantamila persone, che sedici anni fa decide di buttarsi in politica
praticamente dalla sera alla mattina. Lo fa perché c’è rimasto solo lui. Tutti gli altri, democratici
cristiani, socialisti, socialdemocratici, liberali, repubblicani non esistono più, spazzati via nel giro di
un annetto da una giudiziaria caccia alle streghe degna dell’inquisizione spagnola. Qualcuno aveva
preso tangenti, qualcuno le aveva date, molti sapevano ma stavano zitti, molti altri - invece - non
c’entravano proprio nulla. Ma nel dubbio le inchieste della magistratura preferiscono farli fuori
tutti. Via il dente via il dolore. E’ lecito sospettare, in base alle migliaia di dichiarazioni a mezzo
stampa dell’epoca e per i fatti che seguirono, che alcune di queste toghe (una in particolare),
gestirono la ghigliottina mediatico giudiziaria con l’intenzione precisa di eliminare la classe politica
per sostituirsi ad essa, ritenendo che la rabbia e il furore dell’opinione pubblica contro i corrotti
bastassero a legittimarne la presa di potere. Delle urne, chissenefrega. Frattanto, il caso vuole che
gli unici risparmiati dalla gogna siano i comunisti (o chiamateli come vi pare: PCI-PDS-DS-PD),
che prima soffiano sul fuoco delle manette facili (alimentato anche dai giornali del gruppo
Repubblica-L’Espresso) e poi si candidano a governare il Paese. Ricapitolando: certi magistrati,
sinistra e giornali tutti insieme allegramente per spartirsi la torta. A loro piace vincere facile.
Sennonché il signore di prima, come dicevamo, si gioca il tutto per tutto e si piazza in mezzo. In
due mesi fonda un partito e vince le elezioni. Nel senso che gli Italiani, che sono sovrani e non sono
stupidi, lo votano perché al governo vogliono lui, e non gli altri. Inutile dire che gli altri (la “gioiosa
macchina da guerra”) si incazzano. Da allora passano più di tre lustri e la gente continua a votare il
nostro uomo, se si considera che in undici tornate elettorali politiche, europee e regionali per ben
otto volte la maggioranza degli elettori preferisce lui agli altri. Ma evidentemente non basta. La
persecuzione diventa vera e propria ossessione, bisogna trovare il modo di eliminarlo. Le inchieste
contro di lui partono a ripetizione, più di cento, le udienze sono migliaia, si calcola che quasi un
magistrato su dieci in Italia si sia occupato di procedimenti più o meno legati alla sua persona, e per
difendersi in tutti i processi ha speso oltre quattrocento miliardi di lire. E’ accusato di tutto: dalla
corruzione alla diffamazione, addirittura di essere il mandante delle stragi di mafia degli anni
Novanta. Quando il capo d’accusa non c’è (o non regge) la si butta nell’etica e nella morale, e allora
si dice che è un fascista, un maniaco, un maschilista. Addirittura quando viene assolto non è
possibile, in fondo in fondo, che non c’entri proprio niente, e allora è comunque tenuto a risarcire i
danni (!!) ai suoi accusatori. E non si parla di noccioline ma di centinaia di milioni di euro. Ma lui
va avanti, è duro a morire più di Bruce Willis. Gli italiani continuano a sostenerlo e lui (pazzesco,
non trovate?) vuole a tutti i costi darsi da fare per cambiare l’Italia. Alla fine quasi si arrende: dice
“ok, perseguitatemi, ma almeno sospendiamo i processi per tre anni e fatemi governare in santa
pace, è quello che vuole la gente, no?”. E la risposta è sempre la stessa: no. Chi l’ha detto, la gente?
Naturalmente no.

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