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Linguistica La linguistica italiana sta acquistando nell'universita uno spazio sempre crescente, in linea con il riconoscimento della sua importanza nella formazione umanistica e nella preparazione degli insegnanti. Per ampiezza del settore disciplinare e la pluralita di indirizzi metodologici, oggi si rendono pitt che mai indispensabili strumenti informativi e introduttivi, che consentano un primo orientamento all'interno di un campo troppo vasto per essere trattato esaurientemente in un solo manuale. Questo volume di struttura modulare, che consente Cutilizzazione separata delle diverse parti, comprende un quadro deltitaliano contemporaneo nelle sue varieta, lessenziale descrizione delle strutture della lingua italiana, una parte dedicata alla testualita, Un profilo di storia della lingua italiana e un glossario. Limpostazione e il linguaggio usato nel manuale lo rendono particolarme’nte adatto alle esigenze didattiche della nuova universita, ma anche agli insegnanti di materie linguistiche e letterarie e ai lettori non specialisti. Un complemento di esercizi é presente alla fine di ogni capitolo e, in misura pit ampia, nel sito della casa editrice (http://www.carocci.it). Maria Bonomi é professore ordinario di Linguistica italiana all'Universita degli Studi di Milano. Andrea Masini é professore ordinario di Linguistica italiana all'Universita degli Studi di Milano. Silvia Morgana é professore ordinario di Storia della lingua italiana e Linguistica italiana all'Universita degli Studi di Milano. Mario Piotti é ricercatore di Lingua italiana e comunicazione all'Universita degli Studi di Milano. ISBN 976-88-430-2481-0, 00 7888431024810 € 23,20 9 nuouog eue}, — 1usseyy-easpuy VNVIIWLI VOLLSINONTT Id LLN3W313 eucBiow ets org oHew ELEMENTI \laria Bonomi Andrea Masini DI LINGUISTICA Silvia Morgana Mario Piotti ITALIANA Carocci to, percepibile soprattutto nella sua parte finale, viene chiamato toni Sono stati individuate fondamentalmente tre diverse tonie: = la tonia conclusiva, ad andamento discendente: itt tutto considerato, credo che tu abbia ragione;, ~ Ia tonia interrogativa, ad andamento ascendente: aeons tenn bial oi sempre avere ragione tu?; = Ia tonia sospensiva: ee er essere sinceri alle quali si aggiungono altri diversi andamenti intonativi di tipo parti- colare, la cui individuazione, troppo complessa per essere qui esamina- ta, silega anche a fattori pragmatiet (eft. CAP). Lintonazione degli enunciati degli italiani & fortemente condiziona- ta dalla variazione regionale o diatopica: @ infatti molto evidente sia a noi italiani, cia agli etranieri che visitano il nostro paese, come gli italia nidelle diverse regioni e arce diversifichino il profilo intonativo del loro parlato, estendendo allitaliano della varieta regionale V'andamento tipi- co del dialetto di quell’area. Anche se non saremmo in grado di descri- vere o definire in modo preciso le caratteristiche intonative dei diffe- ‘enti italiani regional, siamo ben in grado di distinguere Vintonazione, ‘© cadenza, per esempio, di un piemontese da quella di un napoletano. Morfologia e morfosintassi 2.2.1. Morfologia e morfosintassi Gon il termine morfologia, voce dotta di derivazione greca entrata nel lessico moderno nel x1x secolo prima in riferimento alla botanica, poi all linguistica, si indica il settore relativo alla forma delle parole. La ‘morfologia della lingua italiana contemporanea é moderatamente sem- pilice, w differenza di quella dei secoli passati, in cui la nostra lingua, strumento soprattutto letterario di contro ai dialett, usati nella comu. nicazione corrente, era ricca di forme concorrenti. Per esempio, nel verbo, di fronte alla odierna amerebbero (terza persona plurale del con- 98 dizionale semplice), nell’italiano antico esistevano le forme amerebbero, amerebbono, ameriano, amerieno, identiche per significato ma con pa 7iale differenza nell'uso relatvamente alle diverse aree geografiche, alla lingua della poesia rispetto a quella della prosa ecc. Ancora, fino a un secolo fa alla prima persona dellimperfetto indicativo si usava, accanto al tipo pit moderno #o amavo, anche la forma io ama. ‘Tra le diverse parti variabili del discorso, cio’ nome, articolo, agget- tivo, pronome, verbo, quest’ultima é quella che presenta una maggiore variazione morfologica, mentre V'articolo, il nome ¢ l'aggettivo sono relativamente pid semplici. Nel verbo, infatt,Vitaiano conserva la dif- ferenziazione latina di forme per le singole persone, mentre nel nome conosce solo la differenziazione morfologica nel numero (singolare/plu- rale) e nel genere (maschile/femminile) ¢ non quella del caso o della funzione logica (soggetto, oggetto, complementi), che era espressa dalle desinenze nella lingua d'origine, il latino. Cosi, rispetto alle principali lingue europe, italiano @ meno complesso del tedesco nella dec zione del nome, dell aggettivo e del'articolo, ma é pits complesso del inglese, ¢ forse anche del francese, nel verbo. “Accanto allo studio delle forme, oggetto primario della morfologia, esiste un settore, quello della morfosintassi, che si occupa delle relazio- ni trala forma e la funzione, ta la forma e il suo uso in unione con altre parole. Per esempio, nell'ambito dei pronami personali la forma /ué & tata nel!taliano di oggi non solo in funzione di complemento diretto ¢ indiretto (vedo lui, vado da lui), ma anche come soggetto (lua non mi capisce): ecco quindi che, esaminando I’uso di /wi come soggetto accan- to ad egli, ci si occupa di morfosintassi. Il duplice approccio, morfolo- gico ¢ morfosintatico, risulta evidente soprattutto nell'analisi. delle diverse parti del discorso. ‘Nell'ambito della morfologia dobbiamo poi distinguere la morfologia flessionale ¢ quella derivativa. La morfologia flessionale si occupa di studiare e descrivere la flessione delle parole, cio? la loro modificazione formale in relazione alle diverse funzioni grammatical: nel nome, la marca del pluraleo del femminile ci’ la modificazione di leone in leoni e in eonessa; nel verbo, la modificazione di un infinito in forme dei modi finiti e dei tempi, come andavamo, andro rispetto ad andare, ¢ cosi via. La morfologia derivat invece, ha per oggetto I'analisi dei mecca- nismi che stanno alla base della derivazione di parole da termini-base, come cas-etta 0 cassupola derivati dal sostantivo casa, om-one da womo, bell-ina dall aggettivo bello, anestet-izzare dal sostantivo anestesia: tutti casi, questi, di derivazione attraverso elementi agiunti alla fine della paola, percid chiamati suffissi, Se la parola derivata si ottiene premet- Tendovi un elemento aggiuntivo, questo si chiama prefisso, come nel 99 80 di iopportuno, dispiacere, pre-mettere. Questa branca della mor- fologia risulta, quindi, in stretta connessione con il lessico. Riprendendo il concetto di morfema (cfr. p. 88), possiamo dunque dlistinguete i morfemi flessionali, come quelli appena citat, e i morfemi derivativi, come -etta 0 -upola in casetta e casupola, -accione (a sua volta dda distinguere in -acc- one) in omaccione. La lingua italiana pud essere definita parzialmente flesionale, ofles- siva, in. quanto affida alla flessione Vespressione di alcune funzioni, come la persona, il modo il tempo nel verbo, mentre per altre ricorre a clementi diversi. Per esempio i casi, ossa le funzioni logiche dei nomi, che in latino, in tedesco e in russo sono espresse da elementi facenti parte della parola stessa, cio® mediante morfemi flessionali, in italiano sono affidati a elementi esterni: pueris 0 Kindes, di contro a del bambi: no. Se nel nome, dunque, Vitaliano é lingua solo parzialmente flessiva, dato che il numero ¢ il genere sono espressi dai morfemi flessionali, mentre la funzione logica viene espressa da elementi esterni come la preposizione ¢ Particolo, nel verbo la nostra lingua appare picnamente flessiva al pari del latino, da cui deriva la struttura formale differenzia- tain base al modo, al tempo, alla persona. 2.2.2. Le parti del discorso Le categorie fondamentali del sistema morfologico della lingua italiana sono le cosiddette parti del discorso, la cui individuazione & avvenuta nell antichita. I Greci, infatti, a partire da Platone e Aristotele, fino ai sgrammatici del periodo alessandrino (nt secolo a.C.), individuarono otto parti del discorso: nome, verbo, participio, articolo, pronome, avverbio, preposizione, congiunzione. I Latini adottarono questa classi- ficazione, eliminando Particolo, assente dalla loro lingua, ¢ aggiungen: do Vinteriezione. La grammaticografia’ italiana si & fondamentalmente basata sullo schema seguito dai Latini, con i seguenti cambiamenti: reintroduzione dellarticolo, che si era formato nel passaggio dal latino alle lingue romanze, separazione dell'aggettivo dal sostantivo, ed eliminazione del participio come classe autonoma. Cosi, le parti del discorso individuate nella grammatica italiana sono nove: nome, articolo, aggettivo, prono- me, verbo, avverbio, preposizione, congiunzione, interiezione. Ma su questo schema classificatorio @ necessario svolgere alcune considerazioni. Come é stato messo in luce dai vari filoni della linguistica novecen- tesca, che ha sottoposto a radicali critiche Vimpostazione della gram- ‘matica tradizionale di derivazione greco-latina, e in particolare lo sche- ma classficatorio delle parti del discorso, Ia individuazione di queste riposa su criteri non omogenei Infatti, alla base della distinzione tra le diverse parti del discorso € dei termini che le definiscono, possiamo individuare questi differenti criteri: = criterio logico-contenutistico 0 semantico-nozionale, che si basa sul contenuto di cid che le stesse categorie indicano, cio per il nome per- sone, animali, cose, concetti, peril verbo azioni, stati, modi di essere; ~ ctiterio funzionale, che si basa sulla funzione esercitata dalla parola, come quella di collegare o congiungere altri clementi, come avviene pet la congiunzione; = ctiterio distribuzionale, che si basa sulla posizione che la. parola ‘occupa rispetto ad altre parole nella frase, per esempio l'awverbio che sta vicino al verbo e lo definisce meglio, la preposizione che sta prima di un'altra parola. In relazione al primo dei criteri indicati, quello contenutistico, si possono distinguere nell'ambito delle parole di una lingua le parole piene, cio? quelle che hanno un contenuto semantico significativo, dalle parole vuote o grammaticali, che hanno debole contenuto semantico, ¢ che hanno piuttosto un ruolo grammaticale di completamento, collega- mento, supporto alle parole piene. Parole piene sono per esempio casa, uormo, piceolo, ardare, mentxe parole wuote 600 ¢, cor, la B inoltre possibile classificare le parole secondo un ulteriore criterio, puramente formale, che distingue parole variabili, come verbi, nomi, aggettivi, pronomi, e parole invariabili, come avverbio, preposizione, congiunzione, interiezione. La terminologia delle parti del discorso, o classi di parole come si preferisce oggi dire, proviene dal latino, ed é stata in parte sottoposta a revisione dalla linguistica novecentesca, nell ambito di una riconsidera- zione della classficazione di tali categorie grammaticali. Per esigenze di chiarezza e semplicita, si adottano qui i termini tradizionali. 2.2.3. Articolo Larticolo pud essere determinative o indeterminativo. L'articolo deter- minativo, che comprende le forme i, /l', 1/?, i, gi, le, serve per des gnare una classe, una categoria (il cane é fedele all'womo), oppure in care una persona o-un oggetto noto, gili presente nel contesto prece- dente (erano un gatto e un cane: il cane era meno coraggioso del gatto) © precisato subito dopo (il cane che bai visto @ di mio cugino). Deri dalPaggettivo dimostrativo latino ille,illa, alae, illi, con aferesi, cis caduta della sillaba iniziale. or Jarticolo indeterminativo, che comprende le forme, solo singolari, un, uno, una, indica invece il membro di una classe, un oggetto 0 per. ‘soma generica, 0 non ancora precisato (nell’esempio di sopra c'erano un ‘gatto e un cane); al plurale, nella stessa funzione, si usano le forme aleu- nifaleune dei/delle (partitivo). Larticolo indeterminativo singolare deriva dal latino wnus, una. Riguardo alle diverse forme, Vitaliano contemporaneo presenta scar- se oscillazioni e incertezze: per esempio, & ormai del tutto stabile l'uso delle forme fo e uno davanti a parole inizianti per s preconsonantica 0 z: lo/uno specchio, lo/uno zio (nel'taliano dei secoli passati,e oggi ancora nellitaliano regionale e popolare, esistono forme come wn specchio, il zio). Le forme lo/uno sono poi prescritte davanti a nomi maschili che ‘cominciano con « (Jo xilofono}; con i nessi ps pm (lo psicologo, lo pneu: ‘matico, ma anche tl pnewmatico); con i digrammi gn sc, corrispondenti ai fonemip (nasale palatale) c f (fricativa palatale), per esempio gli gnoc- chi (ma nell'uso é corrente anche i gnocchi), lo sci; con le semiconsonanti ij) lo iodio, lo yogurtb)e w (w] (Fuavo, ma nelle parole straniere si usa itz il whisky, il week-end), ‘Quanto a oscillazioni nell'uso, osserviamo che davanti ai nomi pro- pri di persona di solito non si usa l'articolo, ma nell'italiano parlato in alcune regioni, soprattutto settentrionali, si sente dire la Carla, il Giovanni, davanti al cognome, Varticolo si pud mettere, coprattutto per i personagai famosi (i Manzoni) 0 non mettere, pitt peril maschile (bo incontrato Rossi), che non per ilfemminile (bo parlato con Bianchi, qua- Jora non ci siano motivi di ambiguita, ma meglio ho parlato con la Bianche). I nomi geografici si comportano variamente: quelli di citta e di isola piccola non vogliono V’articolo, mentre lo richiedono quelli di con: tinente, di nazione, di regione e di isola grande, di monti, di laghi, di fiumi: cosi, si dira Miano, Cipro, !' Europa, la Francia, il Lazio, la Sicilia, el Cervino, il Garda, il Po. Tipico delltaliano neo-standard, soprattutto parlato, ¢ uso della ticolo partitivo al plurale dopo preposizione: verrd con deglé amici, Va 10 e piombata su dei passanti, invece del pitt corretto uso di alcum 2.2.4. Nome La fondamentale distinzione di tipo logicista (che si basa, cio’, su oppo- sizioni logiche) tra nome o sostantivo, che indica una sostanza, ¢ verbo, che indica un processo, risale agli antichi greci: tale opposizione di mas sima in alcuni casi non & adeguata, in quanto ci sono nomi che indica- ‘no processi, come comprensione, e verbi che indicano ‘stati’ e non pro- cessi, come per esempio esistere, possedere, 1 nome, in italiano, varia nel genere e nel numero, non nel caso, la cui distinzione é affidata all'articolo e alle preposizioni aticolate La classficazione dei nomi in base al loro significato prevede la istinzione tra nomi prop, che designano un particolare individuo di ‘una specie o categoria (di persona, di citta ecc.), nomi comuni, che desi- ‘gnano ogni possibile individuo di una specie o categoria (uomo, tavolo), nomi collettivi, che designano un gruppo di individui (mandria, bian- cheria), nomi conereti, che designano oggetti percepibili dai sensi diret- tamente o eventualmente aiutati da strumenti di percezione (ciliegia, onda, luce), nomi astratti, che designano concetti (bonta, tristeza). A proposito di quest ultima distinzione, osserviamo che ad alcuni nomi & difficile applicare lopposizione conereto/astratto: pet esempio, nomi ‘come sonno, malessere, mondo, universo non rientrano con decisione né tra gli astratt, né tra i concreti. Va tenuto comunque presente il fatto che alcuni nomi hanno significati concreti e significati astrati, come forza, movimento. Un’altra classficazione che la linguistica recente ha aggiunto alle categorie tradizionali appena citate & quella che distingue nomi nume- rabili c nomi non numerabili o nomi massa: i primi indicano oggetti o entiti delimitabili, che possono normalmente esistere in una pluralita, ‘come case, cittd, womo, mentre i secondi indicano sostanze amorfe, come acqud, latte, sale, o materiali considerati genericamente, come legno, ferro. Comportamento sintattico differente per alcuni aspetticon- nota le due categorie di nomi: per fare solo un esempio, i nomi nume- rabili possono essere preceduti da alcuni aggettivi indefiniti solo al plu- tale (molte sedie, non *molta sedia), mentre al contratio i nomi non ‘numerabili si accompagnano a tai aggettivi solo al singolare (poco Jatt, non *pocki lati). Dal punto di vista morfologico, senza trattare la formazione del fem- minile e del plurale, ci limitiamo a notare due irregolatita nomi maschil terminanti in -co e -go possono avere il plurale in -chi/ghi oppure in

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