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Cassese Riassunto Di Diritto Internazionale
Cassese Riassunto Di Diritto Internazionale
Diritto Internazionale
CAPITOLO 1: I CARATTERI PRINCIPALI
DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE
1.1 I soggetti
Mentre nelle organizzazioni statali gli individui sono i soggetti giuridici primari e gli
enti sono soggetti giuridici secondari, nelle organizzazioni internazionali sono gli Stati
ad essere i soggetti primari e gli individui solo secondari.
Oggi la popolazione mondiale (6 mld di persone) sono ripartite tra circa 200 Stati.
Agli Stati si affiancano altri soggetti che per hanno una diversa e pi limitata
capacit giuridica a livello di relazioni internazionali: gli insorti, i movimenti di
liberazione nazionale, le organizzazioni internazionali e gli individui.
-Gli Stati e gli insorti sono i soggetti tradizionali delle relazioni internazionali. Solo in
un momento successivo hanno acquisito un status internazionale gli altri soggetti.
- stato normale dare uno status giuridico alle organizzazioni internazionali, in quanto
gli Stati hanno accettato di autolimitarsi per conferire alle organizzazioni internazionali
la gestione di alcuni compiti in nome e per conto propri.
-L'attribuzione di status internazionale ai movimenti di liberazione nazionale e agli
individui, invece, il risultato di un fattore ideologico, secondo cui si afferma il
principio di autodeterminazione dei popoli.
-Lo status giuridico internazionale agli individui, la conseguenza di una sempre
maggiore importanza dei diritti inviolabili degli individui, e col tempo anche di obblighi.
Di norma, le norme internazionali, per essere effettive devono prima essere trasmesse
agli Stati che a loro volta le trasformano in norme nazionali.
"Il diritto internazionale come un feldmaresciallo che pu impartire ordini
unicamente ai generali, attraverso i quali tali ordini possono raggiungere la truppa;
perci, se i generali non trasmettono quegli ordini ai soldati, egli finir col perdere la
battaglia" (Triepel, 1923).
2.2 Dalla pace di Westfalia alla fine della Prima Guerra Mondiale
In questo periodo nessuno Stato era riuscito a prendere il sopravvento sugli altri e la
competenza orizzontale aveva sempre resistito. Ovvio che c'erano una serie di Stati
pi influenti di altri. Un tentativo di bilanciare il potere fu effettuato nel 1815, dopo la
sconfitta di Napoleone, con il c.d. "Concerto d'Europa", costituito da una serie di
trattati che stabilivano 1) che le parti contraenti avrebbero adottato i precetti della
religione cristiana; 2) un'alleanza militare (la "Santa Alleanza") tra Austria, Russia,
Prussia e poi Francia, in cui si impegnavano ad accordarsi sulle misure da adottare in
caso di minaccia all'ordine costituito in Europa; 3) che per risolvere questioni di natura
di politica internazionale avrebbero adottato una serie di incontri tra i sovrani
interessati.
Dopo, per, le rivoluzioni successive e lo sviluppo dei movimenti nazionalistici, si
ripristin la tradizionale politica dell'equilibrio del potere, anche se per un po' gli
incontri tra i capi di Stato si susseguirono ancora.
Nel passato tutti gli stati non-europei si erano sottomessi alla dottrina
cristianoliberista
europea. A partire dal 1918, l'Unione Sovietica promosse una politica e
un'ideologia per la prima volta in contrapposizione con quella europea. Essa affermava
1) l'autodeterminazione dei popoli; 2) l'uguaglianza sostanziale degli Stati; 3)
l'internazionalismo socialista e il parziale rifiuto dell'ordinamento
internazionale, ma solo per la sua impostazione borghese-capitalistica.
Per evitare il verificarsi di una nuova Prima guerra mondiale gli Stati vincitori
istituirono un organo internazionale per la prevenzione delle ostilit: la Societ delle
Nazioni (1919). Con questa organizzazione non si proibiva l'uso della forza in toto,
ma si ponevano dei limiti alla guerra. Non erano per, vietate le misure coercitive
diverse dalla guerra. Se uno degli Stati membri veniva aggredito la Societ delle
Nazioni poteva solo esortare gli Stati ad intervenire, non obbligarli. Oltretutto il
principale motivo per cui la SdN fall, fu perch divenne lo strumento politico di
Francia
e Gran Bretagna.
In questo periodo non sono state prodotte norme di particolare rilievo. L'URSS era
isolata e si limitava a criticare le norme internazionali esistenti. Il settore che ebbe pi
successo fu quello della soluzione arbitrale e giudiziale delle controversie. Venne
creata nel 1921 la CPGI (Corte Permanente di Giustizia Internazionale) e furono
istituiti numerosi tribunali arbitrali ad hoc. Molti sono stati i ricorsi a questi istituti e
ci
ha permesso uno sviluppo del settore della normativa internazionale. Inoltre si
progressivamente andati verso un riconoscimento delle esigenze degli individui.
2.4 Dalla Carta delle Nazioni Unite alla fine della Guerra Fredda
2.4.1 Le conseguenze principali della Seconda guerra mondiale
Nel 1945 avvennero 3 fatti esemplari: lo scoppio delle bombe atomiche su Nagasaki e
Hiroshima; il 26 giugno a San Francisco fu adottata la carta delle Nazioni Unite; l'8
agosto nacque il tribunale militare di Norimberga. Questi accadimenti esaltarono la
tensione tra "forza" e "diritto": da una parte i Paesi potevano avere una forza
smisurata, dall'altra si cerca di frenare l'uso della violenza con ulteriori norme e
principi. Con la Carta delle Nazioni Unite si cerc di mirare al raggiungimento della
situazione non bellica come la situazione normale. In contemporanea si continu a
smantellare il residuo dell'impero coloniale, soprattutto grazie alle richieste della
popolazione, che vedevano con le colonie solo profitti per pochi e costi per tutti.
Dopo la Seconda guerra mondiale gli Alleati sottoscrissero la Carta delle Nazioni Unite
in cui sostanzialmente allungavano l'alleanza bellica (soprattutto tra USA e URSS).
Come gli accordi internazionali precedenti l'ONU si occupava di garantire la pace tra le
nazioni. Un grande passo avanti si ebbe con il divieto per gli Stati anche solo di
"minaccia o dell'uso della forza armata". Si istituito, inoltre, il Consiglio di
Sicurezza che contava 11 membri (oggi 15) in cui per rimanevano a titolo
permanente USA e URSS (poi Russia). Per la prima volta alcuni stati erano considerati
superiori ad altri. Inoltre, nelle decisioni c' necessit dell'accordo del veto di cinque
membri permanenti. L'ONU usc indebolita gi dall'anno successivo con le bombe di
Nagasaki e Hiroshima, e negli anni successivi con la guerra fredda.
La numerosit dei paesi del terzo mondo, per, ha saputo dare una svolta positiva a
tutto il contesto internazionale facendo adottare dall'ONU una serie di risoluzioni per
l'abolizione della discriminazione razziale e per il riconoscimento
dell'autodeterminazione dei popoli. Inoltre tutte le norme internazionali furono
riviste nella direzione di una maggiore presa di considerazione verso gli stati del terzo
mondo. Nel 1977, infine, il "gruppo dei 77" (formato dai paesi dell'Asia, dell'Africa e
dell'America Latina) cerc di rivoluzionare l'assetto economico della comunit
internazionale e ha ottenuto una raccomandazione, cio un atto giuridico non
vincolante.
Dal crollo dell'Unione Sovietica, la Russia non riuscita a prendere il suo posto di
super-potenza all'interno delle relazioni internazionali lasciando da soli gli USA. Gli
USA adesso si ritrovano a fare sempre da mediatori, influenzando il parere
dell'organizzazione internazionale, per, solo verso ci che ritiene degno di nota. Non
sono mancate, infatti, le occasioni in cui, per esclusivo interesse degli USA, sia
intervenuta (anche militarmente) l'ONU. Quando gli USA non sono riusciti ad ottenere
l'appoggio dell'ONU sono ricorsi alla NATO e, talvolta, sono corsi da soli. Ci a
testimonianza dell'egemonia che gli USA hanno sul resto del mondo. Dal Secondo
dopoguerra alcuni Stati del terzo mondo si sono molto sviluppati (Brasile, Cina e
India), mentre il potere degli Stati occidentali andato sempre di pi scemando. La
fase attuale delle relazioni internazionali, inoltre, si sta orientando verso un ricorso ad
alleanze militari, come la NATO e la tendenza alla regionalizzazione. I paesi del terzo
mondo hanno abbandonato l'ideologia socialista, comprendendo che pi semplice
fare accordi con i paesi industrializzati piuttosto che convincere l'organizzazione
internazionale a prendere determinate posizioni.
Oggi, il diritto internazionale sta cercando di normalizzare ogni aspetto della vita e si
nota come le varie sfumature del diritto siano tra loro sempre pi strettamente
influenzate.
Gli Stati sono i soggetti primari del diritto internazionale, cos come gli individui lo
sono per i singoli Stati. Ma governare un insieme di (relativamente) pochi soggetti
molto differenti tra loro un impresa ardua. Mentre gli individui acquistano il loro
status di soggetto giuridico alla nascita, difficile identificare il momento di nascita di
uno Stato. Per prassi uno Stato, per essere considerato tale dalla comunit
internazionale deve risiedere stabilmente in un territorio non gi occupato da un altro
Stato sovrano e deve avere una popolazione stabile che sottostia (per scelta) ad un
governo legittimo e sovrano. Sono molti i casi in cui una di queste caratteristiche
difficile determinare lo status giuridico di uno Stato. Pu, per, risultare utile sentire
il parere degli Stati gi effettivi. Ma questa modalit ha molte critiche poich vedrebbe
la superiorit di alcuni Stati su altri e perch contrasta con il principio di effettivit, in
virt del quale le situazioni "effettive" sono considerate pienamente legittime. Ma il
riconoscimento di uno Stato da parte di altri mostra la volont degli Stati di voler
trattare politicamente, economicamente e giuridicamente con il nuovo ente.
3.2.2 La prassi
Mentre prima per dare lo Status giuridico internazionale ad uno Stato bisognava
considerare solo l'esistenza di un governo stabile che governasse su una popolazione
residente in un determinato territorio, negli ultimi decenni si sono sviluppate maggiori
richieste per tale approvazione. I nuovi Stati, infatti, devono rispondere anche di
eventuali comportamenti ritenuti inidonei all'accettazione nell'organizzazione
internazionale, come l'uso della forza per conquistare il governo, la politica pi o meno
razzista, la salvaguardia delle minoranze etniche e religiose, ecc. Quindi spesso capita
che i nuovi Stati preferiscano restare per un periodo in disparte e, magari,
intrattenere
relazioni solo con gli Stati che lo riconoscono tale.
Nel caso delle cessioni bisogna valutare se vi una successione giuridica, cio se i
diritti e gli obblighi dello Stato predecessore si trasmettono allo Stato che si
sostituito al primo nel governo di tale territorio.
3.4.2.1 La successione nei trattati
In tutti i casi di successioni tra Stati, i c.d. trattati localizzabili, cio quelli che
impongono obblighi e conferiscono diritti soggettivi rispetto ad un determinato
territorio, non sono mutabili e continueranno ad esistere anche con il nuovo Stato (o i
nuovi Stati). Nel caso, invece, dei trattati non localizzabili esistono due casi, a seconda
che si tratti di incorporazione, fusione, scissione o cessione. Nel caso di incorporazione
o di cessione territoriale si applica il c.d. principio della mobilit delle frontiere dei
trattati, cio i trattati conclusi dallo Stato predecessore cessano di avere valenza in
quel dato territorio e si applicano i trattati dello Stato che ha preso governo nel
territorio. Nel caso, invece, della formazione di nuovi Stati vige il principio della tabula
rasa, secondo cui svaniscono tutti i trattati del vecchio Stato. Ultimamente i anche i
trattati in merito a diritti umanitari stanno diventando permanenti.
3.4.2.2 La successione rispetto ai beni, archivi e debito pubblico e
rispetto alle organizzazioni internazionali
Nella successione tra Stati, i beni e gli archivi vengono trasmessi automaticamente al
nuovo Stato, cos anche il debito pubblico. In quest'ultimo caso, se si tratta di
scissione o comunque vi la nascita di pi Stati, il debito viene diviso in maniera
equa. Non si tramandano, invece, i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali.
Nel tal caso il nuovo Stato dovr, se vuole, riproporre la sua candidatura
all'organizzazione internazionale a cui vuole aderire.
Non si pu pensare uno Stato senza un territorio ben delineato entro il quale lo Stato
svolge quasi interamente la propria attivit. Tradizionalmente i confini erano delimitati
molto semplicemente: terra, mare e spazio aereo erano divisi in zone di competenza
esclusiva dello Stato. Le terrae nullius potevano essere prese da altri Stati, ma solo se
effettivamente governavano la popolazione residente e avevano intenzione di non
abbandonare il territorio. Ovviamente, con il passare del tempo, l'ente che possedeva
mezzi superiori di controllo di terra mare e aria, aveva pi possibilit e potere per
esercitare il proprio dominio su un pi ampio spazio. L'unica eccezione sempre stato
il mare aperto che fin dal XVI secolo sempre stato considerato bene comune e non
attribuibile a nessuno.
4.2 Il territorio
Nei paesi che si stavano decolonizzando si instaur la prassi di mantenere i confini dei
territori colonizzati. Cos si mantenne la struttura geografica, sia sud-americana, sia
africana, identica a quella per cui si erano accordati i coloni.
Il mare territoriale comprende quella parte di mare adiacente alle coste di uno
Stato, comprese le baie, i golfi e gli stretti. L'ampiezza delle porzioni di mare non pu
superare le 12 miglia dalla linea di base, che si pu calcolare con il sistema delle linee
rette. Un limite al passaggio controllato in queste acque costituito dal passaggio
inoffensivo delle navi mercantili e delle navi da guerra straniere, sempre che il loro
passaggio non arrechi pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato
costiero. Lo Stato non pu esercitare la propria giurisdizione penale in relazione a fatti
commessi a bordo della nave straniera ad eccezione di quando: 1) il reato di natura
tale da recare pregiudizio alla pace del paese o al buon ordine del mare territoriale; 2)
le conseguenze del reato si estendono allo Stato costiero; 3) l'intervento delle autorit
locali richiesto dal comandante della nave o da un agente diplomatico o funzionario
consolare dello Stato di bandiera della nave; 4) l'intervento necessario per la
repressione del traffico illecito di stupefacenti.
Le acque interne comprendono fiumi, laghi e la parte di mare compresa nella linea di
base. Queste sono considerate al pari della terra ferma e di conseguenza sono sotto il
diretto controllo dello Stato. In queste acque non esiste il diritto di passaggio pacifico
per la navi da guerra se non su consenso dello Stato. Le navi straniere che transitano
in acque interne debbono sottostare alla legislazione dello Stato ospitante.
4.3.3 Le baie
Le nuove tecnologie hanno permesso di scoprire delle importanti risorse nel sottosuolo
marino, soprattutto lontano dalle coste degli Stati, sulla piattaforma continentale. Cos
le organizzazioni internazionali hanno deciso di lasciare libero l'accesso a queste zone.
In questo modo ricominciata la corsa allo sfruttamento illimitato del sottosuolo
marino. Solo per la zona extra-atmosferica, sulla carta, si deciso di adottare un
principio solidaristico di sfruttamento, cio di distribuzione equa delle risorse, ma
forse solo perch non si hanno ancora gli strumenti per poter delimitare la sovranit
statale.
4.3.5.1 La piattaforma continentale
Con la scoperta di risorse naturali nel sottosuolo marino si partiti con la corsa allo
sfruttamento di tali risorse anche in mari internazionali. Cos si dovuto legiferare
anche in merito alle piattaforme continentali che sono considerate degli Stati
costieri fino al margine esterno della piattaforma. Qualora non esistessero piattaforme
continentali (che hanno profondit di massimo 200 m) considerata piattaforma
continentale fino a 200 miglia dalla linea di base. Lo Stato vanta diritti concernenti lo
svolgimento di determinate attivit di sfruttamento delle risorse naturali sulla
piattaforma. Nel caso di piattaforma tra due o pi Stati vale il principio
dell'equidistanza.
4.3.5.2 La zona economica esclusiva
Anche la zona economica esclusiva arriva fino a 200 miglia dalla linea costiera di
base e d diritto agli Stati costieri all'esplorazione, sfruttamento e conservazione e
gestione delle risorse naturali.
Ogni Stato sovrano dello spazio aereo sovrastante il proprio territorio e il proprio
mare territoriale. Per quanto riguarda l'altitudine, si pu dire che comprende lo spazio
massimo dove un aereo riesce a volare. Ogni aereo pu attraversare lo spazio aereo
di
un altro Stato solo con il consenso dello Stato ospitante.
L'esercizio di sovranit di uno Stato nei confronti degli individui limitato dal diritto
internazionale e, ovviamente varia da Stato a Stato. Ogni Stato ha l'obbligo di
apprestare un particolare trattamento ai cittadini stranieri e di rispettare le immunit
internazionali degli Stati stranieri e dei loro organi.
protezione diplomatica, deve avere effettivamente utilizzato tutti gli strumenti giuridici
dello Stato territoriale, per potersi difendere. Lo Stato di nazionalit pu intervenire
quando mancano tali strumenti giuridici o questi non sono necessari alla sua
assoluzione. Questo fenomeno non solo pu verificarsi per le persone fisiche, ma
anche per le giuridiche. In questo caso lo Stato che interviene quello di nazionalit
della societ, o anche dei soci, nel caso in cui sono i soci in prima persona ad aver
subito un illecito nello Stato territoriale.
Agli obblighi degli Stati nei confronti degli stranieri delineati nella tradizionale
giurisdizione internazionale, si affiancano i trattati in merito ai diritti umani. Anche
se pu sembrare che la nuova disciplina sui diritti umani abbia scavalcato la vecchia
giurisdizione in materia dei comportamenti degli Stati nei confronti degli stranieri, si
nota che corrono su due binari paralleli. Da un lato, i diritti umani vogliono difendere
la persona in quanto essere umano, da qualunque tipo di attacco proveniente da
chiunque, mentre le normative antecedenti, attraverso opportuni trattati, vogliono
difendere il cittadino straniero dagli attacchi ripetuti da parte degli Stati (che
principalmente intendono, in questo modo, attaccare altri Stati).
Ogni Stato ha il diritto di esigere da un altro Stato che i comportamenti posti in essere
dai propri organi in tale qualit siano considerati fatti dello Stato e non dell'individuo,
e quindi coinvolgenti la sola responsabilit dello Stato secondo il diritto internazionale
(c.d. immunit funzionale). Tale immunit invocabile per tutti gli atti ufficiali
compiuti da un qualsiasi organo dello Stato. Esistono, per alcune eccezioni, in
particolare di fronte a gravi reati, per cui pu essere sottoposto a giudizio anche la
singola persona incaricata dallo Stato. La richiesta di questo tipo di immunit incontra
limiti anche nel caso di crimini internazionali.
Nel caso in cui un'agente diplomatico o lo Stato accreditante abusino delle immunit
diplomatiche, lo Stato accreditario pu riconoscere il personale diplomatico come
"persona non grata" e rompere i rapporti diplomatici con lo Stato accreditante. Oppure
pu invocare l'intervento dello Stato accreditante affinch fermi l'abuso di immunit.
Qualora ci non avvenisse entro un determinato tempo prefissato, lo Stato
accreditario pu rifiutare di riconoscere alla persona in questione lo status di membro
della missione.
I capi di Stato e di Governo e i Ministri degli Affari Esteri, nell'esercizio delle loro
funzioni godono della immunit diplomatica. Fa ovviamente eccezione il caso di crimini
internazionali.
Gli agenti consolari svolgono funzioni pi limitate rispetto agli agenti diplomatici e di
conseguenza le loro immunit sono minori e riguardano solamente le attivit ufficiali.
Inoltre essi godono anche dell'inviolabilit personale e beneficiano di un'ampia
esenzione fiscale e di forme di esenzione dai diritti di dogana e dalla visita doganale.
Gli archivi, i documenti e i locali consolari sono inviolabili.
Per essere riconosciuto dal diritto internazionale, un gruppo insurrezionale deve avere
l'approvazione degli altri Stati. Ci deriva principalmente dal comportamento dello
Stato in cui avviene l'insurrezione. Infatti molto pi probabile che il movimento
venga riconosciuto nello status internazionale quando nel territorio stabilmente
occupato e governato dal movimento esistano persone di altri Stati. Altra possibilit
dei gruppi insorti di ottenere tale status la linea ideologico-politico-religiosa, ma
anche di collaborazioni militari che possono avere con altri Stati.
Nella comunit internazionale esistono anche alcuni soggetti che hanno acquisito lo
status internazionale tramite avvenimenti storici o che non posseggono un territorio e
quello in cui agiscono parte di uno Stato sovrano. Si tratta, in molti casi di
microstati.
Il CICR un'istituzione relativamente moderna, nata in Svizzera nel 1963 con scopi
umanitari. La sua sede a Ginevra gode dell'immunit internazionale e non pu essere
varcata dalle autorit svizzere senza l'esplicito consenso del Comitato. Il CICR
promuove la stipulazione di trattati multilaterali in materia di diritto internazionale nei
conflitti armati e prende contatti con gli Stati per indurli ad osservare tali trattati.
Qualora il CICR chiedesse ad uno Stato in guerra di accettare il loro aiuto, tale Stato
obbligato ad accettarlo.
Le principali norme dello jus cogens, quindi inviolabili con altri mezzi, riguardano
l'autodeterminazione dei popoli, il divieto di aggressione, la proibizione del
genocidio, della schiavit, della discriminazione razziale e delle segregazioni
razziale (apartheid). La richiesta di istituire delle norme di jus cogens arriv dagli
Stati socialisti e dai Paesi del Terzo Mondo. Questi ultimi infatti volevano rafforzare la
condanna ai paesi coloniali e eliminare per sempre schiavit e discriminazioni razziali.
I Paesi socialisti, invece, vedevano con lo jus cogens, la speranza di una pace
duratura
tra le nazioni e di un pi ampio confronto. Solo Francia e, in maniera minore, la
Svizzera ebbero dei dubbi sull'istituzione di queste norme, ma tutti gli altri Stati, a
poco a poco e spinti dai paesi socialisti e i PVS accettarono tale ipotesi.
Nel 1969, con la Convenzione di Vienna, gli Stati accettarono la concezione di jus
cogens, ma a condizione che lo Stato che invocava il carattere imperativo di tale
norma internazionale fosse pronto ad accettare in materia la giurisdizione obbligatoria
della Corte Internazionale di Giustizia (CIG). La Convenzione di Vienna del 1969
prevede all'art. 53 che un trattato nullo se, al momento della sua conclusione, esso
in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale (che pu
essere abrogata solo con una norma generale successiva della stessa natura). L'art.
64 continua dicendo che nel caso in cui emerga una nuova norma imperativa di diritto
internazionale generale, ogni trattato esistente che in contrasto con tale norma,
diviene nullo o si estingue. Quindi nel caso di controversia in un accordo tra due o pi
Stati in merito ad una norma di jus cogens questi possono ricorrere al parere della
CIG, o ad un arbitrato. Ma la nozione di jus cogens proveniente dalla Convenzione di
Vienna molto generica poich fa riferimento agli effetti giuridici di una norma e non
alla sua natura intrinseca. Comunque per poter modificare una norma di jus congens
c' bisogno dell'approvazione della maggioranza degli Stati. Pur se la loro natura
inderogabile dovrebbe essere accettata da tutti in via generale, questo metodo di
votazione dissuade uno Stato dall'opporsi ad una norma di tale fattezza.
L'effetto tipico delle norme imperative di rendere nulli sin dal principio i trattati ad
esse contrari. Ma dalle norme di jus cogens scaturiscono anche altri effetti. possibile
che la CIG decida di abrogare solo l'articolo del trattato in cui presente la contrariet
alla norma di jus cogens, anche se lo Stato che ne ha richiesto il controllo deve
richiederlo sull'interezza del trattato. In materia di interpretazione, fra le varie
possibili
interpretazioni occorre optare per il significato pi conforme alle norme di jus cogens.
Lo jus cogens, inoltre, pu avere anche un'incidenza in materia di riconoscimento di
Stati, poich uno Stato che (anche al suo interno) produce norme contrarie allo jus
cogens, pu essere non pi legittimato dalla comunit internazionale. Ma tutte queste
misure non sono ancora mai state adottate poich nessuno Stato ha mai fatto ricorso
alla CIG per l'abolizione dei trattati.
In rari casi la nozione di jus cogens stata utilizzata dalla giurisprudenza interna per
decidere il merito di una controversia. In realt si usata per giustificare la mancata
applicazione di norme di origine convenzionale.
consuetudinaria.
Nel Preambolo della II Convenzione dell'Aia del 1899, il giurista russo Martens inserir
la seguente clausola: "Fino a che non sar adottato un pi completo codice delle
regole applicabili ai conflitti armati, le popolazioni ed i belligeranti restano sotto la
salvaguardia e sotto l'imperio dei principi del diritto delle genti, quali risultano dagli
usi stabiliti fra le nazioni civili, dalle leggi d'umanit e dalle esigenze della coscienza
pubblica". In questo modo ha modificato la struttura delle norme consuetudinarie per i
casi di conflitti armati riuscendo a coniugare le esigenze dei paesi ricchi e di quelli
poveri. Con questa clausola l'usus non pi elemento fondamentale per l'accettazione
di una consuetudine. Viene invece maggiormente valorizzato l'elemento psicologico,
cio l'accettazione da parte degli Stati. Questo giustificato dal fatto che in questi casi
preferibile un approccio verso le esigenze umanitarie.
A partire dagli anni '60 si sentita una forte richiesta di trascrivere quelle norme
consuetudinarie che regolavano i rapporti internazionali. Infatti molto pi utilizzato,
tra gli accordi, il metodo del trattato. Per fare ci necessario un processo di
codificazione, inteso come quell'insieme di azioni e procedimenti il cui scopo e
possibile risultato l'elaborazione di norme giuridiche vincolanti. Ma si pu
parlare di codificazione in merito a due diverse accezioni: la codificazione strictu
sensu, cio formulare in forma scritta le consuetudini che regolano i rapporti, e la
codificazione che intende influire sulle norme consuetudinarie, colmandone
alcune lacune e scegliendo l'accezione migliore.
Esistono molti metodi di stipulazione di trattati, ma nella prassi sono molto limitati. I
maggiormente utilizzati sono: la "forma solenne" con la quale il trattato siglato da
una firma formale da parte del capo dello Stato o da altra autorit nazionale
competente; la "forma semplificata", con cui la manifestazione di volont dello
Stato a ritenersi giuridicamente vincolato dal trattato avviene con la firma da parte del
plenipotenziario che ha negoziato il trattato. Con l'apposizione della firma da parte
degli Stati non si ratifica un trattato gi esistente, ma si d vita ad un nuovo trattato.
la Convenzione di Vienna del 1969 che ha al suo interno gli articoli che regolano le
modalit dei trattati (artt. 11-13). L'art. 11 accoglie il principio di libert dei modi di
stipulazione dei trattati ed elenca: la firma, lo scambio di strumenti che costituiscono il
trattato, la ratifica, l'adesione e qualsiasi altro mezzo. Uno Stato pu manifestare il
suo consenso ad un trattato (a cui, magari, non ha partecipato ai lavori di accordo)
attraverso la forma di "adesione" qualora il trattato stesso lo preveda.
Per la stipulazione dei trattati, l'iter formativo ha sempre inizio con i "negoziati",
condotti dai plenipotenziari, ossia, rappresentanti dello Stato incaricati di intrattenere
le trattative, da parte degli organi nazionali. Ovviamente la procedura per rendere un
rappresentante dello Stato plenipotenziario non si applica per alcune cariche, come
quella di Capo dello Stato e di Governo e Ministri degli Affari Esteri, capi di missione
diplomatica (per trattati inerenti determinati argomenti) e rappresentanti di Stati
accreditati presso conferenze internazionali, ecc. (sempre limitatamente alla loro
missione). Se i negoziati vanno a buon fine, si passa alla fase della "adozione" del
testo. Secondo la Convenzione di Vienna l'adozione del testo deve avvenire
all'unanimit, e se si tratta di un trattato scaturito da una conferenza internazionale,
esso ha bisogno della maggioranza dei due terzi degli Stati (qualora questa stessa
maggioranza non preveda diversamente). All'adozione del testo segue la "firma" da
parte dei plenipotenziari. Nel caso di trattati con forma semplificata si passa
direttamente alla fase successiva; nel caso, invece, di trattati in forma solenne, dopo
la firma dei plenipotenziari si passa alla firma da parte del capo dello Stato. La fase
successiva lo "scambio degli strumenti della ratifica" che permette al trattato di
"entrare in vigore".
L'art. 80 della Costituzione non prevede una forma semplificata di stipulazione dei
trattati ma enuncia cinque categorie in cui necessaria la firma del capo dello Stato e
l'approvazione con legge da parte delle Camere. Per tutti gli altri casi non enunciati
nell'art.80, quindi, si presuppone che possano essere trattati in forma semplificata,
cio, esclusivamente dal Governo. Ci, per, ha insorto il problema di un forte potere
nelle mani della maggioranza parlamentare che potrebbe evitare in questo modo il
controllo di costituzionalit da parte del capo dello Stato. Di norma per questioni
delicate, anche se non elencate nell'art. 80 si dovrebbe comunque far ricorso alla
forma solenne.
11.3.3 La competenza a stipulare delle Regione e delle Provincie
autonome
Dopo la riforma del titolo V della Costituzione le Regioni a Statuto speciale e le
Provincie autonome di Trento e Bolzano possono concludere accordi internazionali.
L'iter, per, estremamente rigido e complesso, poich la Regione deve presentare
alla Presidenza del Consiglio e al Ministero degli Affari Esteri comunicazione delle
trattative. Il Ministero degli Affari Esteri pu indicare i principi e i criteri da seguire
nella conduzione dei negoziati. Se il Governo accetta la trattativa, pu conferire alla
Regione o alla Provincia autonomi i pieni poteri ad ottemperare all'iter del trattato. Se
questo si svolge all'estero le agenzie diplomatiche e i consolati devono collaborare con
i rappresentanti della regione o delle province alla buona esecuzione del trattato. Data
la procedura cos complessa, di solito si procede non attraverso trattati internazionali,
ma con accordi con enti territoriali interni ad altro Stato per cui serve solo una
comunicazione e approvazione del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Affari
Esteri.
Uno Stato che intende prender parte ad un accordo multilaterale, ma che reputi
alcune clausole troppo onerose, pu ratificare tale trattato "con riserva". Queste
riserve, che sono accordi unilaterali tra lo Stato che la richiede e gli altri Stati del
trattato, possono essere di due tipi: 1) sono eccettuative quando si intende
escludere nei propri confronti l'applicazione di alcune clausole; 2) sono
interpretative quando lo Stato intende modificare nei propri confronti
l'effetto giuridico di alcune norme del trattato precisando l'esatto significato
che esso le attribuisce.
Per i trattati in materia di tutela dei diritti umani, le riserve hanno una procedura
particolare. Quando uno Stato presenta una riserva ritenuta inammissibile poich
vietata dal trattato o incompatibile con l'oggetto e lo scopo del trattato, la riserva
ritenuta invalida. Questo per garantire la preminenza dei principi di umanit sulla
sovranit statale. Ovviamente, prima di rendere invalida una riserva si cerca di
avviare un dialogo con lo Stato promotore della riserva.
Nelle materie inserire nell'art.80 della Costituzione l'approvazione con legge da parte
del Parlamento non solo deve avvenire per la ratifica dei trattati internazionali, ma
anche su eventuali riserve. Il Parlamento potrebbe (ipotesi mai verificatasi) anche
inserire all'interno della stessa legge una riserva al trattato e, se il Governo ignorasse
questa riserva il trattato diverrebbe nullo, per manifesta violazione delle norme
interne.
11.5 Il rispetto dei trattati e la loro efficacia per gli Stati terzi
I trattati internazionali, una volta entrati in vigore, devono essere adempiuti dalle
parti
contraenti, infatti "ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere eseguito in
buona fede". Non si pu ricorrere al diritto interno per giustificare un'inadempienza del
trattato. Inoltre le regole del trattato non ricadono in alcun modo su Stati terzi che
non hanno preso parte al trattato a meno di diversa volont dello Stato.
Gli art. 48, 49 e 51 della Convenzione di Vienna elencano tre ipotesi tradizionali di
nullit dei trattati, i c.d. vizi della volont: errore, dolo e violenza. L'art. 50,
invece, prevede l'ipotesi della corruzione. Quindi, un trattato che rientri in questi 4
casi, anche se stipulato dall'organo competente, rester nullo. Per quanto riguarda il
caso dell'errore, esso riguarda un fatto o una situazione che lo Stato (che chiede la
nullit) supponeva esistente al momento della conclusione del trattato e che costituiva
base essenziale al consenso dello Stato stesso, cio una falsa rappresentazione della
realt. Nel caso del dolo, invece, esso non ha natura specifica, date le molte
interpretazioni che la giurisprudenza attribuisce a tale espressione. La CID, infatti, ha
volutamente utilizzato il nome dolo per lasciare ampio margine di discrezione alla
giurisprudenza successiva e alla prassi. Altra causa di nullit del trattato deriva dalla
corruzione del rappresentante di uno Stato da parte di un altro Stato che ha
partecipato ai negoziati. Ovviamente sono esclusi gesti di pura cortesia e minimi
favori. Infine sono nulli i trattati conclusi grazie all'uso della violenza. Durante il
dibattito sulla Convenzione di Vienna gli Stati di nuova indipendenza hanno voluto (a
dispetto degli Stati occidentali) sottolineare che il termine violenza poteva riferirsi
anche ad ambiti politici ed economici.
Oltre alla consuetudine e ai trattati esistono altri atti giuridici unilaterali che non
danno
Oltre alle fonti primarie e secondarie vi sono anche fonti di produzione del diritto
di carattere "sussidiario" che intervengono qualora non esistessero altre fonti a
regolare un determinato caso. Sono questi i "principi generali di diritto comuni
agli ordinamenti interni", diversi ovviamente dai principi generali del diritto
internazionale. Questi ultimi, infatti, tentano in linea generale di colmare eventuali
lacune del diritto internazionale ma non costituiscono una fonte di diritto
internazionale in senso stretto. I primi, invece, operano come fonte di produzione
giuridica che attinge ad altri ordinamenti effettuando una sorta di trasposizione
nell'ordinamento internazionale di alcuni principi propri di una giurisprudenza interna
per colmare eventuali lacune.
Le sentenze della CIG (Corte Internazionale di Giustizia hanno efficacia vincolante solo
per le parti in causa e limitatamente al caso di specie. Ci significa che non
contemplato il principio dello stare decisis, tipico degli ordinamenti di common law e
cio che le sentenze precedenti influenzano le successive. Per, in assenza di un
organo centrale di giurisdizione, con il tempo diventata una prassi quella
dell'attribuire molta importanza alle decisioni della Corte per le sentenze successive.
In alcuni casi la CIG si trovata anche a determinare nuove norme, con il tacito
consenso degli Stati.
12.4.2 La "soft law"
Negli anni recenti si manifestata la formazione di un fenomeno nuovo: la "soft law".
La soft law si forma all'interno di organizzazioni internazionali e concerne materie
quali diritti umani, le relazioni economiche internazionali e la protezione dell'ambiente.
Gli strumenti di soft law hanno tre principali caratteristiche. Innanzitutto trasmettono
tendenze moderne di cui le organizzazioni internazionali si fanno promotori, in
secondo luogo esse riguardano nuovi interessi della comunit internazionale e infine
per le questioni trattate non possibile raggiungere un accordo internazionale
vincolante. Ovviamente si tende a rendere la "soft law" come terreno fertile per una
prassi e una consuetudine che porti alla formazione di norme internazionali.
Nel regolare i rapporti tra diritto interno e quello internazionale, nel passato sono
state
elaborate tre principali teorie: quella monista, che vedeva la supremazia
dell'ordinamento interno su quello nazionale; la dualista, che vedeva l'ordinamento
internazionale indipendente da quello interno; la monista "internazionalista" che
invece vedeva la supremazia dell'ordinamento internazionale su quello nazionale.
Secondo la teoria monista l'ordinamento internazionale considerato come un
ordinamento statale esterno. Il diritto internazionale costituirebbe un insieme di linee
di comportamento il cui valore normativo cede tutte le volte che uno stato "potente" le
ritenga contrarie ai propri interessi. indubbiamente una teoria estremamente
nazionalista occidentalista, che vede la supremazia dell'autorit statale. La seconda
teoria quella dualista, principalmente avanzata dagli Stati anglosassoni, basati su
principi di common law. una teoria che mette sullo stesso piano gli ordinamenti
nazionali e internazionali anche se differiscono su molti punti come: 1) i soggetti a cui
si rivolgono, quello nazionale agli individui, quello internazionale agli Stati; 2) le fonti
di produzione normativa, con leggi parlamentari per quello interno e principalmente
consuetudini per quello internazionale; 3) il contenuto delle norme giuridiche poich il
diritto internazionale disciplina solo i rapporti tra gli Stati. In questo caso il diritto
internazionale non pu indirizzarsi direttamente agli individui, quindi una norma
internazionale deve trasformarsi ed adattarsi all'interno degli ordinamenti nazionali.
L'ultima teoria la monista "internazionalista" che considera gli ordinamenti statali
come un ordinamento giuridico unitario sottomesso a quello internazionale. Le norme
nazionali, in questo caso devono essere sempre conformi al dettato internazionale.
Inoltre la giursprudenza internazionale ha come utente finale gli individui e le sue fonti
non differiscono da quelle degli ordinamenti nazionali.
Gli Stati non sono obbligati, teoricamente, ad eseguire gli indirizzi e gli obblighi
internazionali. Per prassi, infatti, le disposizioni contenute nei trattati internazionali
richiedono espressamente agli Stati contraenti di emanare la legislazione necessaria
per l'attuazione delle norme stabilite dal trattato. Poi vi sono le norme di jus cogens
che richiedono che gli Stati adottino la normativa di adattamento necessaria alla loro
attuazione all'interno dei rispettivi ordinamenti. Le norme di jus cogens hanno tale
importanza da richiedere una garanzia di attuazione nei sistemi giuridici interni.
Qualora uno Stato non adempisse, in questi casi, a tale obbligo, sarebbe chiamato
dalla comunit internazionale a rispondere dell'illecito. Gli Stati, inoltre, non possono
invocare il diritto interno come giustificazione al mancato adattamento
dell'ordinamento ad una norma internazionale.
In assenza di una normativa in materia, non esiste alcun grado di omogeneit per
l'adattamento delle norme internazionali nei vari ordinamenti interni. Ogni Stato
decide da s le modalit ed riluttante ad accettare una disciplina internazionale in
materia.
13.2.2.1 Meccanismi di adattamento ed esigenze statali
Dalla met del '900 gli Stati hanno iniziato ad avere una volont sempe maggiore di
adattarsi agli ordinamenti internazionali. Secondo un'analisi degli ordinamenti interni
si notato che esistono due metodi principali di adattamento delle norme
internazionali. Il primo meccanismo l'"adattamento automatico permanente"
secondo cui una norma interna obbliga lo Stato e i suoi cittadini a vincolarsi alle
norme di diritto internazionale. Quindi una norma di diritto internazionale entra
direttamente nell'ordinamento interno e pu essere modificata nel caso di non
Sono molti gli Stati che preferiscono un adattamento automatico permanente poich
comporta minori sforzi legislativi da parte del Parlamento. Infatti, nei casi di
applicazioni di leggi consuetudinarie internazionali il legislatore interno dovrebbe
constatare l'effettiva consuetudine a livello internazionale e disciplinare
conseguentemente una materia dettagliatamente. Nel caso di adattamento
automatico, invece, questo oneroso compito affidato ai giudici o agli altri organi
dello Stato preposti all'applicazione del diritto.
A differenza delle norme consuetudinarie, per quelle convenzionali, derivanti cio dai
trattati, gli ordinamenti nazionali decidono di volta in volta quale meccanismo di
adattamento utilizzare. Alcuni prevedono che i trattati internazionali diventino
operativi con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, in altri, invece, c' bisogno di
una legislazione ad hoc; in altri paesi ancora, come l'Italia, prassi utilizzare
l'incorporazione automatica. Il problema sorge con quei trattati contenenti norme non
immediatamente applicabili all'interno dell'ordinamento (non self-executing) che
hanno bisogno di una legislazione interna.
Le scelte adoperate dagli Stati secondo il rango dei trattati internazionali negli
ordinamenti interni sono diverse. In generale si tende a rendere superiore il grado di
un trattato rispetto alle norme nazionali. Qualora esistessero norme interne dello
stesso grado dei trattati internazionali e contrastassero con questi, le prime di norma
subiscono una modifica di conformit verso il trattato.
Pu accadere che uno Stato parte ad un trattato non adotti la legislazione interna
necessaria all'applicazione delle norme del trattato con conseguente insoddisfacimento
dei diritti individuali scaturiti dal trattato stesso. Infatti gli Stati sono liberi di adottare
le condotte che preferiscono sul piano internazionale e di individuare il meccanismo
pi idoneo a risolvere i conflitti e le tensioni che possono sorgere.
Per capire l'intenzione internazionalistica degli Stati basta guardare il loro meccanismo
di adattamento all'ordinamento internazionale. Gli stati pi internazionalistici sono
quelli che assumono l'adattamento automatico permanente e considerano le norme
internazionali di rango superiore a quelle interne, a volte anche a quelle Costituzionali.
Purtroppo, per, a parte alcune eccezioni, ancora non si sta evolvendo il sentimento
nazionalista tradizionale poich uno stato preferisce evitare di assumere impegni
irrevocabili con legiferazione interna. Ma bisogna osservare che il diritto internazionale
si sta sempre di pi orientando verso l'imposizione di obblighi e diritti verso gli
individui, prima esclusivo appannaggio della sovranit statale.
Ogni sistema giuridico ha norme che regolano le competenze dei tribunali per risolvere
le liti tra i membri di una comunit. Esistono pertanto procedimenti e tribunali penali e
civili, o anche arbitrati, scelti in base alla situazione che si presenta. A livello
internazionale, fino all'adozione della Carta delle Nazioni Unite del 1945 gli Stati
potevano utilizzare qualunque mezzo reputassero necessario alla risoluzione delle
controversie, anche la forza armata senza aver precedentemente cercato una
soluzione pacifica. Nel tempo si sono sviluppate diverse procedure per la dissoluzione
di controversie internazionali, evitando in tutti i modi l'uso della forza e della minaccia.
In seguito all'affermazione del divieto di minaccia e uso della forza come soluzione
delle controversie sono aumentati considerevolmente i ricorsi a procedure tradizionali
di soluzione. L'inchiesta stata scarsamente utilizzata negli accordi bilaterali, ma
molto utilizzata in quelli multilaterali. La mediazione ha trovato attivit in molte e
importanti occasioni. Dopo la guerra fredda, inoltre, gli Stati hanno iniziato a fare
molto spesso ricorso agli arbitrati e organi giudiziari. Questi ultimi, in particolare sono
spesso convocati dagli Stati del Terzo Mondo e da quelli dell'ex blocco sovietico. Gli
Stati occidentali, invece, sono restii ad utilizzare questo organismo forse per una certa
sfiducia nelle soluzioni giudiziarie delle liti. Oltre alla CIG si sono create molti altri
tribunali internazionali, tutti diretti in settori diversi e con competenze diverse. Questo
aumento del numero di tribunali internazionali permanenti o semi-permanenti ha fatto
sollevare qualche dubbio sulla possibilit di pi e diverse sentenze in merito ad una
questione e si pensato di sollevare la CIG al vertice di tutti i tribunali, ma
obiettivamente la settorialit degli altri tribunali non permetterebbe casi simili.
Commissione di conciliazione, infatti non sono vincolanti, ma una volta richiesto il suo
intervento, lo Stato accusato di illecito obbligato a sottoporsi ad esso.
14.3.4.2 Procedure obbligatorie di regolamento arbitrale o giudiziale
Ci sono casi in cui stato previsto l'obbligatoriet di ricorso, in caso di controversia, a
regolamento arbitrale o giudiziale. il caso della Convenzione di Vienna e della
Convenzione sul diritto del mare. In questi casi, per controversie non relative allo jus
cogens gli Stati sono obbligati a trovare entro 12 mesi dal sorgere della controversia,
una soluzione pacifica. In caso di mancato raggiungimento della soluzione pu
intervenire il tribunale che pu essere un arbitrato o giudiziario.
14.3.4.3 Il ruolo degli organi "politici" delle Nazioni Unite
Sono importanti gli organi politici dell'ONU quali CdS e AG poich, nelle controversie
internazionali fanno da mediatori tra le parti, invitandole a chiarire le rispettive
posizioni e cercare di ridurre le divergenze e, se necessario, raccomandare un'equa
soluzione.
Grazie all'opera di codificazione attuata negli anni'50 si arrivati nel 2001 all'adozione
di un Progetto di articoli sulla responsabilit degli Stati. Nella disciplina attuale si
possono distinguere due norme: le c.d. "primarie", ossia l'insieme delle norme di
diritto internazionale che impongono obblighi di natura sostanziale, e le c.d.
"secondarie", un'insieme di norme che stabiliscono: 1) le condizioni per cui si pu dire
che si verificato un illecito; 2) le conseguenze giuridiche discendenti da quell'illecito.
Anche il grado di responsabilit pu variare in responsabilit "ordinaria", ossia quella
normalmente applicabile nei rapporti tra Stati a seguito della commissione di un
illecito, e la responsabilit "aggravata", che scaturisce da violazioni di norme
fondamentali della comunit. Anche la responsabilit individuale mutata rispetto alla
disciplina tradizionale. Infatti gli individui possono essere responsabili a livello
internazionale per violazioni gravi di diritto internazionale, commessi sia in tempo di
guerra che in tempo di pace.
15.3.1 Il consenso
Il consenso prestato da uno Stato esclude l'illiceit da parte di un altro a condizione
che esso: 1) sia stato prestato validamente, 2) sia chiaramente accertato e non sia
presunto, 3) sia stato dato dagli organi statali competenti, 4) sia antecedente alla
commissione dell'atto.
15.3.2 Le contromisure
Secondo il Progetto di articoli della CDI la forza maggiore "il verificarsi di una forza
irresistibile o di un evento imprevisto, al di fuori del controllo dello Stato, che rende
materialmente impossibile nelle circostanze del caso adempiere l'obbligo giuridico". La
forza maggiore non opera se la situazione di forza maggiore causata dallo Stato che
la invoca o lo Stato ha assunto il rischio circa il verificarsi di tale situazione di forza
maggiore. L'estremo pericolo, invece, una situazione in cui "l'autore dell'atto non ha
altro modo ragionevole, in una situazione di estremo pericolo, di salvare la propria
vita
o quelle delle persone affidate alle sue cure. Anche l'estremo pericolo non applicato
se causato dalla condotta dello Stato che lo invoca.
Lo stato di necessit si invoca quando tutto lo Stato ad essere in pericolo. Esso non
costituisce una circostanza escludente l'illecito a meno che la condotta altrimenti
illecita costituisca l'unico modo per salvaguardare un'interesse essenziale dello Stato
da un pericolo imminente e che questo comportamento illecito non danneggi
seriamente l'interesse degli altri Stati. Come per le altre cause di esclusione
dell'illiceit, anche questa non vede applicazione se lo stato di necessit Stato
provocato dallo Stato che lo invoca.
Con un comportamento illecito, pur se non considerato tale per le cause sopracitate, si
deve comunque risarcire gli altri Stati per eventuali danni arrecati con tale
comportamento. Ci ovviamente riconsiderato per i casi di legittima difesa,
contromisure e consenso.
Lo Stato che commette l'illecito sottoposti ad una serie di obblighi nei confronti dello
Stato leso. Innanzitutto deve cessare il comportamento illecito e deve provvedere alla
piena riparazione per i danni causati. Se esso rifiuta di effettuare la riparazione, deve
accedere in buona fede alle proposte di risoluzione pacifica avanzate dallo Stato leso.
Nel caso di danno materiale lo Stato che ha commesso il dolo deve provvedere alla
restituzione in forma pacifica, sempre che quest'ultima non sia materialmente
impossibile o che comporti un onere eccessiva rispetto al vantaggio che deriverebbe
dalla restituzione in luogo del risarcimento. In quest'ultimo caso si deve procedere ad
una "riparazione per equivalenza", cio coprire anche monetariamente i danni causati.
Nel caso in cui non si riesca a risarcire interamente il danno, lo Stato autore
dell'illecito obbligato a fornire la c.d. "soddisfazione", cio una riparazione per danni
non materiali. Questa forma di riparazione non deve essere sproporzionata rispetto al
danno subito, n assumere forme che umilino lo Stato responsabile. La soddisfazione
pu consistere anche nel pagamento simbolico di una modesta somma di denaro.
Altre somme di soddisfazione possono essere la punizione degli individui che hanno
commesso l'illecito.
basati sulla reciprocit; 2) in caso di violazioni di norme che pongono obblighi solidali;
3) leso lo Stato in ordine al quale la violazione ha un'incidenza particolare. Lo Stato
leso deve notificare a quello responsabile le sue pretese, specificando la condotta che
deve lo Stato deve adottare ai fini della cessazione dell'illecito e la forma che deve
assumere la riparazione.
Prima che lo Stato leso possa ricorrere a contromisure deve percorrere una serie di
adempimenti preventivi. Innanzitutto deve invitare lo Stato offensore a cessare il suo
comportamento illecito e provvedere alla riparazione. Nel caso di inadempimento,
sempre lo Stato leso deve proporre all'offensore l'avvio di negoziati. Ci deriva dal
principio di soluzione delle controversie per via pacifica. Solo se l'altro Stato rifiuta di
intraprendere i negoziati, lo Stato leso, che reputa che non ci siano altre soluzione per
la dissoluzione della controversia, pu ricorrere alle contromisure. Alcuni trattati
vietano (in modo implicito o esplicito) il ricorso alle contromisure, adottando invece un
giudice internazionale.
Ci sono alcuni limiti che lo Stato leso deve tenere in considerazione nel momento
dell'adozione delle contromisure. Sicuramente vietato l'utilizzo della forza o la
minaccia. Inoltre nelle contromisure non possono essere violati obblighi in materia di
diritti umani e diritto internazionale umanitario, o comunque le regole che proteggono
interessi e bisogni fondamentali degli esseri umani. Non possono, poi, essere violate
norme di jus cogens e lo Stato che sta adottando le contromisure deve comunque
rispettare i propri obblighi 1) in materia di procedure di soluzione delle controversie
applicabili nei rapporti con lo Stato offensore, 2) in materia di inviolabilit degli agenti
diplomatici.
Lo Stato leso che sta adottando contromisure obbligato a cessarle qualora l'illecito
sia stato sospeso e la controversia sia stata sottoposta ad una procedura di
regolamento arbitrale o giudiziale.
due condizioni. Devono risultare proporzionali all'illecito subito e devono cessare con il
venir meno del comportamento scorretto dell'altro Stato.
Le differenze tra responsabilit aggravata e ordinaria stanno anche nei soggetti attivi
(cio coloro che possono invocare l'illecito) e il contenuto del rapporto di
responsabilit.
Nel caso di responsabilit aggravata tutti gli Stati possono in qualunque momento e
senza aver subito danni, invocare la violazione di una norma consuetudinaria
internazionale.
Gli Stati diversi da quello che commette l'illecito hanno il potere di richiedere la
cessazione dell'illecito e le garanzie e assicurazione che tale illecito non si riverifichi.
Nell'ipotesi in cui l'illecito abbia causato danni ad un determinato Stato, ogni Stato
legittimato a chiedere la cessazione dell'illecito e il risarcimento del danno subito verso
quello Stato. Nel caso in cui, invece, non ci sono Stati che hanno subito danni, gli altri
Stati possono chiedere la riparazione a beneficio degli individui che hanno subito le
conseguenze sfavorevoli dell'illecito. Se il comportamento illecito non cessa, gli altri
Stati possono rivolgersi alle organizzazioni internazionali competenti, sia di carattere
universale (NU), sia regionali. Quando la reazione ha carattere grave e sistematico, gli
altri Stati devono adempiere alcuni obblighi specifici: 1) non devono riconoscere come
legittima la situazione creata dall'illecito; 2) non devono prestare aiuto o assistenza
allo Stato responsabile ai fini del mantenimento della situazione discendente
dall'illecito; 3) devono cooperare nella misura possibile ai fini della cessazione
dell'illecito.
Il CdS un organo politico cui la Carta delle Nazioni Unite affida la responsabilit
principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. esso ha il
compito di raccomandare e decidere le misure che debbono essere adottate in
presenza di tre situazioni: minaccia della pace, violazione della pace e atti di
aggressione. Nel sistema della Carta non esistono organi con la competenza di
accertare la legittimit delle delibere adottate ai sensi della Carta. Questo perch gli
Stati intendevano garantirsi un'ampia possibilit di azione attraverso il CdS. E
comunque tutte le delibere del CdS, oltre a raggiungere la maggioranza richiesta,
possono essere bloccate dall'esercizio del c.d. diritto di veto (voto negativo da parte di
uno dei membri permanenti).
Accertata l'esistenza di una delle tre cause di intervento del CdS, questo pu
intervenire adottando misure non implicanti l'uso della forza, le c.d. sanzioni. Meno
forza coercitiva ha una sanzione e pi spesso viene utilizzata. Questo per evitare che i
5 membri permanenti del CdS siano tra loro in dissenso, infatti, sono state pensate
forme di condanna o pressione blande, che servono per lo pi ad esprimere il dissenso
da parte della comunit internazionale. Inoltre, tali misure hanno diversa efficacia a
seconda del sostegno che concretamente ricevono dagli Stati, per il semplice fatto che
possono essere attuate, spesso, solo per il tramite di apparati statali. Negli ultimi
anni,
con il terrorismo internazionale il CdS ha deciso spesso di non adottare misure
sanzionatorie nei confronti di interi Stati (poich potevano causare gravi danni alla
popolazione innocente), ma di utilizzare "sanzioni intelligenti" ("smart sanctions")
verso individui o gruppi di individui.
16.4.2.1 Le sanzioni economiche e altre misure sanzionatorie "tipiche"
Le sanzioni di carattere economico decise dal CdS si sono susseguite negli anni, ma la
loro incisivit spesso era molto ridotta per il poco sostegno internazionale (spesso
Stati offensori erano aiutati da altri Stati). Tuttavia, se adottate in maniera universale,
queste sanzioni possono causare gravi danni ai settori pi vulnerabili della popolazione
civile, infrangendo a volte anche le norme sui diritti umani. Per questo il CdS ha
provveduto ad includere eccezioni di carattere umanitario, allo scopo di permettere il
flusso di beni e servizi essenziali destinati a scopi umanitari. Gli organi internazionali,
come il CdS, quando adottano sanzioni collettive contro uno Stato, devono valutare se
queste sanzioni possono causare violazioni gravi ai diritti sociali, economici e culturali
dei membri pi deboli della popolazione civile. Qualora si accerti che siano stati violati
tali diritti per via della sanzione, il CdS deve subito provvedere ad adottare tutte le
misure necessarie per alleviare le sofferenze dei gruppi vulnerabili.
16.4.2.2 Il non riconoscimento di situazioni illegittime
Nelle occasioni in cui anche con le sanzioni il CdS non riesce a far cessare lo Stato
nell'illecito, si pu procedere attraverso il "non riconoscimento di situazioni
illegittime".
Ci si basa sull'idea che ogni azione contraria a certi valori fondamentali
comunemente accettati dalla comunit internazionale non debba essere legittimata in
alcun modo. Lo scopo isolare lo Stato autore dell'illecito , costringendolo a
modificare la situazione condannata.
16.4.2.3 La creazione di tribunali penali ad hoc
Il CdS in due occasioni ha istituito tribunali penali internazionali per perseguire e
punire coloro che avevano perpetuato crimini internazionali nel corso di un conflitto
armato: nel 1993 per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia (ICTY) e nel 1994 per il
Ruanda (ICTR).
In casi eccezionali previsti nella Carta delle NU previsto il ricorso alla forza armata
per la cessazione della violazione di una norma.
Nel caso in cui uno Stato aggredisca militarmente un altro Stato, questo secondo pu
a sua volta difendersi con la forza e gli altri Stati possono accorrere in suo aiuto. Ma
questo istituto comporta notevoli problemi.
16.5.1.1 La nozione di aggressione
Costituiscono atti di aggressione le seguenti fattispecie: 1) invasione o attacco armato
del territorio di un altro Stato o l'occupazione militare, o ogni annessione del territorio
con l'uso della forza; 2) il bombardamento da parte delle forze armate di uno Stato,
nel territorio di un altro Stato; 3) il blocco navale dei porti e delle coste di uno Stato
da parte delle forze armate di un altro Stato; 4) l'attacco contro il territorio, il mare
territoriale o le forze aerei o navali di un altro Stato; 5)l'uso delle forze armate di uno
Stato dislocate nel territorio di un altro Stato in virt di un accordo con lo Stato
ricevitore; 6)il fatto che uno Stato acconsenta all'utilizzazione del proprio territorio per
perpetrare atti di aggressione contro uno Stato terzo; 7) l'invio di bande armate,
gruppi irregolari o mercenari che compiono azioni armate contro un altro Stato. Non
chiaro se la legittima difesa sia ammissibile in caso di aggressione armata c.d.
indiretta, cio quando uno Stato organizza, assiste, incita, finanzia, istiga o tollera
prassi
Non si ancora del tutto sviluppato il grande potenziale derivante dal regime
aggravato di responsabilit, soprattutto per la riluttanza degli Stati a non interessarsi
a questioni in cui non hanno interessi individuali da tutelare.