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SOMMARIO:
SEZIONE I –IL PROCEDIMENTO MONITORIO -
1-BREVE PREMESSA METODOLOGICA E CENNI GENERALI SUI PROCEDIMENTI SOMMARI: IL PROCEDIMENTO DI
INGIUNZIONE NEL SISTEMA DELLA TUTELA SOMMARIA.-
2- LA STRUTTURA PROCESSUALE DELLA FASE MONITORIA.-
3- ADEMPIMENTI DI CARATTERE PRELIMINARE DA PARTE DEL GIUDICE E VERIFICA DEI REQUISITI
PROCESSUALI: LA GIURISDIZIONE - LA COMPETENZA – LO IUS POSTULANDI.-
4-LA DOMANDA MONITORIA, LE PARTI, LE SUE FORMALITA’E L’OGGETTO.-
5- VERIFICA DA PARTE DEL GIUDICE DEL REQUSITO DELLA PROVA SCRITTA.-
6- LA PROVA DEL DIRITTO VANTATO: IN GENERALE E IN IPOTESI TIPIZZATE.-
7- CREDITI DELLO STATO E DI ENTI PUBBLICI (ART. 635 C.P.C.).-
8- CREDITI PER PARCELLE PER PRESTAZIONI GIUDIZIALI O STRAGIUDIZIALI, OVVERO DI NOTAI O ALTRI
LIBERI PROFESSIONISTI (ART. 636 C.P.C.).-
9-DECISIONE DELLA DOMANDA MONITORIA.-
10- ELEMENTI ACCESSORI DELLA DOMANDA DI ACCOGLIMENTO.-
11- LA PROVVISORIA ESECUZIONE: CONCESSIONE IN SEDE MONITORIA; CONCESSIONE E SOSPENSIONE IN
SEDE DI OPPOSIZIONE.-
12- FATTISPECIE PARTICOLARI E CASISTICA.-
13- TIPOLOGIE DI PROVVEDIMENTI MONITORI-
1- Sulla tutela del diritto nel processo v. Satta, Il Mistero del processo, Milano, 1994 tale A. esprime un concetto
filosofico di fondamentale importanza quale quello della tutela del diritto nel processo “il problema è vecchio ed
eterno, perché sempre si è cercato di mantenere aderente il processo alla sua funzione, di organizzarlo in modo
che l’esigenza ineliminabile del processo non torni in danno di colui che dal processo attende la tutela del
proprio diritto”.
2
Sulla tutela sommaria in generale v. G.VERDE, La tutela sommaria in generale. I procedimenti sommari non
cautelari, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, 1999, n. 106, volume II. Tale A. , pur partendo
dalla convinzione che non esiste una linea di demarcazione certa tra la tutela sommaria e le altre forme di tutela,
evidenzia l’utilità di un criterio empirico di demarcazione basato sull’adozione di riti differenziati e compatibili
con il modello di un “giusto processo”.
Ancora, tale A. afferma “posto, allora, che non può individuarsi il bisogno di tutela ordinaria di cognizione in
funzione della situazione da tutelare, la distinzione va ricercata o nei modi secondo i quali è erogata la tutela o
nella particolare efficacia del provvedimento conclusivo”.
tutela c.d. ordinaria e alla tutela camerale, possa trovare il
suo fondamento nella pluralità dei diritti da far valere e
nelle svariate esigenze processuali connesse alla tutela di
siffatti diritti (es. è ovvio che in presenza di fattori di
particolare urgenza il diritto potrà essere azionato in sede
processuale con un modello differente rispetto ad una analoga
situazione -stesso diritto fatto valere- non caratterizzata
dall’urgenza).
Fatte tali doverose premesse sulla tutela sommaria in genere,
va chiarito che, nell’ambito della tutela sommaria, il
legislatore italiano ha operato alcune distinzioni di
fondamentale importanza, atte a caratterizzare tali
procedimenti differenziati.
Mi riferisco alla distinzione tra tutela sommaria cautelare
(tutela volta a prevenire e/o evitare uno specifico pericolo
derivante per l’appunto dal trascorrere del tempo, idoneo a
pregiudicare il diritto da far valere e intimamente correlata
alla dimostrazione di tale specifico pericolo) e tutela
sommaria non cautelare perché non correlata alla dimostrazione
di tale pericolo nel ritardo3 ma pur sempre caratterizzata da
esigenze di celerità e di speditezza (si pensi appunto alla
procedura monitoria).
Nel corso della presente relazione scritta verranno
approfonditi -sia pure con le limitazioni imposte dalla vastità
dell’argomento in questione- il modello e la struttura del
procedimento di ingiunzione4 e della relativa fase di
3
V. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, Milano, 1995, 191.
4
Sul procedimento di ingiunzione e tutela sommaria v. E.BALBI, Il Procedimento di ingiunzione nel sistema
della tutela sommaria. Modello e struttura, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, 1999, n. 106,
volume II, pagg.53 e ss. Tale autore, nel ricostruire storicamente l’istituto della tutela monitoria, ritiene che nel
nostro procedimento di ingiunzione possano riscontrarsi i caratteri di entrambi i procedimenti sommari
dichiarativi del processo comune, il procedimento monitorio che si risolveva in una semplice ingiunzione, causa
non cognita et parte non vocata, e il processo documentale costituito da un mandatum inaudita altera parte. Nel
modello monitorio il praeceptum veniva emanato solo sulla base dell’esistenza dei requisiti di forma e, per il
merito, era sufficiente una dichiarazione unilaterale di esistenza del credito: mancava dunque ogni cognizione,
salva la constatazione del rispetto della forma procedimentale. Nel modello documentale c’era una vera e
propria cognizione, che era sommaria, in quanto limitata ai documenti dai quali risultava il credito. Entrambe le
ingiunzioni erano emanate senza contraddittorio con il debitore e, se non venivano opposte, davano luogo (con
diverse modalità) alla definitività della condanna. Le diverse caratteristiche dell’accertamento sommario si
riflettevano però sull’eventuale accertamento pieno, in quanto l’ingiunzione monitoria a seguito dell’opposizione
perdeva ogni efficacia e l’accertamento pieno si risolveva in un ordinario giudizio di cognizione sul credito, e
l’opposizione all’ingiunzione documentale apriva un giudizio di impugnativa del titolo, con speciali
caratteristiche, destinato a chiudiersi con la sua conferma o la sua revoca. Il codice di rito del 1865 si discostò
dalla tradizione del diritto comune ed unificò nel modello di procedimento ordinario le diverse esigenze di tutela.
Di conseguenza non vi era una forma speciale di tutela del credito. Interessante la ricostruzione storico-
sociologica secondo cui i mutamenti sociali ed economici dei primi anni del novecento, le esigenze pratiche di
deflazione del processo ordinario e l’evoluzione della cultura giuridica portarono alla creazione di una tutela del
credito più efficace rispetto a quella offerta dal processo ordinario. Il primo progetto nel quale si previde un
procedimento sommario di ingiunzione fu il progetto generale Orlando del 1909, dove però la tutela speciale era
limitata ai crediti di somme di denaro liquide ed esigibili delle quali il creditore avesse offerto la prova scritta.
Seguirono altri progetti, che si concretizzarono nrl R.D. 27 luglio 1922 n. 1306, seguito poi dal R.D. 7 Agosto
1936 n. 1531, il quale costituì la base dell’attuale disciplina codicistica, offrendo tutela differenziata sommaria
sia ai crediti di some di denaro sia a quelli per consegna di cose mobili o cose fungibili. Successivamente al
codice del 1942 il procedimento per decreto ingiuntivo non ebbe significative modificazioni, salvo limitati
interventi davanti alla Corte Costituzionale e al consolidarsi di interpretazioni giurisprudenziali, che hanno
cercato di configurare il diritto vivente alle esigenze di tutela dell’intimato.
opposizione, in riferimento anche alle prassi applicative del
Tribunale di Roma (Sezione Decreti Ingiuntivi) ed alle più
recenti problematiche in materia (es. si pensi alla legge sulle
transazioni commerciali). In questa materia infatti è di
fondamentale importanza ricostruire e delineare le prassi
applicative dei singoli tribunali - ciò perché si assiste,
forse più che negli altri settori del diritto, al consolidarsi
di interpretazioni giurisprudenziali e di varie prassi
applicative, il tutto con la finalità di adattare il diritto
alla duplice esigenza di tutela dell’intimato –da un lato- e
del creditore intimante –dall’altro-.
Le esigenze del legislatore in materia sono duplici e per certi
versi opposte, da una parte, si avverte l’esigenza di
rafforzare la tutela del credito (in questo senso v. D.lgs n.
231 9 ottobre 2002 “Attuazione della direttiva 2000/35/CE
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali” che detta una serie di norme volte a
rafforzare la posizione creditoria di quei soggetti che
professionalmente operano nel settore del commercio e
dell’imprenditoria) secondo modelli processuali più agili e
duttili5, dall’altra, ancora forte rimane l’esigenza di tutela
dell’intimato e l’aggancio ad un sistema processuale saldamente
ancorato alla prova scritta e documentale.
5
Sulle prospettive de iure condendo v. E.BALBI, Il Procedimento di ingiunzione nel sistema della tutela
sommaria. Modello e struttura, in Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura, 1999, n. 106, volume II,
pagg. 59 e ss. Tale A., nell’operare una comparazione con alcuni sistemi europei, ritiene auspicabile
l’introduzione di un sistema monitorio puro, in coordinamento con l’introduzione di sistemi conciliativi
preventivi.: “se osserviamo l’evoluzione della tutela del credito nei paesi che più del nostro si sono riallacciati
alla tradizione del processo comune, notiamo che il rafforzamento della specialità della tutela in funzione del
rapido ottenimento del titolo esecutivo porta anzitutto la struttura del procedimento di ingiunzione nella fase
senza contraddittorio ad un progressivo abbandono della prova scritta; proprio nella organizzazione
dell’impresa, la ricerca delle risorse finanziarie non può prescindere da una corretta gestione del recupero del
credito, alla cui ottimizzazione la tutela giurisdizionale non può essere un ostacolo: in sostanza, nella gestione
del credito l’accesso alla tutela giurisdizionale deve rappresentare una fase dell’attività recuperatoria in un
contesto globale della gestione delle risorse finanziarie. E così, nei principali paesi europei (con la cui realtà
economica già oggi dobbiamo confrontarci), notiamo una tendenza comune a introdurre un procedimento
sommario per il recupero dei crediti di somme di denaro (più semplice) ed un diverso procedimento (più
complesso) per la tutela speciale di altri tipi di crediti”. L’A. in particolare rammenta le esperienze francesi,
tedesche ed austriache ove trova applicazione un sistema monitorio radicale senza ostacoli all’attività
recuperatoria.
6
Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, Milano, 1995, 191
Trattasi di un procedimento caratterizzato dalla sommarietà
7
della cognizione , inizialmente senza contraddittorio,
attraverso il quale il creditore può chiedere al giudice –
allegando idonea documentazione- l’emissione di un decreto di
condanna nei confronti del debitore (artt. 633 e ss. c.p.c.).
Contro tale decreto, il debitore può proporre opposizione,
instaurando così un giudizio a cognizione piena, che si svolge
in contraddittorio tra le parti e con le idonee garanzie di
difesa.
Il contraddittorio tra le parti è soltanto eventuale ed è
rimesso all’iniziativa del soggetto nei cui confronti è stata
emessa l’ingiunzione 8.
7
La dottrina tradizionale configura il procedimento per ingiunzione sulla base di diverse classificazioni. Vale la
pena menzionare le principali teorie sulla natura del procedimento monitorio dalle quali prendono avvio i più
recenti orientamenti dottrinali.
-Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1923, 215, ha classificato il procedimento per
ingiunzione partendo dalla struttura del procedimento, individuando nell’azione monitoria un accertamento con
prevalente funzione esecutiva. In questo senso ha configurato l’azione ingiuntiva quale azione speciale
caratterizzata da una peculiare struttura procedurale nella quale il decreto ingiuntivo, prima del decorso del
termine per proporre l’opposizione, costituisce un titolo con natura diversa dalla sentenza di condanna.
-Calamandrei, Il Procedimento monitorio nella legislazione italiana, Milano, 1926 e Introduzione allo studio
sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, ha osservato che la procedura monitoria può essere
considerata come una speciale azione sommaria e che il decreto ingiuntivo, sino a quando non diviene esecutivo,
non può essere equiparato alla sentenza. Tale A. inoltre individuava nel diritto di c redito e nella prova scritta della
pretesa la natura di presupposti processuali speciali per l’esperimento della procedura monitoria.
- Satta, Commentario al Codice di procedura civile, Milano, 1962, IV, 4, 130; Diritto processuale civile, Padova,
1973, 618; Di alcuni profili del procedimento per ingiunzione, in Riv. trim. proc. civ., 1968, 956, ha configurato
quale caratteristica del procedimento di ingiunzione l’autonomia del decreto rispetto alla fase dell’opposizione,
ipotizzando una “normativa senza giudizio” ovvero una normativa di condanna che non risulta necessariamente
agganciata ad un giudizio a cognizione ordinaria.
La dottrina più moderna, sulla scia di quella tradizionale, configura il procedimento per ingiunzione come un
procedimento speciale c aratterizzato dalla sommarietà stante l’assenza del debitore, che potrà solo eventualmente
determinarsi ad aprire un processo a cognizione piena nell’ambito del quale rimettere in discussione il credito
portato dal decreto ingiuntivo. In definitiva pare condivisibile l’opinione secondo la quale il ricorso
all’ingiunzione è speciale per la forma della cognizione, caratterizzata dalla struttura del procedimento e dal tipo
di provvedimento conseguibile, senza che venga in qualche modo affievolita la valenza del provvedimento finale
del giudice, del tutto assimilabile a quello delle sentenza ordinarie in caso di mancata opposizione nei termini, e
suscettibile di acquisire forza di giudicato v. G. Di Rosa, Il procedimento di ingiunzione, Roma, 2002, 9 e ss.
8
L’assenza del contraddittorio è stata, in più occasioni, soggetta alla verifica di costituzionalità del procedimento
per ingiunzione (sospetta violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.) il quale non consente alla controparte ingiunta,
almeno nella prima fase, alcuna possibilità difensiva. La Corte Costituzionale (Corte Costituzionale 1 Marzo
1973, n. 22, in Foro it. 1973, I, 144; Corte Costituzionale 6 Luglio 1972, n. 125, in Foro it. 1972, I, 2355) ha
ritenuto infondati i sospetti di incostituzionalità, trattandosi giuridicamente di un’ azione unitaria connotata da una
fase sommaria (emissione del provvedimento per ingiunzione) e da una eventuale fase di opposizione a
cognizione piena e nel contraddittorio tra le parti. Altro profilo di incostituzionalità è stato da taluni ravvisato
nella carenza di motivazione del decreto (sospetta violazione dell’art. 111 Cost.) Tale questione è stata ritenuta
manifestamente infondata (ex plurimis v. Cass. 2 dicembre 1992, n. 12855, in Giur. It. Mass., 1992) poiché
l’obbligo di motivazione, ove il decreto venisse opposto, si rinviene nella fase dell’opposizione e più
precisamente nella redazione del provvedimento conclusivo la fase di opposizione.
Il problema relativo all’assenza del contraddittorio si è posto nuovamente, ed in termini assai più pregnanti, con il
nuovo testo dell’art. 111 Cost.
L’art. 1 della legge costituzionale 23 Novembre 1999 n. 2, nel modificare il testo dell’art. 111 Cost., così recita:
la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Il giusto processo è caratterizzato dal
contraddittorio tra le parti in condizioni di parità processuale, viene svolto dinanzi ad un giudice imparziale e la
legge ne assicura la ragionevole durata. Il procedimento monitorio -a contraddittorio differito- è stato ritenuto
comunque conforme alla nuova norma costituzionale poiché l’atto di opposizione, sia pure soltanto eventuale,
assicura lo svolgimento della cognizione piena (sul punto v. Bove , Art. 111 Cost. e “giusto” processo civile, in
In sintesi, lo schema della procedura è il seguente:
a)il giudice –su ricorso del creditore- ordina al debitore di
pagare (entro un termine stabilito) una somma o di versare
una determinata quantità di cose fungibili ovvero di
consegnare una cosa mobile determinata;
b)il debitore può proporre l’opposizione e solo in mancanza
di opposizione il decreto acquista il valore di una sentenza
passata in giudicato;
c)a seguito dell’opposizione, si apre un normale processo di
cognizione (la dottrina, a tale proposito, ipotizza un
procedimento a contraddittorio eventuale e differito).
La legge 26.11.90 n. 353 ha esteso lo schema del procedimento
di ingiunzione anche all’interno del normale processo di
cognizione, attribuendo al giudice la facoltà di emettere, su
istanza di parte, un ingiunzione di pagamento o di consegna
(art. 186 ter c.p.c.) qualora ricorrano i presupposti
previsti dall’art. 633 c.p.c.
Lo scopo della procedura di ingiunzione è quello di ottenere,
il più rapidamente possibile, un titolo esecutivo da far
valere nei confronti del debitore.
Il decreto ingiuntivo può essere chiesto dai seguenti
soggetti:
1) creditore di una somma di denaro liquida (somma
predeterminata nel suo ammontare) ed esigibile (deve
trattarsi di credito non sottoposto a condizioni o
termini) o di una determinata quantità di cose fungibili.
2) dal soggetto avente diritto alla consegna di una cosa
mobile determinata;
3) dagli avvocati, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e
da chiunque abbia prestato la propria opera in occasione
di un processo per il pagamento degli onorari dovuti a
seguito delle prestazioni professionali svolte;
4) i notai ed altri esercenti una libera professione o arte
per la quale esiste una tariffa legalmente approvata al
fine di ottenere il rimborso di spese o il pagamento di
onorari professionali.
Riv. dir. proc., 2002, 479; Chiarloni, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo civile, in Riv.dir.proc., 2000, 1010;
Luiso, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo amministrativo e tributario, in Dir.proc. amm.
2000, 328; Protp Pisani, Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile, in Foro it., 2000, 241.
Amministrazioni, ai sensi dell’art.33 del D. Lgs. n.80/98,
ovvero alle materie riservate alle Commissioni Tributarie ex
art.1 del D. Lgs.546/92, su tale ultimo aspetto il tribunale di
Roma ha ritenuto la propria carenza di giurisdizione in
relazione alla richiesta di rimborso di imposte cfr. allegato
alla presente relazione);
COMPETENZA:
- per valore: il giudice dovrà verificare la propria competenza
sulla base dell’art. 637 c.p.c., novellato dall’art. 100 del
d.lgs. 15 febbraio 1998 n. 51 ed in vigore dal 2.6.1999, a
norma del quale “per l’ingiunzione è competente il giudice di
pace, o in composizione monocratica, il tribunale che sarebbe
competente per la domanda proposta in via ordinaria”;
- per materia: a) materia del Giudice del Lavoro per i crediti
di lavoro, previdenziali o assistenziali e per i rapporti di
lavoro di enti pubblici e degli altri rapporti di lavoro
pubblico purché non devoluti per legge ad altro giudice; b)
materia locatizia: competenza esclusiva del giudice Unico del
Tribunale. Rimane esclusa la possibilità che il giudice di
pace provveda sui ricorsi in materia di locazione. Il Giudice
di Pace dunque non può emettere i decreti ingiuntivi in
materia di locazione ed i decreti ingiuntivi aventi ad
oggetto gli oneri condominiali di cui il locatore chiede il
pagamento al conduttore, in questo secondo caso la domanda si
fonda comunque sul rapporto di locazione (forme particolari
di ingiunzione sono previste dagli artt. 664 secondo comma
c.p.c. –decreto steso in calce ad una copia dell’atto di
intimazione ed immediatamente esecutivo- e dall’art. 666
secondo comma c.p.c. –contestazione sull’ammontare dei canoni
e ordine di pagamento della somma non controversa con termine
per il pagamento non superiore ai venti giorni- in caso di
mancato pagamento, il giudice convalida l’intimazione di
sfratto e nel caso di intimazione per morosità, emette
decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni); c) materia
fallimentare: il tribunale fallimentare è invece competente
ad emettere il decreto ingiuntivo per le pretese creditorie
del fallimento verso il fallito o verso i terzi creditori
poiché al tribunale che ha dichiarato il fallimento è
devoluta la competenza in ordine a tutte le azioni che
derivano dal fallimento stesso; d) materia agraria; il
decreto ingiuntivo in tale materia dovrà essere emesso dal
giudice monocratico della sezione specializzata;
l’opposizione a norma dell’art. 50 bis, comma 1 n. 3, c.p.c.
dovrà essere proposta innanzi alla stessa sezione
specializzata in composizione collegiale e)materia esecutiva:
forme speciali di ingiunzione regolate dall’art. 611 c.p.c.
(esecuzione per consegna e rilascio- decreto ingiuntivo solo
per le spese vive: in merito cfr. Cass. S.U. 24.2.1996,
n.1471, secondo cui per onorari e diritti, invece, è
possibile, alternativamente, auto-liquidarli in precetto
ovvero richiedere apposito decreto ingiuntivo per il
pagamento di compensi professionali) e 614 c.p.c. (spese
dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare).
In tali casi, il giudice competente è costituito dal giudice
dell’esecuzione individuato come giudice monocratico ai sensi
dell’art. 484, comma 2, modificato dall’art. 90 d.lgs. n. 51
del 1988.
Una forma del tutto peculiare di ingiunzione è costituita
dall’art. 83 disp. Att. c.c. (liquidazione del compenso a chi
procede alla vendita di cui agli artt. 1515 e 1516 c.c.) da
effettuarsi con decreto del giudice unico del luogo in cui
l’incarico è stato eseguito.
- per territorio: Il giudice del monitorio non può rilevare
d’ufficio l’incompetenza per territorio, la quale potrà
essere considerata e vagliata solo a seguito di specifica
eccezione della parte opponente nel successivo giudizio di
opposizione9. Il giudice del monitorio potrà invece rilevare
d’ufficio solo la c.d. incompetenza per territorio funzionale
o inderogabile ai sensi dell’art. 38 c.p.c.
Nella pratica sono assai numerosi i casi in cui le parti hanno,
di comune accordo, individuato un foro esclusivo, ciò ai sensi
dell’art. 1341 c.c.: nel qual caso il ricorso va introdotto
dinanzi al foro individuato in contratto tuttavia il giudice
del monitorio non può rilevare d’ufficio la propria
incompetenza territoriale e dovrà emettere il decreto
ingiuntivo sia pure destinato a cadere –in presenza di apposite
eccezioni nella fase di opposizione.
Lo stesso dicasi per la disciplina introdotta dal d.lgs 15
gennaio 1992 n. 50 che prevede un foro c.d. speciale per i
contratti conclusi fuori dai locali commerciali (la competenza
è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del
consumatore). Si tratta, anche in tale fattispecie, di
eccezioni rilevabili solo dalla parte opponente e non rimesse
d’ufficio al giudice del monitorio.
9
La questione è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale ed è stata ritenuta manifestamente infondata
v. Corte Cost. 25 Giugno 1996, n. 218, in Foro it. 1997, I, 1020; Corte Cost. 26 Luglio 1996 n. 320, in Giur.
Cost. 1996, 2619 e Corte Cost. 16 Dicembre 1996, n. 394, in G.U. 18 Dicembre 1996, serie speciale, n. 51. Sul
punto v. anche ROMBOLI, Precostituzione del giudice e limiti del potere di scelta ad opera della parte di fronte
ad una Corte Costituzionale incredibilmente distratta, in Foro it. 1993, I, 2995. Con tali decisioni la Corte
Costituzionale ha ritenuto manifestamente infondata la questione relativa all’illegittimità costituzionale dell’art.
637 c.p.c. per violazione dell’art. 25 della costituzione. La Corte Costituzionale ha ritenuto che la possibilità per i
creditori istanti di adire un giudice -prima facie- incompetente non incide sulla legittimità della norma che risulta
conforme al sistema costituzionale, ben potendo tali eccezioni formare oggetto di rilievo in sede di opposizione a
cognizione piena.
4-LA DOMANDA MONITORIA, LE PARTI, LE SUE FORMALITA’E L’OGGETTO-
SOGGETTI
10
V. Cass. 26 febbraio 1998, n. 2078, in Giur. It. Mass. 1998
accomandita semplice) ovvero nelle persone dei soci che hanno
la rappresentanza (società semplici).
Fallito: Spetta al curatore, ai sensi dell’art. 43 della legge
fallimentare, la possibilità di agire in sede monitoria previa
autorizzazione del giudice delegato.
Più soggetti creditori e più domande contro la stessa parte: il
decreto ingiuntivo può essere richiesto da più creditori. Al
procedimento monitorio si applicano gli artt. 103 e 104 c.p.c. 11
La procedura monitoria non potrà essere attivata da uno solo
dei litisconsorzi ove si tratti di litisconsorzio necessario ed
il decreto ingiuntivo eventualmente emesso sarà viziato da
nullità. Il contrasto tra i litisconsorti dovrà, in tal caso,
essere affrontato e risolto nella sede del giudizio di
opposizione12.
Da ultimo, non possono essere considerati soggetti legittimati
ad incardinare la procedura monitoria le associazioni
rappresentative delle piccole e medie imprese di tutti i
settori produttivi e degli artigiani. L’art. 8 del d.lgs. 9
ottobre 2002 n. 231 ha riconosciuto a tali associazioni la
sola legittimazione ad agire in sede giurisdizionale per la
tutela degli interessi collettivi al fine di accertare la grave
iniquità delle condizioni generali praticate sulla data di
pagamento o sulle conseguenze derivanti dal ritardo.
-PARTE INGIUNTA:
Vigono le stesse regole di carattere generale menzionate per la
parte ricorrente specie in relazione alla individuazione della
capacità di agire e di stare in giudizio.
Di fondamentale importanza è la corretta indicazione delle
generalità dell’ingiunto, il quale deve essere identificato con
certezza. Ciò eviterà i giudizi di opposizione connessi a
situazioni di omonimia o di dubbi nell’identificazione del
soggetto ingiunto.
Vale la pena indicare talune situazioni che, nella pratica,
possono dar luogo a qualche problema interpretativo:
-decreto ingiuntivo richiesto nei confronti degli eredi: accade
molto spesso che il procedimento monitorio venga incardinato
nei confronti degli eredi del debitore. In tal caso è
necessario provare la qualifica di erede (art. 754 c.c.). La
parte ricorrente dovrà perciò integrare la documentazione base
producendo altresì lo stato di famiglia del de cuius ed il
certificato di apertura della successione;
11
Per una trattazione più approfondita v. G. Di Rosa, Il procedimento di ingiunzione, Roma, 2002, 69 e ss. ove si
evidenzia che in caso di solidarietà attiva l’art. 1292 c.c. consente che uno solo dei creditori proponga ricorso
chiedendo l’adempimento dell’obbligazione, anche per l’intero: in questo caso, non sussistendo litisconsorzio
necessario, la notifica del decreto determina in capo al debitore l’effetto di cui all’art. 1296 c.c. nel senso che lo
stesso sarà liberato pagando al creditore che ha fatto ricorso. Se poi l’ingiunto fa opposizione e vince la causa,
la sentenza non compromette il diritto dell’altro concreditore, come disposto dall’art. 1306 c.c., applicabile al
procedimento monitorio.
12
Il giudice del monitorio non ha il dovere di ordinare l’integrazione del contraddittorio così Cass. 9.6.1977, n.
2377, in Giur. It., 1977, I, 207.
-pluralità di soggetti obbligati: In tal caso si presume la
solidarietà passiva (art. 1294 c.c.) se non risulta
diversamente dal titolo o dalla legge (es. per gli eredi vige
il principio opposto della responsabilità pro-quota ex artt.
752 e 754 c.c.
In caso di prestazione unitaria, si può convenire in giudizio
anche uno solo dei condebitori.
-Fallito: il decreto ingiuntivo non può essere emesso nei
confronti del fallimento poiché, ex art. 52 l.f., sarà in
opponibile alla massa dei creditori. Il decreto emesso nei
confronti di un fallito o di un soggetto che successivamente
fallisce è inefficace ed inopponibile alla massa dei creditori,
ciò anche quando venga notificato al curatore fallimentare. Il
decreto se emesso potrà essere fatto valere contro il fallito
tornato in bonis. Del pari, il decreto ingiuntivo non può
essere emesso nei confronti di un impresa in liquidazione
coatta amministrativa e di un impresa in amministrazione
straordinaria: la domanda, in tali ipotesi, risulta
improcedibile per difetto di giurisdizione del giudice
ordinario.
17
V. Corte Gi ustizia Comunità Europee 22 Giugno 1999, in Foro it. 2000, 6, 290, con nota di SCARSELLI, Circa
il decreto ingiuntivo da notificare fuori della Repubblica; in Giust. Civ. 2000, 6, 1957, con nota di CATALDI, La
sopravvivenza dell’art. 633, ultimo comma c.p.c., alla costituzione e all’ordinamento comunitario: uno spunto
per salvare l’ingiunzione dal “giusto processo”?
eccessivo, invita l’istante a depositare certificazione della
camera di Commercio ex art.639 c.p.c.);
- cose mobili determinate
(si noti come dalle suesposte tipologie di oggetto si desume
l’ammissibilità di una richiesta monitoria solo per azioni di
condanna al pagamento ovvero alla consegna di beni mobili, e
non per azioni di condanna ad un facere o di restituzione di
immobile),
purché però il credito:
a. risulti da prova scritta;
b. riguardi onorari, diritti o spese per prestazioni giudiziali
o stragiudiziali di avvocati, cancellieri, ufficiali
giudiziari, c.t,u, custodi giudiziari, ecc.;
c. riguardi onorari e diritti o spese di notai od altri
esercenti libere professioni od arti purché via sia una
tariffa legalmente approvata;
d. se soggetto ad una controprestazione o ad una condizione,
risultino elementi tali da far presumere l’adempimento della
controprestazione o l’avveramento della condizione.
3. ESIGIBILE.
Occorre che non vi siano condizioni o termini e, qualora
vi siano, occorre deve dare prova dell’ adempimento della
controprestazione, dell’avveramento della condizione
ovvero della decadenza dal termine ai sensi dell’art.1186
e dell’art.1819 c.c., solo per il mutuo (mancato pagamento
anche di una sola rata). In particolare, per richieste di
pagamenti relative a contratti di appalto ovvero a
provvigioni derivanti da rapporti di agenzia, occorre -di
volta in volta- leggere il contratto e verificare se si
sia avverata in concreto la condizione di esigibilità
convenzionalmente prevista per lo specifico credito
richiesto (di solito, per l’appalto occorre, a seconda dei
casi, la presentazione del Stato Avanzamento Lavori,
ovvero il verbale di collaudo, ovvero la certificazione
ultimazione lavori, ovvero il decorso di un certo lasso
temporale successivo ad essi ad es. per il pagamento delle
ritenute a garanzia; per i rapporti di agenzia occorre la
percentuale pattuita per le provvigioni e la prova del
verificarsi dell’incasso, da parte dell’agente, degli
introiti considerati per il calcolo del credito richiesto,
ecc.).
Il requisito dell’esigibilità deve sussistere al momento
della presentazione del ricorso e pur non essendo
18
Cass. 9 ottobre 1975, n. 3206, in Giust.civ. 1975, I, 1798; Pretura Roma 15 novembre 1996, in Giur. Lav.Lazio
1997, 126.
menzionato espressamente dalla norma (art. 633 c.p.c.) lo
si ricava dal tenore letterale della stessa laddove si
consente l’emissione dell’ingiunzione di pagamento anche
se il diritto dipende da una controprestazione o da una
condizione purché il ricorrente offra elementi tali da far
presumere l’adempimento della controprestazione o
l’avveramento della condizione19.
19
L’art. 1 del r.d. n. 1531 del 1936 menzionava esplicitamente il requisito della esigibilità del credito, ciò a
differenza dell’attuale sistema codicistico, che nell’art. 633 c.p.c. non menziona espressamente tale requisito.
Tale norma però, al secondo comma, implicitamente si riferisce alla esigibilità laddove richiede elementi tali e atti
a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione, ciò qualora il diritto
dipenda da una controprestazione o da una condizione.
probatoria può essere attribuita ad una scrittura non
sottoscritta dal debitore. 20 La sottoscrizione non inficia
l’idoneità probatoria del documento ove sia apposta facendo
ricorso alla sigla, alla firma abbreviata, a stampatello,
purché in qualche modo risulti certa l’attribuzione della sigla
al sottoscrittore.
Ancora, ai fini della prova richiesta dalla legge per
l’emissione del decreto ingiuntivo è sufficiente qualsiasi
documento di sicura autenticità, anche non proveniente dal
debitore, da cui risulti con certezza l’esistenza del diritto
di credito fatto valere in giudizio21. In genere, il documento
proviene dal debitore e reca la sottoscrizione del medesimo. La
sottoscrizione non inficia l’idoneità probatoria del documento
ove sia apposta facendo ricorso alla sigla, alla firma
abbreviata, a stampatello, poiché in sede monitoria non è
applicabile l’art. 214 c.p.c., trattandosi di procedimento in
assenza di contraddittorio.22
La prova del credito inoltre può provenire anche da un terzo
ovvero dallo stesso creditore.
20
La scrittura non sottoscritta dal debitore deve essere ritenuta inesistente quale fonte di prova v. Cass. 26
gennaio 1987, n. 720.
21
v. Cass.civ., sez. II, 12.7.2000, n. 9232 La S.C. ribadisce il principio di diritto secondo cui, ai fini della prova
richiesta dalla legge per l’emissione del decreto ingiuntivo, è sufficiente qualsiasi documento di sicura
autenticità, anche non proveniente dal debitore, da cui risulti con certezza l’esistenza del diritto di credito fatto
valere in giudizio.
22
In caso di documento informatico (art. 1, lett.a D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513) si ha idoneità probatoria al
pari della scrittura privata qualora sul documento sia apposta la c.d. firma digitale (art. 5 punto 1 D.P.R.
1997/513) seguendo l’apposita procedura informatica prevista per tali fattispecie (art. 3 e 10 D.P.R. cit.).
Sul valore probatorio del telefax il D.P.R. 513/1997 all’art. 5 prevede che il documento informatico senza firma
digitale, purché munito dei presupposti prescritti dal regolamento, riveste l’efficacia probatoria di cui all’art. 2712
c.c. Da ultimo, sul valore probatorio delle copie dei documenti informatici l’art. 6 del D.P.R. cit. attribuisce
idoneità probatoria anche alle copie dei documenti informatici secondo il seguente schema giuridico: a) copia di
documento informatico con firma digitale che ha valore di scrittura privata (art. 2702 c.c.);
b) copia di documento informatico con firma digitale autenticata che ha valore di scrittura privata riconosciuta
(art. 2703 c.c.);
c) copia di documento informatico senza firma che ha valore di riproduzione meccanica (art. 2712 c.c.);
d) copia di documento informatico con firma digitale apposta dal pubblico ufficiale incaricato che ha valore ai
sensi dell’art. 2700 c.c. (efficacia dell’atto pubblico).
- promesse unilaterali ed, in particolare i titoli di credito
(cambiale, assegno), i quali danno diritto anche alla
provvisoria esecuzione23 (i titoli di credito privi dei
requisiti formali previsti dalla Legge cambiaria e Legge
assegni – denominazione, data e luogo emissione ecc. -
valgono invece solo come promesse unilaterali e solo tra le
due parti del rapporto causale sottostante (emittente e
prenditore, girante e giratario)24;
- riconoscimento di debito;
- lodo arbitrale irrituale: costruisce idonea prova scritta
poiché si tratta di un atto che proviene dalle parti nel
quale gli arbitri attuano la volontà negoziale espressa dalle
parti in un patto compromissorio. Al contrario, il lodo
arbitrale rituale non costituisce idonea prova scritta perché
l’attività svolta dagli arbitri può inquadrarsi in una tipica
attività giurisdizionale. Tuttavia in giurisprudenza, in
taluni casi, è stato emesso decreto ingiuntivo sul lodo
arbitrale (vedi Pretura Milano 17.06.1985, in Or.Giur.Lav.
1985, 993, che ha emesso il decreto ingiuntivo non esecutivo
sul lodo arbitrale avente ad oggetto il versamento
dell’indennità supplementare al dirigente licenziato senza
giusto motivo);
- provvedimenti giurisdizionali: in linea di massima, si
esclude che il provvedimento monitorio possa essere fondato
su una sentenza di condanna, ciò in quanto, prima del
passaggio in giudicato, si determinerebbe una ipotesi di
litispendenza con il procedimento monitorio;ancora, una volta
passata in giudicato la sentenza, il creditore ricorrente in
monitorio incorrerebbe nel divieto del bis in idem e dunque
la domanda monitoria risulterebbe svuotata di interesse
concreto e sostanziale.In ogni caso, il creditore, a
fondamento della richiesta di ingiunzione, potrebbe avvalersi
di una sentenza di condanna al pagamento di somme non
direttamente indicata e liquidata in sentenza, ciò qualora
per la liquidazione della somma vi sia la necessità di
valutare elementi comunque estranei al giudizio e non
predeterminati per legge (in questo senso cedi Cass.6.3.1996
n. 1741) inoltre è da ritenersi quale prova scritta idonea
alla emissione del decreto ingiuntivo la sentenza di condanna
generica in quanto il petitum è sicuramente diverso rispetto
al petitum dell’azione monitoria (ex plurimis Cass.6.3.1996
n. 1741 cit.).Del pari, ammissibile la domanda monitoria ba-
sata su una sentenza di revocatoria fallimentare passata in
giudicato la quale, in motivazione e non nel dispositivo,
disponga la condanna delle somme oggetto di revoca (vedi
23
Cfr. Cass.civ., sez. I, 19.9.2000, n. 12388 ove si afferma che ai fini dell’emanazione del decreto ingiuntivo, per
prova scritta deve intendersi qualsiasi documento che, sebbene privo di efficacia probatoria assoluta, risulti
attendibile in ordine all’esistenza del diritto di credito azionato; conseguentemente, ove il credito si fondi su un
assegno bancario, è sufficiente –per far presumere la sussistenza di un rapporto obbligatorio e consentire
l’emissione del decreto, anche provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’art.642 c.p.c.- la produzione di detto
assegno in fotocopia.
24
Cass. 20 agosto 1990 n. 8483; Cass. 28 novemre 1984 n. 6184.
Cass.10.3.1980 n.1579, in Giur.It.,1986, I,2,pag.286).Da
ultimo, si discute circa l’ammissibilità dell’ingiunzione
sulla base di un provvedimento di volontaria giurisdizione
emesso in camera di consiglio: la Cassazione ha ritenuto
l’ammissibilità dell’ingiunzione sul presupposto che tali
provvedimenti sono modificabili e revocabili in ogni tempo ed
hanno una efficacia comunque limitata e sicuramente non
equiparabile al passaggio in giudicato di una sentenza (vedi
Cass. 93 n.2395).
25
In sostanza, si tratta di verificare se, per l’efficacia probatoria delle
scritture contabili e per il rilascio del decreto ingiuntivo, sia
sufficiente la regolare tenuta delle scritture, quale attestata dal notaio
alla luce della recente modifica legislativa, che avrebbe comportato, come
inevitabile conseguenza, una parziale abrogazione implicita degli artt. 2710
del c.c. e 634 c.p.c., ovvero se tali documenti (estratto di libro giornale
e degli inventari non vidimati) non siano più idonei all’emissione del
decreto ingiuntivo, ciò per l’evidente e stridente contrasto con la lettera
degli artt. 2710 c.c. e 634 c.p.c. –norme in materia probatoria
caratterizzate da specialità la cui abrogazione e modifica non può che
essere espressa.
La prassi del Tribunale di Roma è nel senso di concedere i
decreti ingiuntivi sulla base di estratti di libro giornale e
degli inventari purché vi sia l’attestazione del notaio che
tali scritture, non più bollate e vidimate, siano regolarmente
tenute secondo le leggi vigenti e che tali estratti siano
conformi all’originale.
Anche se non espressamente prevista dalla norma- al fine di
raggiungere la prova piena sull’esistenza e sull’ammontare del
credito- oltre all’estratto autentico delle scritture
contabili, si ritiene occorra anche la fattura (prova scritta
atipica) per dar prova dell’esistenza dei requisiti minimi
della natura della prestazione (fornitura di merci o
prestazione di servizi), dei soggetti, del prezzo, della
decorrenza degli interessi.
La fattura, quindi, non si ritiene idonea di per sé sola per
l’emissione del decreto (contrariamente ad un certo
orientamento giurisprudenziale, cfr. Cass. 28.5.1979, n.3090)
perché contiene al più gli estremi del contratto (prestazione e
controprestazione) ma non l’accettazione del destinatario.
Pertanto, essa dovrà accompagnarsi all’estratto dei libri di
cui sopra ovvero ad una bolla di consegna sottoscritta dal
destinatario, quale prova dell’accettazione e/o
dell’adempimento.
La bolla di consegna sottoscritta dal destinatario è prova
idonea dell’accettazione del contratto, se contiene la
specifica della prestazione (quantità e qualità della merce) e
controprestazione (prezzo unitario) oggetto di contratto. Nel
caso della vendita può omettersi l’indicazione del prezzo
unitario, ma andrà allegato il listino prezzi, ai sensi
dell’art.1474 c.c.(soccorrendo la presunzione, in difetto di
accordo espresso, che la vendita sia avvenuta al prezzo
normalmente praticato dal venditore).
La fattura accompagnatoria sottoscritta dal solo vettore non
appare costituire prova idonea, giacché prova solo
l’adempimento del venditore (che ex art.1510, co.2, cc. si
libera dell’obbligazione di consegna affidando il bene al
vettore) ma non l’esistenza dell’accordo ed i suoi elementi
essenziali (quantità e qualità di merce e prezzo unitario). In
tali casi, appare opportuno chiedere prova del contratto ovvero
della bolla di consegna sottoscritta dal destinatario.
La fattura su interessi non è prova idonea mancando la prova
della sorte capitale e della decorrenza nonché, se trattasi di
interessi convenzionali, dell’accordo scritto ex art.1284,
co.3, cc. per cui occorre prova anche del contratto.
26
In tema di prestazioni professionali, la parcella corredata dal parere del consiglio dell’ordine, sulla base della
quale il professionista abbia ottenuto il decreto ingiuntivo contro il cliente, se è vincolante per il giudice nella fase
monitoria, non lo è nel giudizio di opposizione, poiché il parere attesta la conformità della parcella stessa alla
tariffa legalmente approvata ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle
prestazioni in essa indicate, né évincolante per il giudice della cognizione in ordine alla liquidazione degli
onorari. La presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude né
inverte l’onere della prova che incombe sul professionista creditore -ed attore in senso sostanziale- sia per le
prestazioni effettivamente eseguite che per la misura degli importi richiesti così Cass.civ., sez. II, 4.4.2003.
- documenti giustificativi dei diritti e delle spese (fascicolo
di studio ovvero copia degli atti svolti e dei verbali di
causa giustificanti le singole voci richieste);
- a/r di invio della parcella, come liquidata dal Consiglio
dell’Ordine pervenuta al cliente, per la decorrenza degli
interessi dalla costituzione in mora (altrimenti dalla
domanda).
E’ esclusa la rivalutazione monetaria dei crediti a tale
titolo vantati (Cass.27.3.93, n.3690).
27
Il giudice non può nemmeno assegnare il termine ex art. 182 comma II c.p.c. (difetto di rappresentanza o di
autorizzazione), trattandosi di norma prevista per il giudizio di cognizione ordinaria e non rientrante nei poteri
spettanti al giudice ex art. 640 c.p.c.
28
Tribunale Venezia, 4 giugno 1992, in Foro it. 1994,I, 289.
proposizione della domanda e non acquista efficacia di
giudicato.
B) ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA (art. 641 c.p.c) Se sussistono
le condizioni previste dall’art. 633 c.p.c. e dunque il
ricorso è da accogliere, il giudice pronuncia un decreto
motivato con il quale ingiunge all’altra parte di pagare la
somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose
richieste, nel termine di quaranta giorni, con
l’avvertimento che nello stesso termine può essere fatta
opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà ad
esecuzione forzata29. Tale termine decorre dalla
notificazione del ricorso e del decreto. Il termine di
quaranta giorni ha carattere perentorio ed una volta
scaduto non consente al debitore la facoltà di proporre
opposizione. Tale termine può essere ridotto a dieci giorni
ovvero aumentato sino a sessanta giorni quando concorrono
gravi motivi. Va poi osservato che in taluni casi il
termine per il pagamento non viene concesso sicché il
debitore è chiamato al pagamento immediato della somma
richiesta (art. 642 c.p.c.).
Il Giudice infatti, su istanza del ricorrente, in alcuni casi,
autorizza l’esecuzione provvisoria del decreto (art. 642
c.p.c.):
-se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario o
circolare, su certificato di borsa o su atto ricevuto da notaio
o da altro pubblico ufficiale (art. 642 1 co. c.p.c.);
-se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo (art. 642 2
co. c.p.c).
Va osservato che, nel primo caso, la concessione della
provvisoria esecuzione è obbligatoria per cui il giudice deve
sempre autorizzare l’esecuzione immediata del decreto ed il
termine viene fissato ai soli fini dell’opposizione.
Nel secondo caso, trattasi di concessione facoltativa.
Il decreto, insieme con il ricorso, deve essere notificato
all’ingiunto e dalla data della notifica decorre il termine per
proporre l’opposizione e per il pagamento.
Il decreto diviene inefficace se non è notificato entro 60
giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della
repubblica, 90 giorni negli altri casi (art. 644 c.p.c).
Il provvedimento di ingiunzione dovrà contenere alcuni
requisiti essenziali quali l’indicazione dell’autorità
giudiziaria che lo ha emesso, la data di emissione e il
soggetto nei cui confronti è emesso. Ancora, il provvedimento
deve essere firmato nell’originale con firma leggibile. Nel
caso in cui la firma del giudice risulti illeggibile è
indispensabile che si possa individuare il giudice che lo ha
emesso.
29
L’art. 9 del d.lgs approvato il 20 settembre 2002 in attuazione della direttiva 2000/35 CE ha modificato l’art.
641 c.p.c. al secondo comma disponendo che “se l’intimato risiede in uno degli stati dell’Unione Europea, il
termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a 20. Se l’intimato risiede in altri stati, il termine è di 60
giorni e, comunque, non può essere inferiore a 30 né superiore a 120”.
Il ricorrente, su sua iniziativa o su invito del giudice, può
ridurre la domanda ed il decreto verrà emesso nei limiti della
domanda ridotta e per una somma inferiore a quella
originariamente richiesta. In tal caso, il ricorrente potrà
agire separatamente per la differenza. Si discute se il giudice
del monitorio possa -di sua iniziativa e senza sollecitare la
preventiva riduzione della domanda al ricorrente- emettere il
decreto ingiuntivo per una somma inferiore. Non sembrano
esistere ostacoli normativi alla riduzione della domanda da
parte del giudice, considerato altresì che il creditore
nell’eventuale giudizio di opposizione può insistere nella sua
originaria domanda. In tal caso non si verifica alcun
pregiudizio per la domanda non accolta né alcuna acquiescenza
alla implicita pronuncia di rigetto per la parte di domanda non
accolta. La soluzione del problema dipende poi dalla
prospettiva iniziale in cui il giudice si pone: se il sindacato
del giudice viene limitato allo stretto controllo circa
l’esistenza formale dell’oggetto e della prova (controllo
astratto delle condizioni di ammissibilità del decreto) non si
può intervenire sul contenuto del provvedimento richiesto
qualora le prove scritte non siano idonee a sostenere l’intera
pretesa azionata e non siano integrabili con documentazione
successiva richiesta ex art. 640 primo comma c.p.c. Laddove il
giudice attribuisca al suo operato una portata più ampia in
ordine alla verifica dei presupposti speciali di ammissibilità
(oggetto e prova) nel senso che la sommarietà del rito non
incide sull’attività di cognizione, che pur incompleta a causa
della mancanza di contraddittorio, non è per questo meno
incisiva, ne consegue come corollario un potere di cognizione
sicuramente più esteso. Accedendo a questa seconda
impostazione, il giudice può modificare il petitum, ciò
soltanto in senso riduttivo pena il generale vizio di
ultrapetizione.
In tale ottica è consentito:
a) ridurre la sorte capitale se tutto l’importo azionato non
è sostenuto da idonea produzione documentale e se non vi
è stata l’integrazione o non è possibile tale
integrazione;
b) modificare la situazione sugli interessi sia in ordine
alla decorrenza che alla misura percentuale;
c) accogliere il ricorso limitatamente ad alcuni dei
debitori;
d) accogliere la richiesta di provvisoria esecuzione solo
per alcuni dei debitori.
Nella prassi del tribunale di Roma, solitamente, si informa il
ricorrente della intenzione di emettere decreto ingiuntivo per
una somma inferiore con l’invito a ridurre la domanda nei
limiti della somma da ingiungere. In sostanza, la consultazione
preventiva del richiedente, ove possibile, dovrebbe precedere
l’adozione dei provvedimenti sub a), b), e c). Quanto alla
provvisoria esecuzione,dettando l’art. 642 c.p.c., sia al primo
sia al secondo comma, dei criteri ben precisi da seguire, si
può prescindere da una preventiva consultazione del
richiedente. La questione però va risolta caso per caso,
tenendo conto delle peculiarità di ogni singolo procedimento,
30
Per l’operatività dell’art. 1186 c.c. è sufficiente la deduzione con la domanda o con il ricorso per ingiunzione di
pagamento del debito non ancora scaduto. V. Cass.civ., sez.III, 8.5.2003 n. 6984.
-LE SPESE:
Il decreto di accoglimento deve liquidare anche le spese dovute
al difensore.
L’art. 611 comma 2 c.p.c. rappresenta un’applicazione della
regola di carattere generale codificata dall’art. 91 c.p.c.. Si
applica inoltre al procedimento monitorio anche il disposto
dell’art. 93 c,p,c, che prevede la distrazione delle spese. Le
spese sono liquidate secondo le tariffe forensi, con IVA se
dovuta e C.P.A. Le spese forfettarie ex art. 15 T.F. non
dovrebbero essere liquidate nella fase monitoria, essendo
proprie della fase contenziosa. All’interno del tribunale di
Roma, al fine di garantire una certa uniformità nella
liquidazione delle spese, considerato l’elevato numero dei
decreti ingiuntivi, è stata redatta una tabella forfettizzata
delle spese per il procedimento monitorio, salve le necessarie
modifiche da valutare ed aggiungere in relazione alla
peculiarità della fattispecie(es. spese di protesto, spese di
certificazione degli estratti dei libri).
RIVALUTAZIONE MONETARIA :
Nei crediti ordinari non può concedersi la rivalutazione
monetaria poiché tale capo di domanda esige un preventivo
accertamento in fatto e in diritto incompatibile con la logica
del procedimento monitorio (accertamento circa le condizioni
soggettive del creditore e delle oggettive variazioni
economiche del mercato). Secondo parte della dottrina e della
giurisprudenza il fenomeno della svalutazione monetaria, in
quanto fatto notorio e certo, dovrebbe poter essere considerato
in sede monitoria. Il calcolo di tale voce infatti, secondo i
sostenitori di tale indirizzo, sarebbe piuttosto semplice in
considerazione degli incidi correlati al costo della vita. Tale
orientamento risulta di fatto poco seguito preferendosi
accertare caso per caso, in sede di cognizione ordinaria, il
danno da svalutazione monetaria.
31
Il ricorso da parte dell’amministratore del condominio al procedimento monitorio ai sensi dell’art. 63
disp.att.c.c. nei confronti del condomino moroso, in base al preventivo delle spese approvato dall’assemblea
postula –avuto riguardo alla natura eccezionale della norma e del fatto che il decreto ingiuntivo presuppone
l’esistenza di una prova scritta del credito proveniente dal debitor- la ricorrenza dell’approvazione del bilancio
(preventivo o consuntivo) da parte dell’assemblea. In questo senso Cass.civ., sez. II, 8.3.2001, n. 3453.
Si ritengono prove scritte idonee ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo i prospetti mensili delle spese
condominiali non contestati oppure le “ricevute” di pagamento mensili per contributi condominiali, ma in questi
casi non può essere concessa la clausola di immediata esecutività ex art. 63 disp. Att. c.c per la quale è necessaria
l’allegazione dello stato di ripartizione della spesa approvata dall’assemblea così Cass. Civ, sez. II, 10.4.1996, n.
3296 e Cass. Civ., sez. II, 29.3.2001, n. 4638. Lo stesso dicasi per il verbale di un’assemblea condominiale
contente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso della parti comuni, il quale costituisce
prova scritta idonea all’emissione del decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione necessario al
fine di ottenere anche la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 63 disp. Att. c.c.
Cfr. Cass.civ., sez. II, 21.11.2000, n. 15017.
valore attuale (depurata dalla parte di interessi che essa
contiene a fronte della dilazione di pagamento pattuita in
contratto), su tale rata andranno conteggiati gli interessi
convenzionali ove espressamente pattuiti, i quali decorreranno
dalla data di decadenza del beneficio del termine comunicata al
debitore attraverso la produzione della raccomandata con ricevuta
di ritorno.
1
Sulle differenze strutturali e probatorie tra l’estratto di saldaconto e l’estratto conto v. Cass.civ. sez. I, 20.8.2003
n. 12233. Nei rapporti di conto corrente bancario l’estratto conto ha efficacia probatoria fino a prova contraria
anche nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto per la concessione del decreto ingiuntivo, ma
anche nel giudizio di opposizione allo stesso e in ogni altro procedimento di congizione ove il debitore principale
sia decaduto a norma dell’art. 1832 c.c. dal diritto di impugnare gli estratti di saldo conto. Ne consegue che il
fideiussore chiamato in giudizio dalla banca medesima per il pagamento della somma dovuta non può sollevare
contestazioni in ordine alla definitività di quegli estratti, cfr. Cass.civ., sez. III, 5.12.2003, n. 18650.
TRIBUNALE DI ROMA
IL GIUDICE
CONSIDERATO che sussistono le condizioni di ammissibilità previste dall’art. 633 c.p.c. e l’applicabilità
INGIUNGE A
-Caio “
di pagare in solido tra loro, senza dilazione, per il titolo di cui al ricorso, alla parte istante, le seguenti
somme:
quanto a Tizio, senza dilazione, la somma di € 49.122,61 oltre interessi al tasso legale dal 1.10.02 sino
all’effettivo soddisfo, nonché entro quaranta giorni dalla notifica del presente decreto la ulteriore somma di
€ 22.022,11, oltre interessi al Prime Rate ABI dal 1.11.02 sino all’effettivo soddisfo;
quanto a Caio senza dilazione, nella sua qualità di avallante, la complessiva somma di € 49,122,61 oltre
interessi al tasso legale dal 1.10.2002 sino all’effettivo soddisfo ed entro quaranta giorni dalla notifica del
presente atto la ulteriore somma di € 20.141,81, quale importo massimo garantito, oltre interessi al tasso
del PRIME RATE ABI tempo per tempo dalla data di emissione del presente decreto sino al soddisfo;
Autorizza, in mancanza del pagamento immediato, la provvisoria esecuzione del presente decreto in
Avverte che può essere fatta opposizione nel termine di giorni QUARANTA dalla notifica del ricorso e del
presente decreto.
Roma lì
di pagare in solido per il titolo di cui al ricorso, alla parte istante, la somma di € 9.429,25 e quanto a Caio la minor
somma di € 6.713,94 oltre interessi al tasso convenzionale nella misura del Prime Rate ABI tempo per tempo
B) a Tizio e Caio di pagare la ulteriore somma di € 12.545,28 in solido con la garante per fideiussione Sempronio,
oltre interessi convenzionali nella misura del Prime Rate ABI tempo per tempo vigente far data dal 12.7.2003 sino
all’effettivo pagamento nonché le spese di questa procedura che si liquidano in € 49.40 per spese, in € 297,00 per
competenze e in € 197,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.A.P.; e ciò nel termine di quaranta giorni dalla notifica del
presente decreto.
Avverte che può essere fatta opposizione nel termine di giorni QUARANTA dalla notifica del ricorso e del
presente decreto.
N.R.G. Decr.ing. N.
- considerato che sussistono le condizioni di ammissibilità previste dall’art. 633 c.p.c. e l’applicabilità dell’art.
642 comma I/II c.p.c., e dell’art. 482 c.p.c.
INGIUNGE A
Di consegnare, senza dilazione, per titolo di cui al ricorso, alla prima istante, le cose mobili indicate in ricorso,
nonché di pagare le spese di questa procedura, che si liquidano in € per spese, in € per
competenze ed in € per onorari, oltre I.V.A e C.A.P..
Autorizza, in mancanza della consegna immediata, la provvisoria esecuzione del presente decreto senza
l’osservanza del termine di cui all’art. 482 c.p.c..
Avverte che può essere fatta opposizione nel termine di giorni QUARANTA dalla notifica del ricorso e del
presente decreto.
- considerato che sussistono le condizioni di ammissibilità previste dall’art. 633 c.p.c. e l’applicabilità dell’art.
642 comma I/II c.p.c.,
INGIUNGE A
esso debitore
Di pagare ------------------- senza dilazione per titolo di cui al ricorso, alla parte istante, la somma di €
in solido
legali la domanda
coltre gli interessi ----------------- a decorrere da ----------------- nonché le spese di questa procedura, che si liqui-
convenzionali come richiesti
dano in € per spese, in € per competenze ed in € per onorari, oltre I.V.A: e C.A.P..
Autorizza, in mancanza del pagamento immediato, la provvisoria esecuzione del presente decreto.
Avverte che può essere fatta opposizione nel termine di giorni QUARANTA dalla notifica del ricorso e del
presente decreto.
3-DECRETO DI RIGETTO
TRIBUNALE DI ROMA
letto il ricorso per decreto ingiuntivo proposto dalla nei confronti della Agenzia delle Entrate per
conseguire il rimborso di somme dovute a titolo di credito IRPEG, ciò sulla base di una nota (prot. 2003/98616)
dell’Amministrazione Finanziaria con cui sono stati determinati gli importi spettanti a titolo di rimborso IRPEG
per l’anno di imposta 1994, oltre gli interessi maturati e maturandi previsti per legge pari alla somma di €
3.789.799,46;
OSSERVA
1. L’art. 2 del d.lgs. 546/1992, come modificato dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001 n. 448,
dispone che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni
Si tratta dunque di verificare se il giudice ordinario abbia o meno la giurisdizione in tema di ingiunzioni di
pagamento da emettersi nei confronti dell’amministrazione finanziaria per la restituzione e/o il rimborso di
2. La domanda di rimborso di somme versate in eccesso, domanda proposta dal ricorrente con il presente ricorso,
comporta comunque un’indagine preliminare relativa all’esistenza e/o ammontare dell’obbligazione tributaria, ciò
Anche in ipotesi di riconoscimento di debito si impone al giudice una verifica di carattere preliminare circa il
collegamento causale del credito vantato dal ricorrente con il rapporto tributario sottostante, del quale occorre pur
sempre accertare l’esistenza e verificare l’ammontare e l’esattezza delle somme richieste nei confronti
dell’Amministrazione finanziaria.
Il riconoscimento di debito da parte dell’amministrazione, sotto il profilo civilistico, può essere ben inquadrato
nell’art. 1988 c.c. ma ciò non comporta automaticame nte il venir meno della natura tributaria dell’obbligazione
principale, la quale rimane immutata anche dopo il riconoscimento di debito da parte dell’amministrazione. Va
poi considerato che l’amministrazione finanziaria, nel riconoscere il proprio debito, potrebbe comunque
commettere degli errori di valutazione e/o di calcolo, con la conseguente necessità di verificare nuovamente
Tale premessa induce a ritenere la carenza di giurisdizione del giudice ordinario anche in materia di rimborsi di
imposte e tasse poiché trattasi comunque di valutare necessariamente, in via preliminare, l’esistenza
dell’obbligazione tributaria e di verificare l’ammontare e l’esattezza delle somme richieste nei confronti
dell’Amministrazione finanziaria.
3. Nella fattispecie, si deve poi osservare che la lettera in data 2.7.03, emessa a firma del Funzionario Tributario
in servizio presso l’Agenzia delle Entrate di Roma -Ufficio I-, giuridicamente non attribuisce un diritto
automatico al pagamento in capo al contribuente poiché l’Ufficio finanziario si riserva di provvedere, nel rispetto
dell’ordine cronologico alla tempestiva liquidazione, non appena saranno riattivate le necessarie procedure
informatiche, a suo tempo chiuse per la soppressione del Centro di Servizio delle Imposte Dirette ed Indirette di
Roma.
L’Amministrazione, nella missiva predetta, informa inoltre il contribuente che la materiale erogazione del
rimborso, i cui tempi di emissione sono condizionati dallo stanziamento di fondi in bilancio, sarà gestita a livello
centralizzato, quindi non di competenza dei singoli Uffici delle Entrate. Tali precisazioni da parte
dell’amministrazione evidenziano che -anche a voler ipotizzare giuridicamente una sorta di riconoscimento di
debito da parte dell’amministrazione finanziaria per il rimborso di somme erogate in eccesso dal contribuente-
l’iter per l’effettivo rimborso delle somme è soggetto comunque a criteri automatici nel rispetto dell’ordine
cronologico, nonché la materiale erogazione del rimborso non spetta direttamente all’ufficio (Agenzia delle
Di conseguenza, ove si riconoscesse la giurisdizione del g.o. e la possibilità di emettere ingiunzioni di pagamento
nei confronti dell’amministrazione tributaria, il decreto ingiuntivo verrebbe emesso nei confronti di un soggetto
(Agenzia delle Entrate) non abilitato a provvedere al pagamento diretto con l’alterazione dell’ordine cronologico
di liquidazione, profili questi sindacabili esclusivamente dalla competente giurisdizione tributaria ai sensi della
4.Nell’affrontare la questione occorre anche considerare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione (da
ultimo v. Cass. sezioni unite 24.4.2002 n. 6036), se per un verso attribuisce al riconoscimento di debito da parte
dell’amministrazione una valenza autonoma sì da conferire autonomia al credito in relazione al rapporto tributario
sottostante (una volta che l’amministrazione ha disposto il rimborso delle imposte, così riconoscendo il credito
del contribuente, tale credito resta enucleato dal rapporto tributario ed integra una ordinaria pretesa creditoria
riconducibile nell’ambito dell’indebito oggettivo), d’altro verso prende le mosse da fattispecie del tutto peculiari
aventi ad oggetto l’emissione di vaglia cambiari, da parte della Banca d’Italia, per il rimborso di imposte; vaglia
cambiari poi trafugati da ignoti ed abusivamente negoziati sicché la condanna (inflitta da parte del g.o.)
dell’amministrazione finanziaria al pagamento del rimborso non percepito non attiene al profilo dell’obbligazione
tributaria, mai investita direttamente o indirettamente da alcuna censura, bensì al diverso profilo della
responsabilità dell’amministrazione finanziaria derivante dal mancato pagamento dell’originario vaglia cambiario.
Tali decisioni non si attagliano alla presente fattispecie poiché nessun rimborso è stato mai disposto a favore del
contribuente e la nota dell’ufficio competente, anche a volerla considerare come formale riconoscimento di
debito, non muta la natura dell’obbligazione tributaria sottostante, per la quale il contribuente dovr à presentare
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
5- INVITO AD INTEGRARE LA DOCUMENTAZIONE
Nome:
1-NATURA DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE –POTERI DELLE PARTI - POTERI DEL GIUDICE
L’opposizione è il mezzo accordato al debitore per contestare
il decreto ingiuntivo. Il giudizio di opposizione costituisce
una fase meramente eventuale e si svolge secondo le regole
tipiche del procedimento a cognizione piena33.
L’opposizione va proposta con atto di citazione allo stesso
giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, nel termine di 40
giorni stabilito dalla legge (art. 641 c.p.c.) o in quello
maggiore o minore fissato dal giudice.
Il legislatore ha previsto altresì la possibilità
dell’opposizione tardiva, oltre il termine stabilito
espressamente dalla legge, ciò quando l’intimato prova di non
avere avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità
della notificazione, per caso fortuito o forza maggiore (art.
650 c.p.c.)
L’opposizione, ivi compresa l’opposizione tardiva, non è più
ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione.
Come già evidenziato il giudizio di opposizione si svolge
secondo le regole della cognizione ordinaria anche se le parti
di tale giudizio possono essere soltanto colui che ha proposto
la domanda monitoria (originario ricorrente) e colui contro il
quale la domanda monitoria è stata proposta (ingiunto).
In tale giudizio la parte opposta può fornire ogni prova del
diritto fatto valere, non operando -trattandosi di giudizio a
cognizione piena- il limite derivante dalla prova scritta
circoscritto alla sola fase di emissione del decreto.
Incombe peraltro sulla parte opposta (creditore o attore in
senso sostanziale) l’onere di provare il fondamento della sua
pretesa.
La posizione processuale delle parti risulta pertanto
invertita. La peculiarità del giudizio di opposizione fa sì che
l’opponente (attore in senso formale) sia convenuto in senso
sostanziale mentre l’opposto (convenuto in senso formale) sia
attore in senso sostanziale. Il giudizio di opposizione infatti
assume –quanto meno da un punto di vista formale- la natura di
giudizio di impugnazione con inevitabili conseguenze sulle
posizioni processuali delle parti, le quali, rispetto al primo
procedimento (fase monitoria) mutano la propria situazione
processuale34.
Tale peculiare situazione processuale, in verità, crea numerosi
problemi di interpretazione circa i poteri difensivi spettanti
alle parti in causa. Ad es., secondo l’orientamento prevalente
33
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo viene considerato quale logico ed eventuale sviluppo della fase
monitoria: si riequilibrano le posizioni delle parti –attraverso il principio del contraddittorio- con cognizione
piena delle difese della parte ingiunta (v. Cass. 26 aprile 1993 n. 4857; Cass. 26 marzo 1991 n. 3258).
34
In questo senso v. Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1991, 198 e ss.
della S.C., nel giudizio di opposizione spetterebbero alla
parte opposta tutti i poteri derivanti dalla posizione
processuale del convenuto, compresa la possibilità di proporre
domande riconvenzionali.
Al contrario, soltanto la domanda proposta dall’opponente può
essere inquadrata nello schema della domanda riconvenzionale,
dovendosi qualificare le domande proposte dall’opposto quali
domande ulteriori, accessorie e funzionali rispetto alle
domande avanzate in sede monitoria35.
Trattasi di questione di notevole rilievo pratico, di recente,
affrontata dal Tribunale di Roma e risolta secondo la
prospettiva tradizionale della Suprema Corte di Cassazone: alla
parte opposta che, da un punto di vista sostanziale riveste la
posizione di attore, non spetta il potere di proporre domande
nuove ed autonome rispetto a quelle già formulate nella
procedura ingiuntiva, salvo il caso (c.d. reconventio
reconventionis)in cui tali domande dipendono dal titolo dedotto
in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla
causa come domanda riconvenzionale posta dall’opponente, il
quale riveste (da un punto di vista sostanziale) la posizione
di convenuto36.
Ove si ammettesse la possibilità per la parte opposta di
proporre domande riconvenzionali, le stesse dovrebbero essere
qualificate come vere e proprie domande nuove atte ad ampliare
i limiti derivanti dalla originaria domanda di ingiunzione; si
avrebbe così un giudizio incardinatosi con una domanda di
ingiunzione ben precisa e suscettibile di un ampliamento
indefinito.
Risulta dunque più logica e coerente con il sistema processuale
la preclusione derivante dalla impossibilità -per la parte
opposta- di spiegare domande riconvenzionali, le quali, ove
proposte, dovranno essere dichiarate inammissibili per le
ragioni sopra evidenziate37.
In conclusione, nel giudizio di opposizione, la parte opposta,
in quanto attrice in senso sostanziale, può, a norma degli
artt. 183 e 184 c.p.c., precisare o modificare ma non mutare la
domanda già spiegata con il ricorso per ingiunzione.
L’opponente, in quanto convenuto in senso sostanziale, può –dal
canto suo- proporre, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., le domande
35
La S.C. ritiene che “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo solo l’opponente, sostanzialmente
convenuto, può proporre domande riconvenzionali, mentre l’opposto, sostanzialmente attore, non può proporre
domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione” così Cass.sez. II., 29.11.2002 n. 16957.
In tal senso anche Cass.civ., sez. III., 29.3.2004 n. 6202 ove si ribadisce l’impossibilità per l’opposto di
proporre domande diverse rispetto a quelle fatte valere con l’ingiunzione, essendogli consentito solamente
di modificare le domande nei limiti di quanto disposto dall’art. 183 e 184 c.p.c., potendo quindi domandare
senz’altro una somma minore di quella richiesta con l’ingiunzione –purché non si modifichi la “causa
pretendi”-, ma non già una somma maggiore, neppure se tale “causa pretendi” lasci immutata, in tale ipotesi
invero si sostituirebbe la domanda originaria con una nuova domanda.
36
v. Tribunale Roma, Sez. IX, sentenza 12 febbraio 2003 n. 4929 in Il Merito, Milano, Aprile 2004 pagg. 32 e ss.
37
v. Tribunale Roma, sez. II, sentenza 13 novembre 2002, in Giurisprudenza Romana, 2003, 5, pag. 189; Appello
Milano, sentenza 3 luglio 2002, in Gius., 2003, 5, pag. 612; Pretura Torino, sentenza 18 luglio 1996, in Giur.
It.,1997,, I, 2, pag. 378 .
riconvenzionali che, ove proposte, consentono all’opposto il
potere di avanzare la c.d. reconventio reconventionis.
Altro problema di notevole rilevanza pratica si pone per la
chiamata di terzo in causa da parte dell’opponente.
In tema di procedimento per ingiunzione, per effetto
dell’opposizione, come già rilevato, non si verifica alcuna
inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio
contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di
attore, l’opponente quella di convenuto. Tutto ciò esplica i
suoi effetti non solo nell’ambito probatorio ma anche in
relazione ai poteri ed alle preclusioni processuali. Il
problema si pone relativamente all’applicabilità dell’art. 269
c.p.c. (chiamata del terzo in causa) che mal si concilia con il
procedimento di opposizione al decreto. La giurisprudenza della
Cassazione ritiene che l’opponente, in ogni caso, è tenuto a
citare unicamente il soggetto che ha ottenuto il decreto, non
potendo le parti originariamente essere altri che il soggetto
istante per l’ingiunzione di pagamento ed il soggetto nei cui
confronti la domanda è diretta, così che l’opponente (cui è
altresì preclusa, nella qualità di convenuto sostanziale, la
facoltà di chiedere lo spostamento dell’udienza , nonché di
notificare l’opposizione a soggetto diverso dal creditore
procedente in ingiunzione) deve necessariamente chiedere al
giudice, con lo stesso atto di opposizione, l’autorizzazione a
chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene comune la causa
sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni
giuridiche contenute nel ricorso per decreto ingiuntivo38.
Tale soluzione sembra la più opportuna da un punto di vista
logico-giuridico poiché, ove la parte opponente abbia interesse
a chiamare in causa un terzo estraneo al giudizio monitorio non
può esserle preclusa tale possibilità difensiva.
La conclusione è la seguente: l’opponente a decreto ingiuntivo,
non potendo chiedere, nella sua qualità di convenuto
sostanziale, lo spostamento dell’udienza in quanto non ancora
fissata e non potendo notificare l’opposizione a soggetto da
chi ha ottenuto il decreto ingiuntivo, non può che richiedere
al giudice, con lo stesso atto di opposizione, l’autorizzazione
a chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene la causa
comune39.
Quanto ai poteri del giudice dell’opposizione, deve ribadirsi
che l’opposizione introduce un ordinario giudizio di cognizione
in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se
l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle norme
regolanti l’emanazione del procedimento monitorio, ma deve
38
v. Cass. Sez. I., 27.6.2000, n. 8718. Sul punto v. Tribunale di Trento 2.12.2002 che nega alla parte opponente la
facoltà di convenire in giudizio terzi ai quali ritiene la causa comune, dovendo preliminarmente richiedere al
giudice l’autorizzazione alla chiamata in causa ai sensi dell’art. 269, comma 2, c.p.c.
Sulla inammissibilità della domanda di autorizzazione alla chiamata di un terzo in causa proposta dall’opposto v.
Tribunale di Sanremo 14.5.2002.
39
Sul punto v. Tribunale Firenze, sezione civile, ordinanza 21 maggio 2004 in Guida al Diritto, Milano, 25, pag.
71.
accertare il fondamento della pretesa fatta valere in
monitorio. Nel caso in cui risulti provata l’esistenza del
credito, la domanda di ingiunzione va accolta e l’opposizione
respinta, ciò indipendentemente da eventuali vizi della
procedura monitoria che non determinino l’insussistenza del
diritto stesso40.
40
La S.C. con una pronuncia assai recente ha ribadito la natura del giudizio di opposizione ed i poteri del giudice
in tale fase evidenziando che “l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione
in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle
condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma deve accertare il fondamento
della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e, ove il credito risulti fondato, deve accogliere la
domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori
alla stregua dei quali l’ingiunzione viene emessa, restando irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi
della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere per il tramite di essa.
L’eventuale mancanza delle condizioni che legittimano l’emanazione del provvedimento ingiuntivo, infatti, come
anche l’esistenza di eventuali vizi nella procedura relativa, possono assumere rilevanza wsolo sul regolamento
delle spese dalla fase monitoria” v. Cass.civ., sez. I., 16 marzo 2004 n. 5311.
I GRAVI MOTIVI addotti dall’opponente sono costituiti
generalmente dalla documentata insussistenza dei presupposti
dell’accoglimento definitivo (sentenza) della domanda
ingiuntiva ossia, in sintesi, dal fumus boni iuris
dell’opposizione (nella quale, di solito, si evidenzia
l’originaria inesistenza del credito ovvero l’esistenza di una
causa estintiva del rapporto successiva al suo sorgere).
Sospesa la p.e. già concessa, non appare possibile accogliere
l’istanza del debitore di ordinare immediatamente la
cancellazione dell’ipoteca giudiziale iscritta dal creditore
sulla base del d.i. concesso in forma esecutiva, essendo allo
stato solo sospesa (e non revocata) la p.e. e dovendo
rimandarsi alla sentenza finale la decisione definitiva
sull’esistenza del diritto di credito effettivamente vantato
dall’opposto, con la sola tutela risarcitoria ex art.96 c.p.c.
a favore dell’opponente risultato vincitore alla fine del
giudizio nei confronti del creditore che, senza la normale
prudenza abbia immediatamente iscritto ipoteca giudiziale sulla
base di un d.i. esecutivo poi con sentenza revocato per
inesistenza del relativo credito.
3-LA DECISIONE
RIGETTO DELL’OPPOSIZIONE (art. 653 c.p.c.)
In caso di rigetto dell’opposizione –con sentenza passata in
giudicato o provvisoriamente esecutiva- il decreto acquista
efficacia esecutiva.
In caso di accoglimento parziale, il titolo esecutivo è
costituito è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli
atti di esecuzione già compiuti conservano i loro effetti nei
limiti della somma o della quantità accertata come dovuta in
sentenza.
41
Cass. , Sez. Unite 7 luglio 1993 n. 7448; Cass. 12 febbraio 1994 n. 1421; Cass. 21 dicembre 1995 n. 13027. DA
ultimo, cass. 13 giugno 1997 n. 5336 secondo cui l’avvenuto pagamento totale comporterebbe, quale conseguenza
immediata, la cessazione della materia del contendere.