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Expo, deserta lasta per acquisire le aree


dopo la manifestazione. E scade il bando.

Nessuna offerta per un'operazione da un milione di mq che prevede limiti al cemento e


met della superficie a verde. Cos l'acquisto di un'area privata deciso da Formigoni rischia
di restare a pesare sulle casse pubbliche. Insieme all'incognita su che cosa diventer
l'insediamento una volta chiusa la kermesse
di Luigi Franco | 15 novembre 2014
Quello che era nellaria da giorni ora una certezza. Il bando sul destino delle aree Expo
andato deserto: nessun privato si mostrato interessato a presentare unofferta per dare
vita a unoperazione immobiliare che in tempi di crisi attira ben pochi. Cos accanto alle
inchieste giudiziarie e ai ritardi per arrivare pronti allappuntamento del primo maggio
2015, nella tormentata storia dellesposizione si apre un nuovo fronte: che cosa rimarr del
milione di metri quadri a cavallo tra Milano e Rho una volta che i padiglioni verranno
smontati uno a uno.
Le offerte dovevano essere presentate entro le 12 di oggi, 15 novembre. Ma nessuna busta
arrivata alla sede di Arexpo, la societ con Comune di Milano e Regione Lombardia
come soci principali, che ha acquistato gran parte dei terreni dalla Fondazione Fiera
Milano e dalla Belgioioso della famiglia Cabassi, pagandoli intorno ai 150 milioni di euro.

Una scelta, spinta in particolare dallex governatore Roberto Formigoni, che stata definita
il peccato originale dellExpo: dare vita a unesposizione universale su unarea privata,
anzich pubblica. E ora le conseguenze si sentono tutte. Perch per rientrare
dellinvestimento iniziale, a cui vanno aggiunti gli oneri finanziari e quelli per le
infrastrutture, i terreni dovrebbero essere venduti per 315 milioni di euro. Era questa la
base dasta del bando pubblicato tre mesi fa, gi in ritardo di oltre un anno sui piani
originari.
La gara prevedeva poi una serie di paletti ereditati dallaccordo di programma firmato dalla
giunta Moratti, in particolare un limite di circa 480mila metri quadri sulle volumetrie
edificabili e lobbligo di mantenere 475mila metri quadri come parco. Per allontanare il
pi possibile il rischio cemento nel bando si era anche deciso di premiare con un
punteggio maggiore la qualit del progetto e leventuale scelta di costruire meno di
quanto consentito, piuttosto che lofferta economica. Ma negli ultimi mesi sono via via
passate dallannuncio allauto eliminazione tutte le possibili proposte per far nascere nel
post Expo, accanto a un nuovo maxi quartiere residenziale, unarea di interesse pubblico.
Cos successo per le voci sulla nuova sede Rai, cos come per il nuovo stadio del Milan,
unipotesi su cui molto ha puntato il presidente lombardo Roberto Maroni, ma che non
ha mai convinto del tutto la giunta Pisapia.
Ora tutto da rifare. Da un lato Palazzo Marino e Pirellone dovranno evitare che dopo
lasta deserta, deserti e abbandonati rimangano anche gli spazi quando i visitatori non
saranno pi l ad aggirarsi tra i cibi dei diversi paesi del mondo. Dallaltro lato dovranno
evitare di svendere le aree, perch questo vorrebbe dire aprire un buco nei conti pubblici,
oltre che rischiare lintervento della Corte dei conti. Probabile che per rendere pi
appetibile loperazione immobiliare, ora dellarea Expo venga fatto uno spezzatino. In tal
caso quello che doveva essere un progetto unitario verr diviso in pi lotti da mettere
singolarmente allasta.
Intanto una cosa certa. I 30 milioni di euro che sarebbero dovuti entrare nelle casse di
Arexpo come caparra per il momento non entreranno. E le banche sono gi alla porta per
chiedere conto delle nuove garanzie che la societ dovrebbe mettere entro fine anno sui
prestiti concessi per lacquisto dei terreni. Come se non bastassero gi i problemi di Expo a
rispettare i tempi nella costruzione del padiglione italiano. E a sbrogliare la vicenda
dellAlbero della vita. Altro simbolo dellesposizione promesso, e oggi vicinissimo al
destino di essere tagliato.

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