Sei sulla pagina 1di 8
Rivista Italiana di Teosofia ANNO LXX N. 12, DICEMBRE 2014 Etica stoica Seconda Parte ANDREA BRAGGIO La dottrina del primo impulso el suo resoconto, Diogene prende le ‘mosse dallevoluzione del primo impul- so dell'essere vivente, nozione che in- troduce alla descrizione del fine ultimo dell’'uo- Yo come vivere secondo natura e vivere secondo vir- tia La natura prowede affinché essere vivente non arrivi alla vita in una condizione di totale indleterminarione, ma esiste come un sapere in- rato che porta in sé, il quale “®cositito dalla co- scienzaistntion del suo compo e dalle fnalit delle sue smembra, Questo processo di adattamento a se stesso ron é-una fase transitoria dellesistenza, Al contrario, ‘sso ne costituisce (a struttra,& cid che erea un unit attravers le diverse fasi dela vila Gli Stoici indicano questo adattamento istin- tivo a se stessi con il termine oikviasis, raclotto a Cicerone con concitiatie essere animato, appena nato, ha simpatia per se stesso € si as- sume il compito della propria conservazione € ella predilevione per il proprio stato e per cid che é atto a conservare tale stato; prova invece repulsione per Vannientamento € per cid che sembra portare all’annientamento. Il termine cikeosis (Formato sulla radice oik, che designa la casa), tradotto in genere con rendersi affine, con- Jorme a se stesso, siste nel primo impulso all’autoconservazione. Esso spinge lessere vivente verso tutto cid che ceontribuisce a essa, come il cibo, il riposo e cos via elo allontana da tutto cid che lo danneggia’ ‘Questo impulso non é frutto di insegnamento, perché @ stato ‘impiantato”, ingenerato dalla natura, Nell'essere umano si tratta di un fami- alla propria nauura, con- Jiarizzarsi con la natura umana, dapprima con ‘quella istintiva, poi con quella razionale. Per sostenere la tesi secondo cui il primo impulso di un essere vivente @ la conservazio- ne, Diogene afferma, come primo argomento, Vimprobabilita che la natura produca qualcosa dotato di tendenze autodistruttive o indiffe- rente nei confronti della propria distruzione 0 conservarione. Si deve dunque ritenere che gli esseri viventi, che sono prodotti dalla natura, con Fimpulso a preservarsi ¢ a fare Cid che promuove Tautoconservazione (Dio- gene 85). In questo ragionamento per assurdo viene fatto capire che sarebbe strano che la n tural avesse gen ni alla natura, cio’ non rispondenti ai principi natural. I secondo argomento a sostegno del ne stoiea viene offerto nella forma i alieni a loro stessi o alie~ agli Epicurei, secondo iq rca del piacere, istimtivo per i neonati & la forma che impulso umano possiede quando & in uno stato non corrotto. Gli Stoici si oppongo- no a questa spiegazione cosi diversa dalla loro, basata su altri presupposti antropologici. A loro, giudi jeonati non ricercano come prima cosail piacere, perché non & qualcosa cui si pos sa aspirare, ma é qualcosa che si presenta in un secondo mo wento, Il piacere giunge senza ex sere ricercato direttamente, quando si mira alla la preservazione del proprio io e della propria costituzione fisica, aspetti con cui la natura ci ha familiarizzato (Diogene 86). Per gli Stoici, il piacere & un epifenomeno non necessario, ininfluente, @ qualcosa che si aggiunge all'au- toconservazione in un secondo momento senza determinarla (@ un posteius), non rappresenta 8 cui tende il primo impulso (un prius). La forma che questo processo di adattamen- to a sé viene ad assumere varia con la crescita, dato che cid che per Puomo @ naturale ricer care ed evitare & cosa che muta nel corso dello sviluppo e della maturazione, Avviene cost un passaggio dal particolari allimparare a distinguere i generi delle cose pitt rilevanti € a sviluppare regole © principi che ci si abitua a seguire con costanza. nitarsi a ricercare o evitare cose Nel suo resoconto, Diogene afferma: “Ess dico- no inoltre che la natura non faalena differen tra lepiantee glianimali, perchéessa egola anche la vita delle piante senza impulso ¢ senza sensazione, ¢ dake tra parte in noi si generano fenomeni nella medesima guisa che nelle piante. Ma poiché agli animali é stato ingenerato per soorappii:Vimpulso per mez del quale ‘sisi dirigono ai loro prop fini, ne deriea che la loro disposizione naturale si attua nel seguire Vimpulo. E oiché gli esser razionali hanno ricevuto la ragione per una condota pit pefetta, it loro vivere secondo ragione coincide retamente col vivere secondo natura, in quanto la ragione si aggiunge fer loro come pla smatrie ed educatrice dllstinta’ L’uomo comincia cosi da una vita conforme alla natura sotto forma di istinto. A differenza perd di quanto accade negli animali, in tui si sviluppera la ragione e il problema centrale delletica sara di giungere a una conformita razionale con la natura in un passaggio © conti- rnuum dalla natura (istinto di conservazione) alla natura (saggezza) Abbiamo visto che ogni essere vivente, anche Yuomo appena nato, & per natura disposto ad. amare se stesso, ad autoconservarsi 0 rendersi conforme a se stesso, cioe alla propria natura. ‘Tutti per natura possiedono questo principio di carattere universale, cercano cid che giova loro, ce respingono cid che li danneggia. La tendenza delle piante all'autoconservazione & determina twessenzialmente dalla Natura o Prowidenza Di- vina, come a dire che & Dio stesso che prowede loro e Je amministra. Negli animali la natura si “specializza” ¢ agli impulsi (cid che muove all'a- zione) siaggiungono le sensazioni (cid che con- sente espletamento dell'azione). Nel segmen- {o vivente rappresentato dall'uomo, allimpulso e alla sensazione si aggiunge la ragi elemento che “spezza” la continuita con tee animali, rendendolo simile alla Divinita. La ragione si aggiunge all'uomo come plasmatrice ed educatrice del istinto (Diogene 86). Olt il senso comune Quando Fuomo diventa adulto, se non sue bisce una c one durante il processo edue cativo, lo sviluppo della sua ragione trasforma «i impulsi innati nel bambino, facendo emer- xgere fini ulterior’, Come rileva Carlos Lévy, Voikeiasisé, in un solo movimento, una relazio- ne con se stessi ¢ una relazione con il mondo, cosi che, per realizzare la sua propria natura, Tuomo deve ricercare alcune cose ed evitarne altre. Solo in Iui il fine da perseguire & frutto dina scelta deliberata’, Emerge a questo punto il carattere differen- iato dellambiente secondo tre categorie: le cose buone, quelle cattive e quelle indifferenti. Rientrano nella categoria dei benila saggezza, la temperanza, la giustizia, il coraggio e tutto cid che partecipa alla virt, Come per Platone, gli Stoici fissano in numero di quattro le vit cardi- nali e tutte le ulterior’ virta che distinguono ven- gono subordinate a queste, Rientrano poi nella categoria dei mati la stoltezza, Vintemperanza, ingiustizia, la vlta € tutto cid che partecipa del vizio. Rientrano infine nella categoria degli in- differenti tutte quelle cose (che potremmo det nie “neutre”) il cui possesso o la cui mancanza non contribuisce in alcun modo alla vii: vita/ morte, fama/oscurita, salute/malattia, piacere/ dolore, riechezza/poverta. Per gli S virti @ buona in senso stretto, mentre gli indif _forenti, cio® tutto quello che convenionalmente pici solo la Puomo ordinario considera come bene/male, salute/malattia, risultano irrilevanti per la fel ita (Ario 5a, 7a-d; Diogene 102), non hanno alcun valore morale. Julia Annas chiarisce che “la vinta esausisce cd che ¢rilewante a tal fine, poiché unico bene edungue Vunica casa che (in senso str 4) ci é utile. Qui il termine utilesirichiama alla concezione socratica del bene in quanto utile, dove wileva inteso non nel senso remunerativo, rma nel senso di utile per Vacquisizione di beni per ’anima, di cid che giovaa essa. La virti: non, solo @ utile, ma si identifica con utile sotto tre punti di vista: pud essere tale da risultare utile, oppure tale che @ utile conformarsi a essa 0 pud essere cid a causa di cui risulta Vutile (rio 5d; Diogene 94) Ario prende le mosse proprio dal carattere differenziato dell'ambiente secondo tre cate- gorie, mentre Diogene riconosce questo princi: pio organizzativo in una fase gia inoltrata della non ordina esplicitamente iateriale in base a esso, Questa classificazione originaria (che accoglie poi tutta una serie di divisioni) & tripartita, ma gli ofposté contradditio. 1i (virti/vizio) sono 1. incompat Paltro, 2. non trattazione suo. intercambiabili'e 3. non & possi bile passare dall'uno all'altro attraverso livell intermedi: "Nom vi é nulla di intermedi fia virti afferma Ario’, La virti ¢ il vizio sono ‘opposti contraddittori come Io sono il vero e i falso, per cui o si & nel vero 0 si é nel falso, Allo stesso modo non & possi virtuosi o piit o meno viziosi, Fin dall'inizio ab- biamo dunque a che fare con un atteggiamento paradossale che va contro l'opinione comune, secondo cui si pud diventare virttosi attraverso ‘un processo di progressivo miglioramento (prom bblema del frokapion). Ad eccezione di Seneca e Panezio di Rodi, i quali dissentono su tale pun- 1, gli Stoici negano Mesistenza di un progresso morale: o si é nella virtit 0 si é nel vizio. E come dire che non ¢’ differenza nell'essere a dieci o cento chilometri da Atene o nellessere un me- a tro o dieci metrisott’acqua: in entrambi i casi non sié in Atene e non si é fuori dall’acqua’. Queste metafore indicano che colui che pare “avanzato molto” verso la condizione della vit, in reali non é (ancora) un virtuoso € dunque non & meno soggetto all'infelicita di colui che non @ avanzato affatto. Anche le colpe sono tut- te egualmente gravi, perché egualmente negati- vo é lo stato dell'anima da cui scaturiscono: non conta che Pom stolto sia poco oppure molto stolto; egti resta comunque tale. Se proprio vo- ‘gliamo parlare di geadualita in riferimento aun, possibile progresso morale, questa @ rinvenibile solo negli indifferenti, che precludono in qu che modo una gerarchia di valore senza sinen= tire Tassunto fondamentale delletica stoic. Questa gerarchia di valore (se €’@) non inerina il primato dei beni dell’anima. E, come se dal vi- 2o alla virtit i Fosse dunque un passaggio istan- taneo anche se, per diventare virti, gli impulsi naturali vanno incrementati ¢ sviluppati: “la vir tit una sorta di competence che nasce quando parti- colaricomprensioni o apprensioni, particolar esercizi della conoscenza si integrano in una forma cui ta pra- ‘ica abitua, Pertanto per gli Stoic, come per Arisoele, tuna wirttrichide la conoscenzapraica di una sfera della vita, costruita mediante Vassuamere abitudini*® La conoscenza pratica necessaria per pos. sedere una virtii non é limitata e separata, non riguarda una sola virth. Quella che gli Stoici chiamano perisia di vita consiste infatti nella co- noscenza del modo in cui fare bene le cose agire correttamente nella vita nel suo comples- so. La conoscenza del virtuoso non é exprimibi- le in regole o formule, ma ha la flessbilit alle ircostanze propria di una competenza pratica. Come gia detto, le virti sono equiparate a cono- seenze, pit precisamente a tipi di competenze (Ario 5b; Diogene 90). La virti torna a essere definita in senso soer fico come scienza dei beni ¢ @ possibile possedere una sola virtii senza pos- sedere la conoscenza pratica; € possedere tale conoscenza significa non solo possedere tutte le Vita, ma implica che agire in accordo con una virtt @ agire in accordo con tutte le altre: colui che possiede la virti 2 virtuoso in senso globale. Questo senso di globaliti. trova riscontro anche nell'idea di corpo quale specchio dell'a- ima", La prestanza fisiea di molti pensatori dell'antichita era la dimostrazione che la loro filosofia non si limitava semplicemente alle pa- role. Per gli antichi, la filosofia @ un esercizio che coinvolge anima come il corpo, owero Fintero complesso psicofisico dell’ uomo. Il f- losofo @ celebrato tanto per la robustezza fisica quanto per l'acume mentale ¢ ta bellezza del che non si pué curare quest’ultimo senza curare anche Panima”, Quando Ario impiega i termi “grande”, "ben sviluppato”, “alto” ¢ “forte” per descrivere il corpo del sapiente, non si rferisce solo ed esclusivamente all'aspetto estetico, ma soprattutio a quello morale, facendo intende- “E grande perché pus rraggiungere le cose che si presentano alla sua sclta; ‘ben sviluppato pperché & cresciuto armoniosamente in ‘ogni sua parte; ali perché pastecipa di quealiaza che petta a un womo nolileesaggio; forte perchééfor- nito di quella forza che gli speta,essendo invincible ceimbatiile” La salute ¢ la bellezza dell'anima e la salute € la bellezza del corpo vanno cosi di pari pas- so, @ tra loro una corrispondenza simpatetica, Solo il virtuoso é felice e dunque in “buono sta- to di salute”, mentre Vinfelice &, per definizio- ne, il vizioso e dunque in “cattivo stato di salu- te", Anche qui possiamo notare il legame con Ja tradizione socratica, secondo la quale solo il virtuoso che segue i dettami della ragione & fe- lice, mentre il non-virtuoso, non ragionando a sufficienza sulla vita, siabbandona a istint (qua- Iilaviolenza, 'intemperanza ¢ cosi via) che, alla Junga, lo rendon VVidea stoica di anima come pneuma, materia in minata condizione, yediamo che P'a- \do interiore traspare dal corpo, cost re la cones 1e tra i due: felice. Se riconsideriamo una det nnima del virtuoso @ forte € posiede vigori tonica (Jonos) nel senso che ha la giusta ten ne, proprio come sono tese in un certo modo le corde di uno strumento musicale pronto per essere usato. I fine detletica stoica & dunque vivere se ‘condo vinti, cio vivere secondo ragione (natt- ra). Lo scopo ultimo & essere felici, proprio @ vivere secondo virti, condizione che basta da sola, necessaria e sufficiente, per esse- re felici, La felicita non @ il fine del’azione vir- tuosi ma si identifica con essa, & quel senso di pienezza e perfetto appagamento che deriva dal fatto di agire in accordo con la virti. Se & vero, che virti felicitd sono per un verso collegate, & anche vero che la virtit deve essere persegui- ta come valore in sé, indipendentemente dalle ‘conseguenze-ricompense, dal fatto che siamo felici o meno e da qualunque connotazione di tipo emotive, Bene perfetto di per sé, la viett va attuata senza tener conto del corredo di sensa- Zioni che la accompagnano, perché queste sono sempl tuanti, Per gli Stoici la virti vale per se stessa, non produce la felicita come qualcosa di altro da sé, Da qui il rifiuto sia della tesi epicurea ‘che subordlina la virti al piacere come mezzo a ‘fine, ia della concezione escatologica che lega un premio ultraterreno, Il “premio” c il “castigo” sono strutturalmente connessi all virtite al vizio gia in questa vita e questo fa par- te in qualche modo di una visione del!’ wom del mondo che accorda maggiore importanza allal di qua rispetto alla vita al cli li del velo della materia", i il fine “emente stati transitori, passeggeri e flui la viru I sapiente stoico Nella dottrina stoica git indifferenti costicui- scono tutto cid che non & né buono né catti> vo, sono irrilevanti per la felicita ¢ solo la virti. esaurisce cid che @ rilevante a tale fine, Punica considerata come valore assoluto. Cid non im- pedisce agli Stoici di distinguere tra indifferenti che sono prefribili, cosicché & ragionevole per seguirli, € indifferenti da respingere,cosicché & ragionevole evitarli (Ario 7b; Diogene 105). In base a un ragionamento preferenziale 0, se vo- gh disoalore, i primi (vita, salute, bellezza, ricchez~ mo, a una nozione ordinaria di valore e di zac.) meritano di essere scelti perché danno tun certo contributo alla vita equilibrata della ragione, i secondi (morte, malattia, bruttezza, poverta ece.) meritano invece di essere respin- 1 fo danno. ti perché n Poiché i beni morali sono valor’ assoluti, nei > la quialfica di pref ribili, in quanto la loro assolutezza li pone al di sopra di qualsiasi relazione con altro". Gliindif- ferenti preferibili non sono virtii e dunque non sono ufficialmente buoni; tuttavia sono natural per gli umani e fa parte del loro sviluppo aspira rea queste cose, pur riconoscendo il valore quia litativamente diferente dela virtd. Come ha fat cd Anio e Diogene non spiegano questo valore to presente Julia Annas, il problema risiede fatto che della virte © quello, di tipo diverso, posseduto dag indiffrentiproferibili, mali presuppongono, Poiché la “Dingene cerca Pa virtit ¢ gli indifforenti sono discussi ¢ analizzati se- praratament, un principiante potrebbe non engliere la tesi secondo cui gli indiferenti somo il materiale della inti: esi sono il materiale sw cui si eserita la virt, in quanto competensa o perisia di vita, Nom abbiamo dle fini, sceglier a virtice seleciomare gl indifferent seagliamo la virti quando selixioniam gli indifferen: me in modlo propriamente rasionale” tema dell'azione doverosa che segue quel- 1e 107-109) iferimento all'azione che, una volta compi lo degli indifferent (Ario 8; Dioge fi 1a, pud essere giustificata n malmente, in quai to normalmente procurera degli indifferenti preferibi da respingere ¢ consentira di evitare indifferenti Sono, per esempio, conformi al dovere le azioni dettate dalla ragione, come onorare i genitori, i fratell, la patria, avere buo- ni rapporti con gli amici. L'uomo che esegue azioni. doverose in modo sempre pitt razionale diventa a un certo punto un virtuoso € le ste azioni saranno allora rette: “Queste nom differisco- no dalle acioni doverose sotto Vaspetto di ci che viene fatto, ma soltanto dad punto di vista dell agente, che a questo punto, esegne Casione in qualita di virtuoso, ‘ossia a partire da uno stato di virti™. Se non c'® uno stadio intermedio tra il vizio la virtd € se tutte le azioni dell'uomo virmoso sono azioni rette, possiamo coneludere che tutte le azioni dell'uomo non virtuoso sono azioni errate, dato ‘’che non sono compiute in conformita alla virti. Un’avione retta, perd, non va gindicata dal suo cesito € dal raggiungimento del risultato previ- sto, ma dal suo punto di partenza e dalla giusta disposizione interiore del suo autore. A questo proposito, Cicerone afferma: “Quelle azioni che ‘raggono origine dalla virtt si devono comsiderare rette fin dagli esodi e non solo quando siano perfe- tamente compile”. In un passo significative di Seneca leggiamo: “Per noi che riportiamo tutto all interiorita, il fare equa al olere. Ora, dato che (a religiosita, ta feel la gisticia, insomma, levirts i og tipo somo in se stsse perftte, Cuomo pud ese- re nelle sue intencioni grato, anche se non gti é stato ‘possibile tradurre in pratica questo suo sentiment”. ‘Seneca chiarisce il tema dell'intenzionalita an- che in riferimento all'azione malvagia: *Sé pud essere colpevoli anche senza aver fatto del male: se, er esempio, uno giace con sua mogtie pensando di essere con ta donna di un altro, tui commetteaduderio, bi certamente no; oppure se uno mi propina un veleno che peri mescolato a cibo non produce alcun effet, chi me lohaa dato si¢ macchiato di un delito, anche se ‘nom mi ha arrecato anno. Nom é meno assassino chi ‘mi ha inferto un colpo neutralzzato dalla resistenza della mia veste. Tut i dtiti, anche prima di essere comput, si devono considerare consumati per Vinten iome di chili ha concepit™ ‘Come non danno rilievo a nessuno dei crite- ri consueti per mezzo dei quali le azioni sono di- sposte lungo una scala d’importanza crescente, allo stesso modo gli Stoici non ammettono che Ie conseguenze 0 le circostanze possano eserci tare un’influenza sul carattere giusto 0 ingiusto di un’wione, cio® entrare nella determinazione di un’azione come retta oppure no. La distinzione netta tra il virtuoso € le sue azioni, da un lato, ¢ tut gli altri uomini ele loro, 30 azioni dallaltro, caratterizza il tema del saggio ‘che occupa i lunghi paragrafi conclusivi dei re- soconti di Ario ¢ Diogene. Indipendentemente dal periodo storico in eui vive, il sapiente stoico “sa”, ha cio’ conoscenza di cid che & bene ¢ di id che & male, di come dunque vanno fatte Te del filosofo inetto, con “la te- sta fra le nuvole”, assorto nei propri studi ¢ di- staccato dalla vita attiva e dagli umani commerci non gli corrisponde affatto. Eun dato riscontra- bile sia nell’Antica Stoa sia in autori che opera- no suecessivamente nel contesto romano ¢ i cu interess differiscono da quelli dei fondatori de la scuola. Nel De ato di Seneca leggiamo: “Not siamo solit dire che il bene pitt grande consisie nel viuere secondo natura. La natura ci ha generat fer entrant i comp: la contemplazione e Vazione”™ I sapiente non ha solo una formazione teoretica, massa tradurre in pratica la sua dottrina (Dioge- ne 126) e in ogni sta oecupazione fa bene tut- to quello che fa, in quanto agisce con saggerza, moderazione e secondo tutte le altre virti, Per questo non sorprende quando Ario afferma di lui che “é capace di amministrave la casa, ¢ di farlo ene, e inoltre 8 capace di procurare riccheaze. Infatti Varte economia éun abitoteovicoe pratico iguardan- te le ease che giowaano alla casa, e Vecomomia Bit buon ontine riguardante le spese, le opere, eil prendersi cura della propriete di coloro che lavoraino sotto di tui. La crematistica &Vabilta di acquisive richeze dalle fonti appropriate, un abito che porta a comportarsiin modo covrente nella raccolia, nella conservazione e nella spe- saadelevichewe in vista dell agiatewa, Alcuni dicono ‘che Vacquistareriechezze én intermedio, mentre altri tun bene, Nessuno stolto pd essere un buon capo di casa, né pub mostrare una casa ben amministrata Solo V'uomo saggio sa procurare riccheze, perché sa a pertire da cosa si debba farlo, equando, e come, ¢ fino ache punto™, Incarnazione della norma morale, il sipien- te & immune da passioni perché, per definizio- ne, non pud cadervi, ed @ immune dalla vanit ugualmente indifferente alla gloria e all’oscuri- 18. E poi ancora & austero, sincero, immune da finzioni, rispettoso della Divinita, onora i geni- tori e i fratelli ed é premuroso nei confronti dei figli. L'tica stoica non distoglie colui che la stur dia dall’affrontare i doveri quotidiani nella vita della famiglia ¢ della societa, né lo distogtie dal prendere parte alla vita politica. Un aspetto par- ticolare del sapiente @ i suo essere re (traspo- sizione sul piano etico della regalita), unico in grado di ricoprire tutti i ruoli a lui assegnati “L sapienti non sono soltanto liter, ma ‘anche ve, perché it ragnare 6 en dominio mon soggetio ‘a rendiconti, che pud sussisere solo se & retto dai sa- bien: questa ¢ la tesi che Crisifpo sostiene nel pera sulla proprieti dei terminé adotati da Zenone, Infati eli sostiene che il capo deve avere una chiara scienza del bere ¢ del mate, che nessun uomo cattivo possie- de questa scienza. Fgualmente solo i sapienti sono in ‘grado di governare di ammministrare la gusta e di esercitare Voratoria, ma degli womini alti nessun. Inoltre i sapient sono infallibil, perché mon sono cor- ivi allerroré™. Non corrotto dalle forze che agitano il mon- do, il sapiente stoico educa le anime proponen- dosi come modello pragmatico che orienta I'no- ‘mo nel quotidiano mestiere di vivere. Al tempo stesso, egli rappresenta una risposta etica forte allo stato di insicurezza di un'epoca segnata dal declino della polis © dei suoi valori di rife- rimento, Questa discesa sul terreno della vita comune trova conferma nelle parole di Léon Robin: “Nel grande Stato accentrato di cui é suddi- 40, it cittadina dell'antica piccola rebhe s'interroga ssullattegeiamento da prendere; si sente spacsato ¢ ‘quasi smarrito. Sivipiega alfora su stesso; fensa alla ‘propria salute interiove; cede che gli venga precisato 1 scopo della vita, che gli venga proposto un ideale, nel cui perseguimento egl possa ritrovare, er la fro- pri felicita, a libertd perduta, Quest'ideale varieri «second delle diverse scuole, ma sari: frur sempre Videale del Saggio, il quate non é di nessun praese né i nessun tempo; tutti lo concepiranna nel medesimo spirito, decisamente pragmatico”®. nella cit st Note 1 p58, 2, Per un approfondimento di questo conceto, si veda anche R Radice, Oils: Riche sul fdamento det pension sic e sulla sue gen, introduzione iC. Reale, Vitae Pen- sier, Milano, 2000 5. Avi Didimo, Diogene Laerao,Brica stoica Editor La terra, Rom Bai 208, p. 84 4.6. Lexy, Le file lions, Einaudi, Torino, 2002, pit J. Annas, Lita ston sande Avo Didim eDisgene Lar sin p. 28, in Aro Didimo, Diogene Laerzio, icy sia, El tori Later, Roma-Bar, 2008. 6. Ario Didimo, Diogene Laeraio, Btze sia Editor La terra, Roma Bari, 2068, p. 40, 7.G. Cambiano, Sta dill flaofa anica, Edivort Later a, Roma Bai, 2004, p. 164 8.J. Annas, Lica tla secondo Avo Didim eDingene Lan sap. 20, in Avi Didimo, Diogene Laerzo, Hie sca, Edi vor Later, Roma Bari, 2008. 9.J- Beans, Fils per la ita eli moment dif, Mon ado, Milano, 2015, pp. 604. 10, G, Reale, La fla di Sener ce tape det mal titania, Bompian, Milano, 2004, pp. 1418 11, Ario Didimo, Diogene Laerzo, Bice soca, Eton ‘Laterza, RomaBari, 2008, pp. 65.6. 12. Un testo che affront il problema del!mmoralith nella flosfia soca ® R. Hoven, Stone Sins face au roblone de del, Les Belles Letres, Pars 1971, 18. G. Reale, Soria dalla fila grce¢ rmana. Cinna, Epicure eSocisna, vl. V, Borgia, Milano, 2008, p. 436. 14, J, Annas, [tia tia secondo Ara Didi eDigene La ‘ap. 20, [Avo Didimo, Diogene Laerzi, Bia soa, Et tori Latera, RomaBari, 2008, p. 2425), 15. dp. 25. 16. Cicerone, Definibus, I 9,32 YT Seneca, Debris, 31 18. Seneca, Deconstantia sopentis NUL 4 19. Seneca Deon IV, 2 20, Avio Didimo, Diogene Laeraio, Bia stig, Eaitri Laverza, RomBari, 208, pp. 6263. 21, Avio Didimo, Diogene Laerzio, Bia stig, Kaitri Laverza,RomBari, 208, p. 98 22. L Robin, Stra dal pensiow gre, Einaudi, Torino, 1961, pp. 381-982, Non tut gisorii dela filosofia concon-

Potrebbero piacerti anche