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LA PREGHIERA CRISTIANA

Considerazioni preliminari sul "Padre nostro"


(Mt 6:5-15)

SOMMARIO
Dalla preghiera alla preghiera cristiana.............................................................2
Da quale prospettiva guardare il Padre nostro?...............................................2
Limportanza del quadro di riferimento.................................................................4
La preghiera ipocrita...............................................................................................5
La logica del merito.................................................................................................6
La preghiera magica............................................................................................8
La tirannia della paura.............................................................................................9
Una nuova rivelazione di Dio................................................................................12
Il volto famigliare di Dio........................................................................................14
Il Padre nostro....................................................................................................16
Come pregare.........................................................................................................18
Dalla manipolazione allinvocazione....................................................................19

Dalla preghiera alla preghiera cristiana

Da sempre, la preghiera stata un momento di incontro delluomo col


mistero, col suo simile e con se stesso. Essa un fenomeno cos universale, che
pu, a ben diritto, figurare quale oggetto di studio dellantropologia, della sociologia
e della psicologia. Ma proprio per questo suo carattere universale (cfr.Gna.1:5),
bisogna fare una chiara distinzione tra preghiera e preghiera cristiana. Questo
ci che fa Ges, col sermone sul monte, quando introduce il cosiddetto Padre
nostro (Mt.6:5-15). Egli prende le distanze dal modo di pregare dei religiosi ebrei
(v.5), dal modo di pregare dei pagani (v.7) ed insegna ai suoi discepoli come
pregare (Mt.6:6,8,9-15).
La cosa ancor pi rilevante se si pensa che qui, ebrei e pagani sono
misurati sullo stesso metro 1. Pur dicendo cose differenti di entrambi, ad entrambi
contrappone il vero modo di pregare. Ges non si fa scrupoli di rompere quella
sorta di privacy ed impunit della preghiera (o dellorante), secondo cui, essa
qualcosa di cos personale, che nessuno pu metterci parole. Ges mostra che il
corretto pregare pi importante del pregare in s, del pregare e basta,
limportante che si preghi. Le cose che Ges dice qui sulla preghiera costituiscono
il passo obbligato per una retta comprensione della preghiera cristiana e per la
sua applicazione.
Queste dichiarazioni non vanno collocate insieme a tutte le altrecome ad
Assisi, allorquando tutte le religioni hanno pregato insieme. Queste son le
affermazioni di colui del quale stato scritto: Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito
Dio, che nel seno del Padre, quello che l'ha fatto conoscere (Gv.1:18). Qui non
pi luomo che si apre al mistero, ma il mistero che si svela, prendendo un volto
ed un nome. questo che contraddistingue la preghiera cristiana, dandole il suo
valore particolare, ed questo che Ges ci vuol insegnare nel brano che
prendiamo in esame. Mettere ebrei e pagani sullo stesso piano, significava dire che
nessuno sapeva pregare (cfr. Rm.8:26). Solo Ges ci pu insegnare a pregare. Per
questo bisogna seguire il suo insegnamento, senza essere in alcun modo, sbrigativi
o approssimativi.
Il pensiero di Ges sulla preghiera pu essere cos riassunto: la preghiera
cristiana2 non un modo per manipolare gli uomini (e Dio) come nella religione
giudaica (v.5), o un modo per manipolare la divinit come nel paganesimo (v.7), ma
un mezzo per entrare sempre pi in sintonia con il Padre (v.6), il Suo piano (o
regno) e la Sua volont (v.10). Il termine manipolare, pur essendo un termine
moderno rende molto bene ci che Ges voleva dire: esso significa, tra laltro,
alterare, contraffare, condizionare il comportamento di qualcuno senza ricorrere,
apparentemente, alla coercizione3. Indica dunque unazione subdola volta a
strappare consensi e favori per vie traverse. Questo quello che facevano i
religiosi ebrei e i pagani quando pregavano.
Da quale prospettiva guardare il Padre nostro?

Langolatura da cui guardiamo le cose, spesso ci aiuta a cogliere particolari


1

W.Trilling, Il vero Israele (Piemme, Casale Monferrato 1992), pg. 149


Lespressione preghiera cristiana viene usata in questo studio, non per designare una formulazione particolare, ma
per indicare linsegnamento di Ges sulla preghiera, soprattutto come articolato in questo brano.
3
AAVV, Il Grande Dizionario Garzanti, edizione 1987, pg. 1110
2

essenziali per capire la cosa osservata nel suo complesso. Ci vero anche per
questo brano. Questa non la sede per dare conto di tutti i punti prospettici da cui
stato studiato, ma importante sottolineare che dev'essere l'evidenza interna al
brano che ci deve guidare nella direzione giusta.
Essa ci mostra anzitutto, che la terminologia greca qui usata non ci aiuta
molto a capire il punto fondamentale del brano. Il termine maggiormente impiegato
qui per la preghiera proseuchomai e viene usato indistintamente sia per il modo
di pregare degli ipocriti (v.5), che per il modo di pregare insegnato da Ges
(v.6,7,9). Nel v.6, Ges usa il verbo greco aite, tradotto chiediate dalla Nuova
Riveduta, ma questo troppo poco per vedervi una contrapposizione tra preghiera
cristiana e preghiera di richiesta, materialista o egoista4. Nellaltro brano sulla
preghiera del sermone sul monte (Mt.7:7-11), Ges usa diffusamente il termine
aite, tradotto quasi sempre dalla Nuova Riveduta con chiedere o domandare
(v.11), per spingere i discepoli proprio a chiedere, cercare e bussare al
cospetto di Dio. Quindi, anche se il termine proseuchomai pu avere un ruolo pi
specifico e pi tecnico per indicare la preghiera, tuttavia, non pare che qui, Ges
faccia leva su questo per dire cos la preghiera.
Ci che si evince dal brano la forte enfasi su Dio Padre (v.6,8,9), la
contrapposizione tra linsegnamento di Ges sulla preghiera e il mondo pagano
(v.7-9), e la contrapposizione con il mondo religioso giudaico (v.5-6). Che questi
siano punti fondamentali del brano confermato dal fatto che hanno un riscontro in
tutto il sermone sul monte. Il termine Padre vi compare 17 volte
(5:16,45,48;6:1,4,6,8,9,14, 15,18,26,32;7:11,21). Vi sono 3 riferimenti al mondo
pagano (5:47;6:7,32), pi luso del termine aramaico Mammona, cio ricchezza,
come la personificazione di una divinit pagana (Mt.6:24). Infine, molte cose che
Ges dice in questo sermone sono una presa di posizione contro il modo di
pensare degli scribi e dei farisei (Mt.5:20-48).
Osservando il nostro brano da questa triplice prospettiva, gi si iniziano a
vedere dei particolari interessanti e sorgono i primi interrogativi. Un primo
particolare interessante che Ges contrappone ai giudei ipocriti un Padre che
vede (v.6), mentre, ai pagani contrappone un Padre che sa (v.8). Che la cosa
non sia casuale lo si capisce dal fatto che, pi avanti, Ges contrappone al modo di
fare dei pagani ancora (e solo) un Dio che sa (v.32). Perch Ges fa questo?
Un secondo particolare che la preghiera del Padre nostro viene subito
dopo la critica al modo di pregare dei pagani, e non a quello dei religiosi giudei (v.89). Che la cosa non sia casuale lo si evince anche dal fatto che il correttivo
allipocrisia dei Giudei gi stato dato al v.6, con il richiamo a pregare nella tua
cameretta. E la frase il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne dar la
ricompensa, che perfettamente simmetrica con le sezioni sullelemosina (v.2-4) e
il digiuno (v.16-18) ne decreta la completezza. Allora, perch Ges presenta il
Padre nostro pi come un correttivo al modo di pregare pagano e non a quello
giudaico? Non era il suo uditorio composto soprattutto da ebrei (5:1)?
Un terzo particolare che nel v.6 c un forte richiamo a pregare nella tua
cameretta, eppure il Padre nostro tutto al plurale. Perch? Non era pi logico
dire: Padre miodammirimettiminon espormiliberami? Poi, perch il
4

Pi avanti vedremo meglio questo aspetto.

riferimento alla prescienza di Dio (il Padre...sa...prima)? Gli ebrei non lo sapevano
gi? Non da poi l'idea che la preghiera sia inutile?
Limportanza del quadro di riferimento

Nellosservazione delle cose, individuare il loro quadro di riferimento


importante quanto langolo visuale da cui le osserviamo, perch ci evita delle
immagini dilatate e sfocate. La prospettiva utile solo se trova un quadro di
riferimento che la limita e mette a fuoco i suoi tratti fondamentali. Questo
profondamente vero per il Padre nostro. Di esso si pu dire tutto e il contrario di
tutto. Si pu dire, ad esempio, che una formulazione ingiuntiva, da ripetere
meccanicamente, oppure che una formulazione indicativa, da servire quale
modello per il nostro pregare. Si pu dire che da la priorit alla preghiera privata
(nella tua cameretta), oppure che da pi valore alla preghiera collettiva (Padre
nostro). Ecco perch essenziale trovare il quadro che definisce le questioni.
Nel nostro caso, il quadro di riferimento del Padre nostro, non pu che
essere tutto il "discorso" in cui inserito: il sermone sul monte. Questo brano ha
una connessione vitale col sermone sul monte. Questo la "gran cassa" che ci
aiuta ad udire meglio ci che Ges ha detto. Come abbiamo visto pi sopra, i punti
fondamentali del brano, hanno un riscontro in tutto il "sermone". Luditorio di questo
insegnamento di Ges stato lo stesso, dallinizio alla fine del sermone (Mt.5:1
cfr. 7:28). Tutto il sermone diventa un potenziale commentario di questo brano.
Esso cos intrecciato col sermone sul monte, che ne condivide la struttura, i
concetti fondamentali e il linguaggio. Questo anche il motivo che rende prioritario
studiare il "Padre nostro" nella versione di Matteo, anzich in quella di Luca (Lc.
11:1-4).
Per quanto riguarda la struttura utile rilevare che il Padre nostro inserito
in una sezione molto simmetrica del sermone sul monte, dove Ges prende di
mira lipocrisia religiosa. Le parti di questa sezione trattano il fare l'elemosina
(Mt.6:2-4), la preghiera (Mt.6:5-6) e il digiuno (Mt.6:16-18) ed ognuna si conclude
con la stessa frase: il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne dar la ricompensa
(Mt.6:4,6,18). Il tema di questa sezione la propria giustizia del religioso ebreo
(Mt.6:1), ossia, le opere giuste, che egli faceva per meritarsi il favore di Dio.
Questo riferimento alla propria giustizia lo ritroviamo a proposito degli scribi e dei
farisei (5:20). Linsegnamento di Ges, mira dunque a superare il loro modo di
pensare e di vivere la preghiera.
Ma abbiamo anche rilevato che il collegamento pi stretto col Padre nostro
riguarda la critica contro il modo pagano di pregare. Il Padre nostro rompe, in
certo qual modo, lo schema di questa sezione del sermone sul monte e la
simmetria delle sue parti. Esso sta nel testo come una cosa a se stante. In un testo
che parla dei religiosi giudei e a degli ebrei, ci che strettamente li riguarda stato
esaurito al v.6. Ora si dovrebbe passare a parlare del digiuno, perch la sezione
segue questa simmetria. Ma ecco comparire il riferimento ai pagani e il Padre
nostro (v.7-15). Tutto questo, attenua, in certo qual modo il suo legame con la
sezione in cui collocato e lo rende pi parte dellintero sermone. Ma mostra
soprattutto che il Padre nostro una risposta al modo pagano di pregare:

essendo la contrapposizione pi stretta, la rottura diventa pi radicale.


Per capire questo importante riferimento ai pagani utile vedere qualera
luditorio del sermone sul monte. Esso era composto da i discepoli e le folle
(5:1). I primi provenivano per lo pi dalla cosiddetta Galilea dei pagani (Mt.4:15),
proprio perch, in quanto terra di confine, era molto vicina al modo di pensare
pagano. Le folle invece, erano molto probabilmente pellegrini ebrei che dalla
diaspora, cio dal mondo pagano dove abitavano, andavano a Gerusalemme per
qualche festa religiosa. Il riferimento ricorrente di Ges ai pagani dunque pi che
pertinente alla realt del suo uditorio. Esso da alla preghiera cristiana un carattere
pi universale. Ma c di pi. Il fatto che Ges misuri ebrei e pagani sullo stesso
metro, sta ad indicare che la maggior vicinanza a Dio dei religiosi ebrei, era solo
presunta, cio fittizia. Tutti sono al di sotto dello standard fissato da Dio: sia pagani
che ebrei.
Infine, un elemento del sermone sul monte che getta luce sul nostro brano
il linguaggio usato. Esso alquanto iperbolico. Il linguaggio iperbolico tende ad
esagerare una parte del discorso, allo scopo di impressionare luditore e spingerlo
a fare la cosa pi giusta. Espressioni come: Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poich meglio per te che uno dei tuoi
membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo (Mt.5:29) oppure
E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poich
meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna
tutto il tuo corpo (Mt.5:30), hanno un valore chiaramente iperbolico. Probabilmente, altre espressioni del sermone sul monte, rientrano in questa logica, tipo: se
uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche laltra (Mt.5:39), non sappia la
tua sinistra quel che fa la tua destra (Mt.6:3), entra nella tua cameretta e, chiusa
la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo (Mt.6:6), quando digiuni, ungiti il capo e
lavati la faccia (Mt.6:17). Cos, quello che suona come un ordine assoluto di pregare solo nella tua cameretta, probabilmente significa soltanto: Evita a tutti i costi
la preghiera ipocrita. Questo ci dovrebbe indurre, da un lato a non assolutizzare la
preghiera privata, e dallaltro, a non assolutizzare il Padre nostro come unica formulazione possibile della preghiera.
Per cogliere meglio linsegnamento di Ges sulla preghiera, le linee fin qui
prospettate e definite, hanno bisogno di essere viste nella loro intensit e vivacit.
Questo vuol dire approfondire anzitutto la critica che Ges fa ai religiosi giudei e ai
pagani.
La preghiera ipocrita

La critica di Ges sul modo di pregare dei religiosi ebrei si impernia


sull'essere: non siate. La preghiera era diventata infatti un atto di ipocrisia (v.5).
Non era pi solo un azione diretta verso Dio, ma anche verso il prossimo. Era
diventata manipolatoria. L'atto esteriore non esprimeva pi l'atteggiamento del
cuore.
Verosimilmente, questo succedeva quando, in quelli che erano gli orari fissi
della preghiera, la gente faceva in modo di trovarsi in posti come le sinagoghe e
le piazze, dove potevano ben essere visti dagli uomini. La cosa non era casuale,
ma voluta con uno scopo ben preciso: amano fare cos, dice Ges, per essere

visti. Il problema non era, dunque, il posto della preghiera, ne la preghiera


pubblica, ma lo scopo con cui pregavano.
La preghiera veniva strumentalizzata, distogliendola da quello che il suo
scopo principale: comunicare con Dio. Il rapporto personale con Dio era mediato
dal rapporto interpersonale. Oggi si direbbe che non era pi la persona che
pregava, ma il suo personaggio. Del resto, la parola usata da Ges, ipocriti, in
greco indicava anche gli attori e i commedianti. La preghiera era diventata un
teatrino e una parodia. Tutto questo confermato dalla reazione di Ges, il quale,
per sottolineare il valore del contatto personale con Dio usa un linguaggio quasi
iperbolico: Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta,
rivolgi la preghiera al Padre tuo (v.6). Inoltre, il tu, in greco (su) in posizione
enfatica, e compare solo qui in tutto questo brano, dove abbondano i plurali
(pregate...usate, dacci...ecc).
Indubbiamente, le richieste al plurale del Padre nostro indicano che la
preghiera cristiana anche un momento collettivo, un mezzo per influenzare il
prossimo, per edificare i fratelli (1Cor.14:13-17). Per questo deve essere fatta con
parole intelligibili (1Cor.14:18), che abbiano un senso ed unaccuratezza
teologica, come del resto ce lha il Padre nostro e tutte le preghiere
neotestamentarie (ma anche veterotestamentarie). Solo che questo un aspetto
che deve rimanere sullo sfondo: la preghiera cristiana anzitutto diretta a Dio e
solo di riflesso alluomo, quale uditore indiretto, come colui che sente (in 3
persona) e non come colui che ascolta (in 1 persona).
Non a caso la richiesta del perdono di Dio, dev'essere contestuale col
perdono che noi dobbiamo dare agli altri (Mt.6:12), e pare che questo sia
determinante per l'esaudimento di ogni altra richiesta, visto che viene ribadito nel
commento finale al Padre nostro (Mt.6:14-15). Non a caso il fondamento (che
anche premessa) della preghiera comunitaria laccordo tra gli oranti (Mt.18:19), e
la risoluzione dei conflitti interpersonali (v.15-18). richiesto tutto questo, proprio
per evitare, che la preghiera diventi un insegnare, un cercare laccordo mancato,
un parlare diretto al fratello, e solo indiretto a Dio.
Un cuore polarizzato sul risentimento, l'odio e la vendetta non riesce a
parlare a Dio in 1 persona, ma parla anzitutto a se stesso e al prossimo che lo
ascolta. Ed interessante che Giacomo, in un brano che parla di guerre e
contese tra fratelli dica: domandate e non ricevete, perch domandate male
(Gc.4:1-3). Lironia di queste preghiere che si realizza proprio la nostra volont: il
fratello ascolta e Dio sente (nostro malgrado)!
La logica del merito

Se non teniamo presente, nelle parole che dice Ges sulla preghiera, il
sistema religioso giudaico, rischiamo di farci sfuggire un punto essenziale. Abbiamo
gi rilevato che questo insegnamento va inquadrato in una radicale presa di
posizione contro la religiosit degli scribi e dei farisei (5:20). Approfondire questo
aspetto, ci aiuta a capire, come mai si dava tanta importanza alla preghiera
davanti agli altri. Gli altri rappresentavano per il religioso giudeo lo standard col
quale misurare se stessi e persino Dio. Questo aspetto molto ben esemplificato in
alcune parabole di Ges.

Nella parabola del fariseo e del pubblicano (Lc.18:9-14), il fariseo fa l'elenco


delle sue opere e le confronta con quelle del pubblicano, proprio perch egli trova
in questo la misura del suo valore e del suo merito, ed sulla base di ci che egli
pensa di esser giustificato da Dio. La sua preghiera non una richiesta umile a Dio
per ottenere grazia, come quella del pubblicano, ma una sorta di conto che viene
presentato a Dio per il pagamento. L'enumerazione delle sue opere sono le voci
della spesa che Dio ha totalizzato e che deve pagare.
Ma dove Dio si obbligato a pagare questo conto? Qual' il contratto che
ha firmato? Il fariseo cita tutte cose scritte nella legge: digiuno...pago la decima
(v.12). I comandamenti di Dio, la Sua legge, le Sue promesse: ecco cosa, per il
fariseo, inchiodava Dio alle sue responsabilit. Le promesse di Dio erano diventate
una sorta di pagher, un titolo al portatore, e la preghiera era il luogo
dell'incasso. Solo che Dio, non si lascia manipolare cos, nemmeno da chi cita la
Sua Parola. Infatti, il fariseo non torn a casa giustificato (v.14), anche se
continu ad esser persuaso di essere giusto (v.9). Pens che Dio avesse saldato
il conto, ed invece era lui ad avere ancora un grosso conto da regolare con Dio.
Questo il premio che ne hanno (Mt.6:5): il termine hanno (apexousin)
proveniva dal mondo commerciale, dove veniva applicato sulle ricevute di
pagamento, per indicare il saldo finale. Questa la cosa curiosa: il tentativo di
manipolare Dio si trasforma in un autoinganno. La manipolazione era diventata
automanipolazione. La logica del merito, che trasforma la preghiera in pretesa, non
impietosisce Dio. L'uomo lasciato da solo con le sue illusioni.
Lintento manipolatorio del mercanteggiare con Dio si vede ancor meglio nella parabola dei lavoratori delle diverse ore (Mt.20:1-16), dove i lavoratori che hanno lavorato tutta la giornata vogliono rinegoziare il loro salario, sulla base del fatto, che hanno lavorato pi degli altri. Quanto dato agli altri, diventa il metro per misurare ci che viene dato a loro. Il riferimento ai farisei evidente. Di loro dice
Ges: mormoravano contro il padrone di casa (v.11).
In questa logica del merito, Dio non pi libero di fare ci che vuole, ne di
essere buono (v.15). Egli viene misurato dalla nostra logica. La nostra propria
giustizia misura la giustizia di Dio. Perdiamo il senso e il limite della nostra umanit
(cfr.Rm.9:20). Prendiamo Dio per il bavero. cos che la preghiera diventa pretesa, protervia, rivendicazione dei nostri diritti, tentativo di strappare il favore di Dio, di
manipolarlo, di inchiodarlo alle sue responsabilit. Ma le parole "Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene
(v.13-14) ci ricordano che Dio da pienamente quello promette e nessuno pu rinfacciargli alcunch.
Anche nella parabola del figlio prodigo (Lc.15:11-32), il figlio maggiore che
si adira col padre, per laccoglienza che ha riservato al figlio peccatore, finisce per
rivolgersi a lui, non con umilt, ma per rivendicare i propri diritti, i propri meriti, la
propria giustizia: Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando (v.29). La sua ubbidienza era diventata merce di scambio, strumento di
persuasione e di manipolazione per ottenere il favore del padre: a me per non hai
mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici (v.29). Il peccato del
fratello minore era l'elemento che faceva risaltare il suo merito e che gli dava, a suo
modo di vedere, il diritto di giudicare il padre: ma quando venuto questo tuo figlio
7

che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato" (v.30).
Questa logica del merito e di mercato aveva abbruttito il suo rapporto filiale
col padre. Non riusciva a concepire che il padre amasse ancora il figlio che aveva
dilapidato la sua eredit. Gli rinfaccia: questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi
beni. Per lui, essere figlio o essere padre, non era un legame di fondo, che non si
spezza mai, ma qualcosa di fluttuante, legata alleredita famigliare e al merito. Su
questa base egli valuta il suo essere figlio e quello del fratello: da tanti anni ti servo e ha sperperato i tuoi beni. Su questa base egli valuta lessere padre, dicendo: a me non hai mai dato neppure un capretto e tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato. Ed su questa base che egli disprezza il fratello minore chiamandolo questo tuo figlio. Avendo smarrito il senso della figliolanza e quello della paternit, ha anche smarrito quello della fraternit. il padre che gli ricorda chi il figlio minore: questo tuo fratello (v.32).
Ma il punto nevralgico di questo modo di pensare proprio il modo in cui si
concepisce il padre. La preoccupazione del figlio maggiore era che, vista laccoglienza riservata al figlio peccatore, e visto che aveva sperperato tutto, il padre
avrebbe diviso nuovamente leredit rimasta, che di diritto spettava tutta a lui (v.12).
La sua paura di fondo che il padre avesse agito ingiustamente e che la sua eredit si sarebbe ridotta considerevolmente. Da qui la rassicurazione del padre: ogni
cosa mia tua (v.31).
Dio un padre che non fa parzialit (1Pt.1:17). Egli retribuisce in modo equo
il merito del figlio giusto e ubbidiente. Ma, in quanto padre, era giusto accogliere
anche il figlio peccatore che gli chiedeva perdono: bisognava farlo (v.32). Proprio la
sua paternit lo spingeva a fare cos. Questo legame non lo cancella il demerito di
un figlio e non lo accentua il suo merito. Egli padre di entrambi. Tutto questo getta
un grande fascio di luce sul Padre nostro, come vedremo pi avanti.
La preghiera magica

La critica di Ges sul modo di pregare dei pagani s'impernia invece sul valore
che essi davano alla preghiera in s. Essa era per loro uno strumento magico,
efficace, potente, avente forza in s, capace di agire sulla divinit e di estorcere
il suo esaudimento per il gran numero delle parole (v.7) o delle troppe parole
(battalogesete). Questultima espressione ha un certo valore e studiarla ci aiuta a
capire pi precisamente le parole di Ges.
Essa ricorre soltanto qui, per cui non si hanno altri elementi per precisarla
ulteriormente. Tuttavia, i significati proposti non sono tanti: da un lato si pensa alla
verbosit delle orazioni pagane (cfr. gran numero di parole [N.Riv.], soverchie
dicerie [Diod. Riv.], multum loqui [Vulg.]), dallaltro si pensa alla vacuit di tali
orazioni (cfr. vain repetitions [A.K.J.V.], parole sprecate [CEI, Paol.], vaines redites
(Dar.), inutili ripetizioni [N.Diod.]). In passato si dato pi spazio alla prima
opzione5, mentre, gli esegeti moderni propendono per la seconda, anche in virt del
fatto che, se il punto in questione la lunghezza delle preghiere, il gran numero
delle parole e la ripetizione, ci si chiede come mai Ges abbia pregato per notti
5

Ne Il Padre nostro spiegato ai semplici laici (Claudiana, Torino 1982), Lutero diceva: Quanto pi parca di parole,
tanto migliore la preghiera, quanto pi verbosa, tanto peggiore la preghiera; poche parole e molto senso cristiano,
molte parole e poco senso pagano (pg. 10)

intere, ed abbia esortato a praticare una preghiera perseverante ed insistente


(Mt.14:23-24; Mc.6:46-48; Mc.1:35; Mt.7:7-11; Lc.11:5ss.; Lc.18:1ss.).
Forse pu essere illuminante dare uno sguardo al contesto culturale e
religioso a cui questa parola si riferisce, cio il culto pagano. A tal proposito utile
quanto riporta Luca negli Atti sullincertezza che caratterizzava i culti dei pagani, i
quali cercano Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni (At.17:27). Questa
incertezza era tale che nel paganesimo dellepoca non si era pi certi che il Dio
al quale ci si rivolgeva fosse proprio quello giusto. Era sorta cos labitudine di
enumerare luno dopo laltro nomi ed appellativi divini differenti6. Questo ha
prodotto il proliferare di elenchi sterminati, perch nellimplorazione non potesse
sfuggire il nome della divinit giusta7.
Questa incertezza della divinit (cfr. il dio sconosciuto di At.17:23), non
poteva non riflettersi su una sorta di ricerca della formula magica che riuscisse
(anche ad insaputa dellorante) ad influenzare (e manipolare) la divinit. questo
clima di incertezza, questa ricerca spasmodica della formula pi azzeccata, che
produceva preghiere ossessive, con gran numero di parole, per lo pi inutili.
Insomma, la preghiera pagana era una sorta di gioco al lotto: quando usciva il
numero (dio, formula) fortunato, cera in premio lesaudimento!
Si capisce cos che la critica di Ges non riguarda tanto la forma o le
dimensioni della preghiera, il suo look e la sua cosmesi, quanto latteggiamento
dellorante pagano, la sua concezione di Dio e la sua concezione della preghiera.
La sua idea di Dio era vaga, imprecisa e imperfetta. Egli invocava un Dio senza
nome e senza volto, un Dio sconosciuto ed impersonale (lidolo appunto). Un Dio
che non vede, che non ascolta, che non sa e che non pu salvare (cfr. Is.44).
Insomma, un Dio manipolabile con la forza delle parole, o come traduce qualche
versione: credono di venire ascoltati a forza di parole (CEI).
La preghiera in s, aveva assunto un valore troppo alto, un valore magico.
Le si attribuiva il potere di influire sulla divinit, per avere le sue benedizioni e
mutare i suoi disegni. La semplice richiesta era diventata ricerca spasmodica e
ossessiva dellesaudimento, dominata da un certo delirio di onnipotenza. Si
attribuiva alla preghiera una sua efficacia, una sua potenza ed una sua forza.
La formulazione era determinante e con essa la ripetizione e la cantilena. Tutto era
molto automatico e meccanico.
La preghiera diventa cos richiesta sufficiente a se stessa. Essa diventa
anche la risposta, non pi solo la domanda. Non pi domanda che attende la
risposta, ma domanda che produce la risposta. La causa efficiente che porta al
risultato insito in se stessa. Il risultato, non pi un esaudimento, ma un fai da
te. Non pi il frutto di un far udire, ma di un darsi da fare, un manipolare.
Questo lepicentro della preghiera magica, quella tutta incentrata su se stessa,
sulla sua formulazione e sulla sua efficacia.
La tirannia della paura

Ma la preghiera magica non solo questo: bisogna anche tener presente il


presupposto di fondo su cui essa si basava. Se non ne teniamo conto
6
7

E.Schweizer, Il discorso della montagna (Claudiana, Torino 1991), pg. 73


E.Schweizer, op.cit., pg. 73

probabilmente ci lasciamo sfuggire laltro polo fondamentale dellinsegnamento di


Ges sulla preghiera.
Di questo Ges ci da una traccia con le parole che introducono il Padre
nostro (v.9): il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, anche prima che
gliele chiediate (v.8). A prima vista, esse paiono un riferimento alla prescienza di
Dio, ma la cosa interessante che vengono contrapposte a ci che fanno i pagani
quando pregano, e quindi alla loro ricerca spasmodica dellesaudimento. Con
questa frase Ges mostra che alla base di questo modo di pregare dei pagani c il
rapporto che essi hanno con i loro bisogni, o, per meglio dire, con le cose di cui
avete bisogno. Il termine avete traduce un verbo greco (echete) che indica il
possesso di cose per lo pi materiali. Questo confermato dal termine bisogno, il
cui corrispondente greco (chreian) deriva dal termine mano (cheir). Il senso
dunque quello di cose che si possono tenere nella mano, cose materiali.
Ges non addita questi bisogni perch sono i nostri bisogni e riguardano
cose materiali, ossia, non sono sufficientemente altruisti o spirituali. La richiesta
che Ges insegna pi avanti Dacci oggi il nostro pane quotidiano (v.11) una
richiesta per noi (Dacci) e riguarda cose materiali (il pane). Neppure al verbo
usato (aite) si deve dare un valore peggiorativo, visto che viene usato pi avanti
per spronare i discepoli a chiedere in preghiera (7:7-11), senza specificare un
oggetto particolarmente altruistico o spirituale. Anzi, lesempio che l viene fatto
del figlio che chiede un pane (7:9) richiama alla mente proprio un tipo di richiesta
orientata verso i nostri bisogni materiali. Pi semplicemente Ges dice che il Padre
conosce i nostri bisogni, anche prima che li sottoponiamo alla sua attenzione.
Dov allora il punto?
estremamente importante per la comprensione di queste parole, il fatto che
esse compaiano, pi avanti, nel brano del sermone sul monte, dove Ges parla
delle preoccupazioni (v.32). Anche l vengono contrapposte a quanto fanno i
pagani: Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di
che ci vestiremo? Perch sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il
Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose (v.31-32).
Largomento qui non la preghiera, ma qualcosa che spesso le soggiace: i
nostri bisogni pi essenziali (ossia le cose che ci preoccupano) ed il modo in cui li
affrontiamo (con pi o meno agitazione). Ed il modo in cui trattiamo questi bisogni
che spesso determina la nostra preghiera e rivela cosa domina il nostro cuore
(cfr.v.21). Ecco perch la frase risolutoria il Padre vostro sa compare sia in
questo brano (v.32) che in quello del Padre nostro (v.8).
In questo contesto (v.25-34) si capisce che la paura, lansia, lagitazione
per i propri bisogni (mangiare, bere, vestire v.25), laffanno, la preoccupazione che
determinano lesistenza dei pagani (v.32). Questa paura dilata la giusta
proporzione delle cose e porta ad una tirannia dei nostri bisogni sulla nostra stessa
vita. Il vestito diventa pi importante del corpo ed il nutrimento pi importante
delle vita (v.25). Il proprio valore misurato dal valore che si da a queste cose
(v.26). Aggiungere (v.26), accumulare, cercare labbondanza (cfr.Lc.12:15)
diventa pi importante. La ricerca (v.32) di queste cose diventa dominante e
imperiosa. Diventa una priorit (v.33). Il tempo viene visto in modo minaccioso,
perch porta con s lincognita del domani (v.34). Tutto questo produce tensione
10
1

e affanno (v.34). Da qui lingiunzione: Cercate prima il regno e la giustizia di Dio,


e tutte queste cose vi saranno date in pi (v.33).
Questa paura tanto pi acuita dalla loro concezione impersonale di Dio. Il
loro Dio, in quanto idolo fatto di pietra, di legno o di terra non lo si distingue da tutte
le altre cose. Le cose diventano personificazione di una divinit (Mammona v.24).
Si confida in esse come in un Dio (Mc.10:24). Esse diventano unestensione
dellidolo. Ci che si proietta sullidolo, lo si proietta su tutte queste altre cose. Esse
riflettono il proprio delirio di onnipotenza. E a tal fine ci si mette al loro servizio
(v.24). Occuparci e preoccuparci di queste cose diventa un servire idolatrico
(v.24). La nostra proiezione di onnipotenza diventa in realt una schiavit, perch il
vero padrone diventa Mammona (v.24). Per questo Ges chiama le ricchezze un
inganno (Mt.13:22) ed le pone insieme alle preoccupazioni quali cose che
soffocano la vita spirituale prodotta dalla Parola di Dio (Lc.8:14).
Questa paura si riflette anche sulla preghiera ed il suo esaudimento. Il verbo
ricercano (v.32), nel greco epizte, che vuol anche dire desiderano, chiedono
insistentemente, chiedono a gran voce. Mossa da questa pulsione (la paura), la
preghiera diventa ricerca affannosa dei propri bisogni. Lattenzione tutta
focalizzata su se stessi e sulle cose. La preghiera assume una forte connotazione
egoista e materialista. La richiesta per s e la richiesta di cose materiali diventa
dominante e prioritaria. In questo caso loggetto della preghiera tutto qui. Tutto
in funzione dei nostri bisogni, persino Dio, il quale non ha pi un valore proprio, in
quanto persona, ma un valore strumentale. Il vero Dio sono i nostri bisogni e la
nostra paura. La preghiera e Dio stesso sono strumenti al servizio di questi
bisogni.
Lansia di conseguire i nostri bisogni sposta il baricentro della preghiera dalla
semplice richiesta alla ricerca affannosa e spasmodica dellesaudimento. Essa
focalizzata tutta sul risultato. Lesaudimento diventa esaudimento a tutti i costi e il
pi presto possibile. Lesaudimento pi importante di Dio e le sue benedizioni pi
ricercate della Sua persona. Il NO inaccettabile. Ma la paura fissa anche i
tempi dellesaudimento. Questi tempi sono fortemente contratti. Lesaudimento
deve avvenire in tempi brevi. La sollecitudine per i propri bisogni crea un
esaudimento a propria immagine e somiglianza: un esaudimento sollecito. Luomo
non pu reggere a lungo laffanno e la tensione. Laffanno deve esserci solo oggi,
non anche domani. Non si pu aspettare. I tempi delluomo sono molto corti. Per
questo, lesaudimento deve avvenire oggi. Ma quando scopre che i tempi di Dio
sono lunghi (cfr. 2Pt.3:8), allora finisce per usare la preghiera in senso
manipolatorio.
Da tutto ci, risulta evidente che, il lato problematico della preghiera di
richiesta, quella che facciamo per noi, per i nostri bisogni, e per quelle cose anche
materiali che rientrano in questi bisogni, non dato da queste cose di per s, ma
dal rapporto distorto che noi abbiamo con esse. Un rapporto che dominato dalla
paura, la quale da un carattere ossessivo, eccessivamente egoista e materialista
alla nostra vita e quindi alla preghiera. la paura che imprime alla preghiera questo
carattere distorto. Essa sposta la priorit della preghiera, contrae i suoi tempi e le
da un valore manipolatorio.
Quello che Ges dice intorno al modo pagano e quello giudaico di pregare
11
1

delimita i confini della preghiera cristiana, ci aiuta a capire dove si trova il suo
confine. Ma Ges non si limita a questo. Non solo critico, anche se lo in modo
radicale. Nel suo insegnamento egli anche costruttivo e ci mostra il centro, il
cuore della preghiera. Nel fare questo egli tocca il punto fondamentale: egli ci da
una nuova visione di Dio.
Una nuova rivelazione di Dio

Sia nella preghiera giudaica che in quella pagana, lo scopo della preghiera
era soprattutto quello di manipolare chi ascolta, sia esso uomo o Dio, per indurlo ad
assecondare i propri meriti, i propri bisogni, in una parola: la propria volont. cos
che la preghiera era diventata per i religiosi giudei una pretesa, e per i pagani uno
strumento manipolatorio per estorcere l'esaudimento della divinit.
Tuttavia, una differenza sostanziale c' tra questi due modi di pregare. Per il
pagano Ges non usa il termine tecnico della preghiera (prousechomai), anche se
non sappiamo se ci fosse intenzionale. Inoltre, contrapporre il Padre nostro al
modo di pregare pagano, suona come una rottura radicale proprio con questo
modo di pregare. Insomma, non bisogna dimenticare che l'ebreo era un
monoteista, mentre il pagano era un politeista. I pagani, pregavano un dio
impersonale, sconosciuto, anonimo, senza nome e senza volto, che proprio per
l'incertezza e l'insicurezza che lasciava, doveva essere moltiplicato all'infinito, per
azzeccare quello giusto. I giudei invece, secondo tutta la rivelazione
veterotestamentaria, pregavano un Dio personale, rivelato, giusto e misericordioso,
che talvolta chiamavano persino Padre (Gv.8:41). Ecco perch il Padre nostro
assomiglia molto alla preghiera sinagogale8. Questo mostra che la preghiera
cristiana si inserisce nel ceppo di tutta la concezione veterotestamentaria di Dio.
Ma allora, perch Ges li mette sullo stesso piano? Perch il Padre nostro
suona come una rottura con entrambi? Qual' il metro con cui li giudica? Malgrado
la loro palese differenza, qual' il punto che li accomuna e che per Ges era cos
importante da non essersi fatto scrupoli nell'accostare monoteisti e politeisti?
Qual' il punto dove, persino la preghiera monoteista dei giudei, mancava
clamorosamente l'obiettivo? Perch Ges non ha avuto paura di mettere pagani e
giudei sullo stesso piano, ben sapendo che faceva un grande torto alla sensibilit di
questi ultimi? Rispondere a queste domande diventa fondamentale per identificare
il vero standard della preghiera cristiana. Capire questo, fa passare in secondo
piano, ogni discorso, per quanto vero, sulla preghiera altruista contrapposta alla
preghiera egoista, sulla preghiera spirituale contrapposta alla preghiera
materialista, sulla preghiera di lode, contrapposta alla preghiera di richiesta.
Per capire il punto fondamentale, si noti anzitutto che la prima parola del
Padre nostro Padre. Che questo non sia casuale, lo si evince dal fatto che
Ges contrappone ai Giudei, un Padre che vede (Mt.6:6) e ai pagani un Padre
che sa (Mt.6:8). Pi avanti, per spingere i discepoli a chiedere in preghiera,
paragona Dio ad un Padre buono (Mt.7:11). Si noti infine che Padre la parola
pi ricorrente in tutto il sermone sul monte (17 volte). Questo il punto
8

La preghiera del Qaddish, pronunciata alla fine del culto sinagogale, recitava: Sia magnificato e santificato il Suo
grande Nome, nel mondo che Egli ha creato secondo la Sua volont; venga il Suo regno, durante la vostra vita.

12
1

fondamentale dellinsegnamento di Ges sulla preghiera. Tutto il resto gli ruota


attorno. Si pu dire anche cos: Ges ci insegna anzitutto, chi pregare e poi (ma
solo poi), come pregare. questo il metro col quale valuta tutti. Ed davanti a
questa misura che nessuno raggiunge lo standard.
A prima vista parrebbe che questo non dice niente di nuovo e di veramente
importante. Non pregavano gli ebrei un Dio che conoscevano? Non avevano gi la
risposta alla domanda Chi Dio?. LEterno, il Signore, non si era gi dato a
conoscere? La risposta a queste domande una sola: quella che Ges sta dando
qui una nuova rivelazione di Dio. Ges sta rivelando qualcosa che ancora non
era stato rivelato in tutta la sua forza. Qualcosa di accennato nel passato, di
annunciato velatamente, ma ora svelato nella sua pienezza: Dio non solo lEterno
e il Signore, ma il Padre.
Che questo sia qualcosa di estremamamente importante lo si vede
dallinsistenza con cui Ges e tutti gli scrittori del Nuovo Testamento usano questo
termine per definire Dio. Dio il Padre. Il termine "Signore" passa in secondo piano
(Mt.11:25). Ges l'unico che poteva rivelare questo (Mt.11:27). Da ora in avanti,
solo Dio pu essere chiamato padre (Mt.23:9). Levangelista Giovanni, molto vicino
al mondo giudaico di Gerusalemme, dice: Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito
Dio, che nel seno del Padre, quello che l'ha fatto conoscere (Gv.1:18; 6:46).
Ges ha mostrato chi il Padre (Gv.14:6-11). Egli dice nella preghiera
sacerdotale: io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo far conoscere, affinch
l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro (Gv.17:26), e poco prima
aveva detto ai suoi discepoli: l'ora viene che non vi parler pi in similitudini, ma
apertamente vi far conoscere il Padre (16:25). Il riferimento evidentemente alla
croce, il luogo dove questa rivelazione di Dio Padre, raggiunge il suo culmine, quale Padre damore. Nella croce il nome del Padre sarebbe stato glorificato
(Gv.12:28). Ecco perch lex fariseo Paolo, pu dire, che per lui non esistono i cosiddetti dei pagani, ma per noi c un solo Dio, il Padre (1Cor.8:6). Un monoteista
ebreo qui avrebbe detto soprattutto Il Signore, invece Paolo lo chiama: il Padre.
Altri testi fanno pensare che questo non qualcosa di contingente e temporaneo,
ma questo il vero volto di Dio sin dalleternit (Mt.13:43;26:29;Gv.8:38;Rm.8:15;
Gal.4:6; Ef.1:17;4:6;Gc.1:17; 1Pt.1:2,17; 1Gv.1:2).
Tutto questo Ges, non solo ce l'ha rivelato (Mt.11:27), ma ce l'ha anche
mostrato (Gv.10:32;14:9). Presentandosi come figlio, vivendo come figlio,
pregando come figlio e morendo sulla croce, come figlio ubbidiente fino alla fine,
egli ci ha mostrato il volto e il carattere del Padre. Egli ci ha mostrato tutto il suo
amore, la sua bont e la sua tenerezza. Egli ci ha mostrato quello che possiamo
chiedere e quello che dobbiamo attenderci dalle nostre preghiere. Egli ci ha
mostrato come dobbiamo essere in quanto figli di questo Padre (Mt.5:45).
Veramente Ges ha insegnato, sia ai pagani che ai giudei, chi pregare. Per
Ges era questo il punto da cui veniva tutto il resto. Capire questo fondamentale
per capire come pregare e per imparare a pregare. Se non ci soffermiamo sul chi
pregare, diventa persino richioso parlare del come pregare. Il come cos
intrecciato col chi, che il "Dio" che preghiamo si rifletter sul modello di preghiera
che adottiamo. Questa la "porta stretta" della preghiera, la sua "cruna dell'ago", il
suo tallone di Achille. qui che passa il confine che divide la preghiera cristiana da
13
1

quella pagana-politeista e religiosa-monoteista. qui che si infranta la logica


della paura dei pagani, ma anche la logica del merito dei religiosi giudei. Ecco
perch fondamentale scoprire il volto di Dio, che Ges ha voluto rivelare.
Il volto famigliare di Dio

Cosa vuol dire che Ges Cristo ci ha fatto conoscere il Padre? Cosa
dovrebbe richiamare alla mente questa espressione? In che modo potrebbe influire
sul nostro atteggiamento, quando preghiamo? Queste domande necessitano una
risposta, tanto pi se si considera che anche gli ebrei chiamavano Dio Padre e
addirittura i pagani.
Evocando un modo pagano di fare, Geremia dice del suo popolo: dicono al
legno: 'Tu sei mio padre', e alla pietra: 'Tu ci hai dato la vita!' (Ger.2:27). Sappiamo
che il dio El degli ugariti chiamato padre dellumanit; la divinit lunare
babilonica Sin padre generatore degli dei e degli uomini e in Grecia Zeus (a
cominciare da Omero) padre degli uomini e degli dei9. Inoltre, Platone, nella sua
impostazione cosmologica dellidea di padre, pone laccento sul rapporto creante
di Dio, il padre universale nei confronti di tutto il cosmo. Secondo linsegnamento
stoico, Dio governa, in qualit di padre, tutto luniverso; egli creatore e padre
conservatore degli uominiAnche la gnosi qualifica il sommo Dio come padre o
primo padre10.
NellAntico Testamento, il nome padre viene attribuito a Dio una quindicina di volte. In Deuteronomio si pu leggere: questa la ricompensa che date al Signore, o
popolo insensato e privo di saggezza? Non lui il padre che ti ha acquistato? Non
lui che ti ha fatto e stabilito? (Dt.32:6). In Isaia ancora si legge: Tuttavia, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle tue mani. (Is.64:7). E in Geremia: Vengono piangenti e imploranti; li guido, li conduco ai torrenti, per una via diritta dove non inciamperanno; perch sono
diventato un padre per Israele, ed Efraim il mio primogenito. (Ger.31:9). Ecco
perch al tempo di Ges, i suoi connazionali poterono dire: Noi non siamo nati da
fornicazione; abbiamo un solo Padre: Dio (Gv.8:41).
evidente che chiamare Dio padre non un esclusiva di Ges e dei suoi
discepoli. Gli studiosi hanno per rilevato delle differenze sostanziali. Anzitutto, per
i pagani, la paternit di Dio aveva soprattutto un senso biologico oppure
mitologico11, mentre per gli ebrei aveva un senso soteriologico12. Per Israele, la
filiazione divina non una qualit naturale; ha il suo fondamento nellelezione
divina e nella redenzione13. Tuttavia, non questo il modo principale in cui Dio si
rivelato ad Israele, ecco perch nellAntico Testamento molto raro chiamare Dio
Padre. Delle 15 volte in cui ricorre, solo 13 volte ha il senso di un attributo di Dio e
solo 2 volte compare come titolo nella preghiera. Inoltre, non si dice mai che Dio
sia padre del singolo israelita.
Con Ges ed il Nuovo Testamento, le cose cambiano radicalmente. Anzitutto
perch questo diventa lattributo principale di Dio e poi perch questo il titolo
9

AAVV, Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento (EDB, Bologna 1976), pg. 1136
Ibid
11
op.cit., pg.1137
12
Ibid
13
Ibid
10

14
1

principale col quale ci si rivolge a Dio in preghiera. Per 254 volte Dio viene
chiamato Padre nel Nuovo Testamento. Ma questo non ancora tutto. stato
dimostrato che Ges ha usato il termine pi confidenziale, pi intimo e pi
famigliare che la lingua aramaica aveva per dire padre. Un termine di tutti i giorni,
affettuoso, infantile, senza quella solennit con cui i religiosi usavano rivolgersi a
Dio. Un termine che pi propriamente andrebbe tradotto con pap o caro pap.
Questo il termine che il bambino svezzato imparava a dire per primo insieme a
mamma. Questo termine abba.
Indubbiamente, la scoperta del significato di questo termine una pietra
miliare nella nostra comprensione di Dio. Esso ha attirato l'attenzione su un punto
molto importante. Tuttavia, anche oltre il significato di questo termine, si pu
rinvenire in questo brano e pi in generale, nel modo di Ges di parlare al Padre e
del Padre, il volto famigliare di Dio. Quando Ges parla della tua cameretta, parla
anzitutto del Padre che nel segreto (Mt.6:6). Egli l, presente nelle mura
domestiche, che vede e da la ricompensa. Quando poi Ges afferma che il
Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate (Mt.6:8),
una chiara allusione ad un padre, che abbastanza presente nelle mura
domestiche, per vedere i suoi figli crescere giorno per giorno.
Ges parla di un padre che abituato a prendersi cura dei propri figli, nutrirli
ed educarli quotidianamente. Questo padre sa quali sono i bisogni dei figli, perch li
vede del continuo. Le richieste dei figli, non aggiungono niente a questa
consapevolezza. In quanto loro pap egli gi informato dei loro bisogni. Questo
non toglie niente al valore delle loro richieste, anzi le riporta a quello che sono:
richieste spontanee e fiduciose che i figli, fanno, perch sanno di poterle fare, al
loro pap. Queste richieste non sono mai inutili.
Un fanciullo sa che il suo rapporto con le cose e le altre persone mediato
da quello che pensa e decide il suo pap. Egli sa che non deve prendere nessuna
iniziativa, se non lo vuole il suo pap. Sa di non possedere niente di suo, perch
tutto del suo pap, ma proprio per questo, sa che tutto suo, ed ha almeno il
diritto e la confidenza di poterlo chiedere. La sua sicurezza non data dalle cose e
dalla loro abbondanza, ma dalla presenza del padre, che ogni giorno gli da le cose
di cui ha bisogno. questo legame filiale, confidenziale, famigliare, che fonda ogni
modo di rivolgersi al pap, anche quando chiede cose infantili. Questa possibilit
di poter accedere al padre del continuo. Il poterlo guardare con questi occhi. Il
sapere che si del continuo sotto lo sguardo di questo pap. Tutto questo il
punto focale che Ges vuol insegnare ai suoi discepoli per imparare a pregare.
Le parole il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, anche prima che
gliele chiediate (v.8) ci devono ricordare che la preghiera non serve a rendere
edotto Dio sui nostri bisogni e convincerlo ad esaudirci, ma evidentemente quello di
lasciarci educare da Lui, su quali siano veramente i nostri bisogni. Probabilmente,
non tanto un riferimento alla prescienza di Dio (cosa che i Giudei gi sapevano),
quanto alla sua conoscenza di Padre, il quale conosce i bisogni dei suoi figli, ancor
prima che essi li sappiano, e quindi li chiedano. Probabilmente, Ges contrappone
le parole il Padre vostro sa proprio allincertezza dei pagani, sull'identit dei loro
dei. Per questo, egli ci presenta il carattere personale e amorevole di un Padre che
sa i nostri bisogni, e che non ha bisogno della formula giusta per essere
15
1

sensibilizzato o manipolato a nostro piacimento. Anche la mano vuota della


preghiera inesaudita, in realt una mano ricolma della presenza di un Padre che
sa, che ci vuol bene e che dispensa i suoi beni quando e come vuole.
Nel brano sulle preoccupazioni, questa frase (v.32) sicuramente pi che un
ribadire la prescienza di Dio. Essa , nel suo contesto immediato, anzitutto un
modo per rassicurare gli animi dei discepoli, perch legata all'ingiunzione non
siate dunque in ansia (v.31). Essa nel brano anche unaffermazione della
perfetta conoscenza del Padre dei bisogni dei suoi figli, tanto che sa nutrire gli
uccelli del cielo (v.26) e vestire i gigli della campagna (v.28-29), cosa che neppure
Salomone riuscito a far cos bene con se stesso. C da chiedersi se il v.29 non
sia un implicito riferimento alla maggior saggezza di Dio rispetto a quella
proverbiale di Salomone e quindi anche (e tanto pi) rispetto a noi. Altrove, Ges
afferma questa perfetta (e maggior) conoscenza che Dio ha di noi, associando le
parole sul nostro maggior valore rispetto a molti passeri con le parole perfino i
capelli del vostro capo sono tutti contati (Lc.12:7).
Ma la frase il Padre vostro celeste sa (v.32), nel brano soprattutto un
riferimento alla provvidenza di Dio verso i suoi figli: Ora se Dio veste in questa
maniera l'erba dei campi che oggi , e domani gettata nel forno, non far molto di
pi per voi, o gente di poca fede? (v.30). Dio sa come prendersi cura di noi e lo far
certamente, anche meglio di noi, se abbandoniamo ogni pretesa manipolatoria e ci
affidiamo a Lui come un bambino fa col suo pap. in questo clima di dipendenza
che nasce la preghiera cristiana, dove la fede misura soprattutto il nostro grado di
abbandono nelle braccia del Padre.
Il Padre nostro

Sulla scorta delle riflessioni fatte sin qui, si pu avere una percezione della
preghiera cristiana e del Padre nostro pi vicina al pensiero di Ges. Ora possiamo meglio capire quale sia il suo confine e quale sia il suo centro. Il confine che
la preghiera non deve essere manipolatoria, cio dominata dalla logica del merito e
dalla tirannia della paura, ne volta a mercanteggiare con Dio o ad estorcere il suo
esaudimento. Il cuore della preghiera la fiducia con cui possiamo rivolgerci ad un
Pap che ci vede, ci ascolta, ci conosce perfettamente e provvede ai nostri veri bisogni. con questi occhi che dobbiamo leggere il Padre nostro.
Padre nostro che sei nei cieli.
Queste parole di apertura mostrano che la preghiera cristiana anzitutto
invocazione. Invocare deriva dal latino vocare, che significa chiamare. In
secondo luogo, significa anche chiedere, implorare, appellarsi. Invocare pu anche
voler dire chiamare qualcuno per chiedere aiuto. Ma, prima di tutto significa dare
valore alla persona che si invoca, alla sua autorit e potenza, e, in virt di questo,
chiedere che si muova in nostro soccorso. La preghiera cristiana proprio questo:
invocare Dio e la sua azione. Non si tratta di presentargli il conto dei nostri meriti.
Non si tratta di strappargli il suo esaudimento. Si tratta di entrare in un rapporto
personale col Padre, quindi in un rapporto filiale, in virt del quale chiedere il Suo
favore ed il Suo aiuto.
Ogni preghiera che prescinde da questo rapporto personale e filiale una
manipolazione. Ogni preghiera che mette lesaudimento al di sopra della semplice

16
1

richiesta, aspettante e fiduciosa, pensando di aver trovato la via per avere tutto e
subito, una manipolazione. Dio la sente, ma non la ascolta. Egli un Dio che si
rivela quale Pap amorevole e provvidente, ma che si nasconde ad ogni nostro
tentativo di manipolarlo. La preghiera cristiana dev'essere indirizzata a Lui quale
destinatario principale e referente diretto. Il nostro deve avere una valenza di
possesso, da significare mio, personale, ma non talmente personale da sfociare
in un rapporto esclusivista ed isolazionista. Padre nostro non significa che ne ho
lesclusiva. Il mio merito non mi da nessuna priorit. Egli anche Padre del mio
fratello pi peccatore e di quello meno meritevole.
Sia santificato il tuo nome.
Questa 1 richiesta da valore anzitutto al nome di Dio. Nel nome inclusa la natura
di Dio e la Sua gloria. La preghiera deve mirare anzitutto a dare gloria al Suo nome.
Questo nome deve apparire sempre pi santo ai nostri occhi. Non c' cosa in Dio
per la quale lo possiamo accusare ed incolpare. Egli un Dio santo, giusto e
buono. Egli giusto in tutto quello che fa. Egli libero di agire come vuole. Non
possiamo addebitargli niente. La nostra logica deve piegarsi alla Sua.
Venga il tuo regno.
Questa 2 richiesta da valore al regno di Dio, al suo programma e ai suoi piani.
Questi devono avere la priorit su tutto. Dio vuole servirsi di noi per realizzarli. Egli
pu anche fare a meno di noi, ma vuole servirsi di noi. Per poterlo fare ha bisogno
di tutta la nostra consacrazione e disponibilit. Egli vuole la nostra collaborazione. Il
Suo regno va cercato con tutto il nostro cuore (v.32). Il Suo regno va anteposto
persino ai nostri bisogni pi essenziali (v.10-11 cfr. v.32). Se noi diamo priorit al
Suo regno, egli ci nutrir e ci vestir in modo degno di un re (v.29). Egli vuole che ci
fidiamo di Lui.
Sia fatta la tua volont anche in terra com fatta in cielo.
Questa 3 richiesta stabilisce che il criterio che fonda la volont di Dio non la
logica terrestre, ma quella celeste. Non ci devono essere capovolgimenti: la
volont di Dio devessere fatta in terra com fatta in cielo e non viceversa. Dio
non si lascia comprare ne manipolare. Questa volont libera, sovrana e giusta.
Non possiamo replicare niente, ma solo sottometterci ad essa. Anche quando ci
pare incomprensibile, dobbiamo ricordare che il Padre nostro sa e noi non
abbiamo nulla da insegnargli.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Questa 4 richiesta ci ricorda che non si deve chiedere il pane di domani, il pane
della paura, il pane dellavidit. Si deve chiedere ci che necessario, ci che
sufficiente. Dio vuole restare la fonte principale della nostra sicurezza. Vuole
essere anteposto anche ai nostri bisogni pi essenziali, rassicurandoci che egli li
conosce, anche meglio di noi e vi provvede. Egli non vuol farsi rubare la scena
dalle nostre preoccupazioni ed affanni. Dio ci vuole focalizzati sull'oggi e sul
quotidiano e vuole che in quest'oggi ci sia solo Lui, promettendoci di darci in
cambio le cose di cui abbiamo bisogno.
Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori.
Questa 5 richiesta ci rammenta che la logica del merito devessere lasciata
completamente fuori dalla preghiera. Anche noi abbiamo dei debiti con Dio, per cui,
dobbiamo applicare agli altri la logica del perdono che Egli applica a noi. E che tutto
17
1

questo sia un punto essenziale del Padre nostro lo conferma il commento finale
che Ges fa (v.14-15), dove ribadisce che anche noi abbiamo delle colpe da farci
perdonare e la necessit di perdonare le colpe altrui per avere perdonate le nostre.
Per questo motivo, il perdono richiesto devessere anche un perdono che
impariamo a dare.
Non ci esporre alla tentazione ma liberaci dal maligno.
Questa 6 richiesta forse quella pi umana di tutte. Essa ci rammenta che
nessuna falsa sicurezza deve caratterizzare la preghiera, ma la coscienza della
propria fragilit che ci spinge ad invocare laiuto di Colui che ci pu soccorrere.
Anche noi possiamo cadere come tutti gli altri nella tentazione e restare intrappolati
nelle trame del maligno. Solo per la grazia di Dio possiamo stare in piedi.
Perch a te appartengono il regno, la potenza e la gloria in eterno, amen.
Queste parole di chiusura, ci mostrano che la preghiera si apre e si chiude con lo
sguardo rivolto alla persona di Dio ed alla Sua azione. A Lui appartiene il regno
eterno che avr l'ultima parola su tutto. A Lui appartiene la potenza che cambia le
cose. A Lui solo va la gloria per tutto quello che Egli compie. Dio saldamente
seduto sul Suo trono. Nessuno lo pu manipolare o raggirare. Avviene solo ci che
Lui decide. La preghiera non un modo per umanizzare Dio e divinizzare l'uomo.
La preghiera il luogo ed il momento in cui l'uomo incontra Dio, e questo incontro
deve avvenire nella pi totale riverenza e remissione dell'uomo nei confronti di Dio.
A Dio appartengono il regno, la potenza e la gloria in eterno. A noi appartiene solo
la preghiera e l'amen finale, ma sufficiente, per la sola grazia di Dio, per
partecipare anche noi, a tale regno, tale potenza e tale gloria.
Come pregare

Si pu pregare nel tempio, nella strada, nella cameretta. Si pu pregare


per noi, per gli altri o per Dio. Si possono chiedere cose materiali o spirituali. Si pu
fare richiesta o adorazione. Si pu fare tutto questo e cadere nell'illusione di parlare
con Dio, quando in realt si parla con se stessi.
Questo un aspetto che accomuna la preghiera del pagano e quella del
fariseo. Il pagano che prega il suo idolo parla con se stesso, parla alle proprie
paure. Ma anche il fariseo che prega nel tempio (Lc.18:9-14) e che fa la lista dei
suoi meriti, in realt, parla con se stesso. Parla ai propri meriti. Era il suo "essere
persuaso di essere giusto" (v.9) che parlava, la sua illusione. Egli considerava la
preghiera stessa, al pari del digiuno e del fare elemosina, una voce della sua lista
"del merito". Le sue opere, il suo altruismo, la sua devozione, tutto faceva parte di
questa lista.
Anche La preghiera privata pu essere falsata e ridursi ad un parlare con
se stessi. La tua cameretta non quella che intendiamo oggi: la cameretta
personale e individuale. Questo era un lusso che la casa palestinese media
probabilmente non poteva permettersi. Ci di cui parlava Ges era la stanza delle
provviste, lunica stanza della casa dotata di serratura, quello che oggi chiamiamo
ripostiglio. Era una camera preclusa agli estranei, ma non ai familiari. Non era la
cameretta dellisolamento e dellindividualismo. Era la stanza pi blindata e pi
nascosta della casa. Questo ci fa capire che la preghiera di cui parla Ges, non
tanto isolamento ed individualismo, ma nascondimento alla presenza di Dio (cfr.

18
1

Sl.17:8).
Pure la preghiera altruista o la preghiera di lode possono essere falsate e
riflettere, pi o meno inconsciamente, la logica del merito. Lo stesso vale per la
preghiera spirituale. Anch'essa pu rientrare nella stessa logica, oltre che scadere
in una preghiera di tipo spiritualista, dominata da un senso dualista e gnostico delle
cose. Tutto questo falsa il nostro rapporto con Dio e squalifica la nostra preghiera.
Questo tipo di preghiere, non solo non superano il tetto, ma non superano
lambito del s. Esse finiscono per essere un parlare a se stessi. Un monologo e
non un dialogo con Dio.
Ges ha mostrato chiaramente che, anche un ebreo, pi o meno ortodosso,
pu avere la sua divinit, come qualsiasi altro pagano: basta servire Mammona
(parola aramaica per ricchezza) anzich Dio (Mt.6:24). nel cuore che passa la
linea che divide la preghiera pagana o religiosa da quella cristiana. Il volto
famigliare di Dio, di un pap che vede e che sa, sfuggiva non solo ai pagani, ma
anche ai religiosi ebrei. Bisogna ricordarsi che il nostro rapporto con Lui non
mediato dal nostro merito, ma dalla bont paterna di Dio, ed in virt di questa
bont, che non c' bisogno di manipolarlo con la forza delle nostre parole. Il Suo
amore prevedente, previdente e provvidente ci avvolge e possiamo guardare le
cose e le persone senza averne paura.
Il nostro modo di rivolgerci a Lui devessere sincero come quando si soli,
umile come quello del povero in spirito (Mt.5:3), del pubblicano e del figlio
prodigo, fiducioso come quello di un fanciullo. Ci che devessere bandita
larroganza del fariseo, dei "lavoratori della 1 ora" e del "fratello maggiore", e il
delirio di onnipotenza del pagano. La preghiera non deve diventare una pretesa del
tipo: Dammi perch mi dovuto, perch me lo merito, perch sono migliore degli
altri, perch ho la formulazione giusta.
Dalla manipolazione allinvocazione

Ancora oggi il confine tra preghiera cristiana e preghiera religiosa o pagana


segnato dal confine tra invocazione e manipolazione. Linvocazione chiama Dio
Padre e confida nella Sua Volont: essa soprattutto richiesta e abbandono. La
manipolazione invece, tratta Dio come un idolo, in modo impersonale e strumentale
ai propri bisogni ed ansie: essa ricerca soprattutto lesaudimento. Nel primo caso,
lazione determinante quella divina, che lorante invoca ed alla quale adegua la
sua azione. Nel secondo caso, lazione determinante quella umana, alla quale
lorante da il valore eccessivo, quasi magico di poter plasmare lazione divina.
Questo per Ges lepicentro della preghiera, il suo passaggio obbligato, larco di
trionfo dove ogni preghiera entra da vincitrice o da sconfitta.
Molti libri si scrivono sulla preghiera, dove si dicono anche cose interessanti. Ma
forse andrebbero riletti alla luce delle considerazioni di Ges sulla preghiera modello. La critica radicale di Ges contro ogni preghiera manipolatoria, il cui epicentro
non pi la richiesta semplice, umile e dipendente da Dio, ma la ricerca spasmodica dellesaudimento, la richiesta sufficiente a se stessa, la risposta e non pi la sola
domanda, andrebbe presa pi sul serio. Forse ci si renderebbe meglio conto che si
paurosamente vicini al confine che Ges ha assegnato alla preghiera cristiana o

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1

forse lo si gi superato. Forse bisognerebbe gi rivedere molti titoli14 intorno


alla preghiera. Forse di alcuni libri si dovrebbe salvare solo il titolo.
La preghiera di Iabez15 un discreto titolo per un pessimo libro, oserei dire
tanto discreto, quanto pessimo il suo contenuto. Infatti, prima di leggerlo, i pi non
sanno che Iabez un uomo di Giuda, a cui il libro delle Cronache dedica appena
due versetti (1Cron.4:9-10), per dire chi era e di come Dio abbia esaudito la sua
seguente richiesta: Benedicimi, ti prego; allarga i miei confini; sia la tua mano con
me e preservami dal male in modo che io non debba soffrire!. Dopo averlo letto,
sapranno invece che la preghiera di Jabez la chiave per una vita basata sulla
straordinaria ricchezza di Dio (pg.7), Dio liberer la sua potenza miracolosa nella
tua vita ora e per tutta l'eternit e riverser su di te ogni onore e delizia (pg.92),
basta seguire con perseveranza il programma qui delineato per i prossimi trenta
giorni, che Leggi la preghiera di Iabez ogni mattina Rileggi questo libretto ogni
settimana per il prossimo mese (pg.86). vero che questo libro ha avuto un
successo strepitoso, visto che ne sono state vendute, finora, ben nove milioni di
copie, ma mi chiedo, se Ges dovesse rispiegarci oggi il Padre nostro, che posto
darebbe a questo libro e a tutte quelle persone che, con esso, pensano di aver
imparato a pregare?
Forse dovremmo imparare a rivedere alcune espressioni, tipo larma della preghiera16, osare in preghiera, fede vittoriosa ecc. vero che spesso, il nostro linguaggio ha un valore fenomenologico e diciamo una cosa per intenderne unaltra.
Anche la Bibbia fa dichiarazioni tipo, la preghiera della fede salver il malato e la
preghiera del giusto ha una grande efficacia (Gc. 5:15-16), senza per questo dare
un valore magico alla preghiera, o farne un motivo di vanto umano. Ma quanti sanno oggi fare questa distinzione? Quanti, sentendosi ripetere la potenza della preghiera, senza precisazioni ulteriori, capiscono che la potenza in Dio e che loro
non devono esaltarsi in nessun modo? Quanti capiscono che la preghiera un momento estremamente umano, dove ci presentiamo a Dio con tutta la nostra debolezza e miseria di poveri in spirito (Mt.5:3), per sperimentare cos, e soltanto cos,
la grazia e la potenza di Dio? Quanti sanno che la vittoria non nel nostro atteggiamento di fede, ma nella risurrezione di Ges Cristo? Quanti sanno distinguere la
destra dalla sinistra?
Purtroppo, atteggiamenti e formule manipolatorie vengono spacciate per vera
fede. interessante che nelle istruzioni sulla preghiera modello del Padre nostro,
non si parli per niente della fede, tantomeno della fede efficace, ne della preghiera efficace. In Mt.7:7-11, si dice: Chiedete e vi sar dato; cercate e troverete; bussate e vi sar aperto, ma lenfasi non sul bussare o sul trovare, ma sul Padre
14

Senza voler fare una censura tout court, di certi libri e dei loro autori, forse per, sarebbe meglio che titoli quali La
potenza della preghiera, Quando i coreani pregano, Che cosa succede quando le donne pregano, Se il mio popolo
prega, Cambiare il mondo con la preghiera, ecc. dedicassero un abbondante e sostanzioso primo capitolo a tracciare
la differenza tra preghiera cristiana e preghiera manipolatoria, perch, ogni ulteriore cosa si possa dire sulla preghiera,
per quanto buona ed utile, si infrange su questo punto fondamentale.
15
B. H. Wilkinson, La preghiera di Iabez (EUN, Marchirolo 2002)
16
Dove sta scritto che la preghiera unarma? La Scrittura parla di combattere nelle preghiere (Rm.15:30; Col.4:12),
ma quando parla di armatura del credente proprio alla preghiera non associa nessun tipo di arma (Ef.6:17-18) e
quando parla di armi della nostra guerra sembra pi opportuno vedervi un riferimento alla Parola di Dio che alla
preghiera (2Cor.10:4-5).

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2

vostro, che nei cieli, che da cose buone a quelli che gliele domandano (v.11).
Lenfasi principale sulla bont di Dio. Pi avanti Ges parler della fede che pu
spostare le montagne (Mt.17:20), ma qui nessun accenno. Che sia proprio per togliere ogni valore manipolatorio alla fede? Di sicuro, col Padre nostro Ges ha voluto sancire la priorit del rapporto personale con Dio, rispetto ai suoi risultati per
noi (esaudimento dei nostri bisogni). Una volta stabilito questo punto, diventa meno
problematico parlare di fede che sposta le montagne. Del resto, sulla scia di
Mt.6:8,30,32, si pu dire che il modello di preghiera insegnato da Ges nasce da
un atto di profonda fiducia, in un Dio che si prende cura di noi e dei nostri bisogni,
fiducia che anzitutto in Dio e poi nelle sue benedizioni.
Altre volte si pu notare un rapporto distorto con le promesse di Dio. Dio viene
quasi inchiodato alle sue responsabilit. Ci comportiamo come dei creditori, che
vogliono avere subito il loro credito e non danno pi dilazioni di tempo. Fissiamo a
Dio un esaudimento in trenta giorni. Tuttavia, il rapporto fede-promesse, nella
Bibbia mediato dal tempo. La fede biblica ha una connotazione fortemente
temporale. Lesaudimento non fine a se stesso, ma la tappa di un disegno pi
grande, che Dio sta dispiegando nel tempo. Ecco perch lesaudimento,
ladempimento delle promesse e la fede rispondono ai tempi di questo disegno e
non ai nostri tempi. E il modo in cui la Scrittura ci parla delladempimento di
promesse chiare ed inequivocabili, come la promessa ad Abramo di un figlio
(Rm.4:18-21;Ebr.11:8-12) e la promessa ai discepoli di Ges del ritorno del Signore
(2Pt.3:8-9), ci mostra che il tempo delladempimento e dellesaudimento
interamente nelle mani del Signore.
La logica del tutto e subito spacciata per fede trionfante, non lo scalfisce, non
muta il suo disegno, non accorcia i suoi tempi. Osare in preghiera, non pu mai
avere il senso di pretendere in modo sfrontato, ma solo quello di chiedere senza
paura, senza timore, in modo fiducioso (Mt.7:7-11). La fede trionfante, la si vede
nel tempo. Lo scopo che Dio persegue pi grande del nostro e ci riguarda pi da
vicino, dello scopo immediato che noi perseguiamo. Il Padre vostro sa le cose di
cui avete bisogno, prima che gliele chiediate, pu significare anche questo: Dio non
si dimenticato delle cose che avete bisogno, anche se vi fa aspettare per averle; il
vostro gran da fare per estorcergliele non serve a niente.
Forse dovremmo prendere coscienza che le concezioni e le abitudini della vita
vecchia, possono benissimo implementarsi nella nostra nuova vita in Cristo,
dandoci persino unaureola di spiritualit, pur restando ancora abituati allidolo
come i cristiani deboli di Corinto (1Cor.8:7). Imparare a pregare significa imparare a
liberarci da ogni nostra idolatria. Fino alla fine dobbiamo imparare a pregare,
perch non sappiamo pregare come si conviene (Rm.8:26). Fino alla fine dobbiamo
fare lesperienza che la preghiera non assolutamente il luogo della nostra forza,
ma della nostra debolezza che incontra la potenza di Dio. Fino alla fine dobbiamo
riposizionarci allinterno di una preghiera che non manipolatoria, ma cristiana.
Siniscola, 01/10/2007

Tonino Mele

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