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Morgan Pitty

...e il Caso degli Affari di Cuore

< Stronzate!!! > mi risponde Beck, facendosi passare da un lato all’atro


della bocca quel suo cazzo di sigaro masticato da cinquanta dollari < Pure
stronzate!!! >
Siamo nella sua cazzo di bettola fumosa e marcescente e lui è dietro il
bancone, in piedi sul suo solito trespolo così da poter guardare i clienti dritto
negli occhi… Già, perché il mio fornitore ufficiale di sbornie colossali è un nano
di sessant’anni alto, o basso, poco più di un metro e venti…
< Puoi crederci oppure no, vecchio finocchio… > insisto io, posando sul
bancone la bottiglia di whiskey prossima a esser svuotata, gentilmente pagata
dal sottoscritto < …ma tra non più di quindici… quattordici anni, direi…
andremo sulla Luna! E con un razzo su per il culo!!! Arriveremo dritti dritti su
quel cesso di sasso che ci ronza intorno… >
< E a far che? Me lo spieghi, Morgan ? >
Cazzo… bella domanda… ma il settimanale che ho trovato nel cassetto
del cruscotto della mia Cobra non diceva il perché, solo che l’Apollo 11 era
pronto a partire…e il giornale era datato 9 luglio 1969… una settimana prima
del lancio… tra quattordici anni a partire da ora…
Ma Beck sta abboccando e non posso di certo farmi scappare
l’occasione… No, cazzo! Voglio quella fottuta bottiglia di whiskey che tiene
incorniciata e appesa al muro dietro al bancone, unico cimelio sopravvissuto al
fottuto proibizionismo…
La voglio, cazzo se la voglio!!! La voglio da trent’anni!!!
Allora, il bastardo di Beck non me la vendeva perché non avevo un
soldo…
Adesso, il bastardo non me la vende perché è un ricordo dei bei tempi
del proibizionismo americano, di quando faceva soldi a palate sulla pelle di
poveracci come me… Un fottuto ricordo di quanto io la volessi e a lui non
passasse nemmeno lontano dal cervello di farmene fare un sorso gratis… per
principio, si giustificava: niente soldi, niente whiskey…
Beh… voglio quella fottuta bottiglia di contrabbando senza nome e senza
gloria… e me la voglio scolare proprio qui, davanti a lui, in piedi sul bancone e
coi pantaloni abbassati!!!
E perché la voglio? Ma per principio, cazzo!!!
< Cosa ti frega del perché?! > temporeggio, facendo tintinnare
“distrattamente” le chiavi della Cobra…
L’esca è stata lanciata…
La faccia rugosa di Beck si contorce in una smorfia, tirando una boccata
da quel suo merdoso sigaro…
Il pesce gira intorno all’amo…
E il nano si prepara a parlare…
< Scommettiamo? >
…abboccando tutto d’un fiato…
< Quello che vuoi… > rispondo con aria distaccata e sicura della
vittoria… un atteggiamento che non può non farlo incazzare… e accettare ogni
mia proposta…
< Voglio la tua macchina. > mi dice, appoggiandosi con entrambe le
mani al bancone sporco e appiccicoso, così da arrivare a poco più di una
spanna dal mio bel faccione…
< Luglio. 1969. In questa bettola del cazzo. > faccio l’accordo e allungo
verso di lui l’indice della mano destra < La mia Cobra, la mia bellissima
Cobra… > e faccio tintinnare ancora le chiavi < …per la tua vecchia e
ammuffita bottiglia di whiskey… e sai quale intendo! >
Beck sorride… ha finalmente capito il perché di tutta la storia che da
un’ora abbondante ho tirato in piedi…
Sorride… ma mi afferra con decisione il dito con la sua manina da nano,
sigillando la scommessa…
< Luglio del ’69… ne manca ancora di tempo… > e tira una boccata dal
sigaro < …ma io ho una memoria di ferro. Ti verrò a cercare, caro Morgan… >
Gli chiudo le altre quattro dita della mia mano intorno alla sua,
stringendogliela apposta con forza…
< Io, invece, caro vecchio finocchio… > gli rispondo indicando con un
cenno del capo la bottiglia incorniciata < …ho una memoria d’acciaio! >
E, giusto per celebrare la vittoria, mi scolo tutta d’un fiato ciò che rimane
della porcheria che stavo bevendo…
Perché Beck non lo sa… ma l’ho fregato alla grande!!!
Anche nel caso che quel cazzo di Apollo 11 dovesse bruciarsi le ali come
Icaro, nel suo viaggio verso le stelle, nell’estate del ’69 una Cobra del ’67 come
la mia non sarà più un’esemplare unico com’è adesso… al contrario di quella
sua fottuta bottiglia…
Certo… dovrò aspettare un bel po’… ma ho già aspettato trent’anni,
quattordici in più non faranno differenza…
< Ehi, B-beck… > biascica un tizio seduto al mio fianco, ubriaco peggio
di me < Ma perché questo b-bisonte qui c-continua a c-chiamarti Vecchio
Finocchio? >
Evidentemente il fallito alla mia destra, dal vestito grigio e gli occhi
arrossati dall’alcool, ha deciso che è questo il momento giusto per levarsi dalle
palle della vita… facendo una domanda simile alla persona sbagliata…
Beck afferra la mia bottiglia vuota per il collo e si sporge verso
l’aspirante cadavere…
< Perché? Ma perché sono vecchio e sono un finocchio, testa di cazzo!!!
>
E…
SCRASH.
…gli spacca la bottiglia in testa…
Che botta…
Già… perché il mio amico Beck è un nano omosessuale sessantenne con
la passione per le scommesse e i sigari da cinquanta dollari… nonché dotato di
un carattere di merda quanto il mio…
< Markus! > si mette a chiamare il mio nano da combattimento
preferito, saltando giù dal trespolo e dirigendosi nel retrobottega < Markus!
Vieni qua e buttami fuori dal locale questo stronzo ficcanaso. Muoviti! >
Ed ecco che Markus arriva, il muto aiutante di Beck, ex marinaio di
colore, alto quasi due metri e largo come un armadio…
Si carica sulle spalle il disgraziato moribondo apparentemente senza
sforzo e, sotto i pochi sguardi distratti degli altri avventori, l’accompagna
all’uscita, destinazione cassonetto dei rifiuti…
Beh…
Beh…
Eli-za-beth…
Ha ha... bella questa...
Era solo da un’ora, da quando ho tirato fuori ‘sta storiella della Luna, che
non pensavo a Elizabeth…
La mia Elizabeth…
Quella puttana di Elizabeth…
D’istinto sfioro con la mano la mia Colt, la mia Amata…
Qui ci vuole qualcosa da bere…
Qualcosa come una cisterna di whiskey…
< Ehi, Spillo! > chiamo a gran voce…
E Spillo arriva…
L’ho addestrato bene: bottiglia di stracciabudella e bicchiere pulito si
materializzano davanti a me senza neanche chiedere…
Spillo, il miglior barista di Beck… nonché l’unico… Un ragazzo di neanche
vent’anni, dai capelli neri appesantiti da un chilo di brillantina… Sta venendo
su bene: piccole estorsioni, risse continue e una schiera di ragazzine pronte a
contendersi questo nuovo capobanda a suon di unghiate e tirate di capelli…
Mi ricorda me stesso da giovane… quasi cent’anni fa…
< Bravo, Spillo… > lo ringrazio, riempiendo il primo bicchiere < Nuova
medaglia quella? > sto chiaramente alludendo al livido nero sullo zigomo…
< Uno stronzino non aveva ben chiara la sua posizione nel mondo… > mi
risponde strizzandomi l’occhio < Gli ho fornito una più che esauriente
spiegazione. >
Dimenticavo: studia legge all’università…
Una brillante “carriera” nella mala organizzata praticamente già scritta…
Buon per lui…
Io, invece, la mia vita la scrivo giorno per giorno, bicchiere di whiskey
dopo bicchiere, pallottola dopo pallottola, cadavere dopo cadavere… e così via,
per sempre… finché qualcuno non mi ammazzerà…
Peccato che nessuno, a parte Elizabeth, la mia Elizabeth, potrà mai
uccidermi…
Già, peccato…
Cazzo…
Mi sta prendendo la sbornia triste…
Fanculo…
< Fanculo!!! > e butto giù un bicchiere < Fanculo!!! Mi senti? >
Ma Elizabeth non può sentirmi…
< Certo che ti sento, Morgan. >
?
Il millesimo di secondo successivo mi sono girato sullo sgabello e sto
puntando la mia Colt in faccia a…
In faccia a…
Oh, cazzo…
< …Penelope… > dico riconoscendo quello stesso viso in cui stavo per
aprire un bel buco nel mezzo…
< Ciao anche te, Morgan. >
Beh… ovviamente la sto fissando a bocca aperta…
< Ti dispiace? > mi chiede, indicando la canna del mio revolver < Di
tutti i modi in cui pensavo mi avresti accolto, questo era proprio l’ultimo… > e
sfodera uno dei suoi tristi, delicati e indecifrabili sorrisi…
< Scusa… scusami… cazzo, scusa… > abbozzo impacciato come un
ragazzino davanti a una donna nuda < Solo che… non eri… non Sei tu quella a
cui stavo per sp… a cui avrei voluto sparare… >
Ed è guardandola meglio che noto i segni sul suo volto e sul suo collo…
Segni, lividi, graffi…
E non c’è bisogno che il buon vecchio, atomico e relativo Albert venga
qui a bussarmi sulla spalla per dirmi: Figliolo, qui qualcosa non va…
Ci sono arrivato anche da solo… grazie lo stesso Albert…
Anche perché era dal 1918, in Europa, che non vedevo Penelope…
Era l’ultimo anno della Prima Guerra, ma io di certo non lo sapevo né
m’interessava, e chissà come finii in un isolotto di pescatori della Grecia e mi
imbattei in Penelope… o meglio, finii direttamente nel suo letto e nella sua vita
passando attraverso il tetto della sua capanna fatta di paglia e merda, gettato
giù da un dirupo da un gruppo di fessi con cui avevo litigato… e tre di loro non
son più qui a ricordarsi quella bella serata…
Il fatto che atterrai alla velocità di un meteorite nel suo letto non sortì
particolari risultati… escludendo lo sfondamento del suddetto letto e di mezza
capanna… e tale motivo lo capii nei giorni successivi…
Già, perché la mia amica Penelope è stata studente e discepola di
Saffo… sì, quella Saffo… e grazie a un patto con non so che diavolo o quale
dea pagana è riuscita a ottenere qualcosa di simile all’immortalità… Tradotto
in soldoni: ‘sta tizia è lesbica da qualcosa come 2000 anni!!! Da perderci il
sonno per sempre a pensare a quante donne deve aver amato su quel letto
che ho distrutto… da consumarsi i palmi delle mani soltanto all’idea delle
“cose” che deve aver fatto…
Ma lasciamo perdere…
Ad ogni modo, non sapendo come, né perché, tra noi nacque una buona
amicizia… Mi fermai sull’isolotto per po’, aspettando che quel gran casino che
è stata la Prima Guerra finisse…
Era il 1918… siamo nel ’55…
< Ne è passato di tempo… > esclamo con poca fantasia…
È bella come allora, giovane come allora… Una figura eterea,
un’apparizione… con la sua carnagione bianca come il latte, i capelli neri
raccolti a lasciar scoperto il collo sottile… e quel suo sorriso indecifrabile…
< Di cosa hai bisogno? > esclamo infischiandomene delle buone
maniere…
Ma l’unica donna di cui mi sono fidato è stata Elizabeth… e guarda che
fine ho fatto…
Penelope non risponde…
Cattivo segno…
Proviamo in un altro modo…
< Chi è stato? Chi ti ha fatto quei segni? >
< Diretto come sempre… > finge di rispondere, tirando fuori, una volta
ancora, quel suo sorriso…
< Beh, non ci vuole uno scienziato per capire che ti è successo qualcosa
di poco carino. > e mi verso da bere, giusto per non perdere l’abitudine…
< Versane uno anche a me, ti dispiace? >
Spillo non aspetta neanche che lo chiami e un secondo bicchiere si
materializza sul bancone…
Da galantuomo quale sono verso alla mia amica un’abbondante dose di
stracciabudella…
In silenzio brindiamo e in silenzio beviamo…
E la nostra dose di fuoco liquido ci invade lo stomaco…
< Da quando hai iniziato a bere? > le chiedo, ponendole l’ennesima
domanda…
< Da quando ho conosciuto Ellena… > mi risponde senza nemmeno
guardarmi < …o meglio, da quando mi ha lasciata. > e si fa un secondo
bicchiere…
Oh cazzo…
Tutto ma non questo…
Tutto ma non una fottuta storia d’amore andata in merda…
Non a me…
< So cosa stai pensando. > e questa volta mi guarda dritto negli occhi <
Ma sei il solo a cui possa rivolgermi. >
Quasi mi dispiace di non averle sparato, poco fa…
< Cazzate… > non riesco a fare a meno di risponderle…
Ma so che ha ragione…
< Non c’è nessuno che possa aiutarmi, ascoltarmi… > inizia < Non c’è
più nessuno. Ho sepolto i miei amici, le persone a cui volevo bene, che amavo,
decine di secoli or sono… Sai cosa vuol dire? Sai cosa significhi non potersi
affezionare a nessuno? Non potersi permettere di avere dei sentimenti per
qualcuno? Perché ogni persona che entra nel tuo cuore presto o tardi ti lascerà,
morirà, e quando non sarà più neanche polvere tu sarai qui a piangerla
ancora…? >
No, non lo so… o meglio, non come Penelope… ma sto purtroppo
iniziando a farmene un’idea…
< Vivi giorno per giorno, assapora ogni istante e non pensare al “poi”, al
domani… > è la balla che mi esce di bocca…
La beve… o forse no, ma mi sorride…
Questa volta è lei a versare da bere per tutti e due…
< Alla vita eterna? > mi propone come brindisi…
Ma preferisco il mio…
< Polvere siamo e polvere ritorneremo. > ed è l’unica cosa in cui credo e
spero…
Brindiamo e beviamo…
< Non mi hai ancora detto chi ti ha ridotto così… >
< Ellena. È stata Ellena. > e figurarsi… < Abbiamo litigato pesantemente.
Mi ha picchiata. E poi mi ha lasciata. >
E qui mi son perso…
< Cosa vuoi che faccia, esattamente? > le chiedo perplesso < Vuoi che
pareggi i conti? > e con una mano sfioro il calcio della Colt…
< No!!! Assolutamente!!! Non voglio che tu le faccia del male. >
E quindi?
< Vai da lei. Parlale. Dille che ho sbagliato, che abbiamo sbagliato
entrambe. Dille di tornare da me. >
Oh cazzo, cazzo, cazzo…
Ma stiamo scherzando?
Io sono Morgan Pitty!!! Uccido per denaro e mento per piacere, derubo la
gente, rapino le banche, mi alcolizzo, sparo agli indifesi e picchio i più deboli…
NON sono uno strafottuto cupido di merda!!!
Quindi, la mia risposta non può altro che essere…
< Va bene, accetto il Caso… >
Lo so, lo so…
Ma sono in debito con lei… è il suo momento di riscuotere… Niente da
dire, niente da aggiungere, niente da fare…
Sono Morgan Pitty… ma sono leale con chi è leale con me… persone leali
come i miei “ragazzi”, la mia banda di fuorilegge, sepolti decenni fa… persone
come Penelope…
…o come Elizabeth… quando era ancora la Mia Elizabeth…
< Quando? > chiedo cambiando il corso dei miei pensieri…
< Ora. Adesso. Subito. > mi risponde con una luce viva negli occhi < Ti
ascolterà e… capirà. >
A quanto pare, la nostra piacevole rimpatriata sembra essere
terminata… per il momento…
Penelope si fa dare da Spillo carta e penna e si appresta a scrivere le
indicazioni per raggiungere la sua bella, tal Ellena…
Che fare nel frattempo?
Mi scolo mezza bottiglia di whiskey d’un fiato, ovvio…
Ne ho bisogno…
Sì… in effetti sono ubriaco…
Ed è così che generalmente mi caccio nei guai…
Amen…
Già che ci sono, scruto minuziosamente le piacevoli forme della mia
amica Penelope, chinata verso il bancone…
Cazzo… quanto ben di Dio sprecato…
Lesbica, ma si può?
E, non contenta, parte del patto che le ha permesso di dimostrare i suoi
trent’anni per sempre la obbliga a diffondere il pensiero e le volontà di Saffo
all’umanità per i secoli a venire… una sorta di propaganda perpetua lesbo-
divin-culturale…
E pensare che sono io quello che si lamenta sempre…
< Ah, davvero? No, non lo s-sapevo. Certo, c-certo che sì. > sento
biascicare al mio fianco…
E di chi si tratta?
Ma del parassita rettale scaraventato fuori da Markus poco fa,
naturalmente…
Non ci credo: sta conversando col fondoschiena di Penelope… e sembra
pure che gli risponda!!!
< Beck! Beeeck! > mi metto a chiamare a gran voce, mentre la mia
amica mi consegna l’indirizzo da cercare in questa fottuta città…
E, quando il nano arriva, faccio rotolare sul bancone verso di lui la
bottiglia whiskey che stavo bevendo… giusto per non lasciarmi scappare
l’occasione…
< Indovina cos’ha appena detto questa sottospecie di babbonauta? > gli
dico, indicando con un cenno del capo il prossimo ospite della fatina
dell’emicrania… < Ha chiesto perché in bocca tieni sempre un sigaro lungo e
duro… >
L’acuto SCRASH della bottiglia di whiskey che va in pezzi sulla zucca
vuota del biascicone non si fa di certo attendere… annunciandomi, come la
sirena del mattino in fabbrica, che è il momento di alzare il culo e darsi da
fare…
Senza nemmeno salutare, mi volto e m’incammino verso l’uscita,
accompagnato, ne sono sicuro, dall’indecifrabile sorriso di Penelope…
Apro il portone d’ingresso, pronto a tuffarmi nella notte e…
…per poco non inciampo in un fottuto gatto nero del cazzo!!!
Questo albergo a cinque stelle ambulante per pulci e zecche mi si è
infilato tra le gambe d’improvviso, neanche mi avesse aspettato qui fuori
apposta…
< MEOW… > è la sua risposta al mio sguardo incazzato mentre si gratta
la schiena sulle mie gambe…
Estraggo la Colt…
E il gatto, quasi gli fosse venuto in mente di essere allergico al piombo,
con tre semplici balzi sale i pochi scalini che portano fuori dallo scantinato di
Beck…
Furbo… furbo come un gatto…
Che battuta del cazzo…
Però, lo ammetto, sono rimasto sorpreso dalla sua reazione…
Istinto di sopravvivenza, lo chiamano…
Io ne avevo a tonnellate…
O almeno lo credevo, perché altrimenti avrei messo la stessa distanza
che separa il cielo dalla terra tra me ed Elizabeth, evitandomi così tutto ciò che
ne è seguito… nonché di innamorarmi di lei…
Sbornia triste, ahia…
Ma con un lieve rutto al sapor di whiskey cambio, una volta ancora, il
corso dei miei pensieri…
Salgo anch’io gli scalini sgangherati, evitando le chiazze di vomito e
sangue sparse un po’ qui e un po’ là, e mi dirigo verso la mia bella, bellissima
Cobra…
La capote è abbassata, come sempre, nonostante in questa fottuta città
l’inverno sembri durare quattrocento giorni l’anno… ma adoro la sensazione,
guidare a “cielo aperto”: è come se cavalcassi ancora, libero e bastardo come
ai vecchi tempi del west…
Insieme alle chiavi della Cobra, estraggo da una tasca del mio
impermeabile il mio tipico berretto di lana nero e lo infilo in testa senza troppi
indugi: ho i capelli rasati, quasi a zero, e il fottuto vento gelido che spira
perennemente in questa città altrettanto fottuta rischia sempre di congelarmi il
cervello da un momento all’altro…
L’auto è aperta, come al solito, per comodità… La gente di questo
quartiere sa a Chi appartiene: nessuno sano di mente, e pochi tra quelli insani,
oserebbe soltanto avvicinarsi… A volte però succede e allora la mia Amata, la
mia Colt, inizia a cantare la sua sinfonia fatta di sei note in rapida successione,
così che tutti, poi, si ricordino e cantino la canzone di Morgan Pitty…
Apro la portiera, mi siedo sul sedile e…
< MEOW… >
Quel gattaccio schifoso di prima ha piazzato il suo culo spelato sul sedile
a fianco al mio… sul sedile in pelle a fianco al mio…
E mi guarda…
Anzi, ci guardiamo…
E mi accorgo che non è un gatto bensì una gatta… non che farà una gran
differenza quando con un calcio in culo finirà sulla Luna, quattordici anni prima
dell’Uomo…
Il tocco di classe è dato da una piccola stella a cinque punte d’oro e
brillanti, legata al collo da un bel nastro di seta nero… La stella è però al
contrario, con una punta verso il basso…
Estraggo la Colt…
E gliela punto davanti al muso…
Ma, questa volta, “Lei” non se la svigna…
K-CLICK.
Col pollice arretro il cane del revolver in modo da caricare il colpo…
< MEOW… > è tutto ciò che ottengo…
In effetti, il mio era un bluff… e nemmeno dei migliori… Perché di certo
non avrei mai sparso cervella di gatto nell’abitacolo della mia auto, sporcando
in giro…
E brava la mia gatta… mi hai sorpreso ancora…
Non contenta, inizia a leccarsi una zampina e a passarsela sul muso,
mostrandomi chiaramente di non aver la minima intenzione di scendere
dall’auto…
La guardo, la studio un attimo ancora…
K-CLICK.
Rimetto il cane della pistola in posizione e rinfodero al mia Amata…
Lascio perdere: come è salita in macchina uscirà…
Giro la chiave e gli otto pistoni del motore iniziano la loro corsa su e giù
per i cilindri, producendo un suono cupo e arrogante, pura promessa di
adrenalina e velocità…
La gatta non si scompone affatto e continua a leccarsi…
Innesto la prima e affondo il piede sull’acceleratore…
Le gomme urlano, slittando sull’asfalto, e dopo alcuni istanti d’incertezza
vengo schiacciato contro il sedile dai 423 cavalli che, in una manciata di
secondi, lanciano la Cobra a velocità inimmaginabili per qualsiasi altra auto del
1955…
E per la gatta è ancora come se niente fosse accaduto…
Rileggo l’indirizzo scrittomi da Penelope: Ellena abita in una zona
periferica della città, scarsamente abitata, quasi in campagna… non dovrebbe
essere difficile da trovare…
Le vie di questa fottuta città sfilano veloci ai lati della mia Cobra, un
fulmine blu con due strisce bianche… Le poche auto che incontro, dalle forme
ingombranti e tondeggianti tipiche di questi anni, vengono superate come se
fossero ferme, divenendo presto un piccolo punto luminoso al centro dei miei
specchietti retrovisori… Le persone agli angoli delle strade, dai visi tutt’altro
che amichevoli, si voltano sorpresi al suono del mio motore: è l’unica
distrazione concessa agli “affari” che stanno per concludere o ai crimini che
progettano di compiere…
È l’ora delle streghe: i puri di cuore e i candidi di spirito sono rintanati
nelle loro case, con le loro famiglie, al sicuro, lontano dalle tentazioni, lontano
da chi popola la notte, lontano dai mostri che dominano gl’incubi… lontano da
me…
È l’ora delle streghe…
E tutto va bene…
A parte due o tre piccoli dettagli…
Punto uno: come un fesso ho dimenticato di fare la scorta di whiskey…
Se le cose andranno per le lunghe correrò il rischio di tornare sobrio… e proprio
non mi va…
Punto due: come un fesso son saltato in macchina al volo senza chiedere
null’altro a Penelope, nemmeno chi cazzo sia o da che dirupo sia caduta ‘sta
tizia di nome Ellena…
Punto tre: come un fesso mi son fatto convincere da un sorriso e due
bicchieri di stracciabudella… ma convincere a far che? È la vera domanda…
perché sto per presentarmi nel cuore della notte a una perfetta sconosciuta
senza aver la minima idea di cosa cazzo raccontarle… sempre se mi darà il
tempo di parlare e non mi prenderà giustamente a fucilate nel culo per il
disturbo…
Punto quattro e conclusivo: a volte, quando il tasso alcolico è elevato e
mi si presenta davanti una bella donna, penso veramente di essere un fesso…
Ma nessuno è perfetto…
< …non è vero, gatta? > mi rivolgo alla mia compagna di viaggio…
Il piccolo felino dal liscio e lucido pelo nero per un momento, per un solo
momento cessa di leccarsi e sfregarsi le zampine sul muso, sollevando la testa
e fissandomi con i suoi splendidi occhi azzurri…
Ma se possiede una risposta preferisce non condividerla, tenendola per
se… e riprende placidamente la sua mansione preferita…
Strano animale… Neppure la mia guida tutt’altro che tranquilla, fatta di
derapate, controsterzi, brusche frenate e accelerazioni degne del futuro Apollo
11 sembra infastidirla…
Meglio così… perché se per uno spavento improvviso decidesse di
piazzarmi un bel regalino marrone sui miei nuovi sedili in pelle… beh, prima
impalo la mia nuova amichetta e poi l’attacco al cofano dell’auto come una
statuetta delle Rolls Royce…
Infine, l’asfalto delle strade della città cede il passo allo sterrato,
avvisandomi di esser ormai fuori dal centro abitato e in prossimità della mia
destinazione…
I campi e i prati di qualche piccolo agricoltore indipendente mi
accompagnano per alcuni chilometri…
Dura poco però, perché così com’erano apparsi scompaiono, sostituiti
inaspettatamente da un fitto bosco scuro che si chiude intorno a me e alla mia
auto…
La sensazione generale è alquanto particolare: sembra impossibile che a
pochi minuti di distanza da qui possa esister un luogo come la fottuta città in
cui vivo ora, con tutto il suo cemento, l’inquinamento delle fabbriche e così
tanti abitanti da far credere che l’intero Nord America abbia deciso di trasferirsi
lì… Dove mi trovo adesso, al contrario, non c’è nulla, un bel cazzo di niente,
solo una striscia di terra che corre in mezzo a quello che ormai non è più un
bosco ma una piccola foresta…
Mi sembra di essere tornato in quei posti sperduti del Centro Europa, tra
castelli antichi, villaggi tribali e dinastie maledette…
Ma queste sono altre storie…
Che tipo sarà Ellena? Una ragazza che vive sola da ‘ste parti…?
È ora di scoprirlo…
Perché ho fermato la Cobra davanti alla prima e unica casa esistente su
questa strada…
Beh, casa forse è un termine un po’ riduttivo…
Un muro di mattoni, alto più di quattro metri, chiude quello che, più che
un giardino, appare come il parco della villa di Ellena, impedendo la visuale
interna agli estranei, eccezion fatta per il doppio cancello in ferro lavorato
posto al centro…
< MEOW… > mi sento chiamare dalla mia compagna di viaggio mentre
con un solo balzo salta oltre lo sportello…
Apro la portiera e scendo anch’io dall’auto…
Mi avvicino al cancello, così da osservare meglio la deliziosa dimora di
Ellena: è un’imponente costruzione di quattro piani dallo stile europeo, quasi
medievale, con mura di mattoni scuri alternati a blocchi di pietra più chiari, le
finestre sono numerose e disposte senza simmetria o logica apparente, quasi
fossero state messe a caso: sembrano tanti occhi malvagi occupati a scrutare
in ogni direzione… Dall’ultimo piano si erge una piccola torre, alta una
manciata di metri, che ha tutta l’aria di essere la stanza privata di Ellena…
anche perché è la sola ad aver la luce accesa…
Bene, significa che la dolce metà di Penelope è ancora sveglia…
Chissà se in altrettanto dolce compagnia…
Ma a certe cose è meglio non pensare…
E infatti, senza pensare, sfioro con una mano il cancello finemente
lavorato…
L’istante successivo, tutte le finestre si accendono d’improvviso, come se
il mio leggero tocco avesse dato corrente a tutta la casa, risvegliandola…
Illuminata, appare ancora più imponente…
La gatta si strofina un’ultima volta contro le mie gambe, salutandomi, e
con un rapido balzo oltrepassa le sbarre ricurve e lavorate del cancello…
O forse, più che un saluto, era un invito a seguirla…
Anche perché ho la strana sensazione di essere atteso…
E la luce irradiata dalle finestre sembra significare che la mia presenza è
stata ampiamente notata…
Checcazzo… non mi son preso la briga di venire fin qui per starmene
fuori dalla porta come un ritardato…
Appoggio ancora la mano al cancello e… guarda il caso, è aperto…
La parte destra si spalanca con lentezza, producendo un acuto e
prolungato stridio di metallo arrugginito…
Il tocco di classe?
Scontato ma d’effetto: avanti a me un folto gruppo di pipistrelli vola
isterico e frenetico intorno alla piccola torre che s’innalza dalla casa…
Mancano solo Gianni e Pinotto e il quadro da film dell’orrore del cazzo è
completo…
Supero il cancello e procedo lungo il vialetto in pietra che separa
esattamente a metà il grande parco di Ellena, un giardino ricco di alberi e
piante ma abbandonato a se stesso e al ciclo della natura…
Visto che non me ne frega un cazzo se alla padrona piace l’erba alta
mezzo metro tipo savana, tiro dritto e raggiungo il portone d’ingresso…
Qualcosa che dovrebbe far pensare all’ululato di un lupo si leva dalla
boscaglia alla mia destra, oltre le mura… per fortuna… Per fortuna sua, però,
perché il fatto di aver risparmiato alla gatta di consumare tutte e sette le vite
di cui la sua razza è accreditata, non significa che sia diventato il miglior amico
di tutti gli animali rompipalle della zona…
E questa sera non ho ancora sparato a nessuno…
Faccio per afferrare il battente sulla porta, giusto per dimostrare quel
poco d’educazione che ho, quando la suddetta fottuta porta con tempismo
perfetto si apre, mostrando a me e al mondo intero il perché io mi trovi qui…
< Benvenuto, straniero. > mi sento salutare dalla giovane donna che si
para di fronte a me… < L’ora è tarda e i bravi bambini sono da tempo a letto, a
sognare, straniero… Debbo forse temere? >
La sua voce è suadente, armonica e melodiosa… Il suono delle sue
parole penetra attraverso le mie orecchie e mi riempie la testa, ottenebrando
ciò che mi circonda…
D’istinto, chiudo gli occhi per un istante…
SNAP.
Quando li riapro, mi ritrovo all’interno, al centro di un salone così ampio
da far credere che il suo perimetro sia ben più grande di quello della casa… Il
pavimento è in marmo lucido nero con sottili venature bianche, due enormi
specchi sono appesi ai muri alla mia destra e sinistra e una grande scalinata,
posta alle mie spalle, sembra innalzarsi oltre i quattro piani della villa…
È quasi buio, qui dentro… strano…
< Qual è il motivo della tua visita, straniero? > sento la voce della donna
alle mie spalle…
Mi volto e la guardo…
È alta, molto alta, con lunghi e ondulati capelli corvini che le scendono
lungo il petto fino ai fianchi… Il suo viso dai lineamenti affilati e pronunciati è,
se possibile, ancor più pallido ed etereo di quello di Penelope ma, al contrario
della mia amica, possiede due splendenti occhi azzurri… e l’abbondante trucco
nero che li circonda li fa risaltare come fossero due porzioni di cielo rubato… È
scalza, indossa un’attillata camicia da notte in pizzo nero e, a giudicare da
come aderisce al suo corpo snello, null’altro…
Ahia…
< Qual è il tuo nome, str… >
< Morgan Pitty. > la interrompo subito… Proprio non sopporto di essere
chiamato con appellativi che non siano il mio nome… il mio nuovo nome…
< E io sono Ellena, padrona di questa casa, dimora in cui ti accolgo e
invito a sostare. >
Bene… e adesso?
Ma non faccio in tempo a darmi una risposta…
SNAP.
Ellena schiocca le dita…
Una luce tenue, generata da pochi candelabri disposti sulle pareti del
salone, si diffonde timida e inaspettata intorno a noi…
Ellena appoggia con gentilezza una mano sul mio petto, stabilendo un
primo contatto tra noi, e mi spinge lentamente all’indietro…
Le mie gambe incontrano un ostacolo dietro le ginocchia e si piegano,
ubbidendo a un riflesso inconscio… e mi ritrovo seduto su di una comoda
poltrona… che, ne sono certo, prima non c’era…
Ma, forse, non ha importanza…
Mi accorgo appena di non indossare più l’impermeabile e il cappello di
lana… devo essermeli tolti quando sono entrato, varcando la soglia…
Ellena si siede al mio fianco su una seconda poltrona e, dal tavolino di
fronte a noi, afferra due calici colmi di un liquido biondo e frizzante
porgendomene uno…
Non avevo notato il tavolino con i bicchieri e lo champagne già versato,
né tanto meno il camino che arde e scoppietta alla mia sinistra…
Ma, forse, anche questo non ha importanza…
< Dimmi, Morgan… > esordisce infine con quella sua voce suadente e
ammaliante < …di quanta solitudine è fatta la tua vita? >
Bella domanda…
Alzo il calice, osservandone la trasparenza e il gioco di riflessi prodotti
dalla luce del fuoco…
La solitudine… sentirsi soli… essere soli…
< Sono un uomo solo? > mi chiedo sottovoce…
Ma la risposta è fin troppo semplice…
< La solitudine è parte integrante della mia esistenza, uno degli aspetti
che definiscono la mia vita… > le parole escono dalla mia bocca liberamente,
come se stessi parlando a una persona che conosco da sempre, con la quale
sono in sintonia… e non una sconosciuta… ma l’atmosfera e la sua voce mi
mettono ogni istante più a mio agio… e molte cose iniziano ad avere sempre
meno importanza < …se non mi sentissi solo, se non mi fossi mai sentito solo e
se non lo fossi tuttora… non sarei me stesso… perché è per solitudine che ho
scelto di essere ciò che sono… >
< …essere Morgan Pitty… > finisce lei per me… evitandomi di spiegare
le mie ragioni, di nominare quella persona, colei che ha ridefinito la mia vita,
colei che ha cancellato la parola solitudine... per poi riscriverla più in grande...
Solitudine...
< La solitudine è insita nella condizione umana, Morgan… > prosegue
Ellena < ...e in quanto tale è transitoria, ciclica… va e viene… In questo
momento, vedi, non sei solo… >
La sua mano mi sfiora la nuca, permettendomi soltanto per un istante di
assaporare il calore che emana… e di cui forse ho bisogno…
Il motivo per cui mi trovo qui non mi è più molto chiaro… non credo di
ricordarlo… anzi, forse non c’era una ragione particolare, forse volevo vedere
Ellena… stare con lei e basta…
O, forse, non ha affatto importanza…
Quanti forse...
Mi volto e la guardo, perché lei è una certezza...
Il suo viso mi appare candido e puro, come quello di una persona
incapace di mentire… ed è attraente come il peccato…
Mi sorride… e l’innocenza traspare dalla sua bocca…
< Bevi… > mi propone sollevando il suo calice…
Con l’altra mano si apre lentamente la camicia da notte, permettendomi
volutamente di osservare la magnifiche forme del suo seno…
< Bevi. > mi ripete…
Ma i miei occhi indugiano ancora sul suo corpo… sul petto… sul collo…
dove, legato con un nastro di seta nero, pende un piccolo ciondolo d’oro e
brillanti a forma di stella… con una delle punte rivolta verso il basso…
Se fossi un gatto il mio istinto di sopravvivenza mi direbbe certamente
qualcosa…
Qualcosa senza importanza, naturalmente…
< Bevi e non sarai più solo. > mi esorta ancora una volta… < Bevi. >
Mi avvicino il calice alla bocca, ansioso di gustarne il sapore, come se il
mio destino, la mia vita, il mio cuore dipendessero da ciò che contiene, come
se fosse la promessa di un piacere a venire… ma cosa?
Ma… cosa…
Spalanco gli occhi…
Qualcosa è scattato…
Un ricordo….?
Cosa…
< Cosa hai detto? > le chiedo con una smorfia della bocca e alzando il
tono della voce < Cosa cazzo hai appena detto? >
Sì, decisamente qualcosa è scattato… un ricordo, un fottuto brutto
ricordo…
< Bevi, Morgan... > mi ripete...
< No! > rispondo diretto...
< Ho detto: bevi! > mi sibila contro…
Il suo volto, per un brevissimo istante lungo come un battito di ciglia, mi
appare trasfigurato, più vecchio e rugoso… e malvagio…
< Fanculo il bere! > rispondo incazzato e getto il calice a lato con
rabbia…
Il bicchiere colpisce il pavimento alla mia destra, lanciando schegge in
ogni direzione …
Cazzo, cazzo, cazzo mi sta fottendo! Non so come ma mi sta fottendo!!!
< Ti ho ordinato di bere!!! > mi urla addosso alzandosi in piedi…
In una frazione di secondo è di fronte a me, col suo fottuto bicchiere in
mano impugnato come un’arma…
< BEVI!!! >
< Fottiti… > è la mia risposta…
Perché io, un’arma, la impugno davvero…
La mia Colt è puntata direttamente al suo viso…
Il tempo è come se si fosse fermato: io ed Ellena rimaniamo immobili a
fissarci, a studiarci…
Quindi, mi sorride, amabile e gentile come prima…
< Morgan… mio caro Morgan, cosa stai facendo? > la sua voce è tornata
suadente e ammaliante… Per l’impeto di alzarsi, un seno le è fuoriuscito dalla
camicia da notte, invitandomi ad accarezzarlo e baciarlo… un desiderio
irresistibile… < Perché fai così? Perché mi punti contro quello strumento di
morte? >
Il mio sguardo, seppur breve, diretto al suo petto mi ha tradito…
Con la mano libera Ellena si scopre anche l’altro seno… accarezzandosi…
La stanza inizia a vorticare intorno a me…
< Non mi vuoi, Morgan? >
I suoi occhi risplendono…
E io non sto più capendo un cazzo…
< Con me non sarai più solo. >
Ancora quelle fottute parole…
< Bevi. >
< Te l’ho già detto: fottiti! >
SNAP.
BOM.
Ellena schiocca le dita…
Io premo il grilletto…
Le faccio un buco in piena faccia…
E il suo volto cade a pezzi…
Tutto il suo corpo cade a pezzi, frantumandosi davanti ai miei occhi…
SCRASH.
Ho rotto uno specchio… non so come sia possibile ma ho sparato a un
fottuto specchio di merda!!!
Eppure lei era lì, di fronte a me…
< Hah ha ha ha… > sento la sua risata alle mie spalle… < E bravo
Morgan… mi hai colpito… che dolore… > e mi prende pure per il culo…
Mi alzo di scatto dalla poltrona e mi volto…
Questa volta ne sono certo: è lei... e ha la bocca della mia Amata puntata
dritta in mezzo agli occhi…
< Un po’ pericoloso quell’aggeggio, non trovi? > dice sarcastica come un
calcio tra le palle…
SNAP.
Schiocca ancora le dita…
E io le sparo di nuovo!!
POP.
POP.
Chiedo scusa?
Pop?
Che cazzo di rumore è “pop”?
< Così è decisamente meglio. > m’informa la stronza...
Quindi capisco...
“Pop” è il cazzo di suono che fa una rosa rossa quando sboccia e fiorisce
in un istante...
E io ne ho due che spuntano dalla canna del mio revolver!!!
Merda...
< Non sei convinto? > mi chiede < Perché non riprovi....? >
Puoi scommetterci!
POP.
POP.
POP.
Cazzo, cazzo, cazzo!!!
Adesso ne ho cinque di rose che sbucano fuori dalla Colt...
E sembro un fottuto fiorista…
< Che gentile, Morgan… Sono per me? > continua a prendermi per il
culo, indicando le rose < Sono bellissime… Non dovevi… > e si stringe le mani
al petto, commossa…
< Cosa vuoi? > le chiedo, strappando quei fottuti fiori dalla mia pistola
così da poterla rinfoderare < Cosa cazzo vuoi da me? >
< Non devi temere. Non hai nulla da temere, da me. > risponde…
< Chissà perché, non ti credo… >
Sorride…
< Forse siamo partiti col piede sbagliato. >
Sì… e forse gli asini cagano oro…
< Io sono Ellena Milonacht Lepodieva, nata tra i Monti Urali nel 1428. > si
presenta < E sono una strega. >
Ooops…
< Una strega? > sottolineo ironico < Intendi dire: scope volanti, gatti
neri, sabba e danze intorno a pentoloni bollenti? >
< Qualcosa di simile, Morgan… ma anche altro. >
SNAP.
Schiocca ancora una volta le dita…
E la stanza intorno a me inizia a mutare… Il soffitto si alza verso l’alto per
alcuni metri, lasciando penzolare larghi e piatti bracieri neri… Il pavimento si
trasforma in un unica lastra di vetro trasparente, sotto la quale dozzine di
fiamme prendono vita e serpenti e insetti di varie specie e dimensioni si
muovono impazziti… Infine, gli specchi sulle pareti ondeggiano, come
un’immagine riflessa nell’acqua, e lentamente lasciano emergere decine, forse
centinaia di teschi…
Qualcosa mi dice che è meglio iniziare a credere a tutte le cazzate sulle
streghe e sulle loro scope volanti… non vorrei ritrovarmene una piantata su per
il sedere…
< Mi hai convinto: ricominciamo da capo. > la butto lì, cercando di capir
meglio in che situazione mi sto ritrovando < Io sono venuto fin qui, da te, per
conto di Penelope… la conosci, almeno…? >
< Certo, Morgan… > e lo sguardo sul suo volto si fa più intenso < …e tu
sei qui non per lei… ma per me. >
< Allora te lo domando di nuovo: cosa… vuoi… da… me? >
La risposta è secca, precisa e diretta…
< Sesso. >
E io… beh, ribattere non è così facile adesso…
< Dovresti sentirti onorato, elevato a un ruolo superiore, partecipe di un
futuro ben migliore di quello così misero e triste e inutile cui sei destinato ora.
>
Le lusinghe non hanno mai fatto presa su di me… Ai tempi del West, chi
mi adulava lo faceva perché mi temeva ma al tempo stesso voleva qualcosa da
me… e, di solito, lo spedivo tre metri sotto terra chiuso in una bara senza
neanche ringraziarlo per i complimenti… Chi, invece, criticava la mia esistenza,
proponendomi direzioni migliori, finiva comunque in una bara tre metri
sottoterra… ancora vivo, però…
Unica eccezione?
Facile indovinare…
E sto ancora pagandone le conseguenze…
< Perché? > chiedo…
Ellena si slaccia completamente la camicia da notte, mettendo in bella
mostra il suo corpo… e che corpo!!!
< Hai bisogno di una motivazione, Morgan? Non ti basta ciò che stai così
attentamente guardando? >
Questa sua frase fa sembrare la mia domanda ancora più stupida…
< Perché vuoi fare sesso con me? >
Infatti…
Ma in realtà dovrei chiedermi perché NON dovrei accettare?!
Già, perché non dovrei sollevarla di peso e portarla in camera da letto…?
O più semplicemente sbatterla sul pavimento e dare una svolta positiva alla
mia serata?
Perché le ho sparato?
No…
Perché ha cercato di fregarmi con lo champagne?
No…
Per quelle fottute parole di prima?
Sì, decisamente…
Con me non sarai più solo…
Elizabeth…
La notte in cui divenni ciò che sono…
Elizabeth…
< Non lasciarti ossessionare dal passato, Morgan… > mi dice mentre si
avvicina < Io posso offrirti il futuro. >
< Non te lo ripeterò nuovamente > replico < O mi dai una spiegazione, o
prendo e me ne vado. >
Ma non sembro molto convincente…
E il sorriso sottile di Ellena mi lascia intendere che andarmene da qui
potrebbe non essere così semplice…
< Se avessi bevuto il calice che ti ho offerto avresti implorato pur di
giacere con me… ma, se lo avessi fatto, in fondo mi avresti deluso. >
SNAP.
Schiocca le dita…
Due poltrone appaiono nuovamente dietro di noi…
< Siediti e ti racconterò una storia. > è il suo invito…
Accetto e mi metto comodo… anche perché le scelte disponibili sono ben
poche al momento…
< Mia madre era una strega, così come a sua volta lo era stata sua
madre e sua nonna prima di lei… Discendo da un’intera famiglia di streghe, la
cui nascita si perde nella notte dei tempi, e in quanto ultima della stirpe sono
colei che detiene e incarna i poteri di tutte le mie antenate… Depositaria del
loro sapere arcano, sono la somma delle mie progenitrici e molto altro ancora…
ma non sono immortale. Posso prolungare la mia esistenza, posso camuffare il
mio aspetto, celare la mia età, divenire un gatto nero o un ubriacone qualsiasi
incontrato nella bettola che frequenti… > …e non c’è bisogno di aggiungere
altro ancora, il messaggio è piuttosto chiaro: non solo mi ha seguito e
osservato da chissà quanto tempo… ma ha pure fatto in modo che la riportassi
a casa, la mia cara stronza… < …ciononostante, posso morire. Presto o tardi i
miei poteri s’indeboliranno, la mia magia verrà meno e la fine, naturale o meno
che sia, giungerà anche per me… >
< È tutto molto interessante… > la interrompo educato come sempre <
…ma ancora mi sfugge il vero motivo per cui sono qui. >
Già, il “vero” motivo…
Non sono bello, non nel senso classico del termine… Ho il naso rotto, tipo
pugile, e numerose cicatrici su tutto il corpo, sono grande come un rinoceronte
e ho la stessa delicatezza nel muovermi… È vero, non sono bello ma ho fascino
e carisma a sufficienza non per una bensì per dieci vite… Ma da qui ad avere
addirittura una strega disposta a trucchi e magie di ogni tipo soltanto per fare
sesso con me… beh, mi sembra in effetti pretendere un po’ troppo dal mio
sorriso maleducato…
Come in risposta, Ellena accavalla le gambe nude e con una mano si
sistema una ciocca di capelli che le cadeva sul viso…
Il fascino che emana è quasi palpabile…
Una donna normale, di per sé, è già pericolosa…
Una come lei, invece…
< Sono fuggita in America a metà del diciassettesimo secolo. > riprende
la storia < Era un periodo duro e pericoloso, anche per me… La caccia alle
streghe in Europa aveva raggiunto il suo apice e non si trattava di solo
fanatismo, religioso o politico a tua preferenza, o di uno strumento creato per
manovrare e controllare le masse, generato dalla povertà e carestia e basato
sull’odio, la paura e il sospetto reciproco. Era una minaccia, reale e tangibile.
Una minaccia che mi aveva costretta a nascondermi, a sentirmi braccata, a
casa mia, nella mia terra come in tutto il continente. Beh, non è così che vive
una Strega. Molte delle mie “sorelle” avevano scelto di restare, affrontando a
testa alta ciò che il destino aveva in serbo per loro: una morte straziante dopo
settimane di agonia e torture disumane… questo, nelle migliori delle ipotesi. E
ti assicuro, non è così che muore una Strega. >
La sua intelligenza è pari solo all’orgoglio che prova nell’essere ciò che
è…
Sto iniziando ad ammirarla, non solo per il suo aspetto o per colpa del
suo modo di fare “persuasivo”…
Ma questo, comunque, non mi tratterrà dal rispedirla a schiaffoni nel
1600 se dovessi sentirmi nuovamente minacciato…
< Ho provato il desiderio di tornare in Europa molte volte. E l’ho fatto, ma
soltanto per brevi e sporadiche visite, niente di permanente… giusto per
vedere come andavano le cose. Nell’ultimo viaggio, un paio di decenni fa, ho
incontrato Penelope e… >
< Risparmiami i dettagli, non sono in vena. > e sottolineo la frase con un
gesto della mano piuttosto eloquente…
Non me ne frega un cazzo della loro storia d’amore, tutta cuoricini, mazzi
di fiori e leccatine varie…
Davvero, non sono in vena…
< Cos’è che davvero vuoi da me? > chiedo ancora < Cosa, che una
strega e un’immortale come Penelope non possano ottenere? Sesso, mi hai
risposto prima… Ma non diciamo cazzate! Puoi avere tutti gli uomini che vuoi,
di tutti i tipi, taglie e forme! E poi, perché adesso ti interessa un uomo…? Hai
capito che ti “manca” qualcosa? >
E questa battuta da uomo medio, porco e maschilista, mi fa ovviamente
sorridere…
Se a Ellena ha dato fastidio, non lo da a vedere… ma l’aria intorno a me
si è fatta gelida e silenziosa…
Le fiamme sotto il pavimento continuano a bruciare, nascendo e
svanendo in un istante…
Gli insetti e i serpenti s’incontrano, si mischiano e s’intrecciano,
lasciando una sensazione di movimento e caos… Un ragno, grande quanto il
mio pugno, sta ingaggiando battaglia con qualcosa dalla vaga forma di una
lucertola, lunga almeno mezzo metro… e con due teste…
Sotto i miei piedi, un ambiente primordiale ha preso vita…
Se sia un messaggio, non l’ho ancora compreso… così come il significato
dei teschi sporgenti dalle pareti…
< Hai detto bene. > riprende la Strega, immobile e impassibile sulla
poltrona… ma la sua voce ha assunto una tonalità lievemente più alta < Qual è
quella cosa, l’unica cosa che una strega e una discepola di Saffo dall’eterna
vita non possono ottenere? Cosa, io e Penelope, non potremo mai avere? >
E in silenzio attendo…
< Un figlio, Morgan. > ma la voce che risponde non è di Ellena…
È di Penelope…
Mi passa a fianco, come un’apparizione, sfiorandomi delicatamente una
spalla con la mano…
Cammina senza voltarsi verso Ellena…
La raggiunge e si siede con grazia sul bracciolo sinistro della poltrona,
facendo scorrere una mano dietro la testa della Strega…
Lo sguardo di entrambe è fisso su di me…
Ma è ancora Penelope a parlare… e la sua voce è triste…
< Abbiamo potere, magia, intelligenza, saggezza ed esperienza…
nonostante tutto questo, non potremo mai avere un figlio… mai e poi mai e mai
mai mai… >
Beh… il Caso si fa interessante…
< Perché tu, Morgan…? > chiede Ellena < È l’interrogativo che stai per
porti… giusto? >
Annuisco soltanto, riportando brevemente lo sguardo sul ragno e la sua
battaglia…
L’aracnide ha arretrato la sua posizione, appoggiandosi sulle zampe
posteriori e inarcando quelle anteriori… e le zanne di cui è stranamente dotato,
sproporzionate rispetto al resto del corpo, sono protese minacciosamente in
avanti…
Le due teste di quella cosa che assomiglia a una lucertola hanno
spalancato le fauci, mostrando file di denti aguzzi e taglienti…
Il ragno potrebbe non farcela…
< Abbiamo scelto te, Morgan Pitty, il bandito, il pistolero, il violento e
l’assassino per un solo motivo… > inizia Ellena…
…per terminare con Penelope…
< …perché sei immortale. >
Potrei non dire nulla…
Potrei rispondere bene…
Addirittura acconsentire…
Oppure, dire ciò che penso…
< Andate affanculo!!! >
Mi alzo e me ne vado, sbatto la porta alle mie spalle, accendo la Cobra e
sgommo nella notte…
O almeno, così mi piacerebbe fare…
Perché forse non me ne sono accorto ma le dita di Ellena hanno fatto
SNAP.
Un serpente, sottile ma lungo come mai ne ho visti prima, spunta dal
pavimento e mi si avvinghia attorno alle gambe, imprigionandole alla
poltrona…
Quindi si avvolge attorno al busto e alle braccia, bloccandomi del tutto…
Innalza la testa, facendola ondeggiare minacciosa davanti al mio viso…
Ho sempre odiato i serpenti, specialmente quelli che s’infilavano negli
stivali…
Questo in particolare, lo prometto, farà una fine peggiore degli altri…
< Stai pure comodo. > mi schernisce Ellena < La storia, mio caro, non è
ancora finita. >
Ciò che mi appare sul volto è soltanto una smorfia, capace di celare le
emozioni che sto provando…
Anche perché finire legato a qualcosa come una sedia o una poltrona sta
diventando un’abitudine piuttosto fastidiosa… nonché inutile, come presto
scopriranno le mie amiche…
< Io non posso avere figli… > continua Penelope < …mi è vietato, non il
procreare in sé ma il principio: se dovessi abbandonarmi ai piaceri della carne
in compagnia di un uomo… semplicemente il patto sarebbe spezzato, perderei
la mia immortalità, diverrei polvere in un istante… forse meno… >
E questo spiega perché non lei…
Vediamo, quindi, perché Ellena…
< Sono una Strega… > risponde subito, leggendo forse e ancora una
volta l’interrogativo sul mio volto < …ho bisogno di un erede. Femmina,
naturalmente. >

< Conosci il mio pensiero, Morgan… > tocca ora a Penelope, in


quest’alternanza di dialoghi, commenti e sentenze… < …e conosci la tristezza
che accompagna la vita eterna che conduco, scandita dalla morte dei miei cari,
dei miei amici, delle mie amanti… La stessa sofferenza ha pervaso anche la
vita di Ellena, così come sta intaccando la tua giovane esistenza… >
Giovane?
Ridendo e scherzando, tra un cadavere e una sparatoria, sono più di
cent’anni che bazzico in giro su questa terra…
In effetti, però, al loro confronto sono appena un ragazzino…
< Abbiamo a stento sopportato la morte delle persone che abbiamo
finora amato. La perdita di un figlio, puoi credermi, sarebbe insostenibile… ci
ucciderebbe, in tutti i sensi… È questo il motivo per cui abbiamo bisogno di te.
Le malattie non influenzano il tuo corpo, le ferite guariscono, superficiali o
profonde che siano, la Morte, caro Morgan, non può farti nulla… Tu e tu
soltanto possiedi questa forza… e tu, tu soltanto, puoi quindi donarla al figlio di
Ellena… a nostro figlio. >
Belle frasi…
Belle parole…
Quante stronzate…
< Come puoi esserne certa? > chiedo, trattenendo a stento la mia rabbia
per tutto questo, per questa presunzione nei miei confronti… una rabbia che va
aumentando… e che in un modo o nell’altro troverà sfogo… < Come cazzo fai a
essere così sicura di tutto questo? Non lo so io… cazzo!!! E forse ti è sfuggito…
ma IO posso morire!!! Se quella puttana di… Elizabeth volesse uccidermi, non
dovrebbe far altro che strapparmi il cuore… e stai tranquilla, è capace di farlo…
>
E vaffanculo!!!
Alla fine ho dovuto dirlo…
Sono stato costretto a dirlo…
Ho dovuto pronunciare ad alta voce il nome di Elizabeth…
Non è un affatto un buon segno…
< Sei immortale non per nascita ma per scelta. > e adesso tocca a
questa cazzo di Strega che sembra sapere così tante cose su di me < Non sei
più l’uomo che eri, né potrai tornare a esserlo… Ciò che hai fatto quella notte
non si può cancellare. Ma può essere trasmesso… a mia figlia, per esempio. >
< E se dovessi rispondere di no? >
Se il sorriso di Penelope è sempre stato per me indecifrabile, quello che
appare sul volto di Ellena è quanto di più esplicito si possa mostrare… nonché
malvagio e spietato…
La Strega allarga le braccia, indicando chiaramente i teschi appesi alle
pareti…
< Questo è tutto ciò che resta dei miei nemici, Morgan… Vuoi fare la
stessa fine? Vuoi essere un mio nemico? E spendere il resto della tua vita
immortale appeso alle pareti del mio salone…? >
Un gemito, simile al guaito di un cane si diffonde dalle mura della
stanza…
I teschi ondeggiano e si muovono in cerchio, aumentando d’intensità il
loro lamento…
E io ho infine compreso…
Sono ancora vivi… o meglio, ciò che resta di loro è ancora in vita… se
così si potrà mai chiamare l’eterno tormento a cui la magia di Ellena li ha
condannati…
E sono centinaia…
No, decisamente non voglio condividere il loro destino…
Sarà quindi meglio che mi dia una mossa…
Provo a muovere un braccio, valutando la stretta del serpente che mi
lega alla poltrona…
Il rettile sibila, ondeggiando la sua testa vicino al mio volto…
Bene…
Ellena fa cessare il lamento dei teschi con un perentorio gesto di
entrambe le mani…
Infine, decide che è forse terminato il momento di parlare, di chiedere…
Adesso è ora di pretendere, di ottenere…
Si alza in piedi, mostrando in tutta la sua bellezza il corpo perfetto di cui
la natura e forse più di uno schiocco di dita le han concesso…
Lo esibisce come un premio, come un traguardo, come un sogno…
E si avvicina sinuosa, ancheggiando lentamente, sfiorandosi il seno e
promettendo lussuria…
Molto, molto bene…
< Non temere, mio prossimo amante, per contraccambiare al tuo buon
gesto metterò personalmente la parola fine all’unico limite posto alla tua vita
immortale, e a quella della mia futura erede… > non dirlo, cazzo non dirlo < …
eliminando dalla faccia della terra la tua cara e dolce Elizabeth!!! >
Fanculo!
Fanculo!!
Fanculo!!!
Soltanto io posso pronunciare il suo nome!!!
Soltanto io posso ammazzarla!!!
Solo e soltanto io…
Mi agito furioso su questa poltrona del cazzo…
Il serpente, sentendosi minacciato, fa proprio quella cazzata che speravo
l’istinto lo spingesse a fare…
Sibilando, tenta di mordermi…
Sposto di scatto la testa verso destra, mandando a vuoto il mio amico
strisciante…
E gli impartisco la prima e unica lezione che ho da insegnargli…
Perché questa notte, non è il suo il morso più letale…
Lo mordo sul collo, appena sotto il cranio…
E stringo, stringo con forza, affondando i miei denti nella carne,
lacerando i muscoli e spezzandogli la colonna vertebrale…
Il suo sangue m’invade la bocca, sporcandomi il viso così come i vestiti…
Indugio un istante ancora, quanto basta per non sentir più quel suo sibilo
del cazzo…
Mollo la presa…
E il corpo del serpente si affloscia innaturalmente su se stesso, quasi
fosse una camera d’aria sgonfia…
E adesso?
Semplice…
Mi alzo, afferro la poltrona per i braccioli e con tutta la mia forza la
scaravento contro Ellena, a pochi passi da me…
SNAP.
È tutto ciò che ha tempo di fare la Strega, per niente preoccupata della
mia reazione…
La poltrona si tramuta in una sua controparte fatta di fumo che
attraversa, innocua, il corpo di Ellena…
Nonostante mi osservi col suo tipico atteggiamento superiore, per lei è
già troppo tardi…
Mentre il suo pollice destro si avvicina all’indice e al medio, preparandosi
a schioccare nuovamente, afferro con rapidità le sue dita con la mia mano…
Afferro, stringo e ruoto… spezzandole tutte e tre le dita…
L’urlo che le fuoriesce dalla bocca è basso, cupo e interminabile…
Le fiamme sotto di me divampano improvvise, abbagliandomi…
I teschi alle pareti si contorcono e vorticano su loro stessi, emettendo un
lamento ancor più angosciante del precedente…
Con la mano libera prendo la Strega per i capelli, tirandola verso il basso,
costringendola a inginocchiarsi…
Una volta a terra, le blocco con un piede l’altra mano, giusto per evitare
sorprese…
Sono incazzato nero!!!
< Lasciami!!! > grida la stronza < Lasciami subito o te ne pentirai!!! >
Avendo entrambe le mani occupate, mi devo arrangiare come posso…
E le rifilo una bella ginocchiata in faccia…
Ho sentito un altro schiocco… ma era solo quello dei suoi denti mentre si
spezzavano…
< Basta! Ti prego, Morgan, smettila… > questa è però la voce di
Penelope…
La donna che chiamavo amica, a cui credevo di dovere qualcosa…
ovvero proprio quella donna che mi ha incastrato in questa fottuta storia,
vendendomi come un toro da monta, mi si avvicina, allungando le mani verso
di me, quasi volesse toccarmi ma al tempo stesso ne fosse terrorizzata…
E ne ha ben ragione…
Perché se la mia Amata, la mia Colt, non si fosse trasformata in un
giocattolo sputa fiori avrei già sparato in faccia a entrambe…
< Ti imploro… > prosegue, gettandosi a terra, al fianco di Ellena,
proteggendola con un abbraccio < Ti scongiuro, Morgan, non farle del male…
non farle altro male. >
Ed è guardando Penelope in quel momento, guardandola negli occhi, che
vedo qualcosa… qualcosa che conosco, che ho conosciuto… e che non posso
dimenticare…
Vedo Elizabeth mentre chiede aiuto a quel vecchio indiano…
Vedo i suoi occhi così come erano quella notte…
La notte in cui stavo per morire…
La notte in cui la mia vita cambiò…
La notte in cui il nostro amore ci unì per sempre…
Per sempre…
< Capisci ora? > mi chiede Ellena…
Il suo labbro inferiore è spaccato e un sottile rivolo di sangue le imbratta
il pallido viso…
< Capisci perché abbiamo bisogno di te? >
Sì…
Capisco e comprendo…
Per amore, solo per amore…
Ma questa è la motivazione di Penelope…
Non di Ellena, che è intenzionata soltanto ad avere un erede a cui
trasmettere la propria magia…
Né mia…
Per niente…
< Dovrei ammazzarti soltanto perché hai pronunciato il nome di
Elizabeth, lo sai questo, vero? > e sottolineo la domanda tirandole con forza i
capelli, obbligandola così a incrociare il mio sguardo con i suoi occhi azzurri
come il cielo…
< Non è nascondendo il suo nome agli altri che ti libererai di lei. > è la
sua cazzo di risposta…
E io le torco ancora la mano storpiata, rinnovando con decisione il dolore
che le sue ossa spezzate trasmettono urlando a tutto il suo corpo…
< Basta, Morgan… basta. > mi implora ancora Penelope con un filo di
voce e le lacrime agli occhi < Non è così che volevo andasse tra noi, né è
questo il modo in cui pensavo potesse finire tra noi… Posso capire le tue
ragioni, come spero tu abbia compreso le nostre… Ti chiedo scusa. Ti chiedo
perdono. >
Ora nei suoi occhi vedo soltanto la mia amica di tanti anni fa…
< Lasciala, te ne prego… Lasciaci alla nostra vita e ti giuro in nome della
Sacra Sacerdotessa che non incroceremo mai più il tuo cammino… mai e poi
mai e mai mai mai… >
Porto nuovamente il mio sguardo su Ellena…
Ma né io, né lei abbiamo più nulla da dirci…
Potrei ucciderla facilmente…
Il suo collo è ben in vista, dovrei soltanto stringerci intorno una mano e
spezzarlo, come legno secco…
Ma Penelope ha ragione…
Non è così che voglio finisca tra noi…
Lascio andare la presa su Ellena, liberandola…
Potrei aver fatto una grandissima cazzata…
O forse no…
Indietreggio di qualche passo, osservando le due donne…
Sarebbe facile giudicarle, entrambe accecate dai loro desideri… o dalle
loro paure…
Sarebbe facile… ma non ne ho né la voglia, né l’interesse…
Voglio solo andarmene da qui…
Faccio per voltarmi…
E rivedo il ragno e la lucertola a due teste…
O meglio, ciò che ne resta…
Il rettile è sdraiato su un fianco, con una delle teste gonfia in maniera
abnorme, quasi stesse per esplodere dall’interno… un simpatico effetto del
veleno dell’aracnide, credo… L’altra, invece, è semplicemente staccata dal
resto del corpo…
Il ragno, ferito ma in buone condizioni, si allontana con passo deciso e
incazzato, pronto a gettarsi in qualche altra battaglia, ne sono sicuro…
Riconosco lo stile…
Mi passo il dorso di una mano sulle labbra, pulendomi dal sangue di quel
cazzo di serpente… e ho ancora il suo disgustoso sapore in bocca…
Bisogna fare qualcosa…
< Whiskey. > chiedo con decisione, tendendo la mano aperta verso
Ellena < Whiskey!!! >
La Strega solleva la mano sinistra, dolorante ma messa molto meglio
dell’altra…
SNAP.
La stanza intorno a noi muta, tornando velocemente al suo aspetto
originario…
E una bottiglia di ottima marca si materializza tra le mie dita…
Bene, ora me ne posso davvero andare…
Nel silenzio che mi circonda, raggiungo indisturbato la porta d’uscita,
lasciando alle mie spalle le due donne e i loro sogni d’amore…
E questa volta nessun sorriso, indecifrabile o meno che sia, accompagna
il mio cammino…
Al fianco della porta, su di un antico attaccapanni ritrovo il mio fido
impermeabile e il mio berretto di lana…
Fuori fa freddo, li indosso entrambi…
Estraggo la Colt…
Esamino la mia Amata… sembra a posto, pulita e oliata come sempre…
Quindi controllo i proiettili che porto al cinturone…
Alcuni mostrano dei piccoli germogli spuntare verso l’alto…
Evidentemente la magia di Ellena ha influenzato soltanto le pallottole e
non il mio revolver…
Buon per lei…
< Il Caso è chiuso. > mi lascio scappare, buttando giù un sorso lungo una
vita di whiskey…
Ciononostante, sono furioso…
Sono incazzato per come sia andata a finire con Penelope…
Sono incazzato per aver ricordato così intensamente Elizabeth…
Sono incazzato e basta!!!
Devo sfogarmi…
Accendo la Cobra…
Il motore sale di giri in modo entusiasmante, come sempre…
La notte è ancora nel suo vivo… troverò ciò che cerco…
Punto velocemente verso il centro abitato, attraverso le strade principali
e mi dirigo al porto, dove c’è il peggio del peggio di questa fottuta città…
Rallento…
In un vicolo male illuminato scorgo cinque individui, raccolti intorno a un
sesto sdraiato a terra… immobile…
Mi fermo…
Un paio di loro sono grandi quanto me…
Bene, così durerà più a lungo…
Spengo il motore e scendo dall’auto…
I cinque si voltano e mi fissano…
Mi avvicino…
< Ehi, principessina… Ti sei persa? > mi dice uno di quelli grossi mentre
gli cammino incontro < Hai bisogno di qualcosa, principessina? >
< Sì! > rispondo < Ho bisogno di sfogarmi. >
E parto con un destro sul muso di questa testa di cazzo…
Il resto, poi, è solo violenza…

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