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2012

Bessa
miniera d'oro Romana
geologia, storia, incisioni rupestri , coltivazione del giacimento aurifero

Alberto Vaudagna docBi 07/12/2012

Miniera d' oro romana della Bessa


La Riserva Naturale Speciale della Bessa, istituita nel 1985, situata nel Piemonte settentrionale allo sbocco della Valle d Aosta e alla base delle pendici meridionali delle Alpi Biellesi, in provincia di Biella. Estesa per 7.5 kmq delimitata a Nord dai resti di una morena del Pleistocene Inf. e dalle alluvioni quaternarie del torrente Elvo, a Sud da una seconda morena della stessa fase glaciale e dalla valle del torrente Olobbia. Larea della miniera le cui evidenze archeologiche sono databili al II/I secolo a.C. con tracce di frequentazioni anteriori rappresentate in gran parte da massi erratici con incisioni rupestri costituita da 2 terrazzi di origine fluvioglaciale ricoperti, nel Terrazzo Superiore da cumuli di ciottoli ed in quello Inferiore da sabbie e ghiaie, residui del lavaggio per lestrazione del metallo. La Bessa si presenta, attualmente, come altopiano che si estende sul prolungamento della valle del torrente Viona per 8 km in direzione NW-SE, largo da 800 metri fino ad un massimo di 1,7 km e digradante da una quota massima di circa 450 m a NW alla quota di circa 300 m a SELa sede del Parco, in comune di Cerrione, facilmente raggiungibile dal casello di Santhi (autostrada Torino - Milano) ed un' area attrezzata attiva in localit Vermogno. Il giacimento aurifero della Bessa si form per erosione e risedimentazione, da parte di corsi dacqua, dei depositi morenici ricchi di oro trasportati dallespansione dei ghiacciai valdostani avvenuta a parti re da 1 milione di anni fa; contemporaneamente furono liberati dai detriti i grandi massi erratici che ora costellano a centinaia il territorio del parco (vedi: Giacimento aurifero). La presenza su molti di questi massi di incisioni rupestri prevalentemente a forma di coppella attesta una intensa frequentazione protostorica dellarea che, a partire dal V/IV sec. a.C., si ritiene fosse controllata dai Salassi, popolazione di etnia celtica o celto-ligure. Dopo sanguinose battaglie loro della Bessa cadde, tra il 143 ed il 140 a.C., nelle mani delle legioni romane di Appio Claudio e lestrazione fu affidata ai pubblicani, gli imprenditori dellepoca, che impiegarono nei lavori fino a 5000 uomini contemporaneamente. Non nota la durata del periodo di sfruttamento sappiamo per dallo storico Strabone che, alla fine del I secolo a.C., le miniere erano gi state abbandonate (o pi probabilmente esaurite) e loro di Roma proveniva ormai in massima parte dall Iberia e dalla Gallia. La superficie totale interessata dai lavori minerari si estende oltre i confini del Parco e doveva occupare in origine circa 12 kmq. La Bessa, attualmente oggetto di indagini approfondite da parte di un gruppo di ricerca del Consiglio Superiore della Ricerca Scientifica spagnolo considerata la pi importante miniera d'oro di et Repubblicana e il suo studio di fondamentale importanza per migliorare la conoscenza delle miniere spagnole della successiva et Imperiale, una delle quali: Las Medulas, Patrimonio dell' Umanit UNESCO. Cinque itinerari, dotati di segnaletica, permettono di percorrere parte della Riserva Naturale Il pi settentrionale situato in comune di Mongrando si snoda dove la valle della Viona, il torrente che ha generato il giacimento aurifero, sbocca nella pianura. Paesaggio molto movimentato con alte creste moreniche ricoperte da boschi, massi erratici ed un magnifico punto panoramico: il Truch Briengo. Linteresse archeologico focalizzato nel recentemente restaurato insediamento del cosiddetto castelliere. Dal Centro Visita del Parco in frazione Vermogno del comune di Zubiena si diramano tre itinerari. Uno dedicato alle incisioni rupestri percorre boschi e cumuli di ciottoli, lungo strade sterrate, sentieri e brevi tratti "fuori strada" in una zona in cui si sovrappongono resti della cultura contadina, aurifodinae romane e la maggior concentrazione di incisioni rupestri protostoriche con la pi ampia gamma di tipologie di tutta la Bessa. Due soste particolarmente interessanti: il piccolo e soleggiato "masso degli allineamenti" e l'imponente e fosco "Roch Malegn". Altri due itinerari permettono di visitare resti di villaggi abbandonati da oltre venti secoli. lungo le strade di servizio e i canali di smaltimento dello sterile sfocianti in "conoidi " a ventaglio. E questa una delle aree dove maggiormente evidenti sono le testimonianze dello sfruttamento minerario da parte dei Romani, in un ambiente in cui la vegetazione contende lo spazio al deserto di sassi. In comune di Cerrione si incontra lItinerario storico del Parco il primo ad essere aperto ai visitatori. Percorre la parte meridionale della Bessa tra estesi cumuli e fasce vegetate. Di grande

interesse per il ritrovamento avvenuto nel 1997 di una stele, unico esemplare presente nel biellese (visibile nella sede del Parco) e per le recenti campagne di indagine archeologica riguardanti il sistema di coltivazione del giacimento aurifero.

Riserva Naturale Speciale la Bessa Via Crosa 1 - 13882 Cerrione (Bi) tel. 015677276 fax:0152587904 email: baraggebessabrich@tiscalinet.it Ecomuseo Valle Elvo e Serra email: info@ecomuseo.it sito web: www.ecomuseo.it Associazione Biellese Cercatori d'Oro email: abcdoro@libero.it sito web: http://www.cercatoridoro.it

Alberto Vaudagna (webmaster) docBI Centro studi biellesi - Societ Valdotaine de Prhistoire et d'archologie email: avaudagna@Gmail.com

Ambiente naturale

Caratteristiche floristiche della Bessa E noto come la fisionomia della Bessa sia prevalentemente caratterizzata da ammassi di ciottoli creati dalla coltivazione del giacimento aurifero. Gli ammassi di pietre venutisi a creare, privati di gran parte degli originari sedimenti tra loro interposti e soggetti ad un rapido dilavamento per le precipitazioni, hanno costituito un severo approccio per la vegetazione; pertanto solo le entit pi adattate a condizioni di scarsit di elementi nutritivi hanno potuto man mano stabilirvisi e mantenersi. Si tratta giocoforza di elementi erbacei cui, perifericamente, succedono alcuni arbusti ed anche, ove ormai i ciottoli sono decisamente compattati, qualche essenza arborea. Nel complesso oggi possono essere individuate nellarea 4-5 tipi di situazioni vegetazionali, peraltro sfumate luna nellaltra; nella loro analisi si proceder secondo un ordine di decrescente grado di umidit passando dalle pi mesofite (che necessitano di moderate quantit di acqua), a quelle xerofile (che vegetano in ambiente arido).

Pervinche
Stazioni umide

Giglio rosso

E a ridosso del maggior corso dacqua che delimita il lato occidentale della Bessa, lOlobbia, che possibile rinvenire la tipica flora ripariale della pianura: salici (alba e purpurea ) in prevalenza e ontano nero (Alnus glutinosa ), frassino maggiore (Fraxinus excelsior ) e olmi (Ulmus minor ) fra le essenze arboree, il nocciolo (Corylus avellana ), la sanguinella (Cornus sanguinea) la berretta del prete (Evonymus

europaeus ) tra gli arbusti. Il corteggio erbaceo annovera, tra le varie specie, la veronica acquatica (Veronica anagallis-aquatica ), il non ti scordar di me (Myosotis scorpiodes ), il crescione palustre (Rorippa palustris ), la rampicante dulcamara (Solanum dulcamara ), varie carici, chenopodi, amaranti, poligoni, tra i quali varie specie estranee alla flora locale, le esotiche, insediatesi negli ultimi decenni, come lamericana forbicina (Bidens frondosa ) o lasiatic poligono giapponese (Fallopia japonica ).

Singolare invece un piccolo bacino palustre, a ridosso della Cascina del Sirogi, lultima cosa che si potrebbe pensare di rinvenire in un ambiente tuttattorno prettamente roccioso. Tra laltro quella piccola superficie umida ospita alcune specie veramente singolari: la veronica delle paludi (Veronica scutellata ), le cui uniche due altre segnalazioni nel Biellese (laghi di Viverone e di Bertignano) non hanno avuto conferme recenti; la cannella delle torbiere (Calamagrostis canescens ), una graminacea nota in Piemonte solo nel Biellese e alla Garzaia di Valenza; la viola palustre (Viola palustris ), specie di ambienti montani che molto raramente si rinviene a queste quote (300 m), lerba scopina (Hottonia palustris ) e lerba vescica (Utricularia australis ), entit ormai divenute rarissime per le bonifiche effettuate negli ambienti umidi di pianura. Coperture boschive Nelle depressioni fra i vari settori ciottolosi e in prossimit di scorrimenti idrici si trovano condizioni favorevoli allo sviluppo di formazioni boschive. Ove il tasso di umidit maggiore si produce una boscaglia ove prevalgono il carpimo (Carpinus betulus ), la farnia (Quercus robur) e il gi citato frassino maggiore; lelemento arbustivo consta del nocciolo, ciliegio selvatico (Prunus avium), del biancospino (Crataegus monogyna ), del tremolo (Populus tremula) e della frangola (Frangula alnus ). In questi ambienti tende sempre pi ad infiltrarsi la robinia (Robinia pseudacacia ), aggressiva esotica nordamericana che si inserita partendo dalle estremit longitudinali dellarea, correndo lungo le vie di maggiore accesso, pi antropizzate. Oggi sono diversi gli esempi di situazioni boschive ove la robinia domina su ogni altra essenza, mostrando la faccia di maggiore degradazione della Bessa. La componente erbacea di queste boscaglie abbastanza numerosa: la primula (Primula vulgaris ), la silvia (Anemone nemorosa ), il sigillo di Salomone (Polygonatum multiflorum ), il mughetto (Convallaria

majalis ), il ciclamino (Cyclamen purpurascens ), la verga doro (Solidago virgaurea) ed altre ancore; ai rami si aggrappano ledera (Hedera helix ), la madreselva (Lonicera caprifolium ), il tamaro (Tamus communis ). La specie erbacea pi significativa per la stellaria bulbosa (Pseudostellaria europaea ),
limitata ad un piccolo tratto nel settore NE dellarea: questa stazione, pi le altre del Biellese, Valsesia e Novarese costituiscono il nucleo pi occidentale della distribuzione di questa specie pi tipica dellEuropa centro-orientale, le cui uniche altre stazioni italiane sono nella Carnia. In presenza di un suolo meno profondo, in genere nella parte centrale della Bessa, il minor tasso di umidit esistente produce differenti riposte vegetazionali favorendo, tra le essenze legnose, il pi consistente sviluppo della rovere (Quercus petraea ) mentre appaiono nuovi arbusti: il sorbo montano (Sorbus aria ), lacero campestre (Acer campestre ), il ginepro (Juniperus communis ), il prugnolo (Prunus

spinosa ), il pado (Prunus padus ). Tra le erbe sono da segnalare, in ordine di sviluppo stagionale, lerba trinit (Hepatica nobilis ), il vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria ), la fava grassa (Sedum maximum ).
In condizioni ecologiche abbastanza simili a quelle ove prevale la rovere, ma generalmente in presenza di suolo pi profondo e sciolto, si sviluppa il castagno (Castanea sativa ), che qui, come in altre realt, stato aiutato dallattivit umana; invece nelle condizioni di suolo meno favorevoli, pi xerofile, si sviluppa la roverella (Quercus pubescens ), una tipica essenza mediterranea, rara in tutto il Biellese, mentre ancor pi rare appaiono due altre legnose ugualmente mediterranee: il cerro (Quercus cerris ) e lorniello (Fraxinus ornus ). Una specie arbustiva che caratterizza questi ambienti il pungitopo (Ruscus

aculeatus ), peraltro presente anche nelle boscaglie di rovere.

anemoni
Formazioni erbacee

ciclamini

Quando le condizioni del suolo cominciano ad essere tali che il substrato di modesta profondit, col ciottolame poco profondo o appena fuoriuscente, lo sviluppo di una copertura arborea continua di fatto impedita e tende allora a prevalere un aspetto a formazione aperta ove prevalgono elementi arbustivi ed erbacei. Quantitativamente, dal punto di vista floristico, questo ambiente risulta il pi vario di ogni altro in Bessa. Gli arbusti annoverano i gi citati prugnolo e frangola, il ligustro (Ligustrum vulgare ), la rosa canina (Rosa

canina ), la ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius ), lo spino cervino (Rhamnus cathartica ), mentre il
corredo delle specie erbacee quanto mai ricco per cui il caso solo di prendere in considerazione quelle che assumono maggiore significato. Linizio della primavera vede in fioritura il violaceo fiore della pulsatilla comune (Pulsatilla montana ) e quello azzurro del muscari azzurro (Muscari botryoides ), due specie che in tutto il territorio biellese si rinvengono solo nella Bessa. Pi tarda la fioritura del geranio sanguigno (Geranium sanguineum ), noto nel Biellese in una sola altra localit (presso Sostegno), della campanula a fiore di pesco (Campanula persicifolia ), presente altrove solo presso Salussola, del verbasco di Chaix (Verbascum chaixi ), esclusivo della Bessa, e della codolina nuda (Phleum phleoides ), una graminacea di cui, oltre la Bessa, una nota una sola altra stazione nel Biellese (Naviglio di S. Damiano) per non pi ritrovata da oltre un secolo e mezzo! Esteticamente, rilevante in questi ambienti la presenza del magnifico giglio rosso (Lilium bulbiferum var. croceum ), entit protetta dalla Regione Piemonte, che non manca, sebbene non sia mai comune, in altri settori del Biellese a quote maggiori. Pietraie scoperte Dove gli accumuli di ciottoli mostrano una scarsa o scarsissima copertura vegetale siamo in presenza della peculiarit morfologica pi nota della Bessa, un unicum. Ne scaturisce un insolito aspetto floristico nel quale figurano diverse entit che non dato di osservare altrove nel Biellese, o quasi. Si tratta prevalentemente di essenze xerofile, la risposta scontata alla limitata quantit di elementi nutritivi disponibili. Predominano le specie erbacee e fra esse tipica la categoria di quelle che si rivestono di organi che impediscono uneccessiva perdita di acqua dai tessuti: foglie grasse o molto sottili e consistenti. Tra queste particolarmente frequente il semprevivo maggiore (Sempervivum tectorum ), una tipica pianta montana dalla bella fioritura rosea (mese di maggio), le cui rosette di foglie spesse ravvicinate tra loro formano a volte ampi tappeti sulle distese dei cumuli di ciottoli. Molto meno evidente la esile graminacea festuca annuale (Micropyrum tenellum ), per la quale non vi sono altre indicazioni nel Biellese; una specie prevalentemente distribuita nellarea mediterranea, come lo sono due specie di lattughe selvatica, la alata (Lactuca viminea ) e la rupestre (Lactuca perennis ), la prima presente solo sui ciottoli presso il bivio per Settimo Vittone e la seconda nota altrove nel Biellese solo presso Sostegno. Unaltra

specie che ricorda climi ancor pi caldi, la paleosubtropicale felcetta lanosa (Cheilanthes marantae ), ovunque rara in Italia. Adriano Soldano

fiori di ghiaccio sui ciottoli

Geologia

Formazione del giacimento aurifero


Nel corso delle varie fasi glaciali del Quaternario, a partire dalla fine del Pleistocene inf., i ghiacciai alpini della Valle d'Aosta si sono espansi fino a raggiungere a pi riprese l'angolo nord occidentale della pianura piemontese ove hanno edificato con il materiale detritico eroso un complesso sistema di argini e cerchie: l'anfiteatro morenico di Ivrea. Il territorio del quale la Bessa fa parte si estende dal punto in cui l'alta pianura biellese si raccorda alle due dorsali moreniche pi esterne di questo sistema: la morena Donato - Mongrando che inizia sulle pendici meridionali della Colma di Mombarone e termina a Mongrando (ma in origine doveva prolungarsi verso SE ed avvolgere completamente la Bessa sul lato esterno ) e una seconda che si allunga in direzione NW - SE tra Bornasco e Vermogno, dove sembra subire un'interruzione per ricomparire in piccoli lembi a Cerrione. Questi depositi furono edificati nel corso della pi antica fase glaciale documentabile in questo settore (800.000anni fa circa).

Terminata l'influenza diretta delle fasi glaciali che si susseguirono durante la parte alta del Pleistocene medio e nel Pleistocene sup., nel settore esterno dell'anfiteatro ebbe luogo la sovrimposizione del reticolo idrografico ed inizi una generalizzata fase di erosione. Il torrente Viona smantell parte dei depositi glaciali dell'unit di Bornasco che occupavano tutta l'area della Bessa lasciando come unico relitto la morena Bornasco - Vermogno. In questo contesto furono liberati dai detriti i massi erratici che ora costellano a centinaia dossi e avvallamenti e si form il giacimento aurifero: infatti l'erosione e risedimentazione locale dei depositi risalenti alla prima fase glaciale produsse una concentrazione dell'oro gi presente in forma dispersa. L'oro contenuto in tali depositi si presenta sotto forma di lamelle e di granuli: la forma a granulo indice del basso tasso di trasporto che esso ha subito ad opera dei corsi d'acqua; infatti i granuli subiscono in acqua corrente continue percussioni tra i ciottoli e per la loro elevata malleabilit si assottigliano assumendo una forma lamellare, ne consegue che la maggior parte del percorso dai giacimenti primari della Val d'Ayas avvenne su superficie glaciale. L'evoluzione posteriore alla costituzione del placer riguarda il modellamento della nuova superficie del terrazzo con la formazione, ad opera dei corsi d'acqua, delle scarpate che lo delimitano su tre lati. La Bessa si presenta,quindi, attualmente come uno stretto terrazzo fluviale che si estende sul prolungamento della valle della Viona per oltre 7 km in direzione NW-SE, larga da poche centinaia di metri fino ad un massimo di 1,1 km e degradante da una quota massima di circa 400 m a NW alla quota di circa 300 m a SE. Delimitato a destra dalla morena Bornasco - Vermogno e da uno zoccolo poco rilevato verso la valle del torrente Olobbia aggetta invece a sinistra, con un'alta scarpata, sulla piana del T. Elvo. La quasi totalit dei 4,5 kmq di superficie del terrazzo sup. ricoperta da cumuli di ciottoli prodotti dal lavaggio della parte pi grossolana dei depositi fluviali auriferi (all'interno dei quali sono ancora evidenti le tracce di insediamenti e dell'impianto di distribuzione delle acque) mentre la frazione pi fine (ciottoli piccoli, ghiaie e sabbie) fu fatta transitare in canali artificiali e risediment ai loro sbocchi formando una sequenza di conoidi coalescenti anche questi compresi entro i confini della Riserva Naturale Speciale istituita nel 1985.

testo rielaborato da F. Gianotti 1996 - stereogrammi: F. Gianotti

Area della Bessa dopo le fasi glaciali

Area della Bessa dopo la costituzione del "placer"

carta geologica della Bessa

Terrazzo sup. delle aurifodinae [puntinato] Morena Bornasco-Vermogno Scarpata (depositi fluviali della Dora Baltea)

Terrazzo inf. (conoidi antropici) Morena Donato-Mongrando Depositi alluvionali recenti

Oro
Simbolo chimico AU, loro noto fin dalla pi remota antichit: si sono trovate tracce del suo utilizzo a partire dal V millennio a.C. Esiste in natura allo stato nativo ed lunico metallo di colore giallo. Dopo il Platino il pi pesante, con peso specifico: 19,3. Fonde a 1063 C. e si pu saldare a s stesso per semplice riscaldamento al disotto del punto di fusione. E il pi duttile e malleabile tra i metalli: con la battitura si possono ottenere foglioline di spessore inferiore ad 1 millesimo di millimetro. In oreficeria lo si utilizza in lega con argento o rame perch poco resistente; la proporzione doro contenuta in queste leghe si esprime in carati con la convenzione che il titolo di 24 carati corrisponde alloro puro ed inalterabile allaria e allacqua: non si patina, quindi, se esposto agli agenti atmosferici. Loro attualmente estratto dalle sabbie del torrente Elvo si presenta sotto forma di lamel le di dimensione non eccedenti i 2 mm. Gli attrezzi pi comuni utilizzati dai moderni cercatori sono: la scaletta e il piatto o batea. La scaletta un asse lungo 80-90 cm., largo 40-50 cm. e dotato nel senso della lunghezza di un bordo alto 10. Il piano, liscio nella met superiore, provvisto in quella inferiore di scanalature orizzontali profonde 1,5-2 cm. Viene immersa nel corso dacqua ed ancorata al fondo con inclinazione tale da essere percorsa da una debole corrente di 4-5 cm. di altezza che priva il sedimento aurifero, versato lentamente sulla superficie, della frazione pi fine e leggera mentre la frazione pesante (magnetite, granati e oro) trattenuta dalle scanalature. Il piatto (tradizionalmente in legno di pioppo, castagno, ontano) a fondo concavo e con diametro tra 30 e 50 cm., pu essere usato in sostituzione della scaletta. In questo caso la separazione delle frazioni a diverso peso specifico avviene mediante movimenti di rotazione ed oscillazione durante limmersione nella corrente. Loperazione mediante luso del piatto pu anche costituire la fase finale del procedimento con la scaletta.

I ciottoli della Bessa


Sono in genere di dimensioni medio-grandi (oltre 15 cm. di diametro), ben arrotondati e freschi o poco alterati. La parte esposta , nella maggioranza dei ciottoli superficiali, coperta da una patina grigiastra formata da colonie di licheni. I ciottoli sepolti o portati in superficie da poco, naturalmente ne sono privi. I cumuli rappresentano un patrimonio quasi completo delle rocce presenti nellArco Alpino Occidentale, dato che il ghiacciaio Balteo ha, durante il proprio incedere verso valle, ricevuto apporti di materiale da tutte le unit tettoniche attraversate. Troviamo perci micascisti eclogitici (costituenti la maggior parte dei massi erratici), gneiss del Monte Rosa, bianche quarziti, quarzi filoniani della valle dAyas (da cui proviene loro), gabbri nerastri e rocce vulcaniche di colore violaceo del Canavese, verdi serpentiniti e calcescisti giallastri della media Valle dAosta, graniti del Monte Bianco.

Cenni storici

Situato all'ombra della grande morena pleistocenica della Serra il giacimento aurifero della Bessa era ai margini di una via di comunicazione che dalla fine del Neolitico collegava la Pianura Padana con la valle del Rodano e con l'altopiano Elvetico attraverso il passo del Gran San Bernardo. Testimonianze evidenti dell'esistenza di questa "via" sono le steli antropomorfe che arrivarono nel corso del III millennio a.C. al seguito di correnti culturali provenienti dall'oriente Mediterraneo e dal Mar Nero lungo itinerari di penetrazione che in buona parte sembrano coincidere con il cammino dei miti di Giasone e di Eracle (Mezzena 1998). Le ritroviamo dapprima nella fascia pedemontana poi in Valle d'Aosta e, oltre il passo alpino, nel cantone Vallese in Svizzera. Nella necropoli megalitica di Saint Martin de Corleans (Aosta) abbiamo, con una magnifica serie di steli, una prova della fondatezza dell'associazione di queste culture al mito di Giasone, dato che il rito preliminare per il loro impianto consistito nell'aratura del terreno e nella semina di denti umani uguale quindi a quello che celebrarono gli Argonauti prima di partire alla conquista del Vello d'Oro. Un probabile percorso risal la Dora Baltea (testimoniato dalle steli di Vestign) e pass a breve distanza dalla Bessa, possiamo quindi ragionevolmente pensare che questi "cercatori di metalli" (il Vello d'Oro altro non che la pelle di animale attraverso la quale venivano filtrate le sabbie aurifere) abbiano avuto la possibilit di venire a conoscenza dell'esistenza di questo esteso e ricco giacimento di superficie e delle sabbie aurifere dei corsi d'acqua che lo delimitavano. Non vi sono tuttavia,al momento, testimonianze dirette che indichino con certezza uno sfruttamento protostorico del giacimento aurifero, ma il ritrovamento di due nuclei di ossidiana e la presenza di numerosi massi erratici con incisioni a "coppella" (alcune tipologie appaiono collocabili nelll'et del Rame/Bronzo Antico) attestano una intensa frequentazione protostorica dellarea che, a partire dal V/IV sec. a.C., era controllata dalla trib celtica (o celto-ligure) dei Salassi, insieme al territorio biellese parte dellattuale provincia di Torino e alla Valle dAosta. Dagli storici Cassio Dione (155 - 235 d.C. ca) (1), Paolo Orosio (fine IV - inizio V sec. d.C.) (2) e dal geografo greco Strabone (64 a.C. - 21 d.C. ca) (3) abbiamo una serie di significative notizie sul giacimento della Bessa che brevemente riassumiamo (testi originali alle note 1/3). Nel 143 a.C. il console Romano Appio Claudio attacc i Salassi prendendo a pretesto una contesa tra questi e le popolazioni insediate nella pianura (in cui i primi venivano accusati di privare i campi coltivati dell' acqua del fiume Duria, utilizzata per il lavaggio delle sabbie di un grande giacimento aurifero). Malgrado una disastrosa sconfitta iniziale, Appio Claudio si impadron del territorio oggetto del contendere. Ritornato a Roma chiese al senato il "trionfo" ma gli fu rifiutato a causa dell'elevato numero di perdite. Appio Claudio se lo autoconcesse pagando di propria tasca le spese, ma la parata rischi di finire in rissa e per evitare di essere assalito da alcuni tribuni il console fece salire sul proprio carro la sorella vestale per beneficiare della sua inviolabilit. Appio Claudio che apparteneva ad una dinastia che oltre a tramandarsi il nome si tramandava anche il consolato era suocero di Tiberio Gracco uno dei famosi gioielli di Cornelia, figlia di Scipione Africano vincitore della battaglia di Zama. L'identificazione del suddetto giacimento con la Bessa (o pi probabilmente con le sabbie fortemente aurifere dei corsi d'acqua circostanti) non certa, ma molto verosimile dato che doveva trattarsi di entit di grandi dimensioni. Si deve pensare che Strabone citando la Duria non si riferisse all'attuale fiume Dora che scende dalla Valle d'Aosta ed separato dalla Bessa dalla grande morena della Serra, ma lo utilizzasse come idronimo dato che non esistevano nella regione altri giacimenti di consistenza tale da giustificare

una, sia pur pretestuosa, disputa sull'acqua. Si deve ricordare a questo proposito che in Valle d'Aosta esistono numerose Dore (Savarenche, Rheme ecc.), in Piemonte la Dora Riparia, in Savoia e Vallese sono comuni le Doire, Doron, Drance e Duria era l'antico nome del fiume Duero. Il testo di Strabone evidenzia anche che i Salassi controllavano le sorgenti del corso d'acqua e quindi evidentemente erano in grado di controllarne anche il flusso, cosa assolutamente impossibile se si fosse trattato della Dora Baltea. Anche a sud del lago di Viverone, in comune di Mazz, dove la Dora esce dall'anfiteatro morenico di Ivrea vi una zona di sfruttamento aurifero di modeste dimensioni che in parte si adatterebbe alla descrizione di Strabone. In questa zona si potevano effettivamente utilizzare le acque della Dora Baltea, ma l'ampiezza del cantiere non compatibile con l'impoverimento della portata del corso d'acqua e con il controllo delle sorgenti. Lipotesi pi attendibile e maggiormente in linea con il testo di Strabone (suddivisione del corso dacqua in canaletti) indirizza verso una estrazione delloro contenuto nellalveo dei torrenti che delimitavano il giacimento alluvionale (gli attuali Elvo, Viona e Olobbia), i quali, ancora oggi, contengono buone quantit di metallo in pagliuzze. Il 140 a.C. quindi il termine post quem i pubblicani romani poterono avere in appalto la miniera d'oro e il ritrovamento, nella zona centrale della Bessa non lontano dalla frazione Vermogno, di un tesoretto di 10 Vittoriati e 3 Denari d'argento il pi recente dei quali databile al 118 a.C. e di un Asse nella zona settentrionale databile al 91 a.C. conferma l'attribuzione dei lavori al II - I sec. a.C. L'oro era di propriet dello Stato ed un Procurator metallorum era posto a capo dell'amministrazione. Il testo di Strabone conferma anche che il metallo era gi estratto dai Salassi (gli Ictimuli citati da Plinio erano probabilmente Salassi che avevano come centro di riferimento il villaggio omonimo), evidentemente su scala non semplicemente artigianale. Da Plinio (23 - 79 d.C.) abbiamo invece la prova della dimensione del cantiere poich, a proposito della Bessa, cita una lex censoria (4) che, probabilmente per problemi di ordine pubblico, vietava l'utilizzo nelle aurifodinae di pi di 5000 lavoratori, ci significa che vi furono periodi in cui il loro numero dovette essere maggiore. E' probabile che questo numero non si riferisse ai soli addetti ai lavori minerari ma al totale dei lavoratori impiegati compresi quindi quelli coinvolti nella logistica. L'apertura dei cantieri provoc certamente una imponente rilocazione di popolazioni di etnia salassa verso l'area della Bessa e una modifica alla loro struttura sociale ed economica (l'approvvigionamento in viveri e materiali doveva rappresentare un importante problema) dato che si ritiene che la mano d'opera fosse costituita da comunit di "dedicti" che, dopo la sconfitta, pagavano tributo a Roma con il lavoro. Inoltre in prossimit della miniera doveva essere necessaria la presenza dell'esercito dato che si trattava di zona di confine con popolazioni che furono totalmente sottomesse solo sotto Augusto. Il periodo di sfruttamento della Bessa stato uno dei pi turbolenti nella storia della Repubblica. Viene immediatamente dopo la caduta di Cartagine ad opera di Scipione Emiliano poi ucciso da Caio Gracco, laltro gioiello di Cornelia. In seguito arrivarono le invasioni dei Cimbri che furono sconfitti da Mario nei pressi di Vercelli nel 101 a.C. e le lotte tra lo stesso Mario e Sil la. E probabile che loro della Bessa sia servito a finanziare i vari contendenti fino alla presa del potere da parte di Cesare, che era scampato alle liste di proscrizione (eliminazione fisica) emesse da Silla. Non nota la durata del periodo di sfruttamento (probabilmente un centinaio di anni) sappiamo per che allepoca in cui scriveva Strabone le miniere erano gi state abbandonate (o esaurite) e loro di Roma proveniva ormai in massima parte dallIberia e dalla Gallia. Amministrativamente la miniera dipese nella fase iniziale da Vercelli poi, in seguito alla deduzione di Eporedia (Ivrea) nel 100 a.C., pass, secondo una tesi recente, sotto questa. Lo testimonierebbero indirettamente alcune lapidi ed iscrizioni di cittadini eporediesi, rinvenute ai margini della Bessa (fraz. Riviera di Zubiena) e sul sito di S.Secondo di Salussola, da alcuni ritenuta l'antica Victimula. La lapide di Riviera relativa ad un sacerdote di Augusto, liscrizione di S.Secondo ricorda la donazione di un

ponderarium (struttura in cui venivano conservati pesi e misure) da parte di un magistrato. A questo
proposito si deve per constatare che le iscrizioni sono di et alto imperiale, che sia Strabone che Plinio, attivi in epoca posteriore alla chiusura della miniera, la collocano vicino a, o nell'ager di Vercelli senza menzionare Eporedia. Lidentificazione della Ictimuli/Victimulae, citata dagli storici, con il centro direzionale delle aurifodinae non stata fino ad ora confermata, dato che la datazione dei reperti e delle strutture indagate a S.Secondo non sono antecedenti let Imperiale e nessuna necropoli contemporanea al periodo di coltivazione per ora venuta alla luce. Un vicus a nome Ictimuli o Victimula sicuramente esistito dato che oltre Strabone anche l'Anonimo Ravennate (VII sec.) la cita situandola vicina all'attuale Ivrea (5). La ricerca delloro continu anche nei secoli successivi e prosegue ancora attualmente a livello amatoriale ad iniziativa di singoli e limitata alle sabbie provenienti dal rimaneggiamento dei depositi delle morene ad opera dei torrenti. *********** 1. (Appio) Claudio, il collega di Metello al consolato, orgoglioso di nascita, e geloso di Metello, ottenne

dalla sorte di governare l'Italia, ma non avendo alcun nemico, e desiderando assolutamente ottenere una brillante vittoria; spinse la trib gallica dei Salassi - che non aveva ragioni di conflitto a entrare in guerra contro i Romani. Invi loro qualcuno per mettere pace, disse, tra di loro e loro vicini, poich non vi era accordo circa l'acqua necessaria alle miniere d'oro; e fece delle incursioni attraverso tutto il loro paese.
2. Appio Claudio attacc il Galli Salassi e nella sua disfatta perse cinque mila soldati, dopo aver

nuovamente dato battaglia uccise cinque mila nemici ma bench avesse chiesto il trionfo, che la legge prevedeva per chi avesse ucciso cinque mila nemici, non lo ottenne a causa delle maggiori perdite subite, egli diede prova di una impudenza e di una ambizione incredibile trionfando a proprie spese
3. " Il paese dei Salassi ha pure delle miniere, di cui un tempo, quando ancora erano potenti, i Salassi

erano padroni, cosi come erano padroni dei valichi alpini. Nella produzione mineraria era loro di grande aiuto il fiume Duria per il lavaggio delloro; perci in molti punti, dividendo lacqua in canaletti, svuotavano la corrente principale. Questo serviva a quelli per la produzione delloro, ma danneggiava gli agricoltori che coltivano le pianure sottostanti, privati dellacqua di irrigazione. Per questo motivo vi erano continui conflitti tra le due popolazioni." " Dopo la vittoria dei Romani, i Salassi furono cacciati dalle miniere e dal territorio circostante, ma perch continuavano ad occupare i monti, fino a poco fa vendevano lacqua ai pubblicani che avevano appaltato i lavori delle miniere doro e vi erano continue liti coi Salassi per la cupidigia dei pubblicani ." " Quanto allo sfruttamento delle miniere, oggi non avviene pi come prima, perch quelle dei Celti transalpini e parimenti quelle dellIberia sono pi proficue. Una volta invece, quando anche a Vercelli cera una miniera doro, era in vigore tale sfruttamento. Vercelli un villaggio vicino a Ictimuli che pure un villaggio: entrambi sono vicini a Piacenza ."
4. "Extat lex censoria ictimulorum aurifodinae in Vercellensi agro, qua cavebatur, ne plus quinque milia

hominum in opere publicani haberent ."


5. " Iuxta Eporedia non longe ab Alpes est villa quae dicitur Victimula."

Roma nel 143 a.C.

Leggende dell'oro

Tra le numerose leggende e tradizioni popolari biellesi alcune, che significativamente hanno origine nei territori occidentali in prossimit del fiume Elvo ai margini della Bessa, hanno come filo conduttore l'oro. La pi interessante detta dei "pe' d'oca" (piedi doca) narra di stranieri alti, biondi e con occhi azzurri che giunsero nel territorio dell'attuale comune di Muzzano accolti benevolmente dalla popolazione perch promisero di insegnare l'arte di trovare ed estrarre l'oro dalle montagne e dai fiumi. Un'altra causa della generosa ospitalit offerta (da parte della componente maschile) fu la bellezza e la "formosit" delle loro donne. Mogli ed aspiranti tali, dei muzzanesi, si opposero senza successo a questa sgradevole situazione che le poneva in evidente inferiorit, fino a quando una sera durante un ballo dinanzi al fuoco, una giovinetta si accorse che sotto alle vesti lunghe fino a terra delle straniere spuntavano dei piedi d'oca. L'ilarit generale e lo scherno a cui furono sottoposte le donne, offese i "cercatori d'oro". Difesi da una Fata e da un grosso serpente, che impedirono ai muzzanesi di riportarli indietro con la forza, se ne partirono senza aver rivelato il loro segreto. Una leggenda simile proviene dal territorio di Mongrando. Qui gli stranieri sono sostituiti da bellissime Fate che al pari di questi promisero alla gente di insegnare il modo di trovare l'oro. Anche queste malcapitate se ne andarono dal paese senza trasmettere la straordinaria facolt di cui erano dotate a causa della derisione delle donne locali che scoprirono una imperfezione alle loro estremit inferiori. Sotto diversa forma le due leggende hanno evidentemente una origine comune dato che riferiscono di esseri o genti di etnia e cultura diversa dai locali, con capacit specifiche nel campo della ricerca dell'oro e piedi

(probabilmente calzature) di tipo sconosciuto. La presenza delloro nellElvo e nella Bessa era certamente nota almeno dal II sec. a.C. possibile quindi pensare ad una genesi pi antica per questi racconti. Anche la Bessa ha naturalmente la propria leggenda legata all'oro. Si narra infatti che i Vittimuli

(Ictimuli/Salassi) abbiano nascosto, all'arrivo dei romani, una consistente parte dell'oro in loro possesso, nel punto pi alto della Bessa, dopo averlo fuso in forma di cavallo. Si tratta in questo caso di una probabile eco di culto solare, lo dimostrerebbe anche una successiva cristianizzazione della leggenda che sostitu l'animale sacro ad Helios, con una statua della Madonna. Anche gli gnomi compaiono nel folklore della Bessa. Si narra infatti che da una fontana situata nei pressi della fraz. Riviera-S. Cassiano escano a volte piccoli uomini benefici per fare il bucato. S.Cassiano, lantica Blatino, la cui origine si vuole risalga ad epoca romana (una stele risalente ad et imperiale fu rinvenuta nel 1951), una delle pi antiche pievi del biellese ed citata in un diploma di Federico II del 1151. Fu depraedata et cremata per multos armatos de Bugella nel 1341-1343 e non riprese vita fino alla met del 600. A valle di S. Cassiano vi il masso con il maggior numero di incisioni a coppella della Bessa (n. 14).

La Via Francigena
In cerca di salvezza eterna, di conforto spirituale o, a volte, semplicemente in fuga da una esistenza ai limiti della sopportabilit migliaia di pellegrini percorrevano nellXI secolo lEuropa, in direzione di Roma e della tomba di Pietro. Uno degli itinerari pi frequentati fu la via Francigena (in realt una serie di strade) che attraversava le Alpi provenendo appunto dalla Francia. Attraversati i passi della Valle dAosta un ramo scendeva ad Ivrea e qui si suddivideva: uno proseguiva verso Viverone, un altro attraversava la Serra per raggiungere la famosa abbazia di S.Salvatore della Bessa (oggi in gran parte perduta) e .. le sabbie aurifere dellElvo. I pellegrini-cercatori sostarono certamente anche nel borgo di Magnano ( il nome deriva dalla professione dei suoi abitanti che erano calderai) che, fino al XIV secolo, era raggruppato intorno a S.Secondo, una delle chiese romaniche pi significative del Biellese, eretta inizialmente ad una sola navata poi ampliata con la costruzione di altre due e dellimponente campanile, nel corso dellXI secolo. Con il trasferimento del villaggio su una altura, attorno ad un Ricetto, la chiesa conobbe un periodo di decadenza e rimaneggiamenti stilistici e fu restituita alle forme primitive nel 1968/70.

Incisioni rupestri della Bessa

La Bessa situata tra 400 e 300 m. di altitudine alla base delle pendici meridionali del Mombarone (Alpi Biellesi - Piemonte). Si estende dalla fraz. Bornasco del comune di Sala a Cerrione per una lunghezza di oltre 7 km. ed una larghezza massima di 1.4 con una superficie di 7.5 kmq, ed delimitata a destra dai resti della morena Bornasco-Vermogno e a sinistra dal corso del torrente Elvo. Morfologicamente suddivisa in due terrazzi (superiore - inferiore) orientati NO-SE separati da una scarpata di alcune decine di metri. Il terrazzo superiore costituito da una sequenza di dossi, ricoperti da strati di ciottoli residuati dalla miniera romana del II sec. a.C., alternati a fasce boschive che occupano le depressioni, quello inferiore caratterizzato da ampie ondulazioni, con bosco e radure, originate dai conoidi di discarica di sabbie e ghiaie successive al lavaggio del sedimento aurifero. Consistenti tracce di frequentazioni protostoriche sono testimoniate da cinquantacinque massi erratici con oltre seicento incisioni prevalentemente coppelliformi. La presenza di massi erratici nella Bessa si deve allo smantellamento, ad opera dei torrenti Viona ed Elvo, di morene edificate dal ghiacciaio Balteo che durante la prima fase glaciale pleistocenica (circa 800000 anni fa) fluiva dalla Valle d'Aosta e si espandeva nell'angolo nord occidentale della Pianura Padana. L'erosione di questi due corsi d'acqua arrotond in parte i massi ed i ciottoli che ora appaiono come imponenti cumuli di discarica della miniera romana. I massi isolati o in piccoli gruppi prodotti da blocchi di frana sulla superficie glaciale che fungeva da nastro trasportatore, sono sparsi lungo tutta la superficie del terrazzo superiore che doveva apparire, prima dello sconvolgimento minerario, come un movimentato altopiano ciottoloso inciso da vallette trasversali in approfondimento verso Est. Il giacimento di oro alluvionale si form per erosione e risedimentazione locale, da parte di corsi dacqua (verosimilmente una paleo Viona), dei depositi che contenevano metallo esarato dai ghiacciai nei filoni della sinistra orografica della Valle d'Aosta (Ayas). La presenza su molti massi di incisioni rupestri attesta una colonizzazione protostorica dellarea che, a partire dal V/IV sec. a.C., si ritiene fosse controllata dai Salassi. Questi reperti pongono il problema della effettiva data iniziale di sfruttamento del giacimento (sia pure su scala artigianale) considerando che la presenza delloro difficilmente pu essere sfuggita agli artefici delle incisioni dato che doveva affiorare nei corsi dacqua temporanei che attraversavano il Terrazzo e nei loro conoidi ed probabile che l'elevata densit dei segni sia diretta conseguenza della presenza del metallo.

Carta distribuzione incisioni

Nonostante una distribuzione abbastanza uniforme dei massi sul Terrazzo superiore, la quasi totalit di quelli incisi incisi concentrata tra le fraz. Filippi e Vermogno del comune di Zubiena e cio su 1/3 della superficie. Questa anomalia probabilmente spiegabile con il fatto che le colline moreniche delimitanti il lato destro della Bessa terminano proprio all'altezza di Vermogno e su queste alture soleggiate e sicure dovevano essere situati gli insediamenti, appare quindi logico che gli atti legati alle incisioni fossero compiuti nelle vicinanze degli abitati. I massi sono generalmente posizionati su piccoli dossi su piani e comunque mai in versanti prevalentemente in ombra; inoltre la quasi totalit delle incisioni su superfici orizzontali o inclinate verso il corso del sole e sono in questo caso in maggioranza concentrate nella met superiore. Queste caratteristiche fanno supporre che un ampio soleggiamento fosse condizione preminente nella scelta, infine sembra fosse necessaria una particolare posizione dei massi sul terreno. Questa ipotetica caratteristica suggerita dal fatto che ve ne sono con superfici regolari e ben esposte che sono privi di segni mentre, altri a rugosit accentuata ed a tessitura irregolare furono utilizzati. Le dimensioni non sembrano aver condizionato gli autori delle coppelle della Bessa dato che furono ritenuti idonei esemplari da 1 mc. ed altri da oltre cinquanta, inoltre massi piccoli portano decine di cavit, altri, maestosi solo poche unit. Una conferma a quanto detto ci viene da un masso (n.14) situato in prossimit del cimitero di Riviera (Zubiena) che, nonostante sia di ridotte dimensioni, letteralmente ricoperto da oltre cento coppelle. Questo masso potrebbe essere stato scelto anche per la particolare tessitura della roccia, formata da sottili strati di quarzo e mica, che danno ai manufatti scavati perpendicolarmente alla stratificazione, un aspetto a cerchi concentrici digradanti di grande effetto visivo.

Masso n.14

Masso n.50

Altri tipi di incisione sono presenti sui massi della Bessa : "vaschette ovali" e "pediformi" si trovano esclusivamente in zone periferiche a valle della fraz. Vermogno mentre, sparse su tutto il territorio, vi sono forme a "scudo" che potrebbero essere state ottenute a volte allargando artificialmente fratture preesistenti perpendicolari al piano di scistosit, altre percuotendo la roccia dove questa tendeva a sfaldarsi naturalmente secondo piani paralleli, caratteristica questa tipica del micascisto che costituisce la quasi totalit dei massi erratici della Bessa. Il risultato finale un incavo a fondo piano profondo fino a 3 cm. con diametro massimo variabile da 20 ad oltre 60 cm. Se per alcune pu esserci il dubbio di una origine naturale per altre da escludere, data l'estrema regolarit e simmetria dell'ovale. Queste incisioni presentano tuttavia un'ampia variabilit di disegno e sono, a volte, collegate ad una coppella o appendice sul bordo superiore sinistro.

Masso n. 29

Masso n. 43

Masso n. 31

Per concludere lanalisi delle tipologie presenti nella Bessa si devono citare una forma a coltello con manico terminante a pomo, ottenuto mediante scavo di una coppella, collocabile cronologicamente nella seconda et del Ferro e una coppia di vaschette quadrate con canaletti per la quale sembra possibile ipotizzare una rappresentazione legata alla coltivazione del giacimento aurifero : bacini di accumulo e canali di smaltimento.

Masso n. 4

Masso n. 32

Nonostante le numerose suddivisioni contemplate dalla Scheda Internazionale d'Arte Rupestre, le rocce coppellate appaiono in grande maggioranza cosparse da gruppi, pi o meno numerosi di incisioni disposte apparentemente in modo casuale. Tuttavia nella Bessa si osservano, su due massi, sequenze che evocano composizioni intenzionali. Il primo masso (n.5), situato a valle della fraz.Roletti (Zubiena) ospita sulla superficie superiore piana, oltre 90 coppelle, 60 delle quali sembrano organizzate in una struttura equilibrata in cui la continuit ed uniformit dei segni fa pensare ad una esecuzione unitaria volta a rappresentare un "oggetto" dotato di un manico (doppia fila di coppelle) all'apice del quale, sul lato sinistro si origina una forma a trapezio e sul destro una lunga appendice. Questo "oggetto" presenta forti rassomiglianze con le "asce a manico ricurvo o asce aratro" incise su alcuni megaliti francesi (Trou aux Anglais, Mane Kerioned, Mane er Hroeck). Ovviamente in assenza di contesto archeologico la parentela non che un'ipotesi di lavoro, ma la presenza di un oggetto adatto ad "aprire" il terreno ed utilizzato a scopo rituale (arature di consacrazione) fin dal suo apparire nell'et del Rame ben si adatterebbe al luogo dato che l'estrazione dell'oro (metallo delle divinit) avveniva mediante scavo del sedimento.

Il secondo masso (n.41), situato a valle della fraz. Vermogno (Zubiena) porta ben cinque allineamenti composti da pi di tre coppelle, in parte collegate da canaletti, paralleli tra loro. Anche in questo caso sembra esservi intenzionalit nella disposizione dei segni e si deve considerare, inoltre, che gli allineamenti collegati da canaletti, maggiori di tre coppelle, sono molto rari sia nella Bessa (7 in totale) che altrove.

Masso n.5

Masso n.41

La classificazione tipologica in uso nell'arco alpino occidentale, suddivide in categorie le incisioni a forma di coppella a seconda che siano collegate o no da canaletti, che assumano forme geometriche o di allineamenti. Questa classificazione pu in alcuni casi stabilire una approssimativa sequenza temporale, in quanto si ritiene (non da tutti) che siano apparse per prime incisioni di piccole dimensioni, poco profonde, a partire dall'et del Rame, con successivi incrementi di volume e comparsa dei collegamenti durante l'et del Bronzo e nella successiva et del Ferro. Ben pochi dubbi sussistono comunque sul periodo di comparsa iniziale delle incisioni a coppella data la loro frequente associazione con megaliti o necropoli a cista dell' et del Rame, dalla Svezia meridionale fino al Caucaso ed alla valle del Giordano. Appare quindi impossibile attribuire datazioni di origine, posteriori a quest'epoca considerando che solo il megalitismo ebbe una diffusione geografica cos ampia e capillare. Una datazione pi tarda (Bronzo finale/prima et del Ferro), come da alcuni sostenuto, su un'area di tale estensione non supportata da alcuna "cultura" e l'ipotesi di una casuale convergenza non appare attendibile. Non possibile al momento attuale, in assenza di contesto archeologico, datare le incisioni rupestri della Bessa poich i lavori di coltivazione del giacimento hanno intaccato quasi totalmente lo strato superficiale del terreno; la maggior parte delle alture circostanti hanno subito una antropizzazione continua fino ai nostri giorni e non sono stati effettuati sondaggi alla base dei pochi massi che potrebbero aver conservato il sedimento originale. Tuttavia l'estensione tipologica (10 tipi della categoria 0) e la variet morfologica (coppelle di diametro e profondit variabili ma sovente in gruppi omogenei) fanno pensare ad una ampia estensione del tempo di incisione. Sembra comunque da scartare la tesi, pi volte formulata, che le coppelle della Bessa siano da attribuire cronologicamente al periodo di sfruttamento del placer da parte dei Romani dato che la loro ripartizione sul territorio riguarda 1,5 kmq. contro una superficie totale del terrazzo di 4,5 inoltre la zona di massima concentrazione di insediamenti relativi alle aurifodinae non coincide con quella delle incisioni.

Roc d'la Sguia

Roc Malegn

Un'eco di culti litici ancora presente nella Bessa in due massi situati, forse non casualmente, alle due estremit della zona ad incisioni. Il n.6 detto "Roc d'la Sguia" (roccia dello scivolo) un magnifico monolito carenato (quasi un gigantesco uovo) sul quale appaiono ancora le "strie" longitudinali dovute al trasporto nel ghiacciaio Balteo. Sul dorso arrotondato, oltre ad una serie di coppelle vi la traccia levigata prodotta da innumerevoli "scivolate" di generazioni di donne in cerca di fertilit (ed in tempi recenti da giochi infantili). Questo singolare legame tra alcune pietre e la capacit di generare noto in molte parti d'Europa ed legato a culture protostoriche la cui influenza giunta fino a noi. All'estremo opposto del benefico Roc d'la Sguia situato il n.50 "Roc Malegn" (roccia maligna), enorme e spigoloso erratico spezzato in tre parti che, ancora oggi, alcuni vecchi abitanti della zona preferiscono non frequentare e neppure nominare. Il frammento dominante e meglio soleggiato inciso da una consistente serie di coppelle in maggioranza collegate a due a due da un canaletto. La presenza insistente del tema della coppia fa sospettare che anche in questo caso la fertilit sia entrata, in tempi lontani, nella storia di questo masso, ci spiegherebbe la pessima fama, dovuta forse ad un anatema di matrice cristiana o ad una ancor pi antica interdizione a frequentare un luogo sacro. Anche per le coppelle della Bessa opinione diffusa che fossero contenitori di offerte in forma liquida, opinione basata in parte sulla presenza di canaletti. Ci teoricamente possibile per alcuni tipi larghi e profondi, collegati o no, ma tale caratteristica molto dubbia per i manufatti le cui ridotte dimensioni rendono difficile ipotizzare un eventuale contenuto e sovente, anche a dimensioni consistenti, non corrisponde una adeguata capacit a contenere dato che molti sono scavati su superfici inclinate ( pur in presenza di zone piane sullo stesso masso). Per quanto riguarda i tipi collegati da canaletti vi sono anomalie che lasciano perplessi: alcuni collegamenti non permettono il passaggio di liquidi tra le coppelle, altre serie hanno una inclinazione talmente accentuata che versando acqua nell'incavo superiore questa attraversa i successivi e trabocca all'esterno, lasciando scarsi residui nei presunti contenitori. Per molte incisioni l'eventuale funzionalit appare quindi secondaria rispetto alla posizione sulla superficie del masso e si potrebbe tuttalpi ipotizzare una irrorazione per aspersione. Fossero o no contenitori, sembra fondamentale l'atto di scavare la pietra. Si pu quindi supporre che la materia avesse un significato trascendente, non difficile da percepire, dato che la pietra la parte pi apparentemente immutabile della Terra Madre e l'incisione di una coppella pu simbolizzare una unione con essa. Si aggiunga che le rocce incise sono esposte ai raggi del Sole Padre e periodicamente irrorate dalla pioggia fecondatrice ed avremo una possibile spiegazione della ragione per cui furono scavate, almeno una parte, delle innumerevoli coppelle che popolano non solo la Bessa ma estese aree dell'Europa occidentale e del Vicino Oriente. E' comunque verosimile che l'uso di "fare" coppelle abbia attraversato tre millenni di protostoria con mutamenti di indirizzo rituale dovuti alle diverse e successive popolazioni e culture che lo adottarono, (pur rimanendo immutata la sacralit del gesto) e che la religiosit cos espressa divenisse, col tempo, una manifestazione secondaria e parallela che convisse con i culti dominanti o fu da questi incorporata. Il perdurare fin quasi ai nostri giorni, in una societ conservatrice e poco permeabile come quella alpina, di superstizioni legate alla pietra rende probabile l'incisione e l'utilizzo a scopo rituale, almeno occasionale, di coppelle ben dentro all'era cristiana.

Tecnica di incisione
Per meglio comprendere la tecnica di esecuzione sono state incise alcune coppelle su un blocco di micascisto usando un ciottolo di quarzite (comune nei sedimenti fluvioglaciali della Bessa) dotato di punta arrotondata con diametro di circa 4 cm. I colpi sono stati portati con leggera angolazione rispetto al piano di percussione e sono state rilevate pi volte, nel corso del lavoro, le sezioni dellincavo. Dopo alcuni tentativi iniziali non stata effettuata alcuna rotazione dellattrezzo che apparsa una inutile interruzione, si inoltre dovuto liberare periodicamente il fondo del manufatto dal materiale polverizzato. Dirigendo i colpi senza particolare precisione si formata dopo circa 15 min. una coppella a fondo conicoemisferico e bordi debolmente arrotondati di 5 cm. di diametro, profonda 1,7 cm. ed al termine di 1 h. la coppella risult avere un diametro di 9 cm. una profondit di 2,8 cm. ed una forma leggermente ovale. La prova ha evidenziato una forte diffilcot ad eseguire con attrezzo litico coppelle emisferiche con rapporto tra diametro e profondit minore di 2,5 a causa sia della mprecisione della percussione diretta, sia della scarsa inclinazione dei colpi per approfondire, condizionata dalla normale morfologia dei ciottoli quasi mai lunghi e stretti, come sarebbe necessario (ma in questo caso la punta sarebbe estremamente fragile). Una seconda prova eseguita con una punta di ferro ha dato tempi di esecuzione molto pi ristretti ed inclinazione delle pareti molto pi accentuata. La superficie dell'incavo appare sempre punteggiata da microfratture, che in alcuni casi erano in passato state indicate come segno di utilizzo di strumento di ferro, ma che in realt sono semplicemente causate dalla frantumazione dei cristalli di quarzo presenti nella roccia. Risultati analoghi ha dato l'incisione di canaletti di collegamento tra le coppelle. Sembra quindi molto probabile che le dimensioni ed il rapporto diametro/profondit possano essere indici del tipo di strumento utilizzato. Si dovrebbe infine cambiare il termine "strumento metallico" con "strumento di ferro" dato che un tentativo fatto con una punta di bronzo ha evidenziato una inadeguata durezza di quest'ultima

Stele della Bessa


Durante la prospezione totale del terrazzo superiore della Bessa svoltasi tra il 1997 ed il 2003 stata individuata (Febbraio 1997) in localit Fontana del Buchin (Cerrione) una stele antropomorfa a forma sub cilindrica in serpentinoscisto, lunga 2,90 m. La parte apicale appare lavorata in forma di prisma, forse a simulare una testa, da cui scendono, curve, le spalle. La base della "testa" presenta una incisione a collare ma a causa della scistosit della roccia non possibile stabilirne l'intenzionalit. Un incavo pettorale curvilineo, questo sicuramente artificiale, occupa la parte immediatamente sottostante per circa 40 cm. di altezza. La met inferiore rastremata frontalmente termina con una punta tagliata diagonalmente con evidenti segni di lavorazione non portata a termine. La superficie dorsale, piana all'altezza delle spalle, prosegue verso il basso con convessit e concavit di difficilmente spiegabili con fenomeni erosivi naturali. La parte superiore appare quindi fortemente assottigliata rispetto al resto del monolito. La stele al momento del ritrovamento giaceva al suolo, apparentemente sulla superficie ciottolosa delle

aurifodinae e rivolta a Sud Est (in direzione dell'alba del solstizio invernale). Era posizionata al bordo
superiore del terrazzo (versante Olobbia) in situazione dominante, nelle immediate vicinanze della pi abbondante sorgente del Parco ed in zona non interessata dalla presenza di massi incisi.

La stele nel luogo di ritrovamento

Dettaglio della parte apicale

Dettaglio della parte distale

Il tipo di roccia costituente, ha nella Bessa caratteristiche di estrema rarit. I massi del Parco sono infatti "erratici" trasportati dai ghiacciai pleistocenici, successivamente erosi da corsi d'acqua nelle fasi di deglaciazione e, dato l'alto grado di scistosit e quindi di fragilit del serpentinoscisto, la presenza di elementi di grandi dimensioni costituisce un evento insolito. In prossimit della stele esiste un secondo masso con le stesse caratteristiche litologiche (viaggiano quasi sempre in gruppi essendo originati da frane sulla superficie glaciale) a conferma che la materia prima fu reperita in loco. La rimozione del manufatto, trasportato nella sede del Parco a Cerrione per pulitura e consolidamento, ha permesso di constatare che si trovava ancora nell' "atelier" di lavorazione. Lo testimoniano la presenza di numerose schegge di grandi dimensioni (non attribuibili a distacco naturale) situate immediatamente al disotto del "dorso" (non visibili precedentemente a causa di un leggero strato di terra a copertura). Questi resti di lavorazione poggiano su una serie di lastre curve interconnesse, infossate per oltre 40 cm nello strato di ciottoli, a formare un "negativo" della stele.

Schegge sottostanti il manufatto

Lastre di base

L'esecuzione del manufatto non fu portata a termine e quindi non fu mai eretto (forse a causa della frantumazione della pietra all'altezza della spalla destra), ma la cura con cui fu abbandonato (lastre, schegge e stele sovrapposte ed allineate, e orientamento particolarmente significativo) suggeriscono la celebrazione di un rito. Non al momento definibile una precisa datazione poich, pur essendo la stele in superficie, le lastre erano affondate, come detto, nel sedimento della discarica mineraria, appoggiate ad un sottile strato di ciottoli che le manteneva distaccate dal terreno. Non quindi chiara la collocazione stratigrafica, tuttavia i ciottoli disordinatamente addossati al manufatto fanno supporre che un rimaneggiamento del contesto sia avvenuto in epoca posteriore alla lavorazione del reperto. Risulta quindi problematica una sua attendibile definizione. In via indicativa si ipotizza una datazione nell'ambito della seconda et del Ferro (IV/II secolo a.C.) sulla base di confronti con altri manufatti analoghi rinvenuti nel vicino Canavese ed una interpretazione come cippo monumentale.

Riproduzione dal vero ( Maria Ciocchetti 1997 )

Altri ritrovamenti
Da un cumulo di discarica delle aurifodinae, situato lungo la "strada delle pietre bianche", proviene un ciottolo di gneiss alto 31 cm. con una profonda incisione a collare sulla faccia anteriore (sulla posteriore si presenta come una leggera martellatura), eseguita presumibilmente con uno strumento litico. La parte apicale del ciottolo presenta inoltre smussature di origine artificiale, che interrompono la naturale curvatura causata dalla lunga permanenza in un corso d'acqua. In assenza di contesto non possibile avanzare ipotesi sulla data di esecuzione dell'incisione, si pu tuttavia constatare la forte rassomiglianza (per forma, dimensione, tipo di roccia utilizzata e tipo di incisione) con idoliformi ritovati in associazione con sepolture dell'et del Rame. I conoidi antropici della Bessa, formati dal materiale fine di discarica della miniera, sono composti prevalentemente da sabbie e ghiaie residuate dal lavaggio del giacimento aurifero e molte cave di sfruttamento sono state attive fino a tempi recenti. Allinterno del sedime ghiaioso di ricoprimento, proveniente dai suddetti conoidi, di una carrareccia situata in regione Briengo, al limite settentrionale del Parco, stato rinvenuto (9/2009) un nucleo di ossidiana su ciottolo con cortice, di circa 4 cm. di lunghezza, sul quale vi sono evidenti tracce di lavorazione finalizzata allottenimento di piccole lame. Questo reperto di evidente importazione (la maggior parte dell'ossidiana ritrovata nel nord Italia proviene dalla Sardegna o dalle isole Eolie) evidenzia una frequentazione della Bessa in epoca collocabile tra il Neolitico e lEt del Rame.

A conferma della continuit di insediamenti nell'area della Bessa stata rinvenuta (4/2010), nelle ghiaie dei conoidi situati in comune di Mongrando, una fusaiola di 5 cm. di diametro per la cui datazione si potuto trovare un riscontro probante in un reperto proveniente dallinsediamento di Roc del Col in Val Chisone (TO) ritrovato in un contesto Bronzo Medio con forti richiami, negli elementi ceramici, allinsediamento palafitticolo di Viverone (Fozzati, Bertone - La civilt di Viverone 2004). Entrambi i reperti presentano segni di usura su una faccia, probabilmente causati dal contatto accidentale con il terreno durante la rotazione.

Roc del Col

Bessa - recto

Bessa - verso

Coltivazione del giacimento

La coltivazione del giacimento aurifero di origine alluvionale della Bessa necessitava di grandi quantit di acqua in quanto il sedimento, formato da ciottoli di varia pezzatura, ghiaie, sabbie, limi e contenente il metallo in pagliuzze o piccole pepite, doveva essere lavato. Lacqua fu derivata dal torrente Viona a quota 500 e fatta scorrere in un canale situato inizialmente sulla sinistra orografica della morena Bornasco-Vermogno, attraversata poi all'altezza dell'attuale frazione Bornasco del comune di Zubiena, fino alla frazione Filippi. Il tracciato si identifica in una carrareccia che percorre la miniera. Da morena Filippi che, dal corso del torrente, scende con pendenza costante verso la doveva poi seguire le pendici superiori della morena lungo la quota 380 in

corrispondenza con l'attuale strada provinciale fino alla frazione Caporale (con varie derivazioni in direzione del giacimento) per scendere infine, a livello Terrazzo, allaltezza dellabitato di Vermogno, lungo un percorso segnato dalla carrareccia di confine del Parco. All'interno della Bessa, a valle di Vermogno, il terreno dove ipoteticamente il canale avrebbe dovuto trovarsi (a monte delle vasche di accumulo) stato fortemente rimaneggiato, ne consegue che il manufatto fu distrutto o interrato e in questo caso sembra corrispondere, ora, a tratti dei sentieri utilizzati nei percorsi di visita. La strada della Mezza Bessa probabilmente una testimonianza dellantico canale che alimentava i lavaggi e permetteva lo smaltimento dello sterile nel settore meridionale, in direzione di Cerrione.

Percorso del canale di alimentazione


Secondo recenti studi riguardanti le miniere d'oro alluvionale del Nord Ovest della Spagna (che possiamo applicare anche alla Bessa) la coltivazione del giacimento procedeva da valle verso monte (e quindi nella Bessa da Cerrione verso Mongrando) e dall'esterno verso l'interno del "placer (e quindi a partire dalle scarpate che delimitano i terrazzi dei versanti Elvo e Olobbia). Ne consegue che il canale principale di alimentazione doveva essere tracciato per intero all'inizio dei lavori. La rete idrica era probabilmente progettata da legionari in congedo che dopo aver acquisito le necessarie conoscenze durante il "servizio" passavano in seguito alle dipendenze, come tecnici, di imprenditori privati o dello Stato.

Veduta da Nord (abitato di Vermogno, terrazzo superiore, conoidi di discarica)

Il procedimento di "coltivazione" consisteva nello scavo, mediante forza idraulica, del sedimento. I ciottoli di grandi dimensioni erano raccolti ed accatastati ai lati dello scavo, a formare i grandi cumuli che oggi caratterizzano il paesaggio della Riserva. La frazione pi fine (limo, sabbia, ghiaie e ciottoli di piccola taglia) transitava, in seguito in canali, dotati di rivestimento ligneo a debole e costante pendenza ed il "concentrato" di oro, magnetite e granato, che essendo di peso specifico pi elevato tendeva a depositarsi per primo, veniva raccolto tramite procedimenti diversi (erica, ginestra o scalette lignee inserite nei canali per provocare la necessaria turbolenza). Un secondo lavaggio, probabilmente con il classico piatto, ancora oggi usato dai cercatori dellElvo, separava loro dai rimanenti minerali. Anche se non possibile ipotizzare la quantit di metallo estratto si ritiene che il giacimento fosse molto remunerativo. Lo si pu dedurre dal fatto che circa la met del deposito era costituita da ciottoli di dimensioni medio-grandi (oltre 15 cm. di diametro) ed noto che proprio nelle immediate vicinanze di questi l'oro tende a precipitare a causa delle turbolenze provocate dalla resistenza alla corrente (nel nostro caso, della paleo-Viona che erodendo la morena pleistocenica produsse la concentrazione dell'oro).

Terrazzo sup. cumuli di ciottoli

Cumuli di ciottoli e canali di smaltimento

Lapparente caos morfologico del paesaggio a cumuli di ciottoli attualmente osservabile dovuto al frazionamento del territorio in concessioni di modeste dimensioni affidate ad imprenditori privati: i

pubblicani. E tuttavia sovente possibile osservare nellandamento dei cumuli una conformazione a solchi
convergenti in direzione dei canali di smaltimento, che costituiva il normale sistema di coltivazione del

placer aurifero. Rare tracce sono invece rimaste degli impianti di lavaggio dato che venivano smantellati
e ricoperti dai detriti delle successive fasi di sfruttamento.

Solchi convergenti a Fontana del Roc dj p

Cantieri di Fontana del Roc dj p e progressione dei lavori (F.J. Sanchez Palencia 2009)
Lo sterile residuo (sabbie, ghiaie e ciottoli di piccole dimensioni) era poi scaricato mediante canali di smaltimento oltre la scarpata, in direzione dellElvo (e nella parte meridionale del terrazzo anche in direzione opposta verso lOlobbia), a formare i conoidi antropici. Le operazioni avvenivano mediante l'uso della forza idraulica e nelle zone in cui la scarpata era di modesta elevazione era accatastato in dossi e cordoni a ventaglio, mentre dove i due terrazzi erano separati da dislivelli di decine di metri (settore centro meridionale) i canali erano prolungati su bastioni sopraelevati. Alcuni di questi raggiungono una lunghezza di oltre 400 m. ed unaltezza di 20. La "rete" appare ancora oggi evidenziata nelle numerose derivazioni che dal canale principale di alimentazione percorrono ortogonalmente il Terrazzo. Molti di questi canali artificiali, che sembrano in parte impostati su rii effimeri preesistenti allo sfruttamento del giacimento si allargano durante il loro corso, o pi frequentemente allapice, in ampie superfici piane o leggermente inclinate verso valle, delimitate totalmente o parzialmente da murature a secco, sovente a forma di imbuto, in cui si possono riconoscere i resti delle "vasche di accumulo" nelle quali si ritiene venisse raccolta lacqua da utilizzare durante le ore di lavoro. Questi manufatti hanno avuto buone possibilit di conservarsi fino ad oggi (con successivi rimaneggiamenti ed ampliamenti) in quanto le superfici, bonificate e spianate, si prestavano molto bene alla coltivazione, una volta terminata la funzione originaria. In alcune di queste "vasche" ancora individuabile il canale alimentatore.

Rete idrica - canali di smaltimento dello sterile

strada della Mezza Bessa

canale di smaltimento dello sterile (terrazzo sup.)

bastione di Canej

canale di smaltimento (terrazzo inf.)

La presenza di massi erratici e laffioramento di terreno morenico sui fianchi e sulla sommit dei cumuli dimostrano come questi ammassi poggino su una sequenza di dossi e conche e non su terreno pianeggiante, la loro reale consistenza andrebbe quindi fortemente ridimensionata rispetto alle stime inizialmente proposte. Il volume di 200 milioni di metri cubi indicato per il sedimento trattato appare inverosimile, dato che significherebbe uno spessore medio del "placer" di oltre 40 m., che avrebbe teoricamente in molti punti travalicato la sommit della morena Bornasco-Vermogno delimitante a destra il Terrazzo. Una stima attendibile (Gianotti 1996) ne riduce la potenza ad un massimo di 10 m. e a 50 milioni di metri cubi il sedimento aurifero. Numerose sorgenti, molte delle quali ancora attive, altre interrate, sono sparse all'interno del Terrazzo e lungo i suoi margini e costituiscono, in molti casi, il terminale visibile dellacqua che, infiltrandosi nei cumuli, percorre gli avvallamenti o si raccoglie in conche impermeabili. Lottimo stato di conservazione

delle protezioni in murature semicircolari o rettangolari in ciottoli con piani inclinati o gradini di accesso in quelle pi profonde, testimonia della manutenzione accurata di cui furono oggetto fino ad epoca recente.

la Bessa dopo la coltivazione del giacimento (tavola da F.Gianotti 1996)

Terrazzo superiore della Bessa da Cerrione

Strutture murarie della Bessa

All' interno dell'area occupata dai resti della miniera romana sono presenti numerose tipi di strutture murarie: fondi di capanna, recinti, terrazzamenti, piattaforme, sistemazioni di sorgenti e di ripari sotto roccia. Lo stato di conservazione, molto variabile, certamente dovuto a manutenzioni effettuate per reimpieghi, probabilmente ad uso agricolo, fino all' istituzione del Parco (1985). Tuttavia si ritiene che la maggior parte di queste strutture abbia origine all'epoca dello sfruttamento minerario, quando migliaia di lavoratori vivevano sul territorio. Tutte queste evidenze necessiterebbero di indagini archeologiche per stabilire datazioni attendibili dell'epoca di costruzione. Poco si conosce a proposito della vita dei cinquemila addetti alla miniera d'oro romana citati da Plinio, ma sulle imponenti pietraie che ne testimoniano la fatica rimangono, ancora oggi, i resti della loro presenza. Murature a secco ricavate all' interno dei cumuli di ciottoli, a pianta prevalentemente quadrata o rettangolare, con superfici interne variabili da uno a decine di metri quadrati e profondit da alcuni decimetri ad oltre due metri, attribuibili ad insediamenti (abitazioni, depositi e focolari) sono sparsi su tutto il Terrazzo superiore, con una pi elevata densit ad Est della fraz.Vermogno di Zubiena, oltre il termine della morena. Per la posizione normalmente lontana da zone adibite ad uso agricolo queste costruzioni, che si ritiene fossero dotate di copertura e rivestimento interno in legno, certamente contemporanea ai lavori minerari. Lo stato di conservazione molto variabile: a zone in cui le murature originarie sono ancora sufficientemente riconoscibili, si alternano tracce costituite da estesi affossamenti nei cumuli, spesso associati a concentrazioni di ciottoli di dimensioni eccedenti la media, ci fa supporre che molti resti siano stati intenzionalmente colmati al momento del loro abbandono. Ad analoga utilizzazione si devono attribuire i ripari addossati a massi erratici, o scavati al disotto dei medesimi.

Insediamento di Ciapej Parfund

fondi di capanne affossati nei cumuli

Dato l' elevato numero di insediamenti (oltre 250 gruppi), quindi probabile che una consistente parte della popolazione collegata alla coltivazione del giacimento aurifero fosse stanziata sul luogo di lavoro. Scavi effettuati all' interno degli insediamenti hanno restituito grandi quantit di ceramica romana di et repubblicana (in frammenti) e ceramica gallica. Una conferma alla datazione per il periodo di sfruttamento del giacimento compresa tra la seconda met del II secolo a.C. e la prima met del I secolo a.C. ci viene dal ritrovamento di un "asse" la cui data di coniazione pu essere fatta risalire al 91 a.C. e di un tesoretto nel quale il reperto pi recente un "denario" databile al 118 a.C.

Riparo sotto masso al "villaggio africano"

Sorgente del ramificato G

Nella piccola enclave posta a monte della strada Mongrando-Zubiena stato pi volte indagato (Calleri 1965, Clemente-Rittatore 1971, Soprintendenza Archeologica del Piemonte fine anni '90 e inizio 2000) il cosiddetto "castelliere" con conclusioni non univoche. L' area occupa una modesta elevazione allo sbocco della valle della Viona e potrebbe in effetti aver rappresentato un buon punto di controllo delle acque da essa derivate per lo sfruttamento del giacimento aurifero. Tuttavia le strutture attualmente visibili (in parte rimaneggiate) non sembrano aver avuto funzioni difensive tali da giustificare il nome loro assegnato, ma anche poco verosimile attribuirle all' opera di moderni abitanti locali dato che i manufatti non sembrano aver avuto una efficace funzione in ambito agricolo. Si tratta in effetti di terrazzamenti in muratura a secco ricavati lungo i pendii della collina (lato orientale), con nicchie lungo le pareti, collegati da gradini in ciottoli. Il piano sommitale dotato di modesti resti di costruzioni e di una grande fossa protetta da muri (forse per la raccolta dell' acqua) in terreno ciottoloso e non pare quindi essere stata mai utilizzata per coltivazioni. Una enigmatica canalizzazione interna alle murature scende lungo il pendio fino al piano sottostante. Si pu ipotizzare che la prima occupazione del sito con le opere di sistemazione a terrazzamenti risalga ad epoca di poco anteriore allarrivo dei Romani dato che i frammenti di ceramica ritrovati sono collocabili nella seconda Et del Ferro e non differiscono significativamente dalla ceramica gallica che si rinviene allinterno della Bessa.

Terrazzamenti del "castelliere"

Fossa per la raccolta dell'acqua (?)

Nella parte centro settentrionale del Parco, a valle delle frazioni Roletto e Caporale del comune di Zubiena, nascoste tra i cumuli e invase da fitta vegetazione, furono elevate in epoca per ora indeterminata una serie di strutture murarie di tipo totalmente diverso dagli insediamenti descritti in precedenza In queste due zone un fitto reticolo di strade e sentieri, alcuni ancora oggi utilizzati altri abbandonati e di cui la natura si riappropriata, sono adiacenti o portano agli ingressi di nove costruzioni, alcune delle quali furono verosimilmente adibite ad uso agricolo fino ad epoca recente. Nel territorio limitrofo alla suddetta fraz. Roletti, sono stati identificati tre recinti subcircolari (A e B sono contigui, C dista 150 m.dai primi due) a superficie interna pianeggiante, apparentemente ricavati in avvallamenti tra cumuli molto bassi o in conche ricoperte in origine da poco consistenti strati di ciottoli e delimitati da muri interni, alti fino a 2 m. L'aspetto esterno quello di un piano inclinato di pietre (ci contribuisce molto al loro mimetismo) regolarizzato in alcuni casi da brevi tratti di muri in alzato, quando la superficie era eccessivamente ondulata (quasi una necessit estetica). In tutti si nota, nella parte meridionale del muro interno, una nicchia subrettangolare con gradino. Particolarmente interessante quella in B, dotata nel muro di fondo di una canalizzazione verso l'esterno a forma quadrata di 20 cm. di lato, lunga circa 2 m.,ottenuta mediante l'uso di ciottoli piatti. Le aperture di accesso sono di tipo relativamente complesso, caratterizzate da una piattaforma laterale interamente costruita in A e B e da uno stretto corridoio in C. Molto variabili le dimensioni delle superfici interne: circa 3300 mq. per A, 200 mq. per B e 50 mq. per C.

Recinto A: lung.max. 75 m. -larg.max. 65 m. - alt.muri 1,20/2,00 m. Recinto B: lung.max. 17 m. -larg.max. 13 m. - alt.muri 1,10/1,40 m. Recinto C: lung.max. 9 m. -larg.max. 6,50 m. - alt.muri 0,90/1,20 m.
Per quanto possa sembrare la soluzione pi ovvia, pare improbabile che le tre strutture possano essere state edificate in epoca successiva alle attivit attinenti la miniera d'oro per scopi agro pastorali. Come recinti per greggi hanno muri e/o superfici interne sproporzionate alla necessit, inoltre sono in zone ciottolose, inadatte al pascolo di grandi quantit di bestiame quali sarebbe stato possibile teoricamente sistemare negli oltre 3000 mq di A infine, vi sono fondi di capanna a stretto contatto con i recinti o inseriti nelle murature esterne che avrebbero dovuto essere sommersi di ciottoli se i lavori di bonifica fossero stati successivi alla loro costruzione. Un secondo tipo di struttura localizzato nella zona precedentemente descritta costituito da recinzioni in muro a secco di ciottoli, costruite prevalentemente in alzato di minore elevazione (tra 50 cm. e 1 m.) rispetto a quelle del primo tipo; seguono inoltre i contorni irregolari del terreno, sembrano cio, almeno in parte, delimitazioni simboliche dello spazio. Anche qui,compaiono nei muri alcune nicchie, in questo caso per semicircolari. All'interno il terreno sopraelevato in forma di tumulo alto circa 3 m. in D e di rozza piramide triangolare terrazzata, rivolta a SE, alta oltre 6 m. in E, con aree rispettivamente di 1000 e 1800 mq. circa. Entrambi gli interni sono in terreno morenico con massi erratici, a gradoni rinforzati da ciottoli in E; tracce di terrazzamento appaiono anche in D , mal conservate data l'assenza di muri di contenimento.

Recinto D: lung.max. 35 m. -larg.max. 24 m. - alt.muri 0,60/0,90 m. Recinto E: lung.max. 65 m.-larg.max.40 m.-alt.muri 0,60/1,50 m.-alt."piramide" 6 m.

L'ingresso all'area della "piramide" avviene da Sud tramite uno stradino, che si stacca dalla carrareccia che da Roletti scende in direzione dell'Elvo, bordato da muri che si allargano progressivamente fino a circondare l'intera struttura. Un piano inclinato sale dalla base seguendo il muro orientale fino ad un ampio ripiano formato dal prolungamento del secondo terrazzo, seguendo il quale si pu circumambulare la base dei due superiori ai quali non vi accesso apparente. Altri due accessi secondari, in forma di strade di terra bordate da ciottoli ammucchiati, portano all'irregolare piano (non bonificato) che fronteggia a Sud Ovest la struttura. Questa interessante costruzione fu rilevata in pianta da M. e P. Scarzella alla fine degli anni '60. L'edificazione ad uso agro-pastorale in queste strutture improbabile, dato che l'interno a tumulo D e la piramide terrazzata E a ripiani molto stretti o inclinati hanno caratteristiche che contrastano con la necessaria funzionalit ed difficile giustificare in questo caso la presenza di muri di delimitazione dello spazio. Numerose strutture a piattaforma, sostenute da muri e sovente recintate, sono adiacenti a strade secondarie. Per una di queste (situata in posizione dominante a valle della frazione Caporale), una tradizione popolare vuole che fino alla met dell' 800 fosse luogo di celebrazione di una messa espiatoria annuale. La porzione di terrazzo a valle della fraz. Caporale presenta quattro strutture, due delle quali sembrano tipologicamente apparentate. F,costruita (o scavata?) al bordo di un alto cumulo di ciottolia ppare come una serie interconnessa di corridoi a forma curva, su piani di diversa altezza separati da un gradino ancora evidente. Una sorgente protetta da una magnifica muratura a secco inserita sul prolungamento del corridoio di accesso, una seconda esterna alla struttura in prossimit di un grande fondo di capanna. G , appare come un complesso labirinto a piattaforme incise da anse curvilinee, separate da spazi a corridoio (in cui il piano di calpestio non pare bonificato dai ciottoli) di dimensioni molto variabili, raccordati da piani inclinati. Una recinzione nella solita muratura a secco (di fattura molto accurata) lo circonda. Una mulattiera costeggia la base del recinto e tre sorgenti ancora attive sono allineate al fondo di un valloncello a circa trenta metri di distanza.

Ramificato F: lung.max. 54 m.- largh.max. 36 m.-altezza muri 0,80/1,80 m. Ramificato G: lung.max. 77 m.- larg.max. 64 m - altezza muri 0,50/1,50 m.

Adiacente ad F, da cui dista una ventina di metri, la struttura H situata al bordo esterno di un cumulo. La forma ad elle interrotta nel braccio di base da un masso di modeste dimensioni che si supera tramite uno stretto passaggio con gradino. Nel braccio superiore vi un secondo masso, anch' esso contornabile con passaggio a gradino, sul quale ne stato deposto un terzo, a forma piatta con incavo al centro, puntellato con ciottoli per regolarizzarne l'inclinazione. Si tratta quindi di un insieme situato su tre piani, separati da massi e raccordati da gradini. Nell'angolo superiore destro del braccio verticale, una scaletta di pietre piatte sale all'esterno e pare costituire il collegamento con F. L'ultima "costruzione", I , una complessa area terrazzata a due ripiani. Quattro mucchi di ciottoli probabilmente a forma di parallelepipedo alti circa 50 cm. occupano il centro del piano sommitale insieme a cavit a fondo piatto con lati di oltre 2 m. e profondit massima di 40 cm. All'interno della muratura a secco che delimita il lato destro dell'area compreso un masso erratico inciso ai piedi del quale una vasca in ciottoli proteggeva una sorgente ora inattiva. Infine un piano inclinato sale dalla base del terrazzamento fino ad una piattaforma che si allunga verso sinistra per oltre 50 m.

Insediamento H: lung.totale 26 m.- larg.max. 4,5 m. - altezza muri 1,10/1,60 m. Struttura terrazzata I: lung.max.25 m.- larg.max.17 m.- altezza muri 0,70/1,10 m.
Situata a valle della fraz. Vermogno del comune di Zubiena, la struttura L , interamente costruita in ciottoli e composta da tre terrazzamenti. Quello inferiore accessibile tramite gradini, il medio ed il superiore, sembrano raccordati da piani inclinati (in cattivo stato di conservazione).

Struttura terrazzata L: lung.max.22 m.- larg.max.10 m.- altezza muri 0,40/1,00 m.

Nessuna supposizione si pu fare per la destinazione iniziale dei due "ramificati" F e G. Come ipotesi di lavoro si potrebbe pensare che l'insediamento H fosse un luogo di contatto tra individui di due diverse categorie, una a monte del masso con tavola, l'altra a valle, con il primo masso che agiva da filtro. Le strutture terrazzate I e L, hanno caratteristiche simili alla "piramide" E ed possibile che il masso inciso di I sia una presenza non casuale. All' unicit tipologica di queste strutture va aggiunto il fatto che, ad eccezione di L , sono concentrate in due aree molto ristrette del Terrazzo sup. su una superficie di 7,5 ha a Roletti e di 4 ha a Caporale e non essendo riconducibili allo stile degli "insediamenti" della miniera romana costituiscono una interessante e promettente anomalia nel complesso omogeneo di costruzioni della Bessa. Si deve infine rilevare che la quasi totalit di Terrazzamenti, Recinti e Piattaforme occupa una superficie che coincide con quella dei Massi incisi, limitata quindi al territorio a valle della morena Bornasco-Vermogno; a differenza dei resti sicuramente attribuibili alla miniera romana che sono uniformemente sparsi su tutto il Terrazzo della Bessa.

(schizzi - P.Argentero, A. Vaudagna - E, F, G da rilievi di M. e P. Scarzella)

Strade e sentieri

Un fittissimo tessuto di strade e sentieri percorre la Bessa sostenuto da assi di attraversamento costituiti da carrarecce con fondo in ciottoli e sabbia che, partendo dalle colline moreniche sulle quali sono situati gli attuali insediamenti, scendono in direzione dellElvo. Da questi assi si diramano, prevalentemente nel Terrazzo superiore, strade secondarie, sentieri e tracce la cui lunghezza totale stimabile in oltre 30 km. Anche se certamente dovuta ad una stratificazione di pi fasi, in cui difficile distinguere ci che pertinente ai lavori attinenti la miniera d'oro da successive aggiunte e rimaneggiamenti (canali di alimentazione dei lavaggi riutilizzati come sentieri), appare evidente che buona parte di una cos estesa rete (attualmente fortemente sovradimensionata per le necessit di transito in un terreno quasi totalmente sterile), sia da attribuire al periodo di sfruttamento del giacimento. Doveva quindi essere parte dell' indispensabile tessuto connettivo tra insediamenti, zone di estrazione e lavaggio e tra le diverse concessioni. Infatti, la maggior parte delle deviazioni che percorrono cumuli di ciottoli e dorsali moreniche, in zone lontane da terreni coltivabili, appaiono collegate a gruppi di "fondi di capanna" ed a canali. Il recente abbandono del territorio della Bessa da parte delluomo ha provocato un repentino aumento delle zone vegetate: campi, aree prative ed umidi avvallamenti tra i cumuli di ciottoli si sono rapidamente ricoperti di boschi a robinia e rovi, di conseguenza anche lantica viabilit stata compromessa. Le principali vie di attraversamento del Terrazzo ed i sentieri segnalati dal Parco sono normalmente percorribili in ogni stagione; le strade secondarie, spesso senza uscita, che si inoltrano tra i cumuli, sono generalmente agibili solo in inverno ed inizio primavera; nei restanti periodi la vegetazione ne rende difficile laccesso. I sentieri o tracce di sentiero, sono invece di incerta localizzazione e percorribilit in inverno e primavera ed inaccessibili nelle restanti stagioni.

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Testi e Immagini :
Alberto Vaudagna docBi centro studi biellesi Societ Valdotaine de Prhistoire et d'Archologie

Strada Cantone Bonino 11 13900 Biella -Vandorno (Italia)

tel. (0039) 0152531630

email : avaudagna@gmail.com

Alberto Vaudagna svolge attivit di ricerca sul territorio Biellese dal 1969 e dal 1996 socio attivo del
Docbi Centro Studi Biellesi, nel quale svolge il compito di Coordinatore della Ricerca Archeologica, e della Societ Valdotaine de Prhistoire et dArchologie.

L'attivit, in collaborazione con l'Ente parco e con la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte, concretizzata nel Progetto Bessa del DocBi che ha portato al censimento delle incisioni rupestri, delle sorgenti, allindividuazione delle strutture riferibili allimpianto della miniera romana e alla predisposizione di una Carta Archeologica su supporto cartaceo e digitale georeferenziato con inserite schede di censimento. Ha collaborato allallestimento della sala archeologica del Museo del Territorio della citt di Biella (immagini e Carta Archeologica della Bessa). Sempre per quanto riguarda le ricerche in Bessa partecipa dal 2004 alle missioni di studio del Gruppo di Ricerca del Consiglio Superiore della Ricerca Scientifica Spagnolo guidate dal prof. Javier Sanchez Palencia nell'ambito del progetto La mineria de oro en Italia: La Bessa como precedente repubblicano de la mineria aurifera en Hispania. Nel 2007 ha realizzato con ricerche, tracciatura, testi per i cartelli esplicativi e immagini litinerario denominato delle incisioni rupestri nella Riserva Naturale Speciale della Bessa. Ancora nella Bessa, ha partecipato, con la dott.ssa Antonella Gabutti, allindagine archeologica di una struttura muraria terrazzata collegata ad un masso inciso e al rilievo grafico di 4 massi incisi realizzato dai prof. Andrea Arc e Angelo Fossati dellUniversit Cattolica di Milano. In ultimo autore della guida monografica Bessa (2002) e del sito web www.bessa.it

Ha diretto Il progetto denominato "Alte Valli ricerche archeologiche nelle Alpi Biellesi" che parte di un progetto di ricerca dell'Universit del Piemonte Orientale (Vercelli) diretto dal prof. Saverio Lomartire. In questo ambito ha realizzato una Carta Archeologica delle Alpi Biellesi in formato digitale georeferenziato con, inserito in Arcview, il censimento in schede Acces delle evidenze rilevate sul terreno. Partecipa a convegni di studio e testi di suoi interventi sono agli atti dei congressi tenuti tra ricercatori ed archeologi di: Verbania 2001 (patrocinato dal Museo della citt), Pinerolo 2004 (patrocinato dal Museo della citt), Saviore 2005 (patrocinato dal Centro Camuno di Studi Preistorici e Roma 2008 (organizzato dalla Scuola Spagnola di Archeologia). Le relazioni di ricerca sono state pubblicate sui bollettini del Docbi, sul Bulletin d'tudes Prhistoriques et Archologiques alpines e presso il CSIC (Consejo Superior de Investigaciones Cientificas) di Madrid.

1999 - Censimento dei massi incisi nella Riserva Naturale Speciale della Bessa 2001 - Note sulle strutture murarie ed alla rete di distribuzione delle acque di lavaggio nella miniera doro romana della Bessa 2005 - Ricerche archeologiche nelle Alpi Biellesi (2002-2004) 2006 - Progetto Alte Valli (Archeologia delle Alpi Biellesi, valli Elvo e Oropa) 2008 - Progetto Alte Valli (Archeologia delle Alpi Biellesi, alta Vallecervo) 2009 Con F. J. Sanchez-Palencia - La mineria de oro en Italia: La Bessa como precedente repubblicano de la mineria aurifera en Hispania

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