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Augusto Caneva

Il caso Ludwig

LUIGI REVERDITO EDITORE

In otto anni 27 morti ammazzati, tutti rivendicati da Ludwig: prostitute, omosessuali, drogati, amanti della luce rossa, ragazzi in discoteca. La mano omicida non va tanto per il sottile e colpisce anche sulla base di semplici pettegolezzi (tre frati) e nel modo pi crudele: a martellate o con il fuoco. Ma il 3 marzo 1984, dopo l'arresto di due giovani che stanno incendiando una discoteca nel Mantovano, Ludwig sparisce. I due non sono ragazzi qualunque: appartengono all'alta borghesia. Si chiamano Wolfgang Abel e Marco Furlan. Il primo laureato in Matematica e figlio di un ricchissimo assicuratore tedesco; Furlan, laureando in Fisica, figlio di un primario ospedaliero. Gli inquirenti non hanno dubbi: Ludwig sono loro anche se, forse, non solo loro. E pare abbiano prove schiaccianti. In carcere Abel e Furlan negano tutto e tentano pi volte il suicidio. Pentimento o disprezzo per la vita? Un giallo inquietante, raccontato con estremo rigore cronistico e storico. AUGUSTO CANEV A Nato a La Spezia il 5 ottobre 1942, inizia giovanissimo, a 16 anni, l'attivit giornalistica. Cronista di nera e giudiziaria viene assunto nel 1968 a L'Arena di Verona e diventa giornalista professionista. Attualmente caposervizio a Il Gazzettino di Venezia, con incarico di capo cronista a Trento.

L'autore ringrazia i colleghi: Roberto Bianchin (Repubblica), Mario Bottaro (Il Secolo XIX), Paola Bozzini (Il Gazzettino), Paolo Butturini (Rusconi), Gino Fantin (Il Corriere della Sera), Ferruccio Gard (RAI), Marco Guidi (Il Resto del Carlino), Giuliano Marchesini (La Stampa), Ezio Pasero (Il Messaggero), Ulderico Piernoli (Il Tempo), Enrico Pugnaletto (Oggi), Luigi Riva (Il Giorno). E il maestro Giampiero Rizzon.

INDICE
Capitolo primo Capitolo secondo Capitolo terzo Capitolo quarto Capitolo quinto Capitolo sesto Capitolo settimo Capitolo ottavo Capitolo nono

LUDWIG: SVILUPPI NELLE INDAGINI (ANSA) VERONA 13 MAR IMPORTANTI NOVIT NELLE INDAGINI SULL'ATTIVIT CRIMINOSA DEL GRUPPO LUDWIG SAREBBERO EMERSE STAMANE A VERONA NEL CORSO DI UN VERTICE AL QUALE HANNO PARTECIPATO UFFICIALI DEI CARABINIERI DELLE CITT DI MILANO TRENTO PADOVA VICENZA VENEZIA VERONA E MANTOVA. AL TERMINE DELLA RIUNIONE STATO INFATTI COMUNICATO CHE ELEMENTI IN POSSESSO DELL'ARMA DEI CARABINIERI, SOPRATTUTTO A SEGUITO DELL'ARRESTO DEI DUE GIOV ANI CHE AVEV ANO TENTATO DI INCENDIARE LA DISCOTECA "MELAMARA" DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MANTOV A) PORTEREBBERO A FARE PIENA LUCE SUI GRAVISSIMI EPISODI CRIMINOSI COMMESSI DAL GRUPPO LUDWIG NEGLI ULTIMI ANNI SIA IN ITALIA CHE ALL'ESTERO. COR-PQ/MO 13-MAR-84 ORE 13:52 LUDWIG: SVILUPPI NELLE INDAGINI (2) (ANSA) VERONA 13 MAR I DUE GIOV ANI ARRESTATI UNA SETTIMANA FA A CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MANTOV A) DOPO AVER TENTATO DI APPICCARE IL FUOCO AD UNA DISCOTECA SI TROV ANO ATTUALMENTE NEL CARCERE DI MANTOV A A DISPOSIZIONE DEL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA CITT LOMBARDA DOTT. PANTALONE, CUI STATA AFFIDATA L'INCHIESTA. SI TRATTA DI WOLFGANG ABEL, DI 25 ANNI, E MARCO FURLAN, DI 24 ANNI. SECONDO LA POLIZIA DI MONACO, ABEL FIGLIO DI UN AVVOCATO TEDESCO RESIDENTE DA VENTANNI A NEGRAR (VERONA) SAREBBE VISSUTO PER QUALCHE TEMPO IN UN APPARTAMENTO DELLA CITT BAV ARESE DOVE STATO RINVENUTO MATERIALE DEFINITO INTERESSANTE, CHE INDICHEREBBE COLLEGAMENTI TRA L'INCENDIO DI UNA DISCOTECA A MONACO L'8 GENNAIO SCORSO E QUELLO DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE, AVVENUTO DOMENICA 4 MARZO. ABEL, LAUREATO IN MATEMATICA ALL'UNIVERSIT DI PADOV A QUALCHE MESE FA, LAVORAV A A MONACO NELLA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI ARAC, DI CUI AMMINISTRATORE DELEGATO IL PADRE GERHARD. IL GIOV ANE, QUINDI, RISIEDEV A A VOLTE NELLA CITT BAV ARESE E A VOLTE NELLA LUSSUOSA VILLA DEI GENITORI A NEGRAR IN V ALPOLICELLA. MARCO FURLAN, INVECE FIGLIO DEL PRIMARIO DEL CENTRO USTIONATI DI VERONA. COR-PQ/MO 13-MAR-84 14:13 LUDWIG: I PRECEDENTI (ANSA) VERONA 13 MAR LA SIGLA LUDWIG COMPARVE PER LA PRIMA VOLTA IN UN VOLANTINO GIUNTO NEL DICEMBRE 1980 AL GAZZETTINO DI VENEZIA. IL GRUPPO, SCRIVENDO IN CARATTERI RUNICI E FIRMANDO IL TUTTO CON UNA SV ASTICA, RIVENDICAV A COME POI FAR SEMPRE FORNENDO PARTICOLARI PROBANTI TRE OMICIDI COMMESSI FRA IL 1977 ED IL 1979. DEL PRIMO ERA RIMASTO VITTIMA GUERRINO SPINELLI, 30 ANNI, UN NOMADE BRUCIATO VIVO A VERONA ALL'INTERNO DELLA SUA AUTOMOBILE COLPITA DA DUE BOTTIGLIE INCENDIARIE. IL SECONDO OMICIDIO RISALIV A AL DICEMBRE DEL 1978: UN CAMERIERE OMOSESSUALE, LUCIANO STEFANATO, DI 44 ANNI DI PADOV A, ERA STATO COLPITO A

BASTONATE ED ACCOLTELLATO A MORTE. ANCORA IL COLTELLO ERA STATO PROTAGONISTA DELL'UCCISIONE DI CLAUDO COSTA, 22 ANNI, TOSSICODIPENDENTE, AVVENUTA A VENEZIA NEL DICEMBRE 1979. DOPO QUELLA PRIMA RIVENDICAZIONE LUDWIG COMINCIA A FARSI VIVO IN MODO QUASI REGOLARE. IL 20 DICEMBRE 1980 UCCIDE A VICENZA, CON UNA SCUR E ED UN MARTELLO, ALICE BERETTA, UNA MONDANA DI 52 ANNI. (SEGUE). PQ/LAZ 13-MAR-84 15:30 LUDWIG: I PRECEDENTI (2) (ANSA) VERONA 13 MAR POCHI MESI PI TARDI LUDWIG USA ANCORA IL FUOCO: IL 25 MAGGIO D ALLE FIAMME UN FORTILIZIO SUL LUNGADIGE DI VERONA CHE ALCUNI TOSSICODIPENDENTI USANO COME DORMITORIO, OSPITANDO ANCHE AMICI DI PASSAGGIO; NEL ROGO MUORE LUCA MARTINOTTI, 18 ANNI DI MONCALIER I (TORINO) ED ALTRI DUE GIOV ANI RIMANGONO GRAVEMENTE USTIONATI. IL 20 LUGLIO 1982 LE VITTIME DI LUDWIG SONO DUE: DUE ANZIANI RELIGIOSI, GABRIELE PIGATO E GIUSEPPE LOV ATO, MASSACRATI A COLPI DI MARTELLO MENTRE RIENTRANO DA UNA PASSEGGIATA NEI PRESSI DEL CONVENTO DI MONTE BERICO. IL 26 FEBBRAIO 1983 A TRENTO CADE SOTTO I COLPI DI LUDWIG UN ALTRO FRATE, ARMANDO BISON, COLPITO CON UN PUNTERUOLO AL QUALE STATO APPLICATO UN CROCIFISSO. SUBITO DOPO LUDWIG SEMBRA DEDICARSI A QUEI LOCALI CHE EVIDENTEMENTE CONSIDERA PERDIZIONE: IL 14 MAGGIO 1983 INCENDIA IL CINEMA EROS DI MILANO, DOVE SI PROIETTANO FILM A LUCE ROSSA: MUOIONO SEI PERSONE ED ALTRE 32 RIPORTANO GRAVI USTIONI. IL 17 DICEMBRE 1983 LUDWIG FA LA SUA COMPARSA ALL'ESTERO E D ALLE FIAMME LA CASA ROSSA, UN SEXY CLUB DI AMSTERDAM NEL QUALE MUOIONO 13 PERSONE. L'8 GENNAIO SCORSO, INFINE, ANCORA LUDWIG INCENDIA UNA DISCOTECA DI MONACO DI BAVIERA E SETTE GIOVANI RIMANGONO USTIONATI. PQ/LAZ 13-MAR-84 15,33 In questi quattro dispacci dell'agenzia giornalistica ANSA (il notiziario per i giornali le radio e le TV) trasmessi nel primo pomeriggio del 13 marzo 1984, c' tutto o quasi tutto ci che il lettore deve sapere. Impossibile, altrimenti, addentrarsi in questa selva oscura di dantesca memoria che Ludwig. Una tragedia di sangue, fuoco e morte, che ha i suoi punti fermi nelle rivendicazioni (con relativi riscontri) fornite dagli stessi assassini. Il dopo, come vedremo in dettaglio nelle pagine che seguono, un assemblaggio: casualit dell'arresto di Abel e Furlan; bravura degli Sherlock Holmes; tecniche ultramoderne per le perizie. Ma il dopo anche, a nostro modesto parere, la tenacia ed il rigore dei giudici che hanno condotto le istruttorie. Dal dottor Pasquale Pantalone, sostituto procuratore a Mantova, al dottor Francesco Pavone, sostituto procuratore a Verona e al dottor Mario Sannite, responsabile dell'ufficio istruzione della citt scaligera. Non sono tempi felici, questi, per la magistratura: caso Tortora, incriminazione e condanna dei giudici, referendum popolare per giungere al risarcimento del danno da parte del magistrato che ha

sbagliato. Per questo giusto dare atto ai nostri giudici di aver fatto un ottimo lavoro. Al di l di ci che decideranno i loro colleghi della magistratura giudicante. La tragedia di Ludwig approda ora alla corte di Assise di Verona. L sfileranno, idealmente, ventisette protagonisti. Morti ammazzati. Che abbiano qualche cosa da spartire con Abel e Furlan da dimostrare, naturalmente. Ma, intanto, saranno l, nell'antico palazzo della Ragione, splendido anche se un po' lugubre ricordo di un'epoca nella quale bastava una denuncia anonima per sparire in una cella infestata dai topi. Alcune di queste ventisette vittime vorrebbero, probabilmente, essere dimenticate. A nessuno piace essere ricordato come omosessuale, tossicodipendente, prostituta, guardone. Il silenzio, tuttavia, non possibile. La cronaca, questa macchina schiacciasassi, spesso schiacciapovericristi, ha i suoi doveri, oltre ad alcune precise funzioni sociali. Brutto mestiere quello del cronista di nera. Ho cominciato a 17 anni. Mio padre era contrario: Sei uno sciacallo, diceva. Cercati un lavoro serio intimava al sottoscritto dall'alto del suo metro e novanta. Biondo, occhi celesti, con indosso la divisa della Marina Militare, aveva carisma ed autorit da vendere. Io, venti centimetri pi basso, moro, trasandato, perennemente insicuro e balbuziente, mi mettevo la coda fra le zampe e ascoltavo. Ma non cambiavo idea. Cronisti si nasce, non si diventa, ti ripeterei oggi, se tu fossi vivo. Un brutto mestiere, dicevo. E di episodi, a dimostrazione di quanto terribile sia, ne avrei parecchi. Nessuno di noi cronisti ignora che un nome sul giornale pu voler dire una vita distrutta o, nella migliore delle ipotesi, una carriera rovinata. Tuttavia, il nostro dovere di dare le notizie delle quali veniamo a conoscenza: ce lo impone l'amore per questa professione e lo chiede il lettore. Grazie al cielo non siamo corrotti, anche se sappiamo di essere usati. Dalle questure, dai carabinieri, dai comandi della guardia di finanza (coloro, insomma, che forniscono le notizie) escono quasi sempre dritte che fanno il loro onesto interesse. Le operazioni sono sempre spettacolari anche se nella rete sono finiti solo i pesciolini; gli arresti sono sempre difficili e clamorosi. Se poi tutto finisce in una bolla di sapone, poco importa: la carriera assicurata. Le indagini su un omicidio languono? Ma no! Sono aperte in tutte le direzioni. Un pericoloso criminale viene assolto per non aver commesso il fatto: colpa dei giudici che non hanno capito e valutato come avrebbero dovuto. Intendiamoci. Gli investigatori italiani non sono secondi a nessuno (a parte qualche carenza tecnica) e non sono sicuramente mestatori. Diciamo, alla napoletana, che tengono famiglia e che si sono adeguati all'andazzo generale: esalta quel poco che ottieni e minimizza quel tanto che non ti riesce. In questo girotondo di esaltazioni e minimizzazioni, il ruolo del cronista di nera fondamentale. O accetta le regole del gioco o viene immediatamente tagliato fuori. Pu fare controinformazione, certo. Ma non questo che normalmente vogliono i giornali italiani. Per questo si adegua e accetta parecchi compromessi. Senza, tuttavia, abdicare del tutto alla personale libert di giudizio e soprattutto, alla dignit professionale. Spesso ho ridotto ai minimi termini (non potevo non darla) una notizia che era palesemente gonfiata. Altre volte alla voce (nascosta) degli investigatori, ho contrapposto interviste, anche dure, con la parte sotto accusa. In pi d'una occasione ho deciso di ignorare notiziole che avrebbero gravemente danneggiato il protagonista. Un esempio per tutti. Una sera, in questura, viene portato un giovane arrestato perch deve scontare una pena detentiva di alcuni mesi (ordine di carcerazione). Mi racconta la sua storia di ragazzo che, messosi su una brutta strada (furtarelli), a distanza di sei anni dopo che ha trovato un

lavoro e aiuta la sorella minore (sono orfani) a prendere un diplomino viene chiamato a pagare il conto con la giustizia. Ho detto al mio datore di lavoro che avevo bisogno di un'aspettativa per motivi di famiglia. Se legge sul giornale che sono in carcere mi licenzia. E sono rovinato. Quale diritto-dovere di cronaca mi obbligava a dare la notizia? Tutti i colleghi cronisti hanno vissuto di queste vicende e parecchie. No, non siamo degli sciacalli. Non siamo neppure santi e, tantomeno, infallibili. La definizione pi calzante che mi viene in mente che siamo dei ruminanti. Il cronista raccoglie una serie di dati e di elementi, li ingoia e, sempre metaforicamente parlando, in un secondo tempo li fa ritornare alla bocca per masticarli con cura. Dobbiamo dare un senso, una spiegazione logica, un capo e una coda a ci che abbiamo raccolto: interpretare e spiegare. Non sempre l'azzecchiamo. Un esempio lampante di ruminazione mal riuscita, a proposito di Ludwig, ci viene dalla penna di uno stimatissimo collega e valente scrittore. Nel pezzo che riportiamo vi un errore di fondo: il cronista non ha capito che a diversi comportamenti non necessariamente corrispondevano diversi soggetti. Potevano nascondere come sembra che sia una maturazione di Ludwig, un diverso modo di interpretare il ruolo di giustiziere. L'articolo di Sergio Saviane dell'Espresso ed stato pubblicato nell'aprile del 1983, pochi giorni dopo la scarcerazione del professor Silvano Romano. Verona. Insomma, quanti sono questi Ludwig? Anche senza forzare molto la fantasia, evidente che ce n' pi d'uno. C' un Ludwig che brucia e pugnala omosessuali, prostitute e drogati; c' un secondo Ludwig che ammazza frati triveneti con martello e punteruolo; ce n' poi un terzo che scrive lettere ai giornali facendo congetture molto realistiche, e spiegando alla polizia come si potrebbe identificare il vero assassino; infine c' un quarto Ludwig, il ricercatore scientifico dell'universit di Pavia, Silvano Romano, 35 anni, scapolo, prelevato due settimane fa dalla polizia, accusato di una lunga serie di delitti e liberato mercoled scorso per mancanza di indizi. Quattro Ludwig mescolati tra loro, ognuno dei quali non pu esistere senza gli altri e che tutti insieme formano la Ludwig-story, il giallo forse pi sconvolgente del secolo. L'unica frase che, oggi, possiamo condividere in pieno l'ultima: il giallo forse pi sconvolgente del secolo. Il resto non ha alcuna attinenza con la realt ma, c' da dire, Saviane aveva in quel momento una visione parziale della Ludwig: mancavano ulteriori tasselli: la punizione ai cosiddetti luoghi di perdizione: il cinema Eros a Milano, il Sexy club La Casa Rossa di Amsterdam e la discoteca Liverpool a Monaco. Abbiamo citato il bravo Sergio Saviane, per dimostrare le difficolt nelle quali costretto ad operare il cronista. E perch il lettore deve sapere che ci che legge non la verit in assoluto, ma una elaborazione dei fatti, i quali vengono interpretati secondo la logica del cronista. Un canovaccio, spesso discutibile. Perch lo facciamo? I motivi, probabilmente, sono due. Perch giudichiamo il lettore totalmente incapace di fare uno pi uno, uguale due e perch lo riteniamo (oltre che incapace) talmente pigro da non gradire una storia che non abbia gi un senso, uno svolgimento, delle conclusioni. Siamo lontani anni-luce dal giornalismo anglosassone. E sorrido pensando allo slogan I fatti separati dalle opinioni del quale si vantava Panorama. Perch dimostra che comunque gli italiani secondo noi giornalisti hanno bisogno di spiegazioni e canovacci. Spiegazioni e canovacci spesso attendibili, ma pur sempre frutto di una ruminazione personale.

In attesa di una nuova legge 180 (pi nota come Basaglia) che consenta ai giornalisti di internare i lettori (lasciando in balia di loro stessi i poveri malati di mente), ritorniamo al nostro tragico Ludwig. Ludwig, in italiano Ludovico. Quando nel novembre del 1979 questo nome fa la sua comparsa sulla scena del crimine, molti si chiedono perch mai gli sconosciuti assassini abbiano deciso di firmare in quel modo le loro deliranti rivendicazioni. Forse, ipotizza qualcuno, vorranno richiamarsi a Ludwig di Baviera, un sovrano un po' pazzo che riemp di debiti le casse dello Stato e che, cacciato per malattia mentale, pens bene di giocare un ultimo scherzaccio ai suoi sudditi annegando misteriosamente nel lago di Berg. Ma l'ipotesi non ha convinto alcuno. La tesi che, invece, acquista via via sempre maggior credito (soprattutto quando le gesta della setta criminale diventano di tipo religioso-maniacale) che gli sconosciuti tentino un'ardita identificazione in un santo, strenuo difensore dei valori morali e spietato giustiziere. Tre sono i santi, guarda caso tutti frati, di nome Ludwig. Ludovico, francescano francese, vescovo di Tolosa; Ludovico Beltran, domenicano spagnolo, predicatore e apostolo nelle Americhe; Ludovico di Casoria, frate minore, fondatore dei fratelli della carit. Nessuno dei tre, tuttavia, giustiziere. Al contrario si tratta di frati di particolare bont e generosit. E allora? La risposta pi attendibile la fornisce il giudice istruttore Mario Sannite il quale ritiene che gli assassini si siano rifatti alle gesta del battagliero padre Ludovico, l'intransigente frate protagonista del libro di Ignazio Silone: L'avventura di un povero cristiano. Padre Ludovico si batte contro la corruzione della chiesa e del mondo. Tra l'altro una copia del libro stata trovata nell'abitazione di Monaco di Wolfgang Abel. Scrive il giudice istruttore: Giudicando da meri elementi esteriori, cio dai simboli usati nei messaggi (l'aquila sormontante la svastica, i caratteri runici della scrittura ed il motto finale "Gott mit uns"), si pens che la Ludwig fosse un'organizzazione di stampo nazista. Un'ipotesi che, sempre sulla base di elementi estrinseci, trovava conforto in riferimenti testuali presenti in alcuni messaggi ("Siamo gli ultimi eredi del nazismo"; "La nostra fede nazismo"; "Ferro e fuoco sono la punizione nazista"). Cos prosegue il dottor Sannite: Ma a questa interpretazione si obiett che Ludwig non potesse essere giudicato e storicamente definito alla stregua dei simboli che gli autori della sigla usano o dei richiami concettuali che essi fanno. Doveva, invece, essere giudicato e definito in base alle azioni che svolge e agli scopi che si prefigge chi dietro a questa sigla si cela. E qui il giudice istruttore fa una serie di considerazioni che devono essere meditate. Prendendo in considerazione le vittime preferite da Ludwig, si rilev trattarsi sempre di persone che avrebbero contravvenuto ai principi etici di cui si fanno paladini i compilatori dei tristi messaggi di rivendicazione ("Il fine della nostra vita la morte di coloro che tradiscono il vero Dio"; "Una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig"; "Al Liverpool non si scopa pi"). Si concluse perci afferma il dottor Sannite che la ideologia di Ludwig, al di l dei simboli e della autoidentificazione, nulla in comune avesse con le matrici ideali e le direttrici costanti del nazismo. Nazismo che non ha mai predicato crociate contro omosessuali, prostitute, vagabondi, drogati, preti indegni, frequentatori di "luoghi di perdizione" ma ha sempre avuto di mira l'annientamento del comunismo e dell'ebraismo, la riconquista dei territori perduti e l'ampliamento dello "spazio vitale" ad Oriente, la difesa della cosiddetta "razza ariana". Ludwig ha cercato, dunque, di mescolare le carte. Una diabolica abilit, la sua, che ha creato

enormi difficolt agli investigatori. Degli assassini si saputo solamente che erano due giovani, uno castano chiaro e l'altro moro. Entrambi di altezza intorno al metro e settantacinque centimetri. Qualche elemento in pi hanno avuto i poliziotti tedeschi, grazie al fatto che in occasione del rogo della discoteca Liverpool, i due sono stati visti da pi persone. Poco, tuttavia, troppo poco per giungere alle identificazioni. Non vi fosse stato l'arresto di Wolfgang Abel e Marco Furlan a Castiglione delle Stiviere, ben difficilmente avremmo ora un processo in corte di Assise. Castiglione delle Stiviere. Una data fondamentale per Ludwig. Siano o non siano i due giovani arrestati la setta Ludwig, c' da dire che da quel lontano 3 marzo 1984 non vi sono pi state stragi o punizioni nel nome (usurpato) di Dio. Ed per questo che il nostro racconto parte proprio dal Melamara di Castiglione delle Stiviere.

Capitolo primo
Domenica 4 marzo 1984. Un pomeriggio di carnevale. C' allegra confusione nella discoteca Melamara a Castiglione delle Stiviere. Poco distante, un edificio sinistro che gli abitanti della cittadina mantovana non amano: il manicomio criminale. L dentro vi sono uomini che hanno ucciso una o pi persone e spesso nel modo pi barbaro possibile. Vi sono povere larve alle quali si spenta, definitivamente, la luce della ragione, ma anche pervertiti, sadici, criminali incalliti e assassini, che hanno saputo fingere una inesistente malattia mentale. Una compagnia che gli operosi abitanti di Castiglione non vorrebbero avere. Al Melamara ragazzi e ragazze scherzano e ridono arrampicati sugli sgabelli del bar. Altri parlottano seduti sulle poltroncine. Pochi ballano. Alcuni sono in costume carnevalesco. Sono pi di trecento, forse quattrocento. Nessuno fa caso a due giovani, goffamente vestiti da Pierrot, che entrano portando, ognuno, una pesante borsa di plastica. Le borse hanno, all'interno, una tanica con dieci litri di benzina. Super, annoteranno diligentemente i carabinieri. Uno dei due sconosciuti si dirige subito ai servizi. Chiuso in un gabinetto toglie il tappo alla tanica e la rovescia all'interno della borsa in modo che la benzina defluisca lentamente da un taglio praticato con il coltello. Ritorna in sala e cammina lentamente verso l'ingresso principale passando davanti alle uscite di sicurezza. Dietro si s lascia, sulla moquette, una lunga scia di liquido infiammabile. Il percorso che compie non casuale: una volta provocato l'incendio i ragazzi all'interno della discoteca rimarrebbero in trappola, non potendo usare l'uscita principale e neppure quelle di sicurezza nascoste al di l delle fiamme. Nello stesso momento il secondo Pierrot mette la sua borsa (con tanica) dietro ad una poltroncina. Ora nel locale c' un fortissimo odore di benzina. Qualcuno si precipita ad avvertire il proprietario della discoteca che, attraverso l'altoparlante, lancia l'allarme. State calmi, dice in sostanza, c' odore di benzina, fate attenzione alle sigarette e uscite ordinatamente. Ma in quell'istante uno dei due sconosciuti Pierrot d fuoco alla tanica che aveva messo dietro alla poltroncina. il panico ma, per fortuna, il servizio d'ordine, formato da una ventina di giovani, non perde la testa. Viene vista e gettata all'esterno la borsa lasciata nei pressi dell'ingresso principale. Pi difficile perch, come abbiamo visto, ha gi preso fuoco, fare la stessa cosa della borsa dietro la poltrona. Le fiamme si propagano. a questo punto che due giovani si trovano troppo vicino ai focolai e i loro abiti prendono fuoco. Con straordinaria tempestivit i due, Paolo Trevisan e Monica Belt, vengono soccorsi e portati all'esterno. La ragazza non ha nulla di grave; Paolo Trevisan, ustionato in pi parti del corpo, se la caver dopo un paio di mesi di cure. andata peggio a Corinne Tattarotti, morta in seguito alle ustioni riportate nel rogo della discoteca Liverpool, a Monaco di Baviera. Mentre alcuni spengono l'incendio, altri bloccano i due sconosciuti che cercano, approfittando della confusione, di fuggire. I carabinieri arrivano pochi minuti pi tardi e i Pierrot vengono fatti salire in fretta e furia sulla Gazzella: la tensione al culmine e i militari temono il linciaggio. Sull'auto i due tentano un'improbabile fuga colpendo alla testa e alle spalle, bench ammanettati, i carabinieri. un tentativo disperato ma comprensibile, perch sanno perfettamente di aver imboccato una strada senza ritorno: il codice penale italiano, infatti, non contempla il reato di tentata strage ma solo quello di strage (sia andata a compimento o meno non ha alcuna importanza) che prevede una lunga pena detentiva. Roberto Chioetto, appuntato e Giovanni Tabilio Di Camillo, carabiniere, ancora non lo sanno ma, in quel momento, stanno portando verso le patrie galere i maggiori esponenti, secondo la

magistratura, della setta pi sanguinaria della storia del crimine italiano: la Ludwig. Ventisette gli omicidi rivendicati. Non tutti, per, effettivamente compiuti: saranno rinviati a giudizio per l'uccisione di soltanto quindici persone. Ma chi sono? Si chiamano Wolfgang Abel e Marco Furlan, hanno 24 anni (mese pi, mese meno) ed abitano nel Veronese. Due ragazzi bene, dell'alta borghesia, colti e dotati di intelligenza superiore alla media: Abel si brillantemente laureato in Matematica e Furlan laureando, con ottimi voti, in Fisica. Sono figli di padri conosciuti e pi che benestanti. Il padre di Abel amministratore delegato di una delle maggiori compagnie europee di assicurazione e possiede una splendida villa in collina, poco a nord di Verona. Il padre di Furlan un quotato primario ospedaliero (ironia della sorte: dirige il centro grandi ustionati) e abita in una villa ai margini del quartiere pi in di Verona, Borgo Trento. Abel, per godere di una maggiore libert e forse per contrasti familiari, ha lasciato da alcuni mesi la villa paterna e si fatto affittare dai genitori un appartamento nel centro Monaco di Baviera. Dire che sono amici per la pelle forse poco: sempre insieme, a Monaco o a Verona, non frequentano nessuno, n risulta abbiano conoscenze femminili. Pochissime e sbiadite le testimonianze raccolte dai cronisti fra i compagni di liceo (a Verona) e di universit (Padova), sono praticamente degli sconosciuti, appartati e gelosi della loro vita privata. Ma sulla personalit di Abel e Furlan torneremo pi avanti. Non restano molto, solamente poche ore, nella caserma dei carabinieri di Castiglione delle Stiviere. La prima notte di uomini non pi liberi la trascorrono al comando Gruppo dell'Arma a Mantova e poi vengono portati nel piccolo carcere della citt virgiliana, a disposizione dell'autorit giudiziaria. Tutto chiaro? Niente affatto. Le indagini dei carabinieri, che hanno ricostruito minuziosamente ci che era accaduto al Melamara, portano a ritenere che Abel e Furlan abbiano un complice. Solo cos si spiega il ritrovamento della Vespa di Furlan a sette chilometri dal Melamara, a Carpenedolo. possibile che i due abbiano percorso sette chilometri (mascherati da Pierrot) portando, ognuno, una borsa del peso di oltre dieci chili? Un interrogativo inquietante, perch lascia la porta aperta alla possibilit che un pezzettino del mostro sia ancora in libert. I magistrati hanno riflettuto molto su questa ipotesi giungendo a conclusioni diametralmente opposte. Quasi uno scontro frontale. Vediamo le due posizioni. Scrive il sostituto procuratore Francesco Pavone nella richiesta di rinvio a giudizio: A parere del requirente gli imputati Abel e Furlan nella perpetrazione di tale reato (incendio del Melamara, n.d.A.) ebbero a giovarsi dell'aiuto di altra persona non identificata non necessariamente un complice, forse un mero connivente che con un automezzo effettu il trasporto dei giovani e delle taniche di benzina e, verosimilmente, in entrambi i casi, aveva il compito di riportare dopo la strage entrambi gli imputati a Carpenedolo. E prosegue: Tale considerazione, peraltro irrilevante ai fini del decidere, suggerita dalla poca credibilit da riconoscersi agli imputati allorch affermano di aver percorso a piedi, con il peso non indifferente delle taniche (e il rischio di essere notati da chiss quante persone n.d.A.) la distanza tra Carpenedolo e la discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, corrispondente a quasi sette chilometri. Brusca, quasi scortese, ma ben poco convincente, la risposta del giudice istruttore Mario Sannite che cos scrive nell'ordinanza di rinvio a giudizio: Non si condivide, invece (tutto il resto lo aveva condiviso n.d.A.), l'ipotesi formulata dal P.M. che nel delitto di strage commesso a Castiglione delle Stiviere il 4 marzo 1984 con Abel e Furlan abbia concorso una terza persona non identificata: perch

tale ipotesi non sorretta da alcun elemento obiettivo di riscontro nelle risultanze istruttorie. Che cosa intende dire il dottor Sannite? Semplicemente che, nonostante meticolose indagini, del terzo uomo non si trovato traccia? Oppure che non esiste? Siamo di fronte, dunque, ad una spaccatura tanto evidente quanto clamorosa fra magistratura inquirente (Pubblico Ministero) e giudicante (Giudice Istruttore). Tuttavia, se invece della cronaca delle gesta di una setta sanguinaria fossimo qui a scrivere di una partita di calcio, dovremmo dire che l'inquirente batte la giudicante per due a uno. Gi, perch anche un altro Pubblico Ministero, per di pi a botta calda, non manifest dubbi sull'esistenza di un complice. Si tratta del dottor Pasquale Pantalone, sostituto procuratore a Mantova: l'uomo che per primo ha preso in carico le indagini sul Melamara, su Abel e Furlan e sulla Ludwig. Pantalone, magistrato al quale colleghi ed investigatori riconoscono una grande professionalit, accett di incontrare i giornalisti (vi sono tutti gli inviati dei maggiori giornali italiani e tedeschi) tre giorni dopo l'arresto di Abel e Furlan. Legato al segreto istruttorio non dice cose clamorose, ma una sua affermazione particolarmente categorica colpisce gli interlocutori. Domanda: Secondo lei, dottor Pantalone, Abel e Furlan hanno agito da soli? C' un complice?. Risposta: C'. Ma del dottor Pasquale Pantalone parleremo pi diffusamente nelle prossime pagine, anche perch, come vedremo, egli ha capito praticamente tutto e subito. Resta da dire, sul tema del complice, che alcuni testimoni, dei quali purtroppo si persa traccia, hanno detto di aver visto Abel e Furlan scendere, nel parcheggio del Melamara, da una Mercedes.

Capitolo secondo
Wolfgang Abel e Marco Furlan sono, dunque, in carcere a Mantova. L'accusa quella prevista dall'articolo 422 del codice penale: strage. Che cos recita: Chiunque, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumit punito, se dal fatto deriva la morte di pi persone, con la morte. Se cagionata la morte di una sola persona, si applica l'ergastolo. In ogni caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni. La pena di morte non c' pi e al Melamara non morto (per fortuna) nessuno. I due giovani, a questo punto, potrebbero cavarsela con una lunga detenzione. Se il diligente lavoro degli investigatori non approdasse alla Ludwig. E lo far molto presto come vedremo. Ma il caso, ora, di raccontare al lettore, con le parole del cronista e non del tecnico, che cosa accade dopo che le porte del carcere si sono chiuse alle spalle del reo, o presunto tale. La prima persona che egli vede (a parte, ovviamente, le guardie carcerarie) un magistrato inquirente e cio l'uomo che conduce l'inchiesta contro di lui. il cattivo perch ha il compito di dimostrare ai colleghi che dovranno giudicare, che l'imputato colpevole. E sosterr personalmente nell'aula del tribunale le sue tesi, ovviamente colpevoliste. L'inquirente, nell'ordinamento italiano, ha enormi vantaggi rispetto ai difensori. Pu sguinzagliare polizia e carabinieri, ordinare perquisizioni ed intercettazioni telefoniche, frugare in ogni dettaglio la vita dell'imputato. Costruire la sua trama, quindi, senza far sapere nulla ai difensori, i quali possono solamente assistere agli interrogatori in carcere (ma senza suggerire risposte) e chiedere che alle perizie prendano parte anche tecnici (periti) di fiducia. In Italia, insomma, non solo l'imputato in partenza colpevole, ma vi una sproporzione gigantesca fra i diritti della pubblica accusa e dei difensori. Con una aggravante da non sottovalutare. Concluso il suo lavoro il magistrato inquirente trasferisce il procedimento penale nelle mani del giudice istruttore. Chi costui? un magistrato non pi inquirente, ma della giudicante, il quale se lo ritiene opportuno approfondisce l'inchiesta e poi decide. In pratica emette una prima sentenza: proscioglimento o rinvio a giudizio motivando, ovviamente, la scelta. Tralasciando, perch percentualmente assai scarsi, i casi di proscioglimento, vediamo l'ipotesi di rinvio a giudizio. un'altra legnata sulla testa del povero imputato italiano, per due motivi: perch arriver al processo con una sentenza di condanna alle spalle (l'istruttore per rinviare a giudizio deve scrivere: s, quest'uomo colpevole, e le prove sono queste) e perch al momento del giudizio il tribunale terr ben pi in conto il parere del collega della Giudicante che quello prezzolato degli avvocati difensori. Insomma, ci fossero le due tesi contrapposte, inquirente contro difensori, nonostante i privilegi dell'inquirente si potrebbe parlare di bilancia quasi alla pari. Ma cos no: ha contro l'imputato le prove fornite dall'inquirente, il giudizio del giudice istruttore e la fretta del tribunale che non vede l'ora di chiudere il processo, tanto le carte parlano da sole. A favore egli ha i suoi avvocati: che hanno preso in mano le carte quando i giochi erano fatti e che sono normalmente visti dai giudici come individui squallidamente venali (qui dovremmo parlare degli stipendi dei giudici e delle parcelle dei penalisti c ci troveremmo di fronte a pianeti diversi), pronti a difendere anche il pi feroce degli assassini, pur di regalare una nuova pelliccia alla moglie. Chiediamo scusa ai lettori (e ai maestri del Diritto, ai quali si saranno rizzati i capelli) per questo preambolo esplicativo. Necessario, tuttavia, per seguire passo passo l'inchiesta contro Abel e Furlan. Wolfgang Abel e Marco Furlan sono dunque nelle mani del cattivo, che del cattivo, per la verit, non ha n i tratti n l'aspetto: il sostituto procuratore di Mantova, dottor Pasquale Pantalone.

Abbiamo detto che Pantalone ha compreso subito tutto. Gli sono bastati un paio di interrogatori, alcune telefonate a investigatori e colleghi e la sua buona conoscenza del caso Ludwig per capire che i due giovanotti non sono, non possono essere, responsabili solamente dell'incendio del Melamara. E che non volevano fare uno scherzo di carnevale. Di fronte al dottor Pantalone Furlan e Abel si trasformano. Quest'ultimo, che viene considerato il duro, la mente della tragica setta, d segni di debolezza: ammette e cerca di spiegare le deliranti teorie che lo hanno mosso. Furlan, che sembrerebbe il braccio plagiato della setta, sprezzante, ironico e assolutamente distaccato. In un secondo momento (dopo, tuttavia, reiterati tentativi di suicidio da parte di Abel, che dimostra fragilit psicologica) i due imputati si allineeranno nel negare tutto. Io volevo dare fuoco alla discoteca dice Abel al dottor Pantalone ma non so perch. L'unico motivo perch ho qualcosa contro le discoteche. Soprattutto per il tipo di gente che frequenta le discoteche, per l'ambiente, per le persone che vanno nelle discoteche. E ancora: forse la discoteca in se stessa, come luogo che rende vittime le persone che le frequentano, inducendole a svaghi insulsi che mi ripugnano Trovo assurdo che ci siano proprietari di discoteche che prendono in giro i giovani e pretendono da loro diecimila lire per offrire niente altro che un po' di musica assurdo che nei paesi non pensino ad altro che alle discoteche assurdo che i giovani siano traviati e fuorviati da questi luoghi: io stesso ho constatato che una ragazza pienamente vitale, dopo aver frequentato l'ambiente delle discoteche, aveva completamente cambiato natura, assumendo anche stupefacenti. Io penso che le maggiori fonti di spaccio di droga siano le discoteche, e ci mi appare intollerabile. Io volevo bruciare la discoteca perch mi riesce intollerabile che nelle discoteche si rechino tanti giovani. E coinvolge, nelle motivazioni anche Furlan: Anche Furlan nel voler bruciare la discoteca era mosso dal medesimo mio intento: anche lui odiava le discoteche come luogo di degrado dei giovani Quello che in pratica criticavamo era la discoteca come luogo di strumentalizzazione dei giovani e come luogo di diffusione imponente di stupefacenti. Ma Abel va ancora pi in l. Parla delle discoteche tedesche, una delle quali, la Liverpool di Monaco di Baviera, ha preso fuoco l'8 gennaio di quello stesso anno: poco meno di due mesi prima della sfiorata tragedia del Melamara. Allora il bilancio stato drammatico: una giovane donna morta e sette ustionati gravi. Una tragedia rivendicata da Ludwig. Ascoltiamolo. Ricordo che avevamo parlato (con Furlan, n.d.A.) del modo diverso che vi di andare in discoteca in Germania ed in Italia. Eravamo d'accordo che in Germania le discoteche non hanno quelle connotazioni avvilenti, proprie delle discoteche italiane. Perch Abel introduce, senza alcuna sollecitazione, questo parallelo fra discoteche italiane e tedesche? Per allontanare da s possibili sospetti sulla strage del Liverpool o per richiamare inconsciamente alla memoria del dottor Pantalone quella tragedia? Difficile dirlo. Abel, ovviamente, cerca anche di difendersi. Per questo, nel corso dell'interrogatorio, dice, riferendosi al Melamara: Eravamo d'accordo che io mettessi la borsa in un punto del locale e Furlan in un altro punto e che poi ognuno desse fuoco alla sua borsa: dopo il fuoco entrambi saremmo scappati via. Io avevo intenzione soltanto di bruciare la discoteca, ma non di creare una strage. Come dire: volevamo bruciacchiare i muri, non trasformare i ragazzi in torce umane. Ma credibile? Pantalone, a questo punto, esterrefatto. Sino a prova contraria, se follemente si vuole distruggere una discoteca le si d fuoco (ed comunque un reato non lieve) quando all'interno non c' nessuno, non quando vi si trovano da trecento a quattrocento giovani. Di ben altro tenore le dichiarazioni di Marco Furlan. Il giovane veronese non pu, evidentemente,

non ammettere che al Melamara erano andati con l'intenzione di provocare un incendio. Ma gioca tutte le sue carte sulla tesi dello scherzo, della provocazione. Ecco le sue parole, con una raccomandazione: bisogna tenere d'occhio le date. Abbiamo concordato (con Abel n.d.A.) di spargere della benzina per vedere un po' di fiammelle, per constatare l'effetto che faceva sulla gente. Non era nostra intenzione fare del male, volevamo divertirci a vedere la reazione della gente Pur avendo intenzione di dare fuoco alla benzina, volevamo solo vedere che emozioni si potevano provare. Primo interrogatorio, nel carcere di Mantova, il 6 marzo 1984. Furlan non si discoster mai da questa versione, anche se successivamente (dopo aver parlato con i suoi legali) aggiuster il tiro verso la tesi difensiva del puro e semplice scherzo. Il 22 giugno dichiara infatti: Il mio intento era quello di fare uno scherzo. Tale era anche l'intento di Abel perch da tutti e due concepito. In sostanza intendevamo vedere le reazioni dei ragazzi presenti nella discoteca all'odore della benzina ed in seguito a qualche fiammella. Escludo che volessimo distruggere la discoteca mediante il fuoco. Non volevamo neppure arrecare gravi danni alla stessa. Meno ancora intendevamo attentare all'incolumit delle persone. Peccato, si fa per dire, che Abel, nel primo interrogatorio, abbia dichiarato (almeno per ci che riguarda la discoteca) esattamente il contrario. E cio che intendevamo bruciare la discoteca. Un Abel sempre pi fragile che ripete altre due volte, in quei mesi, il tentativo di togliersi la vita. Furlan non mostra, invece, segni di cedimento e anche nel corso di un altro interrogatorio, avvenuto il 12 luglio, ribadisce l'improbabile tesi dello scherzo. Effettivamente dice io e Abel non avevamo concertato un piano di azione preciso. Eravamo d'accordo che ognuno di noi avrebbe versato la benzina nel locale e solo eventualmente avrebbe ad essa appiccato il fuoco Avrei comunque desistito dalla mia azione semplicemente se la gente avesse avuto una qualsiasi reazione. Avrei dato fuoco solo nel caso in cui non vi fosse stata alcuna reazione da parte dei presenti. Era stato concordato tra me e l'Abel che avremmo appiccato il fuoco solo se non ci fossero state reazioni allo spargimento di benzina nel locale. Tesi difensiva monocorde, come si vede. E anche un tantino ingenua: la reazione, da parte dei giovani presenti al Melamara c' stata eccome. Ma il fuoco stato appiccato ugualmente. Ne sanno qualche cosa Monica Belt e Paolo Trevisan.

Capitolo terzo
Ed eccoci, noi cronisti, a faccia a faccia con il magistrato cattivo, il pubblico accusatore Pasquale Pantalone. L'uomo che ha condotto i primi interrogatori ad Abel e Furlan nel carcere mantovano. Non una vera e propria conferenza stampa (non pu tenerla, anche perch tutta la materia coperta da segreto istruttorio) ma un incontro cordiale. Ci sono, nel piccolo palazzo di giustizia mantovano, inviati di tutti i maggiori giornali italiani: non sarebbe simpatico cacciarli via a colpi di scopa. Il dottor Pantalone molto abile. Non solo nell'interrogare gli imputati, ma anche nel parlare. Dice e non dice, lascia al l'intelligenza degli interlocutori, interpretare il suo violese. Non accenna mai, neppure una volta, alla Ludwig, ma si capisce che ha capito. Esordisce cos: Le modalit di esecuzione dell'incendio della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, mi hanno indotto ad approfondire le indagini in una determinata direzione. Quale, signor giudice? Non posso essere pi preciso, ma il fatto che abbiamo trasferito l'istruttoria a Verona (dove si indaga su Ludwig n.d.A.) gi di per s un fatto significativo. Poi si sbilancia un pochettino: A casa di Wolfgang Abel abbiamo trovato materiale interessante in ordine ad altri episodi criminosi, soprattutto per quanto riguarda la discoteca Liverpool di Monaco di Baviera. E ancora (chi vuole intendere intenda): Ad un certo punto delle indagini ho capito che vi potevano essere collegamenti con altre tragedie accadute a Verona, Vicenza e Monaco. Per questo ho deciso di passare la mano. Qualcuno non ha capito? Ecco un'ulteriore spiegazione: Si ritiene che Castiglione, Monaco, Verona e Vicenza abbiano visto all'opera, tragica opera, la stessa mano o la stessa organizzazione. Questo punto ancora non chiaro. Poi, dopo la rapidissima risposta sul possibile complice, che abbiamo riferito, il dottor Pantalone passa a parlare della personalit dei due giovani incriminati: Abel sembra pi fragile, pi disponibile a collaborare con la giustizia. Ha tentato il suicidio (la conversazione che stiamo riportando avvenuta un mese dopo l'arresto dei due giovani n.d.A.) e, dunque, abbiamo preferito toglierlo dall'isolamento e metterlo in cella con altri detenuti, in modo che non possa tentare altri gesti inconsulti. Furlan non dimostra, invece, particolari tensioni. Abel fragile, Abel che collabora: lo possiamo definire un pentito? Risposta: No. Non direi proprio. Fin qui il dottor Pantalone che non ha detto molto, ma che di pi non pu dire. Non pu dire, per esempio, che gi nei primissimi giorni, dopo il mancato rogo del Melamara, due investigatori tedeschi sono giunti a Mantova e si sono messi a sua disposizione. N pu dire che, nel momento in cui egli parla con i cronisti, in un'altra stanza del palazzo di giustizia mantovano vi un magistrato della RFT che ha raccolto utilissimo materiale per l'inchiesta sulla strage del Liverpool. Perch mai tanto interessamento da parte degli inquirenti tedeschi ai due giovani arrestati? Perch i due episodi (Melamara e Liverpool) hanno un identico modus operandi, sembrano ideati ed attuati con la carta carbone. Anche a Monaco l'incendio stato appiccato da due giovani, uno castano e alto, l'altro pi basso, moro e straniero, probabilmente italiano. E anche a Monaco i due sconosciuti hanno cosparso di benzina la moquette della discoteca, facendola defluire da due borse in plastica contenenti altrettante taniche. Solo sospetti, naturalmente, ma che spiegano il precipitarsi a Mantova di investigatori ed inquirenti tedeschi. I quali, occorre riconoscerlo, contribuiranno in misura determinante alle indagini

che hanno portato al rinvio a giudizio di Abel e Furlan. A Mantova, in quei giorni, giungono anche i genitori dei due giovani: Marcella e Silvano Furlan e Johanna e Gerhard Abel. Il dottor Pantalone li sente a lungo. Dalle loro parole viene fuori un quadretto affatto allarmante: due giovani che si sono dedicati con molto impegno allo studio, molto amici, benvoluti da tutti, senza problemi con la Legge. E la politica? Mai espresso tesi od opinioni estremistiche. Marcella e Silvano Furlan, Johanna e Gerhard Abel sono affranti e il dottor Pantalone li manderebbe volentieri a casa, ma vi sono due domande importanti che deve rivolgere loro. Gliele hanno suggerite gli investigatori tedeschi. Ma occorre fare un piccolo passo indietro. La Ludwig, subito dopo il rogo alla discoteca Liverpool, ha rivendicato la strage portando come prova della sua autenticit, il fatto di aver lasciato fra le fiamme una sveglia di marca Peter con il numero di serie 520-708. stata una tecnica abituale della Ludwig provare l'autenticit delle rivendicazioni indicando particolari che soltanto gli assassini e la polizia potevano conoscere. Gli investigatori tedeschi hanno trovato, infatti, all'interno di quello che era rimasto della discoteca Liverpool la sveglia marca Peter, numero di serie: 520-708. Ed eccoci alla prima domanda chiave. Il dottor Pantalone estrae da un cassetto la fotografia di una sveglia Peter e chiede ai genitori di Abel se l'hanno mai vista. Johanna a rispondere: Mi pare di s. Ricordo che Wolfgang ne aveva una, in tutto simile a questa, quando part per Monaco. Sollecitata a ricordare nei particolari, la signora riflette e ribadisce: Wolfgang aveva una sveglia identica a questa quando abitava con noi a Negrar. Poi, quando part per Monaco, io non la vidi pi e pensai che se la fosse portata via. S, corrisponde la forma, il colore e, cos mi pare, il disegno dei numeri. Anche la seconda domanda-chiave stata suggerita al dottor Pantalone dagli investigatori della RFT. All'interno della discoteca data alle fiamme sono stati trovati i resti di una borsa, in cui era contenuta una delle due taniche di benzina usate per provocare l'incendio. Si trattava di una borsa in plastica marrone. I poliziotti tedeschi ne hanno acquistata una del tutto identica e le fotografie (a colori) sono ora in mano a Pantalone. La signora Johanna osserva le fotografie e riconosce la borsa: Nell'ottobre 1983, quando accompagnammo a Monaco nostro figlio, Wolfgang port con s una borsa-valigia di finta pelle, di colore marrone chiaro, che poi lasci nella casa che gli affittammo. La borsa aveva una cerniera lampo, anzi due cerniere lampo Il 21 febbraio (1984) andai a Monaco da Wolfgang fermandomi fino al 24 febbraio Riordinando la casa non badai se avesse ancora la borsa Il 2 marzo venuto in Italia con lo zaino. Due domande appropriate, come si vede, e due risposte che confermano i sospetti degli inquirenti tedeschi. Niente di clamoroso, ovviamente. Addirittura quasi nulla, in confronto al grande castello accusatorio che gli inquirenti costruiranno successivamente, contro Abel e Furlan. Ma fa capire che gli investigatori hanno imboccato subito la pista giusta, o almeno, quella che a conclusione dell'istruttoria riterranno giusta. La riprova che i due giovani hanno qualche cosa da nascondere, probabilmente molto, verr nelle settimane successive: Abel, infatti, sulla sveglia e sulla borsa di plastica mentir e cambier versione pi volte, mai ammettendo il possesso di questi oggetti. E, rinfrancati da questi piccoli successi, gli investigatori decideranno di proseguire in quella direzione: una strada tortuosa che, nelle loro intenzioni, porter a Ludwig.

Capitolo quarto
La sigla Ludwig, sinistra e cinica, fa la sua comparsa il 4 novembre 1980. In una lettera a Il Gazzettino, quotidiano del Triveneto, la setta rivendica la paternit di tre omicidi. Tre vicende tragiche, ma ormai sfuocate nei ricordi del grande pubblico. Tre storie sciagurate che hanno duramente impegnato gli investigatori della polizia e dei carabinieri, i quali, alla fine, hanno incriminato alcune persone, poi risultate innocenti. Ecco il testo, in caratteri runici, della rivendicazione. L'organizzazione Ludwig si assume la responsabilit delle seguenti uccisioni: Guerrino Spinelli, Verona, Agosto 77; Luciano Stefanato, Padova, dicembre 78 e Claudio Costa, Venezia, Dicembre 79. Come prova dell'autenticit di questa rivendicazione riportiamo alcuni particolari riguardanti gli attentati, che non sono di dominio pubblico. Nel primo si fatto uso di 4 bottiglie Molotov (non 2 come riportano i giornali), confezionate con fiaschi da 2 litri, di cui 2 sono state lanciate dentro la macchina e 2 fuori. Nel secondo sono stati usati coltelli con manico di plastica e di colore rosso-arancione. Per quel che riguarda il terzo, sono stati usati 2 coltelli da cucina col manico di plastica bianca, che sono stati gettati sotto il ponticello vicino al quale stata colpita la prima volta la vittima, morta nello stesso vicolo, dopo altre due colluttazioni. Gott mit uns. Gott mit uns, la firma, non una frasetta qualunque: significa Dio con noi ed era il motto (di sconvolgente memoria) della Hitlerjugend, la giovent fedelissima al dittatore nazista. Non bastasse, nella parte alta della lettera, sopra il testo, vi il disegno di un'aquila che sorregge con le unghie una croce uncinata e le ali del possente volatile costituiscono la base di appoggio della scritta Ludwig divisa in Lud e Wig. Si spiega ora la domanda del dottor Pantalone ai genitori di Abel e Furlan in merito alle idee politiche dei figli. Una rivendicazione, questa prima (ne seguiranno altre sette, ben pi convincenti) che lascia perplessi gli investigatori: non sar possibile, infatti, trovare i riscontri indicati: troppo tempo trascorso dagli omicidi. Bisogna dire che polizia e carabinieri per parecchio tempo si sono ostinati a non credere all'esistenza di Ludwig, andando magari a cercare (o a non cercare, come vedremo) il pelo nell'uovo. Miopia? Superficialit? Desiderio inconscio di respingere il diavolo dietro l'angolo? Non lo sapremo mai. Emblematico il caso dell'uccisione, a Vicenza, della prostituta, ultracinquantenne e vistosamente claudicante, Maria Alice Baretta. La donna viene ripetutamente colpita alla testa con un martello di un chilo e mezzo. Puntuale (da questo momento sar sempre cos) giunge la rivendicazione di Ludwig, ancora al quotidiano Il Gazzettino. Ecco il testo: Rivendichiamo l'esecuzione di Alice M. Baretta, 20-12-1980, Vicenza. Prove per l'autenticit della rivendicazione: il martello ha il manico giallo ed della marca Upex. Porta come marchio il n. 1500. Gott mit uns. Secondo la polizia anche questa rivendicazione non deve essere presa come oro colato, anzi! Perch? Perch le fotografie del martello, nelle quali si legge chiaramente Upex e 1500 sono state pubblicate su vari giornali. Dunque, il presunto Ludwig non ha fatto altro che riferire quei particolari e assumersi la paternit di un omicidio mai commesso. Magari per depistare le indagini. Tesi insostenibile a lume di logica perch ben poche persone, soprattutto nel mondo della malavita, conoscono i caratteri runici e mai, la precedente (e prima) rivendicazione, con tanto di aquila, apparsa sui giornali. Ma un'altra considerazione avrebbe dovuto tagliare la testa al toro del dubbio:

le fotografie pubblicate mostrano s il martello usato per l'omicidio, ma essendo tutte in bianco e nero, come avrebbe potuto sapere Ludwig che il manico giallo? Si preferito, invece, seguire la pista dei balordi e sono stati incriminati due giovani vicentini, puntualmente assolti per insufficienza di prove il 10 dicembre 1982. Se, invece, fosse stata concessa alle rivendicazioni la credibilit che meritavano e la macchina investigativa si fosse messa in moto tempestivamente in quella direzione, forse avremmo avuto qualche morto in meno. Chiss. Nuovo duplice omicidio il 20 luglio 1982 a Vicenza. Perdono la vita due religiosi: Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato. L'aggressione, premeditata e selvaggia, avviene poco dopo le 20,30 in via Generale Cialdini, a poca distanza dal santuario di Monte Berico nel quale prestavano la loro opera i due frati. Padre Lovato muore immediatamente, padre Pigato sopravvive solamente cinque ore, in coma profondo. Le armi (improprie) usate per uccidere i due frati vengono trovate sul luogo dell'aggressione: una mazza di ferro da meccanico marca Upex del peso di 1 chilo e mezzo e un martello, di due chilogrammi di peso, della stessa marca, che ha sul manico un adesivo, tagliato a forma di goccia, di color bianco e verde, recante al centro la scritta Castro. La rivendicazione arriva il 23 luglio all'Ansa di Milano: Ludwig dopo il rogo di San Giorgio a Verona ha colpito di nuovo a Vicenza sul Monte Berico. Siamo gli ultimi eredi del nazismo. Il fine della nostra vita la morte di coloro che tradiscono il vero Dio. Gli autoadesivi che alleghiamo combaciano esattamente con quelli applicati sui manici degli strumenti usati. Gott mit uns. Una doppia rivendicazione, dunque: non solo per l'uccisione dei due frati, ma anche per il rogo nella torretta di porta San Giorgio a Verona, avvenuto il 25 maggio dell'anno precedente. A porta San Giorgio ha perso la vita un giovane, Luca Martinotti, che casualmente si trovava nella torretta (una specie di bastione incustodito) dove normalmente dormono sbandati e drogati. Quella notte Luca Martinotti e il suo amico Aurelio Angeli, incensurati e bravi ragazzi lontanissimi dal mondo della droga, accettano di riposare prima di riprendere il viaggio verso la citt di residenza nell'ex fortino austriaco. Sconosciuti introducono benzina nel locale che si trasforma in un rogo. Martinotti muore la mattina dopo in ospedale, Aurelio Angeli rimane in ospedale parecchi mesi e poco meno di due anni dopo rimarr ucciso in un incidente stradale in Toscana. L'omicidio di padre Armando Bison, a Trento, l'ultimo assassinio di Ludwig. Successivamente, come vedremo, si dedicher unicamente alle stragi. Cambier anche il mezzo: niente pi coltelli, martelli e punteruoli, ma (come per la torretta a porta San Giorgio) il fuoco. Armando Bison viene aggredito il 26 febbraio 1983 in via dei Giardini, a breve distanza dall'istituto dei padri Venturini dove si sta recando. Sul luogo del crimine vengono rinvenuti due martelli (uno dei quali sporco di sangue), uno scalpello e altri oggetti. L'aspetto agghiacciante di questo omicidio che padre Bison non stato solamente colpito, con ferocia, a martellate alla testa, ma gli assassini gli hanno anche conficcato uno scalpello nella tempia sinistra. Scalpello subito tolto da uno dei soccorritori e ritrovato dalla polizia. Armando Bison muore una decina di giorni pi tardi, l'8 marzo, ma si tratta solamente di una lunga agonia perch non ha mai ripreso conoscenza. La rivendicazione di Ludwig giunge due giorni dopo all'Ansa di Milano: Rivendichiamo l'esecuzione di Trento. Il potere di Ludwig non ha limiti. Il crocefisso porta la scritta Faba. Gott mit uns. Il crocefisso stato applicato dagli assassini su una delle facce dello scalpello, di marca Faba. Ed eccoci al salto di qualit. Alle stragi. Il pomeriggio del 14 maggio 1983 nel cinema Eros Sexy Center, in viale Monza a Milano si

trovano una trentina di spettatori. Gente normalissima alla ricerca di una pur discutibile evasione; guardano il film pornografico Lyla, profumo di femmine. La tragedia accade intorno alle 17,45: i tendaggi delle porte di uscita prendono fuoco e la sala si trasforma, per gli spettatori, in una trappola mortale. Sei persone perdono la vita: Livio Ceresoli, Giorgio Fronza, Ernesto Mauri, Pasquale Esposito, Elio Molteni e Domenico La Sala. Ustioni di diversa gravit riportano Pietro Zedda, Simona Codi, Alessandra Greco, Rina Maniero, Cristian Zedda, Diego Zedda, Franco Piroddi e Dina Prando. C' anche un atto di eroismo: Livio Ceresoli (deceduto) non nel cinema, ma vi entra vedendo le fiamme, nel tentativo di portare soccorso. Particolarmente laboriose le indagini per verificare l'attendibilit della rivendicazione di Ludwig: il cinema stato ridotto ad un cumulo di macerie e la cenere si impastata per la pioggia, caduta nelle ore immediatamente successive al rogo. Ecco, comunque, la rivendicazione: Rivendichiamo il rogo dei cazzi. Una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig; per appiccare l'incendio al cinema sono stati usati una tanica e un bidone di plastica ai cui manici sono fissati rispettivamente una catenella da lavandino e una fascetta metallica marca Serflex. Gott mit uns. Rimandiamo il lettore all'ordinanza di rinvio a giudizio (pubblicata qui di seguito) per sapere e capire, nei particolari, come si giunti a trovare gli elementi indicati nella rivendicazione. Fatto sta, che anche in questa circostanza la firma vera. La strage all'Eros Sexy Center certamente il gesto criminale pi funesto della Ludwig. Ma questo triste primato avrebbe potuto essere battuto, e di gran lunga, dall'incendio della discoteca Liverpool a Monaco di Baviera: solo una serie di circostanze fortunate, i sistemi di sicurezza e il pronto intervento dei soccorritori ha evitato decine e decine di morti. Accade intorno alle 23,30 di sabato 7 gennaio 1984, otto mesi dopo l'incendio al cinema Eros. Due giovani sconosciuti entrano nella discoteca portando con loro due borse. Poco dopo le borse si vedono precipitare in fiamme dalla sala che consente di scendere nel locale da ballo e, giunte al fondo, esplodere: un fuggi fuggi generale. Nel Liverpool vi sono, in quel momento, 15 clienti e 11 dipendenti. Non , quindi, l'affollamento del sabato sera, previsto dagli attentatori. Questo spiega il perch di una sola vittima: Corinna Tartarotti, 21 anni, di nazionalit tedesca. Ustionata in quasi tutta la superficie corporea morir quattro mesi pi tardi: il 27 aprile. Alla solita agenzia Ansa di Milano, una decina di giorni dopo arriva la rivendicazione di Ludwig: Rendiamo noto che l'attentato di Amsterdam stato rivendicato con un messaggio all'Ansa. Rivendichiamo lo spettacolo pirotecnico di Monaco. Al Liverpool non si scopa pi. Ferro e fuoco sono la punizione nazista. Sul luogo stata lasciata una sveglia di marca Peter, numero di serie 520-708. Gott mit uns. la sveglia che Abel si portato a Monaco da Verona? Gli inquirenti ne sono sicuri. Indubbiamente la sveglia che la madre di Abel ha riconosciuto nelle fotografie mostratele dal dottor Pantalone, nel palazzo di giustizia di Mantova. Ludwig, in quest'ultima rivendicazione (la mancata strage al Melamara di Castiglione delle Stiviere non sar rivendicata) ribadisce la propria responsabilit anche in merito al rogo del sexy club La Casa Rossa, avvenuto il 17 dicembre del 1983 ad Amsterdam, dove hanno perso la vita 13 persone. Gli inquirenti, tuttavia, non riterranno attendibile la rivendicazione tanto che Abel e Furlan non dovranno rispondere, in Corte di Assise, di quella orrenda strage. La sanguinaria storia di Ludwig sta per concludersi. Finisce, secondo gli inquirenti, il 3 marzo a Castiglione, con l'arresto di Wolfgang Abel e Marco Furlan. Finiscono, soprattutto, le rivendicazioni: Ludwig, da quel giorno, non firmer pi alcun omicidio. Vi saranno, occorre dirlo, altri messaggi che gli inquirenti giudicheranno assolutamente

inattendibili. Eccoli: una prima lettera (23 marzo da Latina) nella quale scritto che la setta ancora viva e vegeta. Un'altra lettera a Torino (Rivendichiamo la morte di tutti gli uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig. Onore e gloria a Abel e Furlan. La guerra continua, ferro e fuoco saranno la punizione nazista). Una telefonata al quotidiano L'Adige di Trento: Se entro questa sera alle 20 non saranno liberati Abel e Furlan faremo saltare la stazione ferroviaria di Trento (2 aprile 1984). Naturalmente nella stazione, passata al setaccio, non viene trovato alcun ordigno esplosivo. Infine, il 4 aprile, all'agenzia Ansa di Udine giunge un messaggio nel quale si minaccia di morte il direttore di una emittente privata friulana, definito spacciatore della morale liberalebraica. Tutti messaggi firmati Gott mit uns ma che, per inquirenti ed investigatori, con Ludwig non hanno nulla a che fare. Al di l delle prove, delle testimonianze, dei reperti, proprio la constatazione che, dopo l'arresto dei due giovani, la Ludwig non si pi fatta viva, conforta gli inquirenti. Una mossa di Ludwig per far pagare a due innocenti le proprie gesta sanguinarie? No, smentiscono in coro i giudici: Ludwig sparito perch Ludwig altri non che Abel e Furlan.

Capitolo quinto
Lo dicono ora, gli investigatori e gli inquirenti, dopo l'arresto di Abel e Furlan, dopo le prove raccolte grazie anche all'efficientissima polizia tedesca, dopo la sintomatica sparizione di Ludwig. Ma, in passato, ben altre erano le loro convinzioni. Ne sa qualche cosa un professore di Pavia, Silvano Romano, incriminato quale mente e braccio della Ludwig e rimasto in carcere, innocente, per undici giorni. Non molto, si dir, considerati i tempi della giustizia italiana che riesce a tenere in galera innocenti per mesi e anni. Ed effettivamente il professor Romano se la cava in fretta, grazie all'abilit dei suoi avvocati, Tiburzio De Zuani e Gilberto Tommasi del Foro di Verona, alla disponibilit del pubblico accusatore, dottor Pavone e al fatto che, a ben vedere, contro di lui vi sono solamente labili indizi. Sono giorni duri, tuttavia, per Silvano Romano, ristretto (in isolamento) nell'ex caserma che il carcere di Verona e dipinto a fosche tinte dai giornali. Fra i quotidiani, il pi sottilmente colpevolista La Notte che, nell'edizione dell'1 aprile, pubblica un servizio dell'inviato Carlo Lovati dal titolo Sommerso da indizi il "prof. computer" tenta oggi la difesa. Nel pezzo Carlo Lovati lascia intendere, sia pure con l'aiuto di molti condizionali, quale sia la sua opinione sull'imputato, Silvano Romano. Leggiamo. Lo sguardo fisso nel vuoto. L'aria un po' particolare, sospettosa, di chi abituato a stare sulle sue. Sicuramente un tipo fuori dal comune, il professor Silvano Romano, docente illustre all'universit di Pavia e prigioniero in isolamento nel carcere veronese del Campone. In attesa dell'interrogatorio, iniziato stamane alle 10, e dopo che il sostituto procuratore Francesco Pavone aveva ieri preferito posticiparlo, per il mancato arrivo di atti ritenuti fondamentali, nella vecchia casa circondariale di via del Fante (una vecchia caserma ristrutturata) ha avuto nella vicenda Ludwig il suo titolo di testa, e da un paio di giorni gli occhi e le orecchie di tutti penetrano al di l della porta sbarrata che rinchiude, da mercoled pomeriggio, il presunto autore dell'incredibile serie di delitti. Sempre calmo e sereno, ma chiuso come un riccio, si dice. Il professore ha anche avuto un breve colloquio con il cappellano del penitenziario. Nella chiaccherata (riportiamo integralmente il testo, refusi compresi n.d.A.) ha detto al religioso di essere fiducioso per il suo futuro e che anche Cristo, durante la Settimana Santa, ebbe fiducia nella sua sofferenza. Una risposta, certo, non da persona normale. Viene il dubbio, a questo punto, che il collega Giampaolo Pansa nel suo libro confessionedenuncia Carte false sullo sballatissimo giornalismo italiano, abbia dimenticato pi d'una specie della nostra fauna scribacchina. Questo particolare prosegue l'inviato milanese alla ricerca di mostri portato al di qua delle sbarre da radio carcere non farebbe che inserirsi nel quadro da tutti descritto di un uomo profondamente religioso, schiavo della Fede forse fino al fanatismo. Legge il Nuovo Testamento in tedesco e tutte le sere recita le preghiere, ci avevano detto i genitori dell'accusato. Grazie al cielo gli inquirenti non hanno valutato altrettanto negativamente le Messe, i rosari e la lettura del nuovo testamento in lingua tedesca e il castello accusatorio subito crollato. Silvano Romano finito nei guai per un paio di telefonate. La prima l'ha fatta al rabbino della comunit israeliana di Verona, dottor Emanuele Weiss Levi. Il professor Romano ha confidato all'interlocutore una sua preoccupazione: da tempo studia il sanguinario fenomeno Ludwig e, grazie anche al suo computer, giunto alla conclusione che la setta avrebbe preso di mira, nelle successive settimane, membri della comunit israelitica. Un passaggio obbligato, secondo Romano,

dovuto alla lenta trasformazione di Ludwig stesso, passato dalle fobie sessuali (l'uccisione della prostituta vicentina), alla colpevolizzazione di religiosi, a suo dire deviati, con una evidente politicizzazione tendente al nazismo. Ora conclude il professor Romano sarebbe toccato agli ebrei. E chiede il numero di telefono del rabbino padovano Achille Viterbo, per mettere in guardia anche lui. Achille Viterbo, raggiunto dalla telefonata, ha qualche sospetto e, poich l'interlocutore gli lascia nome, cognome ed indirizzo, non ha difficolt a mettere la polizia sulle tracce di questo improbabile Ludwig. Gli investigatori si precipitano nelle due abitazioni di Silvano Romano, a Pavia e a Brescia, dove nato e dove risiedono i genitori. Che cosa trovano? Leggiamo ora il resoconto dell'inviato della Notte. Nella sua casa pavese gli inquirenti hanno trovato infatti appunti in cui si fa inequivocabilmente riferimento ai casi delle morti volute da Ludwig e brani delle lettere inviate dall'assassino, mentre in una sua tasca gli agenti che hanno effettuato la perquisizione hanno rinvenuto una serie di talloncini rossi adesivi, con la scritta espresso identici ad un talloncino presente su una lettera firmata dal mostro ed indirizzata all'Ansa. Anche a Brescia una perquisizione ha portato alla luce buste, francobolli uguali a quelli abitualmente serviti per le rivendicazioni Un castello di indizi, quindi, difficilmente smantellabile. Povero Silvano Romano, inchiodato dai francobolli! un mostro con il talloncino rosso espresso. Pi interessante, invece, rilevare che l'arresto del professor Romano avviene fra la fine di Marzo e i primi di Aprile del 1983, un mese dopo l'uccisione di padre Bison e un mese e mezzo prima della strage al cinema Eros a Milano. Pur respingendo la tentazione di fare della dietrologia, non si pu non rilevare che questo il momento in cui Ludwig decide di compiere il salto di qualit, dagli omicidi alle stragi. E se fosse passato alle stragi per prendere le distanze dal professorino che ritiene di aver capito tutto e che non ha capito niente, esattamente come la polizia? Certamente l'essere identificato come Silvano Romano, a Ludwig, deve aver dato l'impressione di toccare il fondo. Occorre risalire. Come? Con le stragi.

Capitolo sesto
Un capitolo sia pur breve, ma a parte, meritano due episodi solo apparentemente marginali. Il primo costituito da una lettera giunta ai giornali e da alcuni di essi integralmente pubblicata. Lo scritto, anonimo (Un cittadino che legge attentamente i giornali la firma) datato 4 marzo 1983 (una decina di giorni dopo l'assassinio di padre Bison a Trento n.d.A.) e viene da Padova. L'autore persona di buona cultura e attento osservatore delle gesta sanguinarie di Ludwig. Egli dice, in soldoni, che gli assassini sono padovani o quanto meno conoscono molto bene la citt del Santo. Abel e Furlan hanno compiuto gli studi universitari a Padova. Lo scrivente traccia poi un profilo psicologico di Ludwig e giunge a due conclusioni, che gli eventi successivi confermeranno in pieno: non vi sono motivazioni politiche di tipo nazista (la firma, l'aquila ed il motto sono elementi depistanti), ma solamente religioso-maniacali. La seconda conclusione che gli assassini, che si celano dietro il nome Ludwig, vogliono che la gente conosca la loro crociata anti peccato ed quindi probabile che alzino il tiro, che compiano azioni sempre pi clamorose. verissimo, tanto che cominceranno a dare alle fiamme i luoghi di perdizione come cinema a luci rosse e discoteche. Non dir Abel nei primi interrogatori: V olevo dare fuoco alla discoteca ma non so perch. L'unico motivo perch ho qualche cosa contro le discoteche un luogo che rende vittime le persone che lo frequentano? Anche Ludwig, probabilmente, legge la lettera e prende una decisione: tenersi il pi possibile alla larga da Padova e dal Veneto. Milano (forse Amsterdam) e Monaco saranno le tappe successive. E Abel e Furlan saranno arrestati nel Mantovano. Il secondo episodio accade dopo la cattura dei due giovani ed praticamente inedito. Lo raccontiamo perch dimostra che non solamente il dottor Pantalone convinto dell'esistenza di un complice. Ci crede anche la magistratura tedesca, che giunger a mettere una taglia sulla sua testa. E ci crede anche il servizio segreto israeliano, che incarica alcuni suoi specialisti (con copertura francese per le indagini in Italia e copertura belga per le indagini nella Repubblica Federale Tedesca), di scavare un po' pi a fondo su questa presunta setta neonazista. Il complice, dunque. La traccia pi importante viene da un'agenzia di stampa francese che scrive testualmente: Dinant (Belgio) 19/3/1984 Le autorit giudiziarie di Dinant hanno proceduto luned mattina alla ricostruzione dei fatti che si sono svolti nella notte fra venerd e sabato a Heer Agimont, il posto di frontiera franco-belga. Hulrich Ernst Trepte nato l'11 novembre 1957 a Krunbach (centro Germania) e domiciliato a Gondzheim, vicino a Karlsruhe, si prestato a questa ricostruzione senza manifestare il minimo rimorso. Ha spiegato che i colpi di fuoco sono stati il risultato di un momento di panico. Nel posto di gendarmeria, sabato verso le 4 del mattino, Trepte ha tirato cinque colpi di fuoco con una rivoltella 6,35 che aveva con s, la quale del resto era stata utilizzata per sparare in aria al momento della rapina alla quale aveva partecipato il 15 marzo alla V olksbank di Maulbrunn, vicino a Stuttgart. Sabato, una pallottola si perduta e altre due hanno colpito il gendarme Denis Leonard di 34 anni, che morto nella notte fra domenica e luned in seguito alle ferite riportate. Al momento in cui arrivava alla frontiera franco-belga, Trepte portava circa ventitremila marchi provenienti dalla rapina commessa il 16 marzo. Gli inquirenti pensano che tentasse probabilmente di raggiungere in Italia il suo complice e amico, appartenente ad un gruppo di estrema destra "Ludwig". Questo gruppo ha gi commesso diversi assassinii ma non possibile dire, per il momento, se l'uno o l'altro di questi possono attribuirsi al Trepte. Certamente nessuno, a nostro avviso. Ma c' un altro articolo che opportuno leggere. Questa volta

ad accreditare la tesi del complice sfuggito alla cattura l'autorevole Soir di Bruxelles. Ecco che cosa scrive sotto il titolo (vistosissimo) Le meurtrier du gendarme Heer: no-nazi et specialiste du hold-up. Si appreso dalla polizia giudiziaria di Stuttgart qualche elemento complementare sulla aggressione che Trepte ha commesso a Maulbronn. Questa aggressione ha avuto luogo in una agenzia della V olksbank, al momento in cui un impiegato ritornava dall'ufficio principale con la somma di trentanovemila marchi. Al momento in cui l'impiegato entrava, Trepte ha fatto irruzione nell'agenzia minacciando con una pistola gli altri due impiegati ed ha preso la valigetta contenente i soldi. In seguito ha preso la fuga su un'Alfa Romeo che attendeva con il motore acceso e con un complice al volante. Testimoni hanno potuto trascrivere il numero di targa del veicolo il quale appartiene ad un giovane di 19 anni. La macchina stata ritrovata in un parcheggio vicino alla stazione di Mannheim. I suoi occupanti avrebbero in seguito preso il treno in direzione di Amsterdam dove si sarebbero divisi il bottino. Si suppone che l'italiano sia riuscito a raggiungere la Francia e che si trovi ora sulla strada in direzione dell'Italia. La polizia giudiziaria tedesca pensa che esista un legame tra l'appartenenza di Trepte alla destra radicale e il gruppo radicale di estrema destra "Ludwig" che ha rivendicato a pi riprese delle aggressioni nel nord Italia e nel Tirolo meridionale. La polizia tedesca ha posto una taglia di quarantamila marchi per chi far identificare il membro della "Ludwig". In quel momento Abel e Furlan (ammesso siano loro la Ludwig) sono in carcere da oltre dieci giorni e gli investigatori tedeschi sono gi venuti in Italia per assistere il giudice Pantalone. Su chi, dunque, hanno messo la taglia? Sul complice sfuggito alla cattura, evidentemente.

Capitolo settimo
Non resta, a questo punto, che esaminare gli indizi e le prove che gli inquirenti porteranno in corte di Assise, a sostegno della tesi accusatoria. Il lettore trover tutto questo e in modo dettagliato nell'ordinanza di rinvio a giudizio firmata dal dottor Mario Sannite. Da parte nostra ci limiteremo ad una panoramica e ad una valutazione super partes. Ricordando al lettore che mai come in questo caso necessario tenere presente la regoletta secondo la quale uno pi uno fa due. In altre parole: il quadro generale che accusa Wolfgang Abel e Marco Furlan: presi uno per uno gli elementi a loro carico non dicono molto. Intanto vi l'arresto a Castiglione delle Stiviere, con le taniche di benzina praticamente in mano. Troppo poco, contestano i difensori, per parlare di Ludwig. D'accordo, c' il precedente del Liverpool e quello ben pi grave del cinema Eros a Milano. Ma come possibile proseguono i difensori collegare fra loro questi fatti? possibile. Nell'abitazione di Monaco di Abel stato rintracciato un foglio a quadretti, che apparentemente non reca traccia di scrittura, sul quale stato possibile leggere (grazie ad un nuovissimo procedimento chiamato Esda) l'intero tracciato del messaggio di rivendicazione della strage al cinema Eros. A casa di Furlan, gli investigatori hanno trovato un altro blocco di fogli a quadretti sul quale vi sono i solchi ciechi delle rivendicazioni della discoteca Liverpool e dell'uccisione dei due frati al santuario di Monte Berico. Che cosa sono questi solchi ciechi? presto detto. Se si scrive una lettera (o un messaggio), l'inchiostro della penna sar visibile solamente sul primo foglio, ma il pennino (o la mina o la sfera) lasceranno una traccia (visibile a occhio nudo, anche se priva di colore) sui fogli sottostanti. Il metodo Esda consente di annerire queste tracce, sino a renderle perfettamente leggibili. una prova? Di per s no. Abel e Furlan, in un momento di lucida follia, avrebbero potuto, travestiti da un inesistente Ludwig, scrivere farneticanti, quanto inattendibili, messaggi. Peccato che i cosiddetti riscontri obiettivi indicati nei messaggi e noti alla stampa, siano stati trovati dalla polizia. Come la sveglia, per il Liverpool, o il colore del martello per padre Pigato e padre Lovato. Le rivendicazioni, dunque, sono l'elemento principe dell'accusa. Ma non solo quelle. Numerosi testimoni hanno detto e sottoscritto di aver visto Abel o Furlan sul luogo degli omicidi. E vi , particolare di non secondaria importanza, il ritrovamento di un paio di occhiali, che la polizia attribuisce con sicurezza ad Abel (il quale si rifiutato di sottoporsi a perizia oculistica), sul luogo dell'omicidio del cameriere veneziano, Claudio Costa. Di notevole peso, per l'accusa, anche i risultati delle perizie grafologiche e cio lo studio della mano che ha vergato i messaggi. Secondo il perito gli stemmi delle aquile sono dello stesso autore; dello stesso individuo sono anche gli indirizzi sulle buste; gli stemmi apposti sulle rivendicazioni appartengono alla stessa mano che ha eseguito i disegni sequestrati nell'abitazione, in Italia, di Abel; Abel avrebbe anche secondo il perito scritto i testi delle rivendicazioni degli omicidi LovatoPigato, del rogo di porta San Giorgio, dell'incendio del cinema Eros e dell'incendio della discoteca Liverpool. Una mano diversa avrebbe scritto, invece, la rivendicazione riguardante gli omicidi Spinelli, Stefanato e Costa (unico messaggio) e l'omicidio Baretta. Ma, come abbiamo detto, rimandiamo il lettore alla ordinanza di Sannite. Furlan e Abel sono Ludwig? E, soltanto loro? Lo sapremo molto presto.

Capitolo ottavo
La vita carceraria di Wolfgang Abel e Marco Furlan ha momenti difficili ed altri drammatici. Momenti difficili quando, interrogati dai magistrati, i due si chiudono in un ostinato silenzio e quando rifiutano di sottoporsi a perizie tecniche. Momenti drammatici quando tentano, entrambi ed in pi occasioni, di togliersi la vita. L'ultimo episodio, sicuramente il pi grave, riguarda Marco Furlan e avviene domenica 2 novembre. Una guardia nota l'assenza nel cortile, per l'ora dell'aria, del giovane veronese. Non da lui, e scatta l'allarme. Furlan nel suo lettino. Ha ingerito una grande quantit di barbiturici. La tempestivit dei soccorsi fa il miracolo: i medici dell'ospedale di Dolo (Venezia) dove il giovane giunge in coma, riescono, con cure intensive, a farlo tornare in s. Un gesto dettato dalla disperazione per ci che lo attende (condanna e molti anni di carcere) o dal pentimento? Segno di disprezzo per la vita (altrui o propria) o insostenibile convivenza con tanti, troppi fantasmi? Cerchiamo di capirlo attraverso due autorevolissimi commenti pubblicati poche ore dopo la notizia del tentato suicidio di Furlan e quando ancora i medici disperavano di salvarlo. Scrive Giuseppe Brugnoli, direttore del quotidiano veronese L'Arena, sotto il titolo Il gesto di un ragazzo disperato: la seconda volta che Marco Furlan tenta il suicidio, e questa volta pare non sia soltanto un tentativo. Anche la prima volta, del resto, non era un gesto dimostrativo, perch egli fu salvato soltanto dal pronto accorrere dei compagni di cella. Che cos'? L'ultima espressione di orgoglio luciferino di chi, in nome di un mito sanguinario, di una ideologia di morte a cui si era votato, rifiuta sdegnosamente il giudizio degli uomini? Non ci sembra? Marco Furlan prosegue Giuseppe Brugnoli nei lunghi mesi della detenzione, sottratto all'influenza nefasta che su di lui aveva esercitato il suo amico e ispiratore Abel, aveva dimostrato tutta la fragilit di un povero ragazzo che si era lasciato irretire da miti funesti e macabri, e che soltanto ora si rendeva conto della gravit delle accuse che gli erano mosse, della irreparabilit dei fatti che gli erano attribuiti. Nessuno, prima di una sentenza che non c' ancora stata, e che forse per Marco Furlan non ci sar pi, potrebbe, pu dire se egli debba rispondere attraverso una pena dei fatti contestatigli, ma quel che certo che gli vengono contestati fatti gravissimi. Nessuno scrive ancora Giuseppe Brugnoli per i due giovani imputati della lunga serie di delitti attribuiti all'organizzazione "Ludwig", ha chiamato in campo, a parziale giustificazione, a postuma difesa, ragioni di particolare valore morale, come stato fatto per gli altrettanto cruenti ed assurdi delitti attribuiti ad un'altra parte, eguale e contraria, quasi speculare nelle motivazioni e negli esiti. Non c' spazio per i pentimenti, nella triste allucinante vicenda della "Ludwig". Questo, Marco Furlan lo sapeva, e ne ha tratto le conseguenze. Ha tentato di togliersi la vita non per un ultimo gesto di superbia e di rifiuto della legge, ma per un sentimento di disperazione. Colpevole o innocente conclude Giuseppe Brugnoli , lo dir la sentenza dei giudici, se mai ci sar, dopo l'episodio di ieri. Ma proprio l'episodio ultimo dimostra che Marco Furlan non era, non sarebbe pi stato quel cinico settario che stato dipinto. Non era, non sarebbe pi stato un "irriducibile". Ma forse tardi, per queste amare considerazioni. (L'Arena, 4 novembre 1986). Ben diversa l'opinione che esprime Enzo Biagi in un suo Strettamente personale. Sotto il titolo I poveri superuomini Biagi commenta alcuni casi di suicidio: da Sindona a Calvi, al direttore della biblioteca di Treviso e chiude il pezzo parlando di Abel e Furlan. Leggiamo: E anche i due ragazzi accusati di essere Ludwig, quella specie di allucinato "angelo

purificatore" che voleva riscattare i peccati del mondo con il fuoco, ricorrono ai barbiturici per uscire di scena. La sola prova che questi infelici possono offrire (tocca ad altri emettere sentenze) la sfida alla morte. Ho conosciuto Wolfgang Abel, il giovanotto che, probabilmente, ha la personalit pi forte, forse il teorizzatore di una dottrina che un rigurgito di nazismo con ossessioni da spirito quacchero o calvinista: nessuna piet per le "lucciole", e per gli omosessuali, per i vagabondi e per i drogati. "La fiamma bella" proclamava un retore, e loro, secondo l'accusa, incendiavano balere, cinema con le luci rosse, i lugubri ricoveri dei falliti. Wolfgang Abel prosegue Enzo Biagi mi parso fragile e allucinato, teso e insofferente, sprezzante e sconsolato: e per tre volte, ha cercato di andarsene per sfuggire all'umiliazione del processo. Non ce l'ha fatta, ma non credo che riusciranno a farlo parlare. Il suo amico, Marco Furlan, stato trovato dalle guardie moribondo; forse, nella sua devastante filosofia, ricorreva l'eterna ed essenziale domanda: quando la vita vale la pena di essere vissuta? Nel loro orgoglio infinito conclude Enzo Biagi non accettano l'umiliazione di un giudizio, il confronto con la morale degli altri. Poveri superuomini che non sanno misurarsi con la sconfitta, e con l'esistenza. (La Repubblica, 6 novembre 1986).

Capitolo nono
Increduli e disperati i genitori di Wolfgang Abel e Marco Furlan si tengono lontani dalle luci dei riflettori. Mai un'intervista, una dichiarazione. Per loro i giornalisti sono sciacalli senza rispetto, n sentimenti. Tutto questo sino a pochi giorni fa quando un collega riesce a parlare con il professor Silvano Furlan, padre di Marco. Il giornalista Enrico Pugnaletto e la sua intervista (un vero e proprio scoop) appare sul numero 47 del settimanale Oggi in edicola mercoled 12 novembre. Il colloquio fra Silvano Furlan ed Enrico Pugnaletto avviene all'ospedale di Dolo dove Marco ricoverato. Ecco questo straordinario e drammatico documento nei suoi passi essenziali. la prima volta che il professor Furlan parla con un giornalista. Fin dall'inizio di questa maledetta storia abbiamo deciso di non fare commenti. Cerchi di capire spiega da uomo gentile qual . La moglie, una donna minuta, preferisce farsi da parte, ma divide con lui la stessa pena, lo stesso dolore. Forse proprio il silenzio cos a lungo mantenuto a spingere questa volta il professore ad accettare l'incontro. Desidera sfogarsi, ma lo fa a fatica per paura che le parole vengano fraintese, riportate infedelmente. Professore, chi Marco Furlan? Un ragazzo come tanti, che non ha mai dato problemi particolari risponde. Rispettoso con noi, i genitori; affettuoso con i suoi quattro fratelli. Intelligente e studioso. Ha superato la maturit liceale con 56 su 60 e gli mancavano soltanto tre esami per la laurea in fisica quando stato arrestato. Suo figlio accusato di una serie di delitti impressionanti. Possibile che lei non abbia mai colto in lui qualche cosa che lo allarmasse? Mai e poi mai. Per questo non riesco a credere che lui e Ludwig siano la stessa persona. E invece l'opinione pubblica lo ha gi condannato. Fin dai tempi del liceo, compagni di classe e professori lo ricordano come focoso estremista di destra. Era cos? Niente affatto. Se fosse vero, me ne sarei certamente accorto. In casa non l'ho mai sentito parlare di politica e tantomeno ho notato in lui fermenti nazisti, alla cui ideologia si richiama Ludwig. Se l'avesse avuta dentro di s, sicuramente l'avrebbe espressa in qualche modo, fatta capire: in famiglia siamo abituati a discutere, a confidarci. Non poteva condurre una doppia vita? Ai genitori certe cose non sfuggono. D'altra parte non mai stato lontano da casa per lunghi periodi. Solo quando s'iscrisse all'universit di Padova gli prendemmo un appartamentino dove si fermava quando doveva frequentare le lezioni. Per il resto rientrava sempre a Verona. Dir di pi. Quando, dopo il suo arresto, accompagnai io stesso i carabinieri nel suo pied-a-terre padovano, non fu trovato un solo libro, un solo documento che potesse indicare una sua doppia vita, una doppia personalit. Come trascorreva il tempo libero? Come gli altri ragazzi della sua et: gli amici, sci d'inverno, barca a vela d'estate. No, guardi. proprio inutile scavare nel suo passato. Non abbiamo trovato, nella vita e nelle abitudini di Marco, nulla che possa giustificare un'imputazione tanto mostruosa. E come passava il tempo in carcere? Studiando. Gli agenti hanno sempre parlato di lui come di un detenuto modello: gentile, educato, ossequioso. Ha pure chiesto di lavorare quando non era impegnato sui libri. E gli avevano affidato un incarico di fiducia: controllava i conti correnti di tutti i detenuti. Se innocente come dice, perch tenta continuamente di ammazzarsi? Non continuamente. Questa la prima volta. L'altra volta, appena arrestato, fece un'azione dimostrativa. Evidentemente gli sono crollati i nervi. Se lo vedesse diventato magro come un chiodo, esile. Sembra un

bambino di quindici anni. Come mai suo figlio ha sempre rifiutato di rispondere alle accuse del magistrato? un atteggiamento di protesta. Sostiene di essere vittima di un'orrenda montatura. E lei gli crede? Ritiene veramente che sia innocente? Il professore abbassa gli occhi, si morde a lungo il labbro. Dopo quanto ha detto vorrebbe rispondere di s, ribadire che suo figlio non pu essere un assassino. Ma non pu dimenticare come e perch il suo ragazzo fu arrestato, non se la sente di barare con l'evidenza. Beh, al Melamara c'era, risponde con un filo di voce e s'infila nell'auto che lo riporter a Verona.

NOTA EDITORIALE Il testo, nelle parti che di seguito pubblichiamo, riproduce fedelmente quello della sentenza e ordinanza di rinvio a giudizio del Giudice Istruttore del Tribunale di Verona. Per ovvie esigenze editoriali il testo non viene dato nella sua interezza. I tagli redazionali sono segnalati con la seguente indicazione: (). Sono altres stati omessi i riferimenti ai vari volumi di atti istruttori. Per il resto, ci si limitati a correggere alcuni evidenti refusi. I due interventi dell'autore sono dati in corsivo ed entro parentesi quadra.

1. L'elevato numero dei reati, la circostanza che essi furono commessi in un lungo arco temporale e quella che alcuni vennero attribuiti a persone diverse dagli attuali imputati suggeriscono, per esigenze di chiarezza, di iniziare la trattazione con la rievocazione dei singoli fatti e, all'occorrenza, delle vicende processuali cui dettero luogo. In questo rapido excursus sar dato risalto agli elementi dotati di valenza probatoria e comunque rilevanti per l'interpretazione del complesso caso. Omicidio Spinelli Guerrino Il fatto fu commesso in Verona, all'altezza del civico numero 9 di via Taormina, verso le ore 04 del 25 agosto 1977. Ignoti cosparsero sulla vettura Alfa Romeo 1600 targata CH 120706 della benzina e vi appiccarono fuoco. Il nomade trentatreenne Spinelli Guerrino, nativo di Montesilvano e residente a Fossacesia, sorpreso nel sonno, riusc, bench avvolto dalle fiamme, a scendere dal veicolo. Soccorso da persone di passaggio ed accompagnato all'Ospedale di Borgo Trento, lo Spinelli mor alle ore 10.55 del successivo 2 settembre. () La polizia giunse sul posto mentre l'autovettura stava ancora bruciando. Nelle adiacenze fu trovato un fiasco contenente benzina. Le indagini compiute dal personale della questura e dal gruppo carabinieri di Verona non portarono ad alcun risultato utile. Non si scoprirono n gli autori n il movente del grave delitto. () A fronte della scarsit delle notizie acquisite e dell'assoluta improbabilit che le indagini sfociassero in un risultato positivo, il 28 febbraio 1978 questo Giudice Istruttore, sulla conforme richiesta del Pubblico Ministero, pronunci sentenza di non doversi procedere in ordine al fatto suesposto per essere rimasti ignoti gli autori del reato. Omicidio Stefanato Luciano Alle ore 0,30 circa del 19 dicembre 1978, in via Ludovico Ariosto di Padova, a bordo di una Alfa Romeo Giulia 1300 targata PN 21089, venne rinvenuto il cadavere di Stefanato Luciano, cameriere di 44 anni, omosessuale. Il corpo della vittima presentava numerose ferite da taglio in varie parti del corpo. Alla base del collo e della schiena aveva infisse le lame di due coltelli da cucina, con manico in plastica di colore arancione e della lunghezza di circa 25 centimetri. La guardia giurata Zangrandi Bruno, transitando verso le ore 0,30 per via Ariosto, not due giovani, dell'apparente et di 18-20 anni, allontanarsi di corsa dal luogo dell'omicidio. A dire del teste, i giovani erano abbigliati con una giacca a vento di colore blu ed erano alti metri 1,65-1,70; uno dei due, quello osservato meglio, aveva capelli castani molto chiari, tendenti al biondo. Il teste Panzera Franco vide, alle ore 22,30 del 18 dicembre, in Padova, due persone salire sulla vettura dello Stefanato: il teste riport l'impressione che i due sconosciuti avessero un appuntamento con la vittima. Forn le seguenti indicazioni di uno dei due giovani: et 18 anni circa; statura metri 1,75-1,80; corporatura molto snella; tipo effeminato; viso rotondo, abbigliamento elegante; soprabito scuro e coppola con visiera bassa sulla fronte; senza baffi n barba; sprovvisto di borsello. () Dall'indagine peritale risult infine che lo Stefanato aveva avuto dei rapporti sessuali o quantomeno una eiaculazione poco prima di essere ucciso e che sui suoi abiti erano presenti alcuni capelli di colore biondo chiaro probabilmente non appartenuti allo Stefanato stesso.

In considerazione della personalit della vittima e di alcuni elementi circostanziali emersi dall'accertamento medico-legale, le indagini furono subito indirizzate nell'ambiente degli omosessuali, dove sembrava verosimilmente che fosse maturato il delitto. () Omicidio Costa Claudio Il fatto si verific in Venezia verso le ore 0,30 del 12 dicembre 1979. Anche Costa Claudio, ventiduenne, tossicodipendente, fu ucciso per accoltellamento. Il suo cadavere, trovato riverso a terra, in posizione supina, in corte Canal, presentava numerose ferite da taglio in varie parti del corpo: soprattutto nella parte toracica, nella schiena e nella testa. () Alla fase terminale dell'aggressione assistette la signora Schiocchet Lis Gemma, dalla sua abitazione posta al primo piano dello stabile di Santa Croce 654. La donna, udite delle grida provenienti dalla strada ed affacciatasi alla finestra prospiciente la corte Canal, vide due persone rincorrere un giovane, raggiungerlo all'altezza del civico numero 656, vibrargli numerosi colpi di coltello fino a quando la vittima cadde a terra e darsi a precipitosa fuga verso rio Marin. La teste forn la seguente descrizione dei due aggressori: uno aveva et di 20-22 anni, statura di metri 1,75-1,80, corporatura magra, capelli lunghi e mossi, giacca verde scuro e blue jeans; l'altro aveva la stessa et, ma statura inferiore, e probabilmente indossava un cappellino. In base alle tracce di sangue fu possibile accertare che l'aggressione era iniziata in campo dei Tedeschi, all'altezza del civico 1064, e che la vittima era fuggita sino a corte Canal, dove era stata di nuovo raggiunta e mortalmente ferita, percorrendo campo Nazario Sauro, calle dei Mitrofei, rio Marin. A circa 30 metri dal cadavere la polizia trov un paio di occhiali da vista, non appartenenti al Costa, tipo Ray Ban, con montatura in metallo bianco marca Nouvelle, della ditta Arnoldo Arrigo di Vico di Cadore, e lenti incolori marca Zeiss umbra-matic, sporche di sangue. () Va ricordato che, mentre era in corso la formale istruzione, pervenne alla redazione del Gazzettino di Venezia, in busta recante il timbro postale Bologna 4.11.1980, una missiva scritta a mano e in caratteri runici del seguente tenore: L'ORGANIZZAZIONE LUDWIG SI ASSUME LA RESPONSABILIT DELLE SEGUENTI UCCISIONI: GUERRINO SPINELLI VERONA AGOSTO 77 LUCIANO STEFANATO PADOVA DICEMBRE 78 CLAUDIO COSTA VENEZIA DICEMBRE 79 COME PROV A DELL'AUTENTICIT DI QUESTA RIVENDICAZIONE RIPORTIAMO ALCUNI PARTICOLARI RIGUARDANTI GLI ATTENTATI CHE NON SONO DI DOMINIO PUBBLICO. NEL PRIMO SI FATTO USO DI 4 BOTTIGLIE MOLOTO W (NON 2, COME RIPORTANO I GIORNALI), CONFEZIONATE CON FIASCHI DA 2 LITRI, DI CUI 2 SONO STATE LANCIATE DENTRO LA MACCHINA E DUE FUORI. NEL SECONDO SONO STATI USATI COLTELLI COL MANICO IN PLASTICA E DI COLORE ROSSOARANCIONE. PER QUEL CHE RIGUARDA IL TERZO, SONO STATI USATI 2 COLTELLI DA CUCINA COL MANICO DI PLASTICA BIANCA, CHE SONO STATI GETTATI SOTTO IL PONTICELLO VICINO AL QUALE STATA COLPITA LA PRIMA VOLTA LA VITTIMA MORTA NELLO STESSO VICOLO DOPO ALTRE 2 COLLUTTAZIONI.

GOTT MIT UNS opportuno altres ricordare che le ricerche disposte immediatamente nelle acque del rio Marin per il recupero dei due coltelli, ai quali il messaggio di rivendicazione faceva riferimento in relazione all'omicidio Costa, dettero esito negativo. () Omicidio Baretta Maria Alice L'assassinio della prostituta ultracinquantenne fu commesso a Vicenza, verso le ore 21 del 20 dicembre 1980, in viale Venezia del rione Campo Marzio, luogo abitualmente frequentato da prostitute. La donna fu trovata a terra, in fin di vita. Mor presso l'ospedale civile di Vicenza il successivo 4 gennaio 1981. Vicino al corpo della Baretta furono rinvenuti: una scure con manico di legno, sporca di sangue; una borsa in plastica con la scritta Filiberto Bedati Bologna, via Matteotti 28 tel. 356687, contenente un martello con battente in ferro e manico in legno di colore giallo nella parte inferiore (impugnatura): sul battente era impresso il numero 1500 e sul manico la parola UPEX; una borsa di plastica uguale alla precedente, contenente dei fazzolettini di carta. Frigo Oreste, testimone oculare del fatto, dichiar alla polizia che, verso le ore 20,55 del 20 dicembre, mentre transitava in viale Venezia alla guida della sua autovettura ed era momentaneamente fermo per effettuare una svolta a sinistra, aveva scorto, sul lato destro della strada, al di l del marciapiede, un individuo che a due mani impugnava un oggetto con il quale colpiva ripetutamente la donna gi a terra: costui, vistosi scoperto, era fuggito a piedi. Il teste seppe fornire una descrizione molto sommaria dell'aggressore: si trattava di un uomo di corporatura normale e di statura media, vestito con una giacca scura ed un berretto di lana rosso con fiocco; nessuna indicazione, neppure approssimativa, sull'et. () [I sospetti degli inquirenti si concentrarono su due giovani, poi assolti per insufficienza di prove dalla Corte di Assise di Vicenza]. I giudici dettero conto della sofferta loro decisione con un'articolatissima motivazione che scredit completamente i momenti fondamentali della costruzione accusatoria. () necessario da ultimo segnalare l'altra circostanza che influ direttamente sulla decisione del collegio giudicante, come risulta dai seguenti passaggi della sentenza 10 dicembre 1982: Vi infine il fatto forse pi inquietante, la rivendicazione dell'omicidio da parte del Gruppo Ludwig. Nel volantino, scritto in caratteri runici, inviato qualche mese dopo il delitto al Gazzettino di Venezia si legge: RIVENDICHIAMO L'ESECUZIONE DI ALICE M. BARETTA 20-12-1980 VICENZA PROVE PER L'AUTENTICIT DELLA RIVENDICAZIONE IL MARTELLO HA IL MANICO GIALLO ED DELLA MARCA UPEX PORTA COME MARCHIO IL N 1500 GOTT MIT UNS I particolari riferiti coincidevano ma, come ha dichiarato il vice questore Burzomato, tale

circostanza non fu ritenuta sufficiente per l'autenticit della rivendicazione. La vicenda, infatti, era stata ampiamente diffusa dai giornali. Un settimanale, poi, aveva pubblicato la foto (in bianco e nero) delle armi: la marca, dunque, poteva essere stata rilevata attraverso l'ingrandimento della foto, il colore ed il peso (1500 indicava il peso e non il numero di marchio) potevano essere stati conosciuti andando in un negozio di ferramenta: si trattava di una mazzetta molto comune. Successivamente, per, il Gruppo Ludwig rivendic anche l'omicidio dei frati di Monte Berico e questa volta la rivendicazione, pervenuta immediatamente dopo il delitto all'agenzia ANSA, fu ritenuta assolutamente attendibile: al volantino erano allegate le parti di adesivo che combaciavano perfettamente con quelle applicate sui manici degli strumenti usati. Le indagini dirette ad acquisire elementi pi consistenti su tale organizzazione criminale che aveva rivendicato altri omicidi commessi in alcune citt venete, rimasti ancora, a quanto si appreso, impuniti non hanno portato finora a risultati soddisfacenti. Non spetta a questi giudici, per mancanza di elementi di valutazione, n del resto questa la sede adatta, addentrarsi in ipotesi e supposizioni su tale fantomatico gruppo. Deve prendersi atto, per delle impressionanti analogie che esistono fra il caso in esame e l'omicidio dei frati di Monte Berico, analogie che porterebbero quasi a credere che quest'ultimo delitto fu eseguito secondo moduli sperimentati nel primo: in entrambi i casi gli assassini erano in possesso di una accetta e di una mazzetta ferrata, strumenti contenuti in sacchetti di plastica rinvenuti accanto ai corpi delle vittime, e colpirono queste ultime al capo; in entrambi i casi il movente appare di difficile accertamento. Deve osservarsi infine che le vittime degli omicidi rivendicati dal Gruppo Ludwig erano soggetti dalla personalit deviante (tossicomani, omosessuali), ad eccezione dei frati di Monte Berico; anche la Baretta Maria Alice, anziana meretrice vistosamente claudicante, poteva quindi essere presa di mira da individui che professano la farneticante ideologia che si evince dai volantini. In conclusione, le analogie tra il delitto Baretta e quello dei frati di Monte Berico e la rivendicazione del Gruppo Ludwig costituiscono elementi che, ponendosi in contrasto con la tesi della colpevolezza degli imputati, accrescono i motivi di perplessit prima manifestati attribuendo agli indizi di colpevolezza a carico degli imputati stessi ulteriore ambiguit ed incompletezza. () Omicido Lovato Mario e Pigato Giovanni Battista I due religiosi, appartenenti alla comunit del santuario di Monte Berico, furono uccisi in Vicenza, tra le ore 20.30 e le ore 20.45 del 20 luglio 1982, mentre passeggiavano insieme lungo la via Gen. Cialdini, nelle adiacenze del predetto santuario. Nel luogo dell'aggressione il personale della polizia scientifica trov e pose sotto sequestro i seguenti oggetti: una mazza di ferro di meccanico, marca Upex, del peso di grammi 1500 e recante la scritta Din 1041-1500, con manico in legno, su cui erano tracce di sostanza ematica: sul manico, al di sopra della parte in cui era impressa la marca, si notava un adesivo tagliato a met con fondo bianco ed una parte di una indecifrabile lettera maiuscola (N o Z o R) di colore rosso; un sacchetto per immondizie contenente un martello del peso di grammi 2000, della stessa marca del precedente: sul manico era attaccato un adesivo, tagliato a forma di goccia, di colore bianco e verde, recante al centro la scritta Castro; un sacchetto di plastica bianca con la scritta A & O ed un timbro della ditta Sacme Malo (VI) tel. 0445 - 52191 - 52660, contenente un secondo sacchetto di plastica marrone scuro con la scritta Coin;

un sacchetto della ditta Sacme, uguale al precedente, con all'interno un altro sacchetto del Coin, che a sua volta conteneva: una scure con lama larga cm. 11 e lunga cm. 12, e con manico in legno; una sciarpa in lana colore bord; una sciarpa in tessuto tipo scozzese. Non furono rinvenute impronte papillari sulle cose suddescritte. N esse si rivelarono utili per l'individuazione degli autori del gravissimo fatto. Dalla perizia medico-legale, risult che il Lovato era deceduto immediatamente sul posto dell'aggressione ed il Pigato intorno alle ore 02 del 21 luglio presso l'ospedale di Vicenza. La morte di entrambi si verific per arresto cardiocircolatorio, in conseguenza delle gravissime lesioni cerebrali riportate. I mezzi che produssero le ferite mortali furono identificati in corpi contundenti dotati di particolari caratteristiche quali quelle che posseggono i due grossi martelli trovati sul luogo del delitto. Furono escluse tracce di omosessualit sulle vittime e la presenza sui loro corpi di elementi eventualmente attinenti agli aggressori. () Secondo il perito, le vittime furono colpite pressoch contemporaneamente da almeno due diversi aggressori, probabilmente provenienti da tergo, e non furono in grado di opporre apprezzabile resistenza. Nel corso delle prime indagini di polizia giudiziaria furono raccolte testimonianze su circostanze che potrebbero avere attinenza col delitto. Si tratta delle testimonianze rese il giorno successivo al fatto da Rossi Bortolaso Federica e da Lucano Danilo. La Rossi, la sera del 20 luglio, verso le ore 19.45, uscita dal santuario di Monte Berico, not tre giovani, di 20-25 anni, seduti sul muretto situato proprio di fronte alla strada dove, poco dopo, furono assassinati i religiosi. Uno dei giovani aveva, ai suoi piedi, due borse di plastica, una scura e l'altra bianca, che la teste dichiar simili a quelle trovate sul luogo del delitto. I tre giovani avevano costituzione magra e statura di centimetri 170-175. Uno aveva capelli scuri, mossi, lunghi fino alle spalle; uno capelli castano chiari, lunghi e mossi, folta barba e baffi; il terzo aveva capelli scuri, ed era pettinato con riga centrale. La sera del fatto, probabilmente subito dopo la sua commissione, Lucano Danilo, mentre si trovava nell'orto della propria abitazione, sita al civico n. 40 di via Gen. Cialdini, vide, da una distanza di circa 10 metri, scendere, con andatura spedita, lungo la strada, in direzione di Gogna, l'uno a breve distanza dall'altro, due giovani, alti 165-170 centimetri, di normale corporatura: uno, di et compresa tra i 20 e i 22 anni, aveva capelli scuri e corti, l'altro, sui 18-20 anni, aveva capelli biondi o castanochiari, ricci od ondulati, lunghi fino alle spalle. I giovani, passando dinanzi al cancello dell'abitazione del teste, continuarono nella loro corsa senza voltarsi dalla parte in cui si trovava il Lucano con i due suoi figli. Altre informazioni, non prive di interesse, furono fornite da Mazzini Gianni, Peron Elisa e De Pretto Giovanni Battista. Il Mazzini vide, da una finestra del secondo piano del convento di Monte Berico, il Lovato ed il Pigato, appena usciti dal santuario, procedere in direzione del museo e, a breve distanza da loro, due persone, piuttosto giovani, sedute sul muretto di fronte all'inizio di via Cialdini; erano le ore 20,10 del 20 luglio. I due giovani seduti sul muretto furono notati anche dalla suora Peron Elisa verso le ore 20 dello stesso giorno. De Pretto Giovanni Battista rifer, invece, sull'abitudine dei due confratelli uccisi di fare una breve passeggiata serale comprendente anche il passaggio per via Cialdini, preferita per la scarsa circolazione automobilistica e la minore rumorosit. Il 23 luglio 1982, cio a tre giorni dal duplice omicidio, giunse alla redazione dell'ANSA di Milano il messaggio di rivendicazione del Gruppo Ludwig, scritto in caratteri runici come i

precedenti, del seguente tenore: LUDWIG DOPO IL ROGO DI S. GIORGIO A VERONA HA COLPITO DI NUOVO A VICENZA SUL MONTE BERICO SIAMO GLI ULTIMI EREDI DEL NAZISMO IL FINE DELLA NOSTRA VITA LA MORTE DI COLORO CHE TRADISCONO IL VERO DIO GLI AUTOADESIVI CHE ALLEGHIAMO COMBACIANO ESATTAMENTE CON QUELLI APPLICATI SUI MANICI DEGLI STRUMENTI USATI GOTT MIT UNS Il messaggio era contenuto in una busta recante il timbro postale Brescia Ferrovia 27.7.1982. Le parti di autoadesivo allegate combaciavano perfettamente con quelle trovate sul manico dei martelli usati per l'uccisione dei due religiosi. Omicidio Bison Armando Il sacerdote fu aggredito all'altezza del civico numero 32 di via dei Giardini, in Trento, a brevissima distanza dall'istituto dei Padri Venturini, dove si stava recando. Erano le ore 19 circa del 26 febbraio 1983. La vittima fu trovata a terra, con gravi ferite al capo ed uno scalpello conficcato nella regione parietale sinistra. () Sul luogo del delitto furono trovate le seguenti cose: una borsa in plastica con manici rigidi, di colore azzurro, recante le scritte Sport Acherer Bressanone tel. 22049, contenente una sciarpa in lana, sgualcita e strappata; una borsa in plastica di colore giallo con la scritta Profanter Pelletteria Cappelli Bressanone, Portici Maggiori 15 tel. 23362, contenente: un grosso martello, apparentemente nuovo, recante sulla faccia anteriore il numero 1.000, con battente in ferro a forma quadrata ad angoli smussati, con manico in legno lucido; un asciugamano usato, una manica di maglia in lana, strappata ed aperta lungo la cucitura; un sacchetto in plastica nero per immondizie; un martello uguale al precedente, con tracce di sangue nella parte metallica; uno scalpello da muratore a forma ottagonale, con punta a piramide quadrilatera, della lunghezza di cm. 21,5 e diametro di cm. 1,4 circa, con punzonata la scritta FABA sulla parte mediana di una delle facce, con tracce di sangue sulla punta: su una delle facce dello scalpello, sporgente di circa due centimetri rispetto all'estremit superiore, era incollata una croce romana di legno con braccio maggiore di cm. 10 e braccio minore di cm. 5,4; si tratta dello scalpello la cui punta fu trovata infissa nella regione parietale sinistra della vittima e che venne estratto dal primo soccorritore. () L'assenza di testimoni oculari e la difficolt di individuare un plausibile movente del delitto non consentirono alle indagini svolte da polizia e carabinieri di fare alcun progresso. Nella prima fase furono solo acquisite testimonianze su circostanze che, molto verosimilmente, non erano estranee al reato. Si tratta delle sommarie informazioni rese da Mattedi Gabriele, Romanato Giorgio, Matteotti Olga, Avancini Renzo e Cappello Giustina: nei giorni immediatamente precedenti o poco prima della commissione dell'omicidio le predette persone notarono in via dei Giardini o nelle sue adiacenze due giovani in atteggiamento di attesa con delle borse di plastica. Il Mattedi e il Romanato li descrissero come giovani di 20-25 anni, snelli, alti centimetri 170. Cappello suor

Giustina, che nel pomeriggio del 23 o del 24 febbraio ebbe l'impressione di essere seguita fino a via dei Giardini da due giovani, seppe dire solo che potevano avere 18-20 anni ed erano di corporatura esile: i due, vedendola, si avvicinarono ad una panchina, presero delle buste di plastica e la seguirono a breve distanza. Con timbro postale Padova 28.2.1983, giunse all'ANSA di Milano un asciutto messaggio, con le consuete caratteristiche di composizione, in cui si diceva: RIVENDICHIAMO L'ESECUZIONE DI TRENTO IL POTERE DI LUDWIG NON HA LIMITI IL CROCEFISSO PORTA LA SCRITTA FABA GOTT MIT UNS Ma neppure tale messaggio fece progredire le indagini.

Incendio della casamatta in localit S. Giorgio di Verona, seguito dalla morte di Martinotti Luca Il fatto si verific verso le ore 04,30 del 24 maggio 1981. Ignoti cosparsero di liquido infiammabile l'interno di un ex fortino austriaco, situato sul Lungadige, nei pressi dei giardini S. Giorgio di Verona, e vi appiccarono il fuoco. Si svilupp un violento incendio che fu domato solo a seguito dell'intervento dei Vigili del fuoco. Le tre persone che si trovavano all'interno del locale, sorprese nel sonno, riportarono ustioni di diversa gravit. Martinotti Luca, la cui superficie corporea fu quasi per intero interessata da ustioni prevalentemente di 3 grado, mor nella tarda mattinata dello stesso giorno 24 maggio nell'ospedale di Borgo Trento. Angeli Aurelio riport ustioni di 2 e 3 grado su buona parte della superficie corporea, ma riusc a sopravvivere. Di gran lunga pi leggere furono le ustioni riportate da Ancora Fabrizio. () Deve ricordarsi che anche il crimine qui esaminato stato rivendicato dal gruppo Ludwig con due successivi messaggi. Con quello, gi richiamato, giunto alla sede milanese dell'ANSA il 23 luglio 1982, che contiene la rivendicazione congiunta del rogo di S. Giorgio e dell'assassinio dei frati del santuario di Monte Berico. E con altro, recante il timbro postale Milano Peschiera 8 aprile 1983, pure trasmesso all'ANSA di Milano, del seguente tenore: LA NOSTRA FEDE NAZISMO LA NOSTRA GIUSTIZIA MORTE LA NOSTRA DEMOCRAZIA STERMINIO RENDIAMO NOTO CHE ABBIAMO PUNTUALMENTE RIVENDICATO IL ROGO DI SAN GIORGIO A VERONA CON UN MESSAGGIO INVIATO A LA REPUBBLICA ALLEGHIAMO UN DISCHETTO METALLICO IDENTICO A QUELLO APPLICATO SULLA PI GRANDE DELLE TRE TORCE USATE GOTT MIT UNS impossibile valutare la prova dell'autenticit della rivendicazione. Non risulta, infatti, che sia stato recuperato il dischetto metallico all'interno del locale devastato dall'incendio. Incendio del cinema Eros Sexi Center di Milano, seguito dalla morte di sei persone Il 14 maggio 1983, tra le ore 17,40 e le ore 17,50, nel cinema Eros Sexi Center, sito al civico numero 101 di viale Monza, in Milano, mentre veniva proiettato il film pornografico Lyla, profumo di femmina, divamp, dalla parte posteriore della sala, e precisamente nei pressi dei tendaggi dell'ingresso, un violento incendio che in breve interess tutti gli arredi del locale. Sul posto, alle ore 17,52, a due soli minuti dalla chiamata, intervennero i Vigili del fuoco del Comando provinciale di Milano. Nel rapporto redatto dal Capo della pattuglia di intervento si legge: All'arrivo si constatava che l'incendio aveva gi interessato l'ingresso, il corridoio e tutta la sala. Il tetto, costruito in capriate di legno ricoperto da eternit, e la controsoffittatura in gesso erano gi crollati. Finestre e porte-finestre dello stabile adiacente, fino al quarto piano, erano in fiamme. Fumo ed elevata temperatura sulla scala di accesso: difficoltosa l'uscita degli inquilini. Gi attaccata dalle fiamme la copertura in perline di una falegnameria confinante. Gli spettatori si erano gi posti in

salvo attraverso le porte di sicurezza. Alcune squadre provvidero al salvataggio delle persone negli appartamenti; altre provvidero allo spegnimento ed alla circoscrizione dell'incendio. L'eccessiva temperatura e l'infelice ubicazione del locale hanno reso difficoltosa tutta l'operazione. Cause dell'incendio non potute accertare. Sul luogo, mentre era gi in corso l'opera di spegnimento, giunsero anche alcune pattuglie della squadra mobile, che provvidero a raccogliere le prime notizie sul grave fatto da alcuni testimoni. Boceda Guido rifer che, mentre assisteva alla proiezione del film, si era accorto che alle sue spalle vi erano delle fiamme; aveva aperto la prima porta di sicurezza e, dopo aver liberato uno spettatore rimasto chiuso nella toilette, era uscito con altre persone. Minolfi Filippo, operatore cinematografico, si trovava nei pressi della cassa al momento dello scoppio dell'incendio: notati alcuni spettatori in fuga, si diresse anch'egli verso la strada. Chiese che cosa fosse accaduto a qualcuna delle prime persone viste uscire dalla sala, ma si sent rispondere con le parole Niente, niente. Tonolli Jolanda, cassiera, dichiar di essere stata invitata a fuggire da uno sconosciuto: solo in quel momento si accorse dell'incendio. Non aveva notato alcuno spettatore entrare con borse o altri involucri. Nei giorni successivi la polizia assunse la testimonianza di certo Nisi Salvatore Rocco, amico di Esposito Pasquale, rimasto gravemente ustionato nell'incendio. Il Nisi rifer che, in occasione di una visita fatta all'amico nell'ospedale Niguarda, l'Esposito gli disse di aver udito una persona seduta dietro di lui pronunciare la frase Non la buttate, non la buttate; si era girato ed aveva notato le fiamme; si era alzato per fuggire, ma era caduto scivolando. Il teste precis che nel raccontare, l'Esposito aveva pronunciato la parola benzina. Nel momento in cui divamp l'incendio nella sala cinematografica si trovavano circa trenta spettatori. Delle persone ricoverate nel reparto Grandi ustionati dell'ospedale milanese Niguarda ne decedettero sei a causa delle gravissime ustioni riportate e precisamente: Esposito Pasquale, il 16 maggio, Mauri Ernesto, il 18 maggio, La Sala Domenico, il 19 maggio, Fronza Giorgio, il 20 maggio, Ceresoli Livio, il 24 maggio e Molteni Elio, il 26 maggio. Dalle indagini risult che il Ceresoli non era nella sala, ma vi era entrato, quando si accorse delle fiamme provenienti dal locale, per prestare soccorso agli spettatori. In considerazione della rapidit della diffusione dell'incendio, fu immediatamente posta l'ipotesi che esso fosse di origine dolosa. L'ipotesi ebbe puntuale conferma nella perizia espletata dal prof. Giorgio Corbellini e dal prof. Mario Pegoraro. Rispondendo agli specifici quesiti del procuratore della Repubblica di Milano, i periti affermarono: Le cause dell'incendio sviluppatosi all'interno della sala cinematografica Eros Center di Milano sono da attribuire alla combustione di benzina super versata da una tanica di 15 litri e da un bidone di 10 litri, nella zona della porta principale di accesso della sala e in corrispondenza della penultima fila di poltrone, nella parte centrale. () Puntuale, anche questa volta, la rivendicazione di Ludwig. Spedito il 20.5.1983, probabilmente da Bologna, giunse all'agenzia ANSA di Milano il seguente messaggio: RIVENDICHIAMO IL ROGO DEI CAZZI UNA SQUADRA DELLA MORTE HA GIUSTIZIATO UOMINI SENZA ONORE IRRISPETTOSI DELLA LEGGE DI LUDWIG PER APPICCARE L'INCENDIO AL CINEMA SONO STATI USATI UNA TANICA E UN BIDONE DI PLASTICA AI CUI MANICI SONO

FISSATI RISPETTIV AMENTE UNA CATENELLA DA LAV ANDINO E UNA FASCETTA METALLICA MARCA SERFLEX GOTT MIT UNS Deve segnalarsi che fino a quel momento nessuno aveva potuto parlare dei mezzi usati per il trasporto della benzina perch la violenza distruttiva dell'incendio e i materiali impiegati dai Vigili del fuoco per lo spegnimento delle fiamme e i materiali precipitati dal tetto, con la pioggia caduta il giorno del fatto e i giorni successivi, avevano reso estremamente difficoltosa la ricerca di eventuali oggetti serviti ai criminali per provocare l'incendio: avevano, pi esattamente, impedito il ritrovamento di detti oggetti. Ed esito negativo dette una nuova ispezione eseguita nella sala dopo l'arrivo del messaggio. () Ma i risultati vennero quando, con mezzi e metodi pi adeguati, alla ricerca provvidero i periti. Conviene riportare integralmente alcuni passi della relazione: Il giorno 20.10.83, presenti al cinema Eros i signori , il perito, prof. Pegoraro, legge un estratto dei verbali dell'inchiesta, l dove vengono descritte la tanica ed il bidone di plastica che sarebbero stati introdotti nel locale a scopo di provocare l'incendio, dal gruppo terroristico Ludwig. Viene fatto presente che al manico della tanica avrebbe dovuto essere stata fissata una catenella da lavandino e al manico del bidone una fascetta metallica marca Serflex. () Viene fatto un piano di operazioni e decisa la tecnica di setacciatura. () Vengono cos ritrovati i seguenti reperti: a) direttamente appoggiato sul pavimento: il fianco di una borsa di tela, che si ritiene a forma di tascapane (parallelepipedo) dotata di una cerniera lampo a met altezza che chiude una tasca ancora esistente nella quale sono contenuti una penna biro nera, con corpo trasparente ed una striscia di gomma americana, del tipo senza zucchero. Il reperto dotato di rinforzi di materiale color cuoio; sono visibili gli attacchi del manico a cinghia; b) strettamente aderente al lato interno del fianco della borsa vi un elemento piano di materia plastica, inferiormente bianca e superiormente carbonizzata e ricoperta di ceneri, in parte inglobate; sul lato bianco inferiore visibile l'impronta della indicazione della capacit del recipiente: 15. Si ritiene che tale elemento sia la parte laterale di una tanica di forma parallelepipeda, da 15 litri. Dal lato del manico a cinghia della borsa di tela, il reperto presenta, parzialmente fusi e carbonizzati, i resti dell'attacco del manico al corpo della tanica stessa; c) i resti della tanica sono circondati, nella zona del manico, dai resti di un maglione blu di lana o simile materiale, in alcune zone attaccati, per fusione, alle due parti della parete della tanica, esterna ed interna. Tale maglione, specialmente dal lato bianco (inferiore) della parete della tanica, fortemente bagnato e dotato di forte odore di idrocarburi; d) una catenella da lavandino, che viene misurata di lunghezza circa 35 cm. appoggiata per circa 20 cm. sul lato esterno della parete della tanica (quello bianco), passa sotto il manico e si appoggia sul lato sinistro, per pochi centimetri. La catenella non chiusa su se stessa ad anello n annodata. parzialmente coperta dal maglione. () La posizione in corrispondenza della quale stato trovato il reperto era a pochi centimetri dal muro perimetrale dove si trovavano le uscite di sicurezza e a circa 1,50 m dalla porta di ingresso della sala cinematografica. I lavori di setacciatura hanno inoltre consentito di trovare:

e) resti di una maglia verde bruciata, giacente nello spazio tra l'ultima fila di poltrone ed il muro a cui sono affacciate le macchine da proiezione. Tale maglia era sepolta sotto ai detriti, accartocciata. () Il giorno 21.10.1983 sono presenti nel locale del cinema Eros i signori Si provvede a continuare i lavori di asportazione e di setacciatura del materiale depositato sul pavimento. () Immediatamente dopo l'asportazione della penultima fila di poltrone, si rintraccia un filo di ferro zincato, sagomato, con tre tratti diritti ed una parte deformata e mancante di una parte del suo spessore. Un estremo del manico piegato in forma diversa dalla restante parte, e in parte consumato, forse dal fuoco. In questa zona, molto vicino all'estremit, il manico porta un ingrossamento della lunghezza di circa due centimetri. Setacciando il materiale adiacente vengono ritrovati alcuni frammenti metallici che potrebbero essere parti di questo elemento fissato al manico. Sono questi i resti della fascetta metallica marca Serflex? Si provvede allora, con molta attenzione, ad allontanare i detriti adiacenti fino a scoprire una porzione di forma pressoch semicircolare, aderente al pavimento. Sollevata dal pavimento, si osserva che questo reperto di plastica fusa e di colore verde chiaro, per quanto riguarda la parte a contatto del pavimento, mentre quella superiore carbonizzata coperta di residui anch'essi carbonizzati. Si ritiene che debba trattarsi del residuo di un bidone di plastica di dimensioni relativamente modeste (come ordine di grandezza si pu pensare a dieci litri). Le caratteristiche del materiale fanno pensare ad un bidone per solventi di vernici destinate a pitture. () Le documentazioni preannunciate dalla lettera del gruppo terroristico Ludwig, agli atti, riguardano quattro elementi: 1) tanica di plastica; 2) catenella da lavandino fissata al manico della tanica; 3) bidone di plastica; 4) fascetta metallica marca Serflex, fissata al manico del bidone. I primi tre reperti sono stati puntualmente ritrovati dai periti. Il quarto elemento non stato individuato con sicurezza, poich la fascetta metallica non stata trovata nella sua interezza. Le tracce della fascetta possono per presumibilmente identificarsi sul manico di ferro del bidone di plastica, come gi descritto.

Incendio della discoteca Liverpool di Monaco di Baviera L'incendio nel locale notturno, sito in Schillerstrasse n. 11 di Monaco di Baviera, si verific verso le ore 23.30 di sabato 7 gennaio 1984. La polizia giunse sul posto alcuni minuti dopo ed inizi le indagini sentendo feriti e testimoni. Bachmann Monica e Krott Werner, seduti ad un tavolo del locale, udirono un forte scoppi o e videro scendere dalle scale un liquido dal quale si levavano delle fiamme. Si allontanarono precipitosamente. Nessuno dei due not persone vicino all'ingresso o alle scale. Brown Nancy e Hicks Greg, cittadini statunitensi, videro rotolare dalle scale due borse tipo bagaglio a mano, dalle quali usciva del liquido. Alcuni secondi dopo il liquido prese fuoco. Occupavano un tavolo situato nei pressi delle scale. Pi significativa la deposizione resa da Degen Anton. Bench desse l'impressione di essere ubriaco al momento dell'interrogatorio, il Degen rifer i seguenti precisi particolari: nel lasciare la discoteca, apr la porta d'ingresso dall'interno. Si trov dinanzi due giovani uomini che portavano borse (due) grandi all'incirca come le borse porta-documenti. I giovani entrarono nel locale. Egli si avvi per Schwanthalerstrasse. Percorsi pochi metri, ud alle spalle un forte rumore. Circa le caratteristiche dei due uomini, seppe dire soltanto che si trattava di giovani, alti circa 180 centimetri, con corporatura normale, senza barba e senza occhiali: entrambi indossavano un cappotto ed erano vestiti bene. Happe Stefan e Zelmanovic Viliam, camerieri nel locale notturno, mentre si trovavano all'inizio delle scale, videro venire gi una borsa sportiva, di colore scuro, lunga circa 80 cm., seguita, subito dopo, da una seconda borsa, pi piccola, di colore marrone chiaro. Appena la seconda borsa tocc il fondo delle scale, si sprigionarono da essa delle grandi fiamme. In quel momento nella discoteca si trovavano all'incirca 15 clienti ed 11 addetti ai servizi. Le indicazioni fornite dalle persone presenti nella discoteca, come risulta dai rapidi cenni sopra riferiti, permise di stabilire con certezza che le cause dell'incendio sviluppatosi all'interno del locale erano da attribuire alla combustione di un liquido infiammabile gettato lungo la scala di accesso. La circostanza fu confermata in sede di rilievi. Nella discoteca la polizia trov i seguenti oggetti: una borsa da viaggio, probabilmente in plastica, di colore marrone chiaro, con maniglie a chiusura, marca Homa, di centimetri 60x40x20, contenente: un paio di pantaloni, tipo blue jeans, marca Ufo, di colore blu scuro o nero; una cintura; una cravatta; tre lacci per calzature di cui uno marrone e due neri; un tappo a vite di plastica nera; una sveglia da viaggio, marca Peter, di fabbricazione tedesca; i residui di una valigia in plastica; due taniche di plastica bianca, della capacit di litri 20 ciascuna, mancanti del tappo; una borsa da spesa scura con tasche applicate ed una camicia chiara. Le sole notizie raccolte nella prima fase delle indagini sui probabili autori del fatto furono quelle fornite da Degen Anton e da un tassista la cui testimonianza venne assunta in via riservata. La sera del 7 gennaio 1984, dopo le ore 23, transitando con il taxi in via Schiller, l'uomo not delle nubi di fumo. Imboccata la via Zweig, una persona lo invit a richiedere l'intervento dei vigili del fuoco. Lungo la stessa strada il tassista vide due persone, probabilmente provenienti dalla via Schiller, che si dirigevano verso la via Kolping ed all'angolo di via Zweig si divisero: quella delle due persone che percorse un tratto della via Zweig camminava in direzione opposta alla vettura e perci fu vista di prospetto. Si trattava di un giovane di sesso maschile, di 22 anni circa, alto 172-174 centimetri, di

corporatura snella, con capelli neri e lisci, tipo italiano; indossava un cappotto elegante a doppio petto, pantaloni scuri c cravatta. Dell'altra persona il tassista disse solo che aveva pi o meno la stessa figura dell'altra, che era un poco pi alto e che indossava un giaccone trapuntato a tre quarti. Il primo aveva un'aria distinta; il secondo sembrava un turista. Nonostante il pronto intervento dei vigili del fuoco, l'incendio, sviluppatosi con rapidit e violenza, produsse gravi danni agli infissi ed alle strutture della discoteca. Fu necessario evacuare anche i locali dell'albergo Royal, situato nello stesso stabile, perch invaso da dense nubi di fumo. Diverse persone dovettero ricorrere alle cure mediche per leggeri sintomi di asfissia. Solo una delle persone che si trovavano nella discoteca quando divamp l'incendio, la ventunenne Tartarotti Corinna, di nazionalit tedesca, riport gravissime ustioni in tutto il corpo, in conseguenza delle quali decedette il successivo 27 aprile 1984. Il fatto fu rivendicato da Ludwig con messaggio spedito da Novara il 18 gennaio 1984 all'agenzia ANSA di Milano, nel quale era scritto: RENDIAMO NOTO CHE L'ATTENTATO DI AMSTERDAM STATO RIVENDICATO CON UN MESSAGGIO INVIATO ALL'ANSA RIVENDICHIAMO LO SPETTACOLO PIROTECNICO DI MONACO AL LIVERPOOL NON SI SCOPA PI FERRO E FUOCO SONO LA PUNIZIONE NAZISTA SUL LUOGO STATA LASCIATA UNA SVEGLIA DI MARCA PETER E NUMERO DI SERIE 520-780 GOTT MIT UNS Si ricorda che, all'interno della discoteca, la polizia tedesca trov effettivamente la sveglia di marca Peter con i numeri di matricola indicati nel messaggio. Incendio della discoteca Melamara Il 4 marzo 1984, verso le ore 15.30, Wolfgang Abel, 25 anni, dottore in matematica, e Marco Furlan, 24 anni, laureando in fisica, entrano nella discoteca Melamara, sita in via Chiassi di Castiglione delle Stiviere. Portano ciascuno una borsa in cui occultata una tanica di plastica che contiene benzina super. Il Furlan, passando davanti al banco di mescita ed all'apparecchiatura di diffusione sonora, si reca nel servizio igienico riservato agli uomini e svita il tappo della sua tanica. Quindi, con la tanica collocata in posizione orizzontale e la bocca di travaso presumibilmente dal lato opposto al fondo della borsa, si muove verso l'ingresso principale passando davanti alle uscite di sicurezza. In prossimit della seconda uscita di sicurezza la benzina comincia a defluire dalla borsa attraverso un taglio esistente sul fondo della stessa. Il giovane depone la borsa nei pressi del banco di mescita, dove, sempre attraverso il taglio, si verifica un notevole spandimento di liquido sul pavimento. L'Abel intanto ha collocato la borsa che contiene la seconda tanica di benzina dietro lo schienale di una poltroncina vicina all'ingresso principale e vi appicca il fuoco. Sono circa le ore 16. Alcune persone presenti nel locale sentono il caratteristico odore della benzina. Avvertono il comproprietario della discoteca, che segnala la situazione di pericolo a mezzo di altoparlante. I due giovani, vistisi scoperti, tentano di fuggire, ma, inseguiti e raggiunti, dopo breve colluttazione, sono bloccati: prima Marco Furlan, subito dopo Wolfgang Abel.

Sul posto in cui avviene la sua cattura, l'Abel abbandona due coltelli da cucina, con lama acuminata della lunghezza di centimetri 10 e manico in legno. La borsa che il Furlan ha deposto in prossimit del banco di mescita viene portata immediatamente all'esterno della discoteca. Si cerca di fare altrettanto con la borsa collocata dall'Abel dietro lo schienale della poltroncina. Togni Giovanni, notata la fiammella sulla parte alta della tanica, solleva l'involucro, ma, percorso qualche metro, costretto a lasciarlo cadere perch la fiamma assume dimensioni notevoli. Riesce, per, a spingerlo verso la prima uscita di sicurezza, mentre si getta un secchio d'acqua sulla fiamma. Viene aperta la porta dell'uscita di sicurezza e la tanica sospinta definitivamente all'esterno. A questo punto la benzina caduta sul pavimento d origine ad alcuni focolai che, propagandosi alla tanica contenente ancora benzina, sviluppano un incendio di notevoli dimensioni. () La tempestivit con cui viene avvertita la situazione di pericolo, l'immediata estromissione dal locale della tanica collocata dal Furlan nei pressi del banco di mescita e soprattutto la sapiente opera di spegnimento dell'incendio impediscono, dunque, che si verifichino conseguenze di dimensioni catastrofiche. Quella domenica pomeriggio, nel momento in cui accade il fatto appena rievocato, nella discoteca sono presenti circa 350 clienti e circa 20 addetti ai servizi. Fortunatamente solo i giovani Paolo Trevisan e Monica Belt riportano ustioni di un certo rilievo: di 1 e 2 grado il Trevisan, di 1 grado la Belt. Wolfgang Abel e Marco Furlan vengono tratti in arresto dall'appuntato Chioetto Roberto e dal carabiniere Tabilio Di Camillo Giovanni, intervenuti subito dopo la cattura da parte del personale della discoteca. Mentre sono tradotti in caserma, i due giovani, bench ammanettati colpiscono con pugni e calci i militari producendo loro lesioni agli arti superiori. 2. L'esposizione che precede permette di enucleare alcune connotazioni di carattere generale ricorrenti nei reati che sono oggetto di questo procedimento. Il tema di rilevante importanza considerato che, secondo l'ipotesi dell'accusa, la lunga catena di crimini sarebbe riferibile alle stesse persone. Gli esecutori materiali. Pu affermarsi, in base alle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria e degli accertamenti peritali, che la maggior parte dei delitti siano stati commessi da due persone. certo che abbiano operato due autori nell'omicidio di Stefanato Luciano. Il teste Bruno Zangrandi vide fuggire due persone dal luogo in cui era in sosta l'autovettura con il cadavere dell'omosessuale. Il prof. Paolo Benciolini ed il dr. Carlo Scorretti, periti medico-legali, riscontrarono sul corpo della vittima due diversi gruppi di ferite, specialmente al dorso, che, per inclinazione e direzione del tramite, indicavano che i colpi erano stati vibrati o da due persone o dalla stessa persona che si era spostata dopo aver inferto la prima serie di colpi: se si considera la circostanza che tutte le lesioni furono prodotte con due coltelli identici (le cui lame furono trovate infisse nel corpo dello Stefanato), appare molto pi verosimile che la mortale aggressione sia stata compiuta da due soggetti. Due furono gli autori dell'uccisione di Costa Claudio. Dalla finestra della sua abitazione la teste Gemma Schiocchet Lis vide due persone rincorrere in corte Canal il Costa, raggiungerlo e vibrargli numerosi colpi di coltello. certo, dunque, che anche questo omicidio sia stato commesso da due agenti. Tutti gli elementi circostanziali relativi all'uccisione di Lovato Mario e Pigato Giovanni Battista confortano l'ipotesi che l'azione omicida sia stata posta in essere da almeno due persone. Per tale

ipotesi propende il perito medico-legale prof. Paolo Benciolini. Alla medesima conclusione porta il numero degli oggetti lasciati dagli assassini sul luogo. Ma le testimonianze accreditano maggiormente l'opinione che pure nell'omicidio Lovato-Pigato abbiano agito soltanto due persone: Gianni Mazzini not i frati, appena usciti dal santuario, camminare in direzione di via Cialdini e due persone, piuttosto giovani, sedute sul muretto di fronte all'inizio della predetta via (erano le ore 20.10 del 20 luglio); i due giovani seduti sul muretto furono visti anche dalla suora Elisa Peron verso le ore 20 dello stesso giorno: Danilo Lucano, infine, osserv, poco dopo la commissione del crimine, due giovani correre, l'uno dietro l'altro, per la via Cialdini in direzione della localit Gogna. Identico discorso pu essere fatto per l'omicidio di Bison Armando. Le particolari modalit esecutive del crimine, il numero delle cose abbandonate sul luogo e alcune testimonianze raccolte durante le prime indagini autorizzano a ritenere che il religioso sia stato ucciso da due persone. In particolare, l'ipotesi si fonda sulle dichiarazioni di Gabriele Mattedi, Giorgio Romanato, Olga Matteotti, Renzo Avancini e Giustina Cappello, che, due o tre giorni prima o immediatamente prima del delitto, notarono due giovani con borse in plastica in via dei Giardini o nelle adiacenze in atteggiamento di attesa. quasi sicuro che due persone abbiano operato nell'incendio della discoteca Liverpool di Monaco di Baviera. In proposito, se scarsamente rilevante appare la circostanza che furono gettate lungo le scale l'una a brevissimo intervallo dall'altra due borse contenenti taniche con benzina, sono invece decisive le testimonianze di Anton Degen e del tassista non indicato nominativamente dalla polizia tedesca: il primo, infatti, vide, poco prima che divampasse l'incendio, entrare nella discoteca due persone che portavano una borsa ciascuno; il tassista, dal canto suo, not, subito dopo l'incendio, due persone in fuga, provenienti dalla Schillerstrasse, via dove si trova il locale notturno. quasi superfluo ricordare che due sole persone posero in essere l'attentato in danno della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere. Non risultano in atti, invece, elementi diretti da cui possano essere desunte indicazioni affidabili per stabilire il numero degli esecutori materiali degli omicidi di Guerrino Spinelli e Maria Alice Baretta nonch degli incendi della casamatta di Verona e del cinema di Milano. Si dovrebbe, tuttavia, propendere per l'ipotesi della dualit degli autori: relativamente al delitto Spinelli, valorizzando la dichiarazione fatta dalla vittima, durante il suo ricovero ospedaliero, agli agenti della questura di Verona; relativamente al delitto Baretta, considerando il numero degli oggetti trovati sul luogo dell'aggressione; relativamente all'incendio del cinema, le modalit esecutive del crimine che richiamano quelle dell'incendio della discoteca Melamara. Per quanto riguarda le caratteristiche degli autori materiali dei reati, opportuno segnalare che le risultanze emergenti soprattutto dagli atti di polizia giudiziaria concordano nell'attribuire a detti autori et giovanile (18-20 anni, 20-22 anni, 20-25 anni: secondo la successione dei tempi di commissione dei singoli fatti), statura variante tra 170 e 180 centimetri, costituzione esile, connotati regolari e minuti, capelli castano-scuri per uno dei due e castano-chiari tendenti al biondo per l'altro. Concludendo su questo primo punto, dunque, si autorizzati ad affermare che: con assoluta certezza furono commessi da due persone i delitti in danno di Stefanato Luciano, di Costa Claudio e della discoteca Melamara; con elevatissimo grado di probabilit furono commessi da due persone i delitti in danno di Lovato Mario e Pigato Giovani Battista, Bison Armando e della discoteca Liverpool; con ragionevole grado di probabilit furono commessi da due persone i delitti in danno di Baretta Maria Alice e del cinema Eros Sexi Center; gli esecutori materiali dei singoli reati, secondo le descrizioni fornite dai testi, rivelano

connotati e caratteristiche fisiche fortemente similari (delitti Stefanato, Costa, Lovato-Pigato, Bison, Liverpool); i connotati e le caratteristiche fisiche degli esecutori materiali dei delitti, quali risultano dalle descrizioni offerte dai testi, richiamano quelli posseduti dagli autori dell'incendio della discoteca Melamara (Wolfgang Abel e Marco Furlan). Le vittime. Nella grandissima maggioranza dei casi le vittime dei reati in esame appartengono a particolari categorie che, secondo concezioni largamente diffuse nei cosiddetti benpensanti, sono ritenute moralmente indegne o socialmente dannose. Si tratta di persone che non hanno fissa dimora e che presumibilmente vivono di espedienti (Spinelli), che sono portatrici di diversit (Stefanato), che sono dedite all'uso di sostanze stupefacenti (Costa), che vivono ad immagine dei vagabondi (Martinotti, Angeli, Ancora), che si procurano i mezzi di sussistenza con l'esercizio della prostituzione (Baretta), che frequentano locali dove si proiettano film pornografici (Eros) o si svolgono spettacoli erotici (Liverpool) o secondo opinioni abbastanza correnti si spaccia droga e comunque si contrae l'abitudine alla droga (Melamara). Accanto ai nomadi, agli invertiti, alle prostitute, ai drogati, ai vagabondi, ai frequentatori di luoghi di perdizione e di vizio, accanto cio a persone che possono essere collocate nella categoria generica dei devianti, vi sono le vittime che appartengono al ceto dei religiosi (Lovato, Pigato, Bison); nei cui confronti una qualifica di devianza ammissibile solo sulla base di ragioni strettamente legate alle vicende personali dei soggetti o solo sulla base di una generale valutazione negativa degli apparati ecclesiastici in un determinato momento storico. Si ritenuto che il Bison sia stato colpito per certi suoi trascorsi giovanili di immoralit (dei quali si acquisita notizia). E si sospettato, perci, che anche i frati Lovato e Pigato siano stati uccisi per qualche loro particolare colpa. Ma l'ipotesi pi plausibile quella che i tre religiosi subirono la tragica sorte esclusivamente per il loro stato di religiosi; come accadde agli altri per la loro rispettiva qualit di tossicodipendente, omosessuale, prostituta Tali osservazioni permettono di ritenere che tutti i reati in esame presentino caratteristiche di identit o comunque di assimilabilit in relazione alle vittime. I mezzi usati. Nei delitti di omicidio, con la sola eccezione di quello in danno di Spinelli Guerrino, i mezzi impiegati per cagionare la morte sono sempre armi bianche; due coltelli da cucina nell'omicidio Stefanato; due coltelli, probabilmente anch'essi da cucina, nell'omicidio Costa; una scure ed un martello (marca Upex, del peso di 1500 grammi) nell'omicidio Baretta; una scure e due martelli (marca Upex, del peso di 1500 e 2000 grammi) nell'omicidio Lovato-Pigato; uno scalpello e due martelli (del peso di grammi 1000) nell'omicidio Bison. Nei delitti di strage il mezzo usato fu costantemente il fuoco prodotto mediante combustione di benzina. La benzina sempre contenuta in due taniche di plastica. Le modalit esecutive. In ordine alle modalit di esecuzione occorre naturalmente tener distinti gli omicidi dalle stragi. Per quanto riguarda la prima categoria di reati, esistono evidentissime analogie tra gli omicidi di Stefanato e Costa, da una parte, e quello di Baretta, Lovato-Pigato e Bison, dall'altra. Stefanato e Costa furono mortalmente feriti con numerosi colpi di coltello a lama monotagliente; la Baretta fu colpita con una scure, ma gli aggressori erano in possesso anche di un martello; Lovato, Pigato e Bison furono aggrediti alle spalle e colpiti al capo con martelli. Le affinit pi marcate sono quelle che si riscontrano nei tre ultimi omicidi. singolare la coincidenza che negli omicidi Baretta e Lovato-Pigato siano stati usati martelli aventi la stessa marca (Upex) ed il medesimo peso (grammi 1500). N meno sorprendente la circostanza che in tutti e due i delitti fosse presente una scure. Nei tre omicidi in esame risulta che le armi siano state sempre

portate in sacchetti di plastica, che siano stati sempre impiegati vecchi capi d'abbigliamento per occultarle, che gli strumenti scelti per colpire, anche se non utilizzati, siano stati sempre abbandonati accanto alle vittime. Relativamente ai reati di strage e si fa riferimento solo a quelli in cui i rilievi della polizia permisero di individuare con precisione i mezzi impiegati per cagionare l'incendio (Eros, Liverpool, Melamara) , meritano di essere segnalate le circostanze ricorrenti che gli autori introducano (sicuramente in modo clandestino) nei locali presi di mira due contenitori in borse, coprendoli anche in questo caso con capi di abbigliamento, e che procedano all'ignizione del combustibile dopo averne sparso una parte a terra. I giorni di commissione. Pu essere non del tutto privo d'interesse il rilevare che ben sei dei delitti in esame siano stati commessi in giorno prefestivo o in giorno festivo. Di sabato i delitti Baretta, Bison, Eros e Liverpool; di domenica le stragi alla casamatta di Verona ed alla discoteca di Castiglione delle Stiviere. Il movente. Per nessuno dei reati stato individuato un movente plausibile. In particolare, non sono state individuate ragioni di lucro, di inimicizia, di vendetta e di intimidazione: nessuna delle ragioni che solitamente costituiscono gli stimoli delle azioni delittuose. Insomma, l'ulteriore caratterizzazione di questi reati quella di essere sforniti di un movente comprensibile. Si pu, dunque, concludere la trattazione dell'argomento del presente paragrafo con il rilievo che le connotazioni generali ricorrenti nei reati oggetto d'esame offrono una prima generica conferma all'ipotesi accusatoria che i reati stessi siano attribuibili ai medesimi autori. Le osservazioni svolte autorizzano, quantomeno, ad affermare con certezza che non esiste incompatibilit tra gli elementi che connotano i reati e l'ipotesi accusatoria che essi siano stati posti in essere tutti dai medesimi autori. Ma deve porsi in evidenza che un'ulteriore conclusione sin d'ora possibile trarre dall'analisi compiuta. la seguente: i reati appaiono riferibili a soggetti che sono spinti ad operare da un intento genericamente purificatore o moralizzatore o punitivo. Trattasi di conclusione che si fonda prevalentemente sulla tipologia delle vittime e sull'assenza di un movente razionale dei reati. 3. I reati del presente procedimento sono assimilabili anche in base ad una circostanza che, a differenza di quelle esaminate in precedenza, pu definirsi di carattere esterno. 1 delitti presentano, infatti, la peculiarit di essere stati tutti rivendicati da una organizzazione o da un gruppo che si manifesta con la denominazione Ludwig. I messaggi di Ludwig. Sono sette. Ma bene ricordare subito che acquisito agli atti processuali l'originale di sei di essi perch quello con il quale fu rivendicato l'omicidio di Baretta Maria Alice and perduto, per ragioni mai chiarite, insieme con la quasi totalit degli atti compiuti dal giudice istruttore di Vicenza nel procedimento istituito per detto reato nei confronti di De Cao Maurizio e di Munari Franco. acquisito agli atti anche l'originale delle sei buste contenenti i messaggi con gli indirizzi dei loro destinatari. Originali di messaggi e buste sono allegati alla perizia grafoscopica (Perizia De Marco): fatta eccezione per l'originale della busta contenente il messaggio di rivendicazione dell'incendio alla discoteca Liverpool, che stata utilizzata per una indagine merceologica (Perizia Ceragioli) e la cui parte residua allegata alla relazione di detta perizia. Conviene avvertire che gli originali delle buste si presentano mancanti delle parti su cui l'incollatura e delle parti su cui applicato il francobollo: dette parti sono state utilizzate per un'indagine sierologica (Perizia Marigo-De Leo) e si trovano, pertanto, allegate alla relazione di quella perizia. Da ultimo utile precisare che la

particolare colorazione vinaccia, presente sui margini dei messaggi e delle buste, il risultato del procedimento di rilevazione di impronte papillari. Dei sette messaggi i primi due furono inviati alla redazione del Gazzettino di Venezia e gli altri cinque all'agenzia Ansa di Milano. () [I primi due messaggi non contengono enunciati di carattere ideologico, n motivazioni dei crimini rivendicati]. Il 22 luglio 1982 segu il messaggio di rivendicazione del duplice omicidio di Mario Lovato e Giovanni Battista Pigato, commesso a Vicenza il 20 luglio 1982. La parte iniziale contiene la rivendicazione implicita anche del delitto commesso a Verona il 24 maggio 1981: LUDWIG DOPO IL ROGO DI S. GIORGIO A VERONA HA COLPITO DI NUOVO A VICENZA. Per la prima volta nel testo compaiono enunciati attestanti l'identificazione ideologica di Ludwig e la motivazione ideologico-morale del crimine: SIAMO GLI ULTIMI EREDI DEL NAZISMO IL FINE DELLA NOSTRA VITA LA MORTE DI COLORO CHE TRADISCONO IL VERO DIO. Il quarto messaggio, spedito il 28 febbraio 1983, rivendic a Ludwig la paternit dell'omicidio di Armando Bison, commesso a Trento il 26 febbraio 1983. Delle tre secche righe che compongono il testo quella centrale contiene una enunciazione ideologica: IL POTERE DI LUDWIG NON HA LIMITI. Il successivo messaggio, con data di spedizione 8 aprile 1983, si limit a confermare la rivendicazione del rogo di S. Giorgio. I tre periodi di apertura del testo contengono la seguente dichiarazione ideologica: LA NOSTRA FEDE NAZISMO LA NOSTRA GIUSTIZIA MORTE LA NOSTRA DEMOCRAZIA STERMINIO. Il 20 maggio 1983 fu spedito il messaggio di rivendicazione dell'incendio della sala cinematografica Eros Sexi Center, commesso a Milano il 14 maggio 1983. Il secondo periodo del testo costituito da due proposizioni che contengono indicazioni ideologizzate giustificanti il delitto: UNA SQUADRA DELLA MORTE HA GIUSTIZIATO UOMINI SENZA ONORE IRRISPETTOSI DELLA LEGGE DI LUDWIG. Con il settimo ed ultimo messaggio, spedito il 18 gennaio 1984, fu rivendicato l'incendio della discoteca Liverpool, commesso a Monaco di Baviera il 7 gennaio 1984. Espressioni ideologizzanti sono presenti nel terzo e quarto periodo del testo: AL LIVERPOOL NON SI SCOPA PI FERRO E FUOCO SONO LA PUNIZIONE NAZISTA. Elementi organolettici dei messaggi. Tutti i testi sono composti da dizioni in caratteri runici. Su ciascuno appare il disegno, fortemente chiaroscurato, di un'aquila che sorregge con le unghie una croce uncinata: le ali dell'aquila costituiscono la base di appoggio della scritta Ludwig, formata dai gruppi letterali Lud e Wig che risultano separati dalla testa del rapace. Anche gli indirizzi figuranti sulle buste sono composti con caratteri che imitano quelli dell'alfabeto runico, ottenuti con ausilio di righello. L'osservazione delle dizioni con lente ad elevato ingrandimento, sottoponendo la facciata a luce radente e riflessa, consente di rilevare che il testo dei messaggi stato dapprima composto in matita, a mano libera, e successivamente ripassato, nelle varie composizioni alfanumeriche, con penna biro ad inchiostro nero ed ausilio di righello. La cancellatura dei tratti in matita stata effettuata in fase terminale, dopo la completa essiccazione dei tratti ad inchiostro di penna biro: ma la cancellazione del testo in matita non ha asportato totalmente le impronte dei tratti originali, tanto da consentire, in

particolari condizioni di luce, la lettura di alcune dizioni preesistenti a quelle apparenti in biro. L'osservazione del calibro delle dizioni alfanumeriche, degli intervalli tra righe successive, della marginatura sinistra e destra e della spaziatura tra dizioni consecutive permette di ipotizzare una composizione dei testi mediante falsariga: ogni foglio assunto per comporre ciascun messaggio di rivendicazione stato adagiato su altro foglio, di omologhe dimensioni, con quadrettatura di 5 millimetri. () Dall'osservazione delle caratteristiche generali di composizione dei messaggi risulta chiaramente che gli ultimi cinque, a differenza dei primi due, sono particolarmente curati. () In base alla valutazione di tutti gli elementi emersi dalle analisi esperite la perizia grafoscopica (De Marco) formula il giudizio di attribuibilit dei testi dei primi due messaggi ad una medesima persona, diversa, per, da quella che ha ideato e composto i testi dei successivi messaggi: le analogie di tipologia operativa presenti nei sette messaggi porta, tuttavia, il perito a ritenere l'esistenza di un rapporto di stretta conoscenza e/o di reciproca collaborazione degli autori. Alla stessa conclusione perviene la perizia linguistica (Cailotto). Il perito ravvisa una buona affinit tra i testi dei primi due messaggi per la mancanza di enunciati ideologizzanti, per la struttura sconnessa del fraseggio, per gli errori di grammatica e di sintassi, per l'impropriet dei termini ed il lessico sciatto, quale si rinviene in una persona non dotta. Ritiene, invece, che sussista una stretta affinit nei testi dei successivi messaggi, dove il linguaggio risulta appropriato, essenziale, incisivo; l'ordine del discorso pregevole; curata la corrispondenza fra scansione dei periodi e sequenza delle enunciazioni; identico il modus explicandi, quasi privo di attribuzioni, con pochi complementi. Donde la conclusione che, in base all'analisi della struttura del linguaggio, i sette testi documentali non sono riferibili ad uno stesso autore, anche se le analogie in essi esistenti attestano un legame di conoscenza e di collaborazioni fra l'autore dei primi due e l'autore dei cinque successivi. Il giudizio espresso dagli illustri studiosi merita di essere condiviso per la seriet, la puntualit ed il pregio degli argomenti addotti a suo sostegno. bene tuttavia rilevare che solo il primo messaggio, considerate le caratteristiche di composizione tecnica e letteraria, presenta rispetto agli altri elementi di divergenze tali da giustificare l'attribuzione ad una personalit diversa. Ed altres conveniente tener conto di altre circostanze che potrebbero avere avuto incidenza sulla diversit dei testi, quali: la difficolt opposta dalla iniziale sperimentazione di una particolare tecnica di compilazione; un non chiaro programma di scopi all'inizio della stesura dei messaggi; la mancanza di qualsiasi referente di giudizio sull'accoglienza che l'opinione pubblica avrebbe riservato ai messaggi; il diverso grado di partecipazione emotiva e di tensione psicologica di chi rivendica fatti ormai lontani nel tempo e di chi invece rivendica fatti subito dopo la loro verificazione; il naturale progressivo miglioramento delle capacit tecnico-operative ed anche intellettive dell'esecutore, derivante dalla ripetizione dello stesso lavoro; lo stimolo proveniente dal successo che un'opera riceve presso il pubblico. Le prove di autenticit. Tutti i messaggi contengono quelle che gli autori chiamano le prove di autenticit delle rivendicazioni, ma che correttamente si devono definire le prove di fondatezza delle rivendicazioni stesse. In via generale pu osservarsi che gli elementi offerti come prova di autenticit non hanno in tutti i casi obiettivo valore di prova della seriet della rivendicazione e non sempre si rivelano suscettibili di concreto riscontro. In relazione all'omicidio Spinelli il messaggio precisa: SI FATTO USO DI 4 BOTTIGLIE MOLOTOV (NON 2, COME RIPORTANO I GIORNALI), CONFEZIONATE CON FIASCHI DA 2 LITRI, DI CUI 2 SONO STATE LANCIATE DENTRO LA MACCHINA E 2 FUORI.

L'insufficienza delle originarie indagini di polizia non consente di esprimere concludenti valutazioni circa il fondamento delle notizie fornite dagli autori della rivendicazione. () Relativamente all'omicidio Stefanato la rivendicazione riferisce che furono usati COLTELLI CON IL MANICO IN PLASTICA E DI COLORE ROSSO-ARANCIONE. Si tratta di circostanza esatta, ma priva di ogni valore sotto il profilo che interessa in quanto la notizia che l'omicidio fosse stato commesso con coltelli aventi le caratteristiche suddescritte aveva avuto ampia diffusione negli organi di stampa. Ragguardevole significato, invece, ha la proposizione che, scritta a matita nella fase preparatoria, non fu riportata nella stesura definitiva del testo del messaggio: I COLPI MORTALI SONO STATI INFIERITI AL PETTO, MENTRE GIACEV A SULLA SCHIENA. S i tratta, infatti, di una peculiare modalit esecutiva del delitto, che trova conforto nella perizia medico-legale redatta dal prof. Benciolini e dal dott. Scorretti. Per l'omicidio Costa la rivendicazione afferma che furono usati due coltelli da cucina, con manico in plastica bianca, poi gettati SOTTO IL PONTICELLO VICINO AL QUALE STATA COLPITA LA PRIMA VOLTA LA VITTIMA Risulta dalla perizia che per l'omicidio furono effettivamente usati due coltelli a lama monotagliente: quindi, coltelli che possono definirsi da cucina. Ma non si potuto stabilire se i coltelli avessero le caratteristiche indicate nel messaggio perch le ricerche eseguite nelle acque di rio Marin (a notevole distanza di tempo dal fatto) ebbero esito negativo. Nonostante la mancanza di obiettivi riscontri, la notizia contenuta nella rivendicazione non pu essere disattesa: soprattutto se si considerino le caratteristiche dei mezzi usati per il delitto Stefanato e le forti analogie esistenti fra i due omicidi. Quale prova di autenticit per l'incendio della casamatta di Verona gli autori della rivendicazione allegarono UN DISCHETTO METALLICO affermando che esso era IDENTICO A QUELLO APPLICATO SULLA PI GRANDE DELLE TORCE USATE. Non possibile valutare la seriet della prova perch, com' noto, le indagini espletate dalla polizia (per la verit del tutto inadeguate) non consentirono di individuare con completezza i mezzi usati per provocare l'incendio: furono rinvenute due rudimentali torce, ma non quella almeno ci non risulta recante il dischetto metallico. () Nel messaggio di rivendicazione dell'omicidio Baretta si afferma: IL MARTELLO HA IL MANICO GIALLO ED DELLA MARCA UPEX, PORTA COME MARCHIO IL N 1500. Le indicazioni fornite sono puntualissime: deve solo rilevarsi che la cifra 1500 si riferisce al peso del martello. Accanto al corpo agonizzante della vittima fu effettivamente trovato, in un sacchetto di plastica, un martello di marca Upex, con manico in legno parzialmente di colore giallo e peso di grammi 1500: strumento che non risult impiegato nell'aggressione. Deve ritenersi che gli elementi offerti costituiscano una prova molto seria della rivendicazione, perch solo gli autori del fatto potevano essere a conoscenza dei precisi particolari afferenti il martello. La circostanza che su alcuni organi di stampa fosse stata pubblicata la fotografia del martello non riduce la portata del giudizio. Perch dalla fotografia in bianco e nero non potevano essere desunti n la marca n il peso del martello n, a maggior ragione, la colorazione gialla di una parte del manico dello strumento. () Un martello della stessa marca e dello stesso peso essi usarono per commettere l'omicidio dei frati del santuario di Monte Berico! Per avvalorare la rivendicazione dell'omicidio Bison gli estensori del messaggio fecero riferimento alla scritta Faba esistente sul crocifisso lasciato sul posto dagli assassini insieme con

altri strumenti impiegati per commettere la mortale aggressione. La circostanza vera. E poich non risulta che quel particolare sia stato reso di pubblico dominio, pu ritenersi che la prova fornita sia sufficientemente seria ed idonea a dimostrare la fondatezza della rivendicazione. Un discorso a parte meritano le prove di autenticit indicate nei messaggi con cui furono rivendicati l'omicidio Lovato-Pigato, l'incendio del cinema di Milano e quello della discoteca di Monaco di Baviera. Per accreditare la seriet della rivendicazione dell'omicidio Pigato-Lovato gli autori del messaggio allegarono parti di adesivo che combaciavano esattamente con quelle applicate sul manico dei martelli usati per l'uccisione dei due frati; come prova della rivendicazione del cinema Eros Sexi Center gli autori del messaggio riferirono che erano stati usati UNA TANICA ED UN BIDONE DI PLASTICA Al CUI MANICI SONO FISSATI RISPETTIV AMENTE UNA CATENELLA DA LAV ANDINO E UNA FASCETTA METALLICA MARCA SERFLEX: circostanze del tutto ignote fino all'arrivo della rivendicazione e che si rivelarono esatte solo a seguito dell'accurata indagine compiuta dai periti il 20 ed il 21 ottobre 1983; per quanto riguarda infine l'incendio della discoteca Liverpool i compilatori del messaggio indicarono, quale prova di autenticit, una sveglia di marca Peter ed avente il numero di serie 520-708: elementi, anche questi, rivelatisi del tutto esatti perch sul luogo del delitto venne effettivamente trovata una sveglia della marca precisata e, ci che pi conta, nella parte interna di essa fu riscontrata l'esistenza del numero di serie riportato nel messaggio. Le prove relative ai tre reati, dunque, non autorizzano dubbi di alcun tipo. certo che solo gli esecutori materiali dei delitti o persone con detti esecutori strettamente collegate erano in grado di conoscere e riferire i particolari concernenti i delitti stessi. Se ne deve trarre la logica conseguenza che gli autori dei tre messaggi, da ultimo considerati, sono anche gli autori dei reati con essi rivendicati: una conseguenza di importanza fondamentale, come tale meritevole di essere fortemente sottolineata, che costituisce una delle ragioni portanti dell'impostazione accusatoria nei confronti degli imputati Marco Furlan e Wolfgang Abel. Al termine dell'analisi svolta nel presente paragrafo giusto proporre le seguenti considerazioni conclusive: per gli elementi di identit o per le rilevanti analogie che presentano, i testi dei messaggi di rivendicazione sono riferibili ad una sola persona o a due persone che per non operano l'una indipendentemente dall'altra, bens in collaborazione fra loro; con certezza esiste un rapporto di identificazione tra gli autori dei messaggi di rivendicazione dell'omicidio Lovato-Pigato, della strage di Milano e di quella di Monaco di Baviera e gli autori degli stessi delitti; con un elevatissimo grado di probabilit, quasi di certezza, esiste un rapporto di identificazione tra gli autori dei messaggi di rivendicazione degli omicidi Baretta e Bison e gli autori degli stessi delitti; esiste un probabile rapporto di identificazione tra gli autori del messaggio di rivendicazione e gli omicidi Costa e Stefanato e gli autori dei due delitti; esiste solo un compatibile rapporto di identificazione tra gli autori dei messaggi di rivendicazione dell'omicidio Spinelli e della strage di Verona e gli autori dei due delitti; Le motivazioni psicologiche dei delitti, quali emergono dai testi di messaggi di rivendicazione, si possono raggruppare in due ordini tipologici: una generica esigenza moralizzatrice e purificatrice (Spinelli, Costa, Stefanato, Baretta, Rogo di S. Giorgio, Eros, Liverpool), da una parte, ed un

fanatismo ed integralismo religioso, accompagnato da un intransigente moralismo (Lovato, Pigato, Bison), dall'altra. 4. La sigla che ha rivendicato tutti gli efferati delitti in esame stimol l'ingegno ed accese la fantasia di studiosi e cronisti in un impegno, per tanti aspetti lodevole, diretto a decifrare che cosa si celasse sotto la denominazione Ludwig: furono prospettate molteplici teorie, ora prendendo spunto dagli elementi liturgici di qualche delitto, ora facendo riferimento ai simboli contenuti nei messaggi di rivendicazione, ora concentrando l'attenzione sulla successione temporale e geografica dei reati; e naturalmente si and alla ricerca di una spiegazione del nome Ludwig, di una determinazione delle sue origini nazionali, di una individuazione delle sue eventuali matrici storico-culturali. Per quanto riguarda la spiegazione del nome, si fece innanzitutto riferimento alla storiografia dei tre Santi Ludovico, tutti frati, che trova riscontro in una voluminosa bibliografia. Ma non manc chi ritenne di identificare un precursore o un ispiratore di Ludwig in protagonisti di opere letterarie o cinematografiche e in scrittori autori di testi alle cui vicende in qualche modo fossero riconducibili le azioni di Ludwig. Si pens, secondo questa chiave di interpretazione, al protagonista del film omonimo di Luchino Visconti; al battagliero Padre Ludovico (Bruder Ludwig nella traduzione tedesca), l'intransigente frate, protagonista del libro di Ignazio Silone L'avventura di un povero cristiano, che si batte contro la corruzione della Chiesa e del mondo (conviene in proposito ricordare che, a seguito dell'arresto di Wolfgang Abel, la stampa diffuse la notizia che nell'abitazione del predetto in Monaco era stata trovata l'edizione tedesca del libro di Silone con i passi pi salienti vistosamente sottolineati: notizia vera per quanto riguarda il rinvenimento dell'opera; notizia del tutto falsa per quanto riguarda la sottolineatura); allo pseudonimo (Ludwig) dello scrittore tedesco Emil Cohn (1881-1948), autore di studi e biografie romanzate su personaggi storici e uomini politici (Napoleone, Bismarck, Lincoln, Roosevelt, Stalin, Mussolini), in cui le azioni di alcuni di questi personaggi sono interpretate come il risultato di particolari processi psicologici; allo scrittore Otto Ludwig (Eisfel 1813 - Dresda 1865), autore dell'opera I Maccabei, in cui uno dei protagonisti, il sacerdote Joachim, impone all'esercito di Israele il rispetto della legge sabatista anche a costo di fargli perdere la guerra contro Antigono ed strenuo difensore delle Sacre Tavole: un accostamento, questo, carico di suggestioni non solo perch nell'opera appena citata si auspica l'uccisione dei sacerdoti indegni, delle prostitute e degli omosessuali, ma anche perch maccabeo (dall'ebraico marquebeth) significa martello, uno strumento che rievoca lo scenario di alcune delle esecuzioni rivendicate da Ludwig. Giudicando da meri elementi esteriori, cio dai simboli usati nei messaggi (l'aquila sormontante la svastica, i caratteri runici della scrittura ed il motto finale Gott mit uns), si pens che la Ludwig fosse un'organizzazione di stampo nazista. Un'ipotesi che, sempre sulla base di elementi estrinseci, trovava conforto in riferimenti testuali presenti in alcuni dei messaggi (Siamo gli ultimi eredi del nazismo; La nostra fede nazismo; Ferro e fuoco sono la punizione nazista). Ma a questa interpretazione si obiett che Ludwig non potesse essere giudicato e storicamente definito alla stregua dei simboli che gli autori della sigla usano o dei richiami concettuali che essi fanno: doveva, invece, essere giudicato e definito in base alle azioni che svolge ed agli scopi che si prefigge chi dietro a quella sigla si cela. Prendendo in considerazione le vittime preferite da Ludwig, si rivel trattarsi sempre di persone che avrebbero contravvenuto ai principi etici di cui si fanno paladini i compilatori dei tristi messaggi di rivendicazione (Il fine della nostra vita la morte di coloro che tradiscono il vero Dio; Una

squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig; Al Liverpool non si scopa pi). Si concluse perci che l'ideologia di Ludwig, al di l dei simboli usati e delle autoidentificazioni, nulla in comune avesse con le matrici ideali e le direttrici costanti del nazismo: che non ha mai predicato crociate contro omosessuali, prostitute, vagabondi, drogati, preti, indegni, frequentatori di luoghi di perdizione; ma ha sempre avuto di mira l'annientamento del comunismo e dell'ebraismo, la riconquista dei territori perduti e l'ampliamento dello spazio vitale ad oriente, la difesa della cosiddetta razza ariana. Come si desume dai brevi e forse confusi cenni che precedono, ampio e non privo di spunti interessanti fu il dibattito suscitato dall'apparizione di Ludwig sullo scenario di tante barbare uccisioni ed assurde stragi. Non compito del giudice prendere posizione in una disputa che pretese di fornire una matrice ideologica, culturale e storica alla sigla che ha rivendicato i numerosi crimini di questo procedimento. A parte la considerazione che la ricerca aveva un senso solo nel momento in cui era necessario dare un indirizzo alle indagini, fin troppo evidente che il giudice debba limitare la propria attivit ad accertare, sulla base di prove rappresentative dirette e sulla base di una serie concordante di elementi indiretti con significato univoco, se i delitti rivendicati da Ludwig siano stati effettivamente connessi da chi si sottoscrive con quel nome e, soprattutto, quali persone si nascondano dietro ad esso. difficile, tuttavia, in questo contesto, sfuggire alla tentazione di rilevare come nella vicenda di cui ci si occupa siano presenti non poche componenti proprie di una cultura estranea al mondo latino. Misticismo, eticit, puritanesimo, convinzione di compiere un destino storico, mito della purezza e conseguente missione di purificazione, ritorno alle virt primigenie del passato ed alla forza e nobilt dell'eroe ariano, ricerca dell'assoluto, deformazione della storia ad espressione della volont dello spirito; sono tutti motivi, questi, variamente presenti nella cultura tedesca, sempre ricorrenti seppur con diverse sfumature e accentuazioni, dal secolo decimo settimo fino al nazionalsocialismo. Il delirio di palingenesi, l'aspirazione all'assoluto, frutto della solitudine dell'uomo nordico, della sua eccessiva pensosit, del perenne dissidio nel suo subcosciente tra l'impulso di assoggettazione ad una autorit suprema ed una catarsi individuale distruttiva dell'esistente e rigenerativa della storia, possono giustificare uno sprezzante atteggiamento neoromantico verso la moderna societ occidentale, immersa nel materialismo industriale e massificata, immemore delle virt originarie. Emerge insomma la figura dell'eroe ariano, che non teme la morte, che anzi dardeggia attraverso il crepuscolo dell'umanit e degli dei per creare un ordine nuovo; il mito dell'eroe germanico tuttora latente in molti tedeschi. Una volta appurato che la radice di tale ergersi ad uomo ideale, vindice delle supreme virt, raccoglie, frammisti caoticamente, i soprammenzionati elementi, irrazionali e violenti, possibile, allora, ipotizzare che tutta la serie di azioni criminose riceva afflato da una personalit che partecipi dei fermenti di quella certa cultura sviluppatasi in Germania negli ultimi secoli. E chi, d'altro canto, sebbene estraneo a tale cultura, condivida fino in fondo la prassi di vita che ne l'irrinunciabile conseguenza, sia legato all'unico e vero ispiratore di essa da una sorta di fratellanza nel sangue. Non forse retaggio di un antico spirito germanico la fratellanza nel sangue e nelle armi, teorizzata dapprima nell'ambiente nostalgico delle Burschenschaften tedesche tra il 18 ed il 19 secolo e culminate nel cameratismo nazionalsocialista? una fratellanza di sangue che si giustificava vitalisticamente gi presso gli antichi nordici, un patto di amicizia guerriera che crea un vincolo di consanguineit, il cui sacro dovere la vendetta in caso di morte. Concezione pagana consistente nell'azione aggressiva continua e senza scopo, per la

sola sete di agire e di combattere, che in s la genuina espressione della irrequietezza demoniaca dell'indole germanica. A tale sostrato caratteriale il romanticismo vecchio e nuovo, oltre a correnti novecentiste diffuse in Germania, diede dignit di atteggiamento culturale, portando quindi il fanatismo ideologico alla massima esasperazione e violenza. Fanatismo, questo, che non connotato dell'uomo latino. Non latino lottare contro il mondo, contro la storia, in nome di un mito eugenetico. Non latino lottare per il ripristino di virt supreme. Non latina la teologia pagana della violenza, della morte, dell'annientamento del debole e del dissimile e dell'impuro. Non latino seminare morte per un fine che si presume ideale e di portata storica, ma astratto da ogni contesto storico e sociale, ed in opposizione alla coscienza comune. Tutte queste sono eresie mitteleuropee e in particolare germaniche, alle quali non sono estranee certe degenerazioni dell'etica protestante. Sul punto si torner quando sar esaminata la personalit di Wolfgang Abel e di Marco Furlan alla luce del brillante e pregevole studio dei periti Augusto Balloni e Roberto Reggiani. Ora opportuno, invece, concludere l'argomento con qualche annotazione relativa alle caratteristiche strutturali di Ludwig. Anche questo un tema che ha consentito di prospettare molte ipotesi. Si ricorda che nei primi due messaggi di rivendicazione Ludwig si autodefinisce organizzazione; in uno si manifesta semplicemente con la sigla (Ludwig ha colpito ancora); negli altri, invece, si esprime con il soggetto sottinteso noi (Rivendichiamo; Rendiamo noto; Siamo gli ultimi eredi). doveroso precisare che, alla luce delle risultanze istruttorie, si rivela del tutto arbitrario, in relazione alla denominazione Ludwig, parlare di un gruppo, di una setta, di una organizzazione.. Nulla, in base agli atti processuali, autorizza l'ipotesi che dietro alla ripetuta sigla si celi una struttura, pi o meno articolata, con vertici e gregari, con organi decisionali e semplici esecutori: un'organizzazione in cui esista chi emette le sentenze di morte e chi le esegue. Al di l dei riferimenti, pi o meno suggestivi, a strutture, tipo la Santa Veheme, che si assume abbiano operato a partire dal Medio Evo e continuerebbero ad operare anche ai nostri giorni, va affermato con chiarezza che quella di Ludwig una storia mediocre e senza antecedenti: una storia, inoltre, brevissima che inizia il 4 novembre 1980, con il primo messaggio trasmesso alla redazione delGazzettino di Venezia, e termina il 13 gennaio 1984, con l'ultimo messaggio inviato all'agenzia Ansa di Milano. Anzi, anticipando quelle che saranno le conclusioni del presente provvedimento, si pu affermare che la storia di Ludwig inizia il 4 novembre 1980, con il messaggio di rivendicazione cumulativa dei tre noti omicidi, e si conclude il 4 marzo 1984 con l'arresto di Wolfgang Abel e Marco Furlan a Castiglione delle Stiviere. 5. Fin qui la trattazione ha affrontato solo o prevalentemente tematiche di ordine generale. Ora deve svolgersi sul terreno pi sicuro della concreta enucleazione del materiale probatorio idoneo a sorreggere l'accusa a carico degli imputati. Per esigenze di chiarezza le fonti di prova saranno presentate l'una di seguito all'altra, senza un ordine correlato alla successione dei reati e tenendo conto soltanto della valenza che le fonti stesse hanno nell'economia generale di una discussione mirante a verificare il grado di resistenza dell'ipotesi accusatoria. L'arresto di Abel e Furlan. Come gi stato ricordato, Wolfgang Abel e Marco Furlan furono tratti in arresto verso le ore 16 del 4 marzo 1984 all'interno della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere.

Gli imputati avevano introdotto nel pubblico locale due taniche contenenti benzina super, avevano versato una parte del combustibile sul pavimento della sala, avevano collocato le taniche in particolari posizioni, avevano innescato la fiamma ad una di esse. Un comportamento, quello appena sintetizzato, che non autorizza alcun dubbio sulle reali intenzioni dei due giovani. Il delitto, per le sue peculiarit, va ben oltre il singolo, seppur gravissimo, episodio. Infatti, il tentativo di incendiare la discoteca, non riuscito per una serie di fortunate e coincidenti circostanze, si colloca con pieno diritto nel quadro di altri crimini dei quali Ludwig si attribuito la paternit, fornendo, come si altrove annotato, le prove inequivocabili della fondatezza della rivendicazione: la strage del 14 maggio 1983 (Eros Sexi Center di Milano) e quella del 7 gennaio 1984 (Liverpool di Monaco di Baviera). Non solo per le forti analogie che caratterizzano il modus operandi dei tre delitti; ma soprattutto per la palese identit di motivazione che li ispira. Se fossero stati in grado di farlo, certo che Abel e Furlan avrebbero fornito una motivazione ideologica e una giustificazione morale del crimine sostanzialmente corrispondenti a quelle contenute nei messaggi con cui furono rivendicate le stragi di Milano e di Monaco. Sia pure con slogans formalmente diversi, avrebbero detto che il ferro ed il fuoco sono la punizione di coloro che trasgrediscono la legge superiore di Ludwig: di uomini senza onore perch irrispettosi di quella legge. D'altra parte, non riecheggia le radicate convinzioni dogmatiche di Ludwig l'interrogatorio reso al procuratore della Repubblica di Mantova da Wolfgang Abel due giorni dopo il suo arresto? Io volevo dare fuoco alla discoteca afferma l'imputato. V olevo bruciare la discoteca, ma non so perch. L'unico motivo perch ho qualcosa contro le discoteche. Soprattutto per il tipo di gente che frequenta le discoteche, per l'ambiente, per le persone che vanno nelle discoteche. ben vero che a tali enunciazioni l'Abel giunge tra penose pause di riflessione e sofferte contraddizioni. Ed vero che, subito dopo quella grave ammissione l'imputato, con apparente disinvoltura, sposta il baricentro della motivazione dalle persone che frequentano le discoteche alle discoteche in quanto tali: forse la discoteca in se stessa, come luogo che rende vittime le persone che la frequentano, inducendole a svaghi insulsi che mi repugnano Quello che mi irrita la discoteca come istituzione. Trovo assurdo che ci siano proprietari di discoteche che prendono in giro i giovani e pretendono da loro diecimila lire per offrire nient'altro che un po' di musica assurdo che nei paesi non pensino ad altro che alle discoteche; che le Vespe girino con gli adesivi delle discoteche. assurdo che i giovani siano traviati e fuorviati da questi luoghi: io stesso ho constatato che una ragazza pienamente vitale, dopo aver frequentato l'ambiente delle discoteche, aveva completamente cambiato natura, assumendo anche stupefacenti. Io penso che le maggiori fonti di spaccio di droga siano le discoteche, e ci mi appare intollerabile. Io volevo bruciare la discoteca perch mi riesce intollerabile che nelle discoteche si rechino tanti giovani. Anche Furlan nel voler bruciare la discoteca era mosso dal medesimo mio intento: anche lui odiava le discoteche come luoghi di degrado dei giovani. Quello che in pratica criticavamo era la discoteca come luogo di strumentalizzazione dei giovani e come luogo di diffusione imponente di stupefacenti. La contraddizione evidentissima. E palese si rivela l'intendimento difensivo che anima le dichiarazioni dell'imputato. Se non quello di un paranoico, il suo sembra il linguaggio di uno schizofrenico. Non ho niente contro le persone (che frequentano le discoteche) afferma Abel, rispondendo ad una specifica domanda del difensore. Ce l'ho con i titolari che impiantano le discoteche. E,

rimuginando i temi dibattuti con Furlan, si lascia anche andare ad un confronto fra le discoteche italiane e quelle tedesche: Ricordo che avevamo parlato del modo diverso che vi di andare nelle discoteche in Germania ed in Italia. Eravamo d'accordo sul fatto che in Germania le discoteche non hanno quelle connotazioni avvilenti proprie delle discoteche italiane. Prendiamo pure atto della diversit delle discoteche tedesche e della mancanza in esse delle connotazioni negative che caratterizzano quelle italiane; pensiamo, per esempio, alla Liverpool Diskothek. certo per che il carattere schizofrenico della impostazione di Abel resta: Eravamo d'accordo che io mettessi la borsa in un punto del locale e Furlan in un altro punto, e che poi ognuno desse fuoco alla sua borsa: dopo il fuoco entrambi saremmo scappati via. Io avevo intenzione soltanto di bruciare la discoteca, ma non di creare una strage. ragionevole affermare che l'unico scopo dell'atto era quello di bruciare la discoteca e non le tante persone che vi si trovavano, se l'atto viene posto in essere quando nel locale sono presenti oltre trecento persone? Ed ragionevole, in tale contesto, precisare addirittura che, bruciando la discoteca, si volevano sottrarre quelle persone all'ambiente fuorviante della discoteca stessa? Ma di Abel ci conforta almeno il pudore, l'onest intellettuale. Sia pure con iniziali tentennamenti, dopo scoperti tentativi di sottrarsi ad imbarazzanti domande, nonostante i successivi ed incredibili ripensamenti, l'Abel, posto di fronte a prove tanto eloquenti, perlomeno non nega che la sua intenzione era proprio quella di bruciare e distruggere la discoteca. Marco Furlan, invece, non dimostra neppure questa elementare sensibilit. Tutto compenetrato nella sua furbizia mediterranea ed avvolto nel suo egocentrismo, con atteggiamento irridente e tono permeato da macabra ironia, senza alcun rispetto verso gli altri e soprattutto verso se stesso, il Furlan, fino a quando del tutto intempestivamente non decide di chiudersi in un assoluto e superbo silenzio, persevera in una spiegazione che si pu qualificare solo scoraggiante: Abbiamo concordato di spargere della benzina per vedere un po' di fiammelle, per constatare l'effetto che faceva sulla gente. Non era nostra intenzione di fare del male, volendo divertirci a vedere la reazione della gente. Pur avendo intenzione di dare fuoco alla benzina, volevamo solo vedere che emozioni si potevano provare. (Interrogatorio 6 marzo 1984). Il mio intento era quello di fare uno scherzo. Tale era anche l'intento dell'Abel perch cos da tutti e due era stato concepito. In sostanza intendevamo vedere le reazioni dei ragazzi presenti nella discoteca all'odore della benzina ed in seguito a qualche fiammella. Escludo che volessimo distruggere la discoteca mediante il fuoco. Non volevamo neppure arrecare gravi danni alla stessa. Meno ancora intendevamo attentare all'incolumit delle persone. (Interrogatorio 22 giugno 1984). Ed ancora: Effettivamente io ed Abel non avevamo concertato un piano di azione preciso. Eravamo d'accordo che ognuno di noi avrebbe versato la benzina nel locale e solo eventualmente avrebbe ad essa appiccato il fuoco. Avrei comunque desistito dalla mia azione semplicemente se la gente avesse avuto una qualsiasi reazione. Avrei dato fuoco solo nel caso in cui non vi fosse stata alcuna reazione da parte dei presenti. Era stato concordato tra me e l'Abel che avremmo appiccato il fuoco solo se non ci fossero state reazioni allo spargimento della benzina nel locale. (Interrogatorio del 12 luglio 1984). Indulgendo ad una scontata ironia verrebbe voglia di dire che il dott. Wolfgang Abel ed il (quasi) dott. Marco Furlan intendessero scherzare innocentemente con il fuoco. Se non si fosse trattenuti dal pensiero che in quella discoteca nel pomeriggio domenicale del 4 marzo 1984 erano presenti, ivi convenuti solo per darsi un piccolo svago, oltre trecento giovani e giovanissimi; se non si fosse trattenuti dal mesto ricordo del barbaro olocausto di quei poveri sei spettatori del cinema Eros di

Milano, che il 14 maggio 1983, magari con senso di colpa, forse con un po' di vergogna, comunque con la semplice speranza di dar sfogo ai loro istinti repressi, erano entrati nel buio di una sala per inebriarsi del profumo sensuale di una donna chiamata Lyla; dal ricordo altrettanto mesto di quella Corinna Tartarotti che, nella tarda sera del 7 gennaio 1984, fra atroci sofferenze, a soli 20 anni, aveva chiuso il ciclo della propria esistenza nelle fiamme della Liverpool Diskothek di Monaco di Baviera. I discorsi sconclusionati ed aberranti di Abel e di Furlan non possono essere accettati. Se ne deve rispettare solo lo spirito difensivo che li pervade! fin troppo evidente che l'attentato alla discoteca Melamara, di Castiglione delle Stiviere propone la medesima ideologia e la medesima motivazione morale di alcuni dei messaggi di rivendicazione di Ludwig. La spiegazione offerta da Wolfgang Abel nell'interrogatorio 6 marzo 1984 coincide nello spirito con quella che avrebbe dato Ludwig. Anche se le parole dell'imputato sono dimesse e prive della tracotanza sferzante di Ludwig. In catene, Abel ha perduto la superbia del superuomo, non pu ergersi pi a modello di supreme virt: si mostra con le sue contraddizioni, insufficienze e debolezze. Per questo nelle proposizioni dell'imputato si sterilizzano il linguaggio apodittico dell'esaltazione fanatica e le formule magico-ieratiche, propri dei messaggi di Ludwig. Identica, per, la convinzione dogmatica: la discoteca luogo di degrado, di perdizione, di fagocitazione dei giovani; perci essa intollerabile ed odiata; perci essa va distrutta: ed i trasgressori delle regole di una intransigente e superiore morale meritano la punizione del fuoco. la legge di Ludwig. L'incendio della Melamara , dunque, la spia che illumina l'itinerario dei delitti di Ludwig. L'arresto di Wolfgang Abel e Marco Furlan rappresenta il punto di cesura di questi delitti ed insieme segna la fine di Ludwig. Nulla smentisce tale conclusione. L'esito dell'indagine grafoscopica. Sul valore probatorio di un accertamento grafico si pu essere anche scettici. Il diffidare dei giudizi espressi in questa materia sembra essere giustificato dal fatto che tali giudizi non si fondano su principi aventi dignit scientifica. Anche quando l'accertamento cada su una manoscrittura stesa con un elevato grado di spontaneit, che, come noto, include sempre un insieme di caratteristiche sostanziali e di peculiarit incoercibili, che personalizzano il gesto scrittorio. Lo scetticismo diventa quasi d'obbligo quando oggetto di una perizia grafologica sia, com' nella fattispecie, una manoscrittura artificiosa o alterata per procedimento dissimulativo della propria grafia: perch, in tal caso, pi elevato l'indice di modificazione intenzionale, meno viene a trasferirsi nella espressione grafica l'impronta dello scrivente. Se non della sfiducia pregiudiziale nel risultato della sua opera, lo stesso perito tanto consapevole della delicatezza e difficolt del compito affidatogli da sentire il dovere di precisare i limiti oggettivi e soggettivi dell'accertamento. Secondo il perito, per la particolare natura delle scritture da verificare, l'indagine potrebbe stabilire esclusivamente e soltanto entro limiti probabilistici: se la grafia dei sette testi di rivendicazione sia riferibile ad una stessa persona per convergenze di metodologia compositiva, di redazione, di grado di abilit esecutiva nonch per concordanze negli elementi di dettaglio; se le aquile disegnate in ciascun testo di rivendicazione siano rapportabili ad una stessa gestualit per corrispondenze di ideazione compositiva, di tipologica chiaroscurale (texture), di sintesi estetico-espressiva, di proporzioni nei vari elementi che le compongono;

se le dizioni a stampatello maiuscolo e le cifre figuranti sulle buste delle rivendicazioni siano riconducibili ad una stessa persona sulla base di analogie riscontrabili nella collocazione degli indirizzi, in rapporto allo spazio delimitato dalla grandezza di ciascuna busta, nel calibro, nella spaziatura, nella giacitura reciproca delle strutture alfanumeriche, nonch di eventuali altri particolari singolari riguardanti la tipologia di stilizzazione letterale e/o numerica; se, operando comparativamente su ciascun indirizzo posto in relazione alle dizioni apparenti sulla busta sequestrata nell'abitazione dell'imputato Wolfgang Abel in Monaco di Baviera, emergano elementi grafici, generali o di dettaglio, convergenti indici di possibile o probabile rapportabilit, in tutto o in parte, delle manoscritture che compongono gli indirizzi dei documenti alla stessa mano che ha steso (quella di Wolfgang Abel) le dizioni Furlan Marco via Santini 72 37100 Verona figurati sulla busta sopraindicata; se le dizioni a stampatello e le cifre figuranti nelle buste delle missive di rivendicazione siano eventualmente riferibili, in tutto o in parte, alla mano di Furlan Marco; se i disegni delle aquile figuranti su ciascun testo di rivendicazione siano riconducibili per convergenze di stile, di tratteggio, di chiaroscuro, di proporzioni alla mano di Wolfgang Abel oppure a quella di Marco Furlan. Risulta evidente che nell'ambito dell'accertamento, sia pure con i limiti indicati, non compresa la riferibilit dei testi delle rivendicazioni: ci perch ogni singola dizione di tali testi talmente viziata dal procedimento dissimulativo, da essere inidonea ad un esame confrontuale con manoscritture ordinarie. Orbene, doveroso dire che il prof. Salvatore De Marco ha assolto il mandato assegnatogli con professionalit di grado elevatissimo, dando conto del risultato dell'indagine in un'ampia, motivatissima e documentatissima relazione (tre volumi di complessive 230 pagine). Nonostante le obiezioni di principio ed i limiti specifici di cui si voluto dare atto, le conclusioni cui il perito pervenuto vanno ritenute del tutto attendibili e possono perci essere valutate come prove a carico degli imputati. () In base alle analisi ispettive e confrontuali, dirette a determinare le modalit di esecuzione e ad accertare l'eventuale riconducibilit ad uno stesso autore, si stabilisce che: lo stemma figurante in ciascun messaggio proviene da disegno manuale; il disegno appare eseguito, con biro a punta fine e ad inchiostro nero di china, in parte a mano libera, in parte con ausilio di strumenti tecnici (righello, mascherina o simili); in tutti gli stemmi si rilevano lievi tracce a matita, che evidenziano un disegno costruttivo preliminare; il volume della raffigurazione stilizzata dell'aquila viene risolto con linee direzionali a tutto effetto di chiaroscuro; i contorni, sia segmentati che curvilinei, stesi in biro, delimitanti le figure di tutte le aquile e i vari elementi compositivi dei particolari, risultano piuttosto marcati; nelle zone interne dei disegni delle aquile figuranti nel primo, nel terzo, nel quarto, nel quinto e nel sesto messaggio si manifesta un identico effetto di modellato plastico con discreto perfezionamento dei particolari ottenuto con graduazione dell'impasto chiaroscurale , che ne pone in rilievo le masse; mentre il chiaroscuro dell'aquila disegnata nel settimo messaggio si presenta conforme a quello delle altre figurazioni nelle zone in cui tale effetto viene raggiunto con tratti a mano libera ed piuttosto rigido nelle parti in cui stato utilizzato il righello; l'effetto chiaroscurale nei contorni e nelle zone delimitate da tratti marcati, rigidi ed ingrossati, consegue, in tutti gli stemmi, ad una medesima tecnica operativa personale: ripassati i contorni con

penna biro, l'esecutore tratteggia lentamente, con mano leggera ed abile, linee minute, aventi andamento o verso di tracciamento conforme alla struttura o alla disposizione dei dettagli; in questi egli accentua gli scuri attraverso ripassi continui generanti la maggiore o minore densit di impasto della texture; le aquile, anche se stilizzate in rapporti dimensionali talvolta diversi, acquistano, attraverso l'effetto di ombreggiatura ed il progressivo rafforzarsi o indebolirsi del tratteggio, un significato plastico, con modellazione degli elementi che le compongono; in tutte le aquile si riproducono rafforzi chiaroscurali in omologhe zone di dettaglio: nell'espressione grafica delle aquile le forme delle superfici vengono concepite secondo uno schema personale, la forma resta nella memoria dell'esecutore il quale, pur variando talvolta le proporzioni tra le varie parti del disegno, non modifica la configurazione geometrica fondamentale; dalle misurazioni dei vari elementi che compongono gli stemmi (estensione massima delle ali delle aquile - diametro della corona - spessore delle ali - estensione verticale del corpo centrale dell'aquila) risultano solo lievi differenze negli stemmi dell'aquila del primo e del settimo messaggio, che presentano tuttavia alcune incidenze di grandezze omologhe ed una differenza per quanto riguarda la estensione del corpo centrale. Alla stregua degli elementi generali e di dettaglio, e di tutti gli elementi di espressione graficocompositiva enucleati per tutti i disegni apposti nelle rivendicazioni di cui si possiede l'originale, il perito formula i seguenti giudizi conclusivi: a) gli stemmi apparenti nel primo, nel terzo, nel quarto, nel quinto e nel sesto messaggio di rivendicazione sono riconducibili, con elevatissimo grado di probabilit ad uno stesso autore; b) non da escludere, date alcune incidenze di espressione grafica, che lo stemma disegnato nel settimo messaggio provenga dalla stessa mano che ha composto i disegni apparenti negli altri messaggi: tuttavia le divergenze probabilmente derivanti dall'utilizzazione di un ulteriore strumento tecnico ausiliario (mascherina a fori circolari) e del tracciamento di taluni chiaroscuri mediante righello non consentono di raggiungere un giudizio conclusivo di identit genografica di elevato grado di probabilit. Passando al medesimo esame per quanto riguarda le dizioni letterali e numeriche che compongono gli indirizzi nelle sette buste di rivendicazione, dopo aver proceduto all'analisi confrontale di tutti gli elementi grafico-compositivi ed alla loro valutazione qualitativa e quantitativa, il perito formula i seguenti giudizi: a) le dizioni che compongono gli indirizzi figuranti nelle buste che contenevano il primo, il secondo, il quarto ed il sesto messaggio di rivendicazione sono riferibili, con elevatissimo grado di probabilit, ad una stessa mano per convergenze di elementi grafico-compositivi generali (collocazione - spaziatura tra dizioni e tra lettere - marginatura sinistra), di tipologia nella configurazione grammatico-letterale (comune alternanza di tratti segmentati e tratti curvilinei) e di particolarit incoercibili (ripassi a penna - barretta basale nelle cifre 1 nel primo, nel secondo e nel sesto); b) gli indirizzi figuranti nelle buste che contenevano il terzo, il quinto ed il settimo messaggio sono riconducibili, con elevato grado di probabilit, ad una stessa mano per convergenze graficocompositive, generali e di dettaglio, riguardanti la reciproca disposizione delle dizioni compilative, i rapporti di spaziatura interletterale e tra dizioni, la tipologia di configurazione letterale e numerica (strutture alfanumeriche a tratti segmentati); c) valutate talune corrispondenze riscontrate nella tipologia di spaziatura tra dizioni e tra lettere nell'interlinea, nonch in alcune particolarit di riferimento in configurazioni alfanumeriche

omografe, da ritenere probabile l'ipotesi che tutti gli indirizzi delle buste dei messaggi siano stati redatti dalla stessa persona: si evince, insomma, che le deboli divergenze esistenti tra il primo gruppo di indirizzi (a) ed il secondo (b) possono ritenersi conseguenziali a variazioni di modus operandi di uno stesso estensore. La terza ed ultima parte dello studio del prof. De Marco dedicata all'accertamento della paternit delle espressioni grafiche in verificazione. Servendosi di molteplici manoscritture di pugno degli imputati Abel e Furlan e di un adeguato numero di disegni eseguiti dall'Abel all'et di 13-15 anni, procedendo a valutazione qualitativa e quantitativa delle corrispondenze emerse dall'analisi grafonomico-comparativa, studiando la tecnica di esecuzione e le qualit espressive dei disegni assunti in comparazione, sulla base delle analogie e delle corrispondenze grafistiche chiaramente evidenziate con prospetti e fotografie, il perito formula i seguenti giudizi conclusivi: a ) con elevato grado di probabilit gli indirizzi figuranti nelle buste contenenti i primi sei messaggi sono stati redatti da Wolfgang Abel; b) possibile che l'indirizzo figurante sulla busta del settimo messaggio di rivendicazione provenga dalla mano del predetto imputato; c ) gli stemmi delle aquile figuranti sui sei messaggi di cui si possiede l'originale sono riconducibili alla stessa mano che ha eseguito i disegni assunti in comparazione, cio ancora all'Abel. Per quanto riguarda infine la paternit dei testi di rivendicazione, in base alla valutazione complessiva delle caratteristiche delle scritture esaminate, il perito afferma che emergono indizi convergenti di possibile riferibilit alla mano dell'imputato Abel del terzo, del quinto, del sesto e del settimo messaggio. Ma occorre osservare che tale ultima conclusione assume ben altro significato se si valuti nel contesto dei risultati scaturiti dall'indagine grafoscopica. Secondo il perito, gli stemmi figuranti nei messaggi sono, con elevatissimo grado di probabilit, riconducibili ad uno stesso autore. Inoltre il perito esprime un giudizio di unicit genografica, anch'esso dotato di elevatissimo grado di probabilit, dei disegni delle aquile e dei disegni di pugno di Wolfgang Abel assunti in comparazione: giudizio fondato sulle notevolissime incidenze riguardanti il procedimento tecnico-operativo, il carattere chiaroscurale e la qualit espressiva della texture. evidente, allora, come il giudizio di possibile riferibilit delle dizioni dei testi delle rivendicazioni a Wolfgang Abel per semplici indizi convergenti (da soli insufficienti a motivare un giudizio di identit genografica), acquisti nuova forza proprio con riferimento al pi consistente giudizio di riducibilit allo stesso imputato di una diversa parte compositiva dei medesimi documenti. E diventi ancora pi pregnante in relazione al successivo giudizio di riferibilit sempre allo stesso imputato degli indirizzi figuranti nelle buste. In definitiva, la riconducibilit alla mano di Wolfgang Abel degli stemmi e degli indirizzi dei messaggi di rivendicazione autorizza a ritenere, pur in assenza di sufficienti indicazioni tecniche in tal senso, che dal medesimo autore provengano anche i testi dei messaggi. La falsariga di alcune rivendicazioni. Il prof. De Marco, studiando la metodologia di composizione dei testi di rivendicazione, osserv che essi possiedono dizioni alfanumeriche ad apparente calibro medio di 5 millimetri; che gli intervalli tra un rigo ed il successivo sono pure di 5 millimetri (i primi due messaggi) e di multipli di 5 millimetri (negli altri cinque); che anche il motto Gott mit uns presenta intervalli di spaziatura (interrigo) di multipli di 5 millimetri; che la

marginatura di sinistra, in tutti i messaggi, appare delimitata da un ideale linea verticale, mentre quella di destra irregolare nei primi due (presenza di intervalli derivanti da spazi disponibili non utilizzati) e regolare in tutti gli altri (coerente allineamento su una ideale linea verticale passante per l'estremit destra di blocchi rettangolari contenenti periodi o proposizioni distinti); che la spaziatura tra dizioni consecutive in genere di 5 millimetri o multipli di 5 millimetri. Sulla base di tali osservazioni (calibro, intervalli tra righe successive, marginatura sinistra e destra, spaziatura tra dizioni consecutive) il perito formul l'ipotesi che i testi fossero stati composti mediante falsariga, e precisamente adagiando il foglio assunto per comporre il messaggio su altro foglio di omologhe dimensioni con quadrettatura di 5 millimetri. () Il 29 marzo 1984, nel corso delle indagini dirette ad individuare i responsabili dell'incendio della Liverpool Diskothek, la polizia tedesca sequestr, nell'appartamento di Wolfgang Abel, in Leonhard Frankstrasse n. 7 di Monaco, 117 fogli a quadretti riuniti in blocco con molla a spirale ed altri cinque fogli staccati dallo stesso blocco: apparentemente i fogli non recavano alcun segno di scrittura. Tutti i reperti furono sottoposti ad una speciale indagine tecnica presso la Sezione Documenti del Bundeskriminalamt di Wiesbaden: venne impiegato un particolare procedimento (Esda) capace di visualizzare e documentare fotograficamente i tracciati latenti di scritture: i tracciati (latenti) o solchi (ciechi) che la pressione esercitata dal gesto scrittorio su un foglio trasferisce sui fogli ad esso sottostanti. L'indagine dette sorprendenti risultati: su uno dei fogli a quadretti sequestrati nell'appartamento di Wolfgang Abel, il reperto contraddistinto con le cifre 7.1.41, il procedimento Esda riport in luce l'intero tracciato del messaggio di rivendicazione della strage commessa a Milano il 14 maggio 1983 (Eros Sexi Center); su un altro degli stessi fogli, il reperto contraddistinto con le cifre 7.1.56, l'indagine evidenzi alcuni tracciati di scrittura normale, tra i quali i gruppi letterali NE e OVL, scritti in caratteri runici. A seguito di tale importante emergenza, in data 10 ottobre 1984, nell'abitazione dei genitori degli imputati e nella casa circondariale di Rovigo dove all'epoca era ristretto Marco Furlan, furono sequestrati numerosi fogli a quadretti, costituiti in quaderni o in blocchi, con o senza scritture. Tutti i reperti acquisiti contraddistinti con le sigle A1 e A2 quelli sequestrati nell'abitazione di Abel, con le sigle da B1 a B21 quelli sequestrati nell'abitazione di Furlan e con le sigle da B22 a B24 quelli sequestrati nella casa circondariale di Rovigo vennero sottoposti alla speciale indagine di cui si detto, allo scopo di accertare se essi contenessero tracciati latenti o solchi ciechi riferibili ai messaggi di rivendicazione firmati da Ludwig. L'accertamento fu affidato al dott. Fritz Kohler, funzionario della polizia scientifica addetto alla Sezione Documenti del Bundeskriminalamt di Wiesbaden, nominato perito con ordinanza 11 ottobre 1984. Fu disposta una nuova indagine, con le forme e le garanzie previste dall'art. 314 e segg. C.P.P., anche sui reperti 7.1.41 e 7.1.56, che erano gi stati sottoposti all'esame Esda per iniziativa della polizia tedesca: l'incarico venne affidato al dott. Gerhard Streit, direttore scientifico della Sezione Documenti nello stesso Istituto di polizia scientifica di Wiesbaden (ordinanza 11 ottobre 1984). () Il 6 novembre 1984, nel laboratorio di Fisica della Sezione Documenti dell'istituto di polizia scientifica del Bundeskriminalamt di Wiesbaden. () L'esame conferm i risultati gi ottenuti nella

precedente indagi ne: sul reperto 7.1.41 apparve il tracciato dell'intero messaggio di rivendicazione della strage commessa a Milano il 14 maggio 1983 e sul reperto 7.1.56 i due gruppi letterali in carattere runico. Successivamente si assistette all'inizio delle operazioni peritali affidate al dott. Kohler. () La relazione di perizia venne depositata dal dott. Gerhard Kohler il 13 marzo 1985. Dall'indagine emersero altri sorprendenti risultati. In due dei fogli a quadretti sequestrati nell'abitazione di Marco Furlan, precisamente nei reperti 20 B/1 e 20 B/2, il metodo Esda visualizz e document il tracciato dell'intero testo dei messaggi di rivendicazione, rispettivamente, dell'omicidio dei due frati del santuario di Monte Berico e dell'incendio della Liverpool Diskothek di Monaco. In data 1 aprile 1985 il prof. Salvatore De Marco fu incaricato di stabilire se le tracce dei solchi documentati nelle riproduzioni fotografiche Esda allegate alle perizie del dott. Streit e del dott. Kohler potessero considerarsi, in tutto o in parte, provenienti dalla pressione esercitata dalla mano dell'estensore in fase di composizione dei messaggi di rivendicazione dell'incendio del cinema Eros di Milano, dell'omicidio Lovato-Pigato di Vicenza e della discoteca Liverpool di Monaco di Baviera. Il perito, attraverso la semplice sovrapposizione delle tre riproduzioni Esda alle riproduzioni fotografiche Ilfolith IC4 dei tre messaggi, accert che i tracciati figuranti nelle riproduzioni Esda provenivano con sicurezza dai messaggi originali di rivendicazione dei tre delitti. () Alla stregua delle risultanze dettagliatamente descritte, deve quindi affermarsi che i fogli a quadretti sui quali furono rilevati i tracciati dei messaggi di rivendicazione dei tre delitti costituiscono le falserighe usate dall'estensore per la compilazione dei messaggi originali. La circostanza che tali falserighe siano state trovate in possesso degli imputati Abel e Furlan riveste un duplice importantissimo significato. Significa innanzitutto che Wolfgang Abel e Marco Furlan sono gli autori dei messaggi e quindi sono Ludwig. Ma significa anche che i predetti imputati sono gli autori dei tre delitti rivendicati da Ludwig. Le gravi conclusioni appena espresse non derivano da un giudizio affrettato e superficiale: al contrario, sono la conseguenza logica di una serie di indizi, in parte gi illustrati, che autorizzano ad appuntare sui due imputati i sospetti che essi siano gli autori della catena di crimini di questo procedimento. () Pertanto, il rinvenimento, nell'appartamento abitato da Wolfgang Abel, della falsariga del messaggio originale della rivendicazione dell'incendio della sala cinematografica milanese Eros Sexi Center ed il rinvenimento, nell'abitazione in cui Marco Furlan viveva con i familiari prima di essere arrestato, della falsariga dei messaggi originali della rivendicazione dell'omicidio LovatoPigato di Vicenza e della discoteca Liverpool di Monaco costituiscono, anche alla luce di altri indizi acquisiti a loro carico, una prova inequivocabile dell'identificazione dei due predetti imputati con Ludwig. Neppure consentito dubitare del fondamento della seconda proposizione: e cio che gli autori dei tre messaggi siano gli autori dei delitti con essi rivendicati. () Deve semplicemente precisarsi che quello in precedenza definito come un rapporto certo di identificazione degli autori dei messaggi di rivendicazione dell'omicidio Lovato-Pigato, della strage di Milano e della strage di Monaco di Baviera con gli autori degli stessi delitti suscettibile a questo punto di essere specificato nel senso che Wolfgang Abel e Marco Furlan, siccome autori dei messaggi di rivendicazione dei tre indicati delitti, sono anche gli autori di essi. appena il caso di ribadire che soltanto gli esecutori materiali dei tre reati o persone con tali

autori strettamente collegate potevano essere in possesso di cose come quelle trasmesse o essere a conoscenza di elementi come quelli indicati nei messaggi: essere in possesso di parti di adesivo combacianti con quelle applicate sul manico dei martelli usati per l'uccisione dei frati del santuario di Monte Berico; sapere che sui manici della tanica e del bidone contenenti la benzina per il rogo del cinema Eros fossero applicate, rispettivamente, una catenella da lavandino ed una fascetta metallica di marca Serflex (circostanze del tutto ignote prima dell'arrivo della rivendicazione e rivelatesi esatte solo dopo l'accurata ricerca compiuta dai periti); sapere che nella faccia interna della cassa della sveglia trovata nella discoteca Liverpool di Monaco fosse riportato il numero 520-708. Altri indizi a carico di Abel e Furlan. C' una sveglia. Manca una borsa. Ci sono due paia di pantaloni e dei lacci per calzature. Ci sono occhiali da vista. Ci sono infine dei riconoscimenti. Su tutti questi argomenti occorre soffermarsi per completare il quadro degli elementi di accusa nei confronti di Wolfgang Abel e Marco Furlan. a) La sveglia quella che gli autori dell'incendio della discoteca di Monaco lasciarono sul posto per provare la fondatezza della rivendicazione del fatto da parte di Ludwig. Il 20 gennaio 1984, quindi dopo la rivendicazione del delitto, la polizia tedesca rimosse il coperchio della cassa dell'orologio e, punzonato sulla piastra interna, trov il numero di serie 520708 che era stato indicato nel messaggio. Le indagini non consentirono di acquisire alcuna notizia utile in merito alla vendita della sveglia. Fu possibile stabilire soltanto che essa era stata acquistata in Germania perch la ditta costruttrice, la Peter - Orologi di Rottweil, aveva spedito, nell'agosto del 1977, 370 sveglie dello stesso tipo alla ditta commerciale Karstadt di Monaco, che, a sua volta, aveva distribuito la merce a negozianti di molte citt della Germania Federale: 30 sveglie erano state inviate a negozianti di Monaco. Durante le indagini preliminari fu mostrata a Johanna V oss, madre di Wolfgang Abel, la fotografia della sveglia Peter: la V oss dichiar che il figlio aveva portato con s a Monaco una sveglia simile. Esiste agli atti una deposizione resa il 14 marzo 1984 al procuratore della Repubblica di Mantova da Johanna V oss, in cui si fa riferimento alla sveglia. La teste disse che il figlio, quando viveva ancora a Negrar, possedeva una sveglia di colore bianco, che ella non vide pi dopo la partenza per Monaco: era probabile, pertanto, che il giovane l'avesse portata con s. Vedendo la fotografia di una sveglia uguale a quella trovata nella discoteca Liverpool, la teste V oss dichiar: Potrebbe essere la stessa (quella che il figlio aveva a Negrar: n.d.e.): corrisponde la forma, il colore e cos mi pare il disegno dei numeri. Ma negli atti della polizia tedesca c' un'altra risultanza importante. In occasione della perquisizione compiuta il 14 marzo 1984 in Leonhard Frankstrasse n. 7 di Monaco, nell'appartamento di Wolfgang Abel, fu sequestrata una sveglia di marca Kienzle con il relativo certificato di garanzia. In base al certificato di garanzia ed all'indagine svolta dalla polizia si stabil che la sveglia era stata acquistata nei magazzini Hertie di Monaco il 3 gennaio 1984. Perch Wolfgang Abel acquist la sveglia Kienzle tre giorni prima dell'incendio della Liverpool Diskothek? Non possedeva un'altra sveglia? E dov' finita tale sveglia? L'Abel ha risposto alle domande appena formulate nell'interrogatorio reso il 27 aprile 1985. Nella circostanza volle parlare innanzitutto proprio della sveglia. Precis che a Monaco aveva portato una sveglia pubblicitaria dell'Arag; che tale sveglia si guast verso il natale del 1983; che il 3 gennaio 1984 acquist un'altra sveglia nei magazzini Hertie e gett quella non funzionante.

Deve per osservarsi che, in occasione del precedente interrogatorio reso il 22 marzo 1984 al procuratore della Repubblica di Mantova, ad una precisa domanda posta dal magistrato tedesco, l'imputato non esit a negare con decisione di avere posseduto sveglie nel periodo compreso tra il novembre 1983 ed il 3 gennaio 1984. Contraddicendosi, afferm subito dopo di avere acquistato una sveglia provvista di suoneria qualche settimana dopo il 1 novembre 1983 precisando di averla comperata perch gli serviva per svegliarsi al mattino. E quando gli venne mostrato il certificato di garanzia dei magazzini Hertie, l'Abel, di nuovo contraddicendosi, ammise di avere effettivamente acquistato l'orologio il 3 gennaio 1984 e ribad quindi l'affermazione iniziale che dal 1 novembre 1983 (data del suo trasferimento a Monaco) al 3 gennaio 1984 (data dell'acquisto presso i magazzini Hertie) non ebbe bisogno di alcuna sveglia per svegliarsi al mattino. Si voglia o non riconoscere significato rilevante alla testimonianza di Johanna V oss circa la corrispondenza (per forma, colore e conformazione dei numeri) tra la sveglia trovata sul luogo del delitto e quella che l'Abel port con s in occasione del suo trasferimento a Monaco, l'acquisto di una sveglia tre giorni prima dell'incendio della discoteca Liverpool rimane una circostanza di valore sintomatico. Tanto pi se si tiene conto del comportamento contraddittorio dell'imputato sul punto in esame. Perch, dunque, Wolfgang Abel neg di aver posseduto la sveglia prima del 3 gennaio 1984? Ed solo una coincidenza l'acquisto della sveglia alla data del 3 gennaio 1984? b) Nella discoteca di Monaco la polizia trov i resti di una borsa in cui era contenuta una delle due taniche di benzina usate per provocare l'incendio. Si tratta di una borsa in plastica marrone. Durante le indagini preliminari Johanna V oss osserv in fotografia (a colori) la borsa repertata dalla polizia e dichiar che poteva essere una borsa appartenente al figlio. Sulla circostanza la madre dell'Abel cos si espresse nella deposizione resa il 14 marzo 1984 al P.M. di Mantova: Nell'ottobre 1983, quando lo accompagnammo a Monaco, Wolfgang port con s una borsa-valigia di finta pelle, di colore marrone chiaro, che poi lasci nella casa che gli affittammo. La borsa aveva una cerniera lampo, anzi due cerniere lampo Il 21 febbraio (1984) andai a Monaco da Wolfgang, fermandomi fino al 24 febbraio Riordinando la casa non badai se avesse ancora la borsa. Il 2 marzo (1984) Wolfgang venuto in Italia con lo zaino. Durante la deposizione le viene mostrata la fotografia a colori dei resti della borsa rinvenuta nella discoteca Liverpool e la teste dichiara: Effettivamente potrebbe essere la borsa che Wolfgang lasci a Monaco nell'ottobre 1983. il caso di precisare che nelle perquisizioni dell'appartamento di Wolfgang Abel la polizia non trov la borsa descritta dalla teste Voss n altre borse o valigie: trov solo un sacco da marinaio. Nell'interrogatorio reso il 22 marzo 1984 al procuratore della Repubblica di Mantova, in espletamento di una commissione rogatoria internazionale, l'imputato, rispondendo alle precise domande rivoltegli dal magistrato tedesco, non dette spiegazioni soddisfacenti sull'argomento. Ammise di aver portato a Monaco, in occasione del suo trasferimento, una borsa di colore marrone, ma precis che essa era stata riportata in Italia dai suoi genitori. Aggiunse che in casa rimasero una borsa nera ed una verde chiaro: borse che si sarebbero dovute trovare ancora nell'appartamento. Dov' finita, dunque, la borsa in finta pelle marrone di cui ha parlato la signora Johanna Voss? Perch Wolfgang Abel, contrariamente al vero, afferma che la borsa marrone venne riportata in Italia dai suoi genitori quando, dopo averlo accompagnato nella citt bavarese, ritornarono a Negrar? c) Nella discoteca, all'interno della borsa di cui si a lungo trattato, la polizia trov un paio di pantaloni di velluto nero, di fabbricazione italiana, di marca Ufo, di taglia americana 30. Nell'abitazione di Wolfgang Abel, durante la perquisizione del 10 marzo 1984, fu sequestrato un paio di pantaloni di velluto marrone della stessa marca (Ufo) e della stessa taglia (30) di quello

trovato sul luogo del delitto. Si tratta di una nuova e semplice coincidenza? Quale spiegazione pu avere il fatto che i pantaloni trovati nell'abitazione di Abel e quelli rinvenuti sul luogo del delitto differiscano soltanto per il colore? d) Oltre ai pantaloni, la borsa repertata dalla polizia nella Liverpool Diskothek conteneva tre lacci per calzature: uno marrone e due neri. Nell'appartamento di Leonhard Frankstrasse, il 10 marzo 1984 fu sequestrato un laccio, anch'esso di colore marrone, pi corto di quello trovato nella borsa, che teneva unite due chiavi. Nel sacco da marinaio, sempre nell'abitazione di Wolfgang Abel, fu trovato un altro laccio di colore marrone. Le indagini tecniche compiute nei laboratori di analisi della polizia dettero i seguenti risultati: i tre lacci (i due provenienti dall'abitazione dell'imputato e quello proveniente dal luogo del delitto) corrispondono per tipo di fabbricazione (tubolare piatta), per composizione materiale (16 fili), per colorazione (marrone); il laccio trovato nella borsa della discoteca e quello rinvenuto nel sacco da marinaio dell'appartamento di Wolfgang Abel hanno inoltre la medesima lunghezza (centimetri 63); sui tre lacci sono presenti sette sostanze coloranti che manifestano nella gradazione e nella reazione cromatografica piena concordanza (creme lucidanti per scarpe). un'altra coincidenza priva di ogni significato? e) Le due taniche della capacit di 20 litri contenenti la benzina usata per incendiare la discoteca Liverpool risultarono acquistate il 3 gennaio 1984 nel negozio Schraudolf & Magnus di Kurfurstenstrasse n. 21, distante solo un chilometro dall'abitazione di Wolfgang Abel. Arnd Bender, commesso del magazzino, ritenne di riconoscere, in una delle sette fotografie mostrategli, l'acquirente delle due taniche (pur dichiarando di non sentirsi del tutto sicuro): l'acquirente era Marco Furlan. Siamo ancora in presenza di mere coincidenze? Sono del tutto casuali le circostanze che le due taniche furono acquistate in un negozio situato a poca distanza dalla casa di Abel, che Furlan fu riconosciuto come l'acquirente, che il giorno dell'acquisto delle taniche coincide con il giorno in cui Abel acquist la sveglia presso i magazzini Hertie? f) In occasione di un interrogatorio svolto dal procuratore della Repubblica di Mantova (il 22 marzo 1984) su commissione rogatoria internazionale dell'Autorit giudiziaria della Repubblica Federale Tedesca, Wolfgang Abel, alla specifica domanda, posta dal magistrato dott. Heinrich Juergen, se considerasse negativo il fenomeno del fiorire delle discoteche, dette la seguente risposta: Considero il fenomeno negativo perch le discoteche offendono la dignit dell'uomo. Il Liverpool, a mio avviso, non una discoteca, ma un bordello. Richiesto di precisare il significato dell'affermazione che le discoteche offendono la dignit dell'uomo, l'imputato disse: Ho detto la frase perch penso che la cosa pi importante siano i valori affettivi: ed una discotecabordello come il Liverpool rappresenta una negazione di questi valori. Ritengo che questo tipo di discoteche-bordello siano nocive per la societ. Pu negarsi che le limpide asserzioni di Wolfgang Abel ripropongano il linguaggio dogmatico dei messaggi di Ludwig? Si tratta di una casuale condivisione morale delle motivazioni che sono alla base dell'azione delittuosa compiuta contro la Liverpool Diskothek o siamo piuttosto in presenza di una riaffermazione di quelle motivazioni fatte dall'autore del crimine? I numerosi interrogativi posti nel corso della rassegna delle risultanze processuali possono a questo punto sciogliersi affermando, con serena coscienza, che tutti gli elementi in precedenza illustrati, per numero e qualit, costituiscono, complessivamente considerati, elementi dotati di forte valore indiziante a carico di Wolfgang Abel e Marco Furlan per il reato commesso a Monaco il 7

gennaio 1984. A carico del primo, perch direttamente lo riguardano. A carico del secondo, non solo perch Marco Furlan, complice della successiva analoga impresa delittuosa di Castiglione delle Stiviere, la sera del 7 gennaio 1984 si trovava a Monaco di Baviera, ospite dell'inseparabile ed esclusivo amico Wolfgang, ma soprattutto perch egli era in possesso della falsariga del messaggio con cui Ludwig rivendic il crimine. g) Sul luogo in cui fu ucciso Claudio Costa, a circa 30 metri dal cadavere, furono rinvenuti degli occhiali da vista, tipo Ray Ban. Si accert che essi non erano della vittima e quindi fu posto il sospetto, sicuramente fondato, che appartenessero ad uno degli aggressori. L'indagine compiuta dalla polizia nell'immediatezza del fatto permise di stabilire che, molto probabilmente, gli occhiali erano stati confezionati dall'ottico Fabbroni di Verona. () Nel corso della formale istruzione l'argomento stato oggetto di ulteriore approfondimento. L'esigenza di approfondire l'indagine derivata dal rinvenimento, nell'abitazione di Abel a Monaco, di documenti da cui risultava che il 18 dicembre 1979, a distanza quindi di soli sei giorni dall'omicidio Costa, al predetto imputato erano state applicate lenti a contatto presso un ottico veronese. In sostanza, la coincidenza temporale dei due avvenimenti ha suggerito l'ipotesi che gli occhiali trovati sul luogo del delitto appartenessero all'Abel, per cui l'investigazione stata diretta alla verifica del fondamento di tale ipotesi. Va subito detto che un preliminare accertamento di polizia giudiziaria ha consentito di stabilire che nell'anno accademico 1978-1979 Wolfgang Abel, almeno durante le lezioni universitarie, portava occhiali da vista, tipo Ray Ban, con montatura metallica e lenti a goccia: occhiali corrispondenti a quelli in giudiziale sequestro. Hanno fatto generico riferimento alla circostanza alcuni studenti che furono compagni del corso di studi frequentato dall'Abel nell'Ateneo padovano. () Ma la conferma pi significativa che Wolfgang Abel, prima di applicare le lenti a contatto, portasse gli occhiali con montatura metallica colore argento, tipo Ray Ban, con lenti bianche a goccia, venuta dal Furlan (interrogatorio 22 giugno 1984): l'imputato, per la verit, non ha fornito particolari riguardanti il tempo in cui l'amico cess di portare gli occhiali, essendosi limitato a dire che applic le lenti a contatto durante il periodo universitario. Circostanze molto precise sono emerse dalle testimonianze dell'oculista dott.ssa Vittoria Benedetti, dell'ottico Gianluigi Regattieri, contitolare della ditta Fabbroni, e dell'ottico Enrico Regattieri, contitolare della ditta Centro Ottico Regattieri di Via Pellicciai. Dalle deposizioni testimoniali e dai documenti in atti risulta che: con elevatissimo grado di probabilit, gli occhiali rinvenuti sul luogo dell'omicidio Costa sono stati confezionati dalla ditta Fabbroni di Verona; Wolfgang Abel era cliente della ditta indicata; l'Abel fu visitato l'ultima volta il 14 dicembre 1979 dalla dott.ssa Vittoria Benedetti, che nell'occasione rilasci una prescrizione oculistica; il successivo 18 dicembre 1979, sulla base dei dati della prescrizione della dott.ssa Benedetti, l'ottico Enrico Regattieri applic all'Abel, per la prima volta, le lenti a contatto. In data 27 aprile 1984 venne dato incarico al dott. Leonardo Silletti, primario oculista dell'ospedale di Bussolengo, di accertare: a) se le lenti degli occhiali in sequestro e le lenti risultanti dalla prescrizione 18 dicembre 1979 correggessero lo stesso difetto visivo; b) se, in caso affermativo, gli occhiali in sequestro potessero considerarsi appartenenti a Wolfgang Abel. Il perito rispose in senso positivo ed in termini di certezza al primo quesito. Non fu, invece, in grado di rispondere al secondo in quanto l'imputato non volle sottoporsi a visita oculistica: il dott. Silletti si limit, quindi, a formulare un generico giudizio di presumibile appartenenza degli occhiali

all'Abel. In definitiva, la valutazione complessiva delle risultanze istruttorie autorizza a ritenere seriamente fondata l'ipotesi che gli occhiali trovati sul luogo del delitto Costa appartenessero a Wolfgang Abel. Non pu considerarsi, infatti, meramente accidentale la sintomatica convergenza di elementi sulla persona dell'imputato. h) In sede di ricognizione personale Wolfgang Abel stato identificato dalla teste Federica Rossi come uno dei giovani visti nei pressi del santuario la sera del 20 luglio 1982, poco prima dell'omicidio Lovato-Pigato; dal teste Gabriele Mattedi come uno dei due giovani notati nei pressi dell'istituto dei Padri Venturini di Trento tre giorni prima dell'omicidio Bison; dal teste Guido Pelz come uno dei due giovani che la sera del 25 febbraio 1984 si trovavano nella chiesa in cui fu celebrata una messa commemorativa in occasione del primo anniversario della morte di Armando Bison; dal teste Zefferino Filippi come il giovane visto a bordo di un ciclomotore Piaggio Ciao in via Cialdini nel pomeriggio del 10 luglio 1982, giorno e luogo dell'omicidio dei due frati del santuario di Monte Berico. Marco Furlan, invece, stato riconosciuto solo dal teste Danilo Lucano, peraltro con assoluta sicurezza, come uno dei due giovani visti correre lungo la via Cialdini subito dopo l'uccisione dei frati Lovato e Pigato. Non si possono trarre indicazioni decisive da queste ricognizioni che furono, per la maggior parte, eseguite a distanza di alcuni anni dai fatti e dopo l'ampia diffusione delle immagini degli imputati ad opera degli organi di informazione. () Meritevoli di attenzione, al contrario, appaiono le ricognizioni da parte di Zefferino Filippi e Danilo Lucano; sia per la puntualit che i testi hanno rivelato nella descrizione delle caratteristiche fisiche delle persone, sia per la grande sicurezza che gli stessi hanno dimostrato nell'identificazione. Non di trascurabile rilievo la circostanza che il riconoscimento fatto dal Filippi e dal Lucano riguardi proprio quell'omicidio per il quale altri e pi consistenti indizi sono stati acquisiti a carico dei due imputati. i) La recensione delle risultanze pu concludersi con il richiamo dell'esito della perizia sierologica affidata al prof. Mario Marigo ed al dott. Domenico De Leo. opportuno ricordare che stato possibile espletare l'accertamento solo nei confronti di Marco Furlan perch Wolfgang Abel non ha consentito di sottoporsi ai necessari prelievi di sangue e di saliva. La perizia diretta ad accertare se l'incollatura delle buste contenenti i messaggi di rivendicazione e la superficie dorsale dei rispettivi francobolli presentassero tracce di saliva, se nella saliva eventualmente presente fossero identificabili sostanze gruppo-specifiche di soggetti secretori ed infine se la saliva avesse caratteristiche genetiche compatibili con quella degli imputati Abel e Furlan ha dato il seguente risultato: su tutti i reperti stata rilevata la presenza di saliva umana appartenente ad un soggetto secretore di gruppo A; Marco Furlan soggetto di gruppo A1, secretore di tale sostanza nei vari liquidi biologici; esiste, pertanto, compatibilit genetica fra colui che, con la propria saliva, umett le superfici delle incollature dei reperti e Marco Furlan. appena il caso di precisare che l'esito positivo dell'indagine non riveste valore di prova a carico dell'imputato in quanto, com' noto, circa un terzo della popolazione costituito da soggetti di gruppo A, secretori. Il solo significato della perizia, dunque, sta nel fatto che essa non esclude che Marco Furlan abbia inumidito con la propria saliva l'incollatura delle buste e dei francobolli usati per la spedizione dei messaggi di rivendicazione.

6. A questo punto possibile trarre le conclusioni. Alla stregua di tutte le considerazioni svolte, pacifico che debba concludersi nel senso che sussistano prove di responsabilit sufficienti ad autorizzare il rinvio a giudizio di Wolfgang Abel e Marco Furlan per tutti i reati che sono stati oggetto di esame. () doveroso rilevare che, mentre la conclusione che autorizza ad attribuire tutti i reati ad Abel e Furlan sostenuta dalla serie di univoci e concordanti indizi esaminati, nulla emerso dalla formale istruzione in contrasto con la conclusione stessa. Non pu certo affermarsi che gli interrogatori di Abel e Furlan, valutati sotto il profilo esclusivamente difensivo, mettano in qualche modo in crisi l'impostazione accusatoria. Semmai quegli interrogatori rivelano la manifesta carenza di argomenti idonei a solo scalfire l'accusa. Marco Furlan, che ha interloquito soltanto sul fatto commesso il 4 marzo 1984, ha insistito con stolida ostinatezza su una tesi del tutto inaccettabile: come giustamente scritto nella relazione di perizia psichiatrica, egli ha risposto con parole e concetti banali (bruciacchiare, fare uno scherzo), con frasi infantili, insensate e stupide (poi, in fondo, la benzina non era molta), con macabra ironia (era carnevale, intendevamo vedere le reazioni dei ragazzi presenti nella discoteca all'odore della benzina ed in seguito a qualche fiammella). Wolfgang Abel non stato pi efficace dell'amico. Ha ceduto anch'egli, all'inizio, alla tentazione di spiegare banalmente l'atto del 4 marzo 1984, secondo quello che appare essere un piano concordato di difesa. Subito dopo, sollecitato dalle contestazioni dell'interrogante, si apre alla pi persuasiva motivazione di cui si detto. Ma se ne pente, certamente comprendendo di aver detto cose a lui dannose e tenta un'assai maldestra ritrattazione (interrogatorio 6 maggio 1985): dichiara di avere fornito la spiegazione del fatto nei termini che sembravano soddisfare l'esigenza di chi lo interrogava; aggiunge addirittura di essersi indotto a quella spiegazione quando il magistrato gli lesse la parte dell'interrogatorio del Furlan in cui erano contenute spiegazioni uguali a quelle che poi egli fin per dare. Di quale verbale fantastica l'Abel? Poteva essere pi incredibile la ritrattazione? () N l'Abel stato pi convincente quando ha affrontato argomenti come la sveglia e la borsa marrone: anche in questi casi ha detto cose contraddittorie ed in contrasto con quanto sugli stessi punti aveva riferito la madre. E come si comportato in relazione ad uno dei pi sintomatici indizi acquisiti contro di lui? Ha ammesso che i fogli a quadretti repertati in atti con le cifre da 7.1.25 a 7.1.141 erano stati da lui portati dall'Italia a Monaco, e quindi, provenivano effettivamente dal suo appartamento, dove la polizia tedesca li aveva sequestrati. Ma non ha dato alcuna spiegazione in merito alla circostanza che uno di quei fogli (reperto 7.1.41) era stato usato come falsariga per la stesura della rivendicazione della strage commessa a Milano il 14 maggio 1983: solo un deciso diniego di essere l'autore di quello e di altri messaggi. Forse Abel convinto che basti la negazione del fatto perch si pensi che la prova a suo carico sia stata artatamente predisposta. Deve ricredersi perch il testo ed il disegno documentati sul foglio dall'esame Esda provengono dall'originale del messaggio e l'originale si trovava in Italia nel momento in cui per la prima volta la polizia tedesca speriment l'indagine con esito positivo. Ma non soltanto la fragilit delle tesi difensive esposte, quando sono state esposte, bens tutto il comportamento, tenuto dagli imputati durante la fase processuale, che denuncia l'assenza di seri argomenti difensivi e finisce, indirettamente, per rafforzare l'accusa. Si pensi alla condotta di Abel. Quando si procede a suo carico per il solo delitto di Castiglione

delle Stiviere, svolge con diligenza il ruolo di imputato, sia pure con le difficolt derivanti dalla sua peculiare personalit. Poi gli viene notificato l'ordine di cattura e a quel punto, senza motivo, si rifiuta di rispondere all'interrogatorio. Gli viene data comunicazione giudiziaria dei reati rivendicati da Ludwig e si mostra di nuovo disponibile al colloquio. Quindi il radicale mutamento di condotta. Dopo alcune ricognizioni viene chiamato per essere informato sull'esito degli atti: e l'Abel si produce in una vibrata protesta per il modo in cui condotta l'istruttoria e per il modo in cui la stampa aizza l'opinione pubblica contro di loro. Donde la decisione ferma di non difendersi pi. Decisione che mantiene dal 2 aprile 1984 al 27 aprile 1985, quando riprende a rispondere agli interrogatori. Nell'ambito di durata della protesta si collocano i rifiuti di sottoporsi agli accertamenti tecnici: alla visita oculistica (5 maggio 1984), al prelievo di sangue e saliva (23 gennaio 1985). C' da chiedersi, tuttavia, perch permanga nell'atteggiamento di rifiuto anche dopo che aveva cessato l'azione di protesta: perch, in particolare, il 6 maggio 1985 abbia di nuovo opposto un rifiuto alla visita oculistica per il rinnovo (richiesto dal suo difensore!) della perizia oculistica, al prelievo di sangue e saliva per l'espletamento anche nei suoi confronti della perizia sierologica, al prelievo di peli e capelli per una perizia tricologica. Non dipeso da un calcolo di convenienza tale contraddittorio comportamento? Abel temeva il risultato di quegli accertamenti? difficile sottrarsi alla tentazione di pensare che proprio questo timore abbia determinato la decisione dell'imputato. Tanto pi se si considera che subito dopo egli si sottopose molto volentieri all'indagine psichiatrica dei professori Balloni e Reggiani; in questo caso evidentemente l'imputato era ben consapevole che solo un vantaggio poteva venirgli dall'indagine. () Marco Furlan non da meno. Il suo comportamento addirittura pi contraddittorio di quello di Abel. E meno plausibile. Il Furlan, sia pure con distaccata freddezza, si sottopone a tutti gli interrogatori dal 6 marzo al 12 luglio 1984. Poi la svolta improvvisa e definitiva. Il 2 aprile 1985 si comunica all'imputato che nei suoi confronti si procede per tutti i delitti rivendicati da Ludwig. Ed il Furlan dichiara senza indugio: Non intendo rispondere in quanto ritengo di aver detto tutto ci che avevo da dire. Ne ho abbastanza di tutta questa montatura. Il giudice comunica l'esito positivo degli accertamenti compiuti dai tecnici del Bundeskriminalamt. E l'imputato ribadisce di volersi avvalere della facolt di non rispondere. E in tale ostinato ed insuperabile silenzio permane fino al termine della formale istruzione. Rifiutando perfino di sottoporsi agli esami psichiatrici! Quale significato si deve attribuire alla condotta dell'imputato? Non insensato rispondere agli interrogatori per un lungo periodo di tempo e chiudersi in sdegnoso silenzio proprio nel momento in cui per la contestazione di specifici elementi di accusa maggiore il bisogno di interloquire e soprattutto pi agevole impostare una linea difensiva? azzardato avanzare l'ipotesi che Furlan abbia fatto quella scelta perch non aveva argomenti da opporre ai gravi indizi acquisiti a suo carico? Del resto, che cosa avrebbe potuto dire della falsariga della rivendicazione della strage di Monaco, se non che, dopo la compilazione da parte dell'Abel, la notte stessa del delitto o il mattino successivo, aveva portato via, nello stesso quaderno di cui faceva parte il foglio usato come guida, il messaggio per spedirlo all'agenzia Ansa di Milano? E della falsariga della rivendicazione dell'omicidio dei frati Lovato e Pigato, i cui autori matematicamente certo che siano gli autori del delitto? In definitiva, dal contenuto degli interrogatori resi dagli imputati e dalla condotta processuale da essi tenuta possono e debbono trarsi esclusivamente elementi di valutazione del tutto sfavorevoli a Wolfgang Abel e a Marco Furlan. Elementi che finiscono per corroborare l'accusa. Ed quanto pu affermarsi anche sulla base della relazione di perizia psichiatrica.

L'elaborato dei professori Balloni e Reggiani, oltre ad un pregevole ed approfondito studio della personalit dei due imputati, soprattutto di quella dell'Abel, contiene una interpretazione psicodinamica delle azioni criminose attribuite ai due periziati. Si tratta di una ipotesi che merita di essere attentamente letta e meditata, non solo per l'elevatezza del tono che la anima ed il vigore scientifico che la sostiene, ma anche e soprattutto perch essa fornisce un'efficace chiave di lettura della lunga e crudele catena di delitti di cui ci si occupa. Ma di altrettanta attenzione sono meritevoli le pagine che la relazione degli illustri studiosi dedica al rapporto esclusivo ed escludente tra i due giovani, pagine che si ritiene di riportare parzialmente per l'importanza che l'argomento riveste ai fini dell'interpretazione generale della vicenda: Le caratteristiche intrinseche e la dinamica psicologica della relazione sono difficili da spiegare fino in fondo. L'ipotesi dei periti che si sia venuta formando poco a poco una situazione reattiva cosiddetta "indotta". Alla luce della psicopatologia il problema si riallaccia al contagio psichico e per estensione al meccanismo psichico della suggestione Nella forma tipica esiste il soggetto induttore che presenta un complesso di idee profondamente radicate, entusiasticamente sostenute con rigore e convincimento. Si tratta per lo pi di verit pseudologiche, di idealismi filosofici, politici e religiosi, sostenuti in modo dogmatico, portati avanti con fanatica determinazione. Spesso si tratta di un vero delirio a struttura paranoicale, a contenuto verosimile o perlomeno imperniato su uno di quei temi metafisici che presuppongono una credenza fideistica Le convinzioni dell'induttore sono inoltre sostenute da un notevole pathos emotivo e da un atteggiamento di fanatismo combattivo. Il soggetto indotto invece caratterizzato da una situazione di generica inferiorit intellettuale; da bisogni inconsci di identificazione, di rassicurazione, di autorealizzazione ed offre stima, simpatia, affetto, sottomissione o comunque dipendenza nei riguardi del soggetto inducente. Talora pu realizzarsi un vero contagio psichico se uno dei due partners affetto da disturbi mentali. incerta la patogenesi di questa forma morbosa perch non tutte le malattie mentali possono essere trasmesse per induzione. facile che siano trasmesse quelle che hanno contenuti di coscienza abnorme, come idee deliranti e concezioni di vita fanatiche. Se la persona indotta reagisce con uno sviluppo parallelo e continuo si realizzano due situazioni psicopatologiche o psicosi contemporanee, come nei casi tipici definiti dagli Autori "follia a due". La differenza tra la follia a due e la psicosi indotta propriamente detta che nella prima i due partners vivono simultaneamente, ma sempre mantenendo la distanza che rispetta la singolarit di ciascuno, una esperienza deliroide, delirante o fanatica sovrapponibile come contenuto e forma. Nella psicosi indotta invece l'individuo che riceve non partecipa direttamente al delirio ma crede nel delirio, nel deliroide o nel fanatismo dell'altro tanto che il suo spazio fisico interiore viene invaso ed occupato da quello dell'altro. Abel certamente di intelligenza pi vivace, di personalit pi ricca ed agisce in senso induttore su Furlan, meno ricco sul piano dell'intelligenza e delle doti personali, pi insicuro, e pertanto pi recettivo, immaturo. Abel ha letto molti filosofi ed ha sviluppato una sorte di ideologia fanatica, basata sui concetti della vita etica ed estetica di Kierkegaard informandoli in senso paranoicale alla dialettica ed all'ironia. Furlan stato forse dapprima sorpreso da tanta ricchezza speculativa su idee alle quali forse non aveva pensato, rimanendo suggestionato sino a partecipare delle stesse idee ed infine a subirne un

contagio psichico nel senso sopraddetto di psicosi indotta. il completamento di un discorso su un tema che era stato affrontato nelle pagine precedenti. 7. Wolfgang Abel e Marco Furlan, dunque, vanno rinviati a giudizio per tutti i reati loro ascritti. Anche per quelli di cui non stato possibile riscontrare il fondamento delle prove offerte dagli imputati nei messaggi di rivendicazione. Perch tutti i delitti di cui si discusso hanno la medesima matrice ideologica e le stesse connotazioni generali. L'ipotesi che Abel e Furlan, nel loro delirio paranoicale o, pi semplicemente, nel loro fanatismo ideologico, si siano assunti la paternit di crimini non commessi perch li condividevano moralmente e quindi avrebbero potuto commetterli, ipotesi sicuramente suggestiva, ma non soddisfacente per le ragioni che in precedenza sono state illustrate. decisivo il rilievo che un'entit come Ludwig, con forti e palesi aspirazioni ad acquisire prestigio e credibilit presso l'opinione pubblica, non si sarebbe attribuita la paternit di reati (omicidio Costa, omicidio Baretta, strage di Verona) mentre per quei reati si procedeva a carico di altre persone: sarebbe stato il modo pi semplice per perdere di credibilit e di prestigio nel caso di affermazione della responsabilit nei confronti degli imputati di quei procedimenti! () 10. Le conclusioni cui si pervenuti nel corso dell'esame delle risultanze processuali consentono a questo punto di sciogliere ogni residuo dubbio sulla posizione del prof. Silvano Romano. Sul quale, com' noto, si appuntarono i sospetti degli inquirenti a seguito della strana telefonata che egli fece, il mattino del 27 marzo 1983, al rabbino della comunit israelitica di Padova per avvertirlo che Ludwig avrebbe cominciato a prendersela con gli ebrei. L'indagine di polizia giudiziaria avviata subito dopo il fermo (29 marzo 1983) e l'attivit istruttoria proseguita dal procuratore della Repubblica di Verona non portarono alcuna conferma al sospetto che il Romano fosse in qualche modo coinvolto nella vicenda: tanto che il 6 aprile 1983 egli fu scarcerato per insufficienza di indizi. Nessun nuovo elemento stato acquisito durante l'attivit istruttoria seguita all'arresto di Abel e Furlan. Devesi, pertanto, in accoglimento della richiesta del P.M., dichiararsi il proscioglimento dell'imputato per non aver commesso il fatto. ()

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