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Un inventario della Maremma Valerio Cohen Fusi

Cosa c nella vostra maremma? Cavalli? Mandrie sterminate di vacche? Oppure la singola vacca prototipica che vi viene incontro dalle nebbie, come in Amarcord? Butteri, naturalmente, e il mare: il mare benigno che avete visto tutto intero dalle spiagge destate, o la striscia argentata e intermittente nascosta tra i pini che vi scorre davanti dal finestrino del treno, come accadde a Carducci? La terra aperta al vento e agli stranieri del frusto mantra bianciardiano oppure il chiuso mondo ripetitivo della tradizione contadina? Preliminare allinvenzione della maremma a quella inesauribile relativistica rappresentazione di identit e contrasti - linventario della maremma, il repertorio sterminato (ma non interminabile) delle immagini pertinenti al quale ognuno di noi attinge per costruire la sua personale invenzione, la sua maremma privata. E per questo che nella vostra maremma, come nella mia, e in quella di tantissimi altri da cui si lasciata immaginare, ci sono molto probabilmente anche le foto di Denci. Nonostante la circolazione quasi clandestina, le riproduzioni scadenti, e poi anche linevitabile usura simbolica, quelle immagini sono entrate definitivamente nello standard maremmano, in quel repertorio di rappresentazioni stenografiche di questa terra che diventato una cosa sola con il suo mito. Le paesane operose intente ad intrecciare ginestre, il fattore baffuto e che controlla accigliato la lavorazione della ricotta, le madri che spidocchiano i loro fanciulli sulle scale di casa, il venditore di sanguisughe con il suo cliente, come due personaggi in un quadro fiammingo. E ancora i tori, e le vacche, il guardiano dei porci che soffia nella buccina come un pastore dellArcadia, le strade scalcinate dei borghi, le opere e i giorni di un mondo rustico ed elementare, quasi barbarico, se non fosse per laria mite e rassegnata di quelle facce segnate dalla penuria e della provvisoriet. Il mondo dellimmaginario il mondo dello stereotipo, e allo stereotipo maremmano quelle foto scarne hanno dato, da subito, la forza di una forma cruda ma potente. Non che Denci volesse rappresentare la Maremma, descriverla, raccontarla. Lui si limitava a fare il suo mestiere, a guardarsi intorno e a cogliere gli aspetti quotidiani del mondo in cui viveva. Per passione, per vocazione, per denaro. Certo senza ideologie, senza intellettualismi. Ed stato solo per causa di una selezione postuma delle sue foto (questa s implicitamente ideologica) che siamo stati indotti a vederlo come il testimone (se non proprio un cantore) di una maremma originaria e incorrotta, elementare e archetipa. Le foto di questo libro ci restituiscono ora per la prima volta intero lo sguardo di Denci, rivelandoci tutta la gamma del suo interesse, e ci testimoniano del lavoro di un tranquillo artigiano padrone del suo mestiere, un osservatore disincantato che non vuole indicare, suggerire, simboleggiare. E scopriamo cos - accanto ai temi gi noti della vita contadina tradizionale - tutto un altro mondo: il mondo di una borghesia piccola e minutissima, ripresa in scene di vita civile alle soglie della modernit, nei riti urbani elementari in cui si sperimenta la decenza di una vita appena riscattata dal mondo brutale delle vergherie e delle carbonaie. Ecco allora le foto di gruppo, in posa, la cacciata, la festa di paese con la mongolfiera,

lidrovolante, il piroscafo, le gite e le merende, il maestro di campagna con i suoi ragazzini e la scuola della borghesia di paese, i balilla in pieno fervore ginnico, i vecchi incartapecoriti in divisa sulla porta dellospizio, i paesaggi sassosi e austeri, la prospettiva geometrica di una ferrovia o di una diga. E insieme a questi, dietro a questi, percepiamo la leggerezza e la sapienza di una mano e di una visione che coglie senza sforzo il proprio oggetto, con sprezzatura artigiana e senza altro artificio che linnocente messa in posa. E ci si offre cos lo scorcio imprevisto di unaltra maremma ancora, banale ma inedita, unaltra sorprendente maremma che aggiungiamo volentieri al nostro accogliente repertorio. Scrive Shirley Jackson che nessuno pu resistere senza danno allesposizione prolungata alla realt, e che per questa ragione che anche le allodole e le locuste sognano. La fotografia - lo sanno tutti, ormai - non ha niente a che vedere con la realt. Al contrario, essa serve semmai a difenderci, a modo suo, dalla realt: isolandone e congelandone un frammento infinitesimo ci parla non di quel frammento che ha conservato, ma di tutto quello che ne rimasto fuori, di tutto quello che andato perso: di ci che non c mai stato, e di ci che vorremmo che ci fosse. Ci invita ad immaginare, e qualche volta perfino a sognare, se le condizioni, e loggetto, e il fotografo sono quelli giusti. E quello che accaduto con queste foto: una combinazione rara di circostanze, di oggetti e di arte che ci parla certo della Maremma, e di Denci, ma che parla soprattutto a noi di noi stessi.

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