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Santa torinese chiesa automobilistica Fiat

Scritto da: Gianni Petrosillo (12/07/2012) Santa torinese chiesa automobilistica Fiat, icona sbiadita dello scorso millennio che ha scoperto lAmerica con secoli di ritardo, infatuandosene perdutamente, ha annunciato di essere sovradimensionata rispetto al mercato europeo, pertanto sar costretta a dismettere qualche Basilica di culto bullonico, forse chiss proprio in Basilicata. Dire che lo avevamo detto antipatico, ma effettivamente lo avevamo detto. Nonostante Melfi sia lo stabilimento pi moderno ed efficiente del gruppo piemontese, ormai ai piedi di cristo oltrech a quelli di Obama, rischia di perdere la sfida con Mirafiori che rappresenta la Storia stessa della fabbrica fondata da Giovanni Agnelli nel 1899. Gli illusi della mano invisibile autoregolatrice degli scambi e della concorrenza che non guarda in faccia a nessuno, ubbidendo soltanto alla legge economica del minimax (minimo sforzo, massimo risultato), vengono nuovamente smentiti. Ragioni strategiche ed opportunit politiche, rispetto alla mera convenienza economica, determinano una decisione industriale per i 2/3 tanto che la sede del Nord sar probabilmente preferita allimpianto lucano. E poco conta che in tutti questi anni la Fiat abbia usufruito di una cascata di sovvenzionamenti pubblici a fondo perduto, cio denaro della collettivit, per i suoi investimenti privati, soprattutto nel Sud Italia. Per questo abbiamo in odio la retorica paternalistica dei vertici aziendali e dei funzionari del capitale che quando sattaccano alla mammella dello Stato ciucciano sempre per il bene del popolo al quale offrono opportunit di lavoro e prosperit, ma non appena la vacca istituzionale smette di erogare gratis si ricordano di essere innanzitutto capitalisti che devono anteporre le prerogative di una popolazione molto pi ristretta, quella degli azionisti, allarmonia sociale. Adesso che non conviene pi offrire occupazione agli straccioni meridionali, visto che lo stesso Stato ad abbandonarli al loro destino, si smobilita ogni cosa e si trasferiscono i macchinari altrove. Giusto? Giusto un corno perch Marchionne, come manager che pensa ai profitti ha tutto il diritto di scegliere dove produrre, cosa produrre e come farlo ma i cittadini, primi azionisti morali di questa neomultinazionale senza patria (anche questa bella, perch non si era mai sentita prima), hanno il diritto di sapere con immediatezza le intenzioni del Gruppo, in maniera da affidare gli spazi ad altri imprenditori volenterosi o di cercare soluzioni per la riconversione della produzione. Innanzitutto, se davvero Marchionne pu davvero fare a meno della mano pubblica italiana unicamente perch ha ricevuto lintero braccio statunitense. Non esiste societ multinazionale che possa affrontare solitariamente le insidie delle piazze estere; il rischio di vedere compromessi i propri crediti ed investimenti, soprattutto in aree instabili del globo, sarebbe altissimo e se non intervenisse lo Stato dorigine a proteggere i suoi interessi commerciali che passano dalle sue imprese pubbliche e private nessuno si avventurerebbe lungo le vie del mercato globale. LAmministrazione Americana tutto ci lo sa bene e quando qualche Ceo o consiglio damministrazione ubriacato dai suoi stessi convincimenti ideologici globalisti lo dimentica, mette immediatamente da parte le buone maniere, ricordando ai suoi strateghi industriali come stanno realmente le cose. Ecco cosa scriveva uno dei principali commentatori di affari internazionali del New York Times, Thomas Friedman, nonch consigliere legato ad ambienti politici Usa, qualche tempo fa:

La mano invisibile del mercato globale non opera mai senza il pugno invisibile. E il pugno invisibile che mantiene sicuro il mondo per il fiorire delle tecnologie della Silicon Valley si chiama Esercito degli Stati Uniti, Marina degli Stati Uniti, Aviazione degli Stati Uniti, corpo dei Marines degli Stati Uniti (con laiuto, incidentalmente, delle istituzioni globali come le Nazioni Unite e il fondo monetario internazionale per questo quando sento un manager che dice non siamo una compagnia statunitense, siamo IBM-USA, o IBM-Canada, o IBM-Australia, o IBMCina, gli dico ah si? bene, allora la prossima volta che avete un problema in Cina chiamate Li Peng perch vi aiuti. E la prossima volta che il Congresso liquida una base militare in Asia e voi dite che non vi riguarda, perch non vi interessa quello che fa Washington chiamate la marina di Microsoft perch assicuri le rotte marittime dellAsia. E la prossima volta che un congressista repubblicano principiante chiede di chiudere pi ambasciate statunitensi, chiami America-On-Line quando perde il passaporto . Chiaro sig. Marchionne, che ci tratti tutti da minchioni provinciali? In secondo luogo, i muri della Sata sono stati eretti col denaro dei contribuenti ed corretto che, nelleventualit di dismissione o trasloco da parte del Lingotto, questi ritornino ai legittimi muratori pubblici i quali dovranno ingegnarsi per evitare un altro disastro sociale, ricadente in una grave fase di crisi sistemica globale. Se applicassimo questo principio di ripristino del capitale pubblico a tutte le 4 sedi della Fiat, al fantomatico management multinazionalista di Marchionne resterebbe in mano solo qualche chiave inglese e forse un pugno di fili elettrici. In trentanni, con lelargizione di sussidi per 7,6 miliardi di euro (una parte di questi erogata durante lera Marchionne), lo Stato italiano avrebbe potuto comprare la Fiat tre volte mettendosi in tasca qualche spicciolo come resto. Ad ogni modo, ora non avremmo a che fare con nessunissimo Cavaliere canadese del lavoro altrui (grazie ancora al nonno della patria Giorgio Napolitano che distribuisce onorificenze come caramelle), il quale viene pure a farci la morale economica e finanziaria. Non siamo esagitati Fiomisti, anzi i borbottatori sindacali ci stanno ampiamente sulle ruote di scorta, ma nemmeno ci lasciamo accecare dalle fumisterie di un Dirigente cosmopolita chiacchierone che quanto a parole di scappamento e rodomontate di sbiellamento supera di gran lunga lingrippamento dei vari leaders della Fiom. Perch, ad esempio, non si parla pi del piano di rilancio della produzione Fabbrica-Italia? E dove sono i nuovi modelli promessi dallAd italocanadese? Non ci sono perch questi progetti erano nuvole di fumo atte a coprire le manovre di Fiat intenta a trasferirsi definitivamente a Detroit, mantenendo in Italia gli Uffici Promesse Smarrite e quelli Lamentale verso le Maestranze che non si piegano abbastanza ai ritmi, ai bassi salari e ai regimi polizieschi normalmente in uso negli impianti del Gruppo. La letteratura cos vasta sul tema che quasi non fa pi notizia, nonostante continuino a piovere pronunciamenti della magistratura sfavorevoli alla Societ sui metodi vessatori e discriminatori in uso nei suoi complessi. Dovrebbe ormai essere intelligibile, al colto e allinclita, che la Fiat non ha assorbito Chrysler ma viceversa. Se la prima resta in Italia, quantunque minacci a giorni alterni di voler lasciare lo Stivale, per ragioni strategiche e geopolitiche. Non andr da nessuna parte perch gli statunitensi la vogliono tenere qui da noi, essendo detta azienda non un semplice centro di produzione industriale ma, principalmente, un intreccio di rapporti finanziari e politici sbilanciati verso Washington che se ne serve per costringerci a restare in settori di precedenti ondate tecnologiche (quindi non competitivi), oppure per creare scompiglio nelle relazioni industriali nostrane, producendo caos e scollamento sociale alloccorrenza. Ne tengano conto i sindacati e i decisori istituzionali quando si piegano ai ricatti di Marchionne; cos facendo costoro alimentano il cavallo di Troia che ci tiene sotto scacco. Nessun compromesso soddisfer Marchionne il quale tenter di spostare, con la minaccia dei posti di lavoro che si perdono, il limite del tollerabile fino allinverosimile. Delle due luna: o si sar complici stupidi di questo piano antitaliano oppure traditori consapevoli.

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