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Paolo D'Anselmi,

Il barbiere di Stalin. Critica del lavoro (ir)responsabile


Università Bocconi Editore, 2008
Prefazione di Aldo Bonomi
Postfazione di Toni Muzi falconi

http://www.ilbarbieredistalin.it

Appunti da…
Toni Muzi Falconi, Intervento su Il barbiere di Stalin
17 novembre 2008, libreria Bibli, Roma

Paolo ha parlato di cultura della attuazione per la prima volta nel 1990 di fronte a una platea
che parlava di forma partito. Questo per dare una dimensione della follia e della innovazione
potenziale del libro.

Vi consolerà sapere che un recente sondaggio dice che il 27% delle persone ritiene che la
responsabilità della crisi attuale sia propria. Perché viviamo al di sopra dei nostri mezzi. Le
microscissioni nel mio mestiere sono pane quotidiano: faccio il relatore pubblico - RP:
rappresento le organizzazioni presso i loro pubblici influenti. Noi relatori pubblici intermediamo
le relazioni. Il mestiere più ambiguo possibile. Tant’è che in esso ci sono tre livelli di etica:

• l’etica personale;
• l’etica professionale, sulla quale all’occorrenza prevale (dovrebbe prevalere) l’interesse
pubblico su quello del proprio cliente;
• l’etica della organizzazione per la quale lavoriamo, il cliente.

L’ambiguità, nel mondo in cui vivo il mio lavoro, è formulata nel tema del discorso ricorrente:
‘si, ma’, si da atto di qualcosa che non va e immediatamente dopo si porge una argomento che
nega la precedente ammissione. Il mio mestiere è simile a quello dell’avvocato: tutti hanno
diritto alla difesa, tutti hanno diritto a rappresentare i propri argomenti di con-vincimento.

Nella postfazione che ho scritto per Il barbiere di Stalin parlo dunque delle organizzazioni, che
sono il mio pane quotidiano. Il libro parla di noi RP che redigiamo i bilanci sociali delle
organizzazioni. Ci sono notevoli sviluppi sul fronte della responsabilità aziendale: è stato
rinviato a giudizio per omicidio l’amministratore delegato della Thyssen di Torino per l’incidente
in cui rimasero uccisi alcuni operai. Il libro estende, correttamente a mio avviso, la
responsabilità corporate alla amministrazione pubblica – PA ed al non profit: ci sono molti
disastri nel settore privato, quelli nel settore pubblico e nel settore sociale sono peggio.
Collocazione aziendale della funzione di responsabilità aziendale (ormai si è tutti d’accordo nel
lasciar cadere il ‘sociale’ e di parlare di corporate responsibility).

Noi riteniamo che il responsible management implichi l’inclusione dei pubblici rilevanti: ci si
metterà di più a prendere una decisione, ma essa sarà poi attuata con maggiore rapidità ed
efficacia. Questo è molto importante in tempi in cui la tempistica (rapidità) di intervento è
cruciale alla desiderabilità stessa dell’intervento. Vi è infine il tema della muldimensionalità
delle opinioni dell’individuo. È la tematica sulla società contemporanea portata avanti da
Bauman: ciascun individuo ha tanti ruoli: investitore e risparmiatore, lavoratore e utente,
cittadino, pedone e automobilista. Noi ci proponiamo come governatori delle opinioni. Nella
ipotesi che alle opinioni seguano comportamenti ad esse coerenti. Definiamo i pubblici sulla
base delle loro opinioni. Ma se l’individuo cambia la propria opinione in funzione delle
circostanze, non è più possibile definire i pubblici in maniera stabile. Se le opinioni non si
traducono in comportamenti, i pubblici non esistono più e noi mediatori delle relazioni tra
organizzazioni e pubblici, siamo disintermediati.

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