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Paolo D'Anselmi,

Il barbiere di Stalin. Critica del lavoro (ir)responsabile


Università Bocconi Editore, 2008
Prefazione di Aldo Bonomi
Postfazione di Toni Muzi falconi

http://www.ilbarbieredistalin.it

INTERVENTO DI GIANFRANCO FABI SU IL BARBIERE DI STALIN

Oggi parliamo del barbiere di Stalin, cioè di un libro che ha questo titolo. Ma
non si tratta di un libro di storia e nemmeno di una biografia, più o meno
romanzata, di un personaggio di cui in verità si sa poco o nulla, anche
probabilmente di barbieri Stalin, così come tutti i grandi personaggi, ne aveva
certamente più di uno. Ma il barbiere di Stalin è solo l’indovinato titolo per un
libro che parla di tutt’altro rispetto alla Russia del secolo scorso. L’autore,
Paolo d’Anselmi, non è infatti uno storico, ma un consulente d’impresa e
l’argomento del libro è la responsabilità, sia quella personale, sia quelle dei
gruppi sociali, della politica e delle imprese.

Che c’entra Stalin allora? C’entra perché quel barbiere è passato alla storia
solo perché non si considerava per nulla responsabile dei crimini del
dittatore. Per nulla responsabile, quasi come si considera presa singolarmente
la gran parte dei cittadini di qualunque stato, per la vita politica e sociale del
proprio paese.

D’Anselmi invita a riflettere, invita ad allargare la visione della propria vita e


dell’impegno quotidiano di ciascuno. Non lo fa con regole moralistiche e
precetti dottrinari. Lo fa illustrando casi aziendali e vicende pubbliche, cercando
di connettere la dimensione locale con l’ormai sempre più presente dimensione
globale. L’osservazione ha il suo perno sull’Italia, ma il vero soggetto del libro è
il confronto tra la persona e la modernità. Una persona che diviene
comunque imprenditore, perché sempre di più è un protagonista attivo della
società, ha possibilità di muoversi, di scegliere, di esprimere ogni giorno la sua
preferenza in quella piattaforma tutt’altro che virtuale che è il libero mercato. E
la modernità non è solo una tensione verso il cambiamento: è la
possibilità di sfruttare come utilità sociale di tutte le rivoluzioni scientifiche e
tecnologiche che allargano gli orizzonti dell’attività umana.

Ecco allora che la prospettiva in cui si muove la persona e l’impresa è sempre


di più quella di considerare insieme all’innegabile e insopprimibile obiettivo
del profitto, anche la coscienza che la crescita sarà tanto più costruita su
solide fondamenta, quanto più sarà rispettata e valorizzata la più larga
rappresentanza degli interessi.
Si è parlato a lungo e sono stati pubblicati corposi manuali negli ultimi anni
sulla responsabilità sociale d’impresa e le grandi aziende hanno iniziato ad
elaborare quelli che sono stati chiamati i bilanci sociali. Passi opportuni e
necessari, ma che per diventare veramente ricchi di contenuti hanno bisogno di
una convinta coscienza collettiva. E in questa prospettiva ricordare come in
fondo anche il barbiere di Stalin ha avuto le sue responsabilità può
probabilmente servire.

http://www.ilbarbieredistalin.it/

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