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Parco Lambro, da Re Nudo a Don Mazzi

Sul casotto di legno allingresso del Parco Lambro, in via Feltre, ancora appeso un manifesto che invita a partecipare alla Festa di Rifondazione comunista: Pugni chiusi e tasche vuote, organizzata non nel Parco storico, ma nellappena inaugurato giardino Fausto e Iaio. Che avrebbero potuto esserci fra i 100mila del Festival del Proletariato Giovanile organizzato tra il 26 e il 30 giugno del 1976 in quello che era, allora, il pi grande parco cittadino. Lo aveva inventato, nel 1932, larchitetto Enrico Casiraghi che vi voleva rappresentare le variet dei paesaggi lombardi. Del progetto originale erano restate poche tracce dopo che, negli anni di guerra, le piante erano diventate legna da ardere. Per il Parco Lambro la Ricostruzione signific, per dirla con gli agronomi, una piantumazione non selettiva, cos che, anche oggi, vi si pu trovare un po di tutto. Novecentomila metri quadrati di verde, assediati dalle fabbriche e dai condomini, sovrastati dal Viadotto dei Parchi della Tangenziale e attraversati dal Lambro, un fiume biologicamente morto le cui acque cambiavano colore (e odore) a seconda dei materiali che vi venivano scaricati. E questa la cornice che si era dato il sesto Festival del Proletariato Giovanile, organizzato per la terza volta consecutiva al Parco Lambro da Re Nudo, storica testata dellunderground milanese che, per loccasione, aveva trovato ladesione di altre riviste di pi chiaro segno politico e organizzazioni come il Partito Radicale, Lotta Continua e la IV Internazionale. La promessa era: Tre giorni di musica, cultura e dibattito politico. Il bilancio, nella sconsolata dichiarazione di Andrea Valcarenghi, direttore di Re Nudo, inventore della festa: Questo lultimo festival, non pi il tempo. Proprio il tempo era cambiato e al Parco Lambro si annunciava il doloroso ingresso in quelli che sarebbero stati gli anni di piombo. Il Comune, guidato da Carlo Tognoli, aveva concesso solo larea, negando acqua, elettricit, servizi igienici. Lingresso alla tre giorni costava mille lire (e a pagarlo erano stati in pi di 20mila, il quadruplo i portoghesi), ma una lattina di birra veniva venduta a 350 lire, troppo per molti. Sul palco si alternavano star del calibro di Don Cherry, Ricky Gianco, Eugenio Finardi, Roberto Camerini, Canzoniere del Lazio, Napoli Centrale, Area, Tony Esposito, Gianfranco Manfredi, Roberto Cacciapaglia. Ma nel pratone del laghetto, come cant Eugenio Finardi: Allalba del 76 il mito era crollato /perso nei calci a un pollo surgelato /tra fiumi di cazzate nella foga dl momento /ci si prende a sprangate anche dentro il movimento. Andrea Valcarenghi in Non contate su di noi scrisse: Nessuno ipotizz quello che sarebbe successo, nessuno accenn alla

possibilit che la proiezione collettiva dei fantasmi della disperazione avrebbe materializzato mostri da combattere. E Lotta Continua si sarebbe sciolta di l a pochi mesi. Marisa Rusconi scrisse sullEspresso: Nel giugno 1976 finiva unepoca e ne iniziava unaltra. Il crocevia era il Parco Lambro anche se, come spesso succede, chi cera non poteva accorgersene. Restano i titoli depoca: Sassaiole, molotov, cariche e lacrimogeni al festival pop. Tentata loccupazione del Molinari. Assalto allEsselunga di via Feltre. Sparati colpi darma da fuoco. Nelle cronache, lodioso assalto al banchetto degli omosessuali del FUORI (aggrediti da una banda di fascistoidi, dichiareranno alle prime radio e tv private che seguivano levento), le volgari contestazioni alle femministe, il pestaggio di spacciatori veri o presunti. E anche lassalto al camion dei polli arrosto della canzone e quello alla Capanna dello Zio Tom storico baracchino del Parco. Restano anche le foto, i filmati, le registrazioni live, tanto simili ma tanto diverse da quelle di Woodstook. La ritirata del Proletariato Giovanile dal Parco non lo restituisce affatto alla citt, ma a un nuovo abbandono fatto di spaccio, tossici, siringhe, degrado materiale e umano che sembra irreversibile almeno fino a quando al Parco Lambro non sbarca la comunit Exodus di don Antonio Mazzi, quasi a raccogliere i cocci lasciati degli interminabili anni Settanta. Anche quella di don Mazzi , a suo modo, una comunit assediata, per quello che fa e per quello che rappresenta. E assediata anche dalla natura: dal Lambro e dalle sue due rogge, che periodicamente invadono il Parco facendo di Exodus unisola. Il fiume non pi morto e da quando si cominciato ad occuparsene (nel 1987) la qualit delle sue acque diventata scarsa o sufficiente, meglio di Seveso e Olona. Anche se continua ad essere usato come una fogna. A piccoli passi il Parco Lambro dimentica la sua storia ingombrante. E tornato ad essere un grande spazio verde ancor pi godibile da quando il Comune ha chiuso al traffico le vie che lo attraversano. E la sede di attivit sociali strettamente collegate alla vita milanese. E, insomma, tutto quanto non poteva essere in quel 1976. Anche se era allora che tutto sembrava possibile. (la Repubblica Milano, 26 luglio 2013)

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