Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Quali sono i confini di una sedia? Dove finisce una sedia e inizia una chaise-
longue? È una sedia la semisferica Bubble Chair di Eero Aarnio? E il fantozziano
Sacco di Gatti, Paolini e Teodoro? Insomma, esiste o no una sedia-archetipo, l’idea
platonica di sedia, che al di là delle multiple varianti e degli infiniti modelli raccolga
in sé l’essenza della sedia? E se sì, esistono modelli che si avvicinano di più
all’essenza? In altre parole: tutte le sedie sono uguali, oppure alcune sono più sedie di
altre?
Urge una definizione. Scomponendola nelle sue parti, perché una sedia sia una
sedia sembrano, a prima vista, irrinunciabili almeno lo schienale, o la spalliera, e il
sedile. Delle gambe si può fare a meno, se degnamente sostituite (e una sedia può
anche essere sospesa), dei braccioli ancor di più. Dev’essere a un posto, meglio se
mobile: una sedia inchiodata è uno strumento che non sa seguire l’utilizzatore.
Ma un buon inizio per definire un oggetto potrebbe anche essere dire ciò che esso
non è. In un recente libro sull’Estetica degli oggetti, Ernesto Francalanci ha marcato
la distanza, specchio di una differenza antropologica, tra il diwan orientale, ispiratore
del nostro divano, e il tappeto dei nomadi, da un lato, e la rigidità della sedia
occidentale, dall’altro. Tra l’inginocchiarsi dei giapponesi o la posizione buddhista del
fiore di loto e la posizione geometrica, artificiosa e costrittiva della seduta: gli angoli
retti, le gambe piegate esattamente a metà.
Simbolo dunque di sedentarietà e stanzialità (paradossalmente, visto che è il più
mobile dei mobili) la sedia conquista la scena con l’ascesa dei salotti borghesi, si
afferma con l’affermarsi della borghesia. Basti pensare al fiorire ottocentesco di una
ritrattistica borghese «seduta», ben rappresentata dal Manzoni di Hayez. Come la
borghesia che vi si accomoda la sedia è sobria, di eleganza discreta, poco incline alle
mollezze del secolo precedente, vagamente ascetica.
La pruderie vittoriana di fine secolo finirà per rivitalizzare la metafora spenta delle
«gambe» delle sedie: sconvenienti, se nude, come tutte le altre gambe, e dunque da
«coprirsi» con pudiche decorazioni, con riccioli e svolazzi che spengano di nuovo la
metafora e impediscano ogni ricordo sconveniente. Ma la decorazione che nasconde
pericolose analogie, può nascondere anche l’essenza della sedia. Dunque il
rinvenimento dell’essenza passa attraverso il confronto irresolubile tra estetica e
funzione, tra aspetto e performance.
1
ADM - Architettura Design Materiali - marzo 2007