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Lezione 1. GENERALITA`.

DALLE ORIGINI ALL`ERA CRISTIANA 1



Corso di Lingua, storia e cultura dell'alimentazione
Docente : Alberto Capatti

Modulo: HOMO EDENS. APPUNTI DI STORIA E DI ANTROPOLOGIA
DELL`ALIMENTAZIONE

A cura di Rossano Nistri


Lezione 1. GENERALITA`. DALLE ORIGINI ALL`ERA CRISTIANA

1.1. Generalit. Una corrente di pensiero diIIusa tra gli antropologi sostiene che i bisogni materiali,
e in essi le scelte alimentari, le preIerenze, le avversioni e cio che comunemente va sotto il nome di
'gusto, hanno alla base solo motivazioni pratiche, cioe di mero approvvigionamento energetico,
all`interno delle dinamiche economiche, di produzione e di mercato di uno speciIico territorio in un
momento determinato della sua storia. Alcuni dei sostenitori di questa tesi si sono spinti oltre.
Attraverso l'osservazione diretta del comportamento di popolazioni semiprimitive dell`area
amazzonica, sono arrivati a deIinire una serie di principi, noti come teoria ottimale del
foraggiamento, con i quali e possibile stabilire quali saranno, tra quelle presenti sul territorio, le
"derrate" alimentari scelte dai gruppi umani per il proprio sostentamento. In sostanza, questa teoria
sostiene che cacciatori e raccoglitori inseguono e raccolgono solo quelle specie animali e vegetali
che massimi::ano il tasso del ricavato calorico in rela:ione al tempo impiegato per foraggiarsi.
La teoria puo essere applicata anche a modelli tradizionali di economia, basati sull'autoconsumo,
quali erano quelli della societa contadina e, con un numero molto maggiore di variabili, anche a
societa con economie piu complesse. L'antropologo Marvin Harris, nel suo saggio Buono da
mangiare. Enigmi del gusto e consuetudini alimentari (Torino, Einaudi, 1996, p. 171-173) cosi
esempliIica la situazione dei consumi in un territorio sIruttato da raccoglitori e cacciatori, in cui,
oltre ai vegetali, possono essere presenti sciami di insetti e vertebrati di grossa taglia:


vertebrati di grossa taglia
-------------------------------
assenti presenti

Insetti che sciamano a Irotte
-----------------------------------
Presenti 1 2

Assenti 3 4


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Nella situazione n 1 il consumo di insetti apparira preminente. Il consumo di vertebrati di grossa
taglia sara invece preminente nella situazione n 2 ed esclusivo nella n 4. Nella situazione n 3 il
consumo si rivolgera, ovviamente, ai vegetali.

Il quadro tracciato da questo tipo di ricerca, nella sua sostanziale accettabilita, appare tuttavia un
po` meccanico e non da conto di una variabile importante, e cioe che l`uomo e un essere pensante, e
che, soprattutto l`uomo che ha sviluppato un percorso di civilizzazione, e in qualche modo
condizionato dalla cultura del gruppo in cui vive e dalla complessa stratiIicazione che questa ha
subito con il trascorrere del tempo. C`e, insomma, una cultura dell`uomo che non si esprime solo
con i pesi e con le quantita, con il metro e con il rapporto spesa/ricavo.
Uno scrittore greco del II secolo, Luciano di Samosata, in uno dei suoi Dialoghi dei morti,
rappresenta Diogene nell'atto di schernire Pitagora e la sua teoria della metemsomatosi (ovvero
trasmigrazione dei corpi), secondo cui le Iave non dovevano essere mangiate perche contenevano le
anime dei genitori deIunti. Luciano, illuminista ante-litteram, analizzando razionalmente le
mitologie del suo popolo, coglieva con lucidita e sarcasmo lo scarto ideologico esistente tra la
lettura di una proposizione in senso metaIorico e la sua identiIicazione con una realta oggettiva. Se
e vero, inIatti, che consumando le Iave nessuno inghiotte e digerisce le anime dei propri genitori, e
tuttavia altrettanto vero che quell'idea, non sappiamo quanto metaIorica per i Pitagorici, era eIIicace
produttrice di tabu alimentare, cioe dell'esclusione dal regime dietetico di un cibo che per quasi tutte
le popolazioni del Mediterraneo era (ed e rimasta per quasi altri due millenni) alla base della
quotidiana alimentazione di sostentamento.
Masticando ed inghiottendo cibo, non si digeriscono soltanto cellule animali e vegetali, dalle quali
si ricava un apporto energetico in carboidrati, proteine, lipidi, oltre a minime quantita di sali
minerali e di vitamine. Nello stesso tempo si elaborano idee, immagini, persino suoni e memoria:
insomma, tutto cio che comunemente e chiamato il gusto; non solo la cultura gastronomica o
alimentare in senso stretto, ma la cultura di un tempo e di un luogo, Iiltrata attraverso le
caratteristiche personali o psicologiche dei singoli individui e dei gruppi sociali che adempiono alla
necessita del nutrimento.
Converra, a questo punto, chiarire, sia pure per brevi cenni, che cosa si intenda, nel nostro caso,
con il termine 'cultura. Nell`accezione piu usata, si deIinisce 'cultura il patrimonio di conoscenze
acquisito da un individuo nei diversi rami dello scibile, l`erudizione, il livello piu o meno alto di
istruzione raggiunto ('Iarsi una cultura); in senso piu ampio si indica una presa di coscienza o una
mentalita acquisita ('avere una cultura ecologica). Nella visione antropologica classica, con
'cultura si identiIica l`insieme dei manuIatti e delle tecniche di produzione di una particolare
civilta, di solito scomparsa ('la cultura villanoviana). L`indagine antropoculturale (ed e questo il
caso che ci interessa) allarga ulteriormente questo punto di vista Iino a Iarlo coincidere con il senso
che in etnologia ha il termine 'civilta: cioe tutto il complesso delle attivita economiche e sociali,
delle ideologie, delle credenze, delle maniIestazioni artistiche, degli usi e dei costumi, delle strutture
sociali, delle norme, dei linguaggi e dei simbolismi diIIusi e riconosciuti come normativamente
validi dalle singole societa umane, tali da dover essere partecipati da tutti i suoi membri (cultura), o
da gruppi piu o meno ampi di essi (subculture). A pieno titolo dunque, vi rientrano l`alimentazione,
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la pratica della cucina e la gastronomia, perche, come ha scritto Massimo Montanari, 'mangiare non
e solo un atto materiale: dietro il consumo di un alimento c`e una storia inIinita di esperienze, di
lavoro, di conoscenze, di scelte. C`e tutta la cultura che le societa umane hanno saputo esprimere.

1.2. IL CIBO COME LINGUAGGIO.
Ma c`e di piu, se hanno un minimo di Iondamento le parole del semiologo Roland Barthes,
quando aIIermava, nei suoi Elementi di semiologia, che 'il nutrimento non e solo una collezione di
prodotti soggetti a studi statistici o dietetici, ma anche, nello stesso tempo, un sistema di
comunicazioni, un corpo di immagini, un protocollo di usi, di situazioni, di comportamenti...", cioe
un vero e proprio linguaggio autonomo, in cui i singoli alimenti costituiscono le parole, mentre le
relazioni tra di esse (tecniche, abitudini, modalita di consumo) oIIrono quella che potremmo
deIinire una sorta di struttura sintattica riconoscibile. Queste strutture logiche mettono le parole del
discorso alimentare nella condizione di esprimere tanto bisogni e atteggiamenti collettivi, quanto
opzioni individuali o di gruppo ristretto e rispondono sempre, in qualche modo alla superiore legge
del Gusto.
Le principali relazioni interne del linguaggio alimentare, proposte dal semiologo Irancese sono
quattro:
a) l`esclusione;
b) l`opposizione;
c) l`associazione;
d) la Iormazione dei protocolli d'uso.
Accorpandosi e separandosi, bilanciandosi a vicenda o integrandosi, evitandosi o ricercandosi
reciprocamente, gli alimenti danno consistenza reale al complesso di espressioni che Iorma il
discorso del cibo nella sua perIettibile articolazione. Sotto l`aspetto propriamente nutrizionale
queste relazioni Ianno si che le parole-alimenti, si scompongano in nutrienti (le sillabe) e in
elementi chimici (le lettere e/o i suoni) e si ricompongano tra loro in pietanze (le Irasi), che a loro
volta si aggregano in un menu (il discorso) e questi in regimi alimentari piu complessi, ad es. una
dieta (un testo). Considerandone invece le implicazioni culturali, potremmo invece concentrare
l`attenzione sui seguenti spunti di riIlessione.

1.2.1. L`esclusione
Le dinamiche di esclusione riguardano cio che non entra in un modello alimentare e coincidono,
piu o meno, con i tab alimentari, comunque motivati. Ogni popolo, ogni cultura individua, in
modo piu o meno consapevole, un certo numero di alimenti (consumati comunemente presso altri
popoli e culture) che non possono rientrare nel modello. Si pensi al divieto di consumazione della
carne di maiale e degli alcolici presso gli Arabi (Islamici) e gli Ebrei, all'esclusione del latte dal
modello cinese o della carne di cavallo da quello statunitense. L'esclusione piu vistosa dall'attuale
modello alimentare europeo riguarda i vermi, gli aracnidi e gli insetti, ricercati, invece, per il loro
speciIico apporto proteico, da almeno la meta della popolazione del nostro pianeta, o addirittura
come specialita gastronomica in molti Paesi dell`Est e del Sud-Est asiatici. Gli Indiani non
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consumano carne di vacca per prescrizione religiosa. L'antropologo americano Marvin Harris (nel
suo gia menzionato Buono da mangiare), dimostra, numeri alla mano, che la norma religiosa non Ia
che tabuizzare un comportamento che sarebbe disastroso per il popolo indiano. Mangiando la carne
delle mucche, gli Indiani sarebbero venuti a privarsi di tutte le altre Ionti di approvvigionamento
proteico che la mucca, nel corso dell'intera esistenza, mette loro a disposizione (cioe il latte e tutti i
suoi derivati: la panna, il siero, il Iormaggio, il burro, lo yogurt ecc.), con un apporto energetico di
molte volte superiore a quella che potrebbe oIIrire la consumazione diretta della carne.
Di norma i tabu investono comportamenti collettivi e di massa ed esercitano la loro inIluenza
condizionando modelli generalizzati. Si puo tuttavia considerare anche un diverso tipo di
esclusione, non investito da tabu, ma comunque eIIicace all`interno dei gruppi culturali, che ha la
sua origine nelle resistenze del gruppo ad accettare all`interno del modello alimentare tradizionale, o
a realizzare l`approvvigionamento dei prodotti alimentari storicamente non presenti sul territorio e
provenienti da altre realta produttive. E` il caso del burro, escluso dal modello gastronomico della
tradizione toscana; del pesce di mare assente nelle zone lontane dalla costa; della pasta secca non
usata nella cucina tradizionale delle regioni del Nord Italia e, per contro, della panna che non trova
impiego gastronomico (diverso e il discorso per la pasticceria) al di Iuori delle regioni alpine e
padane.
Il rapporto individuale con il cibo, cioe il regime dietetico di una persona, puo poi essere
condizionato anche da esclusioni che, se non sono interdizioni in senso proprio - cioe comunitario -
tuttavia producono eIIetti molto simili a quelle dei tabu. Tali esclusioni possono avere natura
culturale, come nel caso dei vegetariani e dei vegetaliani, oppure psicologica, come accade
all`individuo che non mangia la carne del coniglio perche nell`inIanzia ha visto uccidere l`animale,
cosi che continua a collegare al coniglio/alimento l'idea della morte, realizzando di essere in
procinto di nutrirsi del cadavere di un animale.
Si puo ipotizzare, per concludere, che tanto i tabu veri e propri quanto le esclusioni di gruppo e
individuali condizionino in qualche modo anche le scelte sensoriali degli uomini, rimovendo dalla
memoria intere gamme di sensazioni e modiIicando in parte anche la recezione degli organi di senso
e i loro livelli di soglia.

1.2.2. L`opposizione
La dialettica delle opposizioni sussiste, al livello sensoriale piu basso, tra unita (per il momento
solo intuite e ancora tutte da determinare) del tipo dolce/amaro, dolce/acido, dolce/salato, oppure
crudo/cotto, salato/insipido ecc., corrispondenti Iunzionalmente a quelle unita percettive che,
secondo AlIred Adler, uno dei padri della psicologia del proIondo, permettono la Iormazione della
rete strutturale del pensiero logico, attraverso le cui coordinate il bambino, ben prima di andare a
scuola, impara a deciIrare con sicurezza i Ienomeni circostanti. Si puo, in sostanza, razionalizzare il
valore di sapido solo e in quanto si conosca il valore del suo contrario insipido. I due termini si
Iorniscono una reciproca reIerenza e l'evocazione di uno dei due porta necessariamente
all'evocazione del termine contrario e al loro implicito paragone, da cui scaturisce il giudizio - la
scelta o il riIiuto - individuale.
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Secondo Claude Levi-Strauss, l`opposizione Iondamentale che precede e caratterizza tutte le altre
relazioni alimentari riguarda lo 'stato dell`alimento e si rappresenta per mezzo del cosiddetto
'triangolo culinario. A ogni vertice del triangolo si colloca uno dei tre 'stati: 'il crudo, che
rappresenta l`originaria condizione di non trasIormazione del cibo; 'il cotto, in quanto
trasIormazione culturale del crudo; 'il marcito come naturale alterazione sia del crudo che del
cotto. Ognuno dei tre stati si oppone agli altri due.
Oltre che su quelle appena indicate, che potremmo considerare come una sorta di a priori, ogni
modello alimentare si sostiene su proprie contrapposizioni: si pensi alle nette opposizioni tra olio e
burro e tra vegetali e carni nel modello cosiddetto mediterraneo; a quelle proprie di quasi tutta la
cultura tradizionale, tra carne e pesce, tra vino bianco e vino rosso (i quali, secondo la cultura
popolare, non si possono mischiare tra loro perche "Ianno male"), tra il latte e il limone, tra il caIIe e
il sale. La gastronomia borghese del tardo Ottocento Iormalizza l'opposizione tra il pesce e il vino
rosso, mentre la cultura giovanile contemporanea sembra superare il riIiuto reciproco tra la pasta
asciutta e i sapori dolci (nutella, marmellata ecc.), riIiuto implicitamente accettato come 'naturale
dai mangiapasta meridionali.
Spesso, nell'alimentazione tradizionale, costituiscono opposizione alimenti che non si riIiutano
l'un l'altro in senso proprio, ma che hanno la capacita di bilanciarsi reciprocamente: sono opposti
che vengono usati in associazione tra loro proprio in quanto opposti, perche le caratteristiche
dell'uno neutralizzano gli eccessi (gustativi, nutrizionali o psicologici) dell'altro, secondo la regola
Iondamentale della medicina classica 'quieta non movere et mota quietare: il cavolo con i grassi
animali, lo zucchero con il caIIe, il prezzemolo con i Iunghi (v. seguente).
Nell'indagine antropoculturale delle abitudini alimentari, l'analisi delle opposizioni appare di
grande interesse. Solo Iacendo riIerimento alla dialettica delle opposizioni e possibile Iarsi una
ragione di molti usi alimentari della tradizione in relazione al contesto che li hanno ispirati. Un
esempio: Perche nel Milanese e nel Comasco si consuma la trippa la notte di Natale? L'opposizione
cromatica nero vs. bianco diventa, parlando del vino, rosso vs. bianco, cioe sangue (di cui il vino e
ipostasi riconosciuta) vs. non sangue, cioe carne vs. non carne, allora la trippa, come alimento
bianco e assolutamente non carneo e puo essere consumato anche in giorno di vigilia, al pari del
pesce, che era di non Iacile approvvigionamento nella Lombardia interna. Lo stesso pesce, che pure
ha il corpo Iormate di carni, non simili a quelle del manzo o del maiale, ma pur sempre carni, non si
considera, nella nostra cultura, alimento carneo, proprio in quanto ha carni bianche. Se indagata
storicamente, questa distinzione e riconducibile alla cultura esoterica di matrice ermetica e
pitagorica, secondo la quale quelle che per noi sono genericamente carni, e particolarmente le
interiora, si distinguevano in carni e non carni, a seconda che venissero o meno considerate sedi
della vita e Iossero piu o meno irrorate di sangue, che della vita e il carburante: il Iegato e carne, la
trippa e non carne. Distinzioni di questo tipo, d'altronde sono diIIuse in tutte le culture, basti pensare
alla discriminante puro/impuro, ammesso/non-ammess0, tipica della cultura ebraica, enunciata tra le
regole del Levitico e basata, per quanto riguarda la selezione delle carni dei mammiIeri, sulle
opposizioni mangia erba/non mangia erba, ha lo zoccolo intero/ha lo zoccolo diviso.

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1.2.3. L`associazione
Le leggi di associazione deIiniscono cio che puo utilmente essere riunito in uno stesso piatto (es.:
pesce, aglio, prezzemolo), o Iormare pietanza completa (es.: un secondo con il suo contorno, pollo
arrosto e patate Iritte; ma in questo caso possiamo gia intravedere la nascita di un protocollo d`uso).
Una delle associazioni piu antiche messe a punto dell'uomo e quella tra i cereali, i legumi e la carne
di maiale, dalla quale si ricava una pietanza, che noi includeremmo nella tipologia del 'minestrone,
ancora diIIusa nella tradizione gastronomica di quasi tutte le regioni italiane. Altre associazioni
tipiche della cultura tradizionale mediterranea sono quelle tra vegetali e prodotti di conserva, come
salumi o Iormaggi: salame con i Iichi, prosciutto con il melone, pecorino con le Iave. La
gastronomia medioevale associava gli alimenti di qualsiasi specie con grandi quantita di spezie,
quella cinquecentesca la Irutta con le carni cotte, quella ottocentesca la componente gustativa dolce
con quella agra/salata (limone o aceto sale zucchero o miele).
Come e logico, le associazioni (al pari delle opposizioni) non sono immutabili. L'unione del dolce
al salato e al piccante, tipico della gastronomia medioevale, oggi non e piu accettato dal gusto
comune, o almeno non e piu gradito con quelle caratteristiche marcatamente agrodolci che
costituivano il registro gustativo piu diIIuso del passato. Chi proviene da una tradizione di cucina
povera italiana, diIIicilmente accetta l'associazione del ketchup con le patatine Iritte (tipica del
modello anglosassone), in quanto espressione di scelte gustative (e culturali) che gli sono estranee e
che invece sono Iamiliari alle giovani generazioni che non hanno conosciuto direttamente la
tradizione contadina e vivono la cultura mediatica del villaggio globale.
Non e raro che una associazione sia basata, come abbiamo gia notato, su un`opposizione, sia di
natura sensoriale, sia di natura culturale. Si mette normalmente dello zucchero nel caIIe per
mitigarne l`amarezza, ma si cuociono molto spesso i legumi con il rosmarino e l`aglio, perche nella
Iarmacopea antica i legumi erano considerati uno dei ricettacolo preIeriti dai demoni, e avevano la
prerogativa di rendere i sonni agitati e tempestosi. Nella stessa visione prescientiIica, l`aglio era
considerato il piu potente antidemoniaco naturale a disposizione dell`uomo; e il rosmarino si
reputava capace di garantire sonni tranquilli e di cancellare dalla mente dell`uomo i brutti sogni.

1.2.4. La formazione dei protocolli d`uso
I protocolli d'uso, cui Barthes riconosceva la Iunzione di una sorta di retorica del cibo, sono da
intendersi come insiemi di esponenti capaci di identiIicare, nel modo piu ampio una cultura
alimentare e/o gastronomica. Nei protocolli d'uso si possono comprendere tanto le ricette
consolidate dalla tradizione, cioe i singoli piatti (o protocollo semplice), quanto le modalita
complessive di strutturazione di un pasto (protocollo complesso), oltre alla codiIicazione dei
comportamenti che presiedono la preparazione e la consumazione del medesimo. Il nascere e il
sussistere di abitudini alimentari diIIuse si intrecciano in modo cosi complesso con problematiche di
altro tipo (scientiIiche, antropologiche, IilosoIiche, estetiche), tali da lasciare intravedere un
momento piu alto della riIlessione culturale sul cibo, quale si andra prospettando con il procedere
del nostro discorso.

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1.3. ALTRE DINAMICHE ALIMENTARI
Appare persino ovvia l'aIIermazione che il costume e le abitudini alimentari siano, nel loro
complesso, si evolvono continuamente, in relazione alle strutture sociali, economiche e culturali di
cui costituiscono una non secondaria caratterizzazione. Oggi, ad esempio, quasi nessuno gradisce la
proIusione di spezie che ha segnato la cucina europea dal tempo di Augusto Iino alla rivoluzione
Irancese, oppure le salse a base di limone o di aceto, spesso dolciIicate, o i Iondi di Iarina al color
nocciola, usati per addensare i liquidi, che dominavano la gastronomia occidentale soltanto un
centinaio d'anni Ia, all'inizio del XX secolo. Si tende invece a prediligere pietanze meno cotte, con
sapori piu delicati, non necessariamente aIIogate in intingoli piu o meno densi. Ma il processo non e
cosi lineare come potrebbe apparire a prima vista. Le abitudini alimentari di un territorio e di
un`epoca (cio che ne identiIica il modello gastronomico, preso in un momento qualsiasi della sua
evoluzione, ma osservato in senso diacronico) sono anche il Irutto di tre Iondamentali dinamiche
che ci permettono di seguire l'evoluzione nel tempo di un alimento o di un protocollo, semplice o
complesso che sia, e in ultimo il rapporto, nella dimensione storica, di quell`alimento o di quel
protocollo con un modello alimentare piu o meno riconoscibile e deIinito. Queste tre dinamiche
possono deIinirsi: continuita, cambiamento e intermittenza.

1.3.1. La continuit.
Esistono, in ogni modello alimentare, sacche non isolate di resistenza e di conservazione di
protocolli alimentari arcaici (cioe di pietanze elaborate in tempi anche molto remoti), che si sono
dimostrati capaci di soddisIare, nel corso dei secoli, senza soluzione di continuita, tanto bisogni di
natura strettamente alimentare, quanto esigenze proiettate sul piano dell'immaginario e della
simbolizzazione. Con questo non si vuol dire che la materia prima o la pietanza consumati oggi
abbiano lo stesso sapore e lo stesso proIumo di quelli consumati due millenni or sono, e nemmeno
le stesse implicazioni simboliche. Bastera pensare ai cambiamenti subiti dall`ambiente (terra, acqua,
aria), dalle tecniche di coltivazione e di allevamento e, in ultimo dalle modalita di
approvvigionamento, per convincersi del contrario. E` pero utile, per la comprensione di un modello
territoriale o storico, riconoscere che pur nell`aggiornarsi continuo di quelle tecniche e di quelle
modalita, una pietanza ha continuato ad essere Iunzionale alle necessita alimentari del gruppo che la
utilizza. La pult che si prepara ancora oggi nelle valli alpine e prealpine, ad esempio, altrove detta
farinata, ma conosciuta con vari nomi in tutta la penisola, e una pietanza rimasta sostanzialmente
invariata rispetto a quel cibo che trovava le sue prime Iormulazioni nel De agri coltura di Catone e
nel De re coquinaria, il ricettario di eta imperiale attribuito ad Apicio. La zuppa di cavolo delle
campagne toscane, la minestra d'orzo, di grano o di Iarro delle valli alpine e prealpine, il macco di
Iave dei contadini dell`Italia centro-meridionale, i legumi con le cotiche di maiale presenti ovunque
nella nostra penisola, sono protocolli antichissimi che ai nostri giorni continuano ad essere
riproposti con varianti minime rispetto alle Iormulazioni documentate dalle Ionti di duemila anni Ia,
non solo nella cucina Iamiliare, ma anche dalla ristorazione e dall`industria alimentare.

1.3.2. Il cambiamento.
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Un alimento semplice, un'associazione o un protocollo piu o meno complesso, possono restare in
uso all'interno di un modello alimentare per periodi piu o meno lunghi, attraversando successive
modiIicazioni nell'aspetto, negli ingredienti (se e una pietanza complessa), nelle modalita di
preparazione e di consumazione, nel proIilo organolettico, per adeguarsi al cambiamento dei gusti e
dei rapporti economici, ma rimanendo, al tempo stesso riconoscibili all`interno di una tipologia
deIinita ed accettata. Esempio tipico di evoluzione, e rappresentato dal cacao. Giunto in Europa nel
XVI secolo, Iu preparato e consumato in un primo tempo a imitazione delle associazioni in uso
presso le popolazioni centro- e sudamericane, sotto Iorma di minestra, su base di soIIritto di cipolla
e con abbondante condimento di spezie e di peperoncino (il Iamoso brodo indiano). A partire dal '6-
'700 si e andato progressivamente privilegiando l`impiego del cacao nelle preparazioni dolciarie, in
associazione con le sole spezie dolci (cannella, vaniglia ecc.) e l`ultilizzo in cucina, per esempio con
le carni (cinghiale in agrodolce) e rimasto tradizionale solo in alcune realta culturali (Toscana,
Sardegna), limitatamente a occasioni alimentari straordinarie. Un altro esempio e dato dal
biancomangiare, una delle pietanze piu tipiche della cucina gotica. Nel Medioevo aveva gusto
agrodolce e si preparava con crema di riso, latte di mandorle, carni o pesci, spezie e zucchero. Si e
poi evoluto nel corso dei secoli, Iino a diventare, tra XVIII e XIX secolo una preparazione dolciaria
sul tipo delle gelatine o dei budini, talvolta legata con colla di pesce, sopravvivendo come
preparazione salata, a base di riso o pasta, soltanto in alcune piccole realta culturali del
Mezzogiorno.

1.3.3. Le intermittenze.
Cambiamento e resistenza non esauriscono il panorama: alcuni alimenti hanno avuto un percorso
storico che potremmo deIinire carsico. Ricercatissimi in alcune epoche, sono scomparsi in quelle
successive, Iin anche a Iar perdere ogni memoria, e poi sono ricomparsi, piu o meno
improvvisamente, come Iossero stati appena scoperti, a riguadagnare apprezzamento e diIIusione. E'
il caso della gallina Iaraona, proveniente dalle pianure erbose dell'AIrica e del Madagascar, e resa
domestica dai Greci e dai Romani. Estintasi nella tarda epoca imperiale, con l`abbandono delle
campagne e degli insediamenti rustici in conseguenza delle invasioni barbariche, Iu domesticata
un'altra volta per tornare ad essere oggetto di allevamento soltanto dopo il XVI secolo, quando
esploratori portoghesi ne riportarono in Europa alcuni esemplari selvatici dal golIo di Guinea.
Un caso a noi piu vicino riguarda i cereali minori, che hanno sempre avuto un ruolo non
secondario nell`alimentazione umana delle campagne e sono stati utilizzati, nei momenti diIIicili
(guerre, carestie, lunghi periodi di inclemenza climatica), anche nelle citta e dalle classi privilegiate;
e che sono scomparsi progressivamente, dopo la seconda guerra mondiale, in quanto memoria di un
passato di stenti, ormai lasciato dietro alle spalle con il boom economico degli anni 60 del XX
secolo. Dimenticati per quasi 40 anni, il Iarro, l`avena, persino il miglio, oltre all`orzo, alla segale
non mai completamente abbandonati nelle zone di montagna, sono tornati sulle nostre tavole, quasi
come prodotti di lusso, in virtu delle loro qualita alimentari, riscoperte, per cosi dire, dalla ricerca
macrobiotica.

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Come avverte Jean-Luis Flandrin (Le Gout a son histoire), "si les organes n'evoluent qu'au rytme de
la nature, les perceptions, elles, evoluent au rytme des cultures... Or, de mme qu'il varie dans
l'espace, d'un peuple a un autre peuple, le got varie aussi dans le temps, au sein d'un mme peuple.
Selon les epoques, les hommes n'ont pas aime ou ont rejete les mmes aliments".
Partendo da questo ipotesi di lavoro e utilizzando implicitamente, quali ordinatori dell'indagine, le
quattro regole sintattiche barthesiane - o strutture normative del linguaggio alimentare - e le tre
dinamiche appena enunciate, ricostruiremo, per veloci accenni, la storia del linguaggio alimentare
occidentale, ripercorrendo l'evoluzione della cultura gastronomica, ovvero delle pratiche di cucina e
dei gusti alimentari, soprattutto in area mediterranea, e distinguendo, al di la delle mode eIIimere, i
grossi spostamenti di tecnica e il mutare degli atteggiamenti, cosi come sono ricostruibili dai
documenti, letterari, storici e iconograIici giunti Iino a noi.


CRONOLOGIA ESSENZIALE

Per inquadrare il nostro discorso in una mappa temporale essenziale, potremmo Iissare, nella storia
dell`umanita,i principali momenti di innovazione alimentare per mezzo della seguente cronologia
minima:

1. PALEOLITICO. L`uomo consegue il dominio sul fuoco. Sulla base crudo-cotto egli
distingue la propria alimentazione da quella degli animali.

2. MESOLITICO. L`uomo scopre alcune tecniche di conservazione del cibo, come
l`essiccamento, il congelamento e soprattutto la salatura. Per
mezzo del sale egli cambia il sapore degli alimenti (comincia a
porsi il problema del gusto) e vince, in qualche modo, la naturale
deperibilita degli alimenti (comprende di poter integrare, migliorare
e correggere la Natura).

3. NEOLITICO. (X-VI millennio a. C.) Si compie la cosiddetta rivoluzione neolitica.
Attraverso l`agricoltura e l`allevamento l`uomo conquista il potere
di scegliere il proprio cibo; con l`invenzione della terracotta quello
di produrre i recipienti che gli permettono di variare le modalit di
cottura.

4. NEOLITICO-ENEOLITICO (V millennio-1500 a. C.). Si creano gli archetipi, cioe
i modelli-base dell`alimentazione umana nei diversi territori, usati
dalla culture tradizionali Iino alla Iine del XIX secolo.

5. XVII SECOLO. In parallelo con la diIIusione delle nuove risorse provenienti
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dall`America, la Nuova Scienza sancisce il declino (teorico)
dei pregiudizi. Si da avvio allo studio scientifico dell`
alimentazione. Si va verso un progressivo miglioramento della
quantita e della qualita degli alimenti disponibili.

6. FINE XIX SECOLO. L`invenzione del frigorifero a serpentina di ammoniaca
(Tellier, 1868) e la sua produzione su scala industriale (1875) hanno
consentito all`uomo di vincere quasi completamente la stagionalita
delle derrate.

7. SECONDA META` DEL XX SECOLO. Si pratica la modificazione genetica degli
alimenti: Scienza vs. Fame o assoluta supremazia del Iattore
economico?



1.4. LA CULTURA ARCAICA
Per quasi tutta l`era preistorica, cioe almeno Iino al 10.000 a. C., l`uomo praticava la caccia e la
pesca, raccoglieva erbe, Irutti e radici; era in grado di produrre strumenti per rendere piu eIIicaci le
proprie attivita, aveva imparato a cuocere i cibi. Ma non era niente piu che un predatore eIIiciente.
Alcuni antropologi pero, ritengono che sia stata proprio la quantita, la qualita e la diversita del cibo
consumato dalla prime scimmie antropomorIe e dagli ominidi una delle cause scatenanti
dell`evoluzione di alcuni primati verso l`homo erectus prima e l`homo sapiens poi. Per milioni di
anni gli ominidi si nutrirono di piccoli mammiIeri, rettili uccelli e insetti, pesci e molluschi,
consumati crudi, integrando il regime carneo con vegetali e Irutta. Solo in tempi a noi piu vicini
l'uomo imparo a uccidere animali di taglia maggiore. Sembra accertato che l'uomo di Pechino,
vissuto circa 600.000 anni Ia, praticasse una dieta composta al 70 di carne di cervo e Iosse in
grado di accendere il Iuoco per cuocerne le carni.
L'apparizione dell'Homo Sapiens, tra i 100.000 e gli 80.000 anni Ia, porto ad un notevole sviluppo
delle tecniche di caccia e di pesca e a una progressiva selezione dei vegetali commestibili (radici,
bacche, Irutta, Iunghi, germogli e semi - soprattutto di graminacee e legumi spontanei), la cui
raccolta era aIIidata prevalentemente alle donne. Cio nonostante, meno della meta della
popolazione, 50.000 anni Ia, all`epoca neanderthaliana, riusciva a vivere oltre i vent`anni; solo uno
su nove dei restanti giungeva a quaranta. Oltre ai rischi derivanti dall`ostilita dell`ambiente e dalla
presenza di altri predatori meno evoluti, ma piu Iorti e dunque piu pericolosi, e, una pesante ipoteca
era data proprio dall`alimentazione: carenze vitaminiche, malnutrizione stagionale, veleni vegetali,
cibi contaminati.
Fino al Mesolitico, 10.000-8.000 anni a. C., quando giunse ad esaurimento l`ultima glaciazione),
l'abbrustolimento e l'arrostimento, tanto sulla Iiamma viva, quanto su una lastra di pietra scaldata o -
da 25.000 anni a. C. - in Iorni scavati nella terra, costituirono le uniche tecniche di cottura
Lezione 1. GENERALITA`. DALLE ORIGINI ALL`ERA CRISTIANA 11
conosciute e praticate con le quali si riusciva a rendere commestibili cibi in precedenza non
Iacilmente digeribili. L`ipotesi che si impiegassero diIIusamente tecniche di bollitura prima
dell`invenzione della terracotta non e ancora suIIicientemente dimostrata.
Si ritiene inoltre che proprio durante l`ultima glaciazione si siano cominciate a sperimentare
alcune delle tecniche di conservazione, come la salatura, il congelamento e l`essiccazione, che in
seguito l`uomo non ha piu abbandonato.

1.5. LA CULTURA ANTICA
Durante il Neolitico avvenne (sia pure con andamento diacronico da territorio a territorio) quella
che e stata deIinita una vera e propria rivoluzione. La scoperta dell'agricoltura e la diIIusione della
pratica dell'allevamento avevano portato al ridimensionamento dell'importanza della caccia, della
pesca e della raccolta dei vegetali spontanei nel regime alimentare umano. L`alta densita
riproduttiva dei cereali, unita alla relativa Iacilita della loro coltivazione, Iavori una sorta di
dipendenza dell`uomo neolitico da questi cereali e, elemento non secondario, la Iormazione di
villaggi che permettessero un controllo piu attento delle colture e pratiche di lavoro condivise nelle
diverse Iasi del ciclo di coltivazione nonche la deIinizione di regole comunitarie per la produzione,
la divisione e l'utilizzo delle derrate alimentari.
A parte il cane, i primi animali domestici, usati soprattutto per i prodotti secondari che se ne
ricavavano (compreso il letame da impiegare come concime), piuttosto che per la carne, Iurono gli
ovini e i suini, seguiti soltanto piu tardi dai bovini. La dieta divenne prevalentemente cerealicola
(orzo e Irumento), con integrazioni di leguminose e ortaggi, e Iurono messe a punto tecniche di
cottura diIIerenziate, quali la bollitura, la stuIatura e la cottura al Iorno aperto (conseguenti
all'acquisita capacita di modellazione e di cottura dell'argilla).
Tra il V e il III millennio a. C. presero corpo alcuni archetipi alimentari e alcune associazioni di
alimenti destinati a Iornire, almeno Iino al secolo scorso, la struttura ai modelli molto generalizzati
dell'alimentazione umana, considerati in territori molto ampi. Della puls e del pane, del vino (birra,
sake), dell'olio (capisaldi di quella che poi sara deIiniti dieta mediterranea) si hanno testimonianze
inequivocabili a partire dal III millennio (di poco posteriori quelle del Iormaggio), cosa che ci
induce a pensare che i processi tecnici per la loro produzione Iossero stati elaborati durante i
millenni precedenti. Nello stesso arco di tempo (si ritiene a partire dal V millennio), in luoghi tra
loro molto distanti, si ando deIinendo l'associazione dei cereali con i legumi (e con la carne di
maiale): l'orzo (o il Irumento) con le lenticchie (o le Iave) tra la Mezzaluna Fertile e il
Mediterraneo; il miglio o il riso con la soia nelle regioni dell'Estremo Oriente; sugli altopiani
centro-americani il mais con i Iagioli.
Dando credito a Erodoto, i milioni di schiavi usati per la costruzione delle piramidi egiziane
seguivano un regime alimentare Iormato principalmente da pane, birra, cipolle e agli. Anche nel
corso dell'Eta del Bronzo, Iino al periodo aureo greco e a tutta l'epoca monarchica romana, la dieta
Iu prevalentemente vegetale, con la dominante dei cereali e dei legumi, dei bulbi (agli e cipolle), dei
Iichi e datteri (anche secchi) e delle olive. Piccole quantita di grasso animale, di Iormaggio e di
pesce salato o sotto aceto garantivano un minimo apporto proteico. Nel De re rustica, Catone indica
Lezione 1. GENERALITA`. DALLE ORIGINI ALL`ERA CRISTIANA 12
come bastante al sostentamento dei contadini una razione giornaliera composta di cereali (puls),
poche olive o Iichi, una piccola quantita di vino e pesci sotto sale e aceto (o Iormaggio). In
campagna si Iaceva anche un qualche aIIidamento sulla caccia e sulla raccolta di animali di piccoli
dimensioni (rame, lumache, uccellini, ricci e piccoli roditori). I tagli scelti degli ovini e dei suini
erano destinate prevalentemente ai benestanti. Minimamente diIIuso il consumo di carne bovina. Il
pane avra diIIusione a Roma solo a partire dal II secolo a. C, mutuato dal modello alimentare greco.
Puo essere datata ad un periodo compreso tra il XVIII e il XVII secolo a. C. la piu antica raccolta
di testi culinari sino ad ora conosciuta: tre tavolette scritte con caratteri cuneiIormi, contenenti le
indicazioni per preparare trentacinque cibi liquidi o solidi, con ogni probabilita destinate ad una
tavola regale. Le tecniche di cottura descritte sono la bollitura (con le varianti dello stuIato, del
flambe e del saute) e l`esposizione alla Iiamma, oltre ad una preparazione in crosta. L`apporto
lipidico e costituito da burro chiariIicato e da oli vegetali. La dotazione di condimenti era rilevante:
sale, miele, addensanti per il brodo, erbe aromatiche e spezie (dalla menta, al cumino al coriandolo
oltre ad altre di diIIicile identiIicazione), con una netta prevalenza dell`aglio.
In ambiente mediterraneo, i primi tentativi di descrizione di alimenti strutturati (pultes, cioe
pappe, semplici zuppe, prevalentemente di cavolo o di altre verdure, pesci preparati con aceto,
simili a cio che oggi in Lombardia si chiama carpione e nelle regioni meridionali scapece, olive in
salamoia) sono riuniti nel De Agri Coltura di Catone e possono servire di riIerimento per aIIerrare
lo scarto tra la cucina antica e quella medioevale, esempliIicata nel suo momento iniziale, dal
ricettario di Apicio e dalla vasta anedottica originata nel clima culturale del tramonto dell'impero
romano.

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