Sei sulla pagina 1di 4

Marco pass tutto il tempo della traversata in silenzio.

Aveva fatto, nei giorni precedenti la partenza, le solite domande che ogni bambino curioso avrebbe posto: dove si trova il pianeta? (qui sulla carta, dove punto il dito) abitato? (no, se fosse abitato non potremmo andarci) posso davvero dare il nome che voglio a tutte le cose che incontro? (si, a meno che qualcuno non lo abbia gi fatto prima di te. Segna subito il nome se non vuoi che ti venga rubato). Ricevute queste risposte non chiese altro ma prese labitudine di rimanere in camera pi a lungo del solito, scendendo spesso, quando non era giorno di scuola, solo per il pranzo e la cena. A molte ore ormai dalla partenza sembrava ostentare lidentica indifferenza, mentre intorno a lui gli scherzi dei suoi amici eccitati per il viaggio esplodevano e le loro risate continuavano a salire di tono. Marco sentiva tutto, ma non ascoltava davvero, e non parlava perch aveva qualcosa fra i denti, bloccato dalla mascella fra la gola e le labbra, e ad aprir troppo la bocca aveva paura che potesse volar via, un qualcosa che aveva fretta di uscire e che invece doveva rimanere dentro per essere assorbito, rimasticato e purificato in attesa di un momento, un luogo, che neanche lui avrebbe saputo descrivere. Qualche volta, durante i giorni precedenti alla partenza, magari in qualche posto piccolo e chiuso, in un cantuccio della propria casa o nei bagni della scuola, aveva provato a farlo scivolare via dalla lingua, solo per ascoltarne il suono, ma poi, pentito, lo aveva ripreso per la coda e con i denti e con le mani ricacciato in gola. Anche adesso, sul lenzuolo bianco del suo volto, in un momento di silenzio, si sarebbe potuto sentire lo schiocchio ritmico della mascella, lo stridere dei suoi denti.

Il suolo cedette un poco sotto la pressione del vascello, e lerba fitta si spezz in una pioggia aguzza e cristallina. Il silenzio fu tale da far credere che quel mondo nuovo li stesse osservando: lillusione, per, dur il tempo di un attimo, e gli scricchiolii, i crepitii, le urla, le lotte, i crolli, i richiami damore continuarono come se nulla di nuovo fosse successo. Per alcuni minuti lastronave rimase immobile: migliaia di sensori svolsero il loro laconico lavoro analizzando la composizione dellaria e del terreno. Quando i dati accumulati in precedenza dai satelliti trovarono conferma in quelli rilevati sul posto, da qualche parte in quel complesso sistema un circuito scatt, producendo un sonoro click, e i ventri di metallo delle piccole scialuppe cominciarono ad aprirsi. Decine di paia di occhi si affacciarono timorosi oltre il bordo delle paratie, un chiacchiericcio fitto fitto e sottovoce si diffuse nellaria e poi, dimprovviso, i bambini si riversarono fuori come unorda gioiosa, come un fiume di risa.

Si strinsero inizialmente intorno allastronave, rimanendo nel rettangolo delimitato dagli esploratori, poi, forse fattisi forza a vicenda, forse incoraggiati dagli sguardi rassicuranti dei genitori, presero a muoversi: qualcuno, pi deciso degli altri, and subito avanti da solo e gli altri lo seguirono come il muro segue il crollo delle prime pietre. Andando ognuno dove lo portava la fantasia o listinto si dispersero ben presto per sentieri e viottoli naturali, aumentando, via via che il tempo passava, il ritmo del passo: quando vedevano qualcosa che li colpiva si avvicinavano per toccarla e subito la registravano con il nome che avevano scelto. Quasi nessuno tra loro si accorse che Marco era rimasto indietro.

Senza nessuna fretta aveva osservato a lungo i movimenti dei compagni e poi, come se dovesse seguire una direzione precisa, un percorso in quel mondo nuovo, si mise anche lui in cammino. Il suo tabellone non segnava ancora nessun nome, ma lui non sembrava preoccuparsene; lo sguardo sempre attento, il passo lento, si guardava intorno come se sapesse cosa cercare. Poco distante da lui delle ragazzine litigavano per dare il proprio nome a un piccolo mammifero che, stretto in quel salomonico doppio abbraccio, non sembrava interessarsi molto alla cosa, e forse passarono alle mani; ma non pot appurarlo perch, quando il bisticcio degener in lite, si trovava gi oltre. Poco dopo un suo compagno di classe lo ferm per dirgli quale nome aveva dato a uno strano tipo di roccia, un minerale che secondo lui nessuno aveva mai scoperto prima: Marco, che continuava a camminare, era ormai troppo avanti quando il suo amico lo pronunci, e cos non pot sentirlo.

Continuando a camminare, si teneva distante da quella frenesia, da quella gioia, da quella voglia di possesso che avvinceva gli altri in quel gioco. Qualcuno dei ragazzi pi grandi, di quelli che volevano trovare qualcosa di davvero importante come un mare o magari un oceano, si spinse davvero molto lontano ma, chi prima e chi poi, si fermarono tutti, mentre Marco, con la costanza del proprio passo, li super uno a uno. Fu cos che si trov solo.

La radura era creata da un cerchio di alberi un po spogli. Il terreno era come il terreno che si era lasciato alle spalle, con quellerba vetrosa che cresceva dappertutto, persino sulle rocce, conferendo alle cose, in quella penombra, una strana luminescenza. Sul suolo, per, non si vedevano impronte, nessuno sembrava essere mai stato l prima: nessuno oltre gli animali del posto e loro, era chiaro, non potevano parlare. Il luogo in s non aveva davvero niente che attirasse particolarmente lattenzione, ma Marco sent che poteva andare,

cap che non aveva senso procedere ancora e cos parl. Il suono gli gorgogli improvviso e prezioso dalla gola come un liquore troppo dolce; sorso dopo sorso gli pass fra le labbra e con i denti ne cont le modulazioni, col palato lintensit. Si apr allaria poco a poco, ma in breve tempo divenne il suono che risuonava fra le foglie e sotto i muschi, il suono che fanno le cose quando non le sentiamo, quello delle piante che crescono e del legno che si gonfia bagnato dalla pioggia. Marco non guardava nessuna cosa in particolare, ma allo stesso tempo guardava il niente particolare che aveva davanti e che, avvolto nelle spire di quella parola senza lettere, prese la forma che lui aveva pensato e che prima di quel suono forma non era. Quando chiuse la bocca, e un ultimo fiato esausto gli scivol fuori dalle labbra in un soffio, la creazione fu completa. Laria era ferma e immobile. Le bestie e gli insetti, sembravano essersi ritirati nelle profondit pi oscure della foresta, rintanati nelle loro buche o nelle cavit di qualche tronco: fra i due non corse un suono. La creatura guardava Marco negli occhi, in attesa, e il ragazzo, a sua volta, contemplava il proprio creato, il nome che si era fatto forma, in quelli che occhi non erano ma che non potevano fare altro che osservarlo. Tra loro, a lungo, ma in realt per un tempo assai breve, corse un silenzio sottile, un silenzio nuovo, un silenzio che silenzio era davvero, il suono delle cose mute e senza parola. Marco guard a lungo ci che aveva concepito e ne fu contento. Sentendosi svuotato e soddisfatto allo stesso tempo, cap che non era pi il caso di restare; voltandosi per tornare indietro modul ancora quel suono e sent, dietro le proprie spalle, la creatura che si faceva strada nel fogliame, sent che si disperdeva nel fogliame, cap che del fogliame, della terra e della natura intima delle cose avrebbe finito per far parte. La sera, intorno allastronave, ci fu una lunga festa. I bambini vennero premiati con varie medaglie, chi per aver assegnato pi nomi, chi per aver inventato quello pi bello; chi, ancora, per essere stato il primo a farlo, il primo a nominare qualcosa. Gi dal giorno successivo tutte le cose sarebbero state legate fra loro da quella ragnatela di definizioni e cos il sentiero tal dei tali avrebbe portato alla radura tizio, e la radura avrebbe confinato con un certo qual lago, e nel lago sarebbero sfociati fiumi con nomi di coraggiose ragazzine, mentre, sopra tutto questo, avrebbero vegliato, imperturbabili nel loro sogno ormai senza mistero, le catene montuose caso e torsolo di mela. Marco, come gli altri, prese parte alla gioia dei festeggiamenti, e davvero in lui non ci fu nessun atteggiamento che potesse ricordare quella malinconia, quella tristezza caparbia che, solo fino a poche ore prima, lo aveva tenuto distante dagli altri. Come gli altri gioc, scherz, e rise dei nomi buffi che i pi piccoli avevano dato agli animali e a certi insetti cornuti che ricordavano un po quegli scarabei visti solo nei libri. Forse perch presi dalla febbre della festa , forse perch, per scacciare il vuoto di quella prima notte che li lambiva

fuori dai margini dellaccampamento, neanche uno os voltarsi, nessuno not che, ogni tanto, Marco si girava per guardare lontano, oltre gli alberi, oltre le foglie, con negli occhi qualcosa di strano. Nello stesso momento la creatura tendeva le proprie braccia vegetali, le proprie braccia radici sotto la terra, e respirava attraverso lerba sopra la quale i coloni, senza avvertirsene, continuavano a mangiare. I bambini, finita la cena, colsero dei frutti, e se la creatura avesse potuto sentire dolore avrebbe urlato, e se fosse stata creata di carne dal pistillo sarebbe caduto del sangue a bagnare lerba azzurra, e di quello stesso sangue la creatura si sarebbe nutrita, perch del terreno faceva parte, perch era essa stessa il terreno. Pi tardi lemozione della prima notte tenne svegli quasi tutti. In quei rumori, in quei crepitii rapidi e lontani tutti immaginavano qualcosa di alieno e pericoloso; Marco, riconoscendovi la propria voce, se ne sent rassicurato e cos, cullato, senza aver paura di nulla, si addorment.

Potrebbero piacerti anche