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derive

I primi ad avvistare le navi furono i pezzenti rimasti a guardia sulle terrazze di Carcavelhos. Per tutta la giornata larmata di murate bianche si distese sullorizzonte fino a congelarsi in un galleggiamento muto. Al tramonto il buio ingoi gran parte della flotta e solo poche luci si avvicinarono alla foce in una lenta processione. Allalba unenorme prua, cicatrici a forma di croce dipinte in rosso su entrambi i lati, tagli la corrente scura della fogna in direzione di Lisbona. Lagitazione percorse le sponde del Tejo. Seduti sulle macerie del Cristo redentore, migliaia di occhi fissarono il transatlantico scorrere nascondendo per qualche minuto la torre di guardia sulla riva opposta. Il lungofiume di Belm completamente vuoto. Nel ventre della torre e tra i ruderi del monumento allesplorazione, le sentinelle sezionarono lo scafo alla ricerca di un segno che ne svelasse la reale provenienza. Nel silenzio della bonaccia, una bandiera portoghese penzolava ridicola dallasta di poppa. Su un lato, a intervalli irregolari, sotto una verniciatura approssimativa, le eleganti lettere M J S Y f h E A. Sulle gigantesche pareti, centinaia di orbite nere come uno sguardo mostruoso intento a scrutare la costa. Nellacqua deserta i resti ritorti e arrugginiti del XXV Aprile costrinsero la nave a costeggiare i vecchi approdi. Man mano che si avvicinava, quanti non avevano retto alla tentazione di correre alle spiagge si ritiravano come la bassa marea svuotando il paesaggio. Lombra scorse sui frangiflutti e lamb i marciapiedi, poi riprese ad allontanarsi e il manovratore la diresse verso il centro del fiume. Nuovamente il transatlantico smise di scivolare. Immobile da millenni, la citt crollava in acqua, offrendo alla vista la piazza del commercio e le vie della Baixa deserta. Impossibili a distinguersi, migliaia di sopravvissuti, dietro le trincee di case accatastate ad Alfama e Bairro Alto, osservavano il grattacielo galleggiante entrare come una frattura nel panorama. Dietro alle ringhiere dei belvedere, a Portas do sol, a Nossa senora do Monte e a Graa, le donne inginocchiate recitavano senza interruzioni litanie di scongiuro. In piedi sulle mura, le vedette di castelo imprecavano contro gli antenati che non

avevano fatto altro che riempire loceano di morti trasformandolo in uno sterminato ossario. Invisibili, frammenti scuri di uomini si staccarono dalla costa frastagliata di costruzioni addossate ai colli e scesero brulicanti tra le rovine disseminate dal terremoto. Il folto del gruppo si sparpagli lungo le calate al molo di SantApolonia, sgocciolando bisbigliante per le centinaia di scalini superstiti gi per i profondi solchi scavati dalle scosse pi forti dellultimo ventennio. Fino a sera nessun segnale concreto permise di immaginare che a bordo della Majesty of te Seas fossero rimasti occhi in grado di vedere come la citt, dopo tanto tempo, si disponeva a unaccoglienza. In cielo nuvole spesse provenienti dallatlantico schermarono il tramonto rendendolo una sensazione diffusa. I miliardi di mosche che mangiavano laria scomparvero di fronte alla minaccia di pioggia. Una decina di macchie in movimento apparvero nellarea di controllo delle scialuppe, pochi minuti e una lancia a motore si stacc dalla linea di galleggiamento del transatlantico puntando in direzione delle docas. Per la prima volta in sette secoli, lo specchio della storia si piegava innaturalmente sul Tejo. I discendenti dei conquistatori si sentivano minacciati dal mare. Tra i mormorii le superstizioni amplificavano la convinzione che la storia stesse saldando qualche debito e che loceano cominciasse a restituire i torti subiti. Nello sbancamento di Cais do Sodr una trentina di uomini armati si misero al riparo dei resti della vecchia stazione. Un ragazzino disarmato venne fatto avanzare con un segnalatore fino alla riva e la piccola imbarcazione corresse leggermente la rotta trovandosi presto a ridosso dei bassi frangiflutti. Luomo a prua, vestito da ufficiale, lanci una cima al giovane che la raccolse e la fiss. Lequipaggio, le mani sopra la testa, invocava con gli occhi il permesso di scendere a terra. Il sole si spense alle spalle delle decine di navi rimaste in rada rendendo difficile distinguere gli oggetti. Nelle retrovie lo sferragliare di una dinamo a manovella precedette di qualche istante la luce gialla di un fanale puntato verso lacqua. Inquadrati dal fascio tremolante gli uomini in divisa parandosi gli occhi salutarono e chiesero in inglese di poter abbandonare la barca. Dal gruppo di armati che abbandonavano la posizione qualcuno parl chiaramente: Algum est doente? una voce pi giovane si sovrappose: Somebody sick? Lufficiale pi anziano si sbrig a

rispondere agitando le braccia: Nobody! Ningum sick! Please we need you help us! Ajuda, ajuda! Understand?! Help! Ningum sick! La tensione parve allentarsi, alcuni degli uomini abbandonando i fucili alle tracolle saltarono sui massi per aiutare i passeggeri a scendere, sembravano stremati. Diverse voci mescolavano domande in portoghese e inglese, una voce limpida sovrast le altre: Where are you from? poggiando un piede sulla riva luomo vestito di bianco rispose includendo con un gesto anche gli altri: America!

II

Nel risveglio della nave una bassa nube di mosche inscenava la costa. Ruderi di pescatori ammassati lungo la discontinua linea del visibile. Il limite dei frangiflutti come la sbavatura di una terra che rischia di scivolare in profondit. Lunghi filari di boe, come solchi daratura su campi liquidi, frazionavano in appezzamenti ordinati il grigiore cupo omogeneo del cielo e dellacqua a specchio. Identico al cemento dei moli. Il vomere stracarico imbocc il porto e sotto le spinte del rimorchiatore cominci a ruotare lentamente su se stesso. Un bianco cetaceo di latta molestato da un calabrone. Nei bassi corridoi il caldo pesava sulle file disordinate di valigie, gli sbadigli e i mugolii di bestie in gabbia dei bambini. Il forte odore di sudore rendeva la poca aria irrespirabile. Il cornacchiare continuo degli altoparlanti enumerava le operazioni di sbarco. I pi impazienti stazionavano davanti alle uscite. A un cenno della radio i marinai snodarono le cordicelle dai corrimano e i passeggeri si sciolsero nellimbuto delle scale tortuose come catacombe. Nel ventre maleodorante della nave le urla dei controllori rimbombavano spingendo i proscritti oltre la linea gialla tracciata sul pavimento. Amplificato dal vuoto un clangore si diffuse riverberandosi per tutta lossatura della pancia. Il culo dellarca si spalanc con un tonfo del ponte sulla banchina e prese a sfornare un rivolo continuo di passeggeri in fila indiana, rianimati dallaria fresca e spinti dagli ordini secchi del personale di bordo. Lalito dei cani precedette le guardie dellisola che acceleravano il passo in direzione della stiva per andare incontro al nuovo carico. I graduati si affrettavano nel passaggio delle consegne. La processione veniva ricompattata nei limiti di un ampio rettangolo e disposta per corte righe frontalmente a una colonna di camion verdi. Allingresso dellarea segnalata da un nastro arancione due soldatini distribuivano numeri progressivi saltando soltanto i bambini. Consegnato lultimo numero fecero un cenno al gruppo di ufficiali che camminavano avanti e indietro appena fuori dal perimetro imponendo il silenzio. Uno di questi si fece consegnare il megafono da un attendente e amplificato il richiamo al silenzio si mise a scandire un appello

monocorde. Sotto la sorveglianza dei militari distribuiti intorno al rettangolo, le mani si sollevavano intermittenti. Quando giunse in fondo alla lista la voce aveva perduto ogni accento e raschiava sulla gola provocando continui colpi di tosse che intervallavano gli ultimi nomi. La sua ultima parola fu il totale liberatorio dei nomi, ottocentocinquantasei, poi lufficiale cedette il megafono e si mise da parte visibilmente affaticato. Luomo che prese la parola aveva abiti civili chiari, laschi, la cravatta appesa come un cappio quasi ci fosse dimagrito dentro, una vistosa eruzione cutanea gli arrossava il viso trasformandolo da lontano in una macchia illuminata. Si rivolse direttamente alle prime file: Spero che le condizioni del mare non abbiano reso la traversata eccessivamente faticosami dispiacerebbe siete lultima unit di volontari selezionata per il programma di ripopolamento dellisola. Spero non abbiate frainteso i metodi dei vostri accompagnatorima come sapete si tratta di persone con un forte senso praticoe qualche volta potrebbero sembrare eccessivamente ruvidima le condizioni del trasferimento esigono una certa inflessibilit. Si ferm per osservare le reazioni ma la maggior parte degli sguardi erano persi oltre, sui camion alle sue spalle. Vorrei dirvi che siete fortunatiavrete la possibilit di sperimentare personalmente cosa significhi rifondare una societconquistare una frontierarintracciare il contatto con le forme elementari dellorganizzazione umanapuntare allideale umano di armoniapotrete finalmente praticare una vita incorrotta. La vostra una scelta coraggiosama anche unopportunit unicaperfettamente proporzionata a quelli che sono stati i vostri meriti fino a questo momentomostrateci dunque quale potrebbe essere il nostro futuro! La chiusura enfatica non riusc a nascondere una certa fretta. Il discorso aveva i toni diluiti di una routine consumata che volgeva al termine. Il silenzio fu breve, riempito dal ronzio insistente dei motori elettrici. Mentre una coppia di soldati apriva i portelloni, lufficiale che aveva fatto lappello riprese il megafono e spieg perentoriamente che ogni vettura era attrezzato per ospitare trentacinque persone. La collocazione sulle vetture andava fatta rispettando i numeri avuti in consegna. Tra i latrati improvvisi dei cani, muti fino a quel momento, le guardie si dislocarono lungo il percorso fino ai camion. Appena carico, il mezzo veniva sigillato e poteva partire,

sostituito immediatamente dal successivo. Le operazioni collaudate si svolgevano con la necessaria rapidit sotto lo sguardo attento di tutti i responsabili. Nessuno accenn a lamentarsi. In meno di unora il porto fu nuovamente sgombro. Sotto un cielo piombo, sulle strade per linterno, la colonna di mezzi si scomponeva gradualmente allinseguimento di destinazioni diverse. Nellultimo avamposto di civilt malamente incastrato tra le scorie e i residuati del vecchio molo industriale, lequipaggio della nave festeggiava le ultime ore sullisola. Per alcuni finiva lesilio.

III Una ventina di mocciosi minacciavano di scannarsi correndo e urlando dietro ai copertoni lanciati in direzione della vecchia pompa di nafta in disuso. Nella foga unala del gruppo si accartocci e ruppe crollando a pochi metri dalla banchina. I superstiti, piegati in due per lo sforzo, esalarono gli ultimi latrati striduli nellaria appena fuori dalla bocca e rallentarono spompati con le mani alla milza. Le orecchie si tesero allinseguimento dei tonfi irregolari delle gomme sullimmondizia della laguna. Centinaia di gabbiani urlanti sciamarono ritirandosi come unonda di fronte allinvasione. Le ruote smisero di rimbalzare affogando la spinta nelle sabbie mobili dei rifiuti, disponendosi in una linea spezzata, oltre la riva solida. La coltre di ratti pigolanti colpita in pi punti parve slabbrarsi, poi subito si ricompose e alcune macchie scure si mescolarono al grigio delle gomme. Nelle retrovie della corsa, tra le rovine della caduta, era scoppiata una rissa. I ragazzini per terra annodavano braccia e gambe nel tentativo di strangolarsi a vicenda, i pugni schioccavano contro le ossa e i crani rasati. Tra gli sputi e le bestemmie i pi grandi faticavano a districare il groviglio sudato di artigli e morsi serrati nonostante tirassero con forza i contendenti, chi per un piede, chi per la testa e il collo. Disfatto il mucchio, ognuno rivendicava tra i denti il torto dellaltro, ma gi il grosso del gruppo aveva smesso di pensarci e si dirigeva allo spigolo di cemento per prendere le misure e assegnare la vittoria. Una creatura scheletrica, in cima al palo arrugginito del distributore, cercava di capire chi fosse finito pi lontano sostituendo alle distanze le dita di una mano. Il terreno ineguale rendeva gli scarti troppo esigui difficili da giudicare. Alcuni pneumatici scalando imponenti cumuli di spazzatura vi si erano assestati in cima come corone, altri erano affondati a ridosso di rottami che tagliavano la linea pi vicina del paesaggio falsandone la prospettiva. Nellincertezza i corridori si preparavano a una contesa sul campo valutando con lo sguardo il percorso pi stabile e breve per raggiungere la dirittura darrivo. Due marmocchi sbraitavano per la stupidit della loro ruota che urtando il relitto di un motoscafo aveva rinculato morendo a un metro dalla banchina. Il pi basso saltellava tenendosi stretto un ginocchio

insanguinato, mentre laltro, sfregando col palmo il segno di una testata sulla tempia, sosteneva che sarebbe stato meglio lasciare il copertone dovera e procurarsene uno migliore. Col braccio teso indicava la laguna. In alcuni punti infatti le chiatte arenate non avevano retto a decenni di maree e riflussi e spinte di altri relitti e coricate su un fianco o capovolte avevano disseminato gran parte dei carichi. Isole nere e galleggianti avevano alimentato nuove terre emerse, arcipelaghi di sfasciume che disseccavano sulla linea dellorizzonte. I pi incoscienti iniziavano a calarsi sulla riva putrida tentando di scollarsi le mosche di dosso. Il bassetto, sempre saltellando e maledicendo il rivolo di sangue scuro che cercava una strada tra la sporcizia della gamba, si avvicin alle scaline del moletto. Fece per scendere ma arretr immediatamente inciampando e sbattendo il culo sul pianerottolo. Si mise a gridare e poich nessuno gli dava retta dovette insistere. Urlandogli contro di smetterla, tutti si avvicinarono alla spicciolata. Sdraiato in fondo alla scala, immobile, faccia a terra, un uomo con un vestito grigio pareva congelato nel tentativo di risalire i gradini carponi. Il pi alto del gruppo si fece largo con un paio di spinte e si avvicin al corpo. Col piede nudo gli tast il braccio. Nel silenzio gli odori si addensavano. Il respiro pesante del mondezzaio si spaccava nelle narici e costringeva a inspirare rapidamente con la bocca aperta. Le voci si rincorrevano sovrapponendosi, ognuno aveva fretta di sentenziare secondo il proprio gusto, tutti chiedevano di provare a muoverlo con pi forza. Alla fine il ragazzo gli diede un calcio. Nessuna reazione. morto. Poi, con la pianta del piede mosse la testa scura da un lato finch un profilo anonimo si confuse con lo scalino terreo. Nessuno lo conosceva. La tensione si sciolse e cos linteresse e il capannello si disperse dietro alla voglia di recuperare le gomme senza perdere altro tempo. Laria si ispessiva e non avrebbe tardato a piovere. Rovistando tra gli scarti i ragazzi si attrezzarono per sondare il terreno e respingere i topi. Avanzarono, piantando i bastoni prima di affondare le gambe una alla volta, cercando di rimanere sul solido. Nella nebbia sottile che montava dal suolo sembravano esili pescatori intenti a scandagliare gli scogli. Nessuno reclam la vittoria. Quando tutti i copertoni furono issati sulle fondamenta, il bianco aveva cancellato i contorni alle cose, le mosche erano sparite. Il gruppo si

raccolse tra gli starnazzi intorno a una fontanella. Annunciata dai borborigmi delle tubature lacqua cominci a scorrere fischiando lentamente, nera, putrida. A turno i bambini ci passarono davanti per scrostarsi di dosso il grosso della melma, le gambe e le braccia completamente impiastrate di carta disfatta. Come le prime gocce di pioggia punteggiarono la polvere, lodore del cemento divenne intenso e il branco si rianim. Scossi i pneumatici luridi, li fecero rotolare con furia, i pi grandi imbracciandoli per fare prima, e si lanciarono in mezzo alle case per i rami di canaregio in direzione del ponte delle guglie. Sotto la pioggia che aumentava chi aveva le scarpe tagli per il canale saltando tra i detriti e i rottami col rischio di lasciarci il collo. La masnada simbottigli in una calle stretta e giunse in campo san Geremia accodandosi ai pi rapidi che gi si arrampicavano tra le macerie della chiesa sventrata spingendosi lun laltro per mettersi al riparo. Dalle crepe del soffitto scrosci dacqua intermittenti rovinavano fragorosamente sul pavimento divelto congiungendosi in un unico torrente coi rigagnoli che correvano lungo le colonne superstiti. Il fiume allagava la navata centrale seguendo un solco scavato dagli anni, poi si sparpagliava nuovamente tra i detriti accumulati davanti allingresso. Nellaria il riverbero laconico dei respiri affannati scandito dalle tirate di naso e i primi gorgoglii di stomaci infiammati dalla fame. Rannicchiati allasciutto tutti si lasciarono andare alla stanchezza, qualcuno gi chiudeva gli occhi, non avrebbe spiovuto prima di qualche ora, si poteva solo aspettare.

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