E MINORILE
Elena Fontana
Fare famiglia
Famiglia come dimensione privata, isola di pace, sentimento
come priorità. Rifugio dal mondo esterno, difficile se non
nemico.
Questa immagine è in parte un mito: lo Stato regola i rapporti
all’interno della famiglia.
Matrimonio, divorzio, separazione, filiazione, norme di
successione sono esempi di come sia lo Stato a «dettare» legge
in famiglia.
Chiara Saraceno sottolinea che lo stato interviene oltre che con
la legislazione anche con le politiche sociali.
«…il sentimento della famiglia si presenta come una delle grandi forze
del nostro tempo.»
Sono parole di Philippe Ariès, famoso storico francese e studioso della
famiglia e dei costumi sociali, scritte nel 1960, ma definiscono un
ritratto ancora attuale del dibattito intorno al tema famiglia.
Si tracciano altri modi di «fare famiglia», di concepire la vita in
comune, la cura dei figli , gli spazi comuni ma rimane una funzione
importante della dimensione famigliare.
In Italia e nei paesi europei la forma della famiglia muta: famiglie
formate dalle coppie di fatto, da coppie omosessuali, famiglie
ricostituite e frutto di diversi matrimoni.
Il diritto evolve in stretta relazione con l’evoluzione del concetto di
famiglia. Dagli anni ‘60 lo sviluppo economico , l’intensificazione
degli scambi commerciali e dei contatti con altre culture, provocano un
repentino cambiamento dei costumi sociali. Di conseguenza si
determina un cambiamento anche della struttura sociale e giuridica
della famiglia.
Il legislatore segue la traccia segnata dai nuovi modelli culturali e
sociali e abbraccia la tesi della tutela dei soggetti più deboli all’interno
della famiglia.
In questo panorama si inserisce la Convenzione di New York del 1989
che mette in scena per la prima volta il «superiore interesse del
fanciullo».
Famiglia e Costituzione
Art 29 1.La Repubblica riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio. 2.Il
matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità
familiare.
Art 30 1.E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed
educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio. 2. Nei casi di
incapacità dei genitori la legge provvede a che siano assolti i
loro compiti. 3. La legge assicura ai figli nati fuori dal
matrimonio ogni tutela giuridica e sociale. 4. La legge detta le
norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre
provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei
compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli
istituti necessari a tale scopo.
Art 36 Il lavoratore ha diritto a una retribuzione che possa
assicurare a lui e alla sua famiglia un’esistenza dignitosa.
Atti internazionali
I tre atti internazionali fondamentali che determinano i diritti dei più
fragili nella famiglia:
La dichiarazione dei diritti dei bambini, Nazioni Unite 1924
La dichiarazione dei diritti del fanciullo, Assemblea Nazioni Unite
1959
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo Nazioni
unite 1989 (Convention on the Rights of the Child, CRC)
Mentre i primi due atti enunciano solo principi, non vincolanti,
l’ultima nel momento in cui entra in vigore vincola tutti gli stati che
l’hanno ratificata a convertita in legge.
La nuova concezione dell’infanzia modifica e influenza
anche l’interpretazione dei diritti dei bambini
I bambini non son più solo i destinatari dei doveri dei
genitori ma anche titolari di diritti specifici
Nei documenti internazionali sono visibili questi
cambiamenti: passiamo dalla dichiarazione del 1924 in cui i
minori son oggetto della protezione da parte degli adulti, alla
CRC in cui il bambino è vero soggetto di partecipazione.
Due modelli
Si individuano oggi due modelli di regolazione giuridica e status dei minori:
uguaglianza e parità, differenza e tutela.
Nel primo modello, definito orientamento «paternalistico», sono gli adulti in
particolare le figure autorevoli , (genitori, insegnanti) a decidere cosa sia bene
per i bambini.
Nel secondo, definito orientamento all’autonomia o all’autodeterminazione , si
pensa che siano i bambini a doversi esprimere, ad avere un controllo sulle scelte
che li riguardano, anche se tali decisioni possono entrare in conflitto con il
parere dell’adulto.
Nella Convenzione di New York vedremo come le due posizioni convivono :
emerge la dimensione della protezione nelle situazioni che lo richiedono,
cercando di non dimenticare l’uguaglianza e la rappresentazione dei bambini
come soggetti di diritto.
La Convenzione ONU 1989
Fu approvata dall’Assemblea generale delle nazioni Unite il
20 novembre 1989
La convenzione è uno strumento giuridico e un riferimento
importante che riassume cinquant’anni di diritti dei minori
La creazione della Convenzione è ricordata ogni anno, il 20
novembre, come la Giornata internazionale per i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza.
Nota per le tre P: Protection , Provision , Partecipation
PROTEZIONE contro ogni pratica di sfruttamento, abbandono,
abuso nei diversi ambiti della vita quotidiana dei bambini
(famiglia, lavoro , scuola ,giustizia, associazionismo)
PROVISION (provvedere) riservata al diritto di accesso e utilizzo
delle strutture utili a garantire il benessere dei minori, materiale,
psichico, sociale e relazionale attraverso la partecipazione ai
processi scolastici, alle cure sanitarie e in generale ai servizi
sociali o psicologici
PARTECIPAZIONE per il diritto di ascolto, partecipazione e
espressione nelle decisioni che riguardano individualmente o
collettivamente la vita dei bambini.
La storia
La CRC ha avuto una lunga evoluzione:
1924 per la prima volta si fa riferimento ai bambini in quanto tali
nella Dichiarazione di Ginevra, riconosciuta a livello Internazionale,
che includeva la dichiarazione dei diritti del fanciullo
1959 Dichiarazione sui Diritti del Bambino promulgata
Dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in vigore tutt’oggi
Il processo che conduce alla CRC si sviluppa grazie a :
La nuova concezione e rappresentazione dei bambini
Il rafforzamento del diritto internazionale
CRC
E’ composta da 54 articoli ed ha costituito il vero salto di
qualità per una cultura dei minori nel mondo.
I più rilevanti concetti:
1) ha comportato che i minori non fossero più considerati
solo come oggetti di protezione e tutela ma come soggetti di
diritto;
2) contiene norme di carattere programmatico e tocca diritti
civili , politici , sociali e culturali.
La CRC viene firmata da 61 Stati, l’ultima la Somalia.
Il n di 20 Stati rendeva già attuativa la Convenzione
La CRC viene definita strumento di «hard law», legalmente
vincolante per i paesi che la sottoscrivono.
L’Italia la attua con la legge 27/5/1991 n 176 «Ratifica ed
esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a
New York 1989» , in pratica vengono riportati i 54 articoli
della Convenzione ratificati in legge italiana.
In Italia quindi la convenzione viene ratificata circa due anni
dopo, 1991, e verranno rispettati i diritti enunciati nelle
varie leggi che seguiranno, riguardanti i diritti dei bambini.
Ogni stato firmatario è tenuto a ratificare la CRC con una
legge successiva, e l’ONU controllerà, con un apposita
commissione di controllo, che i vari stati rispettino le
direttive contenute nella Convenzione e che il benessere dei
bambini venga sempre posto in primo piano.
Il contenuto
I diritti sono raccolti in un documento onnicomprensivo, senza
suddivisioni perché ogni articolo è di uguale importanza
E’ la il primo strumento di tutela internazionale a sancire le
diverse tipologie di diritti umani: civili, culturali, economici,
politici e sociali
Si avvale di articoli rivolti alla protezione contro l’abuso e lo
sfruttamento, impegnandosi a far sì che il bambino possa far
valere il proprio pensiero
Il primo articolo definisce che per bambino s’intende ogni essere
umano al di sotto dei 18 anni
Quattro principi fondamentali
Principio di non discriminazione: l’art 2 impegna tutti gli Stati ad assicurare i diritti
sanciti a tutti i bambini, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione,
opinione del bambino o dei genitori
Superiore interesse del bambino: l’art 3 prevede che ogni decisione, azione
legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza
sociale, l’interesse superiore del bambino dev’essere una considerazione preminente
Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo. L’art 6 prevede da parte degli stati del
diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili,
la sopravvivenza e lo sviluppo
L’ascolto delle opinioni del bambino: l’art 12 prevede il diritto dei bambini ad essere
ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano, soprattutto in ambito legale.
L’attuazione del diritto comporta il dovere per gli adulti di ascoltare il bambino
capace di discernimento e di tenere in considerazione le opinioni.
La CRC si occupa anche di giustizia penale minorile, ossia di
minori accusati, imputati o condannati per aver commesso un
fatto che costituisce reato
Gli articoli che si occupano di questo sono: l’art 37 sui «minori
privati di libertà», l’art 39 sul «reinserimento sociale dei minori
vittime di qualsivoglia forma di violenza» e l’art 40 sui «minori
autori di reato»
Questi articoli contengono i principi cardine per costruire una
giustizia minorile che rispetti i diritti del minore autore di reato,
in ogni fase del procedimento penale e nelle fasi successive, come
l’esecuzione della condanna e il reinserimento sociale.
Diritto di espressione
Esprimersi è sinonimo di libertà, i bambini imparano a
parlare in modo graduale ma consapevole.
Hanno diritto ad essere ascoltati soprattutto quando
esprimono opinioni o scelte differenti da quelle degli adulti
La CRC presta molta attenzione alla partecipazione del
bambino e del poter prendere parte a questioni che lo
riguardano
Viene considerata l’infanzia come un periodo delicato che
richiede la creazione di condizioni favorevoli alla crescita
Il bambino deve essere capace di esprimere la propria
opinione senza pressione o influenze esterne, in tal caso non
viene legalmente presa in considerazione.
L’idea del bambino come attore sociale comporta il suo
attivo coinvolgimento anche nei processi di socializzazione
della nostra odierna società
un’idea d’infanzia consapevole comporta la conseguente
attribuzione di diritti ai minori di «dire la loro» non solo
nelle situazioni giuridiche ma anche nei normali contesti
della loro vita.
Il matrimonio nel nostro
ordinamento giuridico
Con il termine matrimonio si intende l’atto che coincide con
la celebrazione, e pur essendo un atto espressione di libertà
della persona è lo Stato a curarne e regolarne l’effettiva
realizzazione.
Il diritto di contrarre liberamente matrimonio è tutelato negli
art 2,3 e 29 della Costituzione.
Questa libertà è citata anche in altre fonti: ad esempio l’art.
16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e art.
9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
Riforma del diritto di famiglia
La riforma dl diritto di famiglia italiano è datata 1975.
Le principali novità:
Il passaggio dalla potestà del marito alla potestà (ora
«responsabilità genitoriale») condivisa dei coniugi
L’eguaglianza tra i coniugi (si passa dalla potestà maritale
all’eguaglianza fra coniugi)
Il regime patrimoniale della famiglia ( separazione dei beni o
comunione legale/convenzionale)
La revisione delle norme sulla separazione personale dei
coniugi (dalla separazione per colpa si passa alla separazione
per intollerabilità della prosecuzione della convivenza)
L’abbassamento dell’acquisizione della maggior età da 21 a
18 anni.
Codice civile e matrimonio
Il Codice Civile disciplina le condizioni necessarie per contrarre
matrimonio:
Età: art 84 c.c. «i minori di età non possono contrarre matrimonio» Solo il
Tribunale, su istanza dell’interessato e sentiti il Pubblico Ministero, i
genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio
autorizzare il matrimonio a chi abbia compiuto 16 anni. Non è fissato un
limite di età.
Interdizione per infermità di mente : art. 85 c.c. «non può contrarre
matrimonio l’interdetto per infermità di mente».
Libertà di stato: art.86 c.c. «non può contrarre matrimonio chi è vincolato
da un matrimonio o da un’unione civile dello stesso sesso precedente» Ciò
è vincolo anche per gli stranieri
Parentela, affinità, adozione : art. 87 c.c. dispone che non
possano contrarre matrimonio tra loro fratelli, sorelle, zii, figli
adottivi e figli biologici, i figli adottivi della stessa persona.
Delitto: art 88 c.c. «non possono contrarre matrimonio tra loro le
persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio
consumato o tentato sul coniuge dell’altra»
Divieto temporaneo di nuove nozze art 89 c.c. «non può
contrarre matrimonio la donna, se non dopo 300 giorni dallo
scioglimento del precedente matrimonio» questo articolo si fonda
sull’esigenza di evitare l’incertezza sulla paternità della prole.
Le fasi
La pubblicazione : lo scopo della pubblicazione è di portare a
conoscenza di terzi il matrimonio che si sta per celebrare,
consentendo ai legittimati di proporre opposizione, art 102
c.c. (genitori, altri ascendenti, l’altro coniuge della persona
che vuole contrarre un nuovo matrimonio).
Tre fasi: 1) richiesta di pubblicazione 2) affissione 3)
certificazione dell’avvenuta pubblicazione. Le pubblicazioni
rimangono affisse 8 giorni presso l’albo pretorio, dopo questo
tempo l’ufficiale di stato civile rilascia la pubblicazione di
avvenuta pubblicazione. Il matrimonio dev’essere celebrato
entro i 180 giorni successivi, art 99 c.c.
Lo scioglimento del matrimonio
Nella nostra legislatura, anche successivamente alla legge 6 maggio
2015, n 55 (divorzio breve), non è mai consentito ottenere in via
immediata il divorzio; i coniugi devono necessariamente transitare
per la procedura di separazione.
Ai sensi dell’art 149 c.c. «scioglimento del matrimonio» tre
situazioni possono portare alla rottura del matrimonio: 1) la morte di
un coniuge, 2) il divorzio 3)l’annullamento del matrimonio.
Il successivo art 150 c.c. «separazione personale» recita che : 1) è
ammessa la separazione personale dei coniugi, 2) la separazione può
essere giudiziale o consensuale, 3) il diritto di chiedere la separazione
giudiziale o consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
Al termine del procedimento il giudice autorizza i coniugi a
vivere separati e determina le condizioni per l’affidamento
dei figli, l’assegnazione della casa coniugale e l’eventuale
assegno di mantenimento in favore di un coniuge e dei figli.
La fase di separazione è sempre un momento delicato per
tutti i componenti della famiglia, richiede capacità di
mediazione e responsabilità da parte di tutti gli adulti
coinvolti.
La separazione giudiziale
Si accede a questo tipo di separazione quando l’accordo tra i coniugi
non sussiste. L’art 151 c.c. stabilisce che sia il giudice del Tribunale
Ordinario a prendere alcune decisioni relativi alla prole (affidamento
(di regola) condiviso, diritto e modalità di visite, mantenimento)
tenendo presente il solo interesse di quest’ultima.
Il giudice può decidere anche per un affidamento dei figli a un solo
genitore, se ritiene che l’affido all’altro sia contrario all’interesse del
minore, art 337 c.c. Questa richiesta può essere presentata anche da uno
dei genitori.
Più comunemente, dopo la legge n 54 del 2006 (Disposizioni in
materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli),
entrambi i genitori condivideranno la responsabilità genitoriale.
La legge n 54 del 2006 stabilisce il «principio di bigenitorialità»
che generalmente prevede che entrambi i genitori rimangano
presenti nella vita del figlio, anche a livello di responsabilità e
decisionalità.
Stabilisce il diritto per il minore a essere accudito ed educato da
entrambi i genitori, ribadendo la sua centralità e il suo superiore
interesse.
Come situazione estrema la legge stabilisce anche l’affidamento
a terze persone o ai servizi sociali. Ciò avviene quando nessuno
dei genitori sia in grado di occuparsi della prole.
Il giudice stabilisce altresì che i genitori debbano provvedere
al mantenimento del figlio in proporzione al proprio reddito
tenendo in considerazione: le attuali esigenze del figlio, il
tenore di vita goduto fino a quel momento, i tempi di
permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche
di entrambi i genitori, la valenza economica dei compiti
domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
I genitori possono chiedere in ogni momento la revisione
delle disposizioni in atto, motivando la richiesta.
La separazione consensuale
L’art 150 c.c. prevede anche la modalità consensuale della separazione
legale, in cui i coniugi si accordano riguardo ai loro rapporti e
chiedono al tribunale in cui hanno avuto la loro ultima comune
residenza di vivere separati.
Indicheranno anche gli accordi significativi concordati rispetto alla
prole (affidamento e regime visite), all’assegnazione della casa
coniugale , ecc).
I coniugi possono accordarsi rispetto alla loro separazione ma la stessa
non avrà valore senza l’omologazione del giudice.
Il presidente del Tribunale fisserà una udienza di comparizione dei
coniugi nel corso della quale esperirà il tentativo di riconciliazione.
Divorzio breve
La legge n. 55/2015 (la legge sul cd «divorzio breve»)
definisce che la coppia in crisi che sceglie di separarsi in
modo consensuale non ha l’obbligo di presentarsi davanti a
un giudice facendo si che ottenere lo scioglimento definitivo
del matrimonio sia più veloce. Il periodo di separazione
necessario per presentare la domanda di divorzio è sceso a
sei mesi in caso di accordo e di dodici in caso di
conflittualità. Ciò prescinde dalla presenza o meno di figli.
Questa legge non elimina la fase di separazione che rimane
una tappa obbligata.
Unioni civili e convivenze
La legge n 76 del maggio 2016 «Regolamentazione delle unioni
civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»
nasce da un vivace dibattito e spesso è stata indicata con il nome
della senatrice prima firmataria in Parlamento: Monica Cirinnà.
Questa legge regolamenta l’unione civile tra le persone dello stesso
sesso, qualificate come «specifiche formazioni sociali» che potranno
usufruire di un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico
denominato unione civile.
La legge regolamenta anche le convivenze di fatto, con l’iscrizione
all’anagrafe e la possibilità di stipulare contratti di convivenza.
L’unione civile tra persone dello stesso sesso costituisce oggi una «specifica
formazione sociale» di tipo familiare, ai sensi della Costituzione, art 2 (diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali) e art. 3 (pari
dignità sociale dei cittadini senza distinzione di sesso).
Le unioni civili sono riservate ai maggiorenni
La richiesta di costituzione dell’unione civile è presentata all’ufficio dello stato
civile del comune scelto dalla coppia.
Il richiedente deve fornire all’amministrazione tutti i dati previsti e dichiara non vi
siano gli impedimenti previsti dalla legge. L’ufficiale di stato civile deve verificare
entro 30 giorni l’esattezza delle dichiarazioni. Da quel momento le parti possono
presentarsi, fissando una data, per costituire l’unione alla presenza di due testimoni.
Le parti possono dichiarare di assumere un cognome comune scegliendo
tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune
il proprio , facendone dichiarazione all’ufficiale di stato civile.
Possono scegliere la separazione dei beni, altrimenti la legge prevede la
comunione dei beni. l’ufficiale di stato civile infine iscrive l’atto di
costituzione dell’unione civile nel registro delle unioni civili, atto che verrà
letto, sottoscritto dalle parti, dai testimoni e dall’ufficiale dello stato civile.
Non sono necessarie le pubblicazioni, come invece nel matrimonio, quindi
formalmente non ci si può opporre all’unione
Le cause di scioglimento sono le stesse previste per lo scioglimento del
matrimonio.
Adozione del figlio del partner
Per le coppie dello stesso sesso la legge Cirinnà esclude la
possibilità dell’adozione o dell’affidamento.
Non può quindi il partner adottare il figlio del suo
compagno/compagna, anche se quotidianamente convivente con
il nucleo famigliare
Su questo tema vi è però una disputa giurisprudenziale tra chi
sostiene che si possa procedere in questi casi con un’adozione
applicando l’art 44 della legge 184 del 1983 (adozione in casi
particolari) come il Tribunale dei minori di Roma, e chi
diversamente esclude tale possibilità, vedi il Tribunale dei minori
di Torino
Disciplina delle convivenze
Sempre con la l 76 del 2016 il legislatore ha proceduto ad una
disciplina della famiglia fondata sulla convivenza di fatto di due
persone, sia eterosessuali che omosessuali.
La maggiore età è il primo presupposto, a seguire la stabilità della
coppia da intendersi soprattutto di tipo affettivo, con volontà di
assistenza morale e materiale, senza che ciò significhi
coabitazione.
Al convivente sono riconosciuti i diritti spettanti al coniuge, ad
esempio «diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di
accesso alle informazioni personali» in caso di malattia e
ricovero.
Segue…
Vi sono vari diritti del convivente che, ad esempio in caso di
morte del convivente, ha facoltà di succedere nel contratto di
locazione già stipulato o di continuare ad abitare nella casa
di proprietà del defunto.
In ordine al regime patrimoniale il legislatore non ne impone
alcuno, sono le parti a definirlo.
Art 1 della l 76/2016 : «il contratto , le sue modifiche e la sua
risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità,
con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione
autenticata da un notaio o da un avvocato»
Il rapporto di filiazione
La storia della filiazione è stata per molto tempo legata al
riconoscimento del matrimonio come unica forma legittima di
«fare famiglia».
Vi era disparità di trattamento nel nostro diritto di famiglia tra i
cosiddetti figli legittimi e illegittimi, quest’ultimi poi definiti
«naturali»
Con la l 219 del 12/2012 «Disposizione in materia di
riconoscimento dei figli naturali» e il successivo decreto attuativo
n 154 del 12/2013 «Revisione delle disposizioni in materia di
filiazione», si attua una definizione paritaria nei rapporti di
filiazione, un unico stato giuridico, quello di figlio.
Questa legge, pur essendo composta di soli sei articoli, ha
introdotto modifiche importanti nella disciplina della filiazione,
come una riforma oramai indispensabile dopo molti anni dalla
prima grande riforma del diritto di famiglia.
Nel caso di figli nati fuori dal matrimonio non opera alcuna
presunzione di paternità, quindi il riconoscimento dev’essere
attuato come atto necessario da parte di chi voglia attestare il
fatto della generazione.
Sul campo dell’interesse del minore, rispetto al
riconoscimento tardivo di genitorialità, vi sono due
orientamenti: chi ritiene che per il minore avere entrambi i
genitori sia positivo a priori, chi invece pensa che il giudice
debba verificare se la richiesta di paternità o maternità debba
essere assolta. Se il minore ha compiuto i 14 anni deve essere
chiesto il suo assenso, se non li ha ancora compiuti deve
esserci l’assenso del genitore che lo ha riconosciuto. Di fronte
al rifiuto il genitore che vuole riconoscere tardivamente deve
rivolgersi al tribunale
Competente in tale materia è il Tribunale Ordinario
La protezione delle persone
incapaci
Il codice civile apre con l’art 1 «la capacità giuridica sia acquista
al momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore
del concepito sono subordinati al momento della nascita»
La capacità di agire si differenzia dalla capacità sopradetta. L’art
2 c.c. recita : «La maggior età è fissata al compimento del
diciottesimo anno. Con la maggior età si acquista la capacità di
compiere tutti gli atti per cui non sia stabilita un’età diversa».
Ciò implica la possibilità di compiere atti giuridici importanti
sia per la vita personale che patrimoniale. Prima dei diciotto
anni sono i genitori o il tutore a esercitare i diritti del minore.
Può capitare però che una persona non sia realmente in grado
di valutare le conseguenze degli atti che compie.
In questa prospettiva il nostro ordinamento giuridico mette a
disposizione tre strumenti di protezione : l’amministrazione
di sostegno, l’interdizione e l’inabilitazione.
Legge n 6/2004 «misure di protezione delle persone prive in
tutto od in parte di autonomia» sostituisce la precedente
norma definendo un nuovo strumento di aiuto,
l’amministratore di sostegno.
Principi che caratterizzano l
6/2004
Protezione adeguata con la minima invasività . Con un cambio rispetto al passato la
nuova legge si orienta sviluppando l’idea di un intervento minimale, discreto,
rispettoso che conservi il più possibile la libertà d’azione del soggetto. La legge è
orientata a contrastare l’emarginazione dei soggetti più deboli, le cui fragilità possono
portare all’incapacità di gestire il proprio patrimonio e la cura della propria persona.
Residualità delle misure dell’interdizione e dell’inabilitazione: all’interdizione si
dovrà ricorrere solo in casi eccezionali, agendo già con sufficiente tutela con
l’amministratore di sostegno
Flessibilità delle misure di protezione: lo strumento dell’amministratore di sostegno
dovrà essere modellato sui bisogni della persona in particolare, con particolare
duttilità
Dignità delle persone : il filo conduttore della legge il rispetto della persona in
difficoltà, nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo
Riconoscimento e valorizzazione delle capacità residue. In questa
direzione và ad esempio l’obbligo dell’amministratore di sostegno
di informare tempestivamente il beneficiario degli atti da compiere
e, in caso di dissenso, il Giudice tutelare.
Non stigmatizzazione: il legislatore, con intento pedagogico e
culturale, usa un linguaggio adeguato, evitando termini negativi,
introducendo termini di carattere inclusivo. Protezione, sostegno,
cura, autonomia, beneficiario.
Estensione dei potenziali beneficiari: il regime di protezione è stato
esteso anche a persone come anziani, portatori di handicap, oppure
persone affette da infermità psichica, anche parziale o temporanea.
La responsabilità genitoriale
Con la legge sulla filiazione il legislatore ha definito il lungo percorso rispetto al ruolo del
genitore, passando dal concetto obsoleto di potestà a quello più attuale di responsabilità
genitoriale nell’educazione e nella crescita dei figli.
La patria potestà fondava le sue basi in un modello sociale in cui la figura del padre aveva
un predominanza decisionale nella famiglia e alla madre competeva l’esercizio solo in
caso di morte del marito.
La costituzione aveva già dato riscontri in questa direzione (art 30) : entrambi i genitori
hanno doveri e diritti rispetto ai figli.
Nel c.c. del 1942 era citato il dovere dei genitori di istruire e educare la prole oltre che in
base ai «principi morali» al «sentimento nazionale fascista» e prima della riforma del
diritto di famiglia (1975) ci si era limitati a eliminare l’ultima parte lasciando i principi
della morale.
Neppure con la legge sull’affidamento condiviso (2006) si interviene sulla potestà,
limitandosi a dire «la potestà dei genitori è esercitata da entrambi i genitori»(art 155)
Il termine responsabilità si nota nella Convenzione di New
York sui diritti del fanciullo (1989) e la legge sulla filiazione
ha unificato lo stato di «figlio» introducendo il concetto di
responsabilità genitoriale come dovere/diritto degli adulti
genitori. «entrambi i genitori hanno la responsabilità
genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto
delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni
del figlio.
Vi è costante attenzione nel coinvolgere entrambi i genitori
nelle decisioni e nell’ascolto verso il figlio, al di là della
minore età.
Diritti dei minori
Testo «Diritto di famiglia e minorile» a cura di Cascone,
Ardesi , Giocanda