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DIRITTO DI FAMIGLIA

E MINORILE
Elena Fontana
Fare famiglia
 Famiglia come dimensione privata, isola di pace, sentimento
come priorità. Rifugio dal mondo esterno, difficile se non
nemico.
 Questa immagine è in parte un mito: lo Stato regola i rapporti
all’interno della famiglia.
 Matrimonio, divorzio, separazione, filiazione, norme di
successione sono esempi di come sia lo Stato a «dettare» legge
in famiglia.
 Chiara Saraceno sottolinea che lo stato interviene oltre che con
la legislazione anche con le politiche sociali.
 «…il sentimento della famiglia si presenta come una delle grandi forze
del nostro tempo.»
 Sono parole di Philippe Ariès, famoso storico francese e studioso della
famiglia e dei costumi sociali, scritte nel 1960, ma definiscono un
ritratto ancora attuale del dibattito intorno al tema famiglia.
 Si tracciano altri modi di «fare famiglia», di concepire la vita in
comune, la cura dei figli , gli spazi comuni ma rimane una funzione
importante della dimensione famigliare.
 In Italia e nei paesi europei la forma della famiglia muta: famiglie
formate dalle coppie di fatto, da coppie omosessuali, famiglie
ricostituite e frutto di diversi matrimoni.
 Il diritto evolve in stretta relazione con l’evoluzione del concetto di
famiglia. Dagli anni ‘60 lo sviluppo economico , l’intensificazione
degli scambi commerciali e dei contatti con altre culture, provocano un
repentino cambiamento dei costumi sociali. Di conseguenza si
determina un cambiamento anche della struttura sociale e giuridica
della famiglia.
 Il legislatore segue la traccia segnata dai nuovi modelli culturali e
sociali e abbraccia la tesi della tutela dei soggetti più deboli all’interno
della famiglia.
 In questo panorama si inserisce la Convenzione di New York del 1989
che mette in scena per la prima volta il «superiore interesse del
fanciullo».
Famiglia e Costituzione
 Art 29 1.La Repubblica riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio. 2.Il
matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità
familiare.
 Art 30 1.E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed
educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio. 2. Nei casi di
incapacità dei genitori la legge provvede a che siano assolti i
loro compiti. 3. La legge assicura ai figli nati fuori dal
matrimonio ogni tutela giuridica e sociale. 4. La legge detta le
norme e i limiti per la ricerca della paternità.
 Art 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
 Art 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre
provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei
compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli
istituti necessari a tale scopo.
 Art 36 Il lavoratore ha diritto a una retribuzione che possa
assicurare a lui e alla sua famiglia un’esistenza dignitosa.
Atti internazionali
 I tre atti internazionali fondamentali che determinano i diritti dei più
fragili nella famiglia:
 La dichiarazione dei diritti dei bambini, Nazioni Unite 1924
 La dichiarazione dei diritti del fanciullo, Assemblea Nazioni Unite
1959
 La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo Nazioni
unite 1989 (Convention on the Rights of the Child, CRC)
 Mentre i primi due atti enunciano solo principi, non vincolanti,
l’ultima nel momento in cui entra in vigore vincola tutti gli stati che
l’hanno ratificata a convertita in legge.
 La nuova concezione dell’infanzia modifica e influenza
anche l’interpretazione dei diritti dei bambini
 I bambini non son più solo i destinatari dei doveri dei
genitori ma anche titolari di diritti specifici
 Nei documenti internazionali sono visibili questi
cambiamenti: passiamo dalla dichiarazione del 1924 in cui i
minori son oggetto della protezione da parte degli adulti, alla
CRC in cui il bambino è vero soggetto di partecipazione.
Due modelli
 Si individuano oggi due modelli di regolazione giuridica e status dei minori:
uguaglianza e parità, differenza e tutela.
 Nel primo modello, definito orientamento «paternalistico», sono gli adulti in
particolare le figure autorevoli , (genitori, insegnanti) a decidere cosa sia bene
per i bambini.
 Nel secondo, definito orientamento all’autonomia o all’autodeterminazione , si
pensa che siano i bambini a doversi esprimere, ad avere un controllo sulle scelte
che li riguardano, anche se tali decisioni possono entrare in conflitto con il
parere dell’adulto.
 Nella Convenzione di New York vedremo come le due posizioni convivono :
emerge la dimensione della protezione nelle situazioni che lo richiedono,
cercando di non dimenticare l’uguaglianza e la rappresentazione dei bambini
come soggetti di diritto.
La Convenzione ONU 1989
 Fu approvata dall’Assemblea generale delle nazioni Unite il
20 novembre 1989
 La convenzione è uno strumento giuridico e un riferimento
importante che riassume cinquant’anni di diritti dei minori
 La creazione della Convenzione è ricordata ogni anno, il 20
novembre, come la Giornata internazionale per i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza.
 Nota per le tre P: Protection , Provision , Partecipation
 PROTEZIONE contro ogni pratica di sfruttamento, abbandono,
abuso nei diversi ambiti della vita quotidiana dei bambini
(famiglia, lavoro , scuola ,giustizia, associazionismo)
 PROVISION (provvedere) riservata al diritto di accesso e utilizzo
delle strutture utili a garantire il benessere dei minori, materiale,
psichico, sociale e relazionale attraverso la partecipazione ai
processi scolastici, alle cure sanitarie e in generale ai servizi
sociali o psicologici
 PARTECIPAZIONE per il diritto di ascolto, partecipazione e
espressione nelle decisioni che riguardano individualmente o
collettivamente la vita dei bambini.
La storia
 La CRC ha avuto una lunga evoluzione:
 1924 per la prima volta si fa riferimento ai bambini in quanto tali
nella Dichiarazione di Ginevra, riconosciuta a livello Internazionale,
che includeva la dichiarazione dei diritti del fanciullo
 1959 Dichiarazione sui Diritti del Bambino promulgata
Dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in vigore tutt’oggi
 Il processo che conduce alla CRC si sviluppa grazie a :
 La nuova concezione e rappresentazione dei bambini
 Il rafforzamento del diritto internazionale
CRC
 E’ composta da 54 articoli ed ha costituito il vero salto di
qualità per una cultura dei minori nel mondo.
 I più rilevanti concetti:
 1) ha comportato che i minori non fossero più considerati
solo come oggetti di protezione e tutela ma come soggetti di
diritto;
 2) contiene norme di carattere programmatico e tocca diritti
civili , politici , sociali e culturali.
 La CRC viene firmata da 61 Stati, l’ultima la Somalia.
 Il n di 20 Stati rendeva già attuativa la Convenzione
 La CRC viene definita strumento di «hard law», legalmente
vincolante per i paesi che la sottoscrivono.
 L’Italia la attua con la legge 27/5/1991 n 176 «Ratifica ed
esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a
New York 1989» , in pratica vengono riportati i 54 articoli
della Convenzione ratificati in legge italiana.
 In Italia quindi la convenzione viene ratificata circa due anni
dopo, 1991, e verranno rispettati i diritti enunciati nelle
varie leggi che seguiranno, riguardanti i diritti dei bambini.
 Ogni stato firmatario è tenuto a ratificare la CRC con una
legge successiva, e l’ONU controllerà, con un apposita
commissione di controllo, che i vari stati rispettino le
direttive contenute nella Convenzione e che il benessere dei
bambini venga sempre posto in primo piano.
Il contenuto
 I diritti sono raccolti in un documento onnicomprensivo, senza
suddivisioni perché ogni articolo è di uguale importanza
 E’ la il primo strumento di tutela internazionale a sancire le
diverse tipologie di diritti umani: civili, culturali, economici,
politici e sociali
 Si avvale di articoli rivolti alla protezione contro l’abuso e lo
sfruttamento, impegnandosi a far sì che il bambino possa far
valere il proprio pensiero
 Il primo articolo definisce che per bambino s’intende ogni essere
umano al di sotto dei 18 anni
Quattro principi fondamentali
 Principio di non discriminazione: l’art 2 impegna tutti gli Stati ad assicurare i diritti
sanciti a tutti i bambini, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione,
opinione del bambino o dei genitori
 Superiore interesse del bambino: l’art 3 prevede che ogni decisione, azione
legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza
sociale, l’interesse superiore del bambino dev’essere una considerazione preminente
 Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo. L’art 6 prevede da parte degli stati del
diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili,
la sopravvivenza e lo sviluppo
 L’ascolto delle opinioni del bambino: l’art 12 prevede il diritto dei bambini ad essere
ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano, soprattutto in ambito legale.
L’attuazione del diritto comporta il dovere per gli adulti di ascoltare il bambino
capace di discernimento e di tenere in considerazione le opinioni.
 La CRC si occupa anche di giustizia penale minorile, ossia di
minori accusati, imputati o condannati per aver commesso un
fatto che costituisce reato
 Gli articoli che si occupano di questo sono: l’art 37 sui «minori
privati di libertà», l’art 39 sul «reinserimento sociale dei minori
vittime di qualsivoglia forma di violenza» e l’art 40 sui «minori
autori di reato»
 Questi articoli contengono i principi cardine per costruire una
giustizia minorile che rispetti i diritti del minore autore di reato,
in ogni fase del procedimento penale e nelle fasi successive, come
l’esecuzione della condanna e il reinserimento sociale.
Diritto di espressione
 Esprimersi è sinonimo di libertà, i bambini imparano a
parlare in modo graduale ma consapevole.
 Hanno diritto ad essere ascoltati soprattutto quando
esprimono opinioni o scelte differenti da quelle degli adulti
 La CRC presta molta attenzione alla partecipazione del
bambino e del poter prendere parte a questioni che lo
riguardano
 Viene considerata l’infanzia come un periodo delicato che
richiede la creazione di condizioni favorevoli alla crescita
 Il bambino deve essere capace di esprimere la propria
opinione senza pressione o influenze esterne, in tal caso non
viene legalmente presa in considerazione.
 L’idea del bambino come attore sociale comporta il suo
attivo coinvolgimento anche nei processi di socializzazione
della nostra odierna società
 un’idea d’infanzia consapevole comporta la conseguente
attribuzione di diritti ai minori di «dire la loro» non solo
nelle situazioni giuridiche ma anche nei normali contesti
della loro vita.
Il matrimonio nel nostro
ordinamento giuridico
 Con il termine matrimonio si intende l’atto che coincide con
la celebrazione, e pur essendo un atto espressione di libertà
della persona è lo Stato a curarne e regolarne l’effettiva
realizzazione.
 Il diritto di contrarre liberamente matrimonio è tutelato negli
art 2,3 e 29 della Costituzione.
 Questa libertà è citata anche in altre fonti: ad esempio l’art.
16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e art.
9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
Riforma del diritto di famiglia
La riforma dl diritto di famiglia italiano è datata 1975.

Con la legge n 151/1975 si modifica sostanzialmente la disciplina


del diritto di famiglia italiano attraverso la modifica di alcuni
articoli del codice civile italiano.

Le principali novità:
 Il passaggio dalla potestà del marito alla potestà (ora
«responsabilità genitoriale») condivisa dei coniugi
 L’eguaglianza tra i coniugi (si passa dalla potestà maritale
all’eguaglianza fra coniugi)
 Il regime patrimoniale della famiglia ( separazione dei beni o
comunione legale/convenzionale)
 La revisione delle norme sulla separazione personale dei
coniugi (dalla separazione per colpa si passa alla separazione
per intollerabilità della prosecuzione della convivenza)
 L’abbassamento dell’acquisizione della maggior età da 21 a
18 anni.
Codice civile e matrimonio
 Il Codice Civile disciplina le condizioni necessarie per contrarre
matrimonio:
 Età: art 84 c.c. «i minori di età non possono contrarre matrimonio» Solo il
Tribunale, su istanza dell’interessato e sentiti il Pubblico Ministero, i
genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio
autorizzare il matrimonio a chi abbia compiuto 16 anni. Non è fissato un
limite di età.
 Interdizione per infermità di mente : art. 85 c.c. «non può contrarre
matrimonio l’interdetto per infermità di mente».
 Libertà di stato: art.86 c.c. «non può contrarre matrimonio chi è vincolato
da un matrimonio o da un’unione civile dello stesso sesso precedente» Ciò
è vincolo anche per gli stranieri
 Parentela, affinità, adozione : art. 87 c.c. dispone che non
possano contrarre matrimonio tra loro fratelli, sorelle, zii, figli
adottivi e figli biologici, i figli adottivi della stessa persona.
 Delitto: art 88 c.c. «non possono contrarre matrimonio tra loro le
persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio
consumato o tentato sul coniuge dell’altra»
 Divieto temporaneo di nuove nozze art 89 c.c. «non può
contrarre matrimonio la donna, se non dopo 300 giorni dallo
scioglimento del precedente matrimonio» questo articolo si fonda
sull’esigenza di evitare l’incertezza sulla paternità della prole.
Le fasi
 La pubblicazione : lo scopo della pubblicazione è di portare a
conoscenza di terzi il matrimonio che si sta per celebrare,
consentendo ai legittimati di proporre opposizione, art 102
c.c. (genitori, altri ascendenti, l’altro coniuge della persona
che vuole contrarre un nuovo matrimonio).
 Tre fasi: 1) richiesta di pubblicazione 2) affissione 3)
certificazione dell’avvenuta pubblicazione. Le pubblicazioni
rimangono affisse 8 giorni presso l’albo pretorio, dopo questo
tempo l’ufficiale di stato civile rilascia la pubblicazione di
avvenuta pubblicazione. Il matrimonio dev’essere celebrato
entro i 180 giorni successivi, art 99 c.c.
Lo scioglimento del matrimonio
 Nella nostra legislatura, anche successivamente alla legge 6 maggio
2015, n 55 (divorzio breve), non è mai consentito ottenere in via
immediata il divorzio; i coniugi devono necessariamente transitare
per la procedura di separazione.
 Ai sensi dell’art 149 c.c. «scioglimento del matrimonio» tre
situazioni possono portare alla rottura del matrimonio: 1) la morte di
un coniuge, 2) il divorzio 3)l’annullamento del matrimonio.
 Il successivo art 150 c.c. «separazione personale» recita che : 1) è
ammessa la separazione personale dei coniugi, 2) la separazione può
essere giudiziale o consensuale, 3) il diritto di chiedere la separazione
giudiziale o consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
 Al termine del procedimento il giudice autorizza i coniugi a
vivere separati e determina le condizioni per l’affidamento
dei figli, l’assegnazione della casa coniugale e l’eventuale
assegno di mantenimento in favore di un coniuge e dei figli.
 La fase di separazione è sempre un momento delicato per
tutti i componenti della famiglia, richiede capacità di
mediazione e responsabilità da parte di tutti gli adulti
coinvolti.
La separazione giudiziale
 Si accede a questo tipo di separazione quando l’accordo tra i coniugi
non sussiste. L’art 151 c.c. stabilisce che sia il giudice del Tribunale
Ordinario a prendere alcune decisioni relativi alla prole (affidamento
(di regola) condiviso, diritto e modalità di visite, mantenimento)
tenendo presente il solo interesse di quest’ultima.
 Il giudice può decidere anche per un affidamento dei figli a un solo
genitore, se ritiene che l’affido all’altro sia contrario all’interesse del
minore, art 337 c.c. Questa richiesta può essere presentata anche da uno
dei genitori.
 Più comunemente, dopo la legge n 54 del 2006 (Disposizioni in
materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli),
entrambi i genitori condivideranno la responsabilità genitoriale.
 La legge n 54 del 2006 stabilisce il «principio di bigenitorialità»
che generalmente prevede che entrambi i genitori rimangano
presenti nella vita del figlio, anche a livello di responsabilità e
decisionalità.
 Stabilisce il diritto per il minore a essere accudito ed educato da
entrambi i genitori, ribadendo la sua centralità e il suo superiore
interesse.
 Come situazione estrema la legge stabilisce anche l’affidamento
a terze persone o ai servizi sociali. Ciò avviene quando nessuno
dei genitori sia in grado di occuparsi della prole.
 Il giudice stabilisce altresì che i genitori debbano provvedere
al mantenimento del figlio in proporzione al proprio reddito
tenendo in considerazione: le attuali esigenze del figlio, il
tenore di vita goduto fino a quel momento, i tempi di
permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche
di entrambi i genitori, la valenza economica dei compiti
domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
 I genitori possono chiedere in ogni momento la revisione
delle disposizioni in atto, motivando la richiesta.
La separazione consensuale
 L’art 150 c.c. prevede anche la modalità consensuale della separazione
legale, in cui i coniugi si accordano riguardo ai loro rapporti e
chiedono al tribunale in cui hanno avuto la loro ultima comune
residenza di vivere separati.
 Indicheranno anche gli accordi significativi concordati rispetto alla
prole (affidamento e regime visite), all’assegnazione della casa
coniugale , ecc).
 I coniugi possono accordarsi rispetto alla loro separazione ma la stessa
non avrà valore senza l’omologazione del giudice.
 Il presidente del Tribunale fisserà una udienza di comparizione dei
coniugi nel corso della quale esperirà il tentativo di riconciliazione.
Divorzio breve
 La legge n. 55/2015 (la legge sul cd «divorzio breve»)
definisce che la coppia in crisi che sceglie di separarsi in
modo consensuale non ha l’obbligo di presentarsi davanti a
un giudice facendo si che ottenere lo scioglimento definitivo
del matrimonio sia più veloce. Il periodo di separazione
necessario per presentare la domanda di divorzio è sceso a
sei mesi in caso di accordo e di dodici in caso di
conflittualità. Ciò prescinde dalla presenza o meno di figli.
 Questa legge non elimina la fase di separazione che rimane
una tappa obbligata.
Unioni civili e convivenze
 La legge n 76 del maggio 2016 «Regolamentazione delle unioni
civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»
nasce da un vivace dibattito e spesso è stata indicata con il nome
della senatrice prima firmataria in Parlamento: Monica Cirinnà.
 Questa legge regolamenta l’unione civile tra le persone dello stesso
sesso, qualificate come «specifiche formazioni sociali» che potranno
usufruire di un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico
denominato unione civile.
 La legge regolamenta anche le convivenze di fatto, con l’iscrizione
all’anagrafe e la possibilità di stipulare contratti di convivenza.
 L’unione civile tra persone dello stesso sesso costituisce oggi una «specifica
formazione sociale» di tipo familiare, ai sensi della Costituzione, art 2 (diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali) e art. 3 (pari
dignità sociale dei cittadini senza distinzione di sesso).
 Le unioni civili sono riservate ai maggiorenni
 La richiesta di costituzione dell’unione civile è presentata all’ufficio dello stato
civile del comune scelto dalla coppia.
 Il richiedente deve fornire all’amministrazione tutti i dati previsti e dichiara non vi
siano gli impedimenti previsti dalla legge. L’ufficiale di stato civile deve verificare
entro 30 giorni l’esattezza delle dichiarazioni. Da quel momento le parti possono
presentarsi, fissando una data, per costituire l’unione alla presenza di due testimoni.
 Le parti possono dichiarare di assumere un cognome comune scegliendo
tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune
il proprio , facendone dichiarazione all’ufficiale di stato civile.
 Possono scegliere la separazione dei beni, altrimenti la legge prevede la
comunione dei beni. l’ufficiale di stato civile infine iscrive l’atto di
costituzione dell’unione civile nel registro delle unioni civili, atto che verrà
letto, sottoscritto dalle parti, dai testimoni e dall’ufficiale dello stato civile.
 Non sono necessarie le pubblicazioni, come invece nel matrimonio, quindi
formalmente non ci si può opporre all’unione
 Le cause di scioglimento sono le stesse previste per lo scioglimento del
matrimonio.
Adozione del figlio del partner
 Per le coppie dello stesso sesso la legge Cirinnà esclude la
possibilità dell’adozione o dell’affidamento.
 Non può quindi il partner adottare il figlio del suo
compagno/compagna, anche se quotidianamente convivente con
il nucleo famigliare
 Su questo tema vi è però una disputa giurisprudenziale tra chi
sostiene che si possa procedere in questi casi con un’adozione
applicando l’art 44 della legge 184 del 1983 (adozione in casi
particolari) come il Tribunale dei minori di Roma, e chi
diversamente esclude tale possibilità, vedi il Tribunale dei minori
di Torino
Disciplina delle convivenze
 Sempre con la l 76 del 2016 il legislatore ha proceduto ad una
disciplina della famiglia fondata sulla convivenza di fatto di due
persone, sia eterosessuali che omosessuali.
 La maggiore età è il primo presupposto, a seguire la stabilità della
coppia da intendersi soprattutto di tipo affettivo, con volontà di
assistenza morale e materiale, senza che ciò significhi
coabitazione.
 Al convivente sono riconosciuti i diritti spettanti al coniuge, ad
esempio «diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di
accesso alle informazioni personali» in caso di malattia e
ricovero.
Segue…
 Vi sono vari diritti del convivente che, ad esempio in caso di
morte del convivente, ha facoltà di succedere nel contratto di
locazione già stipulato o di continuare ad abitare nella casa
di proprietà del defunto.
 In ordine al regime patrimoniale il legislatore non ne impone
alcuno, sono le parti a definirlo.
 Art 1 della l 76/2016 : «il contratto , le sue modifiche e la sua
risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità,
con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione
autenticata da un notaio o da un avvocato»
Il rapporto di filiazione
 La storia della filiazione è stata per molto tempo legata al
riconoscimento del matrimonio come unica forma legittima di
«fare famiglia».
 Vi era disparità di trattamento nel nostro diritto di famiglia tra i
cosiddetti figli legittimi e illegittimi, quest’ultimi poi definiti
«naturali»
 Con la l 219 del 12/2012 «Disposizione in materia di
riconoscimento dei figli naturali» e il successivo decreto attuativo
n 154 del 12/2013 «Revisione delle disposizioni in materia di
filiazione», si attua una definizione paritaria nei rapporti di
filiazione, un unico stato giuridico, quello di figlio.
Questa legge, pur essendo composta di soli sei articoli, ha
introdotto modifiche importanti nella disciplina della filiazione,
come una riforma oramai indispensabile dopo molti anni dalla
prima grande riforma del diritto di famiglia.

In sintesi le maggiori novità:


 sancisce che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico
 la conseguente eliminazione nel codice civile della
definizione legittimo o illegittimo, con la sostituzione del
semplice termine «figlio»
 L’estensione del vincolo della parentela anche in caso di filiazione avvenuta al dì
fuori del matrimonio

Le principali novità introdotte dal successivo d.lgs :

Il superamento del nozione di potestà genitoriale con la sostituzione di


responsabilità genitoriale

La disciplina delle modalità di esercizio dell’ascolto del minore

La modifica in termini di successioni, con la soppressione del diritto esclusivo dei


figli legittimi

Quindi il nostro ordinamento prevede oggi un unico stato giuridico di filiazione,


come previsto nell’art 315 c.c.
 I principi fondamentali 1) il favore per la verità genetica governa
la formazione dello stato attuale di filiazione, facendo sì che il
rapporto giuridico abbia come fondamento il rapporto biologico,
e coincida con questo. 2) la responsabilità per il fatto della
procreazione(art 30 Costituzione) quando due persone
concepiscono un figlio questo porta responsabilità genitoriali. E’
su questo principio che i figli hanno diritto a ottenere che il
rapporto di filiazione sia costituito anche contro la volontà del
genitore che non li ha riconosciuti, con la dichiarazione
giudiziale di paternità. 3) il diritto dei figli a crescere nella
propria famiglia, di essere educati, assistiti, istruiti, mantenuti. A
questo diritto del figlio è speculare l’obbligo dei genitori
4) la priorità dell’interesse del minore è un principio generale
che governa tutto il diritto minorile

 Nel caso di figli nati fuori dal matrimonio non opera alcuna
presunzione di paternità, quindi il riconoscimento dev’essere
attuato come atto necessario da parte di chi voglia attestare il
fatto della generazione.
 Sul campo dell’interesse del minore, rispetto al
riconoscimento tardivo di genitorialità, vi sono due
orientamenti: chi ritiene che per il minore avere entrambi i
genitori sia positivo a priori, chi invece pensa che il giudice
debba verificare se la richiesta di paternità o maternità debba
essere assolta. Se il minore ha compiuto i 14 anni deve essere
chiesto il suo assenso, se non li ha ancora compiuti deve
esserci l’assenso del genitore che lo ha riconosciuto. Di fronte
al rifiuto il genitore che vuole riconoscere tardivamente deve
rivolgersi al tribunale
 Competente in tale materia è il Tribunale Ordinario
La protezione delle persone
incapaci
 Il codice civile apre con l’art 1 «la capacità giuridica sia acquista
al momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore
del concepito sono subordinati al momento della nascita»
 La capacità di agire si differenzia dalla capacità sopradetta. L’art
2 c.c. recita : «La maggior età è fissata al compimento del
diciottesimo anno. Con la maggior età si acquista la capacità di
compiere tutti gli atti per cui non sia stabilita un’età diversa».
Ciò implica la possibilità di compiere atti giuridici importanti
sia per la vita personale che patrimoniale. Prima dei diciotto
anni sono i genitori o il tutore a esercitare i diritti del minore.
 Può capitare però che una persona non sia realmente in grado
di valutare le conseguenze degli atti che compie.
 In questa prospettiva il nostro ordinamento giuridico mette a
disposizione tre strumenti di protezione : l’amministrazione
di sostegno, l’interdizione e l’inabilitazione.
 Legge n 6/2004 «misure di protezione delle persone prive in
tutto od in parte di autonomia» sostituisce la precedente
norma definendo un nuovo strumento di aiuto,
l’amministratore di sostegno.
Principi che caratterizzano l
6/2004
 Protezione adeguata con la minima invasività . Con un cambio rispetto al passato la
nuova legge si orienta sviluppando l’idea di un intervento minimale, discreto,
rispettoso che conservi il più possibile la libertà d’azione del soggetto. La legge è
orientata a contrastare l’emarginazione dei soggetti più deboli, le cui fragilità possono
portare all’incapacità di gestire il proprio patrimonio e la cura della propria persona.
 Residualità delle misure dell’interdizione e dell’inabilitazione: all’interdizione si
dovrà ricorrere solo in casi eccezionali, agendo già con sufficiente tutela con
l’amministratore di sostegno
 Flessibilità delle misure di protezione: lo strumento dell’amministratore di sostegno
dovrà essere modellato sui bisogni della persona in particolare, con particolare
duttilità
 Dignità delle persone : il filo conduttore della legge il rispetto della persona in
difficoltà, nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo
 Riconoscimento e valorizzazione delle capacità residue. In questa
direzione và ad esempio l’obbligo dell’amministratore di sostegno
di informare tempestivamente il beneficiario degli atti da compiere
e, in caso di dissenso, il Giudice tutelare.
 Non stigmatizzazione: il legislatore, con intento pedagogico e
culturale, usa un linguaggio adeguato, evitando termini negativi,
introducendo termini di carattere inclusivo. Protezione, sostegno,
cura, autonomia, beneficiario.
 Estensione dei potenziali beneficiari: il regime di protezione è stato
esteso anche a persone come anziani, portatori di handicap, oppure
persone affette da infermità psichica, anche parziale o temporanea.
La responsabilità genitoriale
 Con la legge sulla filiazione il legislatore ha definito il lungo percorso rispetto al ruolo del
genitore, passando dal concetto obsoleto di potestà a quello più attuale di responsabilità
genitoriale nell’educazione e nella crescita dei figli.
 La patria potestà fondava le sue basi in un modello sociale in cui la figura del padre aveva
un predominanza decisionale nella famiglia e alla madre competeva l’esercizio solo in
caso di morte del marito.
 La costituzione aveva già dato riscontri in questa direzione (art 30) : entrambi i genitori
hanno doveri e diritti rispetto ai figli.
 Nel c.c. del 1942 era citato il dovere dei genitori di istruire e educare la prole oltre che in
base ai «principi morali» al «sentimento nazionale fascista» e prima della riforma del
diritto di famiglia (1975) ci si era limitati a eliminare l’ultima parte lasciando i principi
della morale.
 Neppure con la legge sull’affidamento condiviso (2006) si interviene sulla potestà,
limitandosi a dire «la potestà dei genitori è esercitata da entrambi i genitori»(art 155)
 Il termine responsabilità si nota nella Convenzione di New
York sui diritti del fanciullo (1989) e la legge sulla filiazione
ha unificato lo stato di «figlio» introducendo il concetto di
responsabilità genitoriale come dovere/diritto degli adulti
genitori. «entrambi i genitori hanno la responsabilità
genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto
delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni
del figlio.
 Vi è costante attenzione nel coinvolgere entrambi i genitori
nelle decisioni e nell’ascolto verso il figlio, al di là della
minore età.
Diritti dei minori
 Testo «Diritto di famiglia e minorile» a cura di Cascone,
Ardesi , Giocanda

Pagine 244, 245, 246, 247


Le competenze dei tribunali nella
genitorialità
 Il tribunale dei minorenni nasce nel 1934 e vede nascere un
giudice specializzato sulle problematiche famigliari. Si
delineano subito tre aree : penale civile e amministrativo.
 Le decisioni vengono prese con modalità collegiale, in una
Camera di Consiglio, con la presenza di quattro giudici, due
togati e due onorari, l’applicazione dei decreti vede poi un
giudice «relatore» responsabile del procedimento.
 Le principali competenze del Tribunale dei Minorenni vedi
testo Cascone pag 256
Tribunale ordinario
 Queste le principali competenze del Tribunale Ordinario
vedi testo Cascone pag 257

 Le competenze del Giudice tutelare


 Vedi testo Cascone pag 258
Tribunale dei minori : il PMM
 Il ruolo del pubblico ministero dei minorenni ha un potere
straordinario: quello di far osservare le leggi.
 La procura minorile è il luogo in cui i servizi sociali, ma anche i privati,
fanno pervenire tutte le segnalazioni di minori in stato di abbandono.
 Il PM può quindi, ove ne ravvisi la necessità, attivare un procedimento
civile a tutela di un diritto altrui, nel nostro caso di persone minori di
età.
 Nella pratica minorile son due i principali poteri di impulso
processuale: l’iniziativa relativa alle procedure di controllo (art 336
c.c.) e quello relativo al procedimento di adottabilità (art 9 l 184 del
1983)
 La segnalazione al Pm da parte dei servizi sociali è obbligatoria ,
il Pm può vagliare tale segnalazione attraverso una raccolta di
informazioni da parte dei servizi sociali, l’indagine sociale, prima
di decidere se passare il fascicolo al tribunale o archiviare
 Il nostro ordinamento ritiene obbligatoria la segnalazione al Pm
ogni qualvolta un minore è in stato di abbandono (art 9 l
184/83),che esercitano la prostituzione, minori stranieri vittime di
tratta.
 L’obbligo della segnalazione è da parte di tutti i pubblici ufficiali,
gli incaricati di pubblico servizio o chi esercita un servizio di
pubblica necessità.
Legge n 149/2001 modifiche
alla legge 184/1983
 Art 9: «Chiunque ha facoltà di segnalare all’autorità pubblica
situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali,
gli incaricati di pubblico servizio, gli esercenti un servizio di
pubblica necessità, debbono riferire al più presto al
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i
Minorenni in cui il minore si trova, sulle condizioni di ogni
minore in situazione di abbandono di cui vengano a
conoscenza in ragione del proprio ufficio.
L’art 403 del codice civile
 «Intervento della pubblica autorità a favore dei minori» è lo
strumento più immediato per fronteggiare le situazioni in cui un
bambino è in pericolo e dev’essere allontanato dalla sua famiglia
( abbandonato, maltrattato, o affidato a persone non in grado di
provvedere alla sua salute psichica e fisica)
 La pubblica autorità è solitamente rappresentata dal sindaco che
si avvale dei servizi sociali o delle forze dell’ordine.
 Una volta che il minore è al sicuro, l’autorità che ha operato
l’allontanamento deve informare il PM, che trasmette gli atti al
Tribunale. Solitamente entro 15 giorni il tribunale emetterà un
decreto.
Articolo 403 c.c.
 Intervento della pubblica autorità in favore di minori
«Quando il minore è moralmente o materialmente
abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi,
oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o
per latri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui,
la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione
dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si
possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione»
Articolo 330 codice civile
 Decadenza dalla responsabilità genitoriale «il giudice può
pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale
quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o
abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In
tal caso , per gravi motivi, il giudice può ordinare
l’allontanamento del figlio dalla residenza famigliare ovvero
l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o
abusa del minore.
Articolo 333 codice civile
 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli Quando la
condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare
luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’articolo 330,
ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice,
secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti
convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui
dalla residenza famigliare ovvero l’allontanamento del
genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Tali
provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Legge n 184 / 1983
 La legge n 184/1083 «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento
familiare» nella prima parte delinea l’istituto dell’affidamento familiare e
nella seconda quello dell’adozione, è stata poi modificata per alcuni aspetti
con la legge n 149/2001 «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n 184»
 Le più rilevanti: 1) il riconoscimento della preferenza accordata ad
affidamenti familiari o a persone singole e la subordinazione all’inserimento
in comunità all’impossibilità di reperire famiglie o persone singole
2)l’esplicitazione dei diritti e dei doveri degli affidatari, il riconoscimento a
essere coinvolti nelle procedure 3)l’obbligatorietà della durata temporanea
dell’affido con un termine massimo di 24 mesi (rinnovabile) 4)l’obbligo di
assistenza del servizio sociale durante il periodo di affido 5) l’obbligo di
relazionare semestralmente all’autorità giudiziaria rispetto all’andamento
dell’affido 6) l’obbligo entro il 31 dicembre 2006 di chiusura degli istituti.
Diritto del minore ad una
famiglia
 Interessante il fatto che il titolo della legge venga modificato
con «Diritto del minore ad una famiglia», il legislatore pone
l’attenzione al prioritario diritto del bambino a crescere in
una famiglia, la propria o un’altra. Quindi nel caso in cui il
minore non può crescere nel proprio nucleo sarà necessario
ricorrere agli istituti dell’affido o dell’adozione.
 In quest’ottica l’affidamento costituisce una misura
temporanea, volta a favorire il recupero della relazione del
bambino con la sua famiglia d’origine.
 Il provvedimento che ne dispone l’avvio deve contenere il
presumibile periodo di durata dell’affido, rapportabile agli
interventi dei servizi sociali e psicologici per recuperare, se
possibile, la famiglia d’origine
 La legge 184 disciplina due percorsi per arrivare all’affido: una
fondata sul consenso con i genitori del minore (consensuale),
l’altra stabilita dall’autorità giudiziaria (giudiziale)
 . L’art 4 della legge prevede che nel caso di mancanza del
consenso «provvede il tribunale dei minorenni» applicando gli
art 330 e seguenti del c.c.
Affidamento consensuale
 L’affidamento è disposto dal servizio sociale della residenza
della famiglia, in questo modo si da’ atto al principio della
costituzione in cui lo Stato protegge l’infanzia mettendo a
disposizione delle famiglie gli aiuti necessari nei momenti di
difficoltà.
 La famiglia può spontaneamente affidare il figlio a parenti fino
al quarto grado, però ciò non deve configurarsi come forma di
abbandono. La forma spontanea a privati è concessa solo se si
esaurisce entro sei mesi, dopo questo periodo è obbligo sia dei
genitori che dell’ affidatario dare comunicazione alla procura
della Repubblica del Tribunale dei Minori
 Art 4 prevede che sia sentito il minore che ha compiuto gli
anni 12 e anche il minore di età inferiore, considerando la
sua capacità di discernimento.
 La legge impone che il minore sia sentito e preparato, questo
significa che l’assistente sociale responsabile del
procedimento dovrà spiegare e raccogliere le sue domande,
aiutandolo a capire le decisioni assunte, in modo che questa
decisone che così da vicino lo coinvolge possa essere
condivisa e non subita.
 Il servizio sociale deve condividere con le varie istanze (famiglia
d’origine affidatari, bambino), un progetto di affidamento, atto
formale che deve prevedere vari punti vedi Cascone pag 299
 Il provvedimento viene condotto nella fase istruttoria
dall’assistente sociale, e sarà sottoscritto dal sindaco o da chi lo
rappresenta (assessore o responsabile del servizio)
 L’ordinanza verrà inviata al Giudice Tutelare che renderà
l’affidamento esecutivo con un decreto.
 Quindi l’assistente sociale predisporrà il «progetto di
affidamento» vedi Cascone pag 302
Affidamento giudiziale
 Nel caso in cui i genitori non siano d’accordo nell’affidare il
minore a terzi, e vi siano le condizioni per farlo, la legge prevede
che il tribunale dei Minori intervenga per l’applicazione degli art
330 e seguenti (art 4 legge 184/1983).
 Il servizio sociale competente dovrà comunicare con una relazione
alla Procura delle Repubblica del Tribunale dei Minori del proprio
territorio, la situazione famigliare momentaneamente inidonea per
il bambino.
 Il procedimento si concluderà con l’emissione di un decreto del
Tribunale dei Minori, in cui verranno indicati tempi e modi del
progetto affido ( modalità di visite con i genitori, la durata, ecc)
 E’ rilevante che l’art 2 della legge 184/1983 citi le «relazioni
affettive» come bisogno del bambino che dev’essere garantito.
 Nello specifico dell’affido famigliare le famiglie affidatarie devono
offrire affetto e vicinanza al bambino senza dimenticare, e senza
ostacolare, il suo bisogno di rimanere in contatto con la famiglia
d’origine.
 La preparazione dei soggetti affidatari è molto importante per la
riuscita del progetto affido.
 Vi è un contributo economico alle famiglie affidatarie, erogato
dall’ente locale, come riconoscimento del valore pubblico della loro
disponibilità.
Termine affidamento famigliare
 La legge prevede che l’affido abbia un termine, nel momento
in cui, valutato l’interesse del minore e le condizioni della
sua famiglia d’origine, sia possibile un ritorno a casa.
Oppure quando la prosecuzione del progetto rechi danno al
minore.
 Viceversa se la fine dell’affido potrebbe recare pregiudizio al
minore la sua durata può essere prorogata dall’autorità
giudiziaria.
 La legge non prevede per quante volte l’affido possa essere
prorogato.
Diritto alla continuità affettiva
 La legge n 173/1915 modifica la legge 184/1983 introducendo il
«diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido
famigliare»
 Art 5 recita che se nel periodo di affidamento il minore sia dichiarato
adottabile e se la famiglia affidataria chiede di poterlo adottare, il
tribunale dei minori deve tener conto «..dei legami affettivi
significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il
minore e la famiglia affidataria.»
 Art 5 precisa che per assumere questa decisione il giudice terrà conto
delle valutazioni dei servizi sociali e psicologici e dovrà sentire il
minore di anni 12 o di età inferiore se capace di discernimento.
L’adozione
 L’adozione diviene negli anni l’istituto giuridico per rispondere
al diritto del minore, in stato di abbandono accertato, di avere una
nuova famiglia che garantisca i suoi diritti e il suo adeguato
sviluppo.
 L’adozione nazionale e l’adozione in casi particolari viene
applicata non solo ai minori di cittadinanza italiana ma anche a
tutti i minori sul territorio nazionale, a prescindere dalla loro
nazionalità.
 Lo stato di adottabilità, essendo un atto molto importante, viene
applicato con molta rigorosità, quando ogni riscontro obbiettivo
rispetto alla famiglia d’origine sia stato valutato.
 Non devono esserci parenti entro il quarto grado che siano idonei
a provvedere al minore, quindi questi parenti nel caso di apertura
dell’adottabilità debbono fare domanda al giudice, e saranno
valutati dai servizi sociali e psicologici .
 La procedura per la declaratoria di adottabilità viene aperta
quando già il minore è già collocato fuori dalla sua famiglia,
oppure quando si trova ancora in famiglia.
 Se si ravvisa il bisogno di un allontanamento urgente del bambino
dalla sua famiglia, il giudice può disporre un affidamento
provvisorio a una coppia che abbia anche i requisiti per
l’adozione, si tratta di un affidamento a rischio giuridico.
 Una volta che la sentenza sia definitiva sia il tribunale dei
minori deve provvedere a far si che il minore sia collocato in
una famiglia che abbia i requisiti per l’adozione, disponendo
con un decreto l’affido pre-adottivo; tale affidamento potrà
essere revocato se siano accertate difficoltà insuperabili di
idonea convivenza.
 Altrimenti passato un anno di affido preadottivo (tale termine
può essere prorogato di un altro anno) il Tribunale dispone
l’adozione, con decreto e in Camera di consiglio, dopo aver
sentito gli adottanti, il minore , i servizi sociali, e i figli della
coppia adottante che abbiano compiuto 12 anni.
Gli adottivi
 In Italia l’adozione non è consentita né alle coppie conviventi né
alle persone singole, cui però è consentita se è «in casi
particolari»
 Con la modifica di legge 149/2001 però possono adottare le
coppie che abbiano vissuto in modo stabile e convivente per
almeno tre anni prima del matrimonio, mentre precedentemente
l’adozione era consentita solo ai coniugi sposati da almeno tre
anni.
 L’età degli aspiranti genitori non dev’essere inferiore ai 18 anni e
superiore ai 45 anni, mentre la precedente formulazione definiva
come massima l’età di 40 anni
 Questo dato viene però considerato solo al momento dell’abbinamento
tra coppia e minore, e potrà essere derogato recuperando la centralità
del minore, ogni volta che la mancata adozione provochi un danno
grave al minore stesso, ad esempio quando si tratta di adottare il
fratello o la sorella di un minore già adottato.
 Non sarà negata l’adottabilità se uno dei due aspiranti adottivi superi i
limiti di età di non più di 10 anni
 L’idoneità degli aspiranti adottivi sarà altresì valutata dai servizi del
tribunale anche in merito alla loro capacità di educare e mantenere
adeguatamente il minore, l’indagine dei servizi sociali deve durare non
più di 120 giorni, prorogabile per altri 120.
 La coppia la momento della domanda in tribunale dovrà
indicare la disponibilità ad adottare più fratelli oppure minori
che presentino disabilità.
 È consentita la presentazione della domanda anche a più
Tribunali che ne devono essere correttamente informati
 La domanda e relativa documentazione rimarrà a
disposizione del Tribunale per tre anni, dopodichè decadrà e
dovrà essere nel caso ripresentata.
Accesso alle informazioni sulle
origini
 Fino alla legge 149/2001 vi era un divieto assoluto di
rivelare le informazioni sulle famiglie d’origine a terzi,
all’adottato e alla sua famiglia adottiva.
 Rimane oggi uguale la garanzia di non diffusione a terzi
infatti l’art 28 della legge 184/1983 recita che qualsiasi
attestazione di stato civile relativa all’adottato sia rilasciata
col solo cognome nuovo.
 Questa norma è posta a tutela della riservatezza sia del
minore che della famiglia adottiva, che potrebbe subire
ingerenze dall’esterno
 la legge 149 pone invece importanti modifiche per ciò che riguarda i
diritti del minore adottato a cui viene riconosciuto il diritto ad essere
informato sulle sue origini.
 Art 28 di tale legge cita il dovere della famiglia adottiva di esplicitare
al minore la sua condizione di figlio adottato, secondo i modi e i
termini ritenuti più opportuni.
 La legge riconosce il diritto al figlio adottivo di sapere la sua storia,
come elemento importante nella sua crescita e affinchè le sue origini
non siano disperse.
 Lo stesso diritto non viene riconosciuto ai genitori biologici, che non
hanno alcun diritto di ottenere informazioni sul minore adottato.
 Questo tema così delicato per un minore, e considerando la possibilità
che scoprire le proprie origini possa rivelarsi anche un esperienza
traumatica, ha fatto sì che il legislatore definisse che tale maturità possa
essere acquisita non con il compimento della maggior età ma a 25 anni.
 Vengono previsti tre casi : 1) adottato minorenne non può acceder
all’identità dei genitori biologici ma possono farlo i suoi genitori
adottivi, con l’autorizzazione del tribunale dei minori, dove sussistano
gravi motivi solitamente legati a problemi riguardanti la salute 2)
adottato maggiorenne ma infraventicinquenne può accedere alle
informazioni per gravi motivi fisici o psicologici chiedendo
autorizzazione al tribunale dei minori 3) adottato ha 25 anni: può
chiedere al Tribunale le informazioni sulle proprie origini senza avere
gravi motivi.
 Nel dibattito relativo a questa norma vi è stata la necessità di bilanciare il
diritto alla segretezza della norma sul «parto in anonimato», che garantisce
alla donna di partorire senza appunto comparire nella certificazione.
 Il dibattito in corso fa si che vengano a seconda delle situazioni tenuto
presente un «bilanciamento equilibrato degli interessi» e si son poste prassi
differenziate tra Tribunali dei minorenni
 La corte di cassazione è recentemente intervenuta (gennaio 2017)
definendo che in attesa di una legge più definita i giudici debbono
applicare le più discrete e meno invasive prassi per verificare la volontà
della madre di mantenere o sciogliere il segreto.

L’adozione internazionale
 Nella legge 184, art dal 29 al 43 si disciplina l’adozione internazionale.
 La selezione delle coppie, disponibili a questo tipo di adozione, viene attuata
con le stesse modalità dell’adozione nazionale, vi è poi un obbligo delle coppie
di rivolgersi a Enti autorizzati a svolgere tali pratiche
 La procedura si svilupperà in quattro fasi: 1) in Italia disponibilità della coppia
e valutazione con emissione del decreto di idoneità del Tribunale dei minori 2)
in Italia conferimento dell’incarico della coppia all’ente autorizzato a seguire la
procedura all’estero 3) all’estero ricerca, abbinamento del minore, conoscenza
con la coppia 4) ingresso del minore in Italia e conclusione dell’iter avanti al
Tribunale dei minori.Il minore assume cittadinanza italiana
 Con il decreto di idoneità la coppia ha un anno di tempo per rivolgersi all’ente
autorizzato.
Adozione in casi particolari
 L’art 44 della legge 184/1983 si fa carico di correggere in situazioni particolari la
«rigidità» della legge, correzione necessaria a volte per garantire il rapporto
esistente tra minore e «chi di lui si è preso cura», e quindi il «superiore interesse
del minore».
 Questa disposizione fa si che possa essere applicata anche se non sussistono le
condizioni di abbandono del minore e quindi non sia dichiarato in stato di
adottabilità
 Questo tipo di adozione non «toglie» lo stato di figlio dei suoi genitori biologici
ma «aggiunge» quello di figlio adottivo
 Il cognome del minore non viene sostituito ma segue quello del genitore adottivo.
 questo tipo di adozione è pronunciata, previa raccolta d’informazioni, dal
Tribunale dei minori del luogo dove il minore si trova
 Il dibattito su questa norma ha fatto si che in situazioni particolari, e ove
sia il minore a farne richiesta, il giudice abbia permesso di sostituire il
cognome della famiglia d’origine con quello dell’adottato, esaltando la
funzione di appartenenza e di riconoscimento dell’identità personale.
 rispetto ai diritti successori sorgono solo in favore dell’adottato e non
viceversa.
 A differenza dell’adozione tradizionale gli adottanti non devono avere
particolari requisiti, non devono essere sposati e possono essere persone
singole
 Età : non è previsto un massimo di età, è previsto un minimo di 18 anni
di età tra l’adottante e l’adottato
Tutela penale nella famiglia
 Il codice penale entra nel sistema famiglia per intervenire a tutela dei membri
più fragili, nelle situazioni particolarmente drammatiche di violenza.
 Art 572 del codice penale «maltrattamenti contro famigliari e conviventi» si
riferisce a condotte di aggressione fisiche o verbali che pongono il famigliare
in una condizione di sofferenza, continuate nel tempo e tali da imporre un
regime vessatorio. E’ estesa l’applicabilità della norma anche a soggetti
conviventi non legati da parentela. Il reato è aggravato se la vittima è
minorenne o se è commesso in presenza di un minore, come episodio di
violenza assistita.

Il reato è punito con la pena detentiva da due a ventiquattro anni, a seconda


del danno riportato dalla vittima.

 Art 573 c.p. «sottrazione di minorenne», questa norma
punisce la sottrazione consensuale di minore con una pena
fino a due anni.
 art 591 c.p. «abbandono di minore o di persona incapace»
dispone una pena superiore se commesso dal genitore
Reati sessuali
 Rispetto ai reati di violenza sessuale, legge n 66 del 1996, il legislatore
pone delle aggravanti alla pena se il reato è commesso all’interno della
famiglia.
 Art 609-ter c.p. definisce le aggravanti se il reato è stato commesso nei
confronti di una persona che non abbia compiuto i 18 anni o se è stato
commesso nei confronti di una donna in stato di gravidanza.
 Art 609-quarter c.p. estende la pena prevista per la violenza sessuale al
soggetto che compia atti sessuali con un minore di anni 16, quando il
colpevole sia ascendente, genitore, convivente, ovvero persona a cui il
minore sia stato affidato per ragioni di cura e educazione.
 La condanna per reati sessuali in famiglia comporta la perdita della
responsabilità genitoriale.
Atti persecutori
 La legge sullo «stalking», legge n 38/2009, disciplina il reato di atti persecutori,
riferendosi a condotte di minaccia, persecuzione fisica e psicologica, generando
nella vittima un perenne timore per la sua incolumità fisica. Le pene variano
dai 6 mesi ai 5 anni di reclusione
 Le condotte di minaccia e molestia devono essere attuate in modo reiterato nel
tempo, provocando fenomeni di molestia assillante, portando la vittima e i suoi
cari a dover modificare le abitudini di vita.
 L’art 612-bis c.p. prevede un aumento di pena se il reato è commesso dall’ex
coniuge o da persona legata affettivamente
 La pena aumenta anche nel caso lo stalking sia commesso con mezzi
informatici.
Reati contro il minore
 L’art 593 c.p. punisce «l’omissione di soccorso», cioè chi
trovando abbandonato o smarrito un minore di anni 10 o un’altra
persona incapace di provvedere a sé stessa, non ne dia immediato
avviso all’autorità.
 Il precedente art 591 c.p. punisce con aggravanti chi abbandona
prevedendo l’aggravante se la persona che compie il reato è il
genitore, il figlio, il tutore, inoltre l’età per il minore è prevista di
anni 14, se all’estero di anni 18.
 L’art 583-bis c.p. prevede il delitto di pratiche di mutilazione
genitale femminile, prevedendo un’aggravante se commessa a
danno di un minore.
L’ascolto del minore nel
procedimento penale
 Indipendentemente dal reato il nostro ordinamento giuridico prevede
che il minore venga ascoltato con una serie di garanzie, come l’udienza
a porte chiuse , la sottrazione dell’esame incrociato delle parti in
dibattimento, l’assistenza di un famigliare o di una persona
significativa.
 Lo strumento usato per garantire il minore nella sua testimonianza è
l’incidente probatorio. L ‘art 398 c.p.p. prevede che sia il giudice a
stabilire luogo, tempo e particolari modalità per procedere
all’assunzione di questa prova.
 In queste situazioni si procede all’ascolto del minore tramite l’uso di
uno specchio unidirezionale e il possibile ausilio di un esperto di
psicologia infantile
Come attuare la tutela
 Legge 154/2001 «misure contro la violenza nelle relazioni
famigliari» stabilisce che il tribunale penale «controlli» che
l’imputato non faccia rientro a casa.
 Nell’ordinanza il giudice prescrive all’imputato di
allontanarsi immediatamente dalla casa famigliare, e di non
ritornarvi senza l’autorizzazione del giudice stesso.
 Il giudice può altresì ordinare all’imputato di versare un
assegno periodico a favore delle persone che rimangano
prive dei mezzi adeguati di sussistenza, per effetto della
misura cautelare
 Il giudice disciplina anche il divieto di avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla persona offesa e interviene a disciplinare
l’istituto di ammonimento in materia di atti persecutori,
incaricando il Questore di intervenire nei confronti dell’autore
della condotta pregiudizievole.
 Art 299 c.p.p. stabilisce che tali provvedimenti debbano essere
notificati dalla polizia giudiziaria ai servizi sociali, al difensore
della vittima e alla persona offesa.
 Il Questore, con parere favorevole del giudice, può rilasciare il
permesso di soggiorno alla vittima di reati particolarmente gravi,
al fine di consentirle di sottrarsi alla violenza.
La giustizia penale minorile
 Vedremo alcuni concetti alla base della giustizia penale minorile, che si
sviluppa nell’idea che il minore che commette un reato debba subire una
«punizione rieducativa» adeguata al suo sviluppo.
 Uno sguardo alle convenzioni internazionali:
 Convenzione sui diritti dell’infanzia, ONU 1989, dedica a questo tema gli
art 37, 39, 40.
 L’ONU precede questa data, nei suoi principi, con l’adozione nel 1985
delle «Regole Minime per l’amministrazione della giustizia
minorile»( Regole di Pechino) in cui si definisce la priorità della
prevenzione della criminalità minorile, cercando di ridurre al minimo
l’intervento penale. Si prevede la precedenza a misure che non siano la
detenzione, declinando l’intervento di riparazione nell’ambito sociale.
 2016 l’Unione Europea delinea la direttiva sulle garanzie procedurali per i minori
nel percorso penale, definisce che i minori debbano essere messi in grado di
capire il procedimento, avere una difesa, evitare la recidiva, e, da parte dei servizi
sociali, promuovere il loro reinserimento nella comunità. Verrà attuata una
valutazione individuale del minore e un’adeguata assistenza psicologica.
 Oggi il tribunale dei minori ha competenza per tutto ciò che riguarda i reati
compiuti da minorenni al momento del fatto.
 Non si attiva il sistema penale minorile al di sotto dei 14 anni d’età, nell’art 97
c.p. si delinea che chi non ha ancora compiuto 14 anni al momento del fatto non
sia soggetto alla pena, verrà iscritto al registro degli indagati ma non verrà svolta
azione investigativa
 Se il minore è ultraquattordicenne, capace di intendere e di volere, è imputabile
ma usufruisce di una diminuzione della pena.
 Art 163 c.p: il giudice che emette la condanna ha la possibilità di
sospendere la pena, pena non superiore ai tre anni.
 La legge n 81 del 1987 definisce meglio la differenziazione tra adulti e
minori nel processo penale. Vi è una maggiore attenzione all’intervento
educativo, coinvolgendo il minore e favorendo la sua crescita sociale (art
1). Si sottolinea il carattere partecipativo a questa occasione «negativa»
della vita.
 La responsabilità educativa non è solo della magistratura ma è condivisa
con i servizi sociali, dell’amministrazione della giustizia e locali e con chi
esercita la genitorialità.
 All’imputato è assicurata l’assistenza affettiva, in ogni stato e grado del
procedimento.
Svolgimento del processo
 Il processo penale è scandito da tre fasi: 1) le indagini preliminari, 2)
l’udienza preliminare, 3) il dibattimento.
 1) vengono svolte attività investigative dal Pubblico Ministero con l’ausilio
della polizia giudiziaria. Il GIP interverrà nel momento in cui si dovrà
disporre l’arresto o una misura cautela. Il GIP è garante che l’operato del PM
sia corretto. Alla fine dell’indagini il PM può chiedere l’archiviazione o
chiedere l’azione penale
 2) il giudice competente è il GUP, l’udienza prevede che siano convocati il
minore con il difensore, l’esercente la genitorialità e i servizi sociali che
hanno svolto la valutazione del caso. La relazione dei servizi sociali consente
la conoscenza del minore, la valutazione della sua personalità e risorse. Al
termine dell’udienza se lo ritiene necessario il giudice può disporre
provvedimenti civili (art 330, 333), trasferendo poi il tutto al Tribunale minori
 3) questa fase si agisce solo se necessaria, per i minori è
nella fase precedente che solitamente si definisce il quadro
processuale. Si svolge di fronte ai giudici del tribunale dei
minori, coinvolgendo la camera di consiglio, e viene attuata
solo per i reati più gravi e complessi. Si attuano poi delle
misure cautelari nel caso si ritengano necessaria: prescrizioni
date dal giudice (obbligo di fare e di non fare), permanenza
in casa, in comunità.
Messa alla prova
 Esclusività del processo minorile è la sospensione del processo e la messa alla
prova. Il giudice sospende la pena per un periodo non superiore ai tre anni,
affida il minore ai servizi sociali, può ordinare riparazioni dirette del reato e
promuovere la conciliazione tra il minore e la vittima del reato. La sospensione
viene revocata in caso di trasgressione alle prescrizioni impartite al minore.
 La messa alla prova è applicabile a qualsiasi tipo di reato, con la volontà del
superamento della pena detentiva e la finalità educativa anche nei reati più
gravi.
 La durata è definita caso per caso, rispetto alla personalità del minore.
L’imputato deve essere d’accordo e aderire pienamente al percorso dei servizi
sociali, ed è necessaria un’assunzione di responsabilità.
 Importante è la realizzazione di un progetto d’intervento ben definito da parte
dei servizi sociali.
Affidamento in prova al servizio
sociale
 Tale misura consiste nella espiazione della pena fuori dalla
istituzione carceraria, con affidamento al servizio sociale.
Deve avere finalità risocializzanti e prevede attività
lavorative o formative.
 Mentre la messa alla prova permette di evitare una sentenza
di condanna, e produce l’estinzione del reato, l’affidamento
in prova presuppone la pronuncia di una definizione di
condanna a pena detentiva, e si pone come espiazione alla
stessa. L’esito positivo non produce l’estinzione del reato.
Istituto Penale per i Minorenni
 Questa istituzione definisce una pena detentiva differenziata per i
minori, con l’obbiettivo di preservare spazi protetti con finalità
educativa.
 Con questi istituti, ad oggi 19 nel nostro paese, si definisce la
possibilità di ospitare soggetti dai 14 ai 25 anni, condannati per
reati commessi da minorenni.
 Le varie circolari prodotte sul tema della organizzazione di tali
strutture, richiamano ai principi fondamentali che garantiscano ai
minori le condizioni in cui i loro diritti vengano rispettati: diritto
alla salute, all’istruzione, alla crescita armonica, alla
socializzazione, alle attività ludiche
La tutela del minore straniero
 Prima riflessione su questo tema è la distinzione tra «minori
stranieri accompagnati» dai genitori o da parenti e «minori
stranieri non accompagnati».
 Per l’Italia i minori son i soggetti fino ai 18 anni, l’età
dev’essere dimostrata da un documento, se il minore è
sprovvisto di ciò la Procura dei Minori può disporre un
accertamento dell’età, tramite un esame radiologico del polso.
 Minori non accompagnati si definiscono i minori che si trovano
in Italia senza nessun parente nè rappresentate legale.

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