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La sfera pubblica

Sfera pubblica come fenomeno


urbano
• Per sfera pubblica intendiamo quel fenomeno sociale e politico che corrisponde allo spazio in cui
si formano opinioni su problemi di interesse generale e che hanno un qualche riscontro politico
• Si può anche denominare «opinione pubblica» o più esattamente «l'ambito della pubblica
opinione». Questo avviene in tutti quei luoghi dove si svolge la vita pubblica.
• Quando parliamo di sfera pubblica non intendiamo la sfera dello Stato ma un ambito intermedio
tra lo Stato e il privato. Habermas la definisce «una dimensione pubblica di privati».
• Le occasioni possono essere quelle di eventi organizzati, come spettacoli o assemblee, o possono
nascere da una pratica quotidiana di incontri in certi spazi, ad esempio un caffè o una piazza.
• La vita sociale abbonda di luoghi e occasioni di incontro riservati tacitamente ad una certa
cerchia, che può essere determinata dal sesso, dall'età, dallo status sociale o professionale, dal
semplice radicamento in un luogo e da relazioni consolidate nel tempo, trasmesse per
generazioni. Abbonda cioè di spazi più o meno esclusivi o segregati. La sfera pubblica, al
contrario, è per definizione uno spazio «aperto». Questo non significa che essa sia priva di
confini o di regole: come altri ambiti di socialità, la sfera pubblica è uno spazio convenzionale,
cioè retto da regole e «finzioni» condivise.
• Si tratta di uno spazio non gerarchico in virtù della convenzione che dichiara inefficace, in quel
particolare ambito, potenza e autorità dei pubblici uffici, al pari delle dipendenze economiche e
delle differenze di status sociale. In quanto tale, cioè retto da un tipo di relazione sociale libero
dal dominio, esso è uno spazio di libertà.
• La voce della sfera pubblica deve trovare ascolto presso le istituzioni; la sfera pubblica è tale quando
viene in qualche misura riconosciuta come un interlocutore del quale occorre comunque tenere
conto.
• Questa «opinione pubblica» è cosa ben diversa da quella che emerge dai «sondaggi d’opinione»
• La sua validità non deriva dalla «rappresentatività» statistica ma dall'apertura a tutti, ovvero dalla
«pubblicità» e dalla pluralità di punti di vista.
• La sfera pubblica è un fenomeno essenzialmente urbano. Storicamente nasce nella città e più
precisamente nelle grandi città del tardo assolutismo e su impulso di un ceto borghese appunto, cioè
un ceto cittadino che però non dispone più di un potere politico come quello di cui godeva nello
«stato dei ceti».
• È la città che fornisce i luoghi adatti alla formazione della sfera pubblica e a ciò concorre una pluralità
di fattori. In primo luogo fattori storici e culturali quelli che hanno presieduto alla nascita e allo
sviluppo della città europea. Laddove si è tramandata una cultura della vita pubblica - che va di pari
passo con la tradizione civica - troviamo anche un complesso di luoghi materiali che sono il supporto
elementare della sfera pubblica.
• Lo sviluppo della sfera pubblica È tuttavia strettamente legato anche a fattori urbanistici. Ci sono
contesti intrinsecamente ostili alla vita pubblica: quelli dove dominano spazi privati, quelli che hanno
per finalità prevalente il consumo («templi del consumo») o che sono strutturati in base a criteri
esclusivamente tecnico-funzionale (i «non-luoghi» o contesti dove gli spazi pubblici sono controllati
in maniera autoritaria («stati di polizia») o dove la sicurezza personale non è garantita (spazi
«degradati»).
• È caratteristica delle città europee l'esistenza di un «centro» che costituisce un luogo riconoscibile per
la vita pubblica.
• La città occidentale ha inventato un luogo specifico per la vita pubblica, la piazza o agorà al punto che
questi termini sono diventate metafore della sfera pubblica, ambiti di libera discussione, non sono
solo elementi urbanistici.

• Dobbiamo dunque supporre che un contesto adeguato allo sviluppo della sfera pubblica dipenda
anche da fattori politici, cioè da una visione condivisa della città che ne informi sia le pratiche sia la
struttura spaziale, fondata su valori politici quali la libertà, l'eguaglianza, l'autonomia, la possibilità di
autorealizzazione o quella di praticare un determinato modo di vita.
• Nelle città europee l'esistenza della sfera pubblica più che da una forma urbana specifica appare
garantita da fattori istituzionali, e in primo luogo dalle leggi dello stato che riconoscono i «diritti della
sfera pubblica», le libertà di pensiero, di parola e di stampa, quelle di assemblea e di associazione.
• Si va facendo strada l'idea di un «diritto allo spazio pubblico» come parte di un più generale diritto
alla città.
• Nel garantire un diritto alla sfera pubblica, le amministrazioni cittadine possono avere un ruolo
importante poiché spetta in primo luogo ad esse predisporre quelle «infrastrutture per la vita
pubblica» che sono anzitutto luoghi fisici adeguati e accessibili.
• Spesso le amministrazioni cittadine tendono a confondere spazi per la vita pubblica – che sono anche
spazi di socialità - con spazi sociali, finalizzati a rispondere a determinati bisogni di determinate fasce
della popolazione individuate in genere come fasce «deboli». Gli spazi per la vita pubblica attengono
ai presupposti della partecipazione politica: essi riguardano la vita politica nella città e sono un
compito prioritario dei governi delle città.
Origine e sviluppi della sfera pubblica
politica
• La sfera pubblica moderna si è formata nelle città europee tra Sei e Settecento, quale spazio
intermedio tra l'ambito privato e l'ambito pubblico.
• Habermas analizza la genesi e le trasformazioni di uno spazio intermedio tra il privato e il pubblico,
tra la sfera della produzione della riproduzione (mercato e famiglia) da un lato, e la sfera del
pubblico potere, cioè delle istituzioni politiche, dall'altro.
• Così facendo egli ci conduce attraverso l'evolversi delle città occidentali dalle cittadine dell'alta Italia
protocapitalista (Firenze) ai primi empori dei Paesi Bassi (Bruges, Bruxelles, Gand), alle capitali degli
stati moderni (Parigi, Londra) dove con lo sviluppo dello Stato moderno «è sorto un nuovo strato di
borghesi, che assumono una collocazione centrale in seno al pubblico».
• Questo strato rappresenta qualcosa di nuovo e diverso rispetto ai borghesi delle origini, membri
dei vecchi ceti professionali degli artigiani e dei bottegai inquadrati nelle corporazioni, la cui
appartenenza alla comunità cittadina sancita dal «giuramento dei consociati». Il declino di questi
ceti va di pari passo con quello dell‘autonomia politica delle città, mentre si afferma una nuova
borghesia in cui «anche i capitalisti, mercanti, banchieri ,editori e manifatturieri, laddove la città
non riusciva a riaffermare il proprio potere territoriale contro quello del Principe, appartengono a
quel gruppo di borghesi che sono tanto poco borghesi nel senso tradizionale, quanto il nuovo ceto
dei dotti».
• La sfera pubblica originaria è una «sfera pubblica letteraria». Essa nasce dal contatto di questi nuovi
ceti con una parte della vecchia società aristocratico-cortigiana e si costituisce, nella città, come
contrappeso alla corte.
• Nella città si sviluppa, grazie anche alla diffusione della stampa, la funzione critica
della pubblica opinione la quale comincia a confrontarsi con il pubblico potere
tramite uno strumento peculiare e storicamente senza precedenti di confronto
politico: la pubblica argomentazione razionale.
• Si viene così a creare un nuovo spazio tra lo Stato e la società civile ovvero la sfera
della riproduzione sociale, ormai separata da quella della vita familiare.
Il nuovo spazio intermedio si colloca sul versante del privato. In altri termini si tratta
di uno spazio non istituzionale, non giuridicamente sancito: la sfera pubblica è uno
spazio di privati che esercitano funzioni critiche in forma discorsiva.
• Dalle politiche economiche e commerciali si passa a mettere in discussione la forma
stessa di governo : in questo senso la sfera pubblica esercita funzioni politiche.
• Attività eminentemente politica è il discorso intorno al bene comune anziché
l'esercizio del potere e dell'amministrazione.
• Nei secoli successivi questa concezione del politico viene abbandonata e l’attività
politica si identifica sempre più con l'esercizio del potere.
• Se nell'antichità il suo strumento era la retorica, nella moderna sfera pubblica esso
diventa l'argomentazione razionale, cioè l'articolazione discorsiva e universalistica
di preferenze e interessi. È questo il modello che ispira le teorie della democrazia
deliberativa.
• La sfera pubblica borghese, in quanto «dimensione pubblica di privati», si
costituisce in spazi privati come i teatri, caffè e salotti.
• La capacità di agire in pubblico è anzitutto una capacità di tipo relazionale. È questa
azione stessa a produrre lo spazio pubblico che Sennett descrive nella città
settecentesche:

chi era seduto in una sala da caffè era in diritto di rivolgersi a chiunque altro, di
intromettersi in qualsiasi conversazione, indipendentemente dal fatto di conoscere gli
interlocutori o di essere invitato o meno a intervenire.

• La sfera pubblica borghese è uno spazio «universale» (aperto a tutti) che però definisce
il proprio «universo» in termini assai più restrittivi di come lo intendiamo oggi.
• Con l'avvento dello Stato liberale ottocentesco si assiste al declino della sfera pubblica
borghese.
• Habermas Individua due fattori del declino: da un lato vi è l'estensione dei processi di
mercificazione ai campi della cultura, della Scienza, dell'arte e soprattutto dei processi
comunicativi. Dall'altro vi è l'istituzionalizzazione della sfera pubblica principalmente
attraverso l'integrazione dei partiti politici nell'ambito del potere politico istituzionale.
Così quello spazio intermedio tra privato e pubblico viene assorbito da un lato dal
mercato, dall'altro dallo Stato.
Declino della dimensione spaziale della
sfera pubblica
• Nella città ottocentesca la trasformazione radicale dello spazio pubblico in uno spazio abitato da una folla
anonima è dedicato al consumo massificato (Walter Benjamin). Il prototipo di questo nuovo spazio
pubblico è il grande magazzino.
• Il tema del venir meno di una dimensione pubblica legata agli spazi fisici  viene ripreso da Sennett che
descrive l'affermarsi di una ideologia privatista o comunitaria. Negli anni successivi molta attenzione è
stata dedicata alla società «intimista» o società egoista, caratterizzata dal venir meno della tradizione
civica, e si è invocata la necessità di riscoprire la "società civile".
• L'indebolimento della sfera pubblica è da mettere in relazione con le trasformazioni dello spazio pubblico
urbano, il venir meno del desiderio di incontrarsi tra estranei e la scomparsa dei luoghi dove ciò era
possibile.
• Le politiche urbane si occupano di questioni che vanno dall'incuria per il patrimonio artistico alla
distruzione del paesaggio da parte della speculazione edilizia, dal traffico all'inquinamento, dalla povertà
alla microcriminalità, ma si occupano poco del venir meno dei luoghi della vita pubblica.
• Piazze e caffè, librerie non sono scomparsi dalle nostre città ma la loro natura è cambiata.
• I processi legati al mercato immobiliare e al turismo di massa hanno spesso distrutto quel patrimonio
invisibile che si chiama tessuto urbano,  rappresentato da un delicato mix di popolazione e di funzioni, di
pratiche consolidate e di scoperte casuali, di radicamento e di innovazione. Questa distruzione prende la
forma della gentrificazione, l'occupazione esclusiva di determinati spazi abitativi dai ceti più abbienti,
della terziarizzazione, la trasformazione delle abitazioni in uffici, banche, attività commerciali pregiate, o
del degrado.
• Il degrado è un termine vago e a forte connotazione emotiva che oltre a
designare conseguenze fisiche dell'insediamento di gruppi sociali marginali
indica un disagio soggettivo di cui individui e gruppi si rappresentano le cause
in maniera diversa: traffico, inquinamento, microcriminalità, insediamento di
nuovi gruppi etnici, spaccio di droga, rumore, sporcizia, calo degli affari,
scomparsa dei servizi di prossimità, della cucina e del dialetto locale.
• Il degrado è solo l'ultima conseguenza di quei processi che hanno in comune
la scomparsa progressiva degli spazi pubblici e con essi della più tipica sfera
pubblica urbana.
• Lo spazio viene concepito come spazio che deve rendere economicamente,
che deve servire a collocare servizi.
• L'urbanistica si occupa del regime giuridico dei terreni e i piani regolatori
servono più a indicare quello che i costruttori possono fare nella città che non
quello che la collettività vuole fare della sua città.
• La collettività perde così quello che erano gli spazi pubblici, ovvero spazi per
la voce.
• Spesso ai politici manca la coscienza della dimensione spaziale della sfera pubblica
così come agli architetti e agli urbanisti manca la coscienza della sua dimensione
politica.
• Alla dimensione della sfera pubblica si è sostituita quella dei portatori di interessi
che agiscono nello spazio pubblico.  Questi vengono chiamati stakeholders: coloro
che in qualche modo sono interessati, o toccati, direttamente o indirettamente,
nell'immediato o nel futuro, da un intervento dell'amministrazione pubblica.
• Si moltiplicano gli spazi in cui possono agire come portatori di interessi, anzi di un
singolo specifico interesse, meno di spazi in cui gli abitanti della città possono agire
da cittadini.
• Cioè in base alle regole della sfera pubblica che:
a) non pongono limiti alla problematizzazione;
b) impongono di argomentare le proprie posizioni con riferimento a interessi
generali.
• Meno spazi pubblici ci sono, meno i cittadini sono in grado di tenere sotto controllo
quello che succede alla loro città e ai loro quartieri e di intervenire
tempestivamente ed efficacemente.
Dallo spazio alla rete
• Mentre si lamenta la mancanza di spazi di socialità, punti di aggregazione, luoghi di ritrovo, si
diffonde una diagnosi riguardo alle origini di questo disagio che è quella della perdita del senso
della comunità responsabile della crescente incuria dei cittadini per lo spazio pubblico. E con essa
viene anche proposta la terapia: La rinascita dello spirito comunitario.
• Questa terapia, tuttavia, lungi dal riconnettere la sfera pubblica con lo spazio pubblico, va nella
direzione opposta.
• La ricostituzione della comunità
• Il concetto di comunità tuttavia designa qualcosa di molto diverso da quello di sfera pubblica.
Mentre la sfera pubblica è retta da criteri di impersonalità, convenzione, differenza e casualità, la
comunità si basa sulle appartenenze, l'identità, la stabilità è la reciprocità.
• La comunità non viene più riferita alla condivisione di un luogo ma alla percezione che i soggetti
hanno di possedere un passato, una storia, un destino comune oppure alla tensione a condividere
interessi, valori, orientamenti, convinzioni, norme implicite, narrazioni, linguaggi.
• Si ricostituisce così uno spazio discorsivo reticolare anziché spaziale, finalizzato a «relazioni
mutualmente supportive e immediatamente disponibili», basato su «percezione della similarità
con gli altri, interdipendenza, disponibilità a mantenere tale interdipendenza, sensazione di
appartenere ad una struttura pienamente affidabile e stabile». Esso non rappresenta una
estensione della sfera pubblica ancorata nei luoghi fisici della città ma una ricostruzione
deterritorializzato della comunità.
• Il capitale sociale viene definito come «la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di
associazionismo civico, elementi che migliorano dell'organizzazione sociale promuovendo
iniziative prese di comune accordo».
• Un alto livello di capitale sociale è il prodotto della tradizione civica formatasi nell'Italia dei
comuni e spiega il miglior rendimento delle istituzioni nelle regioni italiane eredi della tradizione
comunale.
• La comunità civica è dunque comunità non solo sociale ma anzitutto politica ed è una comunità
segnata da una forte identificazione con il luogo, cioè con la città nella sua forma fisica che ha
anche valenza simbolica.
• Il capitale sociale, inteso come rete di relazioni di cui l'individuo dispone, può migliorare la qualità
della vita degli individui, ma non migliora necessariamente quella di una città intesa come entità
fisica né il rendimento delle istituzioni che la governano. Nelle reti comunitarie il «cemento
dell'aggregazione è la prossimità simbolica, l'affettività, l’emozionalità».
• La legittimazione delle reti comunitarie quale nuovo spazio pubblico si manifesta prevalentemente
nel rilievo dato ai «gruppi di opinione su tematiche di rilevanza sociale» da un lato e alle «forme
aggregative presenti anche all'interno di contesti formali», in particolare le reti di volontariato.
L'accesso a queste reti comunitarie spesso non è aperto a tutti come uno spazio pubblico ma solo
a quanti condividono opinioni, valori o scopi definiti a priori. cioè a quanti condividono una
identità collettiva.
• Le amministrazioni cittadine tendono ad incorporare sempre più nei processi decisionali comunità
basate su principi identitari, ovvero a istituzionalizzare le reti.
• Le reti comunitarie non rappresentano nemmeno una nuova modalità di organizzazione della sfera
pubblica ma sono piuttosto il prodotto del venir meno della sua dimensione spaziale.

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