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Montaigne, Saggi:
«Un lettore perspicace [suffisant lecteur] scopre spesso negli scritti
altrui perfezioni diverse da quelle che l’autore vi ha poste e
intravviste, e presta loro significati e aspetti più ricchi».
Don Chisciotte (1605-15)
Heinrich Heine, prefazione a una edizione tedesca del Don Chisciotte
(1837):
«Quale idea prima guidava il gran Cervantes nello scrivere il gran
libro? Mirava egli soltanto a battere i romanzi di cavalleria, la cui
lettura al tempo infuriava nella spagna tanto che nulla contro potevano
ordinanze ecclesiastiche e civili? [...]».
«Intenzione sua evidente fu la satira dei ricordati romanzi, che egli,
mettendone in luce le assurdità, voleva abbandonare alle risa del
mondo. Gli riuscì a meraviglia: [...] egli demolì i romanzi di cavalleria
così a fondo che, dopo l’apparizione del Don Chisciotte, il gusto di
quei romanzi si estinse in tutta Spagna e non ne fu stampato più uno».
«Ma la penna del genio è sempre più ardita del genio stesso, e vola
sempre al di là delle intenzioni del momento; e Cervantes, senza
averne coscienza, scrisse la più grande satira umana contro l’umano
entusiasmo»
Don Chisciotte (1605-15)
Thomas Mann, Una traversata con “Don Chisciotte” (1934):
«L’opera si evolve dallo spassoso scherzo satirico della sua prima
concezione fino a diventare un libro universale, un simbolo
dell’umanità. Per conto mio sempre le grandi opere furono il risultato
di intenzioni modeste. L’ambizione non deve stare all’inizio, prima
dell’opera, ma crescere con l’opera stessa che vuole farsi più grande di
quanto l’artista, nel suo sereno stupore, non si aspettasse; deve
insomma andar congiunta con l’opera, non con l’io dell’autore».
Don Chisciotte (1605-15)
Giudizio di Dostoevskij:
«In tutto il mondo non c’è nulla di più profondo e di più forte di
quest’opera. Per ora è l’ultima e la massima parola del pensiero
umano, è l’ironia più amara che l’uomo abbia mai potuto esprimere, e
se finisse la terra e chiedessero lassù agli uomini: “ebbene, avete
capito la vostra vita sulla terra e che conclusione ne avete tratto?”,
l’uomo potrebbe porgere in silenzio il Don Chisciotte: “Ecco la mia
conclusione sulla vita, potete voi giudicarmi per questo?”».
Don Chisciotte (1605-15)
Cap. I: «”In un borgo della Mancha”, il cui nome non mi viene a
mente, non molto tempo fa viveva un cavaliere [hidalgo] di quelli con
lancia nella rastrelliera, un vecchio scudo, un ronzino magro e un
levriero corridore. Un piatto più di vacca che di castrato, un tritato di
carne fredda in insalata tutte le sere, frittata coi ciccioli il sabato,
lenticchie il venerdì, qualche piccioncino in soprappiù la domenica,
consumavano tre quarti della sua rendita. Il resto se ne andava tra un
mantello di fino panno nero, calzoni di velluto per i giorni festivi, con
soprascarpe della stessa stoffa, e un vestito di lana greggia della
migliore per tutti i giorni. Aveva in casa una governante che passava i
quarant'anni, una nipote che non arrivava ai venti e un garzone per i
lavori della campagna e per la spesa, capace tanto di sellare il ronzino
quanto di maneggiare la roncola. L'età del nostro gentiluomo [hidalgo]
rasentava i cinquant'anni: era di complessione robusta, asciutto di
corpo, magro di viso, molto mattiniero e amante della caccia.
Don Chisciotte (1605-15)
Cap. I: Si afferma che avesse il soprannome di Quijada o Quesada (c'è
una certa discordanza tra gli scrittori che trattano di ciò), sebbene si
possa arguire, in base a plausibili congetture, che si chiamasse
Quijana. Ma questo poco interessa il nostro racconto: l'importante è
che nella narrazione non ci si allontani minimamente dalla verità [no
se salga un punto de la verdad]» (17).
Soggetto Oggetto
(Don Chisciotte) (Gloria cavalleresca)
“PREFAZIONE DELL'AUTORE
2) Romance:
“Il mito si trova dunque a una estremità del disegno letterario
e il realismo dall’altra; nel mezzo c’è l’intera area del
romance, termine con il quale vogliamo indicare non il
genere storico [...], ma la tendenza [...] a trasporre il mito in
una direzione umana, e tuttavia, in contrasto con il
“realismo”, a creare dei moduli convenzionali secondo i quali
la narrazione tende verso una direzione idealizzata”