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i
VDET vde, TNERE tenre
VENRE venire
TSTA tsta
PRTU prato,
CNE cane
DMINA dnna
LCE luce
i a PRTU prato, CNE cane TSTA testa VENRE veniri VDET vidi, TENRE teniri
DMINA donna
a
palatali
velari
Nella linguistica il termine metafonesi o metafonia o Umlaut, indica un fenomeno fonologico che consiste nella modificazione del suono di una vocale per l'influsso di un'altra vocale, in un processo di assimilazione. La parola italiana un calco con materiale greco dal corrispondente termine tedesco (ted. um = gr. met "al di l"; ted. Laut = gr. phon "suono"). In metafonesi sono le vocali postoniche a influenzare le vocali toniche, Viene definita metafonesi progressiva se la modificazione avviene per l'influsso della vocale in sillaba precedente. Esempio: (toscano) Singolare il cane Plurale i cani (dial. pescolano) Singolare iu kn Plurale i kun
Si definisce invece metafonesi regressiva se la modificazione avviene per l'influsso della vocale in sillaba finale. Esempi:
(toscano) grosso grossa (un dialetto del sud) gruossu grossa (toscano) piede piedi
L'anafonesi (dal greco an "sopra" e fon "suono"= innalzamento di suono) una trasformazione che riguarda due vocali in posizione tonica, ovvero o e e derivanti dal latino E/I e O/U. In determinati contesti queste due vocali passano rispettivamente a i e a u, o meglio > i e o > u, il che costituisce un innalzamento articolatorio (nel pronunciarle la lingua e le labbra sono pi in alto). L'anafonesi si verifica in due casi: 1) e > i quando seguita da l palatale o da n palatale: familia > famglia'> famiglia. 2) e e o si chiudono rispettivamente in i e u se sono seguite da una nasale velare, cio da una n seguita da una velare sorda k o sonora g, come per esempio nelle sequenze -nk-,-ong-, (mentre l'anafonesi non si produce nella sequenza -onk-). Es: tinca > tnca > tinca. Quindi l'anafonesi si produce con e e o toniche. Poich il fenomeno tipicamente fiorentino, anche una delle tracce pi evidenti dell'origine fiorentina dell'attuale lingua italiana.
Semivocali i e u come seconda parte di dittonghi discendenti (fauci, sai) Prima parte di dittonghi Ascendenti (lieve, fuoco)
Consonanti brevi (scempie o degeminate) lunghe (doppie o geminate) Opposizione trascurata in area settentrionale
labiali: dentali:
velari:
t
k
d
g
sonore ro(s)a
j(our)1) v
Consonanti orali affricate (occlusione + frizione) sorde sonore dentali z(olla) z(an)z(ara) palatali c(inghia) g(elo)
(esempio: non tiene conto della gorgia) Come pronunciavano Dante e Petrarca?
La gorgia toscana un fenomeno fonetico che caratterizza i dialetti toscani per lo pi settentrionali. Pi precisamente, la gorgia riguarda le consonanti occlusive sorde (scempie) [k], [t] e [p], che passano alle fricative (o, pi precisamente, approssimanti) in posizione intervocalica (e in assenza di raddoppiamento fonosintattico) [spirantizzazione]: [k] [h] [t] [] [p] [] Un esempio: la parola identificare [identifikare] verr pronunciata [identifihare].
La consonante che subisce il cambiamento pi evidente [k], il cui indebolimento diventato il simbolo pi importante dei dialetti parlati in Toscana (e che nella Toscana occidentale arriva al dileguo totale [fono zero]). La [t] e la [p] subiscono un cambiamento appena percettibile e non diffuso in tutto il territorio toscano settentrionale al pari di [k]. Il fenomeno si presenta pi evidente e ha il suo centro di "irradiazione" nella citt di Firenze. Di qui, passando nella alta valle toscana dellArno, perde forza con l'avvicinarsi alla costa. In area costiera la gorgia gi non influisce pi su [p] e debolmente su [t]. L'indebolimento di [k] rappresenta invece un continuum linguistico per tutta la valle dell'Arno, nella citt di Prato, Pistoia, Montecatini, Lucca, Pisa, Livorno e dintorni e in Versilia. Il confine settentrionale del fenomeno rappresentato dagli Appennini, mentre il confine meridionale per lo pi indistinto, sempre presente in area senese e scema nei dialetti toscani meridionali. Ad Est il confine rappresentato dal Pratomagno e pi a sud dalla Valdichiana.
Ancora in fase di discussione l'origine di questo fenomeno fonetico. Due ipotesi sono prevalse sulle altre: la gorgia toscana un fenomeno, l'unico, derivante dal sostrato etrusco presente in Toscana prima dell'affermazione del latino, riaffiorato in seguito alla caduta di Roma nel parlato popolare ma che non ha mai influenzato la lingua scritta; la gorgia toscana un fenomeno completamente nuovo, influenzato dalla sonorizzazione consonantica dei dialetti italiani settentrionali, e diffusosi da Firenze con l'allargamento del dominio fiorentino sulla Toscana. I fatti sembrano dare ragione alla seconda ipotesi
Non si trova traccia di un fenomeno simile sino a met del XVI secolo (il che per un argomento debole, in quanto la gorgia pur sempre un fenomeno fonetico, non fonematico, e, come tale, non viene raccolta sul piano grafico). La gorgia a Lucca meno evidente e in Toscana orientale (ad est del Pratomagno) e meridionale, dove si trovavano la maggior parte delle citt etrusche, pressoch assente. Firenze subiva influssi dal Nord Italia. La lingua etrusca non stata decifrata per la maggior parte e la fonetica non sembra avere influenze come la gorgia. La gorgia mostra tutte le caratteristiche di una regola allofonica sviluppata naturalmente nelle sue alternanze con le normali occlusive. La fricativizzazione di [k t p] un fenomeno comune in molte lingue del mondo.
Non valida per altre aree linguistiche settentrionale cinghia zinghia meridionale ansia anzia
latino
Appendix Probi
L'elenco, di autore anonimo, testimonia l'evoluzione e le differenze del latino parlato rispetto alla lingua scritta, gi in epoca tardo-imperiale. Il testo veniva probabilmente utilizzato, infatti, a fini didattici per indicare agli allievi l'ortografia corretta di alcuni vocaboli,
Appendix Probi
la cui diversa pronuncia rispetto a quella classica conduceva all'errore. Alcune forme scorrette risultano affini, nella grafia, alle parole corrispondenti nella lingua volgare e nellItaliano moderno
perdita di m finale
e allinverso, presenza di ipercorrettismi: hercules formosus occasio non non non herculens formunsus occansio
grundio
non
grunnio
metatesi di declinazione
acre tristis teter aper nurus socrus e allinverso: sobrius non suber non non non non non non acrum tristus tetrus aprus nura socra
mergus
non
mergulus
e allinverso:
figulus masculus non non figel mascel
Modifiche fonologiche dal latino all'italiano Principali modifiche che interessano il latino volgare:
Assimilazione di due consonanti diverse: - pt diventa tt - ct diventa tt - mn diventa nn - gd diventa dd - rs diventa ss - ps diventa ss (es. ipse -> esso)
Modifiche fonologiche dal latino all'italiano Principali modifiche che interessano il latino volgare:
Le vocali brevi tendono a cambiare: - e breve diventa i (es. decem -> dici) tranne se seguita da vocale nel qual caso diventa i - i breve diventa e chiusa - o breve diventa u (es. bonum -> buno) - u breve diventa o chiusa
Riforma culturale carolingia (IX secolo) -restaurazione del latino corretto -contrasto delle lingue ibride -radicalizzazione -spinta alla definizione dei volgari -spinta alluso scritto dei volgari
In quattro pergamene scritte tra il marzo 960 e l'ottobre 963, compare per la prima volta una lingua che intenzionalmente viene usata "al posto" del latino. Prendiamo in esame la prima di queste quattro pergamene, il placito di Capua del marzo 960, pubblicato per la prima volta nel 1734 dall'abate Erasmo Gattola, archivista di Montecassino. Il giudice Arechisi deve decidere, in una controversia tra Don Aligerno, abate del monastero di Montecassino e un privato, Rodelgrimo di Aquino, sul possesso di alcune terre. L'abate sostiene che appartengono al monastero per diritto di usu capione (principio ancor oggi valido: chi possiede e utilizza senza contestazioni da alcuno, un certo bene, per trenta anni, ne diventa l'effettivo proprietario). Don Aligerno d'accordo col giudice Arechisi: la formula della testimonianza sar Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte sancti Benedicti. Interverranno poi tre testimoni a favore del convento e ripeteranno la formula prescelta. Per questo motivo, sulla pergamena del marzo 960, la formula compare, identica, quattro volte. I tre testimoni, Teodomondo diacono e monaco, Mari chierico e monaco, Gariberto chierico e notaio, devono giurare di fronte a Rodelgrimo ponendo la mano sul documento da lui prodotto. Il giuramento deve essere pronunciato e scritto in una lingua compresa non solo dal monaco benedettino ma anche dai testimoni e dalla parte avversa. L'atto del notaio scritto, come di regola, in latino.
[+ In nomine domi]ni nostri Iesu Christi, bicesimo primo anno principatus domni nostri Landolfi gloriosi principis, et septimo decimo [anno principatus domni] Pandolfi, quam et secundo anno principatus domni Landolfi, excellentissimis principibus eius filiis, [...] die stante mense martio, tertia indictione. Dum nos Arechisi iudex..... Ideo nos qui supra iudex iudicabimus et per nostrum [iu]dicium eos guadiare fecimus tali tenore, quatenus ipse qui supra Rodelgrimus plicaret se cum lege, et ipse [qui] supra Aligernus benerabilis abbas pro pars memorati sui monasteri faceret ei per testes talem consignationem se[cun]dum lege, ut singulo ad singulos ipsi testes eius teneat in manum supradictam abbrebiaturam, quam ipse Rodel[grim]us hostenserat, et testificando dicat: "Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, [t]renta anni le possette parte sancti Benedicti"; et firmarent testimonia ipsa secundum lege per [sa]cramenta.
Sao al posto del latino scio o sapio. Da sapio deriver la forma dialettale campana saccio
Caduta delle desisenze (terras, fines) kelle deriva da eccu[m] illae e si trasformer poi nell'italiano quelle.
Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano latino 2724 (Chronicon Vulturnense). Codice miniato, redatto in scrittura beneventana intorno al 1130 dal monaco Giovanni. Quest'ultimo, per la redazione del testo, aveva attinto a fonti di VIII secolo e di fine X-inizi XI, ma frequentemente aveva manomesso qualche dato storico con il malcelato proposito di enfatizzare la gloria del monastero. Il monaco Giovanni scrisse la cronaca per riordinare le memorie dell'antico cenobio benedettino in un momento particolare, durante il quale il patrimonio monastico era minacciato dalla presenza dei Normanni nel Centro-Italia. costituisce una preziosissima miniera di informazioni per lo studio diacronico del monastero di San Vincenzo al Volturno. La scrittura beneventana nasce alla fine del VIII secolo in quelle zone dell'Italia meridionale che si risollevarono dalla decadenza dei due secoli precedenti grazie all'iniziativa e la florida produzione culturale dei monasteri benedettini, primo fra tutti quello di Montecassino.
Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano latino 2724 (Chronicon Vulturnense). Codice miniato, redatto in scrittura beneventana intorno al 1130 dal monaco Giovanni. Quest'ultimo, per la redazione del testo, aveva attinto a fonti di VIII secolo e di fine X-inizi XI, ma frequentemente aveva manomesso qualche dato storico con il malcelato proposito di enfatizzare la gloria del monastero. Il monaco Giovanni scrisse la cronaca per riordinare le memorie dell'antico cenobio benedettino in un momento particolare, durante il quale il patrimonio monastico era minacciato dalla presenza dei Normanni nel Centro-Italia. costituisce una preziosissima miniera di informazioni per lo studio diacronico del monastero di San Vincenzo al Volturno.
Un testo di epoca (936) e luogo (Molise) non lontani dai placiti cassinesi, mostra quale sia la formula latina corretta e documenta il fatto che i giuramenti dei Placiti di Montecassino sono l'eccezione in volgare e non la norma in latino. In una causa del giudice Ausenzio, tra un tale Maione di Capua e Rambaldo abate di San Vincenzo al Volturno, compare la formula:
Formule simili sono riportate negli altri tre placiti di Sessa Aurunca (marzo 963), Teano (luglio 963) e ancora Teano (963).
Sessa Aurunca marzo 963 Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette.
Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie , et trenta anni la posset parte sancte Marie.
Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie.
So che quelle terre, per quei confini che ti mostrai, furono di Pergolardo, e qui sono contenuti e per trent'anni li possedette. Quella terra per quei confini che a voi mostrai di Santa Maria e per trenta anni l'ha posseduta la parte di Santa Maria. So che quelle terre per quei confini che ti mostrai per trent'anni le ha possedute la parte di Santa Maria.