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14 Calabria

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Mercoled 30 giugno 2010

Dopo il processo alle banche per usura, gravi accuse formulate anche contro via Nazionale

De Masi denuncia Bankitalia


Limprenditore: Avrebbe dovuto vigilare e invece non intervenuta
di MICHELE ALBANESE GIOIA TAURO - Una dettagliata denuncia-querela nei confronti della Banca dItalia stata presentata dal gruppo De Masi di Gioia Tauro. Dopola denuncia per usura ai principali gruppi bancari italiani, alza il tiro, quindi, lindustriale che produce macchine per lagricoltura e che d lavoro ad oltre duecento persone. La denuncia stavolta ipotizza una serie di gravissimi reati tra i quali omessa vigilanza del sistema creditizio, concorso in usura, in riciclaggio, in falso in bilancio, in appropriazione indebita, in truffa, oltre che per turbativa del libero mercato, mancata applicazione della legge sulla responsabilit penale delle persone giuridiche, per aver avallato un comportamento illegale da parte di un perito da essa stessa indicato, per concorso in estorsione, peraver permesso le segnalazioni eseguite dagli intermediari bancari, frutto di false attestazioni dei propri funzionari). Tutti fatti che sarebbero scaturiti dal comportamento assunto dalla Banca dItalia e dagli accertamenti eseguiti nel processo di appello a carico di Marchiorello, Geronzi, Abeteed altri,pendente dinanzi alla Corte di Appello di Reggio Calabria la cui sentenza dovrebbe arrivare a giorni. Inquietante, secondo De Masi, sarebbe la posizione del consulente tecnico dufficio DAcunto, indicato dalla Banca dItalia, che non solo avrebbecommesso erroriprocedurali, impedendo ai consulenti tecnici di parte di partecipare alle operazioni peritali, ma ha affermato la inesistenza della usura, pur dinanzi ad una sentenza del Tribunale di Palmi, passata su tale capo in giudicato, che afferma cosa totalmente diversa. In tale contesto risulterebbesecondo il gruppo De Masi palese la immedesimazione della Banca dItalia rispetto alle sorti delle parti del processo, conseguenza, probabilmente, della costituzione dellassetto patrimoniale, essendo il capitale di questa composto dalle medesime banche private. Lusura ha dichiarato Antonino De Masi - ha proseguito in Calabria il suo percorso e la Banca dItalia che avrebfunzionato; una nota della Polizia Tributaria di Matera del 27 aprile dello scorso anno che ha affermato che i software delle banche per il controllo dei tassi di interesse sarebbero stati manipolati; la denuncia che il sistema bancario italiano pratica il pi alto costo dei servizi bancari dEuropa, specialmente nel meridione ed in Calabria. Viene ricordato inoltre che in una nota del sindacato dei lavoratori bancari (Fabi) viene affermato che le ingenti perdite della banche sono state compensate dalle 4 manovre sui tassi e sulle spese, asserendo, inoltre, che sar compito dei colleghi evitare che i clienti chiudano i conti e chiedanoil rimborsoe che nelle assemblee di approvazione dei bilanci delle banche, con verbale notarile, sono riportate affermazioni di soci che parlano di bilanci falsi tassi e spese usurarie ed attivit di riciclaggio. De Masi cita inoltre, lAutorit Garante per la Concorrenza ed il Mercato (Antitrust) che come anche la Consob , ha emesso molti provvedimenti sanzionatori contro le banche e ha provveduto, con unindagine conoscitiva, a denunciare la presenza di un cartello bancario che priva il mercato dalla libera concorrenza. E poi una lettera della stessa Autorit Garante, nella quale evidenzia a Banca dItalia come, da indagini effettuate, in alcune regioni, come la Calabria, risultano applicati tassi di interessi superiorial 20% (acui va aggiunta la commissione di massimo scoperto). Affermazione questa che da sola, secondo De Masi, certifica lillegalit del comportamento delle banche, senza alcun intervento decisivo da parte della Banca dItalia. Fatti, questi, ritenuti dal gruppo De Masi gravissimi che sono stati, finora, ignorati e che non possono, sicuramente, essere oltre tollerati. Specialmente, - aggiunge dinanzi ad un atteggiamento tracotante del sistema bancario.

IL CASO

La scarcerazione di Femia stata causata anche da una mancata notifica


durante una conversaziodi PINO LOMBARDO ne telefonica tra i fratelli LOCRI - Ci sarebbe anche Domenico e Salvatore una mancata notifica al le- Trimboli il primo chiedeva gale tra la serie di eccezioni allaltro di rintracciare il procedurali sollevate rosso a Gioiosa Jonica e dallavvocato Leone Fonte, comunicargli che era riche poi hanno determinato masto deluso dal suo comla scarcerazione del 43en- portamento.D a quella dane boss di Marina di Gioio- ta gli ascoltatori delle sa Jonica, Salvatore Femia, Fiamme Gialle intercettaarrestato nel giugno del vano molte volte Salvatore 2009 nellambito della co- Femia. Fin da subito gli incompresero siddetta operazione perpi- vestigatori gnancoordinata dal sosti- che egli era personaggio di tuto procuratore della Dda notevole spessore criminale ed inserito reggina Niin una orgacola Gratteri nizzazione dee condotta dal dita al traffico Gico della di ingenti Guardia di quantitativi di Finanza di sostanza stuCatanzaro pefacente. contro una Non a caso Feholding di mia viene inditrafficanti incato come leaternazionali der degli asdi droga che sociati calaavevano la bresi, pericobase di rifor- Salvatore Femia losi e grossi nimento in Spagna. Salvatore Femia, narcotrafficanti. Gli investigatori evidenritenuto il capo del cosiddetto gruppo gioiosano, ziavano, tra laltro, che il la settimana scorsa veniva gioiosano aveva partecipascarcerato per un errore to attivamente alla grossa procedurale. Luomo non operazione di importaziostato, come prevede la nor- ne in Italia di un rilevante ma, sottoposto ad un nuo- carico di hashish provo interrogatorio da parte grammata e diretta, dalla del Gipdel Tribunaledi Na- base spagnola dove si era poli, dopo che nei suoi con- rifugiato ed operava un fronti era stato spiccato un suo uomo di fiducia, dal secondo provvedimento laziale Mario Di Stefano e restrittivo dal momento destinata alla joint-veture che quello emesso un anno che egli aveva costituito in prima dal Gip di Reggio Ca- Italia insieme ai grossi labria non era valido per in- trafficanti quali Antonio Bianco,Francesco De Macompetenza territoriale. Salvatore Femia, cono- si, e i due Albanese. Infatti sciuto anche come il ros- personaggi di spicco del so per via del colore dei gruppo capeggiato da Fesuoi capelli, venne indivi- mia e chiamato dei caladuato dagli uomini del Gi- bresi erano anche Rocco co per la prima volta il 21 Francesco Albaneseed ilfisettembre 2003 quando, glio Salvatore.

Antonino De Masi

be dovuto vigilare non , certamente, intervenuta con la trasparenza e lincisivit necessaria. De Masi cita diversi elementi: la sentenza del Tribunale di Palmi che ha affermato che diverse banche hanno praticato lusura nei confronti del suo gruppo e che i sistemi di controllo non hanno

Arrestato un calabrese: aveva la droga nel garage

Operazione in Lombardia contro il triangolo della coca


di GIOVANNI VERDUCI REGGIO CALABRIA - Colombia, Lombardia e Calabria. E' questo il triangolo della cocaina. La conferma arriva, ancora una volta, dal maxi blitz effettuato dalla Guardia di finanza di Legnano, diretta dal colonnello Rella. In manette, in questa occasione, finito M.P., 62 anni di origini calabresi. L'uomo ritenuto l'organizzatore di un gruppo di trafficati di sostanze stupefacenti con base operativa a Milano. Nel suo garage di piazzale Lodi, infatti, gli uomini delle Fiamme gialle hanno rinvenuto e posto sotto sequestro ben 55 chilogrammi di cocaina: l'ultima partita fatta entrare in Italia dalla Colombia e destinata al mercato clandestino calabrese e campano. Ma la procura della Repubblica di Milano sta indagando, con il coordinamento del pubblico ministero Letizia Mannella, su altri due calabresi, due figure minori dell'organizzazione smantellata ieri. L'organizzazione era compostada trafficanti colombiani, boliviani, italiani (calabresi e campani) e tunisini e operava a Milano e provincia conramificazioni inOlanda, Germania, Spagna, Portogallo e Irlanda. Oltre 113 i chili di cocaina sequestrati insieme a 4 auto, 1 pistola con le munizioni, documenti falsi e un milione di euro in contanti. Quattordici le persone arrestate . La droga proveniva dal Sud America con corrieri che la nascondevano in ovuli all'interno del corpo o con spedizioni, nascosta in manufatti di ferro dichiarati quali pezzi di ricambio per macchinari industriali. L'operazione, ribattezzata Mao do deus iniziata col fermo di un piccolo spacciatore italiano a Legnano nell'aprile del 2009 e con l'arresto successivo di 6 corrieri destinatari della coca e ha trovato il suo apice quando, nell'imminenza dell'arrivo di due importanti esponenti del Cartello colombiano a Milano,nelfebbraiodel 2010,ifinanzieriSono riusciti a localizzare in un residence alla periferia di Milano, la base dei referenti dei narcotrafficanti colombiani in Italia. Intercettazioni ambientali e telefoniche hanno permesso di apprendere dell'arrivo a Milano, nello stesso periodo, di un notevole quantitativo di coca. Da qui l'arresto di tre tunisini coi documenti falsi e il milione di euro e del capo dell'organizzazione operante in Italia: un calabrese di 62 anni. gio. ve.

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