Sei sulla pagina 1di 3

Terremoto in Emilia: io il Parmigiano Reggiano non lo compro Il terremoto che ha messo in ginocchio l'Emilia ha colpito anche i magazzini di Parmigiano

Reggiano. Negli ultimi giorni si sono dunque moltiplicati gli appelli per salvare il formaggio 'terremotato' e sostenere i caseifici che producono il prestigioso parmigiano. C' per anche chi, come Filippo Schillaci, ha deciso di non rispondere a questo appello, in nome di una solidariet di ordine superiore, quella verso il pianeta. di Filippo Schillaci - 6 Giugno 2012 Il terremoto che ha messo in ginocchio l'Emilia ha colpito anche i magazzini di Parmigiano ReggianoConsidero la solidariet qualcosa di pi di un dovere. La considero un modo di essere connaturato allindividuo sano. Doppiamente mi indigna dunque il vederla praticata in maniera inopportuna, ludirla nominare a proposito di azioni che ne sono la grottesca parodia se non la negazione. Sta accadendo ancora una volta in questi giorni, dopo il terremoto che ha colpito Torino provocando seri danni anche negli stabilimenti dellindustria automobilistica che ne il simbolo: la FIAT. E qui nasce la grande idea della dirigenza aziendale: comprate le automobili danneggiate dal sisma; sono un po ammaccate ma funzionano benissimo. Fatelo per solidariet con le vittime del terremoto e con lindustria automobilistica che qui crea tanti posti di lavoro e che ormai una tradizione consolidata, un motore delleconomia ecc. ecc. Prezzi equi. Sconti speciali per chi compra un SUV. Non c stato nessun terremoto a Torino. C stato invece in Emilia la cui FIAT si chiama industria casearia, quella del 'prestigioso' parmigiano reggiano. Non si sono ammaccate le automobili ma le panciute forme di parmigiano, icone esemplari di quellestetica dellobesit che ormai dilaga ovunque fra gli indigeni dei paesi industrializzati. Il resto per accaduto davvero. E immagino che siano in molti in questi giorni a comprare ancor pi del solito il parmigiano in risposta allappello. E a sentirsi 'solidali' con chi in difficolt. Se poi lappello viene da chi pu ammantarsi della coccarda del biologico o del pedigree di piccolo produttore o di una qualunque aura di produzione alternativa allora gli si spalanca anche lorizzonte dei GAS, del mercato solidale, degli ambientalisti. Tutti l a comprare formaggio e a sentirsi solidali. L'industria casearia fra tutte le attivit umane una di quelle che pi stanno devastando la TerraIo no. Perch c una solidariet di ordine superiore su cui modello le mie azioni: quella verso il pianeta. Il male, diceva Lanza del Vasto, consiste semplicemente nelloperare per il bene di una parte. Infischiandosene, aggiungo io, di tutto il resto. Bene, guardiamole, queste appetitose forme di parmigiano, ovvero ci che uno degli aspetti pi discutibili e deleteri delleconomia emiliana, dal punto di vista di tutto il resto e capiremo perch comprarle non centra nulla con la solidariet, capiremo anzi perch se esse non esistessero sarebbe meglio. Parliamo innanzi tutto di impatto ambientale: produrre qualsiasi cosa costa, no, non in termini economici ma in termini di sottrazione di risorse alla biosfera. questo fra laltro il motivo per cui il paradigma della crescita produttiva 'infinita' un puro delirio. Ci sono poi cose produrre le quali costa pi che produrne altre. Nel caso degli alimenti, produrre quelli di origine animale costa di pi, spesso molto di pi di quelli di origine vegetale. I quattro alimenti a pi alto impatto ambientale sono le carni rosse, il pesce, il latte e, se lo il latte, a maggior ragione il formaggio. Diciamolo meglio: lindustria casearia, in quanto parte di quella zootecnica su cui ovviamente si basa, fra tutte le attivit umane una di quelle che pi stanno devastando la Terra. Ma un cibo buono, sano, protesteranno a questo punto i caseificatori. Fa tanto bene ai nostri bambini con tutto il calcio che contiene! Non sono forse loro pi importanti di questo 'ambiente' con cui vi riempite la bocca? No, non lo sono. Perch senza quell'ambiente' da cui ritenete di poter

prescindere non potrebbero esistere loro, voi, io, niente e nessuno. E inoltre, se vi dicessi che parlare di cibo sano a proposito del formaggio non proprio il caso? Ma anche quello genuino, fatto dal pastore nel paiuolo come lo faceva il suo bisnonno? S, anche quello. "Mangiare formaggio significa letteralmente sciogliere le ossa nelle urine. E c ancora chi lo consiglia per assumere calcio"Perch capita che lorganismo umano, per sua natura lievemente basico, tolleri malissimo i cibi acidi e che i formaggi stagionati siano il cibo pi acido che esista. Cosa accade quando introduciamo nellorganismo un cibo acido? Accade che scatta lallarme rosso e che lorganismo fa di tutto per ripristinare il Ph naturale. Lo fa cercando di neutralizzare la sostanza acida con una basica che ha dentro di s. Questa sostanza il calcio, che lorganismo estrae allo scopo dalle ossa. Dalla reazione chimica che si innesca si produce un sale che viene espulso con le urine. Ecco perch mangiare formaggio significa letteralmente sciogliere le ossa nelle urine. E c ancora chi lo consiglia per assumere calcio. Ma fa parte della nostra tradizione, possiamo ben immaginare che continuino a questo punto i caseificatori. Fa parte della nostra cultura alimentare. Riuscireste a immaginarla senza il parmigiano? S, riuscirei. E, ammesso che non si possa, ecco una tradizione senza futuro, ecco unidentit culturale da modificare. Che ce ne facciamo di una tradizione, di una cultura che, proprio come quella dellautomobile, d il suo contributo a portarci verso il baratro? Ma lo si mangiato sempre. Non bisogna essere cos integralisti!, possiamo immaginare che obiettino ancora i caseificatori. No, non sempre, solo da qualche migliaio di anni. Per gran parte della presenza umana sulla Terra il formaggio non si neppure saputo cosa fosse. E, quanto allintegralismo, mai esistita una sociocultura pi integralista di quella dellOccidente industrializzato? Quale pi di essa stata capace di vedere solo se stessa, concepire solo se stessa, farsi largo a calci e pugni nel mondo vedendo ogni altra entit, umana e non, come una risorsa da succhiare o come un ostacolo da annientare? Dovremmo piuttosto domandarci quanto di questo integralismo ciascuno di noi, anche il pi critico, il pi alternativo, il pi 'contro' di tutti noi ha assorbito negli anni della sua formazione, quanto di esso sta acquattato laggi, nella parte pi nascosta della nostra psiche a dar forma alle azioni e a mostrare come aberrante ogni invito a rientrare nellambito della normalit, ovvero degli equilibri ecosistemici, e al contrario come normalit anche la pi folle aberrazione. Ecco in che modo si riesce a percepire come 'normale' anche una delle componenti pi aberranti della sociocultura dei paesi industrializzati: il modo di mangiare. La variabile pi importante in assoluto della sostenibilit alimentare costituita dalle scelte alimentari orientate verso i cibi vegetali. Non a caso mi sono soffermato su chi in questa sociocultura si pone in maniera critica, alternativa. Ci che pi preoccupa infatti in questa vicenda che fra coloro che ci stanno cascando ci sono anche persone impegnate nel campo della sostenibilit ambientale, perfino persone che si riconoscono nel paradigma della Decrescita. Anche loro, tutti a comprare formaggio. E a sentirsi solidali. Ho detto che ci preoccupa, ma non che sorprende. Gi da un po mi sono reso conto che in Italia (non so altrove) il comune senso della sostenibilit alimentare soffre di uno scollamento totale rispetto alla realt. Ma diciamo innanzi tutto quale la realt: la variabile pi importante in assoluto della sostenibilit alimentare costituita dalle scelte alimentari orientate verso i cibi vegetali. Al secondo posto (tre volte meno importante) c il metodo produttivo biologico. Al terzo posto (otto volte meno importante dal punto di vista delle emissioni di gas serra) c la distribuzione su scala locale. Un sondaggio che stiamo effettuando sui GAS italiani mostra che la scala di priorit che quasi tutti ritengono corretta pressoch invertita, con le scelte alimentari allultimo posto e il primo conteso fra distribuzione locale e produzione biologica. Insomma, un totale disastro. In un tale contesto nulla di strano che comprare formaggio non sia visto come unaberrazione. Anzi, ho pi volte notato che fra coloro che praticano il 'consumo critico', gli ambientalisti ecc. da qualche tempo sono molto in voga i corsi di caseificazione. Come dire: impariamo a dar mazzate alla Terra in prima persona anzich pagare qualcuno che lo faccia per noi. Forse per quando si parla del valore dellautoproduzione non si intende propriamente questo.

Insomma, sembra proprio che il cosiddetto 'altro mondo possibile' in campo alimentare non sia altro che prendere il cibo del signor Rossi industrializzato, quello scintillante, cromato, metallizzato, plastificato, svestirlo e metterlo in abiti depoca. A nessuno sembra venire in mente che, sotto le trine e i merletti, lo stesso cibo, a volte un po meno malsano, a volte nemmeno quello. E che ci di cui abbiamo bisogno, se vogliamo fermare la corsa pazza contro il muro, non apportare lievi correzioni allo stesso presente bens creare un altro presente. Il che significa innanzi tutto un altro cibo. Ecco dunque perch io quel formaggio non lo compro. E la solidariet? La solidariet, quella vera, quella con la totalit del pianeta su cui vivo, consiste proprio nel non comprarlo. E cosa fare allora per i poveri caseificatori che hanno subito un cos duro colpo? Ho una modesta proposta: potremmo fare una colletta per aiutarli a convertire le loro aziende in qualcosa di pi sostenibile. Ad esempio una fabbrica di SUV. S, proprio quelle orrende, mastodontiche, grottesche cassapanche a motore che costituiscono la pi recente, ridicola ed estrema degenerazione del consumismo su gomma. Faranno ancora danni producendo SUV, certamente, ma di meno. Fonti: Per limpatto ambientale della zootecnia in generale: AAVV, Livestocks long shadow, FAO, Roma, 2006 AAVV, Assessing the environmental impacts of consumption and production, UNEP, 2010. Per il rapporto fra impatto ambientale di scelte alimentari e produzione biologica: M. Tettamanti, L. Baroni e altri, Evaluating the environmental impact of various dietary patterns combined with different food production systems, European Journal of Clinical Nutrition, ottobre 2006. Per il rapporto fra impatto ambientale di scelte alimentari e distribuzione, con riferimento alle emissioni di gas serra: L . Weber e H. S. Matthews, Food-Miles and the Relative Climate Impacts of Food Choices in the United States, Environmental Science & Technology, Vol. 42, No. 10, 2008. Su assunzione di cibi acidificanti e calcio L. Pinelli, L'alimentaszione umana basata su cibi animali e vegetali, Conferenza tenuta a Mantova il 25 novembre 2010 (http://www.decrescitafelicemn.eu/index.php?page_id=146. Vedi a partire da 46' 20").

Potrebbero piacerti anche