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Master in Efficienza energetica e risorse energetiche alternative

Il Protocollo di Kyoto
I meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto

Ing. Fabio Agosta Modica (RG)

I Meccanismi Flessibili
I costi di realizzazione degli obiettivi previsti nel Protocollo di Kyoto per i Paesi industrializzati - caratterizzati da un livello di efficienza tecnica ed energetica nei processi produttivi e di consumo piuttosto elevato e quindi da limitati margini di abbattimento delle emissioni per unit di prodotto - risulterebbero eccessivamente elevati nel caso in cui tali obiettivi dovessero essere raggiunti esclusivamente attraverso politiche nazionali di riduzione. Il costo associato a tali interventi sarebbe tale da far ridurre drasticamente la competitivit delle imprese soggette agli obblighi di riduzione e il danno economico sarebbe inaccettabile sia in termini di efficienza che di equit distributiva. Il Protocollo prevede quindi la possibilit di adottare degli interventi di riduzione supplementari rispetto alle politiche nazionali, i cosiddetti MECCANISMI FLESSIBILI, da affiancare ai piani nazionali di riduzione delle emissioni.

I meccanismi flessibili sono stati approvati nel dettaglio dagli Accordi di Marrakech (COP7), e consistono in quattro diversi tipi, di cui i primi tre definiti come strumenti strettamente di mercato: 1. Attuazione congiunta (Joint Implementation, JI), che consente a ciascun Paese dellAllegato I di realizzare progetti di abbattimento delle emissioni in un altro Paese dellAllegato I, acquisendo cos delle unit di riduzione delle emissioni (Emission Reduction Units, ERU) che possono essere usate in detrazione delle emissioni nazionali. 2. Meccanismo per lo sviluppo pulito (Clean Development Mechanism, CDM), che consente ai Paesi dellAllegato I di attuare progetti industriali ad alta efficienza energetica o progetti volti allutilizzo delle energie rinnovabili nei PVS (Paesi fuori Allegato), acquisendo cos delle riduzioni di emissioni certificate (Certified Emission Reductions, CER) che possono essere usate in detrazione delle emissioni nazionali. 3. Scambio di quote di emissioni (Emissions Trading Scheme, ETS), che consente a ciascun Paese Allegato I di scambiare su un mercato internazionale creato ad hoc permessi ad emettere GHG, nel caso in cui il Paese abbia abbattuto le emissioni pi (vendita) o meno (acquisto) rispetto agli obiettivi previsti dal Protocollo. 4. Bacini di assorbimento del carbonio (Carbon Sinks, CS), dove le emissioni in eccesso possono essere compensate attraverso lestensione di quegli elementi naturali (boschi, foreste, superfici coltivate) che assicurano un processo di assorbimento naturale dellanidride carbonica, ottenendo delle unit di rimozione (Removal Units, RMU).

Gli Accordi di Marrakech hanno ribadito la caratteristica di supplementeriet di tali meccanismi, sottolineando che questi possono essere adottati dai Paesi Allegato I solo dopo avere attuato notevoli sforzi di riduzione dei GHG attraverso politiche e misure interne. Come gi sottolineato in precedenza, il fatto che non sia previsto in ogni caso un valore soglia massimo (ad esempio percentuale di riduzione attribuita a ciascun meccanismo o ai quattro meccanismi nel complesso) deriva dalla forte disomogeneit nella struttura produttiva dei Paesi aderenti al Protocollo. La possibilit di utilizzare i meccanismi quindi soggetta ad una valutazione caso per caso fatta dagli organi competenti della UNFCCC ogni qual volta un Paese Allegato I presenti la cosiddetta Comunicazione Nazionale - documento ufficiale prodotto da ogni Paese Allegato I con cadenza pluriennale (lItalia ne ha presentate tre, 1995, 1998, 2002) - in cui sono contenute tutte le informazioni utili in merito a emissioni attuali, scenari di emissione futuri, politiche e misure nazionali attuate e relativi impatti, e soprattutto una valutazione dei costi di abbattimento marginali calcolati per la struttura produttiva del Paese in questione. Questo punto di particolare rilevanza perch nel momento in cui sia dimostrato che tali costi di abbattimento risultano eccessivamente gravosi, lUNFCCC pu concedere lautorizzazione a ricorrere ai meccanismi flessibili.

Nel corso degli anni le diverse riunione della COP hanno varato numerosi documenti di cui il pi importante resta il documento finale della COP7, ovvero gli Accordi di Marrakech - al fine di delineare regole certe e trasparenti per la gestione dei meccanismi flessibili, dal momento che nel Protocollo non vi sono espliciti riferimenti a precise norme procedurali con cui attuare tali meccanismi.

Per partecipare al sistema dei meccanismi flessibili i Paesi Allegato I devono soddisfare i seguenti requisiti minimi: 1. ratificare il Protocollo di Kyoto; 2. avere un ammontare di Mt di CO2e assegnato sulla base degli obiettivi definiti dal Protocollo; 3. avere un sistema nazionale per stimare le emissioni e le riduzioni di GHG nellambito del territorio nazionale; 4. avere un registro nazionale per registrare la creazione e i movimenti di ERU, CER e RMU; 5. compilare un rapporto annuale da presentare al Segretariato dellUNFCCC con tutte le informazioni utili in merito ai movimenti delle emissioni.

Lautorizzazione a potersi avvalere dei meccanismi flessibili viene concessa dal Segretariato previa presentazione di un rapporto informativo. Nel caso in cui per un Paese venga meno uno dei requisiti minimi successivamente allapprovazione, prevista una procedura pi rapida per ottenere nuovamente lautorizzazione alluso dei meccanismi flessibili.

In particolare, ogni anno il segretariato provvede ad una certificazione dei registri nazionali dei movimenti di ERU, CER e RMU, per verificare la veridicit e la congruenza dei movimenti registrati, e soprattutto il rispetto degli obiettivi di riduzione previsti per ciascun Paese (e dichiarati nelle Comunicazioni Nazionali).

Tutte le informazioni necessarie per tale monitoraggio saranno gestite da un sistema informatizzato composto di due registri distinti: 1. un registro nazionale gestito da ciascun Paese Allegato I che contiene la contabilit di tutti coloro che possiedono ERU, CER e RMU allinterno del proprio territorio; 2. un registro CDM gestito centralmente dal Segretariato che contenga tutte le informazioni dei soggetti partecipanti ai progetti CDM (ovvero anche le informazioni relative ai PVS e ai soggetti in essi operanti), e che funzioni anche come sistema di certificazione delle emissioni ridotte effettivamente da ciascun progetto.

Esiste poi un organo definito come International Transaction Log (ITL) che gestisce tutte le transazioni di ERU, CER e RMU tra tutti i Paesi Allegato I, e funge da coordinamento dei singoli registri nazionali.
Di seguito sono descritti pi nel dettaglio alcuni aspetti specifici dei singoli meccanismi flessibili

LA JOINT IMPLEMENTATION (JI)


Si concretizza nellimplementazione di un progetto specifico attuato da un Paese in un altro Paese dellAllegato I (cio Stati industrializzati o con uneconomia in transizione) in cambio di quote di riduzione di emissione di gas oppure aumenti di assorbimenti di emissioni. Il Paese investitore pu coinvolgere entit legali di varia natura (industrie, autorit ed enti locali e nazionali) in azioni di trasferimento, creazione e acquisizione delle riduzioni di emissioni; tale coinvolgimento apre, di fatto, allindustria la strada per una diretta partecipazione alle attivit di salvaguardia del clima globale.

Limpresa si trova cos a poter assolvere ai propri impegni di riduzione delle emissioni seguendo due approcci: A) la realizzazione degli obiettivi a costi minori, servendosi dello strumento della JI unicamente al fine di accumulare crediti di emissioni da utilizzare in seguito come permessi negoziabili; B) la realizzazione degli obiettivi tramite investimenti in innovazione tecnologica, sfruttando cos lopportunit di affermare a livello internazionale nuove tecnologie.

PROBLEMA !
Un problema che in qualche modo ostacola la realizzazione di progetti di JI rappresentato dal fatto che i contratti internazionali per realizzare simili progetti sono stipulati da entit legali disciplinate da giurisdizioni diverse. Questo implica la difficolt di definire quale sia lautorit investita del controllo del rispetto dei contratti stessi. Il problema ulteriormente complicato dal fatto che i progetti implicano relazioni a lungo termine tra le parti del contratto. quindi chiaro che, affinch le imprese potenzialmente interessate a progetti di JI non vengano disincentivate nella loro applicazione, deve essere trovata una rapida e chiara soluzione al problema di quali siano i sistemi di controllo da applicare.

SOLUZIONE:
I MOU (Memorandum of Understanding) stipulati tra le parti coinvolte nelle iniziative di JI si stanno rivelando preziosi strumenti istituzionali efficaci nel facilitare il percorso dei progetti riducendone i costi di transazione (anche per i CDM). Essi, infatti, contribuiscono ad una migliore definizione delle modalit con cui vengono realizzati i progetti e distribuiti i crediti da essi derivati. Per quanto riguarda i tempi di realizzazione dei progetti di JI, gli accordi di Marrakech prevedono che i progetti avviati a partire dal 2000 siano riconosciuti come progetti di JI purch rispettino le regole previste dalle decisioni che la COP adotter. I crediti derivanti dai progetti avviati prima del periodo di adempimento (20082012) potranno essere utilizzati solo a partire dal 2008.

CLEAN DEVELOPMENT MECHANISM (CDM)


Il Clean Development Mechanism (CDM) consente ai Paesi dellAllegato I di raggiungere gli obiettivi di riduzione o di limitazione delle emissioni di gas implementando progetti in Paesi non appartenenti allAllegato I. La JI e il CDM rappresentano strumenti simili che si distinguono per i destinatari dei progetti che, nel primo caso, sono principalmente Paesi con economie in transizione, nel secondo caso sono PVS.

Uno dei problemi dei progetti CDM dipende proprio dalla natura dei paesi destinatari. Questi ultimi, infatti, non essendo soggetti in base al Protocollo di Kyoto a obblighi di riduzione delle emissioni, non sono tenuti a rispettare gli impegni di monitoraggio, reporting e inventariazione previsti invece per i Paesi Allegato I.
Per il CDM valgono poi le stesse riflessioni svolte per la JI relativamente allopportunit che tali strumenti offrono alle imprese di affermarsi a livello internazionale e riguardo alle problematiche connesse alla tipologia dei contratti internazionali, cos come la possibilit di usare accordi tra le parti (MOU) per definire gli stessi.

Gli Accordi di Marrakech includono le linee-guida per lattuazione del CDM, documento che risulta pi dettagliato rispetto a quello elaborato per la JI, per accelerare i tempi di attuazione dei CDM. Al fine di estendere il campo di azione dei progetti CDM tenendo conto delle peculiarit dei PVS (dotati di abbondanti risorse forestali), si inoltre deciso che le attivit relative allimboschimento e al rimboschimento possono costituire oggetto di un progetto CDM, con il vincolo che le riduzioni di emissioni derivanti da tali attivit non possono superare cinque volte l1% delle emissioni dellanno base del Paese Allegato I che realizza il progetto.

CARBON SINK (POZZI DI ASSORBIMENTO DI CARBONIO)


Lultimo dei meccanismi previsti dal Protocollo di Kyoto per assolvere agli impegni assunti dalle Parti rappresentato dai carbon sink (pozzi di assorbimento di carbonio) grazie ai quali, al fine del raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra, possibile per le Parti conteggiare le diminuzioni di carbonio ottenute in seguito ad attivit di silvicoltura o alla variazione dellutilizzo del suolo. A tale riguardo, va detto che lincertezza sul modello di contabilit del carbonio, necessario al fine dellattribuzione dei crediti di emissione, aveva rappresentato per molti Paesi, soprattutto per lUnione Europea, un ostacolo per laccettazione dellutilizzo dei sink. La controversia sullargomento, inoltre, era stata una delle principali cause del fallimento della Conferenza dellAja. Quindi, uno dei principali risultati raggiunti a Marrakech rappresentato proprio dalla soluzione di compromesso raggiunta sullargomento, attribuendo un riconoscimento definitivo al ruolo dei carbon sink.

Sullutilizzo dei carbon sink, il Protocollo di Kyoto aveva lasciato aperte numerose questioni, soprattutto in relazione agli aspetti legati alle metodologie di calcolo dei bilanci di carbonio negli ecosistemi agricoli e forestali. Mentre a tale riguardo ancora vivo un ampio dibattito scientifico internazionale, negli Accordi di Marrakech la COP ha invitato lIPCC a continuare lelaborazione di metodologie per la stima, la misurazione, il monitoraggio e il reporting delle variazioni degli stock di carbonio e delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti nelle destinazioni duso del territorio e delle attivit boschive.

Ogni Paese deve essere dotato di un sistema nazionale di inventariazione che rende identificabili i terreni destinati alluso del suolo e alle attivit boschive. Le Parti devono rendere conto di tutti i cambiamenti registrati nei seguenti depositi di carbonio: biomasse, rifiuti, legno tagliato, carbonio da sostanze organiche. Un Paese pu decidere di non rendicontare uno o pi di tali depositi, qualora sia chiaro e verificabile che questi non costituiscono sorgenti di emissioni.

Al fine del raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto, possono essere prese in considerazione solo le attivit di imboschimento e rimboschimento indotte dalluomo, conformi alle linee-guida e cominciate dopo il primo gennaio 1990 ed entro la fine di questanno (attivit previste dallart. 3.3 del Protocollo). Gli assorbimenti o le emissioni derivanti da tali attivit devono essere aggiunte o sottratte alle quote di emissioni assegnate. Qualora si registri un assorbimento netto di emissioni, tale valore deve essere aggiunto alla quota assegnata; qualora il risultato sia una sorgente netta di emissioni, tale valore deve essere sottratto alla quota assegnata al Paese.

Tra il 2008 e il 2012, un Paese pu scegliere di conteggiare le emissioni e rimozioni di gas serra derivanti da iniziative diverse dallimboschimento, rimboschimento e disboscamento, che possano essere considerate attivit di rivegetazione o relative alla gestione dei boschi, dei terreni coltivati e da pascolo (art. 3.4 del Protocollo). In tal caso, un Paese deve identificare con precisione le attivit scelte, in modo da determinare la quota di riduzione che da queste deriva e che gli viene attribuita. Il Paese inoltre tenuto a dimostrare che tali attivit sono state svolte dopo il 1990 e sono indotte da attivit umane.

RIASSUMENDO Il principio su cui poggiano questi meccanismi si basa sulla natura stessa delle emissioni di GHG, che tipicamente costituiscono un problema su scala globale, per cui il luogo dove vengono attuate le riduzioni non influisce sul risultato complessivo. quindi giusto consentire che le azioni di abbattimento siano realizzate dove i costi sono pi bassi, ovvero dove si ha la maggiore resa in termini di costi/benefici. Questo il principale motivo per cui alcuni Paesi con elevati livelli di efficienza energetica, ma soggetti ad obblighi di riduzione consistenti, vorrebbero poter utilizzare ampiamente tali meccanismi.

Per garantire che non si utilizzino eccessivamente tali meccanismi, insieme al principio di supplementariet sono previsti ulteriori vincoli e controlli. Nel caso della JI e del CDM ad esempio, i progetti devono generare benefici riguardo al cambiamento climatico che siano reali, quantificabili e a lungo termine. Inoltre, nello specifico dei CDM, il progetto pu essere approvato solo se gli obiettivi di efficienza energetica e abbattimento delle emissioni sono affiancati da specifici requisiti legati alla sostenibilit ambientale e allimpegno di diffusione tecnologica a favore dei Paesi che ospitano il progetto.

ANALISI DETTAGLIATA DEI MECCANISCMI FLESSIBILI JI E CDM Joint Implementation (JI) Abbiamo detto che la joint implementation (JI) consente ad una Parte contraente inclusa nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici di finanziare un progetto atto a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra in unaltra Parte contraente non inclusa nellAllegato I, ottenendo in tal modo dei crediti di emissione (ERUs) che essa pu utilizzare per rispettare il proprio limite di emissioni, in conformit con quanto disposto nellAllegato B del Protocollo (art. 6 del Protocollo di Kyoto).

Questo meccanismo era stato gi delineato nel quadro dei lavori di redazione della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (art. 4.2.a), e rielaborato poi nellambito della COP/1 per la predisposizione di un progetto pilota denominato Activities implemented jointly under pilot phase, in cui per si escludeva lipotesi di utilizzo da parte degli Stati partecipanti dei crediti generati tramite queste attivit di natura progettuale, per adempiere ai propri obblighi. Soltanto nella COP/3 il progetto pilota stato nuovamente esaminato e gli Stati inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro hanno proposto di trasformarlo in un programma di azione congiunta basato sul dispositivo di ricevimento di crediti per i progetti da essi realizzati nei Paesi in via di sviluppo. Tale proposta stata contrastata dagli stessi Paesi in via di sviluppo, mentre lUnione europea ha presentato un programma alternativo, consistente nellattivazione di questo meccanismo soltanto tra Paesi inclusi nellAllegato I. Nella fase conclusiva il meccanismo di JI prescelto stato quello europeo, contraddistinto da determinati elementi ed attivabile secondo due tipologie procedurali.

La prima procedura (track one) presuppone che lo Stato sia incluso nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e sia parte contraente al Protocollo, e che lindividuazione del limite delle emissioni ad esso attribuite sia conforme alla metodologia di calcolo prescritta nel Protocollo (art. 3, para. 7-8); inoltre lo Stato deve aver attivato un proprio sistema nazionale, dotato di un registro, e deve aver effettuato una stima nazionale delle emissioni e della capacit di rimozione dei sink (serbatoi di assorbimento dei gas ad effetto serra) di tutti i gas non controllati dal Protocollo (art. 5 para. 1) e dalle linee guida successivamente adottate, fornendo tutte le informazioni suppletive richieste.

La seconda procedura (track two) viene attivata qualora si riscontrino solo le prime due condizioni sopra descritte, insieme alla creazione del registro nazionale. In tal caso gli Stati interessati presentano un progetto da realizzare attraverso il meccanismo della JI. La quota di unit di scambio viene indicata da un apposito organismo, il Supervisory Committee, istituito dalla COP/MOP. Tale Comitato dovr essere composto da dieci membri, di riconosciuta competenza nel settore: tre rappresentanti gli Stati inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici contraddistinti da economie in transizione, tre rappresentanti gli Stati inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, tre rappresentanti Stati non inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, un rappresentante di un Paese insulare in via di sviluppo. I componenti del Comitato di Verifica saranno eletti dalla COP/MOP ed eserciteranno il loro mandato per un periodo di due o tre anni, rinnovabile una sola volta. Il Comitato sar convocato almeno per due sessioni annuali e le decisioni da esso adottate dovranno essere prese sulla base del consenso dei membri.

Il Comitato di Verifica chiamato ad operare in diretto contatto con la COP/MOP, presentando ad essa rapporti periodici sul proprio lavoro o raccomandazioni specifiche concernenti opportune revisioni delle linee guida per lattuazione del Protocollo (la prima revisione dovr essere attuata non pi tardi di un anno dalla scadenza del periodo di adempimento 2008-2012). Esso, inoltre, ha competenza per accreditare enti indipendenti incaricati di valutare la validit dei progetti presentati nel quadro della JI sulla base di determinati requisiti nonch di calcolare i crediti derivanti dallattuazione dei progetti stessi.

La valutazione del progetto spetta ad un ulteriore organo, denominato independent entity, sulla base di una chiara e puntuale indicazione circa il periodo temporale di riferimento per la misurazione della quantit di emissioni da ridurre, e della pianificazione di unazione di monitoraggio atta a verificare il raggiungimento dellobiettivo di riduzione delle emissioni. Nel caso in cui uno Stato partecipante al progetto o almeno tre membri della independent entity rilevino lassenza di tali prerequisiti, il progetto deve essere revisionato nei successivi quarantacinque giorni. Se il progetto gi in corso e lindependent entity evidenzi lassenza dei prerequisiti, la procedura di revisione limitata ai quindici giorni successivi alla presentazione di un rapporto dettagliato del progetto da parte dei partecipanti.

Larticolazione procedurale della JI, sopra descritta, consente indubbiamente agli Stati parti contraenti del Protocollo di promuovere una ampia partecipazione dei soggetti sia pubblici che privati, pronti a partecipare in qualit di co-partners a livello nazionale nella progettazione sotto forma di JI. E chiaro, infatti, che lapertura di contatti di natura commerciale con soggetti operanti nel medesimo settore nei Paesi non inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici rappresenta un importante strumento in termini di acquisizione di crediti di emissione, poich in sostanza i costi di produzione energetica vengono a ridursi e, allo stesso tempo, si consegue lobiettivo del contenimento della produzione di gas ad effetto serra rispetto alla quota assegnata allo Stato in cui tali soggetti operano. Inoltre questo risparmio consente agli stessi soggetti di investire nella ricerca al fine di sperimentare ed adottare tecnologie pi pulite o, comunque, di promuovere un pi ampio uso delle fonti energetiche rinnovabili. Come gi rilevato in relazione allET, anche per quanto riguarda lattivazione della JI prevista una competenza di tali soggetti, denominati legal entities, tuttavia su autorizzazione degli Stati che rimangono pertanto responsabili delloperato di tali soggetti nellattuazione dei contenuti del Protocollo ai fini del conseguimento degli obiettivi in esso prestabiliti.

CLEAN DEVELOPMENT MECHANISM (CDM) Il CDM assimilabile per certi aspetti alla JI. Il fattore che lo contraddistingue correlato alla tipologia dei soggetti partecipanti, ovvero gli Stati inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici nonch i Paesi in via di sviluppo, per il conseguimento di un duplice obiettivo: supportare i primi nel raggiungere e rispettare i propri limiti di emissione, indicati nellAllegato B del Protocollo, e promuovere nei secondi un sostenibile sviluppo economico (art. 12 del Protocollo di Kyoto).

I settori nei quali possono essere presentati i progetti inseriti nel quadro del CDM sono lefficienza energetica, lenergia rinnovabile, la riduzione delle emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra; la progettualit legata alle attivit di natura antropica, limitata agli interventi di afforestazione e riforestazione ed incidente sull1% della quota di emissioni assegnata rispetto al 1990 (da moltiplicare per 5, ovvero per ogni anno del periodo di adempimento 20082012), stata inclusa tra le modalit operative del CDM nella recente COP/9 (Milano, 2 12 dicembre 2003).

Data la complessa struttura del CDM rispetto alle altre procedure sopra descritte, si ritenuto opportuno istituire, nei lavori della COP/7 (Marrakesh, 29 ottobre 10 novembre 2001), un apposito organo: il Comitato Esecutivo composto da dieci membri scelti tra le Parti contraenti tenendo conto di criteri sia geografici che politici: un rappresentante per ciascuno dei cinque gruppi regionali delle Nazioni Unite, due rappresentanti di Stati inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, due rappresentanti di Stati non inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, un rappresentante di un Paese insulare in via di sviluppo. Esso incaricato di monitorare lattuazione del CDM e losservanza da parte degli Stati coinvolti, soprattutto dei Paesi industrializzati, utilizzatori potenziali di tale strumento per reperire pi facilmente i crediti di riduzione delle emissioni per il rispetto dei limiti previsti per ciascuno di essi.

Il Comitato Esecutivo si riunisce almeno tre volte allanno, richiedendosi una presenza di almeno due terzi dei rappresentanti costituenti la maggioranza dei Paesi inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e dei Paesi non inclusi nellAllegato I, che devono essere presenti per costituire il quorum. Le decisioni del Comitato Esecutivo sono adottate per consensus o, altrimenti, con la maggioranza dei tre quarti dei membri presenti e votanti.

Tra le principali funzioni attribuite al Comitato Esecutivo si possono menzionare la formulazione di raccomandazioni alla COP/MOP su eventuali modifiche circa le modalit e le procedure del CDM, o di rapporti da sottoporre allattenzione della COP/MOP concernenti la propria attivit come anche la distribuzione regionale e sub regionale dei progetti nellambito del CDM, completata da unanalisi atta ad identificare barriere sistemiche per una loro equa distribuzione; la compilazione di rapporti e database nei quali siano analizzate le principali fasi di adempimento dei progetti e gli obiettivi conseguibili; laccreditamento (cui segue la conferma formale della COP/MOP) e la creazione di una lista, pubblica e costantemente aggiornata, degli organi incaricati di valutare e registrare i progetti, ecc.

Dal punto di vista tecnico-procedurale per partecipare alla realizzazione di un progetto nel quadro del CDM gli Stati partecipanti, inclusi e non inclusi nellAllegato I della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, devono essere entrambi parti contraenti al Protocollo e devono entrambi istituire un organo di controllo nazionale (designated national authority) incaricato di verificare lapplicazione del CDM stesso nellambito domestico.

JI E CDM Qualche esempio


a cura dell Ing. Natale Massimo Caminiti (ENEA)

Joint Implementation ( attuazione congiunta)

I meccanismi flessibili

Definizione La Joint Implementation (art. 6 del Protocollo di Kyoto), prevede che paesi dellAnnesso 1 per soddisfare i propri impegni possano utilizzare i crediti (ERUs) derivanti dalla realizzazione di progetti di riduzione delle emissioni di gas serra realizzati in altri paesi Annesso 1. Requisiti dei Progetti JI Approvazione del Progetto da parte dei paesi coinvolti Riduzione reale e misurabile di almeno uno dei gas serra previsti nel Protocollo I progetti JI sono a somma zero, in quanto le emissioni corrispondenti ai crediti generati dal progetto (ERUs) acquisiti dal paese proponente vengono sottratti al paese ospitante (AAUs) In una iniziativa di JI la riduzione delle emissioni deve essere addizionale (e verificata) rispetto al caso in cui non si attui il progetto di JI Sono espressamente esclusi i progetti nucleari I crediti generati dai Progetti JI potranno essere conteggiati solo a partire dal 2008, cio dallinizio del primo periodo di adempimento (2008 2012) Cio progetti avviati nel periodo 2000 2008, possono essere registrati come progetti JI, ma vengono riconosciuti solo i crediti che questi progetti generano a partire dal 2008.
N. M. Caminiti (ENEA)

Esempio di schema di funzionamento di un Progetto JI

I meccanismi flessibili

Fonte: MATT

LItalia propone un progetto di JI (con relativo investimento) con una riduzione rispetto al progetto base di 10 unit La Romania accetta di ospitare lintervento. LItalia acquisisce i crediti del progetto di JI realizzato +10 (ERUs)
N. M. Caminiti (ENEA)

I meccanismi flessibili

Joint Implementation procedimento attuativo

Condizione A Il paese ospitante soddisfa tutti i requisiti richiesti dal Protocollo Il paese ospitante seleziona il progetto e si occupa della registrazione e il trasferimento dei crediti

Condizione B Il paese ospitante non soddisfa tutti i requisiti richiesti dal Protocollo Interviene in aiuto il comitato di supervisione della COP/MOP che assegna a una entit indipendente (DOE, Designed Operational Entity) il compito seguire il progetto (rendere pubblico il progetto, acquisire i commenti, validarlo, registrarlo, verifica il monitoraggio e la riduzione delle emissioni ERUs)

N. M. Caminiti (ENEA)

Clean Development Mechanism (Meccanismo di sviluppo pulito)

I meccanismi flessibili

Definizione Il Clean Development Mechanism (CDM) (art. 12 del Protocollo di Kyoto), prevede la possibilit per i paesi dellAnnex 1, per soddisfare i propri impegni, di utilizzare i crediti (CERs) derivanti dalla realizzazione di progetti di riduzione delle emissioni di gas serra realizzati in paesi Non Annex 1 (Paesi in via di sviluppo, che non hanno impegni di riduzione) Requisiti dei Progetti CDM La partecipazione di tutte le parti coinvolte deve essere volontaria Approvazione formale del paese ospitante che conferma il contributo del Progetto al proprio sviluppo sostenibile Benefici reali, misurabili e a lungo termine, in relazione con la mitigazione dei cambiamenti climatici In una iniziativa di CDM la riduzione delle emissioni deve essere aggiuntiva (e verificata) rispetto al caso in cui non si attui il progetto di CDM La realizzazione del Progetto non deve far ricorso ai finanziamenti pubblici destinati alla assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA) Sono espressamente esclusi i progetti utilizzanti la tecnologia nucleare Il 2% dei ricavi della vendita dei CERs contribuir al Adaptation Fund Le riduzioni di emissioni certificate ottenute tra lanno 2000 e linizio del primo periodo di adempimento anno 2008, potranno essere utilizzate per contribuire alladempimento degli impegni previsti per detto periodo 2008 -2012

N. M. Caminiti (ENEA)

Esempio di schema di funzionamento di un Progetto CDM

I meccanismi flessibili

Fonte: MATT

Un Paese PVS, che non ha impegni di riduzione, per migliorare il suo sviluppo sostenibile accetta un intervento di CDM LItalia propone un progetto di CDM (con relativo investimento) con una riduzione aggiuntiva rispetto al progetto base LItalia acquisisce i crediti del progetto di CDM realizzato (CERs)
N. M. Caminiti (ENEA)

I meccanismi flessibili

Procedura di realizzazione del Progetto CDM


Proposta Approvazione da parte del paese ospitante che conferma il carattere sostenibile del progetto Validazione da parte di un Ente accreditato per la valutazione del Progetto (ad oggi sono stati accreditati 4 enti) Scelta del periodo di credito
7 anni rinnovabili altri 7 dopo approvazione 10 anni non rinnovabili Procedura semplificata per progetti di piccola scala

1. 2. 3.

Registrazione presso registro internazionale Monitoraggio delle emissioni Verifica e certificazione delle riduzioni Emissione dei crediti (CERs Certified Emission Reductions)

N. M. Caminiti (ENEA)

FINE
Grazie per lattenzione!!!

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