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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 19 anno III


18 maggio 2011 edizione stampabile

L.B.G. ELEZIONI. IL RITORNO DEI MILANESI Walter Marossi TUTTI I NUMERI DELLA COMPETIZIONE Guido Martinotti IL VOTO A MILANO: LA RIVOLTA CONTRO LINDECENZA Francesca Zajczyk PISAPIA TRASCINA LA FORZA GENTILE DELLE DONNE Mario De Gaspari MILANO 2011, PROVE DI TERZA REPUBBLICA? Pietro Cafiero AAA. ASSESSORE ALLURBANISTICA OFFRESI Mario Sartori ELEZIONI COMUNALI: INTERNET CRESCE Jacopo Gardella VERZIERE E PIAZZA SANTO STEFANO Marco Ponti ULTIME SULLA MOBILIT Rita Bramante 7 MOSSE PER LITALIA VIDEO STEFANO BOERI: DOPO 12800 PREFERENZE DAVIDE CORRITORE: DA QUI AL 29 AMGGIO MUSICA Helplessunless Blues Fleet Foxes Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA Paolo Schipani e Marco Santarpia

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La vera sorpresa della vittoria di Giuliano Pisapia non soltanto la vittoria stessa ma sono stati i milanesi, i vecchi milanesi, quelli che son qui da qualche generazione, i meno recenti e i nuovissimi: non solo hanno dato la vittoria a Giuliano Pisapia, ma lhanno accolta con ovvia gioia e anche con generosit. La gioia stata grande. Vedere la gente che si abbracciava in Corso Buenos Aires davanti al teatro Puccini gremito, ai vecchi milanesi ricordava la Liberazione e la fine della guerra. Ma unaltra cosa va sottolineata: quella parte della citt che ha vinto guardava laltra, quella che ha perso, senza spirito di rivalsa, senza animosit dimenticando, forse persino troppo presto, quello che di lei ha detto in passato e ha continuato a dire e forse dir ancora Berlusconi: passando da coglioni ad antropologicamente diversi. Questo desiderio di una parte della citt di farla finita con la politica incivile per ritrovare la civilt della politica lo si respirava sia in Corso Buenos Aires che nella sala stampa del Comune dove le facce allegre si mescolavano a quelle incupite. Forse stiamo per tornare a parlare di avversari e non di nemici. E, lasciando da parte tutte le altre analisi post stupore per la vittoria di Pisapia, proprio in questo spirito che ha informato la sua campagna elettorale - lansia della gentilezza io penso risieda una parte non piccola del suo successo. Altrettanto va riconosciuto a Stefano Boeri che, rapidamente lasciate da parte le amarezze delle primarie, ha dato anche lanima per una vittoria della sinistra: le sue 12.500 preferenze lo collocano al primo posto tra i preferiti milanesi. Berlusconi non conta e, a parte la millanteria di qualche giorno fa di pretendere dalla sua Milano 53.000 preferenze, la sua candidatura milanese un vecchio trucco che suona ad insulto di un Consiglio comunale al quale ci si candida sapendo che mai lo si frequenter. Ma non dobbiamo dimenticare che questa gentilezza di Pisapia si sempre coniugata con una grande attenzione alla gente alla quale si stava chiedendo non solo il voto ma anche idee e dunque la differenza tra Pisapia e Moratti stata nellultimo gesto possibile: la scelta del luogo dove auspicabilmente festeggiare la propria vittoria o guardarsi in faccia dopo la sconfitta. Pisapia ha scelto un teatro popolare in una via popolare, la Moratti il Centro congressi della Fondazione Cariplo: ognuno ha pensato al proprio elettorato di riferimento. Ora dunque ci aspetta la parte pi dura della battaglia. Il ministro Gelmini, maestrina spietata e rigorosa, col suo visino blandamente cinese dietro gli occhialini, ci ha soavemente annunciato che le prossime settimane, abbandonati i temi nazionali ad personam, saremo puntualmente informati dellinstancabile attivit del nostro sindaco uscente che non ci chiede altro che di poter continuarenella sua instancabile attivit. Noi, da quei generosi milanesi che siamo, cont el coeur in man, vorremmo che si riposasse. Ci dia retta, meglio per tutti.

TUTTI I NUMERI DELLE COMPETIZIONE Walter Marossi


Facciamo un po di conti. Nel 2006, Ferrante, coalizzando tutto il possibile, aveva preso il 47%. Penati ha raggiunto il 41% alle regionali del 2010, con Rifondaroli e grillini le opposizioni sono arrivate al 47,7%. Alle provinciali del 2009 le opposizioni di centrosinistra erano arrivate al 45%. LUdc, regionali o provinciali che siano, sempre attorno al 3%. In teoria la vittoria era possibile spostando un 3/4% di voti dal centrodestra e unificando il centrosinistra (avete presente lUlivo?), ma nessuno ci credeva, perch questo era il tab principale: lelettorato di centrodestra non si mai travasato in quello di centrosinistra, fin dai tempi di Dalla Chiesa. Lunica speranza era il ballottaggio, perch Penati entrambe le volte in citt aveva vinto nel 2009 con un elettorato ridotto a 440.000 perdendo in valori assoluti poco pi un terzo dei voti persi dal centrodestra. Questi erano anche i dati dei sondaggi, (nessuno ha mai dato Pisapia sopra il 44%), questa era la percezione diffusa nel centrosinistra. Invece no. Ferrante aveva preso 319.823 voti, Pisapia ne prende 315.862 (Calise 21.000 presumibilmente di delusi del centrosinistra, Palmeri 36.000). La Moratti aveva preso 353.000 voti, oggi ne prende 273.000. Pisapia prende il 48%, le opposizioni tutte superano abbondantemente il 55%. La Moratti perde 10 punti: 80.000 voti. Ipoteticamente e grossolanamente possiamo dire che: 23.000 sono andati via dalla citt ( vero che le percentuali di voto sono identiche a 5 anni fa, ma non gli elettori e gli aventi diritto), 36.000 li ha spostati Palmeri, ma almeno 20.000 sono andati a Pisapia (guarda caso i voti della lista civica). Vale la pena ricordare che stiamo parlando degli elettori che votano il sindaco, che sono 62.000 in pi di quelli che votano le liste. La vittoria personale di Pisapia quindi ancora pi netta. Qui sta il cambiamento epocale: per la prima volta dal 1993 elettori di centrodestra non rispondono allappello contro il pericolo comunista / giustizialista, per la prima volta un elettorato moderato concede una chance amministrativa al centrosinistra, per la prima volta un candidato gentile, ma che i politico non si pu, recupera un elettorato riformista. Certo vi sar chi dir che tutta colpa di Letizia, ma considerando che il Pdl perde 20.000 voti di lista rispetto alla sola Forza Italia di 5 anni fa e 15.000 rispetto alle regionali con 7 punti in meno, considerando che su piazza insistono ministri di vario genere e tipo e che il capolista era Lui, la tesi appare dubbia. Certo vi sar chi dir che la pera era matura e chiunque avrebbe potuto coglierla, ma intanto lha colta Pisapia con una coalizione di sinistracentro che non un caso isolato nel paese e che non potr non avere effetti sul futuro dei partiti e delle coalizioni. Certo vi sar chi compulsando i dati delle preferenze disegner geografie e scenari complessi ma per ora un solo dato certo: Pisapia riuscito a convincere i milanesi che riformismo non significa moderatismo e che le diverse anime progressiste possono convivere insieme senza snaturarsi. Se non ci saranno autogol la strada per palazzo Marino in discesa.

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IL VOTO A MILANO: LA RIVOLTA CONTRO LINDECENZA Guido Martinotti


Dai dati sulla partecipazione non emergono informazioni rilevanti. La partecipazione stata molto moderatamente pi elevata che nel 2006, 67,56 contro 67,52 ma se il dato visto in prospettiva di una lieve diminuzione generale possiamo dire che si trattato di una controtendenza, ma non ci si deve sorprendere visto che la contesa era serrata e questo in generale considerato un fattore mobilitante. Il tasso di partecipazione sembra essersi ormai stabilizzato su livelli Europei o Normali 67.56% contro il 67.52% del 2006, dopo un calo secco delle precedenti elezioni che rappresentava unanomalia del sistema italiano. Le variazioni tra circoscrizione e circoscrizione sono minime, cos come sono minime quelle tra uomini e donne. La zona in cui si votato di pi, ormai noto la 3, quella in cui si votato di meno la zona 1 che anche lunica zona anomala perch (se i dati sono esatti) lunica circoscrizione in cui ha votato una percentuale maggiore (e significativamente maggiore, 2%) di donne. Sono dati che vanno guardati pi da vicino se vogliamo utilizzarli per unanalisi. Nel 2006 gli abitanti erano 1.256.211 e gli elettori 1.031.099 e vi furono: 680.292 voti validi (sindaco); e 609.935 (liste) Nel 2011 gli elettori erano 996.400 con una diminuzione del corpo elettorale di 34.699, e i votanti sono stati 673.185 con 657.379 voti validi per il sindaco e 595.585 per le liste: nel computo dei voti dobbiamo quindi tenere conto di un indice di deflazione di poco pi del 3%. Qui io mi baso sui valori assoluti, perch le percentuali spesso sono fuorvianti e al fondo in ultima analisi, e i politici lo sanno benissimo, ogni voto conta e pesa. Nel 2006 il blocco Moratti prese 353.409 voti (52% dei voti validi), mentre il blocco Ferrante ne prese 319.487 (47% dei voti validi) con una differenza di 33.922 (sono dati approssimativi che non tengono conto di riaggregazioni dei voti per liste minori).La differenza comunque fu del 5% circa. Nel 2011 Pisapia ha preso 315.862 voti mentre Moratti ne ha presi 273.401 con una differenza di 42.461, quasi esattamente un quarto in pi della differenza tra Ferrante e Moratti. Questo significa che Pisapia ha migliorato rispetto al suo elettorato potenziale di circa 2% (tenendo conto che il raggruppamento che sostiene Pisapia ha preso circa l1% in meno rispetto ai voti presi da Ferrante, ma il corpo elettorale diminuito del 3% (la diminuzione stata del - 3,37% sui voti validi per il Sindaco). Invece il raggruppamento Moratti ha perso 80.008 voti rispetto a quelli conseguiti nel 2006, pari al 22,64% dei voti presi allora, quindi equivalente a una perdita di poco meno del 20% (uno su cinque) deflazionato, cio una volta che si tenuto conto della diminuzione del corpo elettorale. Inutile dire che tutto il ragionamento molto approssimativo, perch nel frattempo cambiato il corpo elettorale (sono entrati alcuni giovani e usciti un certo numero di vecchi) ma soprattutto sono cambiati gli attori politici. A sinistra si presentato il Movimento 5 stelle che ha un gruzzolo di 21.228 voti mentre nel centro si presentato il Terzo polo che ha un pool di 36.471 voti, di cui una parte sono i voti UDC, che nel 2006 faceva parte del pacchetto Moratti. Questo rende difficile i confronti, su cui gi stanno lavorando di cesello in molti, lunico dato chiaro che la Lega passata da 22.674 a 57.403 guadagnando 34.729 ma questo risultato considerato anche dalla Lega stessa insoddisfacente perch molto inferiore alle aspettative che erano giustificate da notevoli incrementi di voti nelle consultazioni intercorse nel frattempo. Completa il quadro Pagliarini con 4.229. Da questi dati possiamo dire che Pisapia ha tenuto molto bene tutto lelettorato della sua area, mentre Moratti ha perso una grande massa di voti. Dove sono andati? In parte ovviamente ai 36.471 del Terzo Polo, in parte allastensione, ma poich, come abbiamo visto, lastensione rimasta uguale, e il corpo elettorale diminuito, non vi stata una massa di astenuti sufficiente a giustificare la perdita che deve essere stata riassorbita in misura difficile da stimare, ma consistente, dal voto per Pisapia. A questo punto si pone per il gruppo Moratti il problema di come recuperare i voti persi, colmare e sopravanzare il distacco. Il calcolo fatto dallex sindaco Albertini allInfedele elementare, troppo direi. Poich Pisapia ha fatto il pieno, non riuscir mai ad aggiungere ai suoi voti quel 2% o poco pi che gli servono per raggiungere il 50% pi uno al ballottaggio. Ma Albertini non dice come far la Moratti a recuperare quell8% che gli manca, in media dovrebbe recuperare 4 voti in pi per ogni voto che serve a Pisapia e, data la performance del PdL che ha preso al primo turno 171.222 voti, cio meno dei 194.629 della sola Forza Italia nel 2006, senza contare i 30.781 della Lista Moratti in quelle elezioni (per un totale di 225.410 dei due pi i 51.781 di Alleanza Nazionale). Dove li prendono? Castelli e Calderoli con la pi serafica faccia del mondo dicono che Pisapia a Milano unanomalia: la classica reazione delle destre, quello che diverso da come loro pensano che debba essere il mondo una anomalia: mai viene il dubbio che possa essere allinverso. Naturalmente al secondo turno dobbiamo scontare un calo della partecipazione, ma il calcolo di Albertini, e lo dico senza far venir meno i buoni rapporti personali che abbiamo sempre avuto pur dissentendo, non sta in piedi, perch quelle percentuali andranno comunque ad essere applicate a un corpo di votanti diverso per numero, ma anche per composizione. Infatti diversamente da come avviene nel mondo fisico in cui se travaso lacqua da una bottiglia a un bicchiere, cambia solo la quantit dacqua (o di vino) nei due recipienti, nel mondo dei fatti sociali quando c un travaso, cambia tutto, la bottiglia, il bicchiere e il fluido. Nel momento stesso in cui un elettore passa da un partito allaltro o dallastensione a un partito o viceversa, cambia di qualit. Cos nel secondo turno quale sar la quantit totale di voti validi? E quale sar la qualit del residuo corpo votante? Purtroppo non lo sappiamo e non possiamo stimarle perch a Milano non abbiamo avuto ballottaggi. E ragionevole stimarla in un terzo in meno che al primo turno? Forse: diciamo, per semplificare, 500mila voti validi invece di 657.379. Se Pisapia dovesse mantenere le stesse proporzioni, partirebbe da 210.537 e dovrebbe pedalare per trattenersi 9.600 + 1 di quelli che lhanno gi votato. La Moratti invece con il 41,58% dovrebbe pedalare in salita per recuperare 42.100 + 1 voti degli 80.000 circa che ha perso (un po meno tenuto conto del 3% di defla-

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zione). E dove li prende? Terzo Polo e Pagliarini, ammesso che glieli diano tutti e che tutti i loro elettori ritornino a votare, arrivano a stento a 40mila. La Lega non sembra in grado di fare molto di pi: il caso Trota ha colpito duro, basta sentire i discorsi della base. Ma sono comunque ipotesi del tutto fittizie, di quei 40mila voti teoricamente disponibili per la destra al ballottaggio non ce ne saranno moltissimi. . Quindi se Pisapia riesce a non fare errori e, com stato clamorosamente finora, li lascia fare agli altri non dovrebbe perdere. Ma attenzione, occorre quadruplicare gli sforzi perch le elezioni non si vincono a tavolino, anche se meglio correre in pianura che in salita. Un risultato grande, per gi stato ottenuto: queste elezioni sono state la sconfitta dellindecenza, dellindecenza delle bugie grandi come una casa fatte passare come annunci, delle promesse fatte con limprontitudine con cui si promettono le caramelle al bambino scemo; della indecenza dei mariuoli che si dicono perseguitati dai giudici, come avviene da che mondo e mondo; dellindecenza delle falsit smascherate senza piet ma ripetute certi che gli ascoltatori e soprattutto i propri sostenitori sono dei decerebrati che tanto votano sempre e comunque, dellindecenza dei colpi sotto la cintura tirati quando il gong gi suonato e poi magari sbagliando anche le carte, e delle tante altre indecenze che i potenti prepotenti sostenuti da mezzale e terzini a stipendio credono di poter praticare allinfinito, tanto il popolo bue, come ripete sempre Berlusconi, ha solo la seconda media. Ma le persone, anche se non sono istruite e, grazie ai ministri berlusconiani, lo saranno sempre meno, se non hanno i mezzi, il naso, le orecchie e gli occhi ce li hanno buoni.

PISAPIA TRASCINA LA FORZA GENTILE DELLE DONNE Francesca Zajczyk


Sulla spinta delle manifestazioni del 29 gennaio Un'altra Italia possibile e del 13 febbraio Se non ora quando?, le liste del centro-sinistra a sostegno di Giuliano Pisapia hanno registrato una decisiva svolta nella presenza di candidate al consiglio comunale rispetto al passato. Lintera coalizione a sostegno di Pisapia presenta una pressoch equa distribuzione di genere - 44% donne e 56% uomini - media che sfiora il 50% (48% donne e 52% uomini) se si toglie dal calcolo Italia dei Valori che, con un esiguo 21% di candidate in lista, abbassa la percentuale delle donne presenti nellintera coalizione. Si tratta, dunque, di una notevole svolta, di un momento di rottura rispetto al passato, ma anche di un significativo elemento di distinzione rispetto al centrodestra che presenta una quota di candidature femminili del 19% per il Popolo delle Libert e del 23% per la Lega Nord. Ma cosa ci raccontano i risultati del 15-16 maggio? Pur dovendo attendere il ballottaggio per lesito finale della consultazione ai fini della distribuzione del numero di consiglieri e consigliere tra le diverse liste, un dato balza subito agli occhi. In caso di vittoria del centro-sinistra il sindaco Giuliano Pisapia potrebbe contare su una presenza nella coalizione di maggioranza del 34,5% di donne, pari a 10 su 29, una quota decisamente significativa se consideriamo che lamministrazione uscente contava una presenza di sole 7 donne su 60 consiglieri, tra maggioranza e opposizione. Ma non basta: i primi dati ci dicono anche che nel confronto tra le due coalizioni il rapporto delle donne in consiglio comunale sar comunque largamente a favore del centro sinistra. Infatti, anche in caso di vittoria del centro-destra la Lega si riconfermerebbe partito maschilista per eccellenza e il PDL porterebbe in consiglio una sola donna - lexassessora Mariolina Moioli - eletta nella lista civica Milano. Al contrario il centro-sinistra, in caso di sconfitta, potrebbe contare sulla presenza di 6 donne. Quindi: 10 a 1 se il centrosinistra vince; 6 a 1 se perde. Questo quadro, sicuramente positivo rispetto al passato, nasconde tuttavia ancora rilevanti difficolt per le donne che decidono di intraprendere la strada della partecipazione politica. Il numero paritario e lalternanza non sono sufficienti a garantire un risultato pari a quello degli uomini. Le donne risultano per lo pi sgranate nella graduatoria delle preferenze e non sempre di per s premiante neppure la collocazione in testa di lista: questo ci che risulta, ad esempio, nel caso del PD dove le due donne inserite ai primi posti alternate a due uomini - si posizionano allundicesimo e al diciassettesimo posto per numero di voti ottenuti, superate da numerosi uomini, peraltro in maggioranza consiglieri uscenti. In realt, la precedente esperienza politica sembra offrire una buona visibilit e potenzialit di successo non solo agli uomini, ma anche alle donne: il caso dellunica consigliera comunale uscente del PD che, partendo dalla 42sima posizione in ordine alfabetico, ottiene un eccellente risultato collocandosi al 5 posto, ma anche di unaltra candidata dello stesso partito che viene dalla pratica del consiglio di zona, dove si occupata di temi assai vicini alle donne. Ancora, esperienza, visibilit e rapporto con il territorio e con i bisogni dei cittadini e delle cittadine hanno sicuramente premiato le candidate che occupano i primi due posti per numero di preferenze di Sinistra Ecologia e Libert. Interessante, poi, il caso della lista Milano civica per Pisapia che, avendo scelto di collocare le donne nella parte alta della lista, le trova nelle stesse posizioni alte della graduatoria anche per quanto riguarda il numero di preferenze ottenute. E, in questo caso, si tratta di figure femminili rappresentative del variegato mondo professionale della citt. Quali considerazioni possiamo dunque trarre da queste primissime riflessioni? Innanzitutto limportanza della voce delle donne sulla scena pubblica con le grandi manifestazioni cittadine e nazionali di inizio anno, che ha riportato con forza al centro dellagenda politica il tema della assenza della rappresentanza femminile dai luoghi delle decisioni pubbliche e che ha costretto i partiti a scelte paritarie nella composizione delle liste. In secondo luogo, londa lunga di questi movimenti ha probabilmente aiutato le candidate nella conquista di voti, pur in un quadro di grande competitivit con la preferenza unica e pagando sicuramente le donne, rispetto agli uomini, per inesperienza nellagire pubblico, per minori risorse economiche e minore sostegno da parte dei partiti politici, nonch minore disponibilit di tempo. Certo, la strada ancora molto lunga e, sotto questo profilo, appare particolarmente grave per tutte le donne ma forse non del tutto casuale linsuccesso femminile sul fronte del centro-destra.

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www.arcipelagomilano.org PGT: MC PER TUTTI, LILLUSIONE DELLA CRESCITA Mario De Gaspari


Il 3 febbraio 1890 la commissione di inchiesta sulla febbre edilizia romana, esplosa a seguito dellapprovazione della legge speciale per la capitale, ne individuava linizio e la causa nel fatto che le terre si cominciarono a negoziare come i valori di Borsa. La febbre speculativa si manifestava come analogia ai comportamenti dei mercati azionari e la causa dei prezzi era dovuta alle tendenziali caratteristiche monopolistiche che aveva assunto il mercato delle aree. Quello che fino a qualche tempo fa veniva considerato come lorigine della patologia viene oggi considerato un modello ottimale e virtuoso. Milano la citt dove si liberalizza al massimo luso dei suoli e dove addirittura il sindaco uscente (speriamo che esca davvero) progetta la creazione della borsa immobiliare: Milano unastrazione determinata, un modello ideale per alcuni e insieme un luogo concreto dove si stanno dispiegando in maniera perfetta lideologia immobiliarista e la seconda ondata delleuforia immobiliare. Siccome per le leggi hanno carattere sistemico e linsieme delle operazioni immobiliari dispiega i suoi effetti su tutto il territorio nazionale, le politiche territoriali devono essere considerate a tutti gli effetti politiche economiche, o addirittura politiche monetarie, perch il loro scopo e il loro effetto proprio quello di creare moneta attraverso la valorizzazione dei suoli. A Milano lassessore al territorio (pure lui uscente) ha spiegato alla Curia che per finanziare i lavori di manutenzione del Duomo potrebbe cedere le volumetrie residenziali generate dal Duomo stesso e che cos potrebbe fare per tutte le chiese, gli oratori, ecc. Siccome i servizi, convenzionalmente, non consumano suolo, si stabilito che le volumetrie dei luoghi di culto possano essere cedute. Solo dal Duomo, ha calcolato lassessore, si possono ricavare circa 10 milioni di euro. Lultimo piano casa del governo va nella stessa direzione. Si trova allinterno di un dispositivo legislativo finalizzato alla crescita economica e dunque un provvedimento dichiaratamente economico, che riassume lideologia governativa secondo il suolo una zecca sempre pronta a operare e ledilizia il volano delleconomia. Un commentatore economico ha recentemente parlato di rischio Baumol in riferimento alla situazione economica del nostro paese. Il morbo di Baumol, dal nome delleconomista americano che ne ha delineato la sindrome, si manifesta come perdita di competitivit che dipende dallaver soffocato i settori produttivi, dallaver formato capitale umano di bassa qualit che non per sua natura competitivo e che, per riqualificarsi, richiede tempi lunghi. La presenza del morbo nelleconomia di un paese comporta che la riallocazione delle risorse verso settori pi produttivi e la riqualificazione del capitale (umano) possono durare anche decenni (Il Sole 24 Ore, 24 aprile 2011). I settori a rischio Baumol, oltre i servizi e il pubblico impiego, sono il turismo e ledilizia residenziale. Nel primo caso particolarmente colpiti sono stati Grecia e Spagna, nel secondo Irlanda e ancora Spagna. Ebbene, il governo nazionale, in maniera davvero improvvida, individua proprio nel turismo (che dal 9,7% dovr arrivare al 20% del Pil entro la fine della legislatura) e nelledilizia (il vero volano della economia) i settori economici su cui imperniare la crescita. In effetti, la crescita imperniata su turismo e costruzioni rappresenta una vera e propria ideologia italiana: ideologia in senso classico, cio unidea ben congegnata, facile da comprendere, vicina al senso comune, bella da enunciare e, tuttavia, clamorosamente sbagliata e assolutamente dannosa. Mentre si parla di un invenduto sul costruito che si aggira attorno al 60%, si persevera, con caparbiet degna di miglior causa, su una strada evidentemente fallimentare destinata a rendere ancora pi marcati i tratti di uneconomia con forti connotazioni parassitarie. Anche per queste ragioni il risultato, ancora parziale, delle elezioni milanesi, ha un innegabile contenuto nazionale.

AAA. ASSESSORE ALLURBANISTICA OFFRESI Pietro Cafiero


Comunali 2011: Milano, Torino, Lannuncio semiserio, ma non troppo. In attesa di sapere chi guider la nostra amata citt nei prossimi anni, ho deciso di abusare della mia posizione di redattore e di utilizzare a fini meramente privati e utilitaristici queste pagine. Mi offro al vincitore. Che sia la Brichetto detta Moratti o il Pisapia, nulla mi cale. Lunica cosa che conta che il futuro Sindaco - ossequi a vossignoria mi chiami a ricoprire il ruolo per cui sono nato e che da sempre sogno di raggiungere: lAssessore allUrbanistica del Comune di Milano. Ho gi pronti i biglietti da visita. Li ho ordinati online e dovrebbero arrivare a giorni. Gi questo mi sembra un ottimo motivo. Li ho pagati ben 20 euro e spero che non vadano sprecati. Certo, qualcuno potrebbe obiettare, perch io? E soprattutto come posso andare bene sia al centrodestra che al centrosinistra? E se fin qui non ho parlato di Manfredi Palmeri e del centrocentro perch per prima cosa non ho ancora capito quale sia il nome e quale il cognome - anche se ho qualche sospetto - e in secondo luogo perch ho scarsa fiducia nelle possibilit di vittoria del terzo incomodo. Ma dicevamo, perch io? Perch no? Sono di discreta presenza, educato, non sporco in giro, riesco a non mettermi le dita nel naso in pubblico e, dimenticavo, sono anche architetto e urbanista, ma non raccontatelo in giro. Vi ho detto che insegno Urbanistica e Progettazione Urbana al Politecnico di Milano? Che ho partecipato come relatore a convegni sul PGT? Che il PGT me lo sono letto tutto, pi di una volta e sono ancora sano di mente, anche se con qualche capello bianco in pi? Che ho partecipato nella mia attivit professionale alla redazione di diversi piani urbanistici? A me questi sembrano motivi pi che sufficienti. Anzi mi viene il dubbio, a vedere alcuni dei precedenti assessori, di essere fin troppo qualificato. Ma non vi preoccupate, prometto di non usare tutte le mie competenze

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tecniche se verr nominato. Oddio, nominato fa molto grande fratello, meglio dire scelto. Non vorrei inimicarmi Pisapia usando termini troppo mediaset. Ora cercher di dimostrare che posso andare bene come assessore sia in una giunta Moratti, sia in una giunta Pisapia. Il primo motivo semplice: non andr a votare per nessuno dei due! Metti poi che vince laltro, che figura ci faccio, se mi chiama quello che non ho votato? Certo, potrei sempre dire una balla, ma rischierei di passare per un politico. Il secondo motivo ne la conseguenza: sono un tecnico, non un politico. Pertanto posso lavorare con chiunque. Basta che paghi. C poi il fatto, non trascurabile, che ho amici sia di destra che di sinistra, insomma sono un uomo per tutte le stagioni, un po prt porter, un po paraculo. Ma il vero motivo che mi rende il candidato ideale che, entrambi gli schieramenti nei loro programmi alla voce urbanistica hanno scritto un mare di banalit e fregnacce. Esattamente come quelle test enunciate dal sottoscritto, dimostrando cos una perfetta identit programmatica e ideologica con entrambi gli schieramenti. Un esempio per parte, visto che siamo in regime di par condicio. Pisapia dixit: Le aree storiche e di nuovo impianto delle sedi universitarie dovranno essere organizzate attorno a quartieri urbani multifunzionali in cui le attivit di formazione e di ricerca siano integrate con le residenze dedicate e con servizi aperti ai cittadini residenti. Queste aree in parte gi esistono ma devono essere moltiplicate, valorizzate e integrate con un tessuto urbano in cui la stessa popolazione e la vita civile devono rinnovarsi.. Quartieri urbani multifunzionali? Tralasciamo il fatto che i quartieri sono urbani per definizione e che multifunzionale pi adatto a descrivere un coltellino svizzero, ma come possibile immaginare che le aree universitarie debbano stare attorno ai quartieri? Universit ad anello? O forse il contrario? Saranno gli eventuali quartieri non monotematici a dover sorgere attorno alle aree universitarie. Ma gi cos. E i servizi aperti ai cittadini residenti cosa sono? Il contrario delle case chiuse? Quando poi leggo che serve un tessuto urbano in cui la stessa popolazione e la vita civile devono rinnovarsi., mi chiedo se si alluda agli sfratti e sarei curioso di sapere in che modo la vita civile si rinnova nel tessuto urbano. Mah Moratti dixit: ALCUNI INTERVENTI STRATEGICI PER LA CITT. 1. Completamento dei grandi progetti per la citt e avvio di nuovi, anche attraverso project financing: Garibaldi-Repubblica City Life Rubattino Cittadella della Salute Il programma della Moratti pi sintetico e meno si presta a parafrasi, ma riesce comunque a dire cose che non stanno n in cielo, n in terra. L c scritto, guardate come siamo bravi, prevediamo di completare Garibaldi-Repubblica e City Life. E da quando queste sono opere pubbliche? Sono opere private fatte da privati, quale il merito della Giunta Moratti? Quello di aver subito i progetti senza un minimo di spirito critico? Con che faccia si possono mettere queste cose nel programma? Non servono risposte Se non altro hanno la decenza di non inserire Santa Giulia in questo elenco. Ancora la Moratti: Il piano (PGT) prevede la riqualificazione di 22 grandi aree cittadine: allinterno di queste aree il 35% delle abitazioni saranno destinate ad housing sociale. Peccato che il PGT a pagina 376 del DDP, allart. 5 punto 1.1.2 dica che di quel 35% solo il 10% realmente obbligatorio (5% di edilizia sociale e 5% di edilizia in affitto concordato). Il restante 25% pu essere trasformato in altro se il Consiglio Comunale daccordo. I due paragrafi precedenti, sono evidentemente opera di un sabotatore, che non mi vuole assessore allUrbanistica, non vi pu essere altra spiegazione. Daltra parte se proviamo a valutare le possibili alternative vedremo che non c scelta. Vince la Moratti? Non vorr certo proporci un Masseroli bis? Il nostro immaginifico assessore ha gi dato il meglio di s nel PGT. Difficile ripetersi agli stessi livelli. Meglio cambiare. E se vince Pisapia? Boeri allUrbanistica? Conosco tanti colleghi maligni che ne sparlano in privato, ma che pubblicamente farebbero la fila a congratularsi. Io dico che una delle poche archistar italiane che abbiamo meglio che continui a volare alto e che non si sporchi le mani con le pietanze poco raffinate dellurbanistica meneghina. Pertanto concludo il mio intervento, ribadendo la mia auto-candidatura. Moratti o Piaspia, a prescindere da chi vincer, io sono luomo giusto per voi. Cordialmente vostro

ELEZIONI COMUNALI: CRESCE INTERNET Mario Sartori


Quattro stagioni di una lunga campagna elettorale ed eccoci allultima settimana dove tutto si coagula e prende forma definitiva, finale: candidati affranti spostati di peso da un luogo a un altro, da un evento a un altro con laria sofferta di chi sembra dire: sono qui ma in realt avrei voluto fermarmi pi a lungo dovero prima o essere gi dentro il prossimo evento. Strati di manifesti come torte millefoglie su cui nemmeno i ragazzini, andando a scuola, si prendono pi la briga di infierire. Dibattiti televisivi dove le entrate a gamba testa finalizzate a produrre un duplice nefasto effetto: suscitare in pochi secondi negli indecisi quel tanto di diffidenza che basti a farli tornare nei ranghi, indurre lapparato dellinformazione a concentrarsi solo sui falli e non pi sulla qualit del gioco e dei giocatori. Ma per capire meglio cosa di vecchio e di nuovo, di preoccupante o di incoraggiante c stato in quest ultimo scorcio di campagna elettorale bisogna riavvolgere la pellicola alla fase delle primarie e al lavoro dellOfficina. Il loro tratto comune stato, rispetto ad analoghe esperienze precedenti, una pi forte attenzione alla citt e alle sue diverse sensibilit (variamente rappresentate dai quattro candidati alle primarie) e un pi forte ruolo dei cittadini come protagonisti nel percorso dellOfficina per la citt. Oltre a questo, un dato nuovo di tutta la campagna, una straordinaria e capillare mobilitazione dal basso che ha pervaso la citt. In realt questo spirito nuovo riscontrabile pi nella prima che nella seconda fase della campagna dove i richiami (ricordo quelli di Onida e Bassetti al Dal Verme) alla necessit di interloquire anche con i settori moderati, con gli indecisi e gli astensionisti sono parsi meno seguiti: gran parte degli incontri sul territorio riservati a un pubblico gi orientato o addirittura militante, meno occasioni pubbliche per parlare a settori di opinione pubblica verosimilmente stanchi del centro-destra.

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Ma anche la fatica dei partecipanti allOfficina avrebbe potuto essere meglio valorizzata permettendo agli stessi autori di portare le proposte condivise nel laboratorio nel vivo del dibattito cittadino oltre le paratie delle faticose sintesi programmatiche del candidato del centro sinistra. La possibilit era a portata di mano, bastava sfruttare lopportunit offerta dalla rete e in particolare dalla piattaforma http://www.comunalimilano2011.itdi Fondazione RCM (una Fondazione di partecipazione nata in Universit Statale di cui sono soci anche Provincia, Regione e Camera di Commercio). Nonostante queste disattenzioni, lesperienza di questi ultimi mesi della piattaforma partecipativa stata davvero interessante e credo abbia giocato un ruolo non trascurabile nella campagna elettorale. Prima ancora dei numeri che avvalorano queste considerazioni val la pena di ricordarne alcuni tratti distintivi: Un ambiente aperto a tutte le forze politiche, un robusto supporto di informazioni alle opinioni in gran parte alimentato dagli stessi partecipanti (non a caso parliamo di discussioni informate), unaggiornata agenda delle iniziative elettorali, una struttura di forum che stimola i partecipanti a interagire con le idee altrui prima ancora di avanzare le proprie, uno spazio di nuovissima concezione che permette a cittadini e candidati di evidenziare problemi e di avanzare proposte per risolverli. Ed ecco i numeri: negli ultimi giorni di campagna circa 4.000 utenti unici giornalieri, oltre 320.000 pagine servite dal 15 aprile al 15 maggio, 1.500 messaggi nellintero periodo, 89 problemi e 104 proposte avanzati da cittadini e candidati, 172 discussioni avviate fino al 15 aprile (di cui 134 da cittadini), 90 dal 15 aprile a oggi (di cui ben 72 dai candidati). Infine molto significativa la presenza dei candidati con loro profili e spazi informativi dotati anche di finestre sulle rispettive pagine di Facebook: 8 candidati sindaci (su 9), 164 candidati al consiglio comunale (di tutte le liste), 244 per i Consigli di Zona; una presenza che ha aiutato i cittadini a esercitare, in modo pi informato e consapevole, il diritto di esprimere il voto di preferenza. Da alcuni candidati ci arrivata lidea, che noi stessi abbiamo rilanciato in problemi e proposte di sottoporre ai nuovi amministratori di Milano la proposta di mantenere vivo e attivo, dopo le elezioni, questo ambiente di partecipazione civica per dare continuit al dialogo fruttuoso e civile sulla citt che si avviato in questi mesi. La proposta stata finora sottoscritta da 53 candidati e sostenuta da 41 argomenti a favore tra i quali quello di una candidata che ha scritto: Trasparenza, dialogo, cittadinanza attiva e partecipata. Verifica e controllo costante dei cittadini sull'operato delle Amministrazioni. Bilancio partecipato, trasparente, leggibile!! Solo la rete pu darci la possibilit pratica di attuare questi fondamentali principi. Contiamo che queste elezioni determino finalmente una svolta in questa direzione.

VERZIERE E PIAZZA SANTO STEFANO Jacopo Gardella


Nella rubrica di oggi, che continua il tema delle piazze nel Centro Storico, non viene esaminata una singola piazza bens un complesso di piazze collegate fra loro: un insieme di spazi urbani che del tradizionale concetto di piazza non posseggono nessuno aspetto; un susseguirsi di slarghi che si presentano senza una forma definita, senza un carattere preciso, senza una configurazione riconoscibile. Linsieme di questi luoghi, posti nel pieno centro della citt, subito alle spalle del Duomo, la disordinata vicinanza degli slarghi informi, tuttora privi di una fisionomia leggibile, che comprendono via Larga, il Verziere, piazza Santo Stefano, e il lato non costruito che lambisce piazza Fontana. Questi luoghi sono il risultato di sventramenti avvenuti in passato, di aperture di nuove strade, di tracciati eseguiti in tempi distanziati, di interventi effettuati senza un piano complessivo e lungimirante. Sono anche il residuo di bombardamenti bellici a cui non si ancora trovata una soluzione decorosa. Il risultato di tutto ci lattuale configurazione urbana informe, amorfa, confusa. Prima di esaminare come e se sia possibile porre rimedio a un simile stato di fatto, occorre sgombrare alcuni pregiudizi relativi allo sviluppo delle citt. Si tende a credere che laggiunta di volumi costruiti rappresenti un male per la citt. Si pensa che aumentare le cubature in una metropoli gi molto addensata non aiuti a renderla pi vivibile per i suoi abitanti. Si convinti che qualsiasi nuova costruzione debba essere vista come un attentato alla qualit estetica dellambiente urbano e una minaccia per la salute dei cittadini. Non cos. Non laumento delle volumetrie che va considerato un pericolo e un danno da scongiurare, bens il modo e la quantit con cui le volumetrie vengono fatte sorgere; e il luogo in cui vengono collocate. Vi sono luoghi urbani in cui la vastit e la mancanza di precisi confini nuociono alla armonia dellambiente; in questi casi la mancanza di edifici non un bene ma un danno; la possibilit di intervenire con nuove costruzioni, progettate con cura e collocate con attenzione, porterebbe un miglioramento complessivo allo spazio libero e ancora non sufficientemente determinato. La zona sopra individuata ricca di monumenti storici autorevoli: la chiesa di Santo Stefano, costruita in epoca di controriforma, nel cui interno si trova una monumentale sagrestia; la vicina Chiesa di San Bernardino, inglobata in un sorprendente edificio settecentesco di modernissimo impianto razionalista, e collegata con la omonima Cappella detta alle Ossa per la presenza dei teschi raccolti durante il periodo della peste; il Palazzo seicentesco del Capitano di Giustizia, usato come Tribunale durante la dominazione spagnola. Questi edifici monumentali si presentano slegati fra di loro e male inseriti nellambiente che li circonda, ma non li valorizza, n li mette in risalto. Alla Chiesa di Santo Stefano manca un sagrato riconoscibile, da cui si avrebbe una vista monumentale sulla facciata in stile manierista e sul robusto campanile cinquecentesco. Larea davanti alla chiesa si disperde senza un perimetro preciso e leggibile: da un lato muore ai piedi di un pretenzioso edificio moderno, con dettagli decorativi adatti pi a un mobile dabitazione che non a un edificio civile; dallaltro si dissolve nellampio stradone del Verziere. Un intervento edilizio energico e coraggioso potrebbe assegnare una forma al sagrato e conferire dignit sia alla grande chiesa di Santo Stefano sia alla vicina Chiesa di San Bernardino alle Ossa. Anni fa il Comune aveva bandito un concorso per la sistemazione della vicina piazza Fontana: era stato

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premiato un progetto alquanto timido degli architetti Figini e Pollini, il quale proponeva di trasformare la piazza in un vivaio di molti alberelli, allineati in file regolari e perfettamente ordinate, come se fossero le piante di un frutteto. Il Comune in quella occasione aveva commesso uno sbaglio: non bisognava limitare i confini del concorso alla sola Piazza Fontana; occorreva inglobare in una unica soluzione progettuale tutta larea circostante, da via Larga a Largo Augusto, da piazza Santo Stefano allo stradone del Verziere. Occorreva in conclusione vedere quel pezzo di citt, cos centrale, cos vitale, come una porzione urbana unica e indivisibile, come un settore di citt strettamente unito e legato in tutte le sue parti. Ancora oggi sarebbe entusiasmante bandire un nuovo concorso, e indire una appassionante gara fra progettisti consapevoli e preparati. Ai futuri concorrenti tuttavia (e prima di loro ai responsabili del bando) va dato un consiglio preliminare: non aver paura di progettare, qualora si rivelassero necessari, luoghi urbani generalmente considerati con diffidenza; siano questi o passaggi pedonali di dimensioni ridotte; o percorsi viari ristretti e angusti; o spazi racchiusi fra pareti ravvicinate; o luoghi raccolti e circoscritti; purch tutte queste tipologie siano alternate da frequenti zone di vasto respiro e di larga estensione. Come avviene nei centri storici ancora intatti, dove piccoli vicoli sfociano in grandi piazze; dove percorsi stretti si alternano ad ampi spazi aperti; e il passaggio tra dimensioni tanto diverse genera stimolanti sensazioni di sorpresa e di meraviglia. Si ha paura delle larghezze ridotte? Si temono i tracciati compresi tra muri vicini e contrapposti? Ci aiuti la lezione di coraggio data dai progettisti antichi; ci conforti laudacia con cui essi hanno dato forma a spazi esterni, anche in situazioni ostiche e acrobatiche, come lo spazio compreso tra il fianco della Chiesa di Santo Stefano e il fronte della Cappella alle Ossa; dove il vicolo pedonale, interposto fra i due edifici, di larghezza davvero minima, tanto da obbligare il progettista ad arretrate il portone di ingresso della cappella, onde evitare che, alluscita, i fedeli vadano a urtare contro il muro di fronte. Larretramento tuttavia d origine a due felici dettagli architettonici: una morbida concavit nel muro frontale della cappella e un accogliente slargo nella stretta sezione del vicolo. Due dettagli architettonici di grande bravura che non sarebbero stati concepiti dal progettista se non fosse stato costretto ad agire in una situazione di spazio ridottissimo. La ristrettezza del vicolo ha giovato alla bellezza del luogo. Il coraggio e la forza di non lasciarsi intimorire dalla stretta dimensione del vicolo ha suggerito al progettista unaltra brillante soluzione: il muro frontale della cappella si prolunga alquanto al di l della retrostante sala interna, e si spinge, come una quinta aerea e libera, fin contro laiuola di un vicino spazio pubblico. Nessuna remora, nessun rimorso, da parte del progettista, per aver allungato il vicolo gi molto stretto e fatto sembrare ancora pi lungo un percorso gi molto angusto. Molti infelici angoli di Milano sarebbero da esaminare con attenzione e riprogettare nei dettagli; ma prima i nuovi architetti dovrebbero prendere esempio dai maestri del passato e dalla loro sicura e sapiente capacit inventiva.

ULTIME SULLA MOBILIT Marco Ponti


Moto selvaggia Le moto e i motorini non hanno regole, ma non colpa loro. Occorrerebbe urgentemente fare due indagini statistiche: 1) Quanti motociclisti sanno che il Codice della strada stabilisce regole per tutti i veicoli, e non fa eccezioni per loro? In particolare: (...) vietato il sorpasso nonch il superamento di veicoli fermi o in lento movimento ai semafori o per altre cause di congestione della circolazione, quando a tal fine sia necessario spostarsi nella parte della carreggiata destinata al senso opposto di marcia (). () Chiunque sorpassa a destra () soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 76 a euro 306 () 2) Quante sanzioni sono state comminate a moto e motorini a Milano per tali comportamenti? A entrambe queste domande lesito dellindagine sarebbe con ogni probabilit vicino allo zero, o comunque raggiungerebbe percentuali insignificanti. Da qui linnocenza sostanziale dei motociclisti: se un comportamento formalmente illecito non viene mai sancito, ovviamente ne discende in primo luogo il corretto convincimento che non sar mai sancito, nemmeno in futuro, e di seguito il rapido oblio della norma stessa. Il problema che la norma emerge in caso di incidenti, e gli incidenti che coinvolgono moto e motorini sono molto pi frequenti, e assai pi gravi, di quelli che coinvolgono solo automobili (circa 13 volte pi frequenti, per unit di traffico). Bisogna anche ricordare che gli incidenti urbani rappresentano una quota rilevantissima degli incidenti totali, con grandi costi umani ed economici. Perch i vigili e lamministrazione non fanno nulla? Il danno non solo contingente, cio riferito ai comportamenti pericolosi che si inducono, ma anche pi generalmente politico: il rispetto delle regole un optional (per fessi, aggiungerei). Molto meglio allora abolire la norma, se non viene fatta rispettare praticamente mai. Infatti quella norma probabilmente irragionevole: tutti i veicoli a due ruote allineati in coda come automobili aumenterebbero la congestione del traffico, e il loro uso sarebbe molto disincentivato. Occorrerebbe una norma che eviti (e poi sancisca) solo i comportamenti pi estremi e pericolosi, certo assai frequenti. Dividendo selvaggio SEA (cio gli aeroporti di Malpensa e Linate, pi met di quello di Bergamo) pagher allamministrazione milanese, suo proprietario, uno spettacolare dividendo, per risanare il bilancio comunale. Si parla di pi di 100 milioni di euro. Tutti sono felici. Probabilmente per non i viaggiatori milanesi. La questione che gli aeroporti milanesi sono un monopolio naturale, e dovrebbero fare solo profitti normali, corrispondenti agli interessi sul capitale investito dalla propriet (escludendo per esempio gli investimenti pubblici). Sono possibili profitti extra, ma solo dopo che il regolatore, lENAC, abbia verificato che questi profitti sono meritati da straordinari incrementi di produttivit. Questi profitti poi dovrebbero essere passati agli utenti in forma di tariffe ridotte (claw-back). Ora, noto che la gestione Bonomi stata molto buona e politicamente

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coraggiosa, smentendo clamorosamente, prima con gli annunci e poi con i fatti, le imbarazzanti grida di dolore dei politici lombardi al momento dellabbandono di Alitalia (vi ricordate?): Malpensa deve rimanere un hub (non sapevano di cosa parlavano) il monopolista italico per amor di patria e di Padania deve rimanere a Malpensa a ogni costo e simili amenit. Ma non c nessun regolatore che abbia certificato che quei profitti (per quel esatto ammontare) debbano essere retaggio della propriet, e non passati agli utenti come minori costi. ENAC ha recentemente persino abdicato in modo ufficiale a verificare la congruit delle tariffe aeroportuali, chiedendo aumenti indifferenziati per le tariffe di tutti gli aeroporti italiani, indifferentemente dai loro livelli di efficienza. Forse un atteggiamento pi diffidente verso le rendite monopolistiche (degli aeroporti ma soprattutto delle autostrade), sarebbe da auspicarsi da parte di unamministrazione che si proclama liberale. Ma i segnali sono pessimi: c sul tavolo un progetto di alleanza degli aeroporti padani, che dovrebbe ovviamente coinvolgere SEA con un ruolo dominante. Un monopolio di monopoli! Gli inglesi hanno recentemente costretto il gestore unico dei quattro aeroporti di Londra a venderne due perch non si facevano abbastanza concorrenza, danneggiando cos lutenza. Qui da noi aleggia una cultura un po diversa

7 MOSSE PER LITALIA IN ALTO MARE Rita Bramante


Come ciclicamente accaduto nella storia stiamo attraversando un preoccupante momento di declino e abbiamo bisogno di galantuomini al timone del sistema paese, capaci di mettere sempre al primo posto il bene pubblico. Da questa consapevolezza nata lidea originale e sfidante di organizzare una traversata oceanica per un secondo Rinascimento del Paese, una sorta di "laboratorio marino", 7mossexlItalia, nel quale unire politica, cultura e promozione turistica e enogastronomica, per smuovere le coscienze: Ci sono ragioni civili alla base del nostro viaggio, che soltanto un segnale per richiamare lurgenza del cambiamento. Il mondo avanza e lItalia continua a perdere terreno. E necessario un colpo di reni. Viviamo in un paese bellissimo, ma c un problema di coscienza collettiva e di tutela della cosa pubblica di cui nessuno sembra pi occuparsi. Ci rimasto poco tempo, ha osservato il velista Giovanni Soldini in occasione della presentazione delliniziativa (1). L'avventura dellimbarcazione, un ketch I love Barolo e Grana Padano a due alberi di 22 metri di lunghezza e 38 anni di vita, iniziata dalla banchina genovese lo scorso 25 aprile, anniversario della Liberazione, e dopo tre tappe - Palma di Maiorca, Gibilterra, Madeira - approder a New York in poco pi di un mese, nella data altrettanto significativa del 2 giugno, festa della Repubblica. Due i capitani coraggiosi di questa crociera molto particolare oltre al celebre navigatore Giovanni Soldini, Oscar Farinetti, linventore di Eataly, il pi grande mercato enogastronomico al mondo, che fa della qualit il proprio fiore allocchiello. Sono stati loro a lanciare lidea di mettere insieme un equipaggio di uomini e donne di pensiero e di azione, che si alterneranno nelle corso delle tappe di viaggio. Compagni di viaggio imprenditori e scrittori, amministratori pubblici, grandi artigiani e musicisti, uomini di mare e creativi, un gruppo professionalmente eterogeneo, ma accomunato da entusiasmo, passione e convinzione che gli italiani siano migliori di come riescono a rappresentarsi e di come vengono rappresentati. Convinti inoltre della necessit di cambiamento, di superamento di modelli di lavoro ormai obsoleti, dellurgenza di individuare e mettere a punto le linee guida di un programma per migliorare la situazione italiana. Tra loro Piergiorgio Odifreddi, Riccardo Illy, Matteo Marzotto, il violoncellista Mario Brunello, Alessandro Baricco, Giorgio Faletti, lillustratore Francesco Rubino e Antonio Scurati, per citarne solo alcuni. Li accompagna uno staff di chef impegnato a nutrire lequipaggio con un budget di spesa non superiore a 4 euro e mezzo giornalieri per persona, nella logica di un consumo responsabile e contro ogni possibile spreco, e a cucinare piatti rigorosamente a base delle eccellenze alimentari e enogastronomiche D.O.P. e I.G.P. italiane. Obiettivo concreto avviare un confronto creativo e anticonvenzionale, partendo da alcune intuizioni, ricercare idee ragionevoli per coltivare insieme la cultura localistica e quella globale, approfondire le sette mosse chiave gi individuate prima della partenza: 1. la riforma della politica, meno politici pi politica; 2. ridurre la spesa corrente, come si fa in famiglia; 3. migliorare le entrate, chiedere per stimolare; 4. l'esercito e la diplomazia, smettiamola di giocare alla guerra. E poi la quinta mossa: l'Italia nel mondo, investiamo sulle nostre vocazioni e sui nostri talenti, sul made in Italy, sul brand Italia (tale diventata la bandiera italiana proprio grazie alla svolta del centocinquantesimo che pu costituire un marchio vero da attribuire soltanto a chi la merita) e sul turismo. Come non tenere conto per quanto riguarda il settore turismo e beni culturali che lItalia ha 45 siti patrimonio dellUmanit dellUnesco, che incassano 20 milioni contro i 160 milioni dei 20 siti americani. Sesta mossa: la giustizia, l'integrazione, l'ambiente, l'energia per la qualit della vita e infine la semplificazione, verso la laicit, meno leggi pi disciplina, meno Chiesa pi Ges. Un diario di bordo arricchito dai contributi di riflessione di chi si metter in contatto con i naviganti sar ufficialmente consegnato al nostro console a New York che poi lo trasmetter a Roma. La stesura delle sette mosse non sar limitata a un confronto fra chi attraversa il mare, ma sar aperta per sette mesi alla collaborazione di chiunque voglia inviare da ogni parte dItalia le sue proposte attraverso la rete. Dipende da ciascuno di noi fare la scelta di imbarcarsi in questa avventura e dare un personale contributo alla definizione di percorsi per la ripresa, non solo economica, ma soprattutto per una ripresa di valori etici, sociali, ambientali, di ben-essere, come ha auspicato una delle protagoniste, Luciana Delle Donne, fondatrice di madeincarcere.

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www.arcipelagomilano.org RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Ancora sulla musica sacra
Mi scrive Raffaele Valletta A proposito dellarticolo Musica religiosa? (Arcipelagomilano del 27 aprile scorso) volevo insinuare alcuni dubbi che mi pare siano in parte gi percepiti nel punto interrogativo del titolo. Guardando la mia discoteca, mi sono accorto di aver separato e classificato una serie di dischi sotto letichetta di Musica Sacra, che dovrebbe coincidere con Musica religiosa ma, forse, non proprio Nella Musica religiosa (sacra) sicuramente compresa la musica canonica scritta e pensata al servizio delle funzioni religiose di una certa dottrina ecclesiale. Si tratta sicuramente di musica a programma Proporrei di sostituire allaggettivo religioso il termine (e significato) di spirituale e quindi, nel nostro caso, di Musica dello Spirito. Effettivamente Musica Sacra pi appropriato di Musica Religiosa, e infatti questa la definizione pi usuale. Ma la distinzione pi profonda di quanto possa apparire a prima vista perch se religioso attiene alla religione - e quindi facilmente a una determinata religione (come si sente, ad esempio, la differenza fra il luteranesimo della musica di Bach e il cattolicesimo di quella di Hndel!) - il sacro attiene a un atteggiamento filosofico e culturale di carattere universale. Continua Valletta Chi entra in qualsiasi momento in una discoteca viene travolto (e sconvolto) dai bassi dellimpianto di amplificazione della musica rock, che vanno in simpatia con il diaframma del corpo umano. Tutti i corpi dei presenti vengono rapiti in perfetta sincronia e allunisono sussultano. La musica (perch, ci piaccia o no, si tratta di musica) non agisce n viene percepita attraverso la sfera cerebrale, ma attraverso pi elementari fattori di percezione fisica. E questo non un fenomeno solo dei nostri giorni. Pensiamo ai primordi della musica tribale nata come ritmo di percussioni e poi alla musica della danza e del ballo, al valzer e al tango. Abbiamo sicuri capolavori, dal Valzer dei fiori di Tschaikowsky al Bolero di Ravel, fino alla musica di Piazzolla. Sono ritmi irresistibili, trascinanti, travolgenti. La Musica dello Spirito unaltra cosa. E qui Valletta ha ancora ragione, non si tratta dunque di musica religiosa - e forse neppure sacra ma piuttosto di musica spirituale se vogliamo intendere che parla pi allanima che alla pancia delle persone, e alle anime pi inclini alla psiche che alla techne come direbbe Umberto Galimberti (Psiche e techne, luomo nellet della tecnica, Feltrinelli, 2004). E ha ragione anche quando aggiunge: Prendiamo a esempio una musica sublime come lo Stabat Mater di Pergolesi (per quello di Rossini ho meno dubbi). Per me non si tratta di musica spirituale, cos come nulla di religioso ha Il lamento di Jacopone da Todi che lha ispirato: lespressione di uno strazio profondissimo di una madre per la morte del figlio, un dolore umano terribile, materiale, che attanaglia fisicamente dalle viscere, il dolore per una morte innocente, che non pu trovare attenuanti neppure nellidea consolatoria del sacrificio per la salvezza dellumanit. E dice ancora Pensiamo a Mozart, spirito sprezzante, amante della vita e sicuramente non bigotto. Il suo Requiem una scenografica, teatrale messa in scena, coinvolgente e musicalmente strepitosa, ma forse di religioso ha ben poco. O meglio molto meno di alcune arie del Flauto Magico o della Musica funebre Massonica (per definizione atea) dove tocca livelli estremi di abbandono dello spirito di fronte al mistero della vita e della morte. Mozart, sostanzialmente ateo o quantomeno agnostico (pur non dichiarato, in un paese dove lilluminismo veniva giudicato con estremo sospetto), aveva una sensibilit spirituale immensa ed era capace di esprimerla, forse anche contro la sua volont. Concordo pienamente, sia sulla laicit della musica sacra di Mozart, che considero addirittura spesso dissacrante, sia sul giudizio che Valletta esprime a proposito di Vivaldi costretto dalla committenza a produrre una infinit di musica canonica, ma di fatto crea vere e proprie stagioni concertistiche (anche se eseguite in chiesa) a uso della aristocrazia veneziana. Poi ascolto il largo e lallegro dal concerto in si minore op.3 n.6 e sembra rappresentare la storia di unanima persa, disperata, impaurita, abbandonata dal corpo, che cerca e ritrova una pace eterna accolta nella luce illuminante e gioiosa della multitudine dei suoni del concerto grosso. Tutto bene ma ecco che, arrivati a Bach, sono meno daccordo con lui quando aggiunge E sicuramente vero che Bach fosse insofferente nei confronti della committenza ecclesiastica che lo costringeva alla produzione di musica sacra (anche se possiamo essere ben grati a quella committenza!). Ma da qui a dire che il Kantor non fosse religioso e che la musica da lui prodotta non si possa considerare tale ritengo sia fuorviante. Bach immerso e impregnato nella cultura della societ del suo tempo e il suo genio immenso traduce lessere esistenziale nellopera che ne esprime lo spirito; e questo spirito lo percepiamo soprattutto nella musica per tastiera come le Goldberg, il Clavicembalo ben temperato, lArte della Fuga, le Suites per violoncello. Appunto, proprio nella musica non sacra che si manifesta il Bach pi spirituale, quello che raggiunge le vette pi alte di astrazione e di spiritualit, ben pi che nelle Passioni e nelle Cantate le quali bench straordinarie appartengono alla tipologia musicale corrente di quellepoca che precede i Lumi, e sono ancora intrisa di luoghi comuni. Valletta cita anche Paolo Fenoglio (dal Linguaggio e misticismo nel mondo organistico di Bach) Si giunge cos al punto cruciale della questione: in Bach non esiste un divenire spazio temporale, perche non esiste la pulsione divergente fra contenuto e forma bens una pulsione convergente, unilaterale, concentrica. Lassenza di emotivit immediata nella musica per tastiera di Bach determinata dalla sostanziale immobilit del contenuto: manca il senso di caducit della vita, manca lidea di un assoluto irraggiungibile, tutto perfettamente presente e disposto nellesprit de geometrie che domina ovunque. Si pu parlare di onnipotenza dellEssere, di comple-

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ta rivelazione dellequilibrio divino, affermazioni che sembrano essere comprovate dalla persistente densit della pagina bachiana: non vi sono, come noto, spazi vuoti, le stesse pause sembrano piene e suonano, il congegno infinitesimale. Siamo in tal modo pervenuti a unarte che non produce un divenire spirituale, ma una stasi. Da qui ha lorigine la sua caratteristica teocentrica Siamo finalmente arrivati al dunque. Bach, lautore supremo di musica sacra, esprime la massima spiritualit non nelle opere dichiaratamente religiose ma in quelle per tastiera e cio nelle Toccate, nelle Fughe, nei Concerti, e cio nelle musiche scritte per il diletto dei suoi committenti o desiderati tali, soprattutto per il piacere del proprio intelletto, senza altro materiale che non quello materico delle note, utilizzando e reinventando rigorosamente le complesse regole dellarmonia e del contrappunto. Lo stesso Valletta dice Lidea (spirituale) si traduce in suono; si realizza ci che oggi appare inconcepibile, ma il razionalismo metafisico di Spinoza e di Leibniz e cita ancora Fenoglio Lidea primaria che alimentava questa fede razionale - si ricordi lamor Dei intellectualis di Spinoza - era necessariamente di carattere metafisico: il mondo non era che un riflesso dellordine cosmico, ogni sfumatura qualitativa si riduceva in una precisa dimensione geometrica oggettiva. Allora posso forse ripetere la mia conclusione: La musica solo musica, fatta esclusivamente di suoni, ritmi, timbri, accenti, coloriture, ed bello goderla in libert, senza condizionamenti o suggestioni, o interpretazioni estranee alla sua intrinseca essenza. Musica per una settimana * gioved 19, venerd 20 e domenica 22, allAuditorium, lorchestra Verdi diretta da Christian Zacharias eseguir il Concerto in si bemolle maggiore K. 595 di Mozart per pianoforte e orchestra al pianoforte lo stesso direttore e la terza Sinfonia di Bruckner in re minore * gioved 19 e sabato 21, al teatro Dal Verme, lorchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Trisdee Na Patalung eseguir la Serenata op. 20 di Elgar, il Concerto per violino, violoncello e orchestra op. 102 di Brahms (con il duo Mari Samuelsen e Hakon Samuelsen) e la Sinfonia n. 103 di Haydn * domenica 22, ore 10.30 alla Palazzina Liberty, il Quintetto Liberty (Carlo De Martini, Laura Cavazzuti, Alice Bisanti e Claudia Poz, con Francesco Biraghi alla chitarra) esegue due Quintetti di Boccherini (il terzo e il settimo) e uno di Schnabel * domenica 22, ore 11 allAuditorium, per il ciclo dedicato a Nino Rota la leggerezza dellascolto, Sonata per orchestra da camera, Concerto per corno e orchestra di Mozart completato dallo stesso Rota, Fantasia sopra 12 note del Don Giovanni, e Suite dal film Romeo e Giulietta: Sandro Ceccarelli corno e Simone Pedroni al pianoforte * luned 23, al Conservatorio per le Serate Musicali, concerto della pianista Sofia Gulyak con un programma non ancora definito * marted 24, ancora al Conservatorio, la Societ del Quartetto conclude la sua stagione con un concerto di Andrs Schiff che - con la moglie Yuuko Shiokawa e il Quartetto Panocha - eseguir tre Quintetti di Dvorak, due per pianoforte e archi (opere 5 e 81) e uno per soli archi (opera 97) * marted 24, nellAula Magna dellUniversit Statale in via Festa del Perdono alle ore 21, i Cameristi dellOrchestra dellUniversit eseguono il Quartetto per archi di Nino Rota, il Klavierquartettsatz di Mahler e il Quintetto con pianoforte opera 57 di ostakovi? * mercoled 25, sempre al Conservatorio ma per la Societ dei Concerti, il pianista Grigory Sokolov esegue musiche di Johann Sebastian Bach (il Concerto nach Italienischen Gusto BWV 971 e lOuverture nach Franzsischer Art BWV831) e di Robert Schumann (Humoreske in si bemolle maggiore, op.20, e Scherzo, Gigue, Romanza e Fughetta op.32)

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Lanello debole che spezza la catena
Termina con la mostra L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla, lultimo quarto di Terre Vulnerabili, progetto curato da Chiara Bertola presso lHangarBicocca, contrassegnato dal tema della vulnerabilit. Quattro le mostre che si sono succedute e integrate luna allaltra, per un totale di nove mesi, divise in quattro fasi come quelle lunari, e che hanno raccolto ben trentuno artisti internazionali e altrettante opere che sono via via cresciute, evolute, cambiate, modificate e si sono adattate agli spazi dellHangar. Lultima mostra, inaugurata il 5 maggio, vede la presenza di quattro nuovi artisti, gli ultimi in ordine cronologico che sono stati inseriti nel progetto: Roman Ondk, Pascale Marthine Tayou, Nari Ward e litaliano Alberto Tadiello. Il titolo della quarta fase, L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla, forse la dichiarazione pi significativa rispetto allo scopo del progetto. La vulnerabilit anche forza. Bisogna assecondarla e accettarla, farla diventare il punto di forza. Le catene rappresentano anche una struttura dinamica - dice Chiara Bertola - che conduce alla produzione di forme e di lavoro; allinterno del ciclo (o del processo) rappresentato da una catena, esiste sempre un anello debole (non allineato) che alla fine pu rivelarsi come il pi forte perch rompe uno schema di comportamenti prevedibili diventando cos il pi creativo. Lanello "difettoso" interrompe un ingranaggio e rompe dunque la normale successione delle azioni. Ecco il significato di questa nuova fase, tutta in divenire, che presenta quattro nuovi interessanti lavori. Lartista slovacco Ondk, presenta Resistance, un video nel quale a un gruppo di persone stato chiesto di recarsi a un evento pubblico presso il quale essi si mescolano nella folla con i lacci delle proprie scarpe slacciati. In questa opera lartista da una parte lavora sul rituale dellopening, dallaltro crea una condizione straniante in chi guarda il video, abbandonato e incerto sulla corretta interpretazione.

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Pascale Marthine Tayou, camerunese, costruisce nel CUBO Plastic bag una spettacolare installazione con un grande cono rovesciato interamente costituito da diecimila sacchetti di plastica biodegradabili di cinque tonalit diverse. Una prima versione dellopera era gi stata esposta nel 2010 in Australia, in questa sede stata appositamente rivisitata e viene presentata per la prima volta in Italia. Gi dal titolo si pu intuire il materiale favorito di Tayou, il sacchetto di plastica, un oggetto assolutamente banale e anonimo, accessorio della quotidianit, che diventa simbolo della crescente globalizzazione, del consumismo, ma anche simbolo del nomadismo che sempre pi caratterizza luomo moderno, una sorta di vagabondo che trascina nei sacchetti i pezzi importanti della sua vita. Con un risvolto assolutamente nuovo: oggi che i sacchetti di plastica sono banditi dal commercio, entrano di diritto a far parte dei materiali usati per larte. E presente anche Nari Ward, giamaicano ma newyorkese di adozione, artista che usa come veicolo darte i materiali di riciclo della vita moderna e industriale, spesso raccolti direttamente nel suo quartiere, Harlem, ai quali d nuova funzione e significato, usandoli per affrontare temi sociali come la povert, limmigrazione e la questione razziale. Per Terre Vulnerabili ha realizzato Soul soil, un grande contenitore ovale dove sono intrappolati e dal quale fuoriescono resti di oggetti abbandonati, materiali di recupero, parti in ceramica di sanitari e alcuni dei vestiti usati provenienti dalla installazione di Christian Boltanski, Personnes, esposta allHan-gar lo scorso anno, sfuggiti allo smantellamento di fine settembre 2010, interpretando cos, in linea anche con la sua poetica, uno dei temi portanti di Terre Vulnerabili. Lultimo artista presente litaliano Alberto Tadiello, con il suo Senza titolo (Adunchi), una installazione di tubi di ferro, lamiere, dadi e bulloni su una colonna aggettante e spigolosa. Il significato pi che mai legato al tema della vulnerabilit e della precariet. Cos lartista stesso, spiega la sua opera: Un grumo di forze. Di aggettanza, di torsione, di urto, di trazione, di spinta. Di isolamento, di deformazione, di dissipazione, di accoppiamento, di riunione, di separazione. solo metallo, ferro. Tagliato, smussato, graffiato, bucato, piegato, imbullonato. Si affaccia. Pesa, pende, gravita. E il momento di tirare le somme e vedere queste quattro fasi al completo, per comprendere a pieno cosa sia oggi la vulnerabilit secondo questi artisti ma soprattutto per vedere quanto questi progetti siano davvero definitivi. Lo sono? Terre Vulnerabili 4/4 L'anello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla Hangar Bicocca Fino al 17 luglio. Orario: tutti i giorni dalle 11.00 alle 19.00, gioved dalle 14.30 fino alle 22.00, luned chiuso Ingresso: intero 8 euro, ridotto 6 euro

Al Museo del Novecento larte scende in piazza


Il Museo del Novecento ha da poco inaugurato la sua prima mostra temporanea, intitolata Fuori! Arte e spazio urbano 1968-1976. La mostra, curata da Silvia Bignami e Alessandra Pioselli, allestita al piano terra del museo, uno spazio piccolo e raccolto ma forse, c da dirlo, non troppo funzionale per questa mostra, fatta da video, filmati, pannelli e grandi fotografie. Il tema tra i pi interessanti: far luce su un periodo particolare della vita politica, artistica e sociale italiana, quella manciata danni che va dalle contestazioni giovanili del 68 fino al decennio successivo. Momento sociale importante ma non solo, anche larte e gli artisti giocarono un ruolo cruciale nel risveglio delle coscienze popolari. Sono gli anni in cui larte si allontana da musei, gallerie e luoghi tradizionalmente deputati alla fruizione, per uscire fuori, appunto, in strada, per coinvolgere il pubblico e il mondo reale. Performance, azioni, installazioni, poco importa il medium, limportante era la riappropriazione del tessuto urbano cittadino e il farlo insieme al pubblico. Per capire la vicenda artistica di quegli anni, la mostra ne ripercorre alcune tappe significate, quali Arte povera + azioni povere (Amalfi, 1968; a cura di Germano Celant); Campo Urbano (Como, 1969; a cura di Luciano Caramel); il Festival del Nouveau Ralisme (Milano, 1970; a cura di Pierre Restany); Volterra 73 (Volterra, 1973; a cura di Enrico Crispolti), ma anche la Biennale di Venezia del 1976. Per spiegare queste azioni e performance cos effimere sono stati usati video, filmati restaurati, registrazioni sonore, fotografie e manifesti, le armi di quella rivoluzione artistica che tanta importanza ebbe nel risvegliare pensieri e passioni. Ecco allora in mostra le fotografie di Ugo Mulas per Campo Urbano; i gonfiabili di Franco Mazzucchelli allestiti fuori dai cancelli dellAlfa Romeo di Milano (1971); i lenzuoli di Giuliano Mauri alla Palazzina Liberty di Milano contro la guerra in Vietnam (1976); le azioni incomprese sul territorio fatte da Ugo La Pietra e le prime ricerche sulla comunicazione, rivolte agli studenti, del Laboratorio di Comunicazione Militante. E ancora le pratiche di progettazione partecipata di Riccardo Dalisi a Napoli, per creare asili nei rioni disagiati; le fotografie della gente qualunque di Franco Vaccari; la passeggiata con la sfera di Michelangelo Pistoletto, riproposta dal film di Ugo Nespolo (1968/69); le interviste di Maurizio Nannucci, fatte di una sola parola ai passanti (Firenze, 1976). Ma anche le indimenticabili e scioccanti performance di Rotella, Restany e Niki de Sainte Phalle, durante il Festival del Nouveau Realisme a Milano, con il banchetto funebre, una sorta di macabra ultima cena per decretare la fine del gruppo, fatta dai membri del gruppo stesso; i monumenti impacchettati di Christo; le espansioni gommose di Cesar in Galleria Vittorio Emanuele e il monumento fallico di Tinguely. Tutto visibile attraverso filmati, documenti preziosi di momenti ormai perduti. Insomma una carrellata di artisti e azioni che hanno profondamente influenzato larte di oggi e che idealmente completano il percorso espositivo del Museo del Novecento, che si conclude allincirca agli anni Sessanta, con lavori pensati per superare il limite tradizionale del quadro o della scultura: dagli ambienti programmati e cinetici allarte povera alla pittura analitica. In contemporanea, il Museo ospita anche altre due esposizioni: una sala dedicata alla famiglia Carpi e ai suoi maggiori esponenti, Aldo e Pinin; allultimo piano invece sar possibile studiare una selezione di disegni e ceramiche di Alessandro Mendini, prove-

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nienti dalla collezione di Casa Boschi-Di Stefano. Per concludere, nellultima vetrata dello spazio mostre stato allestito un white cube, dove dal 15 aprile al 30 giugno sar esposta Nice ball, opera di Paola Pivi. Una composizione fatta di sedie di design in miniatura che, illuminate dallinterno, proiettano sulle pareti giochi di ombra. Seguiranno poi a rotazione anche unopera darte, un oggetto di design e una fotografia. Fuori! Arte e spazio urbano 19681976 - Museo del Novecento - fino al 4 settembre. Lun 14.30-19.30; mar, mer, ven e dom 9.30-19.30; giov e sab 9.30-22.30 Biglietto intero 5 euro, ridotto 3 euro.

Milano in carta e cartone


Vivere e pensare in carta e cartone tra arte e design, questo il titolo della mostra esposta al Museo Diocesano fino al 29 maggio. Un inedito connubio, quasi tra sacro e profano, che porta il Museo a stretto contatto con opere darte e oggetti quotidiani nuovissimi fatti con materiali di riciclo. Unoccasione che permette di visitare, con lo stesso biglietto dingresso, anche le collezioni permanenti del Museo, la mostra su cui tante polemiche sono nate, Gli occhi di Caravaggio, la mostra Cruciale di Giulio Iacchetti e lesposizione sul design, inizialmente legata al Salone del Mobile. Unesposizione, questa, ideata e curata da COMIECO, Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, ovvero, una mostra di oggetti fatti di carta e cartone riciclato, declinati in arte e design. 21 sono gli artisti coinvolti nella rassegna, come Perino&Vele e Pietro Ruffo, mentre 23 sono i designer presenti, con nomi internazionali quali Frank O. Gehry e una moltitudine di italiani giovani ed emergenti come Marco Giunta, Giorgio Caporaso e Nicoletta Savioini. La carta esce dallottica di semplice materiale comune, quotidiano, per diventare mezzo e veicolo di nuove costruzioni e idee funzionali, decorative e innovative. Si spazia dalle costruzioni in cartone e cartapesta, pi tradizionali, a opere realizzate con il taglio al laser, in un panorama che comprende tecniche antiche e moderne. Si potranno cos ammirare O, opera darte traforata e creata con ritagli fotografici, Aria, di Marco Corsero, una sagoma rannicchiata scavata tra decine di libri, Lultima cena con pistola di James Hopkins tra le opere darte, ma anche tantissimi oggetti di design, come i tavolini per bambini di A4Adesign, sedie di cartone, le sedute allungate di Molo design, librerie, gli anelli e i bracciali di Sandra Di Giacinto, manichini, vasi e coprivasi di Ulian e Mari, lampade, le cornici di Andrea Gianni e la poltrona di Ghizzoni. Tutti rigorosamente di carta riciclata. Un percorso di ricerca che dura da pi di dieci anni, curato da Comieco e che oggi conduce a questi nuovi prodotti. Ma solo linizio. La mostra, curata dal direttore del Museo Diocesano Paolo Biscottini con il sostegno della Galleria Rubin, si inserisce in un ideale percorso nellambito di Milano di carta, a cura sempre di Comieco, che vede la carta protagonista di tante iniziative originali, in una commistione tra arte, design, musica e iniziative culturali, iniziato con il Salone del Mobile ma che durer fino a fine maggio. Perino&Vele esporranno fino al 17 luglio presso la Fondazione Pomodoro le loro opere fatte di cartapesta nella mostra Luoghi comuni, 25 opere per ripercorrere diciassette anni di carriera; si continua con CArte, dal 3 al 30 maggio presso lAcquario Civico, dove la carta diventer ispiratrice per la realizzazione di oggetti in ceramica. Il quarto appuntamento sar il 21 maggio, con la manifestazione Abi-tanti, una performance collettiva in cui i protagonisti saranno tanti piccoli oggetti-robot di legno rivestiti con materiali di scarto e recupero, nellambito di Milano Green Festival. Il 30 maggio, allinterno del progetto Sans Papier ci sar un concerto con strumenti di carta e cartone, con sette ballerine e performer. Gran finale con la mostra Fashionin paper 2011, mostra itinerante di abiti, gioielli e accessori di moda e design realizzati in carta da studenti delle scuole italiane di design, accademie e universit. Arte e design. Vivere e pensare in carta e cartone, Museo Diocesano, fino al 29 Maggio 2011, Intero 12 , ridotto 10 , mar-dom.

Tra sale, segni e memorie storiche. Paladino a Milano


Maschere, croci, volti, rami, legno, pittogrammi, teste, elmi, simboli dal sapore alchemico. Tutto questo Mimmo Paladino, tutto questo ci che il visitatore potr vedere nella mostra appena inaugurata presso il piano nobile di Palazzo Reale. Curata da Flavio Arensi, la personale prende in esame oltre trentanni di attivit dellartista campano, attraverso un nucleo di oltre 50 opere, tra cui 30 dipinti, sculture e installazioni. Una mostra creata con la collaborazione dello stesso Paladino, che ha scelto personalmente i lavori secondo lui fondamentali per ricreare la sua lunga carriera artistica. Paladino infatti nasce come artista concettuale, tra gli anni 60 e 70, per poi arrivare a far parte di quel gruppo di artisti che Achille Bonito Oliva, presentandoli alla Biennale di Venezia del 1980, defin Transavanguardia. Un mondo, quello di Paladino, fatto da segni e simboli ancestrali, magici, legati indissolubilmente alle memorie culturali del territorio, soprattutto campano e beneventano, che porta con s memorie primitive e longobarde che diventano quasi archetipi. Unaccumulazione di reperti storici e di modelli egizi, romani, etruschi, ma anche di reperti mnemonici, di tracce che diventano sostrato per la fantasia dellartista, liberando una potenza creativa che a volte non si riesce a decifrare. Larte non un fatto di superficie fine a se stesso, n di abbandono viscerale ad atteggiamenti poetici. Larte sempre indagine sul linguaggio, cos dichiara lartista in una recente intervista. Questa, daltra parte, lottica con cui lavora Paladino: contrario a dare chiavi di letture univoche e universali, spesso non definisce un significato preciso n un titolo per le sue opere, lasciando spazio alla libera interpretazione del singolo. Opere misteriose ed essenziali, figure frontali e ieratiche, colori presi dalla terra o inaspettatamente accesi. Ecco allora che in questo percorso storico ci accoglie il grande Rosso silenzioso, dal quale spuntano facce scavate come maschere, o la testareliquario di San Gennaro, custodita in una elaborata e geometrica teca

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e circondata tutto intorno da scarpe di bronzo appese al muro, sostenute da piccoli passerotti. Quasi fossero dei voti fatti al santo. Uno dei pezzi forti dellesposizione quello che allora fu il rivoluzionario Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro, 1977, una stanza bianca decorata con segni dipinti di nero, croci, teste e numeri. Unici oggetti di arredamento una sedia di legno e un quadro figurativo appeso alla parete. Fra le sale pi affascinanti senza dubbio quella dedicata alla installazione dei Dormienti, trentadue sculture rannicchiate a terra, in posizione fetale, immerse nella penombra e circondate dalle musiche di David Monacchi, il giovane compositore marchigiano che Paladino ha voluto coinvolgere per questa collaborazione artistica. Le musiche, intitolate Notte in mutazione, ricordano i rumori della foresta, grilli, animali

sibilanti, voli di uccelli notturni, che accompagnano il sonno di questi inquietanti dormienti fatti di legno, pietra e altri materiali poveri. Sporchi e rovinati, coperti da pezzi di vasi e tegole, polverosi e ruvidi, mantengono unespressione serena durante il loro sonno eterno, cos somiglianti ai corpi pietrificati di Pompei, ma anche cos lontani, come tiene a precisare lartista, che smentisce in modo assoluto ogni riferimento o affinit. La mostra non si esaurisce per allinterno di Palazzo Reale, ma inizia, anzi, dalla piazzetta, con la monumentale Montagna di sale, dalla quale fuoriescono venti cavalli (riprendendo integralmente o per sezione la statua di un cavallo di quasi 4 metri di altezza), riedizione di unaltra Montagna di sale, esposta a Napoli in piazza del Plebiscito nel 1985. Unistallazione che ben si adatta a dialogare con unaltra opera

fondamentale, il Neon di Fontana che troneggia dallalto del Museo del Novecento. Ma non finisce qui. Nel cortile interno di Palazzo Reale sono posizionati quattro scudi di cinque metri di diametro ciascuno in terracotta, incisi con i segni e i simboli tipici di Paladino ma in versione tridimensionale. Il percorso si conclude idealmente nellOttagono della Galleria Vittorio Emanuele, in cui esposto un aeroplano a grandezza naturale della Piaggio Aero, la cui livrea stata dipinta dallartista campano ma milanese di adozione. Mimmo Paladino Palazzo Reale 7 aprile 10 luglio 2011; orari: marted, mercoled, venerd, domenica h 9.30 19.30. luned h 14.30 19.30. Gioved e sabato h 9.30 22.30; costi: 9,00 intero, 7,50 ridotto

La formazione giovanile di Caravaggio tra Venezia e la Lombardia


Ritorno a Milano in grande stile di Vittorio Sgarbi, che firma una mostra, Gli occhi di Caravaggio, presso il Museo Diocesano, tutta da vedere e che non mancher di catalizzare lattenzione del grande pubblico. Gi linaugurazione stata un grande evento, che ha visto protagonisti anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, arrivato da Roma appositamente, e il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Certo, dopo i nuovi tagli alla cultura appare buffo che certe autorit partecipino alle inaugurazioni di mostre e musei, ma questa lItalia. I nomi della mostra sono di gran richiamo, Caravaggio appunto, ma anche quello dello stesso Sgarbi che, si sa, nel bene e nel male fa sempre parlare di s. E bene per fare fin da subito alcune precisazioni su che cos questa mostra e su cosa si deve aspettare il visitatore, visto che questa non una delle tante mostre su Caravaggio che si sono fatte in Italia fino ad oggi, ma ha un altro scopo. Per spiegare al meglio di cosa tratta questa mostra, bene concentrasi, pi che sul titolo, sul sottotitolo: Gli anni della formazione tra Venezia e Milano. Perch questo lobiettivo dellesposizione, ricostruire il possibile itinerario svolto dal Merisi nella sua giovinezza, prima di trasferirsi a Roma nel 1592-93 circa. Se di sicuro si sa che il Caravaggio fu allievo di Simone Peterzano per quattro anni, dal 1584 al 1588, poco si sa di quegli anni e di quelli, totalmente avvolti nel buio, che precedettero il suo viaggio nella capitale. La mostra, con le sue sessanta opere, crea un percorso geografico che ricrea i possibili viaggi fatti dal Merisi, come disse gi nel 1929 Roberto Longhi: non si pretende di segnare itinerari precisi ai suoi viaggi (o siano pure vagabondaggi) di apprendista; ma non si potrebbe porli mai in altra zona da quella che da Caravaggio porta a Bergamo, vicinissima; a Brescia e a Cremona, non distanti; e di l a Lodi e a Milano. Gi ai tempi dei suoi Quesiti caravaggeschi, il Longhi, pur credendolo ancora nativo del borgo di Caravaggio, tracci quellideale itinerario di citt e pittori che rappresentarono davvero gli albori della pittura del giovane Michelangelo Merisi. Ecco allora che proprio su queste citt si concentrano le cinque sezioni della mostra: Venezia, Cremona, Brescia, Bergamo e Milano. Al loro interno possibile ammirare capolavori preziosi di Tiziano, Giorgione, Tintoretto, Lorenzo Lotto e Jacopo da Bassano, maestri veneti dalle incredibili abilit coloristiche e tonali; nella sezione di Cremona sono raccolti i diretti precedenti per i notturni e le pose caravaggesche, ovvero le enormi pale di Antonio e Vincenzo Campi; nella sezione di Brescia non possono mancare Savoldo e il Moretto, cos come nella rivale Bergamo spadroneggiano i ritratti di Giovan Battista Moroni. E a Milano poi che troviamo i maestri pi diretti del Merisi, come Simone Peterzano e altri artisti che probabilmente conobbe e da cui prese lattenzione per la natura e la realt: il Figino, Fede Galizia, Lomazzo, Giovanni Agostino da Lodi. Questi i nomi importanti che conducono il visitatore a capire come sono nate, tra le altre, anche due opere di Caravaggio presenti in mostra: la Flagellazione di Cristo (1607-08), del Museo di Capodimonte, opera matura, posta accanto alle monumentali tele dei fratelli Campi (non si potr non riconoscere gli stessi artifici); e la giovanile Medusa Murtola, seconda versione di quella pi famosa Medusa esposta agli Uffizi. Anche una terza opera era prevista e indicata (dai giornali) come punto centrale della mostra: Il riposo dalla fuga in Egitto della galleria Doria Pamphilj di Roma, eseguita nei primi anni romani. Al momento, per motivi tecnici, il quadro non ancora per esposto in mostra. Lo si attende con impazienza ma da sottolineare come la presenza o meno di quellopera non alteri il senso di unesposizione che per la prima volta mette in luce le origini davvero lombarde del Caravaggio, mettendo fianco a fianco opere di pittori lombardi e veneti che il Merisi vide e di cui serb memoria per tutta la sua breve, ma assolutamente rivoluzionaria, esistenza.

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Gli occhi di Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano. Museo Diocesano. Dal 10 marzo al 3 luglio. Orari: 10-18. Chiuso luned. Intero: euro 12. Ridotto: euro 10.

Il lascito dei Clark: gli impressionisti e un museo raro


Milano torna ad ospitare, a dieci anni di distanza dallultima volta, una vecchia passione, gli Impressionisti. E Palazzo Reale a presentare la prima tappa di un tour mondiale, che, partito da Williamstown, Massachusset, arriver a toccare tante citt importanti. 73 capolavori della collezione americana dello Sterling and Francine Clark Art Institute saranno esposti da qui a giugno per permettere anche al pubblico milanese di osservare opere importanti di maestri dellImpressionismo come Monet, Manet, Sisley, Pissarro, Renoir, Degas, Caillebotte, Berthe Morisot e Mary Cassat (uniche due donne del movimento), e altri ancora. Impressionisti ma non solo. Lesposizione comprende anche opere di artisti accademici dell800, quali William-Adolphe Bouguereau, Jean-Lon Grme e Alfred Stevens, ma anche i pittori della cosiddetta Scuola di Barbizon, diretta precedente dellImpressionismo, con nomi quali Corot, Rousseau e Millet. Una carrellata che ci porta per a conoscere anche alcune importanti opere di maestri del postimpressionismo, come Gauguin, con le contadine bretoni, Bonnard, con le sue ragazze colorate a campiture piatte, Daumier e, infine, il genio di Toulouse-Lautrec con i suoi ritratti pensosi e assorti. Una mostra varia e variegata, divisa in 10 sezioni tematiche che analizzano i principali temi trattati dagli Impressionisti: la luce, limpressione, la natura, il mare, il corpo, la citt e la campagna, i viaggi, i volti, i piaceri e la societ. Il percorso espositivo riunisce dunque i capolavori dei pi grandi artisti francesi che, nelle loro varie evoluzioni e declinazioni, dal realismo, allimpressionismo al post-impressionismo, si sono confrontati con queste tematiche rivoluzionando il concetto di pittura e il ruolo dellarte nella societ borghese dellepoca. Societ con cui tutti gli artisti esposti si sono dovuti scontrare, spesso nel vero senso del termine. La mostra propone quindi un percorso gradevole, una piacevole passeggiata da fare attraverso le sale, rimirando opere che ottennero successi strepitosi al Salon francese, luogo deputato per esporre opere di pittura accademica; ma anche opere, alcune davvero notevoli, che non furono nemmeno prese in considerazione ai tempi, e anzi furono assolutamente incomprese e schernite. Opere che, in realt, portarono ad una rivoluzione totale dellarte e del modo di dipingere, per tecnica e soggetti. Certo la mostra non brilla per avere capolavori a livello assoluto, ma questo facilmente spiegabile raccontando la storia e il carattere di chi questa collezione mise insieme. Robert Sterling Clark fu uno di quei personaggi fuori dalla norma, allora come oggi. Nato nel 1877 da una famiglia americana ricchissima (il nonno fu socio in affari di quel Singer delle macchine per cucire), eredit una fortuna da parte di padre e di madre, e questo gli permise di vivere una vita agiata e lontana dalle preoccupazioni pi banali. Spirito indomito, allergico alle formalit della sua famiglia, organizz una spedizione di studio a cavallo nella Cina e ne scrisse un libro. Visti i rapporti tesi con uno dei fratelli, decise di sfuggire allambiente borghese di New York trasferendosi a Parigi. Tappa fondamentale questa, che gli permise, oltre che di iniziare a collezionare arte, anche di conoscere una graziosa attrice della Comdie-Franaise, Francine Clary, con la quale inizi uno straordinario percorso di vita, e che spos nel 1919. Gi dagli anni 10 Clark inizi a interessarsi e a comprare opere darte, per lo pi dipinti, dei grandi maestri del Rinascimento italiano come Piero della Francesca e Ghirlandaio. Poi la sua passione sindirizz, quasi per caso, verso gli Impressionisti, conosciuti attraverso mercanti darte suoi amici. Uomo che non amava le luci della ribalta, Sterling inizi la sua attivit di collezionista quasi nellombra, scegliendo opere s di grandi autori, ma che soprattutto colpivano e affascinavano lui e la moglie. Una scelta istintuale, lontana dalle logiche di mercato o dalle mode. E fu cos che nel 1913 arriv a comprare il suo primo Renoir, primo appunto, di oltre 30 quadri del maestro francese, che divenne il suo preferito in assoluto e di cui am circondarsi esponendo queste opere nelle sue varie case. Se gi dal 1913 aveva pensato ad organizzare un suo museo privato, solo a 70 anni Sterling arriv a decidere di crearne uno suo per davvero. Dopo una vita trascorsa tra New York, Parigi e la casa di famiglia dei Clark a Cooperstown, la coppia decise di creare un nuovo edificio in stile classico a Williamstown, Massachusset. Unala di questo palazzo, inaugurato nel 1955, divenne la loro casa, finch la morte non colse Sterling a poco pi di un anno dalla creazione di questo museo. Un lascito importante, quello di Robert e Francine, fatto da unincredibile collezione di dipinti ma anche di oggetti dargento, porcellane, libri antichi, stampe e disegni. Listituto fu corredato anche da una generosa donazione e da unintelligente e liberale statuto che ha permesso allistituzione di non essere solo un museo, ma anche un centro di ricerche di fama mondiale, promotore di attivit e stanziamenti a favore dellarte e delle persone che di arte si occupano. Quello stesso statuto permette che, anche oggi, la collezione venga accresciuta e integrata da nuovi acquisti, fatti sempre pensando a quei criteri di scelta che usavano Sterling e Francine e che hanno permesso lacquisto di nove nuove opere presenti in questa mostra. Gli impressionisti. I capolavori della Clark Collection. Palazzo Reale 2 marzo 19 giugno 2011 Orari: lun. 14.30 - 19.30. Mar, mer, ven e dom 9.30 -19.30. Giov e sab 9.30 - 22.30 Biglietti: Intero 9,00. Ridotto 7,50

La commedia delle arti di Savinio


Prima settimana di apertura per una mostra affascinante quanto complessa. Protagonista il grande dilettante, come amava definirsi lui, Alberto Savinio, al secolo Andrea De Chirico. Fratello proprio di quel De Chirico, Giorgio, che fu per certi versi pi famoso di lui ma anche diversissimo, e proprio questo gli fece decidere di assumere il nome darte di Savinio. La mostra vuol essere unantologica a tutto campo sullarte saviniana, la pi grande mai fatta da trentanni a questa parte. Cento e pi opere esposte, dipinti ma non

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Isole dei giocattoli, mausolei riferiti a un tempo e a un periodo scomparsi per sempre; i miti greci, la letteratura, con omaggi allamico Apollinaire; lossessione per le aperture, finestre che mettono in scena, teatralmente, potremmo dire, i soggetti dipinti; e ancora donne e uomini in abiti e interni borghesi, omaggio ai suoi familiari, ma con la faccia di galli, pellicani, struzzi e anatre, creature mutanti di un altro mondo. Concludono questo surreale percorso oggetti, abiti, mosaici e decorazioni create da Savinio nelle sue sperimentazioni, per terminare con la bellissima sezione teatrale in cui sono esposti disegni, bozzetti e maquette dei suoi spettacoli, di cui fu spesso regista e drammaturgo. Io sono un pittore oltre la pittura, disse. Oggi non possiamo che dargli ragione. Alberto Savinio. La commedia dellarte Palazzo Reale. Fino al 12 giugno. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; giov. e sab. 9.3022.30. Biglietti: intero 9 euro, ridotto 7,5 euro.

solo, divise in cinque sezioni tematiche: mito, letteratura, architettura, oggetti e scenografie. S, perch Savinio fu un artista a tutto tondo, di quelli eclettici che forse al giorno doggi non esistono pi. Scrittore, pittore, compositore, drammaturgo, scenografo e regista teatrale. Scopo della mostra proprio il ripercorrere tutte le attivit a cui si interess nel corso della vita, analizzando temi e modi del suo linguaggio. La mostra, curata da Vincenzo Trione (lo stesso curatore dellepica mostra di Dal chiusa un mese fa), propone un incipit e una fine di percorso molto particolari. La voce di Toni Servillo, infatti, accoglie il visitatore nella prima e nellultima sala, declamando a gran voce testi e pensieri di Savinio. Perch solo con le parole di Savinio si pu capire larte e il Savinio-pensiero. Non sproloqui di critici, esperti ecc., ma parole vere, autentiche del maestro, che tanto lasci scritto e che tanto si prodig affinch la sua arte fosse spiegata per ci che era veramente. Difficile inquadrare Savinio a priori, in qualche corrente artistica predefi-

nita. Certo, conobbe i Surrealisti, certo suo fratello fu esponente di spicco della Metafisica. Ma Savinio elabor una poetica tutta sua, non convenzionale neanche per queste correnti di rottura. Apollinaire, amico dei De Chirico ed estimatore dellopera di Savinio, disse di lui che era grande come i geni del Rinascimento toscano. Nato in Grecia, rimase profondamente influenzato dalla cultura classica di quella terra, tanto che dipinse a pi riprese miti classici ed eroi, fino a identificarsi con Hermes, il pi misterioso e ambiguo dio dellOlimpo. Per Savinio la pittura deve essere antinaturalistica, non deve mai assomigliare alla realt, deve essere un mezzo per guardare oltre. E operazione mentale, concettuale, esercizio della mente. Limportante lidea, ed per questo che ogni medium pu essere valido: pittura, disegni, teatro, parole. I riferimenti culturali sono tanti, dalla monumentalit della pittura italiana degli anni 20 e 30, alla rivista Valori Plastici, allarchitettura razionalista, ma presente anche il mondo dellinfanzia, con le famose

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org A QUALCUNO PIACE CALDO
di Billy Wilder [Some Like It Hot, USA, 1959, 120'] con: Marilyn Monroe, Jack Lemmon, Tony Curtis
Nessuno perfetto. Con questa indimenticabile battuta di Osgood (Joe E. Brown) a Jerry/Daphne (Jack Lemmon) si chiude A qualcuno piace caldo [Some Like It Hot, USA, 1959, 120'] di Billy Wilder. Tre parole spiazzanti rimaste nell'immaginario popolare, coronamento di un film sempre contemporaneo, tra le perle della storia del cinema. La sceneggiatura di Wilder e I. A. L. Diamond fa iniziare la storia a Chicago, negli anni '20, in pieno proibizionismo; l'atmosfera richiama i film noir degli anni '40: sparatorie, marciapiedi bagnati e gangster inseguiti da poliziotti. Giusto il tempo di rendere involontari testimoni Jerry e Joe (Tony Curtis) due musicisti della storica strage di San Valentino, avvenuta realmente il 14 febbraio del 1929, quando gli uomini di Al Capone uccidono sei banditi di una famiglia concorrente. Da qui in poi, Wilder ci tira fuori dal gangster-movie per portarci in una commedia brillante. Jerry e Joe, per sfuggire dagli uomini di Al Capone, si travestono da donna mischiandosi all'interno di un'orchestra femminile dove canta anche la sensuale Sugar (Marilyn Monroe). I due protagonisti si mascherano, Wilder no: con eccezionale semplicit ripropone i canoni classici della comicit (l'inseguimento, la maschera...). Il tutto giocato su tempi e ritmi perfetti, capaci di trasformare la sceneggiatura in una commedia a distanza di oltre cinquant'anni a cui la banalit comica di alcuni film moderni dovrebbe togliersi il cappello. Come se tutto ci non bastasse, il regista si affida a Jack Lemmon, Tony Curtis e Marilyn Monroe. Un tridente inestimabile su cui sarebbe stupido e irrispettoso cercare aggettivi degni di descriverlo. Irresistibili alcune gag e botta-e-risposta tra i tre, specie quando Jerry e Joe, innamorati di Sugar, si trattengono dal rivelarsi uomini per evitare di rovinare la loro copertura. Oppure, quando Sugar in modo innocente si presenta come un po' stupida, credo. Rimane nella memoria (e nella storia) l'interpretazione che Sugar fa nel film di I Wanna Be Loved by You [Herbert Stothart, Harry Ruby, 1928], composta in origine per il musical Good Boy, ma principalmente conosciuta grazie a Marilyn. Mi ripeto, non semplice trovare le parole per descrivere le emozioni che Wilder riesce a trasmettere attraverso il grande schermo. Penso a La fiamma del peccato [1944], Viale del tramonto [1950], L'asso nella manica [1951], Sabrina [1954], L'appartamento [1960], e potrei andare avanti a elencare film fino ad arrivare al 1981 con l'ultimo Buddy Buddy. E, pensando a questi film, la tentazione di contraddire Osgood sono tante: forse, qualcuno perfetto! Paolo Schipani In sala: Legend Film Festival Cinema Odeon 19 maggio 2011

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MACHETE
di Robert Rodrguez ed Ethan Maniquis [USA, 2010, 105'] con Danny Trejo, Robert De Niro, Jessica Alba, Steven Seagal, Michelle Rodriguez
Vendetta. Non poteva che essere questo il sentimento alla base di Machete, lultimo film di Robert Rodriguez, discepolo prediletto di Quentin Tarantino. La storia di Machete (Danny Trejo), ex federale messicano fuggito negli Stati Uniti, ricorda molto quella di Beatrix Kiddo, eroina di Kill Bill. Accomunati dalla brutale e sanguinosa perdita delle persone pi care e da una sopravvivenza miracolosa non troveranno pace finch non riusciranno a trafiggere ogni persona che si frapponga alla loro sete di rivalsa. Il senatore McLoughlin (Robert De Niro) il bersaglio dellattentato per cui viene erroneamente assoldato Machete. Il politico ha scelto il razzismo e la ri-americanizzazione del Texas come capisaldi della propria campagna elettorale per la rielezione. Quindi nulla di meglio di un immigrato messicano per insinuare odio e paura nella popolazione locale. Visto il culto di Rodriguez per i BMovie italiani, chiss se ogni riferimento a partiti nostrani dallabbigliamento verde sia puramente casuale. Violento, crudo, sanguinario, Machete non scende a compromessi nel proprio personale percorso di giustizia. Rodriguez, da fedele seguace del tarantinismo, ci offre azione e ritmo tambureggianti. Il ricorso alle armi da fuoco esiguo e larma prediletta, che ha fornito il soprannome al protagonista, ci lascia presupporre che nulla verr lasciato alla nostra immaginazione. Il cast per un film di questo genere eccezionale. Steven Seagal e Don Johnson sono stati riportati, dopo un lungo letargo, al loro ambiente naturale mentre Danny Trejo, al primo ruolo da protagonista a 66 anni, una scoperta pi che sorprendente. Lincontro con Machete quindi, sia in sala che nella pellicola, non pu lasciare indifferenti: lo si ama o lo si vorrebbe eliminare. Marco Santarpia In sala a Milano: Colosseo, The Space Milano, UCI Cinemas Certosa, UCI Cinemas Bicocca.

TEATRO questa rubrica a cura di Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org


Al Teatro Strehler fino al 22 maggio sar in scena Mai pi soli di Stefano Benni con Angela Finocchiaro e con la regia di Cristina Pezzoli. La Finocchiaro attraversa racconti, favole e personaggi con l'umorismo tipico dell'autore e della sua stessa interpretazione da attrice, mostrandoci la confusione in cui viviamo tra invenzioni tecnologiche, fretta e solitudine. Continua il Festival ExPolis al Teatro della Contraddizione, incontri dedicati alla citt, alla citt di Milano, il tipo di citt che ci rappresenta e gli spazi che non si vedono, quelli che sono invisibili, lontani dalla cultura da vetrina. Il Teatro della Contraddizione ospita diversi artisti per rappresentare la loro idea di Milano, questa settimana i Mercanti di Storie porteranno in scena Mi sono arreso ad un nano il 18 e il 19 maggio, il 19 maggio Franco Farinelli porter Focus e il 21 e il 22 la Compagnia del Tratto porter Ouminicch'. In scena all'Elfo Puccini Finale di Partita di Samuel Beckett con la regia di Massimo Castri, Premio Ubu Spettacolo dell'anno 2010

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STEFANO BOERI DOPO 12800 PREFERENZE


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DAVIDE CORRITORE DA QUI AL 29 MAGGIO


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